Leggendo Heidegger ESSERE-IN come senso dell ESSER-CI ed ESSERE-NEL-MONDO.
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- Fabiola Ricciardi
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1 Leggendo Heidegger ESSERE-IN come senso dell ESSER-CI ed ESSERE-NEL-MONDO. Romeo Lucioni Il tema dell Essere permea la metafisica ed è il fondamento della filosofia anche se spesso questa sembra attratta e condizionata dalla malia del linguaggio (come dice Raymond Tallis) nel quale costruisce pseudo-problemi insoluti Interrogare l uomo su se stesso, sul senso di sé resta però il primo, il permanente e l infinito gioco delle parti nel quale pensatori, psicologi, psicoanalisti, antropologi, biologi, neurologi e finalmente cultori delle neuroscienze scoprono il valore dell interrogarsi per poter afferrar, intuitivamente o razionalmente o affettivamente, il senso dei fenomeni della mente, della coscienza, delle relazioni intime e sociali dell uomo tra gli uomini, dell essere-nelmondo. Accanto alla necessità scientifica, quando parliamo di essere-nel-mondo, si sviluppano una infinità di pensieri, intuizioni, fruizioni filosofiche ed anche di ingenue espressioni che ogni persona elabora sull onda delle proprie esperienze, dei propri vissuti più intimi e segreti. Essere-nel-mondo è, come dice Heidegger, una esperienza intramondana, ma anche e forse soprattutto, intrapsichica, proprio perché è nell immagine interiore che si sviluppa sinceramente ed anche nascostamente la ricchezza emotiva ed affettiva che lega ogni persona alle sue relazioni, alle sue partecipazioni. Per Heidegger questa intenzione si traduce in l Esser-ci è assorbito dal suo mondo. Chi è che nella quotidianità è l Esser-ci? La risposta sta nella considerazione che l in-essere è ontologicamente il senso della presenza nella quotidianità, nell esperienza concreta, tangibile e visibile della presenza come espressione esistenziale. La quotidianità dell Esser-ci é una regione fenomenica, proprio perché comincia nel momento stesso nel quale il mondo comincia ad essere percepito e l essere nel mondo diventa con-essere e con-esser-ci. In questo modo, il Sé può essere se stesso solo se visto e considerato nel suo essere nel mondo con la propria finalità relazionale: con e qui il con-esserci si organizza e si manifesta come se-stesso-quotidiano. Il Chi dell Esser-ci è l Ente che Io-stesso sempre sono e, quindi, quel Sé che si riconosce nel mondo fenomenico come Esser-ci, Essere-con, Essere-per. Il Chi, l Io-stesso, il Soggetto rappresentano le immagini riflesse nello specchio della quotidianità di uno stesso ed unico Sé. Il Sé si mantiene identico nel mostrare dei comportamenti o delle attitudini. Intendiamo questo come la realtà della molteplicità delle identificazioni dell Io, la variabilità della maschera che l Io utilizza per essere-nel-mondo rispettando le variabili del essere-con o essere-per, ma pur sempre un essere intuitivamente sempre se stesso che dà risposte multiple pur non perdendo la propria identità olistica che si traduce nell unificazione del senso di Sé o semplicemente il Sé.
2 Heidegger riferisce la molteplicità come dinamica conservatrice o salvifica che permette quella sostanzialità che libera dall essere semplice presenza, passivo riflesso del mondo, per creare quel essere nel mondo che è Esser-ci. Il senso dell essere risponde a quella indeterminatezza che permette la creazione ontologica dell Esser-ci, capace di esautorare quella semplice presenza che sarebbe un non-esser-ci, un Ente non conforme all Esser-ci e, quindi, un non-esistente. Per Heidegger, la semplice presenza nel mondo sarebbe quel modo di essere dell Ente non conforme con l Esser-ci. Un tema interessante prospettato da Heidegger è quello della datità dell Io, della sua storicità e, quindi, delle esperienze pratiche: della coscienza fattuale. Il dato, la coscienza fattuale la espressività fenomenica aprono alla fenomenologia formale della coscienza che, in termini più psicologici, fa riferimento alla percezione, alla rappresentazione e a quello che denominiamo relazione con il reale come possibilità adattiva nella relazione con il mondo (altre sono le rappresentazioni, le dinamiche sessuali, i rapporti con le figure di riferimento come padre e madre, ecc.). Affrontando queste tematiche, sembra abbia ragione Raimond Tallis quando dice che la filosofia ed in special modo la fenomenologia, costruiscono enormi castelli di concetti astrusi che risultano ben lontani dalla semplicità della esperienza immediata e dalla realtà del vivere quotidiano. Sul tema, Heidegger costruisce una serie di domande che portano anche al dubbio che l Esser-ci debba sempre essere un Sé-stesso che si traduce nella definizione l Io può essere compreso solo nel senso di una indicazione formale (presenza) che però non è vincolante, potendosi anche rivelare come l opposto di quanto dato a vedere. In questa logica però, il non-io non significa privazione di identità, ma solamente una trasformazione temporale e spaziale dell Io. Dal punto di vista neuroscientifico, questo rappresenta il modello funzionale della maschera o dell identificazione multipla che non è perdita di Sé in quanto è proprio il Sé che, nella sua capacità creativa, porta alla soggettivazione, all unificazione di tutte le esperienze identificatorie. Questo processo, che unisce tutti gli Io insieme ad i non-io, è una modalità esistenziale che, come problematica autentica dà valore, spessore e verità al Sé nel suo cammino nell ambito del suo Essere-nel-mondo : Esser-ci. Le domande: - è certo che l accesso all Esser-ci debba essere una riflessione puramente percettiva sul Io degli altri? - è forse l Esser-ci, nel più immediato rivolgersi a se stesso, che si dichiara Io sono questo e, quindi, non sono altro? - che vale il dubbio metafisico per il quale l Io scopre di poter non essere se stesso? - e se l analisi esistenziale scoprisse la trappola dell Esser-ci per creare una semplice auto-interpretazione? - Cosa diremmo se l analisi ontologica scoprisse che l Esser-ci resta fondamentalmente indeterminato? A prima vista sembrerebbe che l unica risposta si organizzi attorno ad una indicazione formale (datità), ma è proprio questa consequenzialità di dubbi che
3 dà senso al Io-non-Io, alla indeterminatezza della mancanza di egocità, alla perdita del Sé che si sta cercando. Il genuino essere se-stesso, l interpretazione positiva dell Esser-ci assumono un valore di perfezionamento ontico proprio nella determinatezza per la quale: - l Esser-ci è se stesso solo nella sua esistenza ; - non c è Io che non sia, innanzitutto, soggetto posto-in messo nel suo mondo ; - non c è Io isolato, solitario abitatore di un mondo privato degli altri ; - non c è esibizione fenomenica senza un determinato modo di essere dell Esser-ci e, quindi, dell Esser-ci nel mondo. Sembra di essere gettati nella prassi della psicodinamica e della psicologia dello sviluppo che, nell ambito della timologia, osservano come il senso di essere se stessi si fonda sulle iniziali conquiste intuitive del soggetto che si trasformano in: - senso di esistere; - di essere; - di essere se stesso e non un altro; - di poter funzionare nella percezione e nella relazione; - di funzionare come soggetto normale ; - di essere se stessi nello spazio e nel tempo come oggetto permanente ; - di vivere in verità perché riconosciuto dall Altro (la madre); - di percepire la verità della presenza dell altro (coscienza concreta), le dinamiche affettive (coscienza emotivo-affettiva), la consequenzialità della ragione (coscienza razionale); - senso del valore dell altro nelle dinamiche del Nome del Padre ; - di essere come opposizione all imposizione ( del Super-Io applicato) - di appartenenza come superamento delle dinamiche edipiche che annullano l indeterminatezza dell Io-non-Io, spostando la verità sul piano del soggetto, del Sé-creativo, dell immissione nelle dinamiche dell immaginario. - Heidegger continua a chiarire il tema puntualizzando che l essenza dell Esserci si fonda nella sua esistenza e nella esibizioni fenomenica di un determinato modo di essere dell Esserci. In questo ordine di idee, non dobbiamo di cercare un semplice fondamento ( o nocciolo autentico ) che sarebbe solo espressioni di una presenza, ma una esistenza che ha in sé il senso creativo del divenire. La sostanza dell Uomo non è lo spirito come sintesi di anima e corpo che diventa fenomenologia della presenza, ma con - l esistenza si apre alla considerazione di un con-esser-ci degli altri nel contesto di un con-esserequotidiano. Nella sua intenzione carica di genialità, Heidegger vede nella quotidianità le dinamiche dell opera utilizzabile, di quella economia della relazione che, come succede tra fornitore e fruitore, rispetta un fare su misura, una scelta dei materiali più idonei,.un mondo che è utilizzabile per gli altri anche se fatto, fin da principio,per me. Questa sottolineatura permette di vedere l Esser-ci non come semplice presenza, ma come mondo utilizzabile,capace di generare,quindi, quei famosi ponti d amore sui quali. succedono molte cose ( espressione tanto significativa per la terapia relazionale e timologica ).
4 La caratterizzazione dell incontro dà spessore al Esser-ci-con proprio perché gli altri diventano l essere-nel-mondo, vale a dire fra i quali si è anche. Questo esser-ci-con-essi nel anche esprime un intendersi esistenzialmente, superando il modello categoriale e cercando quella con-divisione che è anche un con-essere-con-gli-altri. Per Heidegger l essere-in-sé-intramondano degli altri è un con-esser-ci. La definizione presuppone una relazione che è prendere-cura per la quale, nell ambientalità mondana, l Esser-ci trova se-stesso innanzitutto in ciò che sta facendo in una dinamica di utilizzabile ed evitabile che dà senso e valore al prendersi cura. I ponti d amore, come spazialità esistenziale, creano spazio a quel incontrarsi al lavoro che è un con per, nella cui dimensione la non relazione con gli altri si trasforma successivamente in con gli altri. l Esser-ci è assimilabile al non-esser-ci e questo enunciato fenomenologico ha però in sé un senso ontologico-esistenziale proprio perché qualificante. Heidegger sottolinea questo aspetto riferendo come l Esser-ci-con potrebbe anche, in modo difettivo, prospettarsi come essere-solo, restando però come elemento di proposizione, di qualità oltre che di definizione per il proprio senso di essere-umano. Tutta la vocazione dell Esser-ci, aperta all altro nel essere-per, è un forte riferimento al senso della cura. In questo l Esser-ci non si colloca nell ambito del prendersi cura, ma in quello di aver-cura. L aver-cura ha in sé una profonda dimensione timologica proprio perché presuppone, prima di tutto, dare valore all altro e, in questo, si comprende meglio l aver cura del valore dell altro, aver cura delle sue potenzialità. Tale lettura considera l essenzialità di non restare indifferente di fronte al valore dell altro in una logica che la più innovativa psicologia dello sviluppo ha recentemente puntualizzato nelle dinamiche del Super-Io implicato che contrastano quelle del Super-Io-applicato nelle quali emerge una negativa forma auto-referenziale che viene anche definita come ideale del Super-Io. Heidegger chiarisce perfettamente questo quadro ontologico definendo i modi positivi dell aver-cura che si manifestano in: - sollevare l altro dalla cura sostituendosi, intromettendosi al suo gesto; - inserire l altro nella cura stessa che è appunto una forma di implicazione, ma anche del fare-con-per ; che equivale a aiutare l altro a divenire trasparente nella propria cura, rendendolo libero per essa. L Esser-ci nella cura diventa quindi un prendere cura assieme ed ancora essere-assieme che trae origine dal fare le stesse cose che ha implicito in sé il senso della sussidiarietà. Questo è per Heidegger un legame autentico, timologicamente significativo nelle dinamiche della implicazione ( per liquidare tutto ciò che è applicato), nel rispetto della libertà e del valore dell altro, che rimette l altro nella propria libertà e nel riconoscimento dei suoi valori. Da queste osservazioni, il quadro ontologico tracciato da Heidegger si prospetta come una vera e propria mondità, cioè come segnata dalle questioni fondanti del mondo nel quale l Esser-ci-è. La significatività, la familiarità, l utilizzabile, l appagante, ecc. diventano le caratteristiche che portano l Esser-ci, in quanto con-essere, nel suo fare-agire della cura un fondamento etico.
5 Anche l essere-ontico e non pura presenza si trasforma in fondamento in quanto verità e, proprio per questo, si delinea un aspetto fenomenologico del mondo che rispecchia un nucleo fondante-etico che risulta il vero punto di partenza per tutta la visione filosofica heideggeriana. Da tutto questo, il trascurarsi reciproco, la perdita di sussidiarietà, la simulazione, diventano solo aspetti transitori, quel non-esser-ci che il filosofo interpreta come momentanea eclisse o momento negativo della storia di un fenomeno originario che è l Esser-ci-con. L essere assieme ( con per) è ciò che sin dal principio e originariamente rende possibile e costituisce la relazione con gli altri ed anche la mondità. Questo fenomeno è chiamato empatia e rappresenta quel gettare un ponte ontologico che, come ponte d amore, costituisce non solo il fondamento del prendere-cura, ma anche il senso originario dell essere fra Esser-ci ed Esser-ci. DISCUSSIONE E CLONCLUSIONI Nella sua profonda e precisa lettura del Essere-nel-mondo come con-essere ed essere-se-stesso Heidegger traccia il fondamento di una mondità (senso originario del mondo) nella quale il soggetto-sé trova e attiva il suo proprio fondamento ontologico che è Esser-ci ed Essere-con. L originale concezione del fare nel mondo come senso dell Essere e dell Esserecura, stabilisce una visione etica del modo per la quale l Essere non può essere altro da Essere-con. Proprio per questo, si stabilisce un modo d essere che è l Essere-in-tono. È impossibile non essere-in-tonati per il fatto stesso di Essere-uomini come struttura ontologica dell affettività. Parliamo di tonalità affettiva che nell essere-con si traduce in una sorta di atmosfera nella quale l essere è immerso, cioè Esser-ci, un modo d essereinsieme, esistere con gli altri. L espressione originaria dell essere non è quella del confronto o della supremazia, ma quella della comunanza che è sentire l altro, far vivere quei sentimenti che sono ponti di incontro tra noi e gli altri. Nel sentire non c è un soggetto ed un oggetto, ma un esperienza, una relazione, una tonalità affettiva. La visione etica del mondo non assume per Heidegger una tonalità morale, proponendosi, al contrario, come un ideologismo mistico che vuole superare un mero soggettivismo proprio perché traccia le linee-guida di un Esser-ci che si traduce in un con ed un per, che diventano un fare, un agire la cura intesa come apertura attiva e propositiva del soggetto verso l altro: Esser-ci per un altro Esser-ci. Heidegger dunque, non si pone nella linea del misticismo di tipo orientale, ma in uno slancio mistico che richiede il fare che, proprio per uno slancio soggettivo verso l altro, verso il sociale trova la sua verità nel risultato, la sua beatificazione nel proposito e nel fine. Questo slancio mistico è implicito nell Esser-ci che è una costruzione ontologica del tutto particolare dal momento che trova il suo fondamento nel - ci, vale a dire nella dinamica del essere-nel-mondo. In tale logica, sarebbe il mondo a dettare il come ed il dove dell Esser-ci, ma anche del essere-con o del essere-per.
6 Lo stratagemma mistico sta proprio nel cambiare i punti di riferimento e legare l Esser-ci ad una capacità primaria dell Essere che, quindi, si autodisciplina e su auto-riferisce. Il -ci, il -con, il -per diventano solo strategie dell Essere per completarsi e per rendersi visibile nella quotidianità, superando anche il trabocchetto della pura presenza. L Essere è dunque essere-in-sé che si mostra nella prassi del ci, del con, del per ed anche della-cura. Da tutto questo, il pensiero dell Esserci diventa ancora una volta mistico proprio perché nella sua purezza ontologica primitiva e primaria assume anche quel mantello etico per il quale si carica di una dimensione affettiva positiva, carica di sentimenti buoni che, nell ambito della cura, attivano equità, sussidiarietà, ragionevolezza, ecc. Nello studio della psicologia dello sviluppo e della dinamica timologica del soggetto, il problema degli affetti positivi e negativi risulta fondamentale proprio perché deve risolvere il problema dell amore e dell odio nei confronti del Sé e degli Altri. Per Heidegger questo tema è superato nella definizione stessa del Esser-ci proprio perché è in questo -ci che si riflette una potenzialità primigenita di fare il bene, dal momento che fare il male sarebbe il segno di un non-esser-ci. La mistica sta proprio nel portare alla luce quel Esser-ci che è comprensione dell Essere in quanto tale, che però è tale proprio perché è immerso nella sua stessa essenza etica, prima che nell essenza del mondo. A questo proposito, ha ragione Alfredo Marini, quando dice che secondo Heidegger, l intera Seinsfrage è un problema talmente seppellito nell oblio che nessuno se lo pone più. Il senso dell Essere non può evitare l orizzonte trascendentale della domanda stessa e, proprio per questo, il senso dell Essere diventa la vera storia dell oblio della domanda. In questa visione filosofica, l uomo comprende tutte le cose dando un senso o comprendendo il senso del proprio Esser-ci. Resta il fatto però che l Esser-ci non è un dato, ma è sempre e solo una domanda, proprio perché l essere dell uomo sta nel fatto che gli importa del proprio essere : l uomo è colui che si chiede Chi, che cosa e come egli stesso sia.
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