NOTA PASTORALE. Criteri di discernimento di esperienze e fenomeni religiosi

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1 NOTA PASTORALE Criteri di discernimento di esperienze e fenomeni religiosi

2 Presentazione Nel Piano Pastorale Diocesano abbiamo scelto di partire dalla spiritualità, linfa e alimento alla vita dei battezzati, chiamati ad essere perfetti come è perfetto il Padre celeste (cfr. Mt 5,48). È, forse, un segno dei tempi che si registri oggi, nel mondo e anche fra noi, una diffusa esigenza di spiritualità, che in gran parte si esprime in un rinnovato bisogno di preghiera (cfr. Novo Millennio Ineunte, 33). Nel suo impegno pastorale la Chiesa è chiamata a soddisfare questa esigenza, nella consapevolezza di essere al servizio della gioia e della speranza di ogni uomo. Ma senza ignorare che altre religioni, presenti anche nel nostro territorio, offrono le proprie risposte a questo bisogno, e lo fanno talvolta con modalità accattivanti. Che cosa dobbiamo fare? Nel Piano Pastorale non mancano le indicazioni di fondo ed anche proposte operative precise ed articolate. Rinvio ad esse (cfr. Piano Pastorale Diocesano, pagg , passim). Desidero, comunque, richiamare qui l attenzione su alcuni punti che non devono restare in ombra. 1) L esperienza spirituale cristiana autentica si fonda nella fede nel mistero di Dio rivelato in Gesù Cristo, trasmesso dalla Chiesa nel suo insegnamento dogmatico e vissuto nella sua vita liturgica. Perciò senza evangelizzazione e catechesi costanti e senza partecipazione ai sacramenti non si può realizzare una fede adulta e pensata. Occorre offrire nelle nostre comunità una presentazione sempre più completa di ciò che Cristo ha detto, ha fatto e ha comandato di fare. Purtroppo - data l ignoranza delle più essenziali verità della fede che c è oggi, anche in molti cristiani - non manca il rischio che trovino credito metodi e forme di spiritualità che difficilmente possono comporsi con la fede e la preghiera cristiana. 2) Occorre far conoscere il meglio delle ricchezze del patrimonio spirituale cristiano, oggi ignorate oppure poco apprezzate per un pregiudizio sfavorevole - anche di non pochi battezzati - per tutto ciò che è insegnato e praticato dalla Chiesa. Concretamente bisogna che le nostre comunità parrocchiali riescano a dare alle loro celebrazioni liturgiche un calore e una vibrazione spirituale che spesso non hanno, dando l impressione di essere fredde e spiritualmente aride, oppure teatrali e vuote di afflato interiore. 3) Va costantemente ricordato che la vera spiritualità cristiana non distoglie dall impegno nella storia: aprendo il cuore all amore di Dio, lo apre anche all amore dei fratelli e rende capaci di costruire la storia secondo il disegno di Dio. È più che mai necessario che i cristiani oggi si rendano partecipi della vita della città dell uomo, senza esenzioni, portando in essa una testimonianza ispirata dal Vangelo per realizzare con gli altri uomini un mondo più abitabile. 4) È indispensabile, infine, attuare il discernimento evangelico sui fenomeni e sulle esperienze religiose presenti nelle nostre comunità. Si tratta, cioé, non solo di conoscere ma di saper interpretare ciò che accade. Tale interpretazione è richiesta dall ambivalenza - talvolta dalla contraddittorietà - da cui sono segnate certe esperienze che presentano, profondamente intrecciate tra loro, difficoltà e potenzialità, elementi negativi e ragioni di speranza, ostacoli e aperture. E, in conclusione, se è necessario, bisogna dare una valutazione chiarificatrice. Per favorire l esercizio di questo discernimento è stata preparata la nota pastorale che presento alla diocesi e, in modo speciale, ai sacerdoti e ai Consigli Pastorali Parrocchiali. Questi ultimi, per statuto, sono chiamati ad essere organismi capaci di discernimento, compiuto insieme, sotto la guida dello Spirito Santo (cfr. Statuto-tipo del Consiglio Pastorale Parrocchiale, art. 2). La nota è il risultato del confronto, della riflessione e del consenso maturato nel Consiglio Pastorale Diocesano, al quale va il mio ringraziamento. Confido venga accolta con fiducia e contribuisca a far incontrare il Signore Gesù, fonte d acqua viva, che può soddisfare la sete umana di vita, di pace, di gioia e di fraternità. Pordenone, 8 settembre Ovidio Poletto, vescovo 2

3 Premessa 1.1. Con questo documento desideriamo offrire a coloro che sono impegnati nel servizio pastorale cinque criteri di discernimento da utilizzare per valutare alcuni fenomeni e pratiche religiose presenti nella nostra Chiesa diocesana. Per formulare tali criteri ci siamo lasciati guidare dalla dottrina comune della Chiesa, così come espressa nei documenti del Concilio Vaticano II, nei Catechismi, e in particolare nel Catechismo del Concilio di Trento o Romano, nel recente Catechismo della Chiesa Cattolica, nel Catechismo degli Adulti della Conferenza Episcopale Italiana Confidiamo di offrire un valido aiuto per orientare il discernimento pastorale riguardo a fenomeni religiosi che si esprimono in modalità particolari di preghiera, in attestazioni di apparizioni e messaggi celesti, in esercizio di esorcismi sia formali che percepiti come tali dai fedeli, in offerta e ricerca di guarigioni prodigiose, in attribuzione a persone di poteri carismatici straordinari Diversi di questi fenomeni ci preoccupano vivamente, perché sono incamminati su percorsi che deviano dall'insegnamento e dalla disciplina ecclesiale e rappresentano forme di patologia religiosa, del resto non nuove nella storia della religiosità popolare. In particolare notiamo una tendenza verso una interpretazione di carattere magico del rapporto con Dio che non è compatibile con la rivelazione biblica, anzi è da essa esplicitamente rigettata. In questa interpretazione, infatti, Dio viene percepito prevalentemente come energia sovrannaturale, che può essere catturata e orientata per ottenere effetti straordinari. Questa possibilità di attingere ad una energia così potente e di piegarla al proprio desiderio attrae non poche persone, ma in tal modo vengono trascurate le caratteristiche personali di Dio, in particolare la sua sovrana libertà, e ciò che Dio ha fatto conoscere di sé tramite la rivelazione. 1.4 C'è il rischio che sulla figura di Dio, di Gesù, della Vergine vengano proiettati i vissuti psicologici delle persone coinvolte, e che quanto avviene non sia sottoposto alla disciplina della vera fede, derivante dalla rivelazione e custodita dai Pastori nella Chiesa. A tale disciplina viene sostituita l'arbitrarietà di stati d'animo che diventano il punto di riferimento e la giustificazione ultima per le credenze e le pratiche religiose. In tal modo la rivelazione non può più difendere le persone coinvolte dalle ombre e deformazioni che, in misura diversa, portiamo nel nostro mondo interiore. In particolare viene smarrito il Vangelo della grazia, dell'amore libero e gratuito di Dio, che Gesù ci ha portato, e di una salvezza che non siamo noi a procurarci o a definire. 1.5 Il discernimento a cui invitiamo, e per facilitare il quale offriamo i cinque criteri che seguono, mira, dunque, a custodire l'apertura alla salvezza rivelata dal vangelo della grazia che il Padre ci ha donato attraverso Gesù, come guarigione e luce per il cammino della nostra vita, nello Spirito. Avvertiamo che il discernimento non può essere attuato riferendosi ad uno solo dei cinque criteri: è dalla convergenza di più criteri, applicati ad un dato fenomeno da esaminare, che il giudizio riceve solidità e sicurezza. 3

4 PRIMO CRITERIO Il primato delle Scritture interpretate nella Chiesa Abbiamo individuato come primo il seguente criterio: Tutto ciò che dobbiamo conoscere su Dio, sul senso della nostra vita e del creato, sulla nostra condotta, ci è insegnato dalle Scritture, così come esse vengono interpretate sotto la vigilanza dei Pastori nella Chiesa. 2.1 Il riferimento alle Scritture e la docilità al loro insegnamento, garantiscono un corretto orientamento dei pensieri e delle pratiche religiose. Tale riferimento deve essere continuo, non occasionale e pretestuoso, e deve riguardare l'insieme delle Scritture e non frammenti di esse isolati. L'interpretazione delle Scritture, inoltre, non può avvenire secondo criteri arbitrari, ma in armonia con la Tradizione e sotto la vigilanza dei Pastori (i Vescovi in comunione con il Papa). 2.2 Non risultano dunque corretti comportamenti che, di fatto, privilegiano insegnamenti carismatici o rivelazioni private rispetto alle Scritture, quasi che la mediazione del libro scritto sia un rapporto meno vivo e diretto con Dio. 2.3 Sono sbagliati anche quegli atteggiamenti che si fondano sulla percezione psicologica individuale per stabilire la verità e la bontà di un pensiero, di una pratica, e perciò trascurano, o esplicitamente rifiutano, ogni verifica sulla base delle Scritture e secondo la disciplina ecclesiale. 2.4 Desideriamo sottolineare che questo criterio è posto a difesa del vangelo della grazia, affinché non appaia che la Parola vivente di Dio dipenda da circostanze carismatiche eccezionali, piuttosto che dal dono gratuito ed amoroso di Dio offerto a tutti. Le Scritture, proclamate nelle celebrazioni e interpretate nella Chiesa, sono la mediazione del parlare del Dio vivente ai suoi figli e alle sue figlie, oggi. Ed è dono normale, offerto a tutti, con infinita generosità e misericordia. 4

5 SECONDO CRITERIO I santi Sacramenti come mediazione della Grazia Il secondo criterio lo abbiamo così formulato: Per ricevere la grazia e la salvezza da parte di Dio e per godere della sua vicinanza non vi è nulla che sia superiore ai sette santi sacramenti, al cui vertice sta l'eucaristia. 3.1 Dio ha voluto che Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, fosse mediatore di ogni grazia e fosse l'emmanuele, il Dio con noi. Dopo la sua risurrezione e la Pentecoste, agli uomini che, raggiunti dall'annuncio del Vangelo, si convertono a Dio, la grazia viene donata mediante i santi sacramenti celebrati dalla Chiesa. Non c'è alcuna altra mediazione della grazia di Dio che sia superiore a questa. 3.2 Non sono dunque corretti quei comportamenti che, di fatto, mettono in secondo piano i sacramenti per privilegiare la mediazione di figure carismatiche, di pratiche, luoghi ed oggetti particolari. Nella sua infinita libertà Dio può raggiungere gli uomini in mille modi; può servirsi quindi anche di uomini e donne santi, di luoghi sacri e santuari, di pratiche devozionali per donare la sua grazia. Tuttavia ogni grazia ha sempre come obiettivo l'inserimento nella vita ecclesiale, che ha il suo culmine nelle celebrazioni sacramentali. 3.3 Sono sbagliati anche quegli atteggiamenti che, di fatto, strumentalizzano celebrazioni sacramentali, l'eucaristia in particolare, mettendo in risalto più le modalità e i protagonismi singolari che la sostanza della celebrazione stessa, cioè la presenza di Gesù nella Parola e nel Sacramento. 3.4 Anche questo criterio è posto a difesa del vangelo della grazia. Il dono di Dio non avviene solo in luoghi e situazioni eccezionali, con mediazioni arbitrarie e casuali. L'accessibilità al santi sacramenti è offerta, secondo la disciplina ecclesiale, a tutti coloro che ne hanno necessità, indipendentemente da ogni altra circostanza. Segno di un amore da parte di Dio che non pone altra condizione e altri limiti se non la fiduciosa adesione al vangelo e alla sua volontà. 5

6 TERZO CRITERIO L organizzazione della comunità ecclesiale attorno al Sacramento dell Ordine Il terzo criterio che offriamo come aiuto per il discernimento è il seguente: Le comunità dei discepoli di Gesù sono strutturate come corpo di Cristo attorno al sacramento dell'ordine: sotto la guida dei Vescovi e dei loro collaboratoti diretti (i presbiteri), in comunione con il Papa. 4.1 Il cristianesimo non è un movimento entusiastico che procede senza regole. In Gesù ci è stata data la rivelazione piena e definitiva. Le Chiese cristiane hanno dunque simboli battesimali a cui si aderisce per fede e un ordinamento entro il quale ci si colloca se si vuole appartenere a Gesù. È così che il Signore risorto continua ad essere il Pastore, la Guida e il Maestro dei suoi discepoli. Ed egli realizza tutto ciò, in nostro favore e attraverso lo Spirito Santo, nel sacramento dell'ordine che costituisce Pastori nel suo nome. I legittimi Pastori nella Chiesa, i Vescovi, esercitano perciò il loro ministero in comunione con l'intero Collegio dei Vescovi, radunato attorno al Papa, con una autorità che va riconosciuta. 4.2 Non sono, dunque, corretti comportamenti che, di fatto, contrappongono i carismi particolari ai ministeri ordinati e l'ispirazione privata alla guida dei Pastori. Anche perché lo stesso sacramento dell'ordine è sempre accompagnato dal dono della grazia necessaria allo svolgimento del ministero, grazia nello Spirito, il medesimo che anima i carismi. Naturalmente, e con gioia, riconosciamo che lo Spirito è intervenuto e interviene nella Chiesa suscitando carismi anche straordinari e, mediante essi, comunità religiose, associazioni, movimenti e altre forme di aggregazione ecclesiale. Ma il riconoscimento dei carismi e l'ordinato svolgimento di essi va sottoposto all'autorità dei Pastori. 4.3 Anche questo terzo criterio è posto a difesa del vangelo del dono gratuito della salvezza, affinché non appaia che il dono di Dio è legato al verificarsi di circostanze rare ed eccezionali. Il sacramento dell'ordine fa sì che i Pastori traggano la loro autorità non da qualità individuali straordinarie, ma proprio dal sacramento come dono gratuito di Dio, in virtù del quale sono abilitati ad agire nel nome di Gesù, unico Pastore e Maestro. Secondo il costante insegnamento della Chiesa, grazie all'ordine sacro, i sacramenti, anche se celebrati da ministri indegni, sono validi ed efficaci in virtù della promessa del Signore, che così continua a manifestare la sua totale fedeltà all'amore misericordioso verso di noi, annunciato dal vangelo. 6

7 QUARTO CRITERIO Il «Padre nostro» modello e regola del pregare cristiano Il quarto criterio fa riferimento alla preghiera che Gesù ci ha donato: I discepoli di Gesù hanno nella preghiera che lui ha insegnato, il "Padre nostro", il modello e la regola di ogni pregare cristiano. 5.1 Prima del cristianesimo, e anche oggi al di fuori di esso, uomini e donne hanno pregato e pregano individualmente e comunitariamente. Ma la preghiera cristiana è caratterizzata dal suo legame con la rivelazione donataci in Gesù. Di conseguenza è da Gesù che i suoi discepoli imparano i contenuti e le modalità del loro pregare come cristiani, e non dall'impulso spontaneo di una qualunque religiosità. Il Padre nostro nella fiducia totale in Dio, nell'ordine delle domande, nella sobrietà dello stile, rappresenta il modello a cui i discepoli di Gesù devono attenersi. Essi non ignorano, infatti, che lo stesso Gesù ha messo in guardia da forme di preghiera sbagliate nei contenuti, nelle modalità, nel tipo di rapporto con Dio che presuppongono. 5.2 Non è, dunque, da dare per scontato che qualunque forma di preghiera sia automaticamente da considerare positiva dal punto di vista cristiano. Del fariseo Gesù ha detto che non ottenne giustificazione, e degli ipocriti ha ricordato che avevano già ricevuto la ricompensa e non dovevano attendersi altro da Dio. Gesù ha paragonato ai pagani, che non conoscono il Padre, coloro che pensano di essere esauditi in base alla quantità delle preghiere recitate. E Gesù sa, per esperienza personale, che le stesse Scritture possono essere usate in modo così pervertito da diventare una tentazione. 5.3 È per questo che sentiamo il dovere di vigilare affinché la preghiera non venga intesa e praticata contro gli insegnamenti di Gesù. In particolare abbiamo notato come forme non corrette di preghiera finiscano per sconfinare in atteggiamenti di tipo magico. A ciò sono maggiormente esposte persone che hanno una conoscenza inadeguata della rivelazione, o che sono sotto il ricatto di ansie e disagi interiori intensi. Contro ogni tentazione di piegare Dio ai nostri desideri, noi confessiamo nella fede che il Padre ha manifestato il suo progetto di amore verso di noi e di salvezza in Gesù, e che ogni nostro bene sta nel conoscere e nell'accogliere la sua santa volontà, con amorosa fiducia e docilità di figli. Egli solo, infatti, nella sua sapienza, conosce quale sia il nostro vero bene e la nostra salvezza che, nella sua bontà, vuole donarci. 5.4 Anche questo criterio risponde all'esigenza di annunciare e difendere il vangelo della grazia che, nelle parole di Gesù, appare come un Padre buono, che conosce le nostre necessità prima ancora che gliele presentiamo e che ci viene incontro non in virtù di ciò che noi sappiamo dire o fare, ma perché il suo cuore è pieno di amore misericordioso verso tutti. 7

8 QUINTO CRITERIO I frutti dello Spirito generati da un autentico rapporto con Dio L'ultimo criterio di discernimento è il seguente: Una relazione corretta con Dio stabilisce una comunione di vita tra Lui e noi. In Gesù, mediante lo Spirito, Egli agisce in noi, ci conduce su una via di conversione e di santità, che si manifestano con i frutti buoni dello Spirito. 6.1 La Chiesa cattolica ha sostenuto e difeso l'annuncio di una grazia che non è solo atteggiamento misericordioso di Dio verso di noi, ma anche reale trasformazione interiore dell'uomo; in ciò consiste la nostra giustificazione e la santificazione. Dio, che nel battesimo ci rende suoi figli nel Figlio, vuole che, con il suo aiuto, anche noi compiamo le opere di Gesù. Una pratica religiosa è, dunque, autentica quando provoca conversione e santificazione, e in particolare una crescita nell'amore a Dio e al prossimo sull'esempio di Gesù. Detto con parole più semplici: se gradualmente porta le persone ad avere un cuore buono. Come insegna S. Paolo: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé». 6.2 Quando, al contrario, una pratica religiosa è accompagnata da sentimenti che S. Paolo giustamente indica come contrari allo Spirito - quali «idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie» - significa che vi sono storture che vanno corrette. Gesù stesso, infatti, ci ha avvertito: «Dai loro frutti li riconoscerete». 6.3 Abbiamo più volte constatato l'esistenza di credenze e pratiche che non guariscono il cuore di chi le condivide rendendolo umile e benevolo. Permane e persino si rafforza, invece, una disposizione di fondo all'aggressività, alla divisione, al giudizio negativo, a comportamenti di tipo settario, al rifiuto testardo del dialogo e della disciplina ecclesiale, anche quando essa è stata proposta con mitezza e pazienza. 6.4 Anche quest'ultimo criterio è in difesa del vangelo della grazia, prezioso perché a Gesù è costato il sangue versato sulla croce. Di quella grazia che è l'amore misericordioso e gratuito del Padre non solo rivolto verso di noi ma posto dentro di noi, e che, nella comunione vitale con Dio nello Spirito Santo, rende buono il nostro cuore. Noi, infatti ci chiamiamo figli di Dio, e lo siamo realmente, e sappiamo di essere nati da Dio a vita nuova, perché in noi è stata diffusa la stessa carità che ha guidato la vita, le parole e le opere di Gesù, e siamo così chiamati ad essere misericordiosi come il Padre nostro che è nei cieli. 8

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