Scheda 5 «La gestione integrata dei rifiuti» LA SITUAZIONE ITALIANA. GREEN JOBS Formazione e Orientamento

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2 La disciplina italiana della gestione dei rifiuti è oggi contenuta principalmente nel codice dell ambiente (Decreto Legislativo 152/2006), che ha assorbito e aggiornato il Decreto Legislativo 22/1997 (il cosiddetto Decreto Ronchi). La norma nazionale classifica i rifiuti in base alla loro provenienza, distinguendo tra urbani (ossia quelli raccolti sul suolo pubblico, a loro volta divisi in domestici e non domestici) e speciali, ossia prodotti dalle imprese commerciali, artigianali e industriali), e in base in base alla loro pericolosità, distinguendo tra pericolosi e non pericolosi. A seconda del tipo di rifiuto, cambiano le modalità di trattamento ed i criteri da seguire per il loro allontanamento. Nello specifico, i rifiuti urbani sono di esclusiva competenza comunale, cosicché chi li detiene deve conferirli al soggetto comunale secondo le modalità prescritte da quest ultimo, e a versare ad esso un corrispettivo economico (tipicamente una tassa). A sua volta il soggetto comunale deve sottostare alle prescrizioni della pianificazione regionale (livelli minimi di raccolta differenziata, destinazione della frazione finale non differenziata, soggezione ai principi di autosufficienza e prossimità). I rifiuti speciali sono invece di competenza di chi li produce; il detentore ha l obbligo di conferimento a imprese private specializzate ed autorizzate allo smaltimento, reperibili anche lontano dal luogo di produzione del rifiuto 1. 1 I rifiuti urbani, una volta raccolti e trattati, posso acquisire lo status di materiali recuperabili, ad esempio compost ad uso agricolo o Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR), venendo così catalogati come rifiuti speciali e come tali smaltiti. Interpretandolo in sostanza come una modalità per aggirare con una certa facilità i principi di autosufficienza e prossimità, questo meccanismo è stato ampiamente sfruttato in passato da molti comuni, che hanno sottoposto il rifiuto urbano a procedure di trattamento finalizzate semplicemente a cambiare la categoria merceologica del rifiuto. In questo modo, si alleggeriva la pressione sui siti di smaltimento locali inviando il rifiuto pseudo-speciale a impianti sì autorizzati, ma collocati in altre zone del Paese. 2

3 Figura 1 Andamento della produzione di rifiuti urbani in Italia, anni , Fonte: ISPRA, 2012 Secondo i dati dell Agenzia Europea per l Ambiente, a loro volta basati sui dati comunicati dall Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), nel 2010 in Italia sono stati prodotti circa 140 milioni di tonnellate di rifiuti; di questi, poco più di 32 milioni sono rifiuti urbani (erano 26 nel 1996 e circa 13 nel 1975), il rimanente sono rifiuti speciali. Secondo molti esperti, la quasi triplicazione nella produzione pro-capite di rifiuti osservata nell ultimo trentennio è determinata da due processi: la crescita degli imballaggi dei prodotti e, in parte minore, l impennata nel consumo di prodotti non alimentari, soprattutto apparecchiature elettroniche (telefoni cellulari, lettori di mp3, playstation, computer e tablet, dispositivi di memoria di massa proprio i beni che dovrebbero favorire la dematerializzazione!) con il loro corredo di cavi di alimentazione, caricabatterie, pile di diversi formati, e così via. È una conseguenza del mutamento avvenuto nei profili di consumo della società, ma anche di scelte operate a monte dai produttori dei beni, che decidono quali materiali usare e in che modo confezionare i prodotti per sostenere l acquisto. 3

4 Figura 2 Produzione pro-capite rifiuti urbani per regione, anni , Fonte: ISPRA, 2012 Tornando alla produzione dei rifiuti urbani, si tratta di 535 chilogrammi per cittadino italiano, in miglioramento rispetto al picco del 2006 (552 kg pro-capite), ma pur sempre in crescita rispetto a 10 anni prima (516 kg nel 2001). La media nazionale varia molto quando si va a considerare il panorama regionale, dove la produzione di rifiuti urbani va dai 413 kg pro-capite del Molise agli oltre 600 di Liguria, Toscana, Umbria e Lazio, con il picco dato dalla Emilia-Romagna (677 kg). Dei 535 chilogrammi di rifiuto urbano pro-capite prodotti, il 94% (505 kg) è sottoposto a trattamento. Ad essere privilegiata è ancora le modalità di fine ciclo, ossia la discarica (48%), l incenerimento è al 17% mentre solo il 35% dei rifiuti è soggetto a differenziazione e riciclo. Si tratta di valori sotto la media europea e sotto gli obiettivi di recupero fissati dagli obiettivi della UE (50% di riciclo entro il 2020) e anche dagli stessi decreti nazionali (45% di raccolta differenziata), ma al tempo stesso rappresentano un deciso balzo in avanti, se è vero che nel 1996 quasi il 90% del rifiuto urbano terminava in discarica e nel 2001 la percentuale era ancora del 68%. 4

5 Figura 3 Percentuali di raccolta differenziata dei rifiuti urbani per regione, anni , Fonte: ISPRA, 2012 Anche in questo caso, tuttavia, il dato nazionale nasconde situazioni molto diverse da regione a regione: a titolo di esempio, se in Lombardia il ricorso diretto alla discarica riguarda appena l 8% del totale del rifiuto urbano (ma con una forte percentuale avviata a incenerimento e relativa produzione di energia), la stessa voce raggiunge il 93% in Sicilia, mentre solo sette regioni su 20 (Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Sardegna) raggiungono l obiettivo di almeno il 45% di raccolta differenziata. Per questa ultima graduatoria, il picco è rappresentato dal Veneto (58%), mentre a chiudere la classifica è la Sicilia (7%). 5

6 I tassi di recupero dei rifiuti speciali sono molto maggiori di quelli visti per i rifiuti urbani. Fin dai tempi della prima industrializzazione, l Italia povera di materie prime ha sempre avuto una lunga tradizione industriale ed una specifica competenza nel recupero di sottoprodotti e scarti dei vari cicli produttivi (rottame di ferro, recupero di energia dai residui di raffineria), tant è che oggi oltre il 50% dei rifiuti speciali è soggetto a recupero di materiali. Infine, va rimarcato un dato preoccupante sui siti potenzialmente contaminati perché sede di attività a rischio (siti industriali abbandonati, discariche più o meno controllate, attività estrattive abbandonate, siti di stoccaggio di materiali pericolosi): l Agenzia Europea per l Ambiente ne ha identificati circa e ritiene che possano essere 10 volte tanto 2. Tra i progetti previsti, avviati e conclusi, sono i siti di questo tipo oggi sottoposti a bonifica. Tra il 1998 ed il 2007 in tutto il territorio italiano sono state identificate e riconosciute dallo Stato 57 aree interessate da inquinamento di particolare rilievo, in rapporto alle caratteristiche degli inquinanti ed alla loro pericolosità, all estensione ed all'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico. Sono i cosiddetti Siti contaminati di Interesse Nazionale (SIN), relativi per lo più ad aree industriali (dismesse o ancora attive), ex-miniere, aste fluviali. 2 Solo in Regione Lombardia sono più di 800 i siti contaminati ufficiali, dove sono in corso le attività di bonifica per il risanamento ambientale, e 1396 i siti bonificati. 6

7 In 16 dei 57 casi citati il SIN riguarda discariche da bonificare; in otto casi la bonifica di ex-discariche ufficiali o abusive è il problema principale del SIN (in Lombardia, Liguria, Veneto, Toscana, Lazio, Abruzzo e due siti della Campania); in altri due casi, entrambi relativi a rifiuti industriali, risulta un tema rilevante anche se non quello principale (Piemonte e Liguria). In altri sei casi, infine, la presenza di discariche da bonificare è uno dei temi specifici all interno di programmi più ampi di bonifica di grandi complessi industriali (Lombardia, Campania, Calabria e tre siti in Sicilia). Nel corso del 2012, 18 aree su 57 la cui problematicità risulta in realtà minore, sono state affidate per il risanamento alle Regioni, subendo così una sorta di declassamento da SIN a Sito contaminato di interesse regionale (SIR). L analisi del rischio di un sito contaminato, ovvero la valutazione differenziata della minaccia per l'ambiente e la salute, si orienta secondo i seguenti criteri principali: Potenziale dell'inquinante - quanto sono pericolose le sostanze nocive e in quali quantitativi sono presenti? Potenziale di trasmissione - quanto rapidamente, a quale distanza e in quali quantitativi sono emesse e trasportate le sostanze nocive per l'ambiente e la salute? Esposizione e importanza dei beni da proteggere (acque, suolo, aria) - le sostanze nocive possono raggiungere dei beni da proteggere? Qual è la possibile entità dei danni? A seconda delle indicazioni che emergono dall analisi del rischio si procede con l attuazione d interventi di bonifica, al fine di pervenire all eliminazione del pericolo in modo durevole e sostenibile. 7

8 Sintesi In Italia nel 2010 si sono prodotti 140 milioni di tonnellate di rifiuti (32 milioni urbani, 108 speciali), circa il triplo rispetto a 30 anni fa. Per gli urbani la media nazionale è di 535 kg/ab, ma varia molto a livello regionale (413 kg in Molise, 677 kg in Emilia-Romagna). Il trattamento del rifiuto urbano privilegia ancora la discarica e solo il 35%, in media, è soggetto a differenziazione e riciclo, al di sotto degli obiettivi fissati dalla UE con valori che vanno dal 58% del Veneto al 7% della Sicilia e solo sette regioni su 20 che raggiungono gli obiettivi nazionali (45% di raccolta differenziata). La metà dei 108 milioni di tonnellate di rifiuti speciali sono classificati come pericolosi. Trattandosi per lo più di rifiuti industriali, oltre il 60% di essi (il 75% per quelli pericolosi), sono prodotti nelle regioni del Nord Italia. I rifiuti speciali mostrano tassi di recupero superiori agli urbani, grazie alla lunga tradizione italiana di riutilizzo di sottoprodotti e scarti dei cicli produttivi. Il tema dei rifiuti si riflette in Italia sulla questione dei cosiddetti SIN, i siti contaminati di interesse nazionale: ben 16 su 57 dei SIN ufficialmente riconosciuti, infatti, hanno come tema principale o secondario la bonifica di ex-discariche, ufficiali o abusive, di rifiuti, nella maggior parte dei casi di natura industriale. La questione dei SIN, oggi declassata per alcuni siti a SIR, interessa tutte le regioni italiane, per 10 di esse con SIN relative a discariche di rifiuti. 8

9 Per saperne di più Caiazzo M., Viselli R. (a cura di), Rapporto Bonifiche 2010, Ferderambiente, 2010 European Environmental Agency, Managing municipal solid waste a review of achievements in 32 European countries, 2/2013 (in inglese) Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), Rapporto rifiuti urbani 2012, Roma, 6/2012 Massarutto A., I rifiuti, Bologna, Il Mulino (collana Farsi un idea),

10 CREDITI Materiale a cura del progetto La.Fem.Me Lavoro Femminile Mezzogiorno Italia Lavoro S.p.A. Rielaborazione a cura del progetto Increase Fonti: - Eco & Eco Economia E Ecologia Srl Immagini: - Foto copertina: 1. James Monkeyyatlarge; 2. Fil.al; 3. Simada 2009 Aggiornamento Settembre 2013 Per informazioni infolafemme@italialavoro.it servizi.prodottiformativi@italialavoro.it

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