Le nuove regole per l estinzione del rapporto. 1) Breve panorama delle fonti.

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2 Le nuove regole per l estinzione del rapporto. 1) Breve panorama delle fonti. La disciplina dei licenziamenti individuali è contenuta nelle seguenti leggi: la legge 604/1966, la legge 108/1990, la legge 300/1970 (c.d. Statuto dei lavoratori), la legge 223/1991 (sui licenziamenti collettivi), la legge 92/2012 (Riforma Fornero del lavoro), D.L. 28 giugno 2013, n. 76, conv. in L. 9 agosto 2013, n. 99. Il licenziamento di un lavoratore subordinato assunto a tempo indeterminato può avvenire per giustificato motivo, oggettivo o soggettivo (art. 1 L , n. 604), oppure per giusta causa (art c.c.). Il giustificato motivo soggettivo ricorre nei casi di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro; il g.m.o. ricorre allorquando il recesso sia determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. La giusta causa ricorre, invece, quando il lavoratore abbia commesso un infrazione o un inadempimento contrattuale così grave da non rendere possibile la prosecuzione del rapporto di lavoro, essendo venuto meno il vincolo fiduciario. Se il recesso avviene per giustificato motivo, il datore deve dare il preavviso nella misura stabilita dal contratto collettivo (o dagli accordi intervenuti tra le parti). In mancanza di preavviso, il datore deve corrispondere un'indennità equivalente alla retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso (art c.c.). In caso di giusta causa il rapporto cessa immediatamente e non si fa luogo né al rispetto del periodo di preavviso né al pagamento della relativa indennità. 2) I procedimenti preventivi al licenziamento. Con la Riforma Fornero del lavoro il legislatore ha introdotto un procedimento conciliativo obbligatorio, che deve precedere l intimazione di licenziamento. In base all articolo 7 della L. 604/1966, come novellato dall articolo 1, comma 40 della L. 92/2012, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, qualora disposto da un datore di lavoro avente i requisiti dimensionali di cui all'articolo 18, ottavo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni (datori di lavoro con più di 15 dipendenti nell unità produttiva o nel comune ovvero che comunque ne occupano più di 60 nell intero territorio nazionale) deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore a mani ovvero al domicilio indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro. A causa dell incertezza nella determinazione del campo di applicazione di questa norma, vista la genericità della nozione di licenziamento per g.m.o., si è resa necessaria una modifica introdotta con l articolo 7, comma 4, del D.L. 28 giugno 2013, n. 76, che esplicitamente esclude l obbligo del datore di attivare la procedura in tre ipotesi individuate come di seguito: 1) licenziamento per superamento del periodo di comporto di cui all'articolo 2110 del codice civile (superando così il problema legato al fatto che la giurisprudenza prevalente ritiene che quello per superamento del comporto sia un licenziamento per giustificato motivo oggettivo); 1

3 2) i licenziamenti e le interruzioni del rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui all'articolo 2, comma 34, della legge 28 giugno 2012, n. 92, ovvero: a) licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; b) interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura. In aggiunta alle ipotesi di cui sopra, in base alle precisazioni fornite da parte del Ministero del lavoro, la procedura non deve essere attivata neppure nei casi di licenziamento del lavoratore nel periodo di prova, di licenziamento dei dirigenti di azienda, di licenziamento dell'apprendista al termine del periodo formativo. Invece, sempre secondo il Ministero, la procedura va attivata nelle seguenti ipotesi: 1) ristrutturazione di reparti; 2) soppressione del posto di lavoro; 3) esternalizzazione di attività; 4) sopravvenuta inidoneità fisica del prestatore; 5) casi in cui la prestazione divenga impossibile in seguito a provvedimenti di natura amministrativa quali il ritiro del porto d armi a una guardia particolare giurata, di specifiche abilitazioni (es. permessi di accesso in aree riservate degli aeroporti) o della patente di guida ovvero ancora la detenzione del dipendente per fatti estranei al rapporto di lavoro. Nella comunicazione in esame, il datore di lavoro deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione territoriale del lavoro convoca pertanto le parti dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione, ove le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro al fine di esaminare anche soluzioni alternative al recesso. La procedura conciliativa si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro, fatta salva l'ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma 3 (di 20 giorni), il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore. La violazione di tale procedura è sanzionata (come vedremo nel prosieguo), in base all art. 18 L. 300/1970, con la declaratoria di inefficacia e con la condanna del datore di lavoro al versamento in favore del lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale da lui commessa, tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. 2

4 Inoltre, dopo il decreto legge n. 76/2013, la mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione è sanzionata ulteriormente mediante la previsione che la condotta della parte sarà valutata dal giudice ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura civile, ossia come prova. 3) L onere di motivazione contestuale al licenziamento ed il termine di impugnazione del licenziamento. La disposizione dell articolo 2, comma 2 della legge n. 604/1966, novellato dalla legge 108/1990, prevedeva che a fronte di una comunicazione di licenziamento il lavoratore avesse la facoltà di richiedere, entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione di recesso, i motivi posti alla base dello stesso. La Riforma Fornero (Legge 92/2012) ha modificato la predetta norma introducendo un onere di comunicazione dei motivi contestuale al licenziamento ( La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato ). La motivazione deve essere specifica ed essenziale, ma è immodificabile anche in un eventuale vertenza giudiziale. Di contro, il datore di lavoro non è tenuto a specificare le fonti di informazione dei fatti posti balla base del recesso. Nel caso di licenziamento basato su motivi plurimi, tutti comunicati contestualmente, la giustificazione del licenziamento può risultare anche dalla fondatezza di uno solo dei motivi addotti. La sanzione della omessa motivazione dei motivi nella vecchia disciplina era l inefficacia del licenziamento (articolo 2, comma 3, legge 604/1966) con tutela reale ex art. 18, legge 300/1970 oppure di diritto comune per i datore non soggetti all applicazione dell articolo 18. Con la Riforma Fornero, l omessa comunicazione dei motivi contestuale al licenziamento viene sanzionata con la tutela indennitaria da 6 a 12 mensilità per i datori di lavoro compresi nel campo di applicazione dei commi da 4 a 7 dell articolo 18 novellato. Mentre per gli altri datori di lavoro la legge tace, sicché rimane valida la vecchia previsione di inefficacia del licenziamento di cui all articolo 2, comma 3 legge 604/1966. Il licenziamento deve essere impugnato entro il termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione da parte del datore di lavoro, anche se l efficacia del recesso è posticipata per effetto del preavviso e deve impugnarlo a mezzo di una comunicazione scritta che contenga la propria firma e volontà esplicita (telegramma, raccomandata, plico raccomandato). La manifestazione stragiudiziale di impugnativa deve essere seguita, a pena di decadenza, dal ricorso al giudice del lavoro nel termine di 180 giorni decorrenti dalla data di spedizione/ricezione della impugnativa di licenziamento. Il predetto termine si applica a tutti i licenziamenti individuali ed anche ai licenziamenti collettivi. 3

5 Secondo la nuova normativa il licenziamento può essere revocato nel termine di 15 giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell impugnazione del licenziamento. In tal caso il rapporto si intende ripristinato senza soluzione di continuità e con diritto del lavoratore di percepire la retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca (articolo 18, comma 10, st.lav. introdotto dall articolo 1, comma 42 della riforma Fornero). Nell ipotesi di revoca il lavoratore è tenuto a riprendere servizio in un termine congruo (che il legislatore non ha precisato), incorrendo in caso contrario in una condotta inadempiente rilevante sotto il profilo disciplinare. La disciplina della revoca si applica solo ai licenziamenti regolati dal nuovo articolo 18. 4) Il nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Il nuovo articolo 18 ha diversificato le tutele previste in caso di annullamento del licenziamento da parte del Giudice del lavoro, prevedendo in alcuni casi la tutela reintegratoria ed in altri casi la tutela indennitaria. Esaminiamo le diverse ipotesi previste. 1 ipotesi (1, 2, 3 comma): al primo comma del nuovo articolo 18 sono disciplinati tutti i casi di licenziamenti vietati : licenziamento discriminatorio (per motivi di credo politico, religioso, per motivi di appartenenza sindacale, per ragione inerenti lo stato di handicap, l età, le convinzioni personali o gli orientamenti sessuali), contiguo al matrimonio, nel periodo di interdizione per maternità (dall avvio della gravidanza fino all età di un anno del bambino), per motivo illecito determinante ex art c.c. (Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe), orale o comunque nullo. In tutti questi casi la sanzione prevista dalla legge è quella della declaratoria di nullità del licenziamento e del conseguente ripristino del rapporto di lavoro, a prescindere dal requisito dimensionale del datore di lavoro ed anche ai dirigenti. In aggiunta alla reintegra sul posto di lavoro è prevista la condanna del datore di lavoro al pagamento di un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. In tal caso il rapporto di lavoro si risolve, senza alcun diritto alla copertura previdenziale. 4

6 La scelta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione. 2 ipotesi (IV comma articolo 18: tutela reintegratoria per le aziende con più di 15 dipendenti nell unità produttiva o 60 sul territorio nazionale): Nel caso in cui Il giudice accerti che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro a sostegno del recesso per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento, condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione. A differenza del licenziamento vietato, in tale ipotesi dall indennità risarcitoria va detratto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. In tale ipotesi sono dovuti i contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. Anche in tale ipotesi, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro. Il lavoratore può optare per l indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma. La tutela reale di cui al IV comma del nuovo articolo 18 si applica anche al caso di licenziamento ingiustificato di lavoratori divenuti inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori; nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, violazione del diritto del disabile alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista; per scadenza del periodo di comporto (secondo la previsione dell articolo 18, VI comma che richiama il IV comma). Infine, il giudice può applicare la tutela reintegratoria nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, al quale normalmente si applica la tutela indennitaria. 5

7 3 ipotesi (V comma articolo 18: tutela indennitaria per le aziende con più di 15 dipendenti nell unità produttiva o 60 sul territorio nazionale): il comma V racchiude la novità più significativa della riforma in materia di licenziamenti, caratterizzata dall esclusione della tutela reintegratoria anche nelle ipotesi di accertamento dell illegittimità del recesso. In virtù di tale disposizione, infatti, il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria omnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo. L indennità in questione non ha natura risarcitoria ed è sganciata dall onere di provare di avere effettivamente subito un danno. Essa è omnicomprensiva. La tutela indennitaria è altresì prevista, in base al disposto di cui al VII comma, nelle altre ipotesi in cui si accerti che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo ma non può ritenere manifestamente insussistente il fatto posto a base del licenziamento. Nel caso del licenziamento per g.m.o. illegittimo, nella determinazione della tutela indennitaria di cui al quinto comma (cioè quella compresa tra un minimo di 12 e 24 mensilità) tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma (numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti), anche delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento apparentemente motivato da giustificato motivo oggettivo risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo. La tutela indennitaria si applica altresì (sempre per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti): - nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni; - per violazioni della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge (licenziamento disciplinare) o della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni (tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi alla DTL); In tali casi, tuttavia, verrà riconosciuta al lavoratore un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo. 6

8 SINTESI DEI CRITERI DI RISARCIMENTO DEL DANNO: SCAGLIONI MASSIMI DELLE MENSILITÀ Mesi Tipo Note 5 Discriminatorio 6-12 SI REINTEGRA Inefficace, senza procedura o motivi 12 Disciplinare SI REINTEGRA 12 Motivi economici SI REINTEGRA 15 Discriminatorio e disciplinare NO REINTEGRA Disciplinare NO REINTEGRA Motivi economici NO REINTEGRA N. minimo mensilità risarcimento danno (massimo pari a intervallo tra licenziamento e reintegra) Sanzione a carico del datore per violazione procedura, se licenziamento è ritenuto legittimo Innocenza del lavoratore o diversa previsione del contratto collettivo con sanzione conservativa Massimo spettante in caso di reintegra per manifesta insussistenza GMO Indennità sostitutiva della reintegrazione che può chiedere il lavoratore: il rapporto finisce Soggettivo allegato dal datore Ammontare massimo del risarcimento nel caso di inesistenza del giustificato motivo oggettivo 5) Il Licenziamento collettivo. Le norme sul licenziamento collettivo riguardano le imprese e i privati datori di lavoro non imprenditori che occupano più di 15 dipendenti e che, in conseguenza della medesima riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, ovvero della sua completa cessazione (art. 24, co. 2, L , n. 223), intendano effettuare almeno 5 licenziamenti, nell'arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell'ambito del territorio della stessa provincia. Le disposizioni in parola si applicano, altresì, a tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. L'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora nel corso di attuazione del programma ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo come di seguito descritto (art. 4, co. 1, L , n. 223). DIPENDENTI DI FILIALI ESTERE DI SOCIETA ITALIANE: nel caso di licenziamento collettivo, attuato da un'impresa italiana ed operante in Italia, deve essere applicata nei confronti del lavoratore all'estero e in difetto di analoga norma straniera, la legge n. 223/1991, la quale assicura che la designazione di ciascun lavoratore avvenga secondo criteri predeterminati e ragionevoli (Cass , n. 4545). 7

9 COMPUTO DEI LAVORATORI: non è qualificabile come collettivo ex art. 24 L. 223/1991 il licenziamento intimato, nell'arco di 120 giorni, a 5 dipendenti a tempo parziale, dovendosi applicare anche in questo caso il principio generale per cui i lavoratori part - time si computano in proporzione all'orario effettivamente svolto (Trib. Torre Annunziata ). Nel computo dell'organico aziendale nel semestre antecedente i licenziamenti non si tiene conto dei lavoratori a domicilio (Trib. Rovigo ). Le aziende che abbiano fatto ricorso alla CIGS e non siano in grado di riammettere al lavoro tutti i dipendenti sospesi, possono procedere al licenziamento collettivo senza essere vincolate al requisito numerico dei cinque licenziamenti nell'arco di 120 giorni per ciascuna unità produttiva (Cass , n. 2734). ESCLUSIONI:le norme in materia di licenziamento collettivo non si applicano nei seguenti casi: 1) scadenza dei rapporti di lavoro a termine; 2) fine lavoro nelle costruzioni edili; 3) attività stagionali o saltuarie (art. 4, co. 14, L , n. 223). La morte del datore di lavoro che sia persona fisica non configura automaticamente il licenziamento collettivo (Corte Giust. Cee , n. C- 323/08). Procedura di consultazione sindacale: l'impresa che intenda avvalersi della procedura di licenziamento collettivo deve fornire preventiva comunicazione scritta alle RSA o RSU e alle rispettive associazioni di categoria. In mancanza delle RSA o RSU, la comunicazione va fatta alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione alle associazioni di categoria può essere effettuata tramite l'associazione datoriale cui l'impresa aderisce o conferisce mandato (art. 4, co. 2, L , n. 223). La comunicazione in forma scritta a pena di inefficacia - deve indicare: - i motivi che determinano l'eccedenza; - i motivi tecnici, organizzativi o produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, il licenziamento collettivo; - il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato; - i tempi di attuazione del programma di riduzione del personale; - le eventuali misure per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale; - il metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. Gli eventuali vizi della comunicazione come appena sopra individuati possono essere sanati, a ogni effetto di legge, tramite un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo (art. 4, co. 12, L , n. 223; art. 1, co. 45, L , n. 92). Gli obblighi di informazione, consultazione e comunicazione devono essere adempiuti indipendentemente dal fatto che le decisioni relative all'apertura delle procedure in materia di licenziamento collettivo siano assunte dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli. Il datore di lavoro che viola tali obblighi non può eccepire a propria difesa la mancata trasmissione, da parte dell'impresa che lo controlla, delle informazioni relative alla decisione che ha determinato l'apertura delle predette procedure (art. 4, co. 15 bis, L , n. 223). 8

10 MANCATO RISPETTO DELLA PROCEDURA: nelle ipotesi in cui il licenziamento sia intimato senza il rispetto della procedura sindacale di cui all'art. 4, co. 12, L , n. 223, si applica la medesima tutela prevista per i licenziamenti individuali per motivi economici, per i datori con più di 15 dipendenti, dall'art. 18, co. 7, terzo periodo, della L , n Pertanto, il giudice conferma la risoluzione del rapporto di lavoro (in questi casi, infatti, non viene disposta la reintegrazione) e riconosce al lavoratore un'indennità compresa tra 12 e 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. CONTRIBUZIONE: nel caso delle imprese che rientrano nel campo di applicazione della CIGS (i cui dipendenti saranno quindi destinatari, fino al 2016, dell'indennità di mobilità; dal 2017 ci sarà per tutti solo l'aspi: art. 2, co. 1-45, L. 92/2012), alla comunicazione va allegata copia della ricevuta del versamento all'inps di una somma (a titolo di anticipazione del contributo d'ingresso relativo all'indennità di mobilità) pari al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per il numero dei lavoratori eccedenti (art. 4, co. 3, L , n. 223). Fino al , per ciascun lavoratore posto in mobilità l'impresa è tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Tale somma è ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all'articolo 4, co. 9, abbia formato oggetto di accordo sindacale (art. 5, co. 4, L , n. 223). Le stesse imprese possono recuperare, mediante conguaglio con i contributi INPS, le maggiori somme versate in relazione al diminuito numero dei lavoratori licenziati (art. 4, co. 10, L , n. 223). Fino al , l'impresa che procuri offerte di lavoro a tempo indeterminato per mansioni sostanzialmente equivalenti e con retribuzione non inferiore al 90% di quella percepita in precedenza non è tenuta al pagamento delle rimanenti rate ai lavoratori che perdano il diritto al trattamento di mobilità in conseguenza del rifiuto di tali offerte ovvero per tutto il periodo in cui essi, accettando le offerte procurate dall'impresa, abbiano prestato lavoro. Il beneficio è escluso per le imprese che, nei confronti dell'impresa disposta ad assumere, hanno assetti proprietari coincidenti o risultano collegate o controllate: l'impresa che assume deve produrre un'apposita dichiarazione sulla non sussistenza di tali circostanze (art. 5, co. 5, L , n. 223; art. 2, co. 71, L , n. 92). La contribuzione non sarà più dovuta a partire dall' (art. 2, co. 71, L , n. 92): da quest'ultima data, infatti, sarà dovuta, a titolo di finanziamento dell'aspi a carico del datore e per ogni lavoratore licenziato, una somma pari al 50% del trattamento mensile iniziale Aspi per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni (c.d. contributo di licenziamento: art. 2, co. 31, L , n. 92). Tale contributo è moltiplicato per tre volte nei casi in cui la dichiarazione di eccedenza del personale di cui all'art. 4, co. 9, L. 223/1991, non abbia formato oggetto di accordo sindacale (art. 2, co. 35, L , n. 92). INOLTRO DELLA DOCUMENTAZIONE ALLA DTL (o DRL o MINISTERO): il datore di lavoro deve contestualmente provvedere a inviare alla Direzione territoriale del lavoro copia sia della comunicazione inviata alla controparte sindacale che della ricevuta del versamento (art. 4, co. 4, L , n. 223). Qualora l'eccedenza riguardi unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, la documentazione di cui sopra deve essere inviata, rispettivamente al direttore della Direzione regionale del lavoro ovvero al Ministro del lavoro (art. 4, co. 15, L , n. 223). PROCEDURA: entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione dell'azienda da parte della controparte sindacale, a richiesta delle RSA o RSU e delle rispettive associazioni, si procede a un 9

11 esame congiunto tra le parti, allo scopo di esaminare le cause che hanno determinato l'eccedenza di personale e le possibilità di utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua parte, nella stessa impresa, anche, per le aziende destinatarie, mediante contratti di solidarietà (o programmi di CIGS), e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro. I rappresentanti dei lavoratori possono farsi assistere da esperti (art. 4, co. 5, L , n. 223). Qualora non sia possibile evitare la riduzione di personale, è esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento intese, in particolare, a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. L'esame congiunto deve svolgersi (Min. lav., circ , n. 64): 1) presso gli uffici della Regione se le unità interessate agli esuberi sono situate in una stessa regione (anche in province diverse); 2) presso il Ministero del lavoro se le unità operative sono ubicate in regioni diverse. Questa (prima) fase della procedura deve essere esaurita entro 45 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione dell'impresa; l'impresa stessa fornisce all'ufficio della regione competente comunicazione scritta sul risultato della consultazione e sui motivi dell'eventuale esito negativo. Analoga comunicazione scritta può essere inviata dalle associazioni sindacali dei lavoratori. ESITO NEGATIVO: SUCCESSIVA CONVOCAZIONE DA PARTE DEL DIRETTORE DELLA DTL: qualora, nella prima fase, non sia stato raggiunto l'accordo, il direttore della DTL convoca le parti per un ulteriore esame, anche formulando proposte per un accordo. Tale esame deve comunque esaurirsi entro 30 giorni dal ricevimento da parte dell'ufficio della comunicazione dell'impresa. Qualora il numero dei lavoratori interessati dalla procedura di licenziamento collettivo o di mobilità sia compreso tra 5 e 9, i termini di cui sopra sono ridotti alla metà (art. 4, co. 7 e 8, L , n. 223).Tali norme si applicano anche ai privati datori di lavoro non imprenditori. UNITÀ PRODUTTIVE SITE IN PIÙ PROVINCE O REGIONI: qualora, nella prima fase, non sia stato raggiunto l'accordo, e qualora l'eccedenza riguardi unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, la competenza a promuovere l'accordo di cui sopra spetta rispettivamente al direttore della Direzione regionale del lavoro ovvero al Ministro del lavoro. Agli stessi va inoltrata copia della comunicazione inviata alla controparte sindacale e della ricevuta del versamento ACCORDO PER LA MODIFICA IN PEJUS DELLE MANSIONI E CASSA INTEGRAZIONE: gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui all'art. 4 L , n. 223, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo comma dell'articolo 2103 del codice civile, la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle normalmente svolte e, quindi, anche inferiori (art. 4, co. 11, L , n. 223). I lavoratori ammessi al trattamento di cassa integrazione, al termine del periodo di godimento del trattamento di integrazione salariale, rientrano in azienda (art. 4., co. 13, L , n. 223). ESITO NEGATIVO: COMUNICAZIONE DEL LICENZIAMENTO AI LAVORATORI: una volta che sia stato raggiunto l'accordo sindacale o che sia stata esaurita la procedura, l'impresa può licenziare ovvero, per le aziende destinatarie della CIGS, collocare in mobilità impiegati, operai e quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. L'intimazione del recesso senza l'osservanza della forma scritta comporta l'applicazione della sanzione prevista dall'articolo 18, co. 1, L , n. 300, ossia: reintegrazione del lavoratore accompagnata dal risarcimento del danno tramite una somma pari nel minimo a 5 mensilità 10

12 dell'ultima retribuzione globale di fatto (art. 5, co. 3, L , n. 223; art. 1, co. 46, L , n. 92). ESITO NEGATIVO: COMUNICAZIONE DEL LICENZIAMENTO AI PUBBLICI UFFICI: entro 7 giorni dalla comunicazione dei recessi - e non più "contestualmente" come previsto prima delle modifiche apportate con la legge , n. 92 (art. 4., co. 9, L , n. 223; art. 1, co. 44, L , n. 92), l'elenco dei lavoratori licenziati (indicando per ciascuno: nominativo, luogo di residenza, qualifica, livello di inquadramento, età, carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta) va comunicato per iscritto all'ufficio regionale del lavoro, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni di categoria (art. 4 co. 9, L. 223/1991; Min. lav., circ. 64/2000). INDIVIDUAZIONE DEI LAVORATORI DA LICENZIARE (CRITERI DI SCELTA): l'individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico produttive e organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all'articolo 4, co. 2 (ossia le RSA, RSU, e le rispettive associazioni di categoria), ovvero in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: a) carichi di famiglia; b) anzianità ; c) esigenze tecnico produttive ed organizzative (art. 5, co. 1, L , n. 223). Nell'operare la scelta dei lavoratori da licenziare, il datore non può licenziare una percentuale di manodopera femminile in percentuale superiore a quella della manodopera femminile occupata con riguardo alle mansioni prese in considerazione (art. 5, co. 2, L , n. 223). Con riferimento ai c.d. CRITERI DI SCELTA, la giurisprudenza ha elaborato i seguenti principi: 1) nel caso di soppressione di un settore dell'azienda, è legittimo il licenziamento collettivo che riguardi solo i dipendenti addetti a tale settore, applicando i criteri di scelta solo ai dipendenti coinvolti e non a tutti quelli dell'impresa nel suo complesso (Cass , n. 3330; Cass , n ). Vi è però un orientamento consolidato che si orienta in modo difforme; 2) se il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisce in modo esclusivo a un'unità produttiva o a uno specifico settore dell'azienda, la comparazione dei lavoratori al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità non deve necessariamente riguardare l'intera azienda (Cass , n. 6626), ma può avvenire, secondo una legittima scelta dell'imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico- produttive, nell'ambito della singola unità produttiva, o del settore interessato alla ristrutturazione, in quanto ciò non sia frutto di una determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificato dalle esigenze organizzative che hanno dato luogo alla riduzione di personale (Cass , n ; Cass , n. 2429); 3) una volta concordati i criteri di scelta, al datore di lavoro non è consentito disapplicarli o modificarli in maniera unilaterale (Cass , n. 6841); 4) è legittimo il ricorso a criteri di scelta, frutto di intesa con la controparte sindacale, basati sulla giovane età dei lavoratori e sulla mancanza di carichi familiari (Cass , n. 8237); 5) i criteri di scelta legati alla volontarietà e alla prossimità alla pensione sono di per sé legittimi ove concordati con il sindacato, a condizione che nella loro concreta applicazione sia esclusa qualsiasi discrezionalità da parte del datore di lavoro (Cass , n. 6560); 6) il criterio del possesso dei requisiti pensionistici, quindi non dipendente dalla discrezionalità dell'imprenditore, è legittimo in presenza di un licenziamento per riduzione del personale diretto a ridimensionare l'organico dell'intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro (Cass , n ; Cass , n. 9348; Cass , n ). 11

13 7) il criterio di scelta costituito dal possesso dei requisiti per l'accesso al pensionamento, esplicitato in una comunicazione a tutti gli interessati contenente il richiamo agli accordi raggiunti con le OO.SS. e corredato dall'indicazione, per ciascun nominativo, della data di nascita, dell'età anagrafica, della residenza, della qualifica e del livello nonché dei carichi di famiglia dei lavoratori coinvolti ha certamente natura oggettiva e soddisfa i requisiti di legge (Cass , n ). 8) il criterio cd. a punti è legittimo a condizione che sia ancorato a parametri oggettivi, così da evitare eccessivi margini di discrezionalità nella selezione (Trib. Padova ). In caso di violazione dei criteri di scelta previsti dall'art. 5, co. 1, L , n. 223, si applica il regime di cui all'art. 18, co. 4, L , n La disciplina cui si fa rinvio è quella relativa al licenziamento per motivi disciplinari nelle aziende con più di 15 dipendenti, ossia per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, nei casi in cui il giudice accerta l'insussistenza del fatto contestato o che il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili: in questi casi, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro pari a 15 mensilità (art. 5, co. 3, L , n. 223; art. 1, co. 46, L , n. 92). Le norme sul diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro in caso di violazione dei criteri di scelta non trovano applicazione nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono, senza fini di lucro, attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto (art. 24, co. 1 ter, L , n. 223); in questi casi si fa luogo solamente alla tutela cd. obbligatoria, ovvero riassunzione o risarcimento del danno (art. 24, co. 1 quater, L , n. 223). Il datore di lavoro il quale, ancorché non imprenditore, svolga attività destinata al benessere di una comunità internazionale civile e militare di stanza in una base della Nato non ha natura di organizzazione di tendenza, dal che consegue che è soggetto alla disciplina prevista per i licenziamenti collettivi (Cass , n ). PROCEDURE CONCORSUALI: quando non sia possibile la continuazione dell'attività, anche tramite cessione dell'azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo parzialmente, il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità i lavoratori eccedenti (in tali casi la procedura si deve concludere entro 30 giorni). Il contributo a carico dell'impresa previsto dall'art. 5, co. 4, , n. 223, non è dovuto (art. 3 co. 3, , n. 223). Avv. Vittoria Mezzina 12

14 TABELLA DI SINTESI SULLA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI Tipologia di recesso Licenziamento discriminatorio Licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa Licenziamento per giustificato motivo oggettivo Fattispecie Discriminazione per sesso, età, sindacale, maternità, ecc. Insussistenza del fatto contestato o fatto che rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa in base al contratto collettivo Altre ipotesi in cui non sussiste giustificato motivo soggettivo o giusta causa Ipotesi nelle quali il giudice accerta la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo Altre ipotesi in cui il giustificato motivo oggettivo non sussiste Reintegrazione SI, in ogni caso SI, in ogni caso NO, mai Si, ma solo se il giudice decide di applicare la reintegrazione (la norma dice che il giudice può ) NO, mai Indennità economica Minimo cinque mensilità della retribuzione globale di fatto Massimo dodici mensilità della retribuzione globale di fatto Minimo 12 e massimo 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto Massimo dodici mensilità della retribuzione globale di fatto Minimo 12 e massimo 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto Criteri di riduzione/ quantificazione Deduzione del solo aliunde perceptum Deduzione sia dell aliunde perceptum che dell aliunde percipiendum Anzianità lavoratore, numero dipendenti, dimensioni attività economica, comportamento e condizioni delle parti Deduzione sia dell aliunde perceptum che dell aliunde percipiendum Anzianità lavoratore, numero dipendenti, dimensioni attività economica, comportamento e condizioni delle parti, più: iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e comportamento delle parti nel corso della procedura davanti alla DTL. 13

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Premessa. di giusta causa (vale a dire un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto di lavoro; Premessa Non mutano i concetti di giusta causa (vale a dire un fatto talmente grave da non consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto di lavoro; di giustificato motivo soggettivo (cioè

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