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1 APAT SISTEMA NAZIONALE CONOSCITIVO E DEI CONTROLLI IN CAMPO AMBIENTALE Centro Tematico Nazionale Agenti Fisici Assistere l APAT nella definizione di proposte operative per una rete di monitoraggio dei c.e.m. (ELF) AGF-T-RAP OBIETTIVO SPECIFICO: OB TASK: TK TEMI: T22 STATO: (1) Definitivo VERSIONE: 0 REDATTO DA: (2) Giancarlo Anderle Luca Cristoforetti Carla Malacarne Rolando Pontalti Daniela De Bartolo Tommaso Aureli Davide Ceccarelli Daniele Andreuccetti DATA: 27/04/2005 RIVISTO DA: (3) Giancarlo Anderle DATA: 27/04/2005 APPROVATO PER IL RILASCIO DA: (4) Sandro Fabbri Giancarlo Torri DATA DI RILASCIO: 01/12/2005 (1) Bozza, definitivo (2) Autore/autori del documento (3) Responsabile della task (4) Responsabile CTN_AGF e Responsabile di Progetto APAT

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3 INDICE: INDICE...III OBIETTIVO DELLA TASK...V 1. INTRODUZIONE Premessa Quadro Normativo Utilità della rete di monitoraggio per ELF LA RETE DI MONITORAGGIO PER ELF Le sorgenti ELF in ambito Nazionale Situazione Nazionale Struttura della rete Il sensore di misura Codifica e trasmissione del dato Gestione dei dati CRITERI PER L INDIVIDUAZIONE DEI SITI DI MONITORAGGIO Descrizione del progetto effettuato nel Comune di Trento Descrizione del territorio comunale di Trento Definizione di indicatori Mappa di prossimità Mappa approssimata di Induzione Magnetica Mappa della densità di popolazione Ricettori Sensibili Mappa raffinata di induzione magnetica...26 BIBLIOGRAFIA...28 III

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5 OBIETTIVO DELLA TASK Il titolo della task del CTN AGF TK , AGF-T-RAP-04-06, consiste nell assistere l APAT nella definizione di proposte operative per una rete di monitoraggio dei c.e.m. (ELF Extremely Low Frequency), ovvero nella definizione: i) delle modalità di gestione delle stazioni di controllo; ii) dei criteri da adottare nella scelta dei siti dove dislocare la stazioni di controllo dei campi elettrici e di induzione magnetica generati dalla rete nazionale di trasmissione elettrica o da altre sorgenti ELF presenti sul territorio. Il lavoro è stato svolto con la collaborazione dell ITC-irst di Trento (Luca Cristoforetti, Carla Malacarne, Rolando Pontati) e dell IFAC-CNR di Firenze (Daniele Andreuccetti). V

6 1. INTRODUZIONE 1.1 Premessa L implementazione di una rete di monitoraggio su scala nazionale per i campi elettromagnetici non ionizzanti nell intervallo di frequenze fra pochi Hz e 300 GHz circa, non è una novità nel quadro delle attività di Enti Scientifici Nazionali, delle Agenzie Regionali per la Protezione dell Ambiente e dell APAT. In modo molto informale e senza la formulazione di proposte concrete, si era già iniziato a parlare di reti di monitoraggio all interno dei gruppi di lavoro tematici dedicati alla preparazione della Conferenza Nazionale sull Energia e l Ambiente organizzato a Roma nel novembre del 1998 [1] e nell ambito degli incontri relativi al progetto CER/CEN finanziato dall ANPA, attraverso ENEA fra il 1999 ed il Negli anni immediatamente successivi all interno delle attività del CTN_AGF venivano prodotti diversi documenti riguardanti le reti di monitoraggio per CEM (Campi Elettromagnetici). Tra questi va sicuramente citato, per organicità e completezza, quello prodotto da Arpa Piemonte ed Arpa Emilia Romagna, dal titolo Criteri per la progettazione di reti nazionali di monitoraggio in continuo dei campi elettromagnetici, dedicato alla descrizione della struttura della rete, dei requisiti tecnici dei rivelatori e con la presentazione di alcune sperimentazioni [2]. La realizzazione di reti di monitoraggio su scala nazionale è stato ancora oggetto di studio all interno del Progetto Nazionale MIUR CNR/ENEA Salvaguardia dell uomo e dell ambiente dalle emissioni elettromagnetiche, che fra gli anni 2001 e 2004, ha dedicato larga parte della linea 2, dal titolo Misura dei livelli di campo elettromagnetico nell ambiente, alla messa a punto di rivelatori idonei a funzionare in stazioni periferiche e gestite in remoto attraverso un sistema centrale di archiviazione e controllo. Nei rapporti finali [3] di questa attività di ricerca viene ovviamente descritta anche l architettura di tutta la rete, in tutti i suoi dettagli tecnici. Vanno altresì ricordate alcune implementazioni operative, in parte integrate con i documenti già citati, che iniziarono in modo sperimentale per poi diventare praticamente routine nell ambito delle attività delle ARPA. Fra queste, vanno sicuramente citate il Progetto Cassiopea nella città di Catania, il progetto ELETTRA ad opera dell ARPA Emilia Romagna ed il progetto del Ministero delle Comunicazioni di una rete nazionale per il monitoraggio dei campi elettromagnetici ad alta frequenza gestito attraverso la FUB (Fondazione Ugo Bordoni), questo ultimo, in fase di ultimazione, con la dislocazione di un rilevante numero di centraline (1200 a regime) su tutto il territorio Nazionale. Va comunque precisato che i progetti appena citati, abbracciano solo l aspetto inerente il 1

7 monitoraggio dei campi elettromagnetici a radiofrequenza, mentre per quanto concerne i campi a frequenze ELF attualmente non sono ancora disponibili su larga scala dati provenienti da reti di monitoraggio ancorchè prototipali o su aree anche limitate. Solo nei documenti CTN e nell ambito dell azione Nazionale Salvaguardia dell uomo e dell ambiente dalle emissioni elettromagnetiche finanziato dal MIUR, le frequenze ELF assumono l importanza di una banda in frequenza (e quindi di un canale aggiuntivo) che dovrebbe caratterizzare le centraline adibite al controllo continuo ed in remoto, dell indicatore esposizione ai campi CEM. 1.2 Quadro normativo Vediamo rapidamente il quadro normativo all interno del quale ci si deve muovere al fine di caratterizzare una rete per il monitoraggio in continuo ed in remoto, dei campi elettromagnetici. In campo internazionale, è ormai consuetudine consolidata prendere a riferimento le linee guida ICNIRP (International Commission on Non Ionizing Radiation Protection) del 1998 [4], che abbracciano l intervallo di frequenza da pochi Hz a 300 GHz. Queste, linee guida, valide sia per la popolazione che per i lavoratori professionalmente esposti forniscono i limiti sia sulle grandezze primarie che secondarie, necessari alla salvaguardia della persona dagli effetti acuti (stimolazione neuromuscolare per frequenze fino a 10 MHz dovuta alle correnti indotte, riscaldamento dei tessuti indotto dal deposito di SAR da 100 khz a 10 GHz, bruciature da deposito di potenza superficiale per frequenze superiori ai 10 GHz). Questi limiti sono stati adottati praticamente in toto nel 1999 da Consiglio dell Unione Europea, nell emanazione della Raccomandazione del 21 luglio 1999 (1999/519/CE) [5] dedicata alla protezione della sola popolazione. Per quanto attiene i lavoratori professionalmente esposti, si è dovuto attendere il maggio 2004, con l emanazione di un apposita Direttiva (2004/40/CE) [6] che gli Stati Membri dovranno recepire entro il Si ricorda inoltre, che il Comitato scientifico sulla tossicità, l'ecotossicità e l'ambiente (Comité Scientifique sur la Toxicité, l'ecotoxicité et l'environment - CSTEE), interpellato dalla Direzione Generale per la Salute e la Protezione dei Consumatori della Commissione Europea nel corso del 2001 sulla validità o meno delle linee guida ICNIRP come riferimento scientifico per l emanazione di normative sui campi CEM, dava in merito risposta affermativa [7]. In Italia la normativa inerente la tutela della salute dai campi elettromagnetici ha avuto una rapida ed innovativa evoluzione a partire dal febbraio 2001, con l emanazione della Legge Quadro nr. 36/2001 [8], il cui ambito di applicazione abbraccia sia la popolazione che i lavoratori professionalmente esposti ed ispirata non solo a proteggere la salute dagli effetti acuti, ma a prevenire anche eventuali effetti a lungo termine (promozione dell attività di ricerca per la valutazione degli effetti a lungo termine). Inoltre, sempre nelle sue finalità, annovera la necessità di salvaguardare l ambiente ed il paesaggio, di promuovere l innovazione tecnologica ed i dovuti interventi di risanamento, attuati con la migliore tecnologia disponibile, al fine di minimizzare l esposizione. 2

8 La successiva emanazione l 8 luglio del 2003 dei due decreti attuativi della Legge Quadro [9], [10], uno per la frequenza di rete (50 Hz) e l altro per le radiofrequenze (RF) e microonde (MW) ha completato in buona parte l iter normativo. Con l emanazione di questi decreti, vengono abrogati il DPCM del 23 aprile 1992 ed il DPCM del 28 settembre 1995, per quanto riguarda gli ELF, integrato (e di fatto sostituito) il DM nr. 381 del 10 settembre 1998, per quanto riguarda le RF e MW. I Decreti appena citati definiscono i limiti di esposizione, di attenzione e l obiettivo di qualità, per la sola popolazione, descrivono i casi ai quali devono essere applicati, rimandano ai riferimenti normativi CEI e [11], [12] per quanto attiene le procedure di misurazione e forniscono alcune disposizioni comportamentali per quanto attiene i gestori di reti elettriche. 1.3 Utilità della rete di monitoraggio per ELF L utilità delle reti di monitoraggio per campi CEM, sia ELF che RF è già stata ampiamente discussa nei riferimenti [2], [3], [13] ed è riassumibile essenzialmente nei seguenti punti: - forniscono il controllo continuo della variabilità temporale dell esposizione; - sono utili per l analisi di siti complessi, non indagabili con simulazioni; - contribuiscono all individuazione di criticità al fine di indagini più approfondite; - possono essere impiegate per misure di controllo non assistite; - sono di valido aiuto per fornire una risposta sociale. Ciò che invece può essere interessante capire è perchè nel corso degli anni si sia sempre data maggiore priorità alle reti per campi a RF piuttosto che per campi ELF. La rete di monitoraggio per i campi elettromagnetici non ionizzanti è ormai una realtà in rapida espansione su tutto il territorio Nazionale, grazie in particolare al rilevante progetto del Ministero delle Comunicazioni per il tramite della Fondazione Ugo Bordoni, che a regime prevederà la dislocazione di 1200 centraline su tutto il territorio Nazionale, localmente gestite dalle singole ARPA/APPA. A queste devono essere aggiunte tutte le centraline di monitoraggio, che le Agenzie per l Ambiente locali hanno acquisito o stanno acquisendo in proprio. Questo notevole sforzo pecca attualmente di un certo sbilanciamento verso la copertura delle sole alte frequenze. La maggior parte delle centraline operavano (ed operano tutt ora) con un integratore per alte frequenze nella banda che si estende circa fra 100 khz e 3 GHz. Esistono comunque alcune tipologie di centraline, commercialmente disponibili, che prevedono l intercambiabilità dei sensori, offrendo la possibilità di eseguire misure in continua sia su bande diverse di radiofrequenza che a frequenze tipiche degli ELF, da pochi Hz ad alcuni khz circa. Su scala nazionale, solo il prototipo sviluppato nell ambito del progetto MIUR Salvaguardia dell uomo e dell ambiente dalle emissioni elettromagnetiche, attualmente in fase di validazione, prevede anche la possibilità di acquisizioni contemporanee multibanda, essendo la centralina dotata di più canali di acquisizione e controllo. 3

9 Le motivazioni che hanno portato, fino ad oggi, ad una minore attenzione nell attività di monitoraggio dei campi elettrici e di induzione magnetica generati da sorgenti ELF (elettrodotti e cabine di trasformazione in particolare) attraverso una rete fissa di centraline sono difficili da individuare ed in ogni caso sono probabilmente da imputare a questioni di priorità di interventi piuttosto che ad una sottovalutazione del problema da parte delle Amministrazioni (in primis ARPA ed APPA). Si possono fare alcune considerazioni a parziale giustificazione di quanto appena affermato: - Unicità della sorgente ELF: quando si parla di impatto ambientale e sanitario da campi ELF, è ormai consuetudine fare esclusivo riferimento all unica fonte preponderante sul territorio, ovvero la distribuzione dell energia elettrica alla frequenza di 50 Hz attraverso la rete di elettrodotti. - Minore percezione evolutiva: minore rapidità con la quale le strutture adibite al trasporto dell energia elettrica evolvono nel tempo. È innegabile che l ambiente delle telecomunicazioni è in una continua rapida evoluzione e di conseguenza le strutture adibite alla gestione del segnale di trasmissione cambiano con la stessa velocità (in 10 anni la telefonia mobile è passata dai sistemi di trasmissione ETACS, a quelli GSM ed UMTS, ora assistiamo all introduzione della TV digitale ecc. ), con un proliferare di antenne adibite alla trasmissione, che non ha visto uguali nei decenni precedenti. La necessità di operare da parte della telefonia mobile in modo bidirezionale assieme alla tipologia di servizio svolto, ha comportato pure la necessità di collocare gli impianti a macchia di leopardo, molto vicini fra loro, in quanto la copertura a volte è ridotta a poche centinaia di metri e, soprattutto, in ambienti ad elevata densità abitativa (es. aree urbane). - Pianificazione più lenta: le linee elettriche sono per lo più distribuite sulla rete nazionale secondo uno schema ormai consolidato da decenni ed i nuovi interventi, siano essi di potenziamento che per la costruzione di nuove linee, sono in numero limitato ed in ogni caso di gran lunga inferiori rispetto agli interventi nell ambito delle telecomunicazioni. Inoltre, ogni variazione sulla rete esistente o la costruzione di una nuova linea, prevede tempi e modalità di pianificazione, progettazione e realizzazione dell ordine degli anni, dando quindi la possibilità alle Amministrazioni competenti di intervenire con soluzioni che rendano l opera il meno impattante possibile, sia sotto il profilo sanitario che ambientale. Si deve comunque osservare che, pur essendo in numero limitato e con tutte le attenzioni che le Amministrazioni preposte dedicano, gli interventi sulle linee elettriche rimangono pur sempre ad elevato impatto per il territorio che le ospita, trattandosi molto spesso di interventi che coinvolgono fasce di territorio che si estendono per chilometri. Non a caso la pianificazione delle attività in questo ambito è gestita dal GRTN (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale) attraverso la stesura del Piano di Sviluppo della RTN (Rete di Trasmissione Nazionale), che ai sensi dell art. 9 del DM 17 luglio 2000 Disciplinare di Concessione, deve essere predisposto entro il 31 dicembre di ogni anno. Ed è positivo notare come nel Piano di Sviluppo predisposto per il 2004 [14] dal GRTN, venga esplicitamente citato il DPCM 8 luglio 2003, come 4

10 uno dei riferimenti normativi a cui attenersi per la pianificazione degli interventi sulla RTN, oltre che puntare..in particolare sulla fattibilità ambientale e sull accettazione territoriale delle opere di sviluppo della RTN, come recita testualmente il documento. - Semplicità di misura: la tipologia di misura dell induzione magnetica ELF è meno impegnativa, rispetto alle radiofrequenze, sia per quanto attiene la strumentazione utilizzata che per la modalità di misura. Trattandosi di una misura a frequenza praticamente fissa (50 Hz), con una larghezza di banda estesa fino ad alcune centinaia Hz al fine di inglobare le armoniche più significative (al più decine di khz se si considerano sorgenti diverse da quelle operanti alla frequenza di rete), non richiede personale tecnico particolarmente qualificato (a differenza di quanto avviene con le radiofrequenze), dunque c è una maggior facilità nel reperire personale per l effettuazione di misure assistite, nel senso di essere effettuate manualmente ed in presenza di operatore. - Rappresentatività della misura assistita: specificatamente gli elettrodotti rappresentano una tipologia di sorgente, tale per cui il monitoraggio attraverso misure assistite del campo di induzione magnetica effettuato in un punto o più punti di un area circoscritta è significativo per tutta la fascia di territorio interessata dall elettrodotto. Tale fascia si può estendere anche per parecchie campate o chilometri. Una misura di questo tipo (effettuata su intervalli temporali brevi, o al più sulle 24 ore) integrata opportunamente con dei programmi di simulazione può rivelarsi sufficiente per un controllo di vaste aree di territorio, con una elevata risoluzione spaziale e per periodi di tempo praticamente illimitati, purchè il gestore fornisca costantemente il valore della corrente sulla linea. Più avanti nel presente documento verrà presentata anche l importanza dei programmi di simulazione, come efficaci strumenti per una corretta scelta dei punti di collocazione delle centraline ELF sul territorio. - Non invasività dei piani di intervento: gli agenti fisici da contenere nel caso della frequenza industriale di 50 Hz (campi elettrico e di induzione magnetica) sono una conseguenza (indesiderata) della tensione di lavoro e della corrente che fluisce nelle linee elettriche. L energia trasportata all utente attraverso la rete elettrica non subisce alcuna forma di degrado, qualora si intervenga sotto il profilo strutturale (disposizione opportuna delle tre fasi RST, forma della campata, spostamento delle stesse, creazione di eventuali controcampi ecc.) ai fini di una minimizzazione dell esposizione. Alle alte frequenze, al contrario, l informazione che viaggia dal trasmettitore all utente e viceversa, ad una data frequenza, necessita dell energia stessa associata al campo elettromagnetico come carrier. In altre parole alle frequenze ELF i campi sono un sottoprodotto indesiderato, alle RF sono i vettori stessi dell informazione. Una qualsiasi soluzione attivata ai fini di ridurre l esposizione (schermatura, spostamento dei trasmettitori, variazione dei diagrammi di radiazione, ecc) comporta necessariamente un alterazione della distribuzione sul territorio dell energia associata al campo elettromagnetico con un possibile degrado dell informazione ad essa associata. 5

11 Riassumendo, una maggior semplicità con cui si presentano i campi ELF, come agenti fisici, una più prolungata abitudine da parte della popolazione alla presenza delle linee elettriche associata ad un apparente maggior facilità di misura e controllo, può aver indotto a privilegiare le reti di monitoraggio per i campi elettromagnetici a radiofrequenza sul territorio Nazionale. A dispetto della minor attenzione dedicata alle reti di monitoraggio per le sorgenti ELF, si deve anche rilevare come l OMS (Organizzazione Mondiale per la Sanità) nei documenti diffusi negli ultimi anni e relativi agli effetti a lungo termine (indotti da bassi livelli di esposizione, ma prolungati nel tempo) abbia assegnato ai campi magnetici a 50 Hz un grado pericolosità per la salute pubblica superiore alle radiofrequenze. Nel 2001 lo IARC (International Association for the Research on Cancer) sulla base degli studi epidemiologici analizzati nell ambito dell International EMF Project (lo strumento operativo che l OMS ha attivato nel 1996 per valutare il rischio sanitario derivante dall esposizione ai campi elettromagnetici nell intervallo di frequenza fra 0 Hz e 300 GHz), ha classificato i campi ELF come possibile cancerogeno (classe 2B), ovvero nel gradino più basso della scala di cancerogenicità di un agente (le prime due sono cancerogeno e probabilmente cancerogeno, classi 1 e 2A rispettivamente), in virtù di un ipotizzato incremento di leucemia infantile per esposizione al campo magnetico (debole dal punto di vista della statistica epidemiologica avendo un indice di rischio relativo RR di circa) [15]. Per quanto attiene le radiofrequenze, va precisato che l analisi della letteratura scientifica nell ambito dell EMF Project è iniziata con qualche anno di ritardo e dunque è ancora in corso. Il progetto prevede di trarre le conclusioni definitive solo nel

12 2. LA RETE DI MONITORAGGIO PER ELF 2.1 Le sorgenti ELF in ambito Nazionale (Definizione) Si devono chiarire subito alcuni concetti riguardo ai campi ELF. Nel senso più generale, l acronimo di Extremely Low Frequency, indica lo spettro elettromagnetico che si colloca nella gamma di frequenze che si estende da pochi Hz ad alcune centinaia di Hz. Di fatto, nella legislazione Italiana, quando si parla di ELF si parla quasi esclusivamente delle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti DPCM 8 luglio 2003, mentre con il termine elettrodotti si deve intendere l insieme delle linee elettriche, delle sottostazioni e delle cabine di trasformazione Legge Quadro 36/2001. Se da un lato viene tolta ogni ambiguità riguardo all interpretazione del concetto di elettrodotto dall altro lato rimane ancora una qualche carenza legislativa per quanto attiene l esposizione in tutta la banda di frequenze fino a circa 100 khz, diverse dai 50 Hz (ed eventualmente dalle armoniche associate). Il DPCM 8 luglio 2003, infatti, considera tutta la banda di frequenze fino a 100 khz solo nel comma 3 dell articolo 1, quando afferma che A tutela delle esposizioni a campi a frequenze comprese tra 0 Hz e 100 khz, generati da sorgenti non riconducibili agli elettrodotti, si applica l'insieme completo delle restrizioni stabilite nella raccomandazione del Consiglio dell'unione europea del 12 luglio In questa banda di frequenze troviamo infatti dispositivi (riscaldatori e forni ad induzione magnetica, varchi di controllo, ecc.) che, pur non essendo di ampia diffusione, possono localmente contribuire all esposizione. Anche se l obiettivo primario di questa task del CTN_AGF, verte sull esposizione alle sorgenti ELF intese come elettrodotto, non va comunque trascurata la possibilità di utilizzare nella rete di monitoraggio, sensori a banda larga con la possibilità di coprire tutti i dispositivi operanti a frequenze fino a 100 khz. 2.2 Situazione Nazionale Le ormai numerose esperienze di reti di monitoraggio nella banda delle radiofrequenze sul territorio Nazionale, oltre a dimostrare la validità di questo sistema di misura, hanno contributo nel corso di questi ultimi 4-5 anni a consolidare anche l ingegnerizzazione della struttura, nei suoi tre livelli costituenti: fisico, di trasporto e di applicazione. 7

13 L architettura di una rete monitoraggio, dei suoi singoli elementi sia hardware che software, sono già state ampiamente e dettagliatamente descritte in diversi documenti elaborati sia nel piano di azione dei CTN_AGF [2], sia in ambito del progetto di Ricerca Nazionale Salvaguardia dell Uomo e dell Ambiente dalle Emissioni Elettromagnetiche concluso ufficialmente nell ottobre del 2004 [3], [13]. Questi documenti hanno rappresentato e rappresentano tuttora il riferimento nazionale per la realizzazione di reti di monitoraggio, sia per le aziende che devono produrre i singoli sistemi hardware e software, sia per le Amministrazioni (ARPA, APPA e ASL in primo luogo) incaricate della loro gestione sul territorio, sia per la comunità scientifica alla costante ricerca di soluzioni innovative da applicare. Va fatto notare che nonostante le reti di monitoraggio installate nelle singole entità territoriali (Regioni, Province o Comuni), siano prevalentemente (se non esclusivamente) dedicate ai campi a radiofrequenza, i documenti citati affrontano anche il problema del monitoraggio dei campi ELF. Uno dei requisiti fondamentali previsti per un efficiente rete di monitoraggio è infatti la modularità, ovvero la sua capacità di utilizzare protocolli di acquisizione, di trasmissione e di memorizzazione dei dati indipendentemente dal sensore impiegato e quindi dalla banda del segnale acquisito. Anche se la maggior parte delle reti di monitoraggio attualmente dislocate su territorio (si pensi in particolare alla rete del Ministero delle Comunicazioni - FUB per le radiofrequenze) non prevedono sempre questa modularità, sono già disponibili commercialmente sistemi di acquisizione e di conversione A/D del dato in ingresso, che prevedono l intercambiabilità della sonda e rendono possibile l impiego delle stesse piattaforme di rete sia per le alte che per le basse frequenze. È auspicabile che fra non molto siano commercialmente disponibili centraline multicanale, come il prototipo realizzato nell ambito del progetto Nazionale MIUR, da impiegare all interno di una rete di monitoraggio. La loro disponibilità commerciale su larga scala dipenderà molto dall effettiva necessità delle Amministrazioni di doversi dotare di un tale sistema di acquisizione. In questo ultimo caso risulta evidente, che il monitoraggio dei campi ELF avverrà allocando a questa banda di frequenza uno (o più se necessario) dei canali disponibili. La scelta di dotarsi di centraline con sonda fissa nella banda ELF, con possibilità di intercambiabilità o di tipo a multicanale sarà ovviamente a cura delle singole ARPA in base alle loro specifiche esigenze, priorità ed ovviamente alla disponibilità economica 2.3 Struttura della rete L architettura della rete di monitoraggio per campi ELF non può quindi che ricalcare, nelle sue parti fondamentali, le linee guida indicate dai precedenti documenti del CTN_AGF che si sono occupati di reti di monitoraggio. Sotto il profilo tecnico la struttura più affermata, anche per la sua ovvia semplicità gerarchica, è la struttura ad albero bottom up, in cui un certo numero di centraline ELF dislocate sul territorio inviano le informazioni ad un primo centro di controllo che può essere provinciale (ma anche comunale). A questo livello avviene anche la gestione in 8

14 remoto della modalità operativa della centralina ( duty cycle di acquisizione, scelta delle grandezze da memorizzare, temporizzazione del trasferimento dei dati ecc.), da impostare durante l acquisizione del campo di induzione magnetica (ed eventualmente anche elettrico). Successivamente la struttura gerarchica ad albero si restringe via via sui centri di raccolta regionali, che acquisiscono i dati provenienti dai nodi provinciali (o comunali), per terminare su un unico centro di raccolta Nazionale. Ognuno dei nodi fa ovviamente capo ad una precisa tipologia di Amministrazione Pubblica (o di altra struttura da essa delegata alla gestione): APPA, Uffici Comunali preposti alla tutela ambientale, ASL, ARPA, APAT. Ad ognuno di essi spetta il compito di gestire in piena autonomia tutte le informazioni provenienti dalle centraline, compresa l eventuale divulgazione al pubblico, anche se è ovviamente auspicabile regolamentare l utilizzo dei dati mediante la predisposizione di opportune convenzioni, soprattutto dove la gerarchia funzionale, fra i diversi enti gestori dei nodi (e/o delle centraline stesse) non è ben definita. La presenza di attori diversi nella gestione della rete di monitoraggio, implica necessariamente, oltre ad apposite convenzioni o protocolli di lavoro, anche una standardizzazione degli elementi costitutivi la rete stessa. In particolare dovranno essere standardizzati: - i requisiti tecnici minimi dei sensori di misura per ELF; - i protocolli di trasmissione, nella loro implementazione sia hardware che software; - i campi minimi di input ed output, che i modelli software, preposti alla gestione dei dati, devono proporre all operatore; - i criteri di individuazione dei punti di misura. I primi tre argomenti sono sintetizzati nel punto i) dell obiettivo della task e rientrano nella descrizione della rete di monitoraggio (capitolo 2). L ultimo argomento è invece codificato dal punto ii) dell obiettivo e, vista la sua importanza, verrà ampliato a parte nel capitolo 3, attraverso la descrizione dell esperienza attuata nel Comune di Trento, inerente gli indicatori Il sensore di misura L elemento primario di una rete di monitoraggio per ELF (come del resto anche per le alte frequenze) è rappresentato dai sensori per le misure di campo di induzione magnetica (B espresso in Tesla o sottomultipli) ed eventualmente di campo elettrico (E espresso in V/m). Per quanto attiene la misura di campo elettrico, almeno in relazione agli elettrodotti, va subito detto che essa ha decisamente un priorità inferiore in termini di necessità di un monitoraggio continuo, dal momento che questa quantità dipende esclusivamente dalle tensioni di esercizio degli impianti le quali, necessariamente, devono rimanere il più costanti possibile nel tempo. Dunque, una misura istantanea è sufficiente per valutare l esposizione in un dato luogo. A ciò si aggiungano anche il fatto che il campo elettrico alla frequenza di rete è facilmente schermabile (la chioma di una pianta è sufficiente per ridurre drasticamente il valore di 9

15 esposizione) e che è collocato in classe 3 secondo il punteggio dello IARC (non classificabile come potenziale cancerogeno). Il vettore induzione magnetica è invece la quantità per la quale c è maggior interesse per un controllo continuo, vista la dipendenza dal tempo della richiesta di corrente sulle linee da parte degli utilizzatori ed il fatto che la distribuzione del campo magnetico, non viene alterata dalla presenza dalla maggior parte dei materiali più comuni che ci circondano (oltre alla sua collocazione in classe 2B secondo il punteggio dello IARC). Per quanto attiene le caratteristiche tecniche e le modalità di misura il riferimento tecnico su scala nazionale è la Norma CEI come stabilito dal DPCM 8 luglio 2003, che, come ormai ampiamente noto prevede la valutazione del modulo del vettore induzione magnetica, inteso come la radice della somma quadratica delle tre componenti x, y e z. Dunque il sensore dovrà essere dotato di un rivelatore isotropico tri-assiale, in grado di fornire contemporaneamente i valori delle singole componenti. Il sensore ottimale è ovviamente quello che risponde appieno alle specifiche tecniche della norma CEI Questa rispondenza diventa necessaria se si pensa di implementare una rete di monitoraggio per scopi non solo di indagine conoscitiva dell inquinante, ma anche con finalità di controllo. A questo proposito si deve far notare anche, come la stessa CEI raccomandi, per quanto attiene la modalità di misura, campionamenti almeno ogni 30 secondi e su più periodi temporali di almeno 24 ore (ovvero per più giorni) al fine di garantire una corretta analisi della variazione temporale del campo di induzione magnetica. Dunque la rete di monitoraggio appare effettivamente come la migliore candidata a soddisfare la modalità di misura richiesta dalla CEI Sul mercato sono commercialmente disponibili sensori portatili per ELF che soddisfano i requisiti di costruzione previsti dalla norma CEI, normalmente impiegati per la misura assistita. È auspicabile che quelli installati sulle centraline per il monitoraggio continuo, siano esse fisse o mobili, soddisfino gli stessi requisiti. Le diverse condizioni operative delle due tipologie di sensori (specificatamente per misura assistita o per monitoraggi sul lungo periodo), assieme ad un contenimento dei costi, potrebbero infatti imporre scelte meno restrittive in termini di caratteristiche tecniche. Si pensi solo cosa può significare dover far operare una centralina per un tempo dell ordine delle settimane o mesi, in termini di affidabilità. Si devono affrontare: problemi di ordine elettrico, per quanto attiene l alimentazione, che deve essere garantita con sistemi quali pannelli solari integrati da opportune batterie tampone, problemi di affidabilità meccanica, che garantiscano l operatività anche in condizioni atmosferiche avverse, problemi connessi alla memorizzazione dei dati su memorie tampone, che li salvaguardino anche in caso di impossibilità accidentali di poter essere trasmessi con la cadenza programmata, problemi legati alla presenza di sensori ausiliari per i parametri ambientali (temperatura, umidità ecc.), per allarmi di malfunzionamento o di superamento di soglie pre-stabilite, rilevabili automaticamente in remoto ecc. Altro aspetto da non trascurare, infine, è la possibilità che i sensori per ELF, non si limitino alla sola misura del campo a 50 Hz (e delle armoniche fino ad alcune centinaia di Hz come previsto dalla CEI 211-6), ma contemplino la possibilità di valutare anche il campo indotto da sorgenti fino alla frequenza di circa 100 khz, nonostante la legislazione italiana attualmente vigente in questa banda di frequenze, risulti ancora molto carente. 10

16 A proposito di quest ultima considerazione si deve osservare come la normativa CEI 211-6, consideri l intervallo di frequenze 0 Hz - 10 khz, dando quindi, a nostro giudizio, una definizione restrittiva del concetto di campi a bassa frequenza (spesso l acronimo ELF è riservato per la banda fino a 300 Hz), dal momento che tutte le frequenze superiori ai 10 khz vengono trattate dalla norma CEI 211-7, relativa alle alte frequenze. Ciò sembra in disaccordo con le distinzioni fatte da raccomandazioni internazionali importanti quali le linee guida ICNIRP del 1998 [4], base scientifica di riferimento per la stessa raccomandazione del Consiglio Europeo 1999/519/CE. Le linee guida ICNIRP infatti, estendono le restrizioni sulla grandezza primaria densità di corrente J, tipica di esposizioni a campi ELF o al più LF, fino a 10 MHz, mentre la restrizione sul SAR (Specific Absorption Rate), tipico per l esposizione alle alte frequenze parte da 100 khz. Lo stesso DPCM dell 8 luglio 2003, relativo alle radiofrequenze, si estende fra 100 khz e 300 GHz. Questo ci fa capire che l interazione fra campi elettrici e magnetici con il corpo umano fino alla frequenza di alcune decine di khz, tutta la fenomenologia della loro propagazione nello spazio, le modalità di misura, nonché le caratteristiche costruttive della strumentazione sono più simili ai 50 Hz della frequenza di rete, che non alle radiofrequenze tipiche del settore delle telecomunicazioni. Infine, guardando anche alla strumentazione commercialmente disponibile sul mercato è più usuale trovare misuratori di campi ELF con banda passante verso l alto superiore ai 10 khz, che misuratori di campi RF con banda passante verso il basso inferiore ai 100 khz. Riassumendo, un sensore per campi di induzione magnetica ELF impiegato all interno di una rete di monitoraggio dovrebbe rispondere ai seguenti requisiti (tabella n. 2.1): PARAMETRO CARATTERISTICHE Banda 5 Hz 100 khz Filtri Selezionabili: (50 Hz), (50 Hz 800 Hz), (5 Hz 100 khz) Dinamica 10 nt 200 μt Risoluzione 10 nt precisione. 10 % della lettura + 20 nt (come da CEI 111-6) Sensore triassiale Rivelazione valore RMS delle tre componenti e del modulo Campionamento programmabile fra 30 sec e 60 minuti (step 1 minuto) Memorizzazione data, ora, modulo, modulo + le tre componenti Temperatura -15 C 55 C Umidità 5 % 90 % Tabella n. 2.1: Sensore ideale per centraline di una rete di monitoraggio ELF 11

17 Per quanto attiene la centralina nella sua totalità (intesa come supporto meccanico, elettrico ed elettronico per la memorizzazione e trasmissione dei dati), essa deve rispondere ad alcuni requisiti minimi di seguito elencati. - robustezza meccanica e costruzione del contenitore, sia per il sensore che per le parti ausiliarie, elettriche ed elettroniche, tale da garantire la dovuta protezione da agenti meteorologici. Il contenitore dovrà essere realizzato con materiali che non condizionino i risultati della misura; - peso e dimensioni contenute, tali da permettere un agevole spostamento (in particolare per le centraline mobili, utilizzabili anche per misure assistite); - alimentazione con pannello fotovoltaico e relativa batteria tampone che garantisca il funzionamento per un periodo non inferiore ad una settimana, in caso di condizioni atmosferiche avverse. Dovrà essere verificato che l alimentazione non condizioni la misura; - per le centraline mobili possibilità di alimentazione anche tramite batterie tradizionali e/o mediante collegamento a batterie di autoveicoli; - elettronica (hardware e software) con funzioni dedicate alla conversione A/D dei dati e loro memorizzazione. Possibilità di scaricamento dei dati ed archiviazione in loco degli stessi per un periodo di almeno una settimana (anche se il trasferimento avviene con un temporizzazione giornaliera); - dotazione di un sistema per connessione alla rete, sia fissa che mobile, per la trasmissione dei dati al centro di controllo (e viceversa); - possibilità di dislocare in punti diversi il sensore (e relativa elettronica di controllo) ed il sistema di trasmissione dati, con connessione fra i due o tramite cavo o in modalità Wireless; - in alternativa al punto precedente va considerata la possibilità di dotare la centralina (sensore + sistema di trasmissione dati) di un ripetitore da installare separatamente ed in comunicazione con la centralina stessa, tramite cavo o in modalità Wireless; - possibilità di scaricamento in loco tramite PC dei dati archiviati. Nella tabella n. 2.2 di seguito vengono riportate alcune centraline che prevedono sensori ELF, commercialmente disponibili con descritte le caratteristiche principali (tratte dai datasheet disponibili in internet) MODELLO CENTRALINA Narda Monitor System 2600 SENSORE RISPOSTA IN FREQUENZA GAMMA DINAMICA MODALITÁ DI MISURA ISOTROPIA Type Hz 3 khz 10 nt 40 μt X, Y, Z, modulo - PMM 8055S HP Hz 5 khz 10 nt 40 μt X, Y, Z, modulo - Envirometrics SM Hz 1 khz 50 nt 200 μt X, Y, Z, modulo ± 1 db Sampling PDAS PRO 6L 5 Hz 32 khz 10 nt 10 mt X, Y, Z, modulo ± 1 db (sensore Narda) 12

18 MODELLO CENTRALINA Narda Monitor System 2600 TEMPERATURA DI FUNZIONAMENTO UMIDITÁ IN FUNZIONE PRECISIONE INTERVALLO CAMPIONAM C sec 6 min PMM 8055S C sec 6 min Envirometrics C - 5 % 3 sec - Sampling PDAS C % - 1 sec 6 min Tabella n. 2.2: centraline per reti di monitoraggio con possibilità di un sensore ELF disponibili commercialmente Codifica e trasmissione del dato A livello di centralina, i segnali analogici provenienti dal sensore devono essere convertiti in formato digitale, memorizzati su una memoria tampone in attesa di essere periodicamente trasmessi alla stazione remota dedicata alla ricezione e controllo. La memoria deve essere sufficientemente estesa da garantire la conservazione dei dati per un periodo di tempo superiore al duty cycle di trasmissione (normalmente una volta al giorno) anche in configurazione di massimo rateo di campionamento e di massima richiesta delle grandezze da acquisire (ad esempio non solo il modulo del vettore induzione magnetica, ma tutte e tre le componenti), in modo da permettere agilmente il recupero dei dati in loco anche in caso di assenza della rete di comunicazione. Il tempo minimo da garantire, come già detto, potrebbe essere una settimana, sapendo che in ogni caso, il suo prolungamento è inversamente proporzionale al rateo di campionamento. Riguardo alla codifica dei dati si può ritenere la struttura a singoli record sequenziali come la più semplice, consolidata ed affidabile. Ogni record è associato ad un acquisizione e deve contenere in successione: la data, il tempo, il valore medio del vettore induzione magnetica ed in maniera facoltativa, selezionabile al momento dell installazione, le tre componenti x, y, z. Per quanto attiene la scrittura dei dati all interno del record, può andare bene la codifica ASCII, con un opportuno carattere di separazione. Il formato ASCII ha infatti il vantaggio di essere compatibile con i principali protocolli di trasmissione, oltre che essere facilmente letto dai più comuni software utilizzati per funzioni di lettura, archiviazione od elaborazione. Per quanto attiene la piattaforma hardware per la trasmissione del dato, la scelta offerta dalle nuove tecnologie è molto vasta. Di seguito elenchiamo le piattaforme più comuni: - collegamenti su rete fissa PSTN, ISDN, CDN ecc.; - collegamenti via telefonia mobile GSM, DCS, UMTS ecc.; - collegamenti radio dedicati, tra i quali inseriamo anche le tecnologie WLAN e Bluetooth. 13

19 La scelta di una piattaforma piuttosto che un altra dipenderà ovviamente dalla disponibilità della connessione nel luogo dove la centralina viene collocata, oltre che dai costi e dall affidabilità. Le due modalità che danno maggior garanzia di affidabilità sono sicuramente la rete fissa, che però non è sempre disponibile nel sito scelto per la collocazione della centralina e la rete della telefonia mobile, la quale ha ormai raggiunto un affidabilità prossima alla rete fissa, copertura del territorio in sito aperto praticamente totale (in particolare la rete GSM e DCS) e costi di esercizio di poco superiori. Infine c è da considerare anche il fatto, che molto spesso la centralina viene collocata in residenze private e questo rende ovviamente difficile la richiesta di connessione alla rete fissa. Ed in effetti, le reti di monitoraggio dedicate alle alte frequenze e già dislocate sul territorio da alcuni anni, utilizzano praticamente la sola rete di telefonia mobile. Per quanto attiene i protocolli di trasmissione sono disponibili già da anni dei protocolli ben consolidati, di facile applicazione, affidabili ed economici, quali il TCP/IP o SMS e sui quali è inutile dilungarsi in questa sede. Se i collegamenti radio dedicati, quali possono essere anche reti locali WLAN o Bluetooth, non si prestano almeno per il momento ad essere delle efficienti piattaforme per la trasmissione fra centralina e stazione di controllo remota, al contrario possono rivestire un ruolo importante nei collegamenti locali tipo: - trasmissione locale dei dati fra sensore e data-logger di memorizzazione dotato del sistema di connessione alla rete; - trasmissione locale dei dati fra la centralina completa (sensore + data-logger ) ed un ripetitore dotato del sistema di connessione alla rete; - trasmissione locale dei dati fra più sensori ed un unico data-logger di memorizzazione, dotato della connessione alla rete. Le prime due situazioni possono rivelarsi utili nel caso si debbano effettuare monitoraggi in situazioni dove non è possibile avere per la centralina, né collegamento su rete fissa né copertura sufficiente da parte della rete di telefonia mobile. Questa situazione può accadere ad esempio nel caso di monitoraggi in locali attigui a quelli che ospitano cabine di trasformazione elettrica, le quali molto spesso sono collocate in cantine o seminterrati (questo è particolarmente vero per le cabine di trasformazione MT/BT nei contesti urbani). Una situazione come quella descritta richiede la possibilità di poter disporre del sensore (o di tutta la centralina) in maniera separata rispetto al data-logger con il sistema di connessione e trasmissione (o rispetto ad un ripetitore dedicato alla connessione e trasmissione). La modalità di comunicazione tra queste due unità può essere ben supportata da una rete o collegamento locale tipo WLAN o Bluetooth. La rete locale, con la funzione descritta nella terza situazione elencata, può essere impiegata anche nel caso si renda necessario il monitoraggio di una sorgente ELF su un area relativamente ristretta, utilizzando più sensori contemporaneamente (caratterizzazione multi punto della sorgente). Risulta evidente che lo scorporare il sensore (o tutta centralina) dal sistema di memorizzazione e di trasmissione, connettendoli con una rete locale dedicata, impone 14

20 sicuramente delle soluzioni aggiuntive, sia hardware che software, su tutto il sistema della rete di monitoraggio. In primo luogo sull alimentazione elettrica delle centraline, che dovrà supportare un numero maggiore di dispositivi interni (compresi quelli dedicati al funzionamento della rete locale WLAN o Bluetooth). L acquisizione in modalità multi punto con un unico datalogger in ascolto di più sensori, impone una particolare attenzione alla sincronizzazione del traffico dei dati in ingresso, così come andrà incrementata la richiesta di memoria che ora deve immagazzinare i dati provenienti da più sensori. Anche i software di controllo in generale, dovranno essere più sofisticati, sia quelli interni che quelli installati sulla macchina dedicata al controllo remoto. La tecnologia attuale permette di implementare centraline con le caratteristiche appena descritte: ciò che rimane da chiarire ancora sono l affidabilità ed il costo, parametri che possono essere valutati solo attraverso la realizzazione di un prototipo accompagnato dalla relativa sperimentazione Gestione dei dati L ultimo passo da affrontare è la gestione dei dati attraverso la stazione di controllo remota collegata con la centralina periferica, della rete di monitoraggio ELF. In questa sede, per gestione dei dati si deve intendere tutta la catena adibita allo scambio di informazioni (ricevute ed inviate) fra centralina e stazione di controllo, nonché la loro modalità di archiviazione ed accesso da parte di altri utenti della rete o direttamente dalla popolazione. Nel seguito viene descritta una stazione di controllo ideale nel senso che un unico software dovrebbe poter integrare data-base diversi (GIS, Catasto Elettromagnetico ecc.) ed i diversi software di archiviazione dei dati e di interfaccia remota con la centralina già proposti commercialmente dalle singole ditte costruttrici. È da auspicare a questo livello una qualche forma di standardizzazione dei processi che governano l intero scambio di dati su tutta la rete di monitoraggio ELF. Se la cosa appare più fattibile per quanto attiene le modalità di archiviazione ed accesso ai dati acquisiti, più complicata appare invece la possibilità di standardizzare i data base dei GIS o dei Catasti Elettromagnetici (realizzati su scala regionale) ed i software di controllo delle singole centraline, realizzati da costruttori differenti. La stazione di controllo dovrà essere costituita da una macchina di calcolo (Personal Computer o workstation) configurato in maniera tale da supportare agilmente sia l hardware dedicato alla trasmissione e ricezione dei dati, che i software di supporto alla trasmissione, acquisizione ed elaborazione degli stessi. È opportuno che i software di gestione della centralina (sia nel senso di acquisizione dei dati, di predisposizione dei parametri operativi, di controllo, di allarme ecc., che di visualizzazione) siano attivabili attraverso i tematismi di un software GIS (Geographic Information System), dedicato alla rappresentazione della dislocazione delle centraline sul territorio, in relazione alle sorgenti ELF (sia elettrodotti che cabine elettriche). È evidente che la costruzione di un data base GIS presuppone la disponibilità di carte tematiche georeferenziate (od ortofoto), messe a disposizione dalle Amministrazioni competenti con il grado di dettaglio tipico di una scala almeno 1:5000. Sarà opportuno che l installazione 15

21 della centralina da parte degli operatori avvenga dove possibile con l ausilio di un sistema GPS (Global Positioning System) al fine di controllare l esatta ubicazione della centralina in relazione alla sorgente. Il data base GIS dovrà essere continuamente aggiornato, via via che le centraline di monitoraggio vengono ricollocate, assegnando due distinti colori ai marker di evidenziazione, a seconda che si tratti di un sito con una centralina attiva oppure che si tratti di un sito già monitorato e per il quale sono comunque disponibili i dati già acquisiti. Il software di gestione vero e proprio (che deve comunque poter operare indipendentemente dal fatto che sia richiamato attraverso i tematismi di un GIS) dovrà prevedere l attivazione di alcuni moduli (sotto forma di schermate), ognuno dedicato ad un particolare tipo di funzioni. Un primo modulo si occuperà dei campi per l input delle informazioni generali. In particolare dovranno essere digitati od inseriti almeno i seguenti elementi: 1. l esatta ubicazione della centralina (compatibilmente con il rispetto della privacy); 2. la foto del sito (compatibilmente con il rispetto della privacy); 3. le coordinate geografiche; 4. la data di collocazione; 5. la data presunta per la rimozione; 6. la centralina impiegata (richiamabile da tabella). Ad ogni centralina sarà associato un codice identificativo che rimanda alla tabella delle specifiche tecniche; 7. la tipologia della sorgente (richiamabile da tabella). Ad ogni sorgente sarà associato un codice identificativo che rimanda alla tabella delle caratteristiche tecniche della sorgente, estratte in modo possibilmente automatico dal data base del Catasto elettromagnetico; 8. la tipologia del sito (richiamabile da tabella). Ad ogni sito sarà associato un codice identificativo che rimanda alla descrizione della tipologia (es. area urbana residenziale, area urbana a ricettore sensibile, area rurale residenziale ecc.). In questo contesto è auspicabile quanto prima una classificazione dei siti; 9. il dato del campo elettrico che può essere acquisto una sola volta, all atto dell installazione della centralina e dunque inseribile manualmente; 10. frequenza/e di emissione della sorgente (di default 50 Hz, ma modificabile nel caso di sorgenti diverse da elettrodotti o cabine elettriche). Il punto 6 prevede che sia creata una tabella delle centraline adottate in un certo contesto, almeno su scala provinciale o regionale. I punti 7 e 8 si prestano bene per una loro eventuale integrazione con il data base di un catasto elettromagnetico (anche questo almeno su scala provinciale o regionale). In ogni caso è opportuno, per le osservazioni precedentemente fatte e nel caso di sorgenti diverse dalle consuete a 50 Hz (elettrodotti e cabine), che i moduli di input dei dati prevedano comunque la possibilità ai punti 6, 7 e 8 di aprire di editare dei campi allo scopo di poter inserire le informazioni richieste anche in assenza di tabelle già predisposte o disponibili attraverso altri data base. 16

22 Un secondo modulo deve permettere l accesso al controllo remoto per l impostazione dei parametri e dei flag di lavoro sia sulla centralina che sul sensore ELF, via rete fissa o mobile. Inserendo il nome o il codice della centralina, deve apparire all operatore, oltre alle caratteristiche del sensore ELF e la sua posizione sul territorio, un insieme di comandi attivabili da tastiera e dedicati in particolare a: 1. impostare la connessione con la centralina di monitoraggio; 2. impostare le modalità di acquisizione (tempo, modalità di campionamento, grandezze da memorizzare, filtri, ecc.); 3. impostare la cadenza di trasmissione del file di dati (ad esempio 24 ore); 4. impostare un prefisso per il nome dei file da scaricare giornalmente (a cui aggiungere ad esempio la data di acquisizione per la sua totale identificazione); 5. impostare il codice identificativo della sorgente (richiamabile dal modulo di input); 6. richiedere lo scaricamento immediato dei dati; 7. far ripartire tutta la procedura di acquisizione dopo le variazioni o modifiche apportate; 8. attivare il controllo per eventuali superamenti delle soglie (inserendone il valore) previste dalla normativa Nazionale avvenuti durante le 24 ore (ed un suo eventuale invio in automatico alla stazione); 9. attivare il controllo del livello di carica della batteria della centralina o del sensore/i (se disacoppiato/i dalla stessa); 10. attivare il controllo di mancanza di copertura della rete mobile; 11. attivare altri tipi di controllo (ad esempio si può pensare di integrare la centralina con dei sensori di temperatura, umidità ed altri parametri ambientali) od allarmi di malfunzionamento che si rendano necessari; 12. editare dei campi (sulla stazione locale) per l inserimento di informazioni inerenti gli eventuali problemi sorti e che hanno costretto l operatore ad intervenire sulla centralina. L accesso a questa parte di software deve ovviamente essere riservata al solo personale autorizzato ed in grado di impostare i parametri di acquisizione e controllo richiesti. Sarà anche opportuno che il controllo della centralina, almeno per quanto attiene l impostazione dei comandi sopra citati, avvenga se non proprio dalla stessa macchina, almeno all interno della stessa struttura operativa, al fine di evitare variazioni non controllate nella modalità di acquisizione. Di fatto, i produttori di centraline di monitoraggio sia per ELF che per alta frequenza, forniscono sempre anche i software in grado di operare in maniera del tutto autonoma. Un terzo modulo si occuperà della visualizzazione dei dati e della loro conversione in formati accessibili con altri data base o software. In una modalità standard di operatività della centralina ELF e senza l insorgere di problemi di malfunzionamento, il trasferimento dei dati alla stazione di controllo avviene automaticamente ad una data ora del giorno e con cadenza fissata (es. giornaliera). I file di dati verranno memorizzati inizialmente sul disco rigido della macchina utilizzata per il collegamento e successivamente dovranno essere archiviati anche sui server degli Uffici preposti alla gestione diretta delle centraline di monitoraggio ELF, per ragioni di sicurezza e per le successive attività di elaborazione ed invio dei dati. Come già detto la struttura dei 17

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