IL FUTURO DELLA CATENA DI SUB-FORNITURA AUTOMOBILISTICA TORINESE NELLO SCENARIO INTERNAZIONALE

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1 IL FUTURO DELLA CATENA DI SUB-FORNITURA AUTOMOBILISTICA TORINESE NELLO SCENARIO INTERNAZIONALE

2 Copyright 2002 Provincia di Torino e Fondazione Istituto per il Lavoro Editing e composizione: Claudia Maestrali È vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia non autorizzata. Stampa: Finito di stampare nel settembre 2002

3 Indice Premessa 7 Introduzione 11 Vincoli e opportunità per lo sviluppo del settore auto: i temi sul tappeto La congiuntura Alcuni dati strutturali Ulteriori approfondimenti su alcune tendenze strutturali viste come vincoli ed opportunità La mobilità come prodotto L ambiente e la salute pubblica I nuovi propulsori Il ruolo delle politiche pubbliche La subfornitura automobilistica 25 Bibliografia 26 SEZIONE 1 LA FILIERA DELL AUTOMOBILE TORINESE 27 La mappatura della filiera dell auto nella provincia di Torino Scopo della ricerca La filiera dell auto e le sue articolazioni Le fonti di informazione Le modalità di ricerca La ricerca per codici ISTAT La prima selezione La seconda selezione per parola chiave La selezione singola L integrazione con altre fonti L elenco finale Attendibilità e completezza dei dati Completamento dei dati - criteri utilizzati 33 3

4 5. I risultati della ricerca La classificazione delle aziende I dati significativi La ripartizione produzione-servizi La ripartizione delle attività di produzione Attività preminenti nella produzione Attività preminenti nei servizi La distribuzione territoriale delle imprese Alcuni approfondimenti e verifiche sui dati della mappatura della filiera dell auto nella provincia di Torino Premessa Il campione I risultati delle interviste telefoniche Collocazione delle imprese lungo la catena di fornitura 49 Bibliografia 52 Tendenze e congiuntura di settore, alcuni dati elaborati dall Osservatorio sulla Componentistica Autoveicolare Italiana della Camera di Commercio di Torino Premessa Produzione di auto e componentistica in Italia Autoveicoli Componenti, Italia Componenti, Piemonte Conclusioni 55 Opportunità e rischi per il distretto automobilistico torinese Mutamento delle relazioni tra produttori finali e fornitori auto La deverticalizzazione nel comparto auto La riconfigurazione della filiera automobilistica Opportunità di sviluppo per i componentisti torinesi Le strategie di prodotto Le strategie di produzione La capacità innovativa La relazione di partnership La gestione delle risorse umane Conclusioni 78 4

5 Bibliografia 80 Appendice 81 SEZIONE 2 INNOVAZIONE, COMPETENZE E SVILUPPO ORGANIZZATIVO NEL SETTORE AUTO 83 Strategie aziendali e modelli organizzativi, linee di sviluppo e tendenze evolutive nel settore dell auto Premessa Immatricolazioni e congiuntura internazionale: una prospettiva previsionale Outsourcing e gestione della catena di fornitura (supply chain management) Dalla fornitura tradizionale alla fornitura a livelli e alla modularizzazione Introduzione delle tecnologie dell informazione e della comunicazione a supporto delle relazioni tra le imprese Concentrazione e internazionalizzazione Standardizzazione e customizzazione dello standard (orientamento al cliente) Ridefinizione del core business Rilancio della Domanda Conclusioni 115 Bibliografia 117 Concorrenza internazionale ed evoluzione organizzativa nel settore automotive Introduzione Strategie concorrenziali dei produttori automobilistici Sfide attuali per l evoluzione organizzativa Ristrutturazione del gruppo di fornitori Modularizzazione Segmentazione e Specializzazione nella catena del valore Le sfide della cooperazione tra aziende Cooperazione relativa all assemblaggio Cooperazione rispetto allo sviluppo del prodotto: Cooperazione rispetto all interfaccia tra gli OEM e le piccole e medie imprese -(PMI) Sommario e Conclusioni 137 5

6 Bibliografia 138 L industria americana dei fornitori di componentistica nel settore automotive: analisi delle strategie perseguite Introduzione Trasformazione e Globalizzazione Aziendale in atto negli Stati Uniti nel settore dei motoveicoli e attrezzature Raccolta dei dati Obiettivi di Business e Strategie Emergenti 144 A. Schema analitico 144 B. Analisi empirica delle Strategie di Business Conclusioni 155 Bibliografia 163 APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI 165 Selezione bibliografica e di risorse Internet sul settore automobilistico Rapporti delle Associazioni di costruttori di Automobili Gestione della catena di fornitura (supply chain management), relazioni tra imprese e sviluppo regionale Acquisizioni, fusioni e alleanze Relazioni industriali Condizioni di Lavoro Automobile e Società Propulsioni a emissioni zero: il sistema fuel-cell Riviste Specializzate, rassegne stampa, rapporti dei quotidiani finanziari Bibliografie Specializzate Webgrafia 177 APPENDICE 179 Autori 199 6

7 Premessa In una realtà cosi trasformata negli anni come è quella del settore auto, è emersa la necessità di realizzare un analisi, quantitativa e qualitativa, nell area della subfornitura della componentistica, nelle sue articolazioni manifatturiera industriale e dei servizi alla produzione, trattandosi di un settore non maturo bensì in continua innovazione con effetti propulsivi anche per altre realtà industriali. Già dal momento nel quale è divenuta operativa, dall intesa tra FIAT e GENERAL MOTORS (motori, cambi, acquisti, ricerca piattaforme comuni) sono subito scaturiti interrogativi inerenti il futuro di tale collaborazione ed i suoi effetti sulla subfornitura locale, anche in ragione del fatto che questa volta come altre, sull indotto vengono scaricate ulteriori responsabilità e tagli dei costi finalizzati a far recuperare competitività all assemblatore finale. Già a quel momento iniziarono ad emergere i primi segnali di crisi di mercato, di preoccupazione per l occupazione e l economia provinciale, per il ruolo dell auto non certamente come un fatto solo locale bensì regionale e nazionale. Per questo la Provincia si è dotata, con atto provinciale, di un Osservatorio del Mercato del Lavoro, con una struttura operativa costruita per la realizzazione di due progetti iniziali: uno sull analisi dei dati relativi alla domanda-offerta di lavoro, attraverso una elaborazione dei dati dei Centri per l impiego; l altro relativo a una ricerca sulla componentistica auto. Quest ultimo è partito dalla necessità di affrontare con maggiore precisazione cosa fosse la realtà della filiera dell auto attraverso uno studio che quantificasse nel modo più completo possibile il peso della subfornitura della componentistica sul nostro territorio, in riferimento al numero di imprese, di addetti e di fatturato. In continuità con questo studio quantitativo, il cui prodotto è presente in questo testo (La mappatura della filiera dell auto nella provincia di Torino), il progetto di ricerca comprenderà, in una seconda fase un analisi qualitativa, con studi di caso che coinvolgono alcune imprese presenti sul territorio provinciale, focalizzando l attenzione su tutte le funzioni aziendali e la rappresentanza sindacale unitaria, al fine di cogliere i problemi e le tendenze delle trasformazioni attuali e future, nonché il legame ed il valore del lavoro, degli uomini e delle donne che lavorano nelle fabbriche dell indotto automobilistico. Il convegno Il futuro della catena di subfornitura automobilistica torinese nello 7

8 scenario internazionale, tenutosi a Villa Gualino il 7 dicembre 2001 e organizzato dalla Provincia di Torino in collaborazione con la Fondazione Istituto per il Lavoro, è stato da un lato l occasione per presentare i risultati della mappatura della filiera automobilistica della provincia di Torino, dall altro un opportunità per esplorare gli scenari di possibile sviluppo del comparto, con particolare riferimento agli aspetti legati all organizzazione di impresa e le professionalità lavorative. Gran parte dei lavori contenuti in questo testo approfondiscono per l appunto questi aspetti. Il progetto complessivo di ricerca punta ad un impegno diretto della nostra istituzione per la definizione di strumenti ed interventi adeguati, concertati con le altre istituzioni e le parti sociali, che possano incidere sullo sviluppo locale, sulla tenuta e lo sviluppo dell occupazione. Già alla fine del secondo semestre 2001, ci si è trovati in presenza di una insostenibile sovracapacità produttiva a livello mondiale. La struttura industriale italiana ha pesantemente accusato il colpo, essendo caratterizzata da maggiori problemi di mercato, di innovazione, di indebitamento, di sottoutilizzo degli impianti, di deficit competitivo e scarsa redditività, fattori questi che hanno avuto da subito ricadute dirette sui livelli occupazionali. Infatti la FIAT, il 10 dicembre 2001, presenta una prima terapia d urto con ricapitalizzazione e piano di dismissioni. I vertici aziendali, suddivide l auto in quattro unità e predispone un piano di ristrutturazione con conseguente impatto negativo, quantificabile in termini di esuberi. Programma inoltre la chiusura di 18 impianti nel mondo, di cui 2 in Italia - Rivalta e Avio (cfr. IlSole24Ore, ). Lo stesso mancato salone dell auto a Torino non è altro che la rappresentazione più evidente di un articolato intreccio di criticità. La situazione ha poi avuto ulteriori sviluppi in virtù della scesa in campo delle banche, a sostegno dell esposizione debitoria di FIAT. Gli Istituti di Credito, aumentando il loro peso sull assetto azionario hanno contribuito a spostare l attenzione sui problemi finanziari piuttosto che industriali. Nel mese di maggio 2002 si è poi attivata la procedura di mobilità per prima, poi altri 550 lavoratori, peraltro in assenza di un credibile piano industriale. La cronaca nota dei fatti ci porta poi al mese di giugno del 2002, con l abbandono di Cantarella, poi sostituito da Galateri. E chiaro il mutamento della situazione industriale della FIAT, così come del concretizzarsi della possibilità che si scelga di optare per una cessione dell auto nel 2004 o anche prima, senza così avere nessuna certezza sul futuro della catena del valore dell auto a Torino e della subfornitura in provincia e regione. Una tale situazione ha ricadute dirette sulla subfornitura, in primo luogo in virtù delle 8

9 dismissioni di aziende della componentistica FIAT, come già avvenuto per la ex Marelli retrovisori, poi Ficomirros, e per le ulteriori dismissioni annunciate (Marelli, Teksid, etc). Ma per il peso strategico ed economico della fornitura, rappresentato dai primi dati presentati nel convegno di Villa Gualino e dalle analisi dei relatori presenti al convegno, ai quali va il nostro ringraziamento per l importante contributo dato, viene confermato che le imprese del settore sono radicate nel territorio della provincia ma occorrono altresì nuove competenze, conoscenze e investimenti formativi, anche attraverso l avvio di progetti di politica industriale finalizzati a qualificare l impresa e valorizzare il lavoro degli uomini e delle donne legati alle fabbriche della filiera dell auto. Servono quindi progetti di politica industriale, nonchè politiche attive del lavoro finalizzate ad accrescere le competenze professionali nel luogo di lavoro. Con questo respiro si sta sviluppando l impegno dell Amministrazione provinciale, orientata a valorizzare le sue competenze e contribuire nel miglior modo alla progettazione degli interventi di sviluppo per la filiera. Questo in tutte le sedi istituzionali e di negoziazione, a partire dal tavolo regionale aperto nel mese di giugno, tavolo di confronto sui temi della componentistica nella Provincia e Regione, così da contribuire al meglio ad affrontare i problemi di sviluppo industriale e occupazionale dell industria dell automobile torinese. Barbara Tibaldi Assessore a Lavoro, Formazione professionale, Attività di orientamento scolastico e professionali nei servizi per il mercato del lavoro Provincia di Torino 9

10 Introduzione Mercedes Bresso * A una situazione critica del comparto auto a livello internazionale corrisponde una situazione ancora peggiore della FIAT, la cui quota di mercato in Europa è caduta dal 10.6% all'8.9%. A fronte di ciò l'azienda, da una parte afferma la volontà di reagire, dall altra presenta una situazione di gravi perdite del Gruppo con una situazione di eccedenza del personale a livello nazionale di 2887 dipendenti, 1800 dei quali in Piemonte: i 2/3 operai, 1/3 impiegati. Questa eccedenza ha una dimensione tutt'altro che risibile. A questa situazione se ne aggiunge un'altra, già difficile, di Cassa integrazione, che prefigura un quadro da tempo estremamente complicato e con pesanti ricadute sul nostro territorio provinciale. Non si tratta solamente degli esuberi annunciati bensì del risultato di una eccezionale caduta della domanda che ha coinvolto la FIAT in particolare, probabilmente anche a causa di errori commessi circa la produzione degli ultimi modelli, oppure di un cattivo riscontro nei confronti dell'ultimo modello nato. La situazione FIAT è decisamente difficile, c è quindi da chiedersi se l azienda riuscirà a superare il periodo critico da qui a fine 2003 inizio 2004, quando cioè i nuovi modelli potranno piazzarsi sul mercato, oppure non finisca per peggiorare il suo posizionamento anche in ragione del fatto che le dismissioni programmate nel settore auto rischiano di indebolire ulteriormente la situazione del Gruppo. In sostanza, c'è da chiedersi se si possa reggere da qui fino al momento in cui la strategia di rilancio si concretizzerà. Teniamo presente che nel campo dell'auto i nuovi progetti ed investimenti non hanno tempi brevi, progettare una nuova auto o la revisione di un modello precedente implica infatti tempi tecnici non superabili. Questo è l'elemento estremamente delicato e di maggiore preoccupazione, ossia come si arriva al pareggio, in quali condizioni, con quali tempi e soprattutto quali sono le capacità di reggere finanziariamente. Un ulteriore questione riguarda il rischio di caduta produttiva soprattutto nei segmenti alti. E' chiaro che un trasferimento di proprieta della FIAT a GM, che comporterebbe anche il trasferimento di segmenti decisionali ed alti (quali l innovazione, la ricerca e lo sviluppo), avrebbe conseguenze su tutti i settori e segmenti piu alti della componentistica e dell indotto che certo si sono progressivamente affrancati da FIAT, ma che in ogni caso ancora da essa dipendono per una frazione non piccola della loro attivita produttiva. A questo quadro si aggiunge la situazione della componentistica, campo su cui peraltro abbiamo già avviato uno studio, consci della difficile situazione del mercato dell'auto e 10

11 quindi della necessità di tenere sotto osservazione anche il settore della componentistica. Le imprese della componentistica, sulla base dei primi dati, sono circa La situazione è decisamente differenziata perchè ci sono fornitori di primo livello, aziende robuste ed innovative, aperte sul mercato mondiale (quelle che più si sono differenziate anche come clienti), che non sono più, o lo sono meno, "FIAT dipendenti. Invece, i fornitori di secondo e terzo livello, maggiormente dipendenti da Fiat Auto, da tempo si trovano in difficoltà, anche a causa del perdurare della Cassa Integrazione della FIAT stessa e della conseguente riduzione dei livelli produttivi già in atto da tempo; si tratta anche dei soggetti più fragili nell'ottica della capacità di muoversi autonomamente rispetto alle aziende di primo livello. Nei confronti di queste aziende credo che ci si debba molto impegnare per individuare e trattare, in particolare proprio nel settore della componentistica, la possibilità di stipulare contratti di solidarietà o formule equipollenti che consentano di non disperdere il capitale umano che detengono queste aziende e che senza il quale non sarebbe possibile immaginare una progressiva diversificazione rispetto al sistema FIAT. Vogliamo perciò che il settore dell'automobile permanga forte nel nostro territorio, imparando progressivamente a diversificare rispetto alla FIAT. Abbiamo pero bisogno che non si disperda il capitale di risorse che queste aziende rappresentano e che non può essere facilmente ricostituito, perchè una volta distrutta la capacità produttiva delle persone, queste sono molto più lente da rimpiazzare, soprattutto in questo tipo di aziende, di quanto non siano le macchine. Credo che tra i temi centrali, il monitoraggio della situazione della componentistica sia uno di quelli fondamentali, anche perchè mentre il tavolo FIAT avrà l'attenzione del Governo, dei Sindacati nazionali e del sistema bancario (la crisi FIAT sollecita azioni ed interessamenti politici), gli attori con peso e visibilità minori si troveranno maggiormente in difficoltà, spesso senza rete, nè interventi, né attenzione. Occorre, quindi, prestare grande attenzione a questa questione, che potrebbe produrre la distruzione di quell'ipotesi di Distretto Industriale su cui, con difficoltà, si sta tentando di lavorare. Occorre intanto che tutti insieme si chieda dalla FIAT un vero Piano industriale che dica come si rilancia l'auto in Italia. Inoltre, questo governo, deve chiarire se intende rischiare di far divenire l Italia uno dei pochi grandi Paesi europei a non avere un'industria locale dell'auto. Ciò è rilevante anche perché governi di altri paesi che hanno avuto situazioni di crisi della propria industria dell auto (pensiamo al caso Renault-Citroen, ai casi in Germania), hanno investito e fortemente operato per supportare il proprio settore automobilistico, affinché potesse permanere. Occorre investire ingenti risorse, in particolare per la ricerca e l'innovazione ed in special modo verso prodotti eco-compatibili, perché il mercato, nei prossimi anni 11

12 (l'abbiamo potuto constatare nei passati inverni), necessariamente dovrà andare nella direzione delle auto che siano a più basso consumo possibile di combustibili, in particolare con combustibili innovativi ad emissioni zero o prossime a zero. Anche in questo campo la ricerca che pure esiste nel Gruppo FIAT, è stata, in questi anni, insufficiente. In questo senso di non scarso rilievo è la questione relativa all entità degli investimenti necessari alla ricerca e allo sviluppo per rimanere sul mercato dell auto nei prossimi anni a fronte dell avvicinarsi di una modifica epocale nel modo di produrre l auto. L auto, dalla sua invenzione ad oggi, nonostante le molte modifiche tecnologiche apportate negli anni, e' sostanzialmente rimasta con lo stesso tipo di motore, certo affinato, migliorato, ma sempre un motore a scoppio, a combustione interna con utilizzo di benzina. Quindi sono stati spesi ingentissimi capitali nella ricerca e nell innovazione, ma senza sostanziali modifiche della composizione fondamentale del prodotto. Siamo invece di fronte a cambiamenti epocali che si annunciano con livelli di ricerca elevatissimi e il problema e se l industria italiana riuscira' a essere presente in questo campo oppure no. L attuale situazione finanziaria della FIAT, ma anche la dimensione relativamente piccola della nostra principale azienda automobilistica sui mercati mondiali, suggerisce che sicuramente da sola non ce la potrà fare e, quindi, la preoccupazione principale (di cui abbiamo gia parlato la volta scorsa) e che se l Italia fosse interessata a restare nel settore dell automobile nell ambito della produzione (un impresa principale ed una costellazione di imprese forti, soprattutto nei segmenti piu alti e ricchi del mercato dell automobile) dovrebbe porsi, come Paese, il problema di finanziare la ricerca e l innovazione necessarie a mantenere un di livello medio in quel settore. Appare chiarissimo dai dati e dagli elementi a nostra disposizione che ne la FIAT, ne le aziende piu importanti della componentistica, sono in grado di reggere la concorrenza internazionale senza forti investimenti nel campo della ricerca. Esiste anche un problema di misure straordinarie che non possono certo essere la vecchia rottamazione, ma che potrebbero affrontare il problema dirompente, che abbiamo vissuto in tutte le grandi città d'italia, delle auto non catalizzate, ossia i vecchi diesel e in particolare dei mezzi di trasporto merci. Misure queste che potrebbero andare nella direzione di un'accelerazione della sostituzione di questo parco auto che in Italia è estremamente abbondante. Certamente queste e altre misure di questo tipo potrebbero migliorare di molto la qualità dell'aria nelle nostre città. Occorre anche sviluppare la ricerca sui nuovi carburanti, oltre che sui nuovi motori, e, in accordo con la Regione, occorre usare gli strumenti e le risorse che sono disponibili oggi sul DOCUP, sull'asse di internazionalizzazione per le imprese dell'indotto. Come detto precedentemente, le imprese dell'indotto devono essere aiutate rapidamente ad affrancarsi il 12

13 più possibile dalla FIAT e, comunque vada la vicenda FIAT, bisogna aiutarle a diventare internazionali e capaci di essere interlocutori di tutte le aziende automobilistiche a livello mondiale. Anche in questo caso si deve investire utilizzando le risorse del DOCUP e le competenze che la Regione ha in questo momento sulla questione del distretto dell'auto, sulla quale ci si è fermati ma su cui occorre ripartire. A tale proposito occorre quindi che nell'ambito della promozione internazionale messa da noi in atto per l'attrazione di investimenti industriali in Piemonte, affrontiamo il problema non solo di altri settori, in particolare le telecomunicazioni e, in generale, ICT Information Communication Technology - (sulla quale abbiamo molto puntato, giustamente; in questi anni), ma anche la questione riguardante il distretto auto e quindi la localizzazione di attività di produzione, di assemblaggio, di componentistica legata all'auto. Oggi la preoccupazione principale deve essere legata al nostro patrimonio di capacità lavorative, di risorse umane, che rischia di essere una volta di più lacerato e in parte distrutto. Non si tratta solo di coloro a cui è stata proposta la messa in mobilità, ma anche delle forze lavorative che non sono ancora state toccate dalla mobilità o dalla crisi nel settore della componentistica, ma che potrebbero essere tentate di andarsene per cercare delle soluzioni diverse in modo tale da tutelare, prima di tutto, loro stesse. Dobbiamo porci come obiettivo non quello di piangere sulla triste sorte del nostro territorio, ma quello di operare affinché si riesca ad uscire da questa crisi, salvaguardando la produzione di auto e di componenti auto in Italia e nel nostro paese. Non ho detto che è impossibile farcela, ho solo spiegato le ragioni per cui sarebbe molto difficile, però è anche vero che altre importanti aziende automobilistiche sono andate incontro a gravi crisi e ne sono uscite. Ciò è stato possibile spesso anche mediante progetti di gestione delle eccedenze, quindi non espellendo i lavoratori, bensì coinvolgendoli direttamente nei processi di ristrutturazione. Ciò ha generato all'interno della società (nel senso più ampio del termine) la voglia e la forza di uscire dalle crisi; diversamente è chiaro che la tensione e la disperazione di molte famiglie, come conseguenza, potrebbero produrre un allentamento della tensione necessaria per riuscire in questo intento. Considero, in ultimo, sbagliate le scelte compiute dai Governi recenti relativamente al settore aeronautica ed aerospaziale; a livello europeo stiamo rischiando di far saltare settori produttivi importanti per l'innovazione, dimenticando che non si tratta solamente di ciò che fanno loro, ma ciò che da essi ne deriva a beneficio dell'intero settore produttivo. L'auto è uno di questi e pur essendo un prodotto maturo è un prodotto su cui si concentra l'applicazione di molte tecnologie innovative ed in questo senso resta strategico. La rottamazione è servita ma non può certo essere ripetuta; tuttavia si possono individuare filoni di sviluppo come quello delle propulsioni alternative, non solo perché ci piace l idea dell auto pulita. Quello sicuramente sarà il settore con cui dovremo 13

14 competere nel futuro, anche perché la ragione in base alla quale noi siamo rimasti indietro, forse, deriva proprio dalla mancanza di una politica sufficientemente rigida per la qualità di emissione delle auto e forse perché non abbiamo reso le mostre aziende pro-attive nella ricerca, cioè avanti nella ricerca. Negli Stati Uniti, soprattutto in California, uno dei vantaggi è stato che avendo imposto le emissioni a zero ad una data scadenza, ma molto vicina, le ricerche in quel campo sono state molto accurate. Questo, forse, ha aiutato le auto americane a fare un passo avanti rispetto a situazioni molto difficili in cui si trovavano qualche anno fa. Credo che quel filone sia molto importante, seppur non l unico, su cui può essere possibile pensare all utilizzo di strumenti in grado di accelerare la sostituzione delle auto più vecchie. 14

15 Vincoli e opportunità per lo sviluppo del settore auto: i temi sul tappeto Francesco Garibaldo 1. La congiuntura Questo volume della Provincia di Torino esce dopo circa 6 mesi dal convegno internazionale, organizzato dalla Provincia con la collaborazione dell IpL. È opportuno quindi che, pur mantenendo lo stesso impianto logico del convegno, alcuni contributi, come questo saggio, vengano aggiornati almeno per quanto concerne i dati congiunturali. Iniziammo infatti quel convegno proprio dalla congiuntura internazionale con particolare attenzione al settore dell automobile; occorre ricordare che si era ancora sotto l effetto diretto dei tragici fatti dell 11 Settembre a New York. Allora facemmo riferimento ad alcune fonti di previsione internazionali che avevano appena redatto delle previsioni sugli effetti economici dell 11 Settembre. Il quadro appariva così sinteticamente riassumibile: una previsione di crescita del PIL mondiale, nel 2002, inferiore all 1,5%, per l Italia tra l 1,1 e l 1,3, per la Germania inferiore allo 0,75%. Una previsione di calo della vendita di veicoli leggeri pari a 2,9 milioni delle quali mila nel corso del 2001 e 2,4-2,5 milioni nel 2002 (-4,4 %) con un effetto sulla produzione di un taglio tra i 3 e 3,5 milioni. La discesa, in specifico per l auto nel 2002, da circa 39 milioni di auto vendute nel 2000, a circa 37,5 milioni. Il 15% di tale calo avrebbe interessato, nel 2002, l Europa occidentale che sarebbe passata da circa 15 milioni di auto vendute nel 1999 a 13,9 milioni nel 2002, chiudendo il 2001 a 14,5 milioni. Tra le aziende più colpite, cioè sopra la media, vi sarebbero state, nell ordine, la Ford (-7,2%), la Fiat (-6,7), la Renault/Nissan (-6,3), la Toyota (-6,1) e la GM (-5,0). A distanza di mesi possiamo fare conto sul consuntivo 2001 e sul primo trimestre 2002 per le auto mobili e su nuove previsioni sul PIL 2002; cosa è accaduto? Una previsione della crescita del PIL mondiale molto articolata: dal +2,5% degli USA al +1,3 dell area Euro. Per l Italia la previsione è +1,3, 15

16 per la Germania +0,9. La vendita di automobili ha visto nel 2001, per l Europa Occidentale, la vendita di 14,833,735 automobili, non vi è stato quindi l effetto previsto di una prevista di oltre 300,000 auto a causa degli effetti dell 11 Settembre. Se però ci spostiamo al primo trimestre del 2002 siamo a ad un 4% rispetto allo stesso trimestre del 2001; il calo sul mese di Marzo è del 7,2%. Nell Unione Europea e del 7,4 se si considera l Europa Occidentale, che comprende anche Islanda, Norvegia e Svizzera. Si avrebbe quindi un effetto posticipato delle previsioni, dovuto alle vendite a chilometraggio zero effettuate, assieme ad altre formule di sconto, da quasi tutte le case a fine anno. Saremmo quindi nell ambito della previsione negativa del DRI WEFA. La produzione europea ha seguito un trend analogo alle vendite, un +1% ma molto articolato con punte molto positive e punte molto negative, tra queste ultime spicca l Italia con un 11%. Il continente americano registra un 10% con gli USA a 12%. Il Messico a 18% e l Argentina a 25%. L Asia a 2%. Il totale mondiale è 3,2%, cioè da quasi 41 milioni del 2000 ai circa 39,5 milioni del 2001; peggio delle previsioni del DRI WEFA. Le aziende più colpite a livello Europeo, confrontando il primo trimestre 2002 con quello 2001, sono, nell ordine, gruppo FIAT ( 16,7), gruppo GM ( 14,4), gruppo Volkswagen ( 9,5), ma occorre sottolineare che vi sono aziende che vanno benissimo, nell ordine gruppo BMW (+20%), DaimlerChrysler (+5,2), gruppo PSA (+4,3), Renault (+2,8). Vi sono quindi effetti non derivanti da una generale ed uniforme contrazione delle vendite ma derivanti da differenti strategie. In specifico la FIAT ha perso quote di mercato scendendo, su scala europea, dal 9,6 all 8%. 2. Alcuni dati strutturali I dati strutturali più rilevanti, per quanto riguarda il rapporto con il mercato, sono il persistere di un forte eccesso di capacità installata, rendimenti molto bassi se non che per un livello elevatissimo di utilizzo degli impianti ed, anche in quel caso, la profittabilità è ben lontana da quella del 2000 e difficilmente la si recupererà prima del 2003 o Si aggiunga una crescente scarsa fedeltà al marchio da parte dei consumatori e importanti cambiamenti nel tipo di autovetture richieste. Sullo sfondo poi pesano le scelte considerate 16

17 inevitabili di nuovi tipi di propulsori ed un più generale ripensamento del prodotto automobile. Importanti cambiamenti sono in corso poi a livello della produzione, tra questi i cambiamenti nella gestione della catena di subfornitura e il profilarsi di modelli produttivi basati su fabbriche modulari. Per quanto riguarda l eccesso di capacità installata la stima di Autopolis, nel 2001, è pari al 25%, per quanto riguarda i veicoli leggeri; in termini macroscopici significa che la capacità di produzione, al 2001, raggiungeva quasi gli 80 milioni contro i poco più di 60 realmente assemblati. Secondo recenti sondaggi tra i produttori (KPMG), l 83% degli intervistati afferma che il livello di sovra-capacità rimarrà lo stesso o addirittura peggiorerà nei prossimi 5 anni. Secondo l Economist la situazione dell Europa Occidentale è anche peggiore con quasi il 30% di sovra-capacità. Ciò comporta una difficoltà, anche se non egualmente distribuita tra i produttori, a raggiungere una piena utilizzazione degli impianti. FIAT e GM soffrono particolarmente di sovra-capacità e le decisioni assunte negli ultimi mesi di tagli e dismissioni sono state determinate da questo motivo. Il basso grado di utilizzo degli impianti determina una pressione sui profitti che può essere così riassunta: % utilizzo impianti correlazione utilizzo impianti - profitti < 75% 75%> <80% >85% % profitti ~ 1% ~ 5% ~ 8% La FIAT, ad esempio, era nel 2001 ad un tasso di utilizzo degli impianti del 70%. Come si è visto, le prestazioni di mercato delle diverse aziende sono molto differenti, a parità di condizioni generali (ad esempio lo stesso mercato di riferimento) e sembra del tutto dimostrato che tale differenza sia principalmente determinata dalla capacità di sviluppo del prodotto. È infatti sotto questo profilo che si possono spiegare alcuni aspetti della diversità di performance delle aziende. Ad esempio la GM, ma questo vale anche per Ford e Chrysler, soffre di una evidente scompenso tra gli alti profitti provenienti da un ristretto gruppo di modelli quali i pick-up, i SUV e i minivan- mentre perde o guadagna poco su tutto il resto; si noti che negli anni 90, cioè in pieno boom, i produttori di Detroit non hanno mai superato un ritorno sul capitale superiore al 3%. Sul ritardo della FIAT sui nuovi modelli non c è nulla di nuovo da aggiungere. 17

18 3. Ulteriori approfondimenti su alcune tendenze strutturali viste come vincoli ed opportunità Dei fattori strutturali prima elencati ne restano da affrontare tre gruppi: quello legato alla subfornitura, che viene trattato in un apposito saggio, e quello legato alla domanda ed ai processi di trasformazione strutturale dell offerta, dipendenti dalla tecnologia, infine i cambiamenti a livello della produzione, che in parte sono legati alla subfornitura, affrontati perciò nel saggio già citato, in parte dipendenti dai cambiamenti nella domanda e nell offerta del prodotto automobilistico. 1 La mobilità come prodotto Il paradigma che noi adottiamo è quello della mobilità; consideriamo cioè come punto di partenza della nostra riflessione l evidente crisi del mezzo automobilistico tradizionale a garantire la funzione per la quale viene acquistato in alcuni ambienti operativi, segnatamente l ambiente urbano. In ambito urbano infatti, sia pure con diversità apprezzabili a seconda delle politiche infrastrutturali e regolative adottate dalle autorità, la congestione del traffico determina contemporaneamente una riduzione della velocità commerciale a livelli paragonabili alla carrozza a cavalli e un inquinamento atmosferico a tal punto grave da rappresentare, in molte città un pericolo sanitario in senso proprio (in particolare il famigerato PM10. D altronde, a vantaggio dell automobile rimane la sua flessibilità d uso e la percezione di una autonomia d esercizio che viene valutata quasi come un estensione dei diritti di base dei cittadini delle società moderne. Questa situazione viene sempre di più considerata come un opportunità di ripensamento delle modalità di esercizio della mobilità delle persone e delle merci, a partire dalle città, con uno sfruttamento di tutte le potenzialità che derivano dalla reinvenzione di un prodotto consolidato e dal pieno utilizzo delle possibilità tecnologiche esistenti. La reinvenzione del prodotto mobilità comporta il ripensamento radicale di tutti gli strumenti che garantiscono la mobilità delle persone e delle cose, tra questi l automobile. Sotto il profilo della mobilità possiamo considerare una gestione sistemica di ambienti complessi, come quelli urbani, attraverso le tecnologie informatiche e tecniche di ottimizzazione/canalizzazione/programmazione dei flussi di traffico. Esso sono lontane dal tema che stiamo affrontando solo apparentemente, per questa via infatti si creano delle pressioni quando non delle vere e proprie regolazioni sul prodotto automobile e sulle sue modalità d utilizzo; si pensi ad esempio al car pooling ed alla creazione di veri e propri servizi di mobilità con la vendita di appositi pacchetti tesi ad ottimizzare, per il cliente 18

19 urbano, il rapporto investimento/prestazione. La situazione del centro storico di Parigi, sotto questo profilo, è particolarmente emblematica; il numero di residenti che possiede un automobile è particolarmente basso. Si potrebbe ipotizzare, come fa Dupuy (1997) che il valore d uso tra ambiente urbano ed auto è molto basso rispetto a quello di ambienti meno antropizzati; l osservazione non è banale perché è una di quelle che ha consentito di rileggere i dati statistici in modo alternativo al passato e di scomporre il problema mobilità in sottoinsiemi fortemente differenziati, per ognuno dei quali infatti si ha una diversa composizione del mix ottimale di strumenti per la mobilità. Questa forte segmentazione è all origine di una difficoltà decennale dei produttori d auto ma anche la fonte del processo di ripensamento del prodotto auto assieme a quello della mobilità. Il ripensamento, dopo avere tentato molte strade, si è decisamente incamminato verso una soluzione a molte facce. Per un verso la conclusione definitiva che gli ambienti metropolitani sono ecosistemi così delicati da richiedere soluzioni miste, alcune delle quali ben lontane dal prodotto automobile e più vicine a soluzioni quali forme evolutive del tapis roulant, del tram, della cabinovia, ecc., soluzioni insomma collettive ad infrastrutturazione leggera di superficie. Altre come il car sharing, cioè il pagamento di un canone per godere del servizio di mobilità attraverso la messa a disposizione di un auto di cui non si ha la proprietà, intervengono ridefinendo il prodotto/servizio, che non è più l auto ma la mobilità urbana a richiesta. Vi sono poi soluzioni urbanistiche che ripensano la città in funzione di altri valori, ambientali, sociali, espressivi modellando la modalità della mobilità a partire da questi valori considerati fuori dalla sfera del mercato, anzi come elementi che strutturano il mercato. Tra queste le politiche delle aree pedonali delle piste ciclabili, delle infrastrutture, sia quelle leggere di superficie che quelle pesanti sotterranee,ecc. Tutte queste politiche, nel momento in cui diventano centrali nella retorica pubblica se non nell operatività, hanno un impatto diretto sul prodotto automobile perché ne ridefiniscono gli spazi d uso, sia nel senso della estensione del mercato che in senso proprio ridefinendo l ambiente urbano nel quale l auto si deve muovere. Ridefinizione dell ambiente urbano che spazia dalla vera e propria configurazione fisica piante urbane che non si strutturano attorno alla priorità delle strade per le automobili sino ai vincoli sulle emissioni o ai veri e propri divieti di circolazione. Ecco di nuovo un vincolo che può diventare un opportunità per chi saprà fornire delle soluzioni tecnologiche e di definizione del prodotto secondo questi nuovi valori. Si apre quindi un filone potenzialmente ricchissimo che va dalla definizione delle prestazioni ad esempio: quante persone trasportare e con quali servizi accessori? - alla vera e propria architettura del prodotto corte ed alte per una o due persone oppure molto capienti in un volume a minimo ingombro stradale per portare molte persone assieme, ecc

20 2 L ambiente e la salute pubblica Tra i valori non di mercato sta emergendo come valore base il problema dell ambiente. Dall inizio del nuovo secolo la crisi ambientale delle realtà urbane sia nell occidente che ad oriente ha subito una svolta qualitativa: da una situazione normale con picchi anormali, cioè clinicamente pericolosi per la salute, ad una situazione permanente, o distribuita in modo prevalente su tutto l anno, di rischio ambientale clinicamente rilevabile. La svolta, a differenza di altre situazioni, come l effetto serra, ha una tale evidenza aggressiva da avere messo in allarme l uomo e la donna della strada che chiedono ai loro amministratori di fare qualcosa; più le soluzioni straordinarie, pensate per la gestione delle punte, si rilevano inefficaci, più i cittadini chiedono misure radicali, disposti, forse per la prima volta, a considerare un cambiamento di abitudini accettabile. Ovviamente ciò si scontra con importanti interessi economici che hanno enormi capitali immobilizzati sul vecchio modello di pianificazione urbana e di mobilità. Si tratta quindi di amministrare una transizione che non può, data l emergenza, essere più lunga di tanto e che deve essere fatta di passi progressivi misurabili ed apprezzabili dai cittadini. Come procedere quindi? 3 I nuovi propulsori I vincoli che spingono verso i nuovi propulsori non derivano solo da preoccupazioni ambientali e sulla salute pubblica ma anche da valutazioni strategiche sulla disponibilità degli idrocarburi. Preoccupazioni non solo di tipo ecologico la disponibilità a anni di questa risorsa ed il carattere non rinnovabile di essa ma anche di tipo geo-politico; non sfugge infatti all attenzione dei governi e delle imprese il fatto che la disponibilità di combustibili reperibili sempre e a costi bassi e programmabili è una esigenza assoluta in un settore come quello dei trasporti; la distribuzione geografica della risorsa petrolio non corrisponde a questa esigenza. Se si tiene conto,quindi, di tutti i determinanti e vincoli elencati non è difficile dipanare una strategia di medio periodo. Essa deve essere, abbiamo detto, progressiva e con risultati apprezzabili in ogni tappa; deve ridurre l impatto ambientale e contemporaneamente svincolarsi dal consumo del petrolio e derivati e, più in generale, dalle risorse non rinnovabili. Si capisce allora purché la star assoluta della ricerca odierna sia il motore a cella combustibile. Solo questa soluzione, nella sua versione propria, consentirebbe infatti di stringere assieme tutti i vincoli/determinanti in una prospettiva positiva. Questo punto merita una sottolineatura perché, solo a partire da una impostazione multi-dimensionale si possono valutare le tappe intermedie. Ad esempio il metano ed il GPL hanno un ruolo possibile ma sono solo palliativi, in una prospettiva strategica, e corrono il rischio di 20

21 dirottare ingenti investimenti, per ammodernare le reti di distribuzione che, se non posizionati rispetto alla soluzione finale, corrono il rischio di divenire strade senza uscita. D altronde la soluzione a cella combustibile basata sull idrogeno ha una gradualità possibile in quanto tale che dipende dalle modalità di utilizzo dell idrogeno e dalle modalità di produzione dell idrogeno. Le alternative base sono: A. per quanto concerne la modalità di utilizzo dell idrogeno: l idrogeno come combustibile in un motore a scoppio la soluzione BMW: non è una cella combustibile. L idrogeno come alimentatore della cella combustibile. B. Per quanto concerne le modalità di produzione dell idrogeno: un serbatoio di idrogeno puro, un fuel reformer che converte un carburante idrocarbonico (metanolo, gas naturale, benzina) in un gas ricco di idrogeno. Se prendiamo poi in considerazione il problema della distribuzione, si tratta di un vincolo sia per le soluzioni palliativo il metano ed il GPL sia per l idrogeno; nel caso della soluzione a fuel reformer si potrebbe utilizzare la rete distributiva esistente. Sono poi allo studio delle soluzioni per lo stoccaggio dell idrogeno puro in materiali porosi che ne consentirebbero la restituzione controllata. Si possono quindi delineare diversi scenari temporali, tra i più accreditati, prima della recente accelerazione da parte di molte case automobilistiche, il seguente: Sulla base delle sperimentazioni in corso e considerata la difficoltà di creare da zero una rete di distribuzione dell idrogeno, sono individuabili le seguenti fasi per le applicazioni di serie del fuel cell: : bus a fuel cell alimentati con idrogeno compresso in bombole, ricaricate al deposito : auto a fuel cell alimentate con idrogeno prodotto a bordo da reformer, usando benzina, metano, metanolo dal 2020 : auto a fuel cell alimentate esclusivamente con idrogeno compresso in bombole ricaricate nelle stazioni a terra. Si noti che tra le opzioni per il reformer c è anche il metanolo che potrebbe costituire lo sbocco di un processo agro-industriale. 4 Il ruolo delle politiche pubbliche Sarebbe del tutto ingenuo o ideologico pensare che tutto questo processo possa raggiungere in modo rapido ed efficace un risultato apprezzabile di soluzione dei problemi che lo hanno determinato solo attraverso meccanismi di mercato. La scala degli investimenti e disinvestimenti è tale che solo politiche pubbliche che definiscano tappe, 21

22 misure di sostegno ed accompagnamento oltre che vincoli e obblighi possono efficacemente pilotare il processo. Il vincolo e il sostegno pubblico possono determinare un vantaggio competitivo rilevante come sta iniziando a mostrare la comparazione tra USA ed Europa; le difficoltà europee sia dal punto di vista delle disponibilità strategica e attuale di benzina a basso costo e con rifornimenti certi e programmabili, il maggior vincolo ambientale hanno determinato una spinta all innovazione di prodotto che inizia ad apparire rilevante, anche se concentrata fondamentalmente in Germania. 4. La subfornitura automobilistica In altra parte del volume c è un analisi approfondita dei problemi della subfornitura, si vogliono qui sottolineare alcune macrotendenze. La prima è il fatto che la pressione derivante dalla sovra-capacità tende a scaricarsi in primo luogo sulla catena di subfornitura sia in termini qualitativi riorganizzandola sia in termini quantitativi spingendo ossessivamente sul taglio dei costi. Tale spinta apre una contraddizione evidente tra aspetti qualitativi e quantitativi. Se infatti si sottolinea l importanza dell outsourcing, come spinta alla specializzazione su segmenti di attività fortemente focalizzati sia per i produttori d auto che per i loro fornitori, allora occorre favorire la nascita di fornitori che siano in grado di vendere non solo delle ore di lavoro ma anche un contenuto funzionale ed una capacità di presidio del prodotto anche in termini di sviluppo. Se però si tagliano i costi a spese dei fornitori si rende impossibile il processo. Si tratta quindi, dal lato dei produttori finali (OEM) di scegliere. Dal versante dei subfornitori si profila una scelta altrettanto cogente: o si va verso processi di integrazione verticale per via di fusioni con un processo di sempre maggiore concentrazione, oppure ci si muove verso la costruzione di reti, di aziende virtuali, cioè verso forme miste di cooperazione e competizione; il che non può avvenire attraverso pure alleanze commerciali o consorzi di acquisto,ecc. ma con un ripensamento radicale della struttura e del processo produttivo, oltre che delle modalità di utilizzo e sviluppo del Lavoro. Infine la scelta, che appare irreversibile, di un ripensamento della mobilità oltre che del prodotto automobile apre uno scenario pieno di problemi da risolvere. Il primo è quello di natura tecnologica e produttiva; infatti la concept car Autonomy che sfrutta tutte le potenzialità della cella combustibile non ha più gli organi di trasmissione classici, dato che ha quattro motori elettrici, uno per ruota, e un controllo a joystick come sui nuovi aeroplani. Le celle combustibili non sono motori a scoppio e richiedono nuove competenze, ecc. Insomma si avrebbe contemporaneamente una continuità, la cultura manifatturiera, ed 22

23 una discontinuità nella concezione del prodotto. Si aprono quindi scenari di profonda trasformazione che pongono un problema all amministrazione pubblica. Infatti o un processo siffatto si svilupperà attraverso un processo guidato dalle grandi imprese o vi sarà un intervento pubblico che metterà a disposizione delle aziende medie e piccole un insieme di beni pubblici che consentano un processo di riaggiustamento non puramente dominato da alcune grandi imprese. Quest ultima alternativa è anche quella che garantisce di più il Lavoro, sia qualitativamente che quantitativamente. Ciò costituisce appunto la ragione della nostra ricerca e del convegno. Bibliografia Dupuy, G., Automobile e città, Il Saggiatore, Flammarion, Garibaldo, F., Marchisio, O., Il territorio, le reti, i servizi pubblici, il lavoro in Primo Rapporto Annuale dell Istituto per il Lavoro. Sviluppo, Lavoro e competitività in Emilia Romagna, Collana IpL, Angeli, Milano, Garibaldo, F., Battaglini E., The Agenda 21 and the Future of Work, in Eckart Hildebrandt, Berge Lorentzen.[et al.] (a cura di) Towards a Sustainable Worlklife. Building Social Capacity- European Apporaches, Sigma, Berlin, 2001, pp ; Garibaldo, F., Battaglini E., Mobility and environment: is it possible to transfer western mobility patterns to the emerging countries? Scenarios on mobility and the car industry, paper presentato al Sixth Gerpisa International Colloquium New Spaces in the World Automobile Industry June 1998, Parigi. KPMG, Momentum in the Automotive Industry, vol. 2, No 1, Speciale auto Supplemento periodico alla Repubblica del 20 Aprile 2002, Anno XIV, numero 49 23

24 SEZIONE 1 LA FILIERA DELL AUTOMOBILE TORINESE 24

25 La mappatura della filiera dell auto nella provincia di Torino A cura dell Osservatorio sul Mercato del Lavoro della Provincia di Torino 1. Scopo della ricerca Scopo della ricerca che viene qui presentata è la definizione della mappatura economica e produttiva della filiera dell auto nella Provincia di Torino, di cui si riconosce l importanza strategica per lo sviluppo tecnologico e la rilevanza sull economia provinciale in termini di addetti impiegati, volume d affari e contributo all export. La realtà socio-economica della regione Piemonte e della provincia di Torino, in particolare, è stata ed è, con le profonde evoluzioni nel corso degli anni, fortemente caratterizzata dall industria dell auto, con la presenza di imprese prestigiose, che hanno segnato non solo lo sviluppo locale ma anche la presenza su tutti i mercati internazionali. Tra queste ricordiamo, oltre la Fiat e Lancia, le imprese leader nelle carrozzerie come Pininfarina e Bertone ed imprese leader nel settore della componentistica come Magneti Marelli, Sipea (oggi TRW), e dell automazione come Comau, Sarmas, ecc. La ricerca è stata realizzata con la collaborazione del Team dell Osservatorio Permanente sul Mercato del Lavoro della Provincia di Torino, della CCIAA di Torino, dell INAIL della Regione Piemonte. 2. La filiera dell auto e le sue articolazioni Abbiamo definito la filiera dell auto come l insieme delle imprese che forniscono beni e servizi a: car manufacturers nazionali e internazionali (Fiat, Ford, Volkswagen, Peugeot, Mercedes, ) after market Nella filiera abbiamo, così,compreso: a) imprese di produzione, che forniscono: 25

26 gruppi completi, moduli e sistemi (Magneti Marelli, TRW, Graziano Trasmissioni, Bertone, Pininfarina ) componenti accessori ricambi particolari a disegno lavorazioni meccaniche e stampaggio trattamenti e finiture assemblaggi e cablaggi b) imprese di servizi per la produzione auto, che comprendono servizi diretti, che forniscono: attrezzature stampi macchine utensili macchine e linee di montaggio macchine e linee di saldatura impianti automazione servizi indiretti, che forniscono: progettazione calcoli strutturali design e stili prototipi test, prove, collaudi,... software consulenza 3. Le fonti di informazione Per la ricerca abbiamo utilizzato le seguenti fonti di informazione: CCIAA-Camera di Commercio di Torino (attività dichiarata, codice ISTAT principale e secondari, numero di addetti, data di inizio attività, ) CCIAA-Camera di Commercio di Torino e Infocamere (dati sul fatturato delle società di capitale) 26

27 INAIL SUBFOR Piemonte (dati 2000 sugli addetti per fascia, fatturato per fascia ed attività per le imprese di subfornitura) Associazioni di rappresentanza Internet (Infoimprese, Pagine Gialle,..) 4. Le modalità di ricerca 1 La ricerca per codici ISTAT Per identificare le aziende che potenzialmente fanno parte della filiera dell auto abbiamo selezionato ed utilizzato 43 codici ISTAT (Ateco 91). Abbiamo sviluppato la ricerca partendo da questi 43 codici ISTAT, richiedendo alla Camera di Commercio di Torino gli elenchi corrispondenti delle aziende della provincia di Torino, con il relativo numero di addetti e descrizione dell attività. 2 La prima selezione Abbiamo ricevuto dalla CCIAA un totale di unità locali della provincia. Tra queste abbiamo analizzato il gruppo delle imprese del trasporto su strada (4.989 imprese del codice ISTAT 6025), verificando attraverso filtri che la stragrande maggioranza (più del 90%) indicava come attività semplicemente la voce trasporto merci conto terzi, il che non permetteva di considerarle ai fini della classificazione per la filiera. Pertanto, tutte le imprese associate al codice ISTAT 6025 sono state escluse dalla ricerca. Sono state escluse, nello stesso tempo, le imprese del ciclo e motociclo (codici ISTAT e ) e dei rimorchi (codice ISTAT ) per delimitare la filiera esclusivamente all auto, anche se queste imprese sono soltanto La seconda selezione per parola chiave Le imprese locali della provincia di Torino, risultate dalla prima selezione, sono state analizzate, utilizzando le seguenti 9 parole chiave da escludere : autotrasp, riparaz, elettraut, autofficin, gommist, gommist, capannon, serrament, lattoniere 185 parole chiave da includere, che si riferiscono a componenti ed attività della filiera 27

28 4 La selezione singola Abbiamo così ricavato un Elenco1, con imprese che abbiamo verificato una per una, eliminando: le aziende sicuramente fuori della filiera (es. produzione vetri artistici, saldatori itineranti,...) le aziende con indicazione generica dell attività, tra cui la maggior parte delle aziende del codice ISTAT 2852 (lavorazioni meccaniche conto terzi) Abbiamo così ottenuto 705 aziende sicuramente della filiera, che hanno espressamente indicato di operare per l auto. 5 L integrazione con altre fonti L Elenco1, con le 705 aziende della filiera, è stato integrato con i dati forniti da: Associazioni di rappresentanza, che hanno portato oltre 300 aziende sicuramente della filiera dell auto, per le quali erano indicati il numero di addetti e il tipo di attività SUBFOR 2001, che ha portato 238 aziende non contenute nell Elenco1, con i dati di addetti per fascia, fatturato per fascia, numero di iscrizione al Registro delle Imprese. Infoimprese, Pagine Gialle Da questa integrazione e dalla successiva elaborazione abbiamo ricavato un Elenco2, con imprese, che sicuramente svolgono la loro attività in misura totale, significativa o parziale nella filiera dell auto. L Elenco2, articolato in sottoelenchi, è stato sottoposto alla CCIAA di Torino per ottenere: a) il fatturato delle imprese società di capitale (SpA, Srl,..) b) il codice fiscale per tutte le imprese 6 L elenco finale Abbiamo analizzato le imprese con più unità locali che avevano lo stesso codice fiscale o lo stesso fatturato, considerando per queste una sola unità e la somma degli addetti delle diverse unità. Abbiamo così ricavato l Elenco3, elenco finale che comprende imprese della filiera dell auto. 28

29 7 Attendibilità e completezza dei dati Per quanto riguarda l attendibilità e la completezza dei dati relativi al numero degli addetti e al fatturato, per ciascuna delle aziende, abbiamo verificato la seguente situazione: a) aziende con numero di addetti e fatturato, ricavati dalla CCIAA, per le società di capitale b) aziende con numero di addetti, ricavati dalla CCIAA, per aziende non di capitale c) aziende con numero di addetti, ricavati dalle Associazioni di rappresentanza d) aziende con numero di addetti e fatturato per fascia ricavati da SUBFOR 2001 c) aziende con numero di addetti non definiti (mancanti o con addetti zero ) d) aziende con fatturato non indicato Per quanto riguarda il numero degli addetti esatti ricavati dalla CCIAA va precisato che si riferiscono agli addetti dichiarati dall azienda all atto del pagamento della quota annuale alla CCIAA. Questo dato è generalmente impreciso e sottostimato, non essendo l azienda sanzionata se fornisce un dato errato sugli addetti (contrariamente, ad esempio, ai dati forniti all INPS). Un dato, non ricavabile dal lavoro di ricerca e di analisi a tavolino, di cui abbiamo illustrato i passaggi, è la percentuale del fatturato riferito all auto, per ciascuna impresa. Per completare i dati mancanti abbiamo adottato i criteri di seguito riportati. 8 Completamento dei dati - criteri utilizzati Per le aziende di cui erano disponibili addetti e fatturato per fascia (SUBFOR 2001) abbiamo utilizzato il valore medio della fascia e, per la fascia ultima, abbiamo considerato il valore minimo della fascia. Addetti A 1 9 addetti B addetti C addetti D addetti E addetti F 1000 addetti Fatturato (in miliardi di lire) 29

30 A 0 1 Mld B 1 5 Mld C 5 10 Mld D Mld F 50 Mld Per le aziende di cui era disponibile solo il dato del fatturato o solo il dato del numero degli addetti (esatto o medio), abbiamo esaminato un campione significativo di aziende con dati completi e calcolato un fatturato per addetto pari a 250 milioni. Utilizzando questo parametro abbiamo assegnato a ciascuna di queste aziende il valore del dato mancante (addetti o fatturato). Per le aziende di cui non era disponibile il dato del fatturato e neppure il dato del numero degli addetti, abbiamo distribuito le aziende in proporzione sulle fasce di addetti ed assegnato un numero di addetti convenzionale pari alla media della fascia. Abbiamo assegnato a ciascuna di queste aziende il valore del fatturato, utilizzando questo dato convenzionale ed il parametro di 250 milioni/addetto. Per le aziende con più unità locali e stesso codice fiscale abbiamo considerato solo una unità, sommando gli addetti delle singole unità locali. 5. I risultati della ricerca Riportiamo i dati aggregati per l intera filiera dell auto della provincia: Aziende Addetti Fatturato MLD di lire milioni di Euro circa 6. La classificazione delle aziende Per le aziende individuate, appartenenti alla filiera dell auto, abbiamo 30

31 predisposto una tabella di classificazione che, per ciascuna azienda, riporta i seguenti dati significativi: tipo di attività numero di addetti per fascia fatturato area geografica Per poter trattare e tabellare i dati in maniera aggregata, comprensibile ed efficace abbiamo proceduto alla definizione di codici specifici, di classificazione dell azienda, di cui riportiamo il significato/contenuto: COD 1: Attività P Aziende di produzione S Aziende che forniscono servizi diretti o indiretti per la produzione COD 2: Attività di produzione GMS ARC PLA Aziende che forniscono gruppi, moduli, sistemi Aziende che forniscono accessori, ricambi, componenti Aziende che forniscono particolari a disegno, lavorazioni meccaniche, stampaggio, trattamenti e finiture, assemblaggi e cablaggi COD 3: Dettaglio delle attività ARC e PLA COM Componenti ACC Accessori RIC Ricambi PAR particolari su commessa a disegno LAV lavorazioni meccaniche, stampaggio, trattamenti e finiture ASS assemblaggi e cablaggi 31

32 COD 4: Addetti per fascia A 1 9 B C D E F COD 5: Area geografica 1 Cuorgné + Ivrea 2 Moncalieri + Chieri 3 Orbassano + Pinerolo 4 Rivoli + Venaria + Ciriè 5 Settimo + Chivasso 6 Susa 7 Torino 7. I dati significativi Nelle tabelle successive riportiamo i dati disaggregati, con note di commento sui punti più significativi. Tab. 1 - Imprese, addetti, fatturato per fascia FASCIA a b c d e f Totale Imprese Addetti Fatturato Fatturato in MLD di lire La tabella Tab 1. evidenzia che: 32

33 Le imprese con meno di 50 addetti (fascia a + fascia b), rispetto al totale delle imprese, rappresentano rispettivamente: il 73,74 % del numero totale delle imprese, il 16,63 % degli addetti totali, il 16,81 % del fatturato totale Le imprese con addetti (fascia d), rispetto al totale delle imprese, rappresentano rispettivamente: il 12,93 % delle imprese, il 37,48 % degli addetti, il 33,95 % del fatturato Le imprese con più di 1000 addetti (fascia f), rispetto al totale delle imprese, rappresentano rispettivamente: lo 0,90 % del numero totale delle imprese, il 21,41 % degli addetti totali, il 24,11 % del fatturato totale Nella seguente tabella riportiamo i valori medi per addetti e fatturato. Tab. 2 - Addetti e fatturato: valori medi FASCIA totale Imprese Addetti Fatturato Media addetti Fatturato per impresa 1,9 8,4 26,8 73,6 196,7 689,3 25,7 Fatturato per addetto 0,48 0,42 0,49 0,42 0,31 0,48 0,43 Fatturato in MLD di lire 1 La ripartizione produzione-servizi Nella tabella seguente riportiamo i dati relativi alle imprese di produzione e di servizi, suddivise per fascia di addetti. Tab. 3 - Aziende, addetti, fatturato per produzione e servizi Attività Dati FASCIA a b c d e f Totale Produzione Imprese Addetti Fatturato Servizi Imprese

34 Addetti Fatturato Imprese totale Addetti totale Fatturato totale Fatturato in MLD di lire La tabella Tab. 3 evidenzia che: Le imprese di produzione con meno di 50 addetti (fascia a + fascia b), rispetto al totale delle imprese di produzione, rappresentano rispettivamente: il 72,10 % delle imprese, il 14,81 % degli addetti, il 15,74 % del fatturato Le imprese di produzione con addetti (fascia d), rispetto al totale delle imprese di produzione, rappresentano rispettivamente: il 13,79 % delle imprese, il 36,22 % degli addetti, il 35,26 % del fatturato Le imprese di produzione con più di 1000 addetti (fascia f), rispetto al totale delle imprese di produzione, rappresentano rispettivamente: l 1,04 % delle imprese, il 22,84 % degli addetti, il 25,62% del fatturato Le imprese di servizi con meno di 50 addetti (fascia a + fascia b), rispetto al totale delle imprese di servizi, rappresentano rispettivamente :il 79,62 % delle imprese, il 25,35 % degli addetti, il 23,55 % del fatturato Le imprese di servizi con addetti (fascia d), rispetto al totale delle imprese di servizi, rappresentano rispettivamente: il 9,81 % delle imprese, il 43,60 % degli addetti, il 47,55 % del fatturato 2 La ripartizione delle attività di produzione Nella tabella seguente riportiamo i dati delle imprese di produzione, suddivise per fascia di addetti e per classe di attività. Tab. 4 - Imprese, addetti, fatturato per fascia e tipo di attività di produzione Produzione Dati FASCIA a b c d e f Totale ARC Imprese Addetti

35 Fatturato GMS Imprese Addetti Fatturato PLA Imprese Addetti Fatturato Imprese totale Addetti totale Fatturato totale Fatturato in MLD di lire La Tab. 4 evidenzia che: Le imprese GMS (Gruppi, Moduli, Sistemi) presentano due fasce interessanti: la fascia d ( addetti) che rappresenta rispettivamente: il 46,88 % delle imprese, il 19,45% degli addetti, il 18,25 % del fatturato la fascia f (oltre 1000 addetti) che rappresenta rispettivamente: il 18,75 % delle imprese, il 62,63% degli addetti, il 73,26 % del fatturato Le imprese ARC (Accessori, Ricambi, Componenti) presentano due fasce interessanti: la fascia b (10 49 addetti) che rappresenta rispettivamente: il 41,95 % delle imprese, il 10,33 % degli addetti, il17,17 % del fatturato la fascia d ( addetti) che rappresenta rispettivamente: il 17,78 % delle imprese, il 44,49% degli addetti, il 37,45 % del fatturato Le imprese PLA (Particolari, Lavorazioni, Assemblaggi) presentano due fasce interessanti: la fascia inferiore ai 50 addetti (fascia a+ fascia b) che rappresenta rispettivamente: il 77,21 % delle imprese, il 27,39 % degli addetti, il 24,09 % del fatturato la fascia d ( addetti) che rappresenta rispettivamente: il 10,92 % delle imprese, il 38,24% degli addetti, il 44,91 % del fatturato 35

36 3 Attività preminenti nella produzione Nella tabella seguente riportiamo uno spaccato delle attività preminenti nella produzione (per le classi ARC e PLA), suddivise per fascia di addetti. Tab. 5 - Attività preminenti nella produzione Attività Imprese - fascia a b c d e f Totale Accessori Ricambi Componenti Elettronica Particolari a disegno Lavorazioni meccaniche Stampaggio a caldo Stampaggio. Lamiera Stampaggio plastica Fonderia Assemblaggio Trattamenti termici e di finitura La Tab. 5 conferma che: le imprese di lavorazioni meccaniche sono in maggioranza al di sotto dei 50 addetti; le imprese che forniscono accessori, ricambi e componenti sono in maggioranza al di sotto dei 50 addetti; c è una forte presenza di imprese che forniscono particolari stampati in lamiera o in plastica. 4 Attività preminenti nei servizi Nella tabella seguente riportiamo uno spaccato delle attività preminenti nei servizi, suddivise per fascia di addetti. Tab. 6 - Attività preminenti nei servizi 36

37 Attività Imprese - fascia a b c d e f Totale Attrezzature Stampi Macchine utensili Impianti Automazione Progettazione Ingegneria. Integrata Modelli Test La Tab. 6 conferma che: c è una forte presenza di imprese che forniscono stampi; le imprese che forniscono attrezzature e stampi sono in maggioranza al di sotto dei 50 addetti; le imprese che forniscono servizi di progettazione sono in maggioranza al di sotto dei 50 addetti. 37

38 La distribuzione territoriale delle imprese La Provincia di Torino è stata ripartita in aree coincidenti con quelle dei Centri per l impiego, che riportiamo di seguito. Nella tabella seguente riporti a m o p e r cia scu n a area: impres e, addetti, fatturat o. Tab. 7 - Ripartizione delle imprese per area Dati Cuorgné Ivrea Moncalieri Chieri Orbassano- Pinerolo AREA Rivoli- Venaria- Ciriè Settimo- Chivasso Susa Torino Totale Imprese Addetti Fatturato Fatturato in MLD di lire La tabella Tab 7. evidenzia che: ci sono due aree di concentrazione che rappresentano rispettivamente: area Rivoli-Venaria-Cirié: il 24,80 % delle imprese, il 32,16 % degli addetti, il 30,45 % del fatturato 38

39 area Torino: il 21,85 % delle imprese, il 16,59 % degli addetti, il 24,74 % del fatturato ci sono altre due aree (Moncalieri-Chieri e Orbassano-Pinerolo) pressoché equivalenti tra di loro per numero di imprese, addetti, fatturato Nella tabella seguente riportiamo imprese ed addetti per ciascuna area e fascia. Tab. 8 - Ripartizione per area e fascia Fa sci Dati a Cuorgnè Ivrea Moncalieri Chieri Orbassano Pinerolo AREA Rivoli-V enaria Ciriè Settimo Chivasso Susa Torino Totale a Imprese Addetti b Imprese Addetti c Imprese Addetti d Imprese Addetti e Imprese Addetti f Imprese Addetti Imprese totale Addetti totale Fatturato in MLD di lire La tabella Tab 8 evidenzia che: ci sono due aree di concentrazione che rappresentano rispettivamente: area Rivoli-Venaria-Cirié: 39

40 il 58,82% delle imprese e il 66,62 % degli addetti della fascia e ( addetti); il 18,18 % delle imprese e il 16,81 % degli addetti della fascia f (oltre 1000 addetti) il 16,70% del totale delle aziende al di sotto dei 50 addetti; il 20,06% del totale degli addetti delle fasce d ( addetti) ed e ( addetti); area Torino: il 58,82% delle imprese e il 66,62 % degli addetti della fascia e ( addetti); il 18,18 % delle imprese e il 16,81 % degli addetti della fascia f (oltre 1000 addetti) il 18,24% del totale delle aziende al di sotto dei 50 addetti; l 8,10% del totale degli addetti delle fasce d ( addetti) ed e ( addetti); Tab. 9 - Imprese di produzione e servizi per area P A tt iv it à Dati Cuorgnè Moncalieri Orbassano Ivrea Chieri Pinerolo AREA Rivoli-V enaria Ciriè Settimo Chivasso Susa Torino Totale Imprese Addetti Fatturato S Imprese Addetti Fatturato Imprese totale Addetti totale Fatturato totale Fatturato in MLD di lire La Tab. 9 evidenzia che: ci sono due aree di concentrazione che rappresentano rispettivamente: area Rivoli-Venaria-Cirié: il 24,76 % delle imprese, il 30,41 % degli addetti, il 28,83 % del fatturato delle imprese di produzione; il 24,91 % delle imprese, il 40,61 % degli addetti, il 40,59% del fatturato delle imprese di servizi 40

41 area Torino: il 18,70% delle imprese, il 16,07% degli addetti, il 25,98% del fatturato delle imprese di produzione; il 33,21% delle imprese, il 19,12% degli addetti, il 19,93 % del fatturato delle imprese di servizi ci sono altre due aree (Moncalieri-Chieri e Orbassano-Pinerolo) pressoché equivalenti tra di loro per numero di imprese, addetti, fatturato, sia per le imprese di produzione che per quelle dei servizi. Tab Attività di produzione per area Pr od uz io ne Dati Cuorgnè Ivrea Moncalieri Chieri Orbassano Pinerolo AREA Rivoli-V enaria Ciriè Settimo Chivasso Totale Susa Torino ARC Imprese Addetti GMS Imprese Addetti PLA Imprese Addetti Imprese totale Addetti totale Fatturato in MLD di lire La Tab. 10 evidenzia che: Le imprese GMS (Gruppi, Moduli, Sistemi) presentano due aree di concentrazione: area Rivoli-Venaria-Cirié che rappresenta: il 31,25 % delle imprese, il 32,19% degli addetti area Moncalieri-Chieri che rappresenta: il 21,88 % delle imprese, il 19,52% degli addetti Le imprese ARC (Accessori, Ricambi, Componenti) presentano: 41

42 due aree di concentrazione: area Rivoli-Venaria-Cirié che rappresenta: il 23,22 % delle imprese, il 35,71% degli addetti area di Torino che rappresenta: il 23,75 % delle imprese, il 16,51% degli addetti due aree pressoché equivalenti; Moncalieri-Chieri e Orbassano-Pinerolo Le imprese PLA (Particolari, Lavorazioni, Assemblaggi) presentano: un area di concentrazione (Rivoli-Venaria-Cirié) che rappresenta: il 25,67 % delle imprese, il 27,41% degli addetti una distribuzione quasi omogenea tra le aree di Torino, Cuorgné-Ivrea, Moncalieri-Chieri, Orbassano-Pinerolo 8. Alcuni approfondimenti e verifiche sui dati della mappatura della filiera dell auto nella provincia di Torino 1 Premessa Una volta definita la mappa delle imprese appartenenti alla filiera torinese dell auto, sono state svolte una serie di telefonate di approfondimento e verifica, su un campione estratto tra le imprese di produzione. Questo approfondimento è avvenuto ad opera del gruppo di lavoro dell Osservatorio sul mercato del lavoro della provincia di Torino. Il metodo utilizzato è stato quello delle interviste telefoniche, della durata di non più di 5 minuti, rivolte al responsabile della produzione o al responsabile degli acquisti e finalizzate essenzialmente a comprendere con esattezza l attività svolta dall impresa contattata, definirne la collocazione lungo la catena di fornitura, nonché comprendere il grado di specializzazione/dipendenza dal comparto auto. Questo approfondimento telefonico ha inoltre permesso di stimare il margine di errore dei dati della mappatura. 2 Il campione Ci si è posti l obiettivo di intervistare circa il 10% delle imprese appartenenti all universo delle imprese di produzione mappate (957 su complessive). Allo scopo di individuare le imprese da contattare per l intervista telefonica, è stato estratto un sotto-universo di imprese di produzione che presentavano dati certi e completi. Tra le 957 aziende produttive individuate come appartenenti alla filiera dell auto della provincia si sono quindi estratte le aziende per le quali si aveva la disponibilità di un dato 42

43 certo. Si sono in sostanza escluse tutte le aziende di cui non si conosceva la classe di addetti o il codice di attività. L universo finale di partenza è risultato essere di 839 aziende di prodotto. Il campione costruito è stato stratificato: in base alla consistenza numerica delle aziende appartenenti all incrocio tra categoria di prodotto (ARC, GMS, OEM, PLA) e classe di addetti (da A ad F) si è calcolata la percentuale di aziende da estrarre per il campione. Sulla base di queste consistenze è stato attribuito un numero progressivo ad ogni azienda del sottouniverso e attraverso il comando di estrazione casuale stratificata di Excel sono state estratte le quantità individuate per ogni incrocio. Excel prevede un comando di estrazione casuale (denominato nei comandi di funzione CASUALE) che restituisce un numero casuale uniformemente distribuito maggiore o uguale a 0 e minore di 1. Moltiplicano per il numero di aziende appartenenti all incrocio il numero casuale e inserendo il numero progressivo da cui partire per l estrazione si sono ottenuti tanti numeri casuali quante erano le aziende da estrarre per ogni incrocio. Le aziende sono state identificate di conseguenza sulla base del numero di progressivo imputato preventivamente. Si è ritenuto inizialmente di partire da un campione di 150 aziende, comprendente un margine rispetto all obiettivo per eventuali errori e possibili indisponibilità degli interlocutori, arrivando ad un campione totale del peso del 17,88% sul totale universo di partenza. In un secondo momento si è reso necessario un secondo campionamento, di nuovo nell ordine del 17,88%, sulle 839 aziende da cui sono state decurtate le 150 del primo campione, per un totale di 123 aziende. Il campione per le interviste telefoniche, così come indicato nella tabella seguente, si è quindi composto di 273 imprese nel complesso. 43

44 Tab Il campione per le interviste telefoniche Tipologia attività Classe di addetti Gruppi, moduli, sistemi (GMS) Accessori, Particolari, ricambi, lavorazioni, componenti assemblaggi (ARC) (PLA) Totale classe di addetti (v.a.) Totale classe di addetti (%) A (1-9) % B (10-49) % C (50-99) % D ( ) % E ( ) % F (1000-oltre) % Totale tipologia attività (v.a.) % Totale tipologia attività (%) 3% 40% 57% 100% 3 I risultati delle interviste telefoniche Sono state contattate dal gruppo di lavoro dell Osservatorio della Provincia 114 imprese complessivamente, pari al 13,6% del sotto-universo delle 839 e a quasi il 12% rispetto alla totalità delle imprese di produzione (957). L obiettivo è stato quindi ampiamente superato. La stratificazione per classi di addetti risulta essere analoga a quella del campione di partenza. Per quanto invece riguarda le tipologie di impresa, grazie alle interviste telefoniche, si è potuto separare, come vedremo in seguito, quelle che producono per il 1 equipaggiamento da quelle che producono per l after market, cosa che invece non era stata possibile in fase di mappatura, dove infatti la tipologia ARC (aziende che forniscono accessori, ricambi e componenti) comprende sia i produttori di 1 equipaggiamento, sia quelli di prodotti per l after market. Tab Condizione e settore di appartenenza delle imprese intervistate 44

45 Classe di addetti Appartien e al settore auto Sta abbandon ando il settore auto Ex settore auto Cessata Non appartien e al settore auto Totale complessi vo A (1-9) B (10-49) C (50-99) D ( ) E ( ) 2 2 F (1000-oltre) 1 1 Totale complessivo Delle 114 imprese contattate telefonicamente, 92 appartengono effettivamente al settore auto, anche se una di queste ha dichiarato essere in fase di abbandono del settore; tre invece, pur essendo attive, hanno già da qualche tempo cambiato integralmente settore di appartenenza, ridefinendo la propria attività. Trattasi infatti di imprese metalmeccaniche di piccola dimensione, connotate per loro natura da un elevato grado di flessibilità, perciò in grado di cambiare committente e settore senza radicali cambiamenti nell organiz-zazione operativa dell impresa. Due aziende contattate sono invece risultate cessate al momento della telefonata mentre 17, pur essendo state incluse nella mappatura, sono risultate essere imprese attive ma non appartenenti al settore auto. Questo errore deriva da alcune inesattezze presenti nelle fonti pubbliche, determinate in genere da non precise (o basate su intenzioni poi mutate) dichiarazioni sulla tipologia dell attività svolta dall azienda. Si rileva quindi una sovrastima accettabile, pari al 14,9%, percentuale sicuramente inferiore in ragione del fatto che alcune imprese facenti parte del settore auto non le si è potute includere nella mappa a causa della sopra descritta carenza informativa delle fonti. Per questa ragione, in linea del tutto ipotetica, non è neppure da escludere che la mappa sia sotto-stimata. Rispetto invece al grado di dipendenza delle imprese contattate dalle commesse provenienti dal settore auto, prendendo ovviamente le sole 92 appartenenti al settore, tra livello di dipendenza dal settore auto e dimensione di imprese esiste sostanzialmente una relazione di inversa proporzionalità. 45

46 Tab Grado di specializzazione/dipendenza settoriale delle imprese intervistate: distribuzione delle imprese per classe di addetti e classe di fatturato generato da commesse provenienti dal settore auto - Classe di addetti Classe di fatturato (1-25%) (26-50%) (51-75% ) ( %) Non risponde Grado di specializ zazione/d ipendenz a settoriale Totale compless ivo A (1-9) % 29 B (10-49) % 41 C (50-99) % 12 D ( ) % 7 E ( ) 2 100% 2 F (1000-oltre) 1 100% 1 Totale complessivo Oltre la metà delle imprese hanno un fatturato che per più del 75% deriva da commesse provenienti dal settore dell automobile. Mediamente, le imprese della classe A hanno un fatturato che dipende per il 58% da commesse provenienti da aziende del settore auto. Per le classi di addetti B e C il peso delle commesse auto è addirittura inferiore alla metà del fatturato totale, rispettivamente il 46% e il 41%. Il grado di dipendenza risulta invece essere sensibilmente maggiore per le imprese più strutturate tanto che tutte le imprese intervistate con più di 500 addetti hanno dichiarato di lavorare esclusivamente per imprese appartenenti al settore auto. Questo dato implica da un lato un maggior grado di specializzazione ma per converso una più elevata esposizione nel caso, come è oggi, di flessione del settore e crisi del committente di riferimento (come è per tutte le grandi imprese intervistate). Al contrario, in momenti di congiuntura non favorevoli, le PMI sono in grado di esprimere una capacità di adattamento più spiccata. 4 Collocazione delle imprese lungo la catena di fornitura Una pratica di organizzazione del sistema di fornitura ormai consolidata e affermatasi nel settore auto durante gli anni novanta è quella della segmentazione per differenti livelli 46

47 della catena di fornitura (fornitura a livelli). Il primo livello assembla il modulo o produce il sistema mentre il secondo e il terzo si relazionano rispettivamente con il primo e il secondo per la fornitura di sub-componenti. I produttori di moduli e sistemi sono tipicamente fornitori di primo livello. Altra cosa è il fornitore diretto che, pur relazionandosi direttamente con il costruttore OEM, può non essere produttore di moduli o sistemi bensì di componenti/particolari/lavorazioni. In quest ultimo caso si tratta quindi di fornitore diretto, ma non di primo livello. Detto in altro modo, i fornitori di moduli/sistemi sono una parte dei fornitori diretti degli OEM. Posta questa precisazione, le interviste telefoniche hanno permesso di collocare le 92 imprese lungo la catena, distinguendole tra fornitori diretti, di moduli/sistemi (primo livello) e imprese di secondo/terzo livello. Questa distinzione risulta essere importante perché descrive una diversa capacità organizzativa e manageriale delle aziende: maggiore per i fornitori di moduli/sistemi e minore per i fornitori diretti o di secondo e terzo livello. Ciò non significa che i fornitori diretti o di secondo e terzo livello non possano detenere professionalità, competenze tecnologiche e margini di impresa superiori a quelli di primo livello. Anzi, per quanto riguarda i risultati di gestione, i fornitori di 2 livello presentano migliori performance in termini di redditività rispetto ai 1 livello, così come è per questi ultimi nei confronti degli OEM (Robiglio). Detto ciò, delle 92 imprese del settore auto, il 79,3% risultano essere fornitori per il 1 equipaggiamento mentre il restante 20,7% fabbricano prodotti per l after market. Fatto 100 il segmento del 1 equipaggiamento, il 46% circa sono fornitori diretti, di cui, così come mostrato in figura, l 8,2% di moduli/sistemi, il 16,4% di componenti, il 19,2% di lavorazioni, mentre il restante 2,7% mette a disposizione altre forniture e/o produzioni specializzate. I fornitori indiretti sono invece il 53% circa, in prevalenza fornitori di lavorazioni (34% circa) e componenti (17% circa). Nello specifico, i fornitori indiretti di componenti servono prevalentemente i produttori di gruppi, moduli e sistemi. I fornitori indiretti di lavorazioni si rivolgono invece sia ai fornitori diretti di gruppi, moduli e sistemi, sia ai fornitori diretti di componenti. 47

48 Dai dati dell approfondimento telefonico svolto sul campione di imprese della filiera risulta quindi che, all interno della Provincia di Torino, solo 1 fornitore diretto su 5,6 è fornitore moduli e sistemi. Questo dato ci sembra essere sensibilmente inferiore rispetto al fabbisogno di produttori di moduli e sistemi espresso dai costruttori. Infatti, prendendo il caso Fiat Auto e riferendoci esclusivamente al modello della nuova Punto, risulta che ogni 3,75 fornitori diretti di Fiat Auto, 1 è un fornitore di moduli e sistemi. Infatti, dei 150 fornitori di modello, 40 sono fornitori di moduli e sistemi. La distanza è certo rilevante, pur tenendo presente che l effetto distretto può offrire delle economie di agglomerazione, ossia delle economie esterne all impresa ma interne al distretto, in grado di ridurre alcune diseconomie derivanti dall assenza di una organizzazione della fornitura basata su un articolazione per diversi livelli. 48

49 Bibliografia Bardi A. (2001), Corporate Strategies and Organisational Models, Lines of Development and Evolutionary Trends in the Automobile Sector, Istituto per il Lavoro, Working Paper n. 8, Bologna; trad it., Strategie aziendali e modelli organizzativi, linee di sviluppo e tendenze evolutive nel settore auto, Istituto per il Lavoro, Working Paper n. 8, Bologna. Rolfo S., Vitali G. (a cura di) (2001), Dinamiche competitive e innovazione nel settore della componentistica auto, Collana Ceris, Angeli, Milano. 49

50 Tendenze e congiuntura di settore, alcuni dati elaborati dall Osservatorio sulla Componentistica Autoveicolare Italiana della Camera di Commercio di Torino Daniele Robiglio 1. Premessa L Osservatorio ha iniziato la propria attività nel Il suo scopo è il monitoraggio del comparto della Componentistica Auto Italiana e Piemontese nei suoi dati dimensionali (produzione, domada, impiego, numero di aziende, primo equipaggiamento, ricambio, interscambio commerciale, ecc.) e nelle sue caratteristiche strutturali (dimensione delle aziende, controllo azionario e partecipazioni nazionali e straniere, ecc.). L Osservatorio, nella propria Relazione Annuale, fornisce inoltre un quadro dei principali avvenimenti (M&A, tecnologia, classifiche, iniziative all estero, ecc.) e riassume le più interessanti novità sulle aziende del settore. Non mancano ampi riferimenti alla produzione autoveicolare e alle immatricolazioni. L Osservatorio lavora in stretta collaborazione con l Ufficio Studi della Camera di Commercio di Torino. L Osservatorio non si limita ad informare. Esso tende ad interpretare dati, notizie e tendenze, allo scopo di fornire alle Aziende, alle Istituzioni ed alle Associazioni, uno strumento di valutazione delle principali problematiche del settore, utile per i loro orientamenti. 2. Produzione di auto e componentistica in Italia Le considerazioni di seguito presentate hanno lo scopo di rappresentare sinteticamente e in modo schematico le tendenze e la congiuntura di settore. In appendice sono riportati i grafici e le tabelle, a cui si rimanda, da cui sono stati tratti i seguenti commenti. 1 Autoveicoli 1. Auto, produzione: andamento non positivo dell Italia. Produzione in crescita dal 1990 al 1996 e stabile dal 1997 al

51 2. Veicoli Commerciali e Industriali, produzione: forte crescita della Spagna, Italia in lieve crescita dal Utilizzo della capacità produttiva, 1998: ovunque c è sovracapacità. U.K. Francia e Italia sono sotto la media europea 4. Trend nei modelli e piattaforme in Europa (si fanno più modelli con meno piattaforme) 5. Redditività nell Automotive (1998): i Costruttori fanno pochi utili, ne fanno di più i Fornitori. Conseguenze: per migliorare la redditività i Costruttori seguono in generale queste strategie: outsourcing, riduzione delle piattaforme, compressione dei fornitori, nuovi business (orientamento ai servizi, alla finanza, al leasing, ecc.) 6. Gruppo Fiat, Ricavi per settore: l auto e i veicoli industriali e commerciali rappresentano ormai solo il 55%. Prospettive: meno industria, più utilities (energia), più servizi, più finanza, assicurazioni ecc. 7. Fiat, autoveicoli, produzione nel mondo. Sviluppo cercato nei Paesi Emergenti. 8. Italia, produzione di veicoli, % per località produttive. Torino ha il 29% (produzione di alta gamma, di piccole serie, di vetture di nicchia ( carrozzieri ) 2 Componenti, Italia 9. Produzione dal 1995 al 2000, per mercati di assorbimento. Crescita continua, per crescita dell OEM assorbito dall l Italia e dall esportazione, e dell AM (Ricambi) in esportazione. 10. Produzione: quota per tipologia di assorbimento. Il 1 equipaggiamento vale il 45% (Italia) + 22% (esportazione), totale 67% 11. Struttura delle aziende: le piccole sono molte e troppo piccole, le medie sono in equilibrio, le grandi sono poche e relativamente ben dimensionate. 12. Presenza straniera: la produzione nel 1998 proveniva al 39% da imprese a controllo o partecipazione stranieri. Oggi questa percentuale è stimabile intorno al 50%. Ciò è un opportunità o un rischio, nella misura in cui le imprese controllate sono portatrici di valore aggiunto in termini di R&S, innovazione, management, marketing, o semplici produttrici materiali. Sono importanti a questo riguardo i valori ambientali umani e strutturali. Per la componentistica è importante la capacità di fare sistema. 13. Andamento del numero dei fornitori diretti Fiat. I principi secondo cui è avvenuta (ed avviene) la selezione sono: la globalità, la capacità di produrre sistemi e moduli, la capacità di partnership col Costruttore, la qualità, il dominio 51

52 della specifica tecnologia, l innovazione di prodotto e di processo, la propositività, la creazione di valore aggiunto. Il prezzo ha un valore relativo. 14. L evoluzione in atto nella fornitura automobilistica mondiale: oggi la forma è una piramide al cui vertice stanno i Costruttori. Al 1 livello stanno gli integratori di sistemi e moduli, al 2 i fornitori specializzati in parti di sistemi, al 3 i fornitori di parti e componenti singoli o più generici. Questa struttura si sta compattando e snellendo in un quadrato che ha in alto gli assemblatori (cooperazione tra sistemisti e costruttori), alla base gli specialisti di sistemi e componenti e all interno una rete di fornitori, specializzati e flessibili, di componenti e sub-componenti singoli. 15. Andamento della certificazione: la certificazione è per l Italia uno dei punti migliorabili, come si vede dal confronto con altri Paesi. 16. Import-export regionale, semestre: il 2001 ha registrato un incremento delle esportazioni italiane inferiore al 2000 ma non disprezzabile. Le importazioni continuano ad aumentare più delle esportazioni. Il Piemonte è la prima Regione esportatrice di componenti, seguita da Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto. 3 Componenti, Piemonte 17. Peso del Piemonte sull esportazione italiana di autoveicoli e di componenti dal 1995 al 2000: la quota di esportazione di autoveicoli dal Piemonte sul totale delle esportazioni italiane di autoveicoli è scesa dal 44,7% del 1995 al 30% del Ciò in conseguenza del progressivo spostamento della produzione autoveicolare del Gruppo Fiat dal Piemonte verso altre Regioni (vedi grafico 8). L esportazione di Componenti si è invece mantenuta (sempre sul totale delle Esportazioni Italiane di Componenti), intorno al 40%. Ciò sta a significare che i flussi esportativi piemontesi di questo comparto fanno capo ad una produzione che è sempre più svincolata dalla presenza in loco dell attività produttiva autoveicolare. Si veda anche a questo riguardo il grafico 9, che evidenzia come, a livello Italia, tra il 1995 ed il 2000 siano cresciute sia le esportazioni per il 1 Equipaggiamento che quelle destinate al mercato del Ricambio. Il grafico 17 indica inoltre che la quota di Esportazione di tutti i prodotti del Piemonte sul valore totale delle Esportazioni Italiane si è mantenuta, negli stessi anni, tra il 13,8% del 1995 ed il 12% del La differenza tra questi valori e quelli relativi alle quote dei componenti e degli autoveicoli è un ulteriore conferma della precipua vocazione automotive del Piemonte. 52

53 18. Peso di Componenti e Autoveicoli sull export piemontese. Questo grafico mette in risalto il peso dei Componenti e degli Autoveicoli sul totale generale delle Esportazioni piemontesi, più importante, e in costante crescita il primo, in calo il secondo. Ciò a conferma di quanto evidenziato al punto precedente. 3. Conclusioni In questa parte conclusiva sono raccolte una serie di considerazioni, estratte dagli ultimi rapporti curati dall Osservatorio sulla Componentistica Autoveicolare Italiana della Camera di Commercio di Torino, che hanno attinenza ai temi centrali oggetto del convegno. L importanza irrinunciabile e la valenza internazionale del settore automotive torinese è stata sempre posta in evidenza da questo Osservatorio. Di seguito sono citati alcuni brani tratti dalle parti conclusive degli ultimi due Rapporti annuali: sembra meno egemonizzante che nel passato il ruolo del Gruppo Fiat. Con liberazione di iniziative rivolte allo sviluppo di flussi produttivi verso altri costruttori e altri mercati gli operatori piemontesi dimostrano di poter camminare con le loro gambe a Torino è localizzato il quartier generale del gruppo Fiat (il settimo costruttore a livello mondiale), al quale fa capo la gestione in rete di circa 220 stabilimenti nel mondo, nell area torinese sono concentrate non solo buona parte (circa il 40%) della produzione automobilistica italiana di tale gruppo, ma anche la sua attività nella ricerca (il Centro Studi Fiat) e nella formazione (l Isvor), e molte delle attività nei servizi; la produzione di robot per l industria automobilistica e quella dei prodotti di fonderia d acciaio e in alluminio... l intesa tra Fiat e General Motors, pur con tutte le sue incognite, sembra rafforzare il ruolo di Torino nell automotive internazionale. Se la joint venture per gestire gli acquisti dei due gruppi è in Germania, i fornitori italiani della Fiat perdono un contatto in loco, ma guadagnano in visibilità internazionale, e per il momento il cambio sembra vantaggioso se la Fiat trasferisce in una joint venture con General Motors l attività nel powertrain, Torino ne diventa il centro direzionale Torino sta sviluppando molto l attività nei servizi di progettazione, ingegnerizzazione, design, che offre su scala mondiale. Pininfarina e Bertone non 53

54 sono solo produttori di vetture di nicchia, sono sempre più fornitori internazionali di servizi che coprono l intero ciclo produttivo il Piemonte è la prima Regione italiana in termini di quota di PIL investita in R&S. E la Regione italiana con la maggior concentrazione di investimenti privati in R&S e la prima per il numero di ricercatori. E al decimo posto in Europa nella tecnologia avanzata, con il 17% degli occupati addetti agli Uffici Studi e ai Centri di Ricerca ed è al secondo posto in Italia per la capacità di attirare investimenti stranieri e per capacità innovativa, specializzazione, produttività. la crescente caratterizzazione dell auto come sistema mobile interattivo apre un ampio spazio di collaborazione tra le imprese della new technology e il mondo dell automotive i timori di un progressivo venir meno di un attività produttiva in cui Torino si è identificata da tanti decenni sono fugati dalla realtà di oggi, che offre molti segni di rilancio, di più sicura evoluzione e d acquisizione di uno status più internazionale evoluzione che non è abbandono di competenze radicate e preziose, bensì la loro riproposizione secondo contenuti e modalità adeguati a come si fa l auto oggi, inserendole in uno scenario globale e in un contesto locale ricco di nuovi servizi e tecnologie. non si ha ragione di ritenere che le scelte (di Fiat-GM) in termini di piattaforme e di luoghi di produzione siano unidirezionali nelle piattaforme piccole e medie la Fiat può mettere sul tappeto, oltre che la sua grande esperienza, il suo specifico know-how negli space frames. Non va inoltre trascurato il differenziale a nostro favore nei costi di mano d opera tra Italia e Germania L aspetto più generale dell alleanza sembra essere la collocazione di Torino e del Piemonte su un piano di maggiore internazionalità. Lo possono confermare i nuovi insediamenti e gli investimenti nell Area Torinese di componentisti internazionali fatti non solo in funzione della vicinanza alla Fiat, ma prendendo Torino come centro di progettazione e testa di ponte per le forniture in tutta l Europa. 54

55 L Osservatorio ha tuttavia più volte segnalato l opportunità del rafforzamento del comparto componentistico torinese-piemontese, e la propria convinzione che tale rafforzamento trascenda i limiti delle singole aziende e debba essere promosso solo a livello istituzionale. Di seguito, ancora, alcune affermazioni contenute negli ultimi Rapporti: il distretto piemontese dell auto (poi abortito) potrebbe giocare un ruolo importante nel lanciare e coordinare quelle iniziative trascendenti i limiti delle singole Imprese tese a rafforzare la filiera componentistica ad esempio la creazione di connessioni telematiche interaziendali sinergie interaziendali nella ricerca, nella formazione, nel marketing il rilancio della collaborazione tra Imprese e Università, la diffusione della cultura dell innovazione, l utilizzo del web La fornitura nell auto sta trasformandosi in una rete di aziende che interagiscono a 360 gradi, e nella quale sono esaltati i concetti di azienda allargata e di partnership ; la crescita si basa sulla capacità di fare sistema, di giocare le proprie specificità in modo interattivo, coordinato e delegato. I megafornitori chiedono di essere alimentati da una rete di fornitori e sub-fornitori flessibili, innovatori, padroni delle specifiche tecnologie, propositivi e capaci di creare valore. la componentistica piemontese presenta un quadro di diffuso sottodimensionamento nelle aziende medio-piccole C è quindi da chiedersi se le imprese possano mantenersi in linea con queste nuove esigenze, e se l acquisito maggior spessore internazionale e i progressi quantitativi del 2000 non rischino di restare confinati in un ambito elitario o di vertice, senza coinvolgere le imprese minori, con rischio di degrado per tutto il comparto. alle assise della Confindustria (2001) il ritardato sviluppo delle PMI italiane è stato posto come un grave problema nella crescita globale della nostra economia. Sono state indicate cause attinenti al tipo di imprenditorialità, come l incapacità di visuali strategiche e di impulsi allo sviluppo, e una mentalità imprenditoriale incapace di andare oltre una crescita gestibile direttamente o nell ambito familiare. 55

56 se si vuole far sì che i fornitori italiani e piemontesi dell automotive aggancino l evoluzione in atto nel loro settore e siano capaci di ricoprire il ruolo essenziale cui le chiama la nuova struttura della fornitura, le Istituzioni, le Associazioni e le Grandi Imprese dovrebbero varare un ampio e sinergico programma di diffusione e di formazione a una cultura imprenditoriale moderna, che associ alle pur valide ma insufficienti genialità individuali una capacità manageriale di affrontare i problemi della crescita aziendale. Si pensa ad occasioni per incontri e seminari, alla diffusione delle best practices, a benchmark di efficienza internazionale, a corsi di gestione, a iniziative comuni nel marketing globale, all apprendimento delle lingue, alla promozione delle sinergie interaziendali, allo sviluppo dei rapporti con le Università e con i centri tecnologici. Queste considerazioni sono tanto più attuali ora. L automotive torinese è un valore che trascende gli aspetti proprietari della Fiat. Quanto più l area torinese si saprà confermare come efficiente e moderna area dell auto, tanto più essa potrà trasformare in opportunità gli stessi rischi di eventuali cambiamenti di vertice. Una strategia istituzionale per la componentistica auto dovrebbe iniziare dal dialogo con le Imprese per mettere a fuoco problemi, opportunità e sinergie, per poi concretarsi in un programma. A questo programma non dovrebbero mancare i finanziamenti istituzionali (Docup, Fondo Sociale Europeo). Le iniziative, coordinate da una cabina di regia a livello istituzionale, potrebbero essere: Lo sviluppo della cultura aziendale e del lavorare insieme (incontri, seminari) La diffusione delle best practices Lo sviluppo di sinergie interaziendali (nella produzione, nel marketing) La creazione di strutture di supporto alla produzione (es. centri prova) La collaborazione strategica tra Imprese, Università e Centri di Ricerca. Iniziative di marketing (marchio di origine, siti, repertorio delle aziende ecc. La formazione del personale tecnico La diffusione della conoscenza delle lingue (inglese) 56

57 La promozione della qualità e della certificazione La creazione di un network interaziendale e l implementazione di SW interattivi comuni La diffusione dell e-businnes e l accesso ai portali per le transazioni internazionali (Covisint) Lo sviluppo della produzione delle vetture di nicchia e di serie limitate L attenzione verso nuovi sistemi di propulsione e veicoli di nuova concezione. 57

58 Opportunità e rischi per il distretto automobilistico torinese Giuseppe Calabrese Le relazioni che precedono questo intervento hanno ampiamente evidenziato l attuale situazione congiunturale del mercato mondiale dell auto Due evidenze emergono distintamente: la ridotta capacità reddituale dei grandi costruttori e le ripercussioni sull intera catena della fornitura, e quindi, di rimando, sul distretto automobilistico torinese. Per quanto concerne la capacità reddituale è interessante osservare che al termine del suo primo secolo di storia, il ciclo di vita del prodotto auto continua ad evidenziare vendite totali in crescita, e ciò a prescindere dalla maturità o meno del mercato di sbocco. I successi commerciali, purtroppo, non sono accompagnati da pari prospettive reddituali. I risultati di bilancio scontano il confronto commerciale che, da un lato richiede ingenti investimenti per aggiornare i modelli e dall altro lato comprime i listini prezzi. Infatti, negli ultimi anni in Italia l indice dei prezzi per l acquisto di autoveicoli è cresciuto in linea con l indice generale nazionale dei prezzi al consumo per l intera collettività, ma la rilevazione statistica con contempla i cospicui sconti offerti dalle reti di vendita e i continui miglioramenti tecnologici. Non solo, in futuro i profitti subiranno la pressione della prossima caduta delle barriere alle importazioni giapponesi e dalla perdurante eccedenza di capacità produttiva per chi non ha provveduto a riorganizzarsi per tempo. Il break even point è posizionato all 85% di utilizzo della capacità produttiva, e mentre Fiat Auto è attualmente al 70%, Peugeot viaggia al di sopra del 100 per cento. È in quest ottica che si spiega il recente riassetto di Fiat Auto che prevede complessivamente 6 mila licenziamenti a livello di gruppo e la chiusura o ridimensionamento di 18 stabilimenti al di fuori dell Italia. L eccesso di capacità produttiva in questo settore è un dato oramai strutturale. Secondo l Economist, sono almeno dieci gli impianti europei da chiudere per riequilibrare domanda e offerta. La strategia adottata per migliorare la redditività si basa necessariamente sulla riduzione dei costi attraverso l eliminazione delle duplicazioni in impianti e fornitori. La prima strada è stata finora perseguita tramite la formulazione di alleanze e concentrazioni. Negli ultimi anni due diversi schemi di globalizzazione sono stati perseguiti. Renault-Nissan e DaimlerChrysler hanno adottato un bilanciamento globale nel quale il peso dei mercati regionali è preminente nell ambito della dislocazione produttiva. In Ford, Toyota e Wolkswagen l interazione tra dominanza nei mercati locali e visione 58

59 globale è maggiore. Il trend non è, comunque, omogeneo. Honda, PSA e BMW, si discostano sia dalle alleanze trans-regionali, sia dal diventare autonomamente globali. L accordo tra General Motors e Fiat si avvicina maggiormente alle alleanze trans-regionali anche se i due produttori continueranno ad essere in competizione sui mercati. Il passaggio successivo sarà presumibilmente la riduzione del numero deili assemblatori finali. Nel 2010 degli attuali 15 grandi produttori di autoveicoli, secondo Accenture, ne sopravvivranno prevedibilmente da 6 a 10. La secondo strada per la riduzione dei costi ha seguito percorsi tradizionali nel tentativo di imporre ai fornitori consistenti riduzioni dei prezzi (la Ford ha dichiarato di puntare a una riduzione del 20 per cento nei prossimi cinque anni) e quello dei fornitori di internazionalizzarsi e diventare autonomi dalle case madri. Così la Delphi, la più importante società al mondo nel settore dei componenti auto si è staccata dalla General Motors per fare da apripista ad acquisizioni e alleanze nel Far East e in Corea, e i componentisti americani hanno dato il via a un vero e proprio assalto all Europa, provincia di Torino compresa. Per citare solo gli episodi maggiori, l inglese LucasVarity è stata acquisita da Trw, Echlin Corporation da Dana, T&n, Cooper e Fel-Pro sono finite nell orbita di Federal Mogul, la tedesca Becker nelle mani di Johnson Control. Sempre in questo ambito da parte di Fiat va registrato il tentativo di vendita di Magnetti Marelli e Teksid, e in controtendenza, l acquisto di Pico (da parte di Comau) che in questo modo si sta assicurando posizioni da leader nell organizzazione del manufacturing. Sempre secondo Accenture, nel settore che oggi fattura qualcosa come miliardi di euro, alcuni gruppi non riusciranno a sopravvivere all attuale forte concorrenza del mercato. Soprattutto nei componentisti, dove dei attuali fornitori entro il 2010 ne potrebbero sparire circa 2.000, mentre le prime 20 imprese di componenti fattureranno all industria automobilistica circa il 50% delle forniture. Ne deriva che la quota del valore prodotto dall industria della componentistica aumenterà considerevolmente a discapito di quella degli assemblatori finali riducendo in questo modo sensibilmente l integrazione verticale nel settore. Le preoccupazioni inerenti ai possibili effetti negativi nella Provincia di Torino delle trasformazioni settoriali in atto sono inevitabilmente giustificate dal fatto che il legame tra Fiat e l area geografica in cui è nata e si è sviluppata è profondamente radicato. Attorno al gruppo Fiat è sorta una competenza motoristica unica al mondo nella quale troviamo anche i più grandi carrozzieri italiani ed europei del design automobilistico, da Pinifarina a Giugiaro, da Bertone a Ghia; non è quindi sbagliato affermare che Torino è uno dei più importanti distretti industriali dell auto. Nel corso del tempo, si è formata in quest area una filiera di aziende della componentistica che per decenni è stata totalmente Fiat-dipendente. Una monocultura che, nel bene e nel male, ha seguito di pari passo successi e insuccessi dell auto torinese. Una stratificazione soprattutto di piccole iniziative imprenditoriali a 59

60 lungo incapaci, per mentalità ma soprattutto per ragioni economiche, di reggersi da sole. Le preoccupazioni riguardano soprattutto la capacità imprenditoriale del componentista piemontese a confrontarsi con la concorrenza mondiale senza l abituale filtro offerto da Fiat che negli ultimi anni ha progressivamento chiesto ai propri fornitori: di aprire unità produttive dove essa era presente nel mondo. Il processo di delocalizzazione di Fiat Auto dall area torinese è stato consistente. In figura 1 è stata riportata la produzione complessiva di auto in Italia e in Piemonte. Rispetto al 1990 la produzione italiana è diminuita del 16,3% mentre quella piemontese del 61,3%. di aumentare il portafoglio clienti in modo da non essere più l acquirente unico di tutto il fatturato. Ne consegue che i fornitori torinesi devono operare in un ottica di clientela differenziata: alcuni di questi sono leader per il marchio, altri per la tecnologia di prodotto, altri ancora per il processo. di ricevere gli approvvigionamenti tramite un apposita struttura intermedia creata con General Motors. Alla joint-venture GM-Fiat Worldwide Procurement è stato trasferito il potere decisionale e la ridefinizione delle politiche di acquisto. In questo modo i tradizionali fornitori torinesi di Fiat Auto entrano in diretta competizione con quelli di General Motors per l acquisizione degli ordini di entrambe le case automobilistiche. I dati presentati dall Osservatorio sulla componentistica della Camera di Commercio di Torino sembrano smentire, al momento, un possibile scenario negativo. I profondi cambiamenti strutturali non hanno intaccato il ruolo centrale di Torino e del Piemonte nell automotive mondiale. Nel 2000 il fatturato piemontese di componenti ha superato i miliardi, pari al 46% del valore della produzione nazionale. Le esportazioni piemontesi rappresentano il 40% dell export nazionale del settore, rispetto al 19% della Lombardia, il 16% dell Emilia-Romagna, l 8% del Veneto, il 6% della Puglia e il 10% delle altre regioni. Nel corso del 2000 le esportazioni italiane di componenti sono cresciute del 17% mentre quelle piemontesi hanno registrato un incremento del 22%. Una lettura più approfondita della crescita delle esportazioni evidenzia che il trend è stato di qualità. Nella figura 2 l esportazione di componenti per l auto è stata suddivisa secondo la tipologia dell acquirente - costruttore finale (OEM), componentista, ricambi (AM) e secondo il mercato di sbocco estero o Italia -. Come si può facilmente notare la crescita maggiore in percentuale si deve alle componenti nelle quali le capacità imprenditoriali sono maggiormente messe alla prova. È più impegnativo entrare in rapporto con i pari 60

61 conponentisti esteri, nei confronti dei quali è maggiore la variabilità operativa delle procedure e delle tipologie tecnologiche, rispetto ad un assemblatore finale. Similmente richiede maggiori competenze essere fornitore di una casa automobilistica straniera piuttosto che italiana, basti pensare alla conoscenza delle lingue, e a maggior ragione rifornire il mercato del primo equipaggiamento invece che concentrarsi sul mercato dei ricambi che non richiede lo svolgimento delle attività di progettazione. Non tutto, però, funziona adeguatamente. Come nell insieme dell industria italiana, anche nel settore della componentistica è evidente un elevata frammentazione del tessuto produttivo che non si sviluppa con la stessa velocità delle altre componenti della filiera della componentistica auto. Sempre dall indagine della Camera di Commercio di Torino emerge la netta prevalenza di imprese sotto i 100 dipendenti (53% sul totale) che tuttavia rappresentano meno del 10% in termini sia di fatturato che di occupazione. Per questo motivo nelle pagine successive, dopo aver precisato i contenuti del mutamento delle relazioni tra produttori finali e fornitori auto, si approfondirà le conseguenze strategiche al mutamento delle relazioni tra produttori finali e fornitori auto. In questi ultimi anni, infatti, la componentistica auto è stata interessata da un profondo processo riorganizzativo, che sta coinvolgendo in modo particolare i piccoli produttori un tempo abituati a lavorare come fornitori di capacità produttiva ed ora sempre più coinvolti in attività decisionali sul prodotto finale. 1. Mutamento delle relazioni tra produttori finali e fornitori auto Il coinvolgimento attivo dei fornitori nell ambito dei processi delle case automobilistiche è avvenuto per gradi: al processo di deverticalizzazione produttiva si è aggiunta l integrazione logistica tramite le tecniche del just in time ed, infine, la responsabilizzazione degli sviluppi progettativi (Lamming, 1993). Le politiche dell approvvigiona-mento nel comparto dell auto possono essere, quindi, sintetizzate in due orientamenti strategici: la marcata disintegrazione verticale del settore e la razionalizzazione del parco fornitori. 1 La deverticalizzazione nel comparto auto Lo sviluppo delle politiche di esternalizzazione ha indubbiamente contribuito ad accrescere il ruolo dei fornitori nell ambito delle strategie delle imprese finali (Lamming, 1993). Tuttavia, le attuali scelte di esternalizzazione sfuggono alla semplice ripartizione gerarchia-mercato (Williamson, 1975) per cui all alternativa rivolgersi ai fornitori (buy) si contrappone la scelta di produrre internamente (make). Per un prodotto complesso come l automobile l esternalizzazione non si concentra unicamente sulle unità di supporto 61

62 sottodimensionate o sottoutilizzate a minor valor aggiunto, ma interessa specifici processi produttivi che richiedono il ricorso a tecnologie complementari sempre più complesse con lo scopo di recuperare efficienza, ottimizzare gli investimenti e i processi, aumentare i margini di flessibilità, ridurre il punto di pareggio. Inoltre, concorrono al processo di disintegrazione verticale la rigidità dell uso della forza lavoro, le diseconomie dimensionali, la crescente specializzazione per fasi limitate dei processi, l accresciuta complessità dei prodotti, la tendenza ad eliminare i magazzini, la propensione a ridurre l incidenza dei costi fissi e la rigidità degli investimenti. Il ricorso ai fornitori specialistici rappresenta, quindi, una potenziale fonte di flessibilità dal punto di vista produttivo garantendo una maggior possibilità di adattamento e di presidio ai cambiamenti della domanda (Wells e Rawlinson, 1994). I dati riportati in tabella 1 relativi al processo di disintegrazione verticale avvenuto in Fiat Auto evidenziano l avvenuta unificazione nella responsabilità di progettazione e produzione del componente e i livelli complessivi di deverticalizzazione. Il mutamento è stato profondo sia per Fiat Auto, gli unici componenti auto che non ha mai prodotto nella sua storia sono stati il vetro, i pneumatici e le batterie, sia per l indotto auto torinese nell ambito del quale il numero di fornitori di primo livello, affidabili ed evoluti, era ridotto. Come conseguenza, per riuscire a beneficiare di tutti i vantaggi legati all esternalizzazione, Fiat Auto ha cominciato a cooperare con fornitori stranieri (Caputo, Zirpoli, 2001) molti dei quali hanno deciso successivamente di localizzarsi nell area torinese direttamente, attraverso la costruzione di nuove unità produttive, o indirettamente, e in misura maggiore, tramite l acquisizione di produttori locali. In tabella 2 è stato riportato il numero delle imprese italiane acquisite e le acquisizioni effettuate dalle imprese italiane negli ultimi due anni. Come si può vedere il saldo è quasi in equilibrio. Gli Stati Uniti sono risultati la nazione più attiva, mentre le acquisizioni italiane si sono concentrate soprattutto nel nostro Paese. Non necessariamente l acquisizione costituisce un fattore negativo, ciò dipende unicamente dalla allocazione delle competenze tecnologiche, vale a dire se il nuovo acquirente attua politiche di sostegno delle strutture locali di ricerca e sviluppo o se preferisce concentrare tutte le attività nella casa madre. Nelle evidenze riportate in tabella 2, la prima opzione è perseguita soprattutto dalle holding finanziarie che non si sono limitate ad acquisire il pacchetto di maggioranza ma hanno incrementato la struttura innovativa, mentre le acquisizioni da parte di holding di tipo produttivo in alcuni casi si sono tramutate in un impoverimento del processo innovativo. In quest ultimo caso i benefici derivanti dalle acquisizioni riguarderebbero unicamente la salvaguardia dell occupazione produttiva, senza nessuna ricaduta duratura per il territorio in termini di trasferimento di e radicamento di nuove conoscenze. 62

63 La costruzione di nuove unità produttive da parte di fornitori esterni al distretto torinese dell auto determina, oltre all incremento occupazionale, il trasferimento tacito di nuove competenze gestionali che tramite il learnig by interacting possono arricchire il territorio, benefici che saranno tanto maggiori quanto più saranno accompagnati da investimenti in ricerca sviluppo. In tabella 3 sono stati riportati alcune delle più recenti localizzazioni nella provincia di Torino con il relativo numero di dipendenti assunti. 2 La riconfigurazione della filiera automobilistica In condizioni di mercato stabile la convenienza da parte del produttore finale sussiste nell aumentare il numero dei fornitori che non evidenziano forti differenziazioni tecnologiche; i rapporti sono standardizzati e l elevata numerosità favorisce nelle gare d appalto la competitività sul prezzo. Al contrario, la presenza di conoscenze specifiche diffuse in ciascun componente riduce immediatamente il numero dei fornitori in grado di poter garantire continuità qualitativa. In secondo luogo la capacità produttiva non è più un requisito sufficiente, ad essa deve essere implementata la capacità progettativa (Clark e Fujimoto, 1991). Il meccanismo di valutazione dei fornitori fondato tradizionalmente sul prezzo viene integrato da altri criteri, quali il know-how tecnologico, l affidabilità e la qualità, la precisione delle consegne e la capacità di sviluppare nuovi prodotti. È soprattutto sulla capacità progettativa che viene fondata la stabilizzazione del rapporto di fornitura, dato che i criteri di efficienza non sono esprimibili solo più in termini di processo produttivo, ma una progettazione correttamente definita consente una migliore ottimizzazione dei contenuti di costo del nuovo componente (Bonaccorsi e Lipparini, 1994). Parallelamente anche il prodotto viene semplificato, con la riduzione del numero delle linee di prodotto per modello e l individuazione diffusa dei sistemi di componenti. L insieme di questi fattori comporta una inevitabile riduzione del numero dei fornitori diretti, tendenzialmente pochissime imprese per unità di prodotto. Ne deriva una profonda differenziazione nell indotto. Innanzi tutto viene a costituirsi una selezione tra i fornitori in grado di soddisfare le esigenze della casa automobilistica e contestualmente una gerarchizzazione tra fornitori diretti e indiretti dato che molte delle imprese escluse permangono nel comparto retrocedendo al ruolo di subfornitori. Per queste ultime imprese non si tratta necessariamente di una situazione sfavorevole, anzi spesso vengono registrati i più alti tassi di crescita del fatturato (Calabrese, 2001). In secondo luogo, nell ambito dei fornitori rimasti viene individuata una classificazione in base alla complessità della fornitura con un ricorso sempre più elevato verso gli approvvigionamenti più articolati. Infatti, dagli studi effettuati da Kamath e Liker (1994) risulta che tra i fornitori di primo livello delle case automobilistiche giapponesi solo una 63

64 dozzina di questi gode di un totale rapporto di partnership, mentre per i rimanenti fornitori l intensità del legame diminuisce proporzionalmente al decrescere dell importanza della fornitura, individuando per questi ultimi relazioni consolidate, immature o di tipo contrattuale. I fornitori sono spesso aziende troppo piccole per poter effettuare gli investimenti necessari in formazione, in sistemi informatici, in ricerca e sviluppo, per poter rendere effettiva una reale partnership con i clienti. La struttura a più livelli semplifica il processo comunicativo in quanto i clienti limitano i contatti al livello più alto e i fornitori del primo livello coordinano le attività di quelli del secondo e così via. La classificazione rende efficiente il processo comunicativo in quanto palesa il corretto atteggiamento da assumere a seconda del reale livello di partecipazione del fornitore. È questa, forse, la tassonomia più pertinente e comprensiva per le imprese fornitrici dell auto che spesso vengono genericamente identificate con il termine di componentisti. In verità per componentisti viene inteso il fornitore di prodotti non generici progettati esclusivamente per essere inglobati nel prodotto finale autoveicolo. Vi si possono distinguere innanzi tutto i fornitori di primo equipaggiamento (OEM), la cui produzione è rivolta alle case costruttrici, e i ricambisti, che riforniscono prevalentemente il mercato del ricambio. Strettamente legati al settore automobilistico, ma al di fuori della componentistica operano, invece, molte altre aziende che producono stampi e attrezzature, studi di progettazione ed engineering, specialisti in prototipi, etc., che possono intrattenere con il costruttore automobilistico medesime relazioni di fornitura. 2. Opportunità di sviluppo per i componentisti torinesi Le opportunità di sviluppo per i componentisti torinesi a seguito del processo di deverticalizzazione e riorganizzazione della filiera automobilistica non si esauriscono unicamente in un accresciuto fatturato e in un maggior numero di linee produttive, ma possono costituire lo stimolo per un radicale ripensamento delle strategie aziendali tanto più saranno focalizzati gli aspetti inerenti le strategie di prodotto e di produzione, i rapporti nella catena della fornitura, le capacità innovative e la gestione delle risorse umane. Ciascuno di questi temi verrà approfondito nelle pagine seguenti focalizzando l attenzione soprattutto sulla piccola e media impresa. 1 Le strategie di prodotto Le strategie di prodotto implicano per le imprese la scelta tra continuare ad apportare miglioramenti incrementali ai propri prodotti o decidere di svilupparne completamente 64

65 nuovi, oppure tra penetrare con i propri prodotti in segmenti merceologici laterali o di diversificare la produzione in nuovi mercati. I quattro orientamenti strategici qui brevemente tratteggiati sono stati definiti in modo approfondito da Ansoff (1987) e derivano dalla duplice valutazione manageriale di innovare i prodotti o di svilupparne di nuovi e di continuare ad operare o meno nel settore industriale di appartenenza La penetrazione del mercato è l orientamento strategico più semplice e consiste essenzialmente nel sostenere nel proprio settore posizioni competitive basate sul prezzo, anche a seguito di minime innovazioni di prodotto. Dalla penetrazione del mercato le imprese possono evolvere verso l adattamento dei prodotti esistenti in segmenti produttivi attigui, e in questo modo ampliare i mercati di sbocco e le economie di scala, oppure cercare di differenziare i propri prodotti e di conseguenza acquisire un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza del segmento di appartenenza. Per le imprese del distretto dell auto di Torino ciò comporta la scelta tra perseguire strategie di riduzione dei costi, sempre gradita agli assemblatori finali, o strategie di differenziazione aumentando la complessità del prodotto fornito, tra diversificarsi internamente o esternamente al settore. La diversificazione, soprattutto in nuovi mercati merceologici, ha un duplice vantaggio: da un lato suddivide il rischio di impresa in contesti settoriali diversi, dall altro lato l ampliamento del campo di intervento facilita l accumulo di innovazione tacita tramite il learning by new doing. In particolare per le PMI, le attività di sviluppo di nuovi prodotti e processi sono spesso scarsamente formalizzate per la loro caratteristica di pervasività interna alle varie funzioni aziendali e per il forte contenuto di rischio insito. Si tratta infatti per l impresa di individuare i reali bisogni dei clienti e di realizzare attorno ad essi nuovi prodotti (o servizi o processi), utilizzando le proprie competenze tecnologiche con un livello accettabile di rischio a fronte di realistiche previsioni di ritorno economico. La letteratura manageriale ha cercato di ovviare a queste difficoltà, particolarmente evidenti nelle imprese minori, offrendo negli ultimi 20 anni un gran numero di libri ed articoli focalizzati sull individuazione delle migliori formule organizzative e delle più efficienti procedure gestionali. Tuttavia è stata scarsamente considerata e di fatto è rimasta sostanzialmente nell ombra tutta l attività che precede lo sviluppo di prodotto vero e proprio. Si tratta di un complesso di attività, talvolta sperimentali, difficili da pianificare e da valutare, condotte da singoli individui o piccoli gruppi spesso con risorse scarse ed incerte e con obiettivi e vincoli, temporali e finanziari, non di rado aleatori e modificabili. Quest area, definita dalla letteratura come Front End of Innovation, è quella che lavora all idea (concept) di nuovo prodotto all interno di un ambiente aziendale condizionato sia da fattori interni (strategie d impresa, cultura organizzativa e tecnica), sia da fattori esterni quali il comportamento di concorrenti e clienti e lo sviluppo scientifico. Lo sviluppo di 65

66 un idea è trainato dalla cultura manageriale e dalla leadership interna e ruota attorno a cinque elementi principali: l identificazione e l analisi delle opportunità, la generazione delle idee, la loro selezione, lo sviluppo di un progetto. Questi fattori benché possano essere organizzati in fasi sequenziali, di fatto sono lasciati spesso indeterminati nella loro impostazione ed organizzazione operativa proprio in virtù della forte spinta creativa e dell incertezza che domina in questa parte propedeutica allo sviluppo di prodotto. Questo rappresenta tuttavia una debolezza all interno del processo innovativo. Tale situazione appare ancora più preoccupante se si analizzano le piccole e medie imprese operanti per lo più in settori maturi o comunque a basso contenuto di innovazione come possono essere alcuni comparti della filiera automobilistica. Infatti, vi è ormai una larga evidenza empirica relativa alla propensione all innovazione delle imprese minori che appare sicuramente elevata, ma fortemente incentrata su tipologie di innovazione incrementale. Come è stato recentemente dimostrato anche per il Piemonte (Rolfo 2000) l approccio innovativo predominante spinge le imprese verso il miglioramento dei prodotti già esistenti lungo percorsi tecnologici e produttivi conosciuti e sperimentati. La mancanza (o la scarsa consistenza) di strutture dedicate alla ricerca e allo sviluppo prodotto, la mancanza di personale tecnico laureato, il coinvolgimento diretto dell imprenditore nel processo innovativo, sono tutti elementi che spiegano tali scelte che tuttavia sono lontane dal concetto di continuous improvement così come si è andato affermando nella letteratura e nell esperienza di altri paesi. Con questo termine si intende infatti la capacità di un impresa di ottenere un vantaggio strategico attraverso un coinvolgimento nell innovazione esteso ad una parte significativa della struttura organizzativa (Caffyn 1996). Poiché tale capacità si ottiene attraverso comportamenti e procedure specifici associati ad abilità presenti in azienda, è possibile individuare almeno 5 livelli di continuous improvement a seconda del grado di coinvolgimento delle strutture aziendali e della formalizzazione delle procedure: 1 naturale, 2 formale, 3 con obiettivi, 4 proattivo, 5 strategico. Il sistema piemontese delle piccole e medie imprese appare fortemente concentrato sui livelli bassi di miglioramento continuo, cioè su quelli di tipo spontaneo o naturale (livello 1) o di tipo formale (livello 2) là dove sono evidenti strategie di problem solving. L attività di sviluppo prodotto nella componentistica auto è profondamente condizionata dalla dimensione aziendale, dalla natura intrinseca del prodotto, dalla tipologia produttiva, vale a dire se su commessa o a catalogo, quindi dalla possibilità di definire target di progetto complementari alle esigenze espresse dal cliente automobilistico. Nella definizione dei progetti giocano, inoltre, un ruolo fondamentale la fonte innovativa e chi valuta all interno dell azienda i bisogni dei clienti. Le fonti innovative si possono schematicamente suddividere in esterne, vale a dire i clienti diretti o indiretti o in modo più generalizzato il mercato, ed interne tra le quali rientrano: l imprenditore, la 66

67 funzione ricerca e sviluppo oppure il lavoro congiunto di più persone in team interfunzionali. La valutazione delle richieste dei clienti può essere, invece, effettuata dalla rete commerciale, dal singolo imprenditore, dalla funzione marketing o dal product manager a cui è stato delegato il compito di coordinare l insieme delle attività di sviluppo prodotto. Le piccole e medie imprese italiane più dinamiche evidenziano come fonti innovative principali il mercato e i team interfunzionali, e solo in misura limitata l imprenditore. È questo un risultato che può sembrare inatteso soprattutto per quanto riguarda i gruppi di lavoro, segno che questa modalità di lavoro partecipato si sta progressivamente diffondendo anche nelle PMI. 2 Le strategie di produzione In una recente indagine effettuata dal Ceris (Calabrese, 2000) è emerso che la strategia prevalentemente adottata per rispondere al processo di deverticalizzazione effettuato dai produttori automobilistici è stata, sembrerà un controsenso, la verticalizzazione delle attività interne. Nel 60% dei casi analizzati è stato possibile rilevare nelle imprese intervistate l introduzione di nuove fasi del ciclo produttivo attraverso sia la realizzazione di nuovi investimenti interni, sia mediante l acquisizione di altre imprese. Il processo di verticalizzazione può avvenire sia a monte con la costruzione e progettazione degli stampi, sia a valle con le fasi di montaggio, saldatura, verniciatura e trattamenti superficiali. Il processo di verticalizzazione dei fornitori ha interessato soprattutto i componentisti immaturi piuttosto che i fornitori sistemisti. Per certi versi è una soluzione coerente in quanto questa categoria di imprese cerca di fornire al costruttore finale un prodotto più completo incrementando la complessità del ciclo produttivo. Condizione necessaria è stata indubbiamente l aumento dei volumi produttivi che ha consentito di ammortizzare in tempi minori gli investimenti effettuati e ridurre sensibilmente il punto di pareggio. Tra le motivazioni che spingono queste imprese a verticalizzarsi la più citata dagli intervistati è stata la ricerca di maggiore flessibilità. Le metodologie del just in time e del simultaneous engineering adottate massicciamente dai costruttori automobilistici riducono al massimo i tempi di risposta delle imprese fornitrici, se la competenza tecnologica esterna è facilmente acquisibile ed esistono i margini economici, la verticalizzazione delle attività consente di agire sui tempi della logistica e di gestire più direttamente il controllo completo del processo. Inoltre, sono state segnalati tra i vantaggi della verticalizzazione: la riduzione dei costi, la visione immediata della gestione dei costi, il miglioramento della qualità. Il ruolo sempre più strategico ricoperto dal sistema dei fornitori nell industria dell auto trova ulteriori conferme ed opportunità di sviluppo nel processo di globalizzazione realizzato dalle case automobilistici. Indipendentemente dalla localizzazione produttiva la politica adottata dai costruttori di auto è quella di preservare l uniformità e lo standard 67

68 qualitativo dei componenti impiegati. Ne deriva che i principali fornitori sono chiamati a collaborare strettamente alla realizzazione dei programmi globali dei loro clienti, e ad assicurare nei vari luoghi di produzione la disponibilità dei prodotti e dei servizi richiesti. Il coinvolgimento nella globalizzazione non interessa solo i fornitori di moduli e sistemi, ma anche i componentisti diretti e i subfornitori ritenuti essenziali. È interessante osservare che alcune di queste iniziative, soprattutto quelle realizzate dalle imprese minori, sono state attuate tramite joint-ventures o consorzi tra imprese italiane tra di loro concorrenti. Le imprese di maggior dimensione, invece, tendono ad effettuare accordi con produttori locali in modo da poter esercitare il controllo completo delle attività. In entrambi i casi l investimento ricalca lo schema classico: aziende che producono componenti (stampati in metallo, stampati assemblati) decidono di seguire il loro maggior cliente impegnato nella realizzazione di nuovi grossi impianti nel mondo. Soprattutto nel caso del Sud America o dell Europa orientale, la presenza di altri costruttori automobilistici è una opportunità per allargare il portafoglio clienti. Gli accordi di natura produttivo-commerciale non sono rivolti solo verso l estero, anzi le prime esperienze sono state effettuate in Italia a seguito della realizzazione degli stabilimenti di Melfi e si sono estesi all area di Pratola Serra e di Cassino, nonché nella stessa provincia di Torino. Tali accordi possono avere come oggetto la realizzazione di un nuovo impianto produttivo per seguire il costruttore automobilistico oppure prevedere la razionalizzazione e/o unificazione di determinate attività soprattutto di tipo progettativo. In questo modo si tende a costituire un unico interlocutore con il cliente finale e a suddividere la commessa tra gli aderenti al gruppo di imprese. L accordo tra imprese garantisce una dimensione organizzativa maggiore, la fidelizzazione con il cliente finale e la semplificazione dei canali comunicativi. 3 La capacità innovativa La capacità innovativa delle imprese fornitrici dell auto è fortemente condizionata dalla dimensione delle imprese e dalla tipologia produttiva, costituita in massima parte da piccole imprese meccaniche per la lavorazione della lamiera. Si tratta di imprese che operano tendenzialmente in un contesto di innovazioni incrementali, soprattutto per quanto riguarda l innovazione di prodotto. Per queste imprese spesso l innovazione non è un attività strutturata, l innovazione è millesimale, quotidiana, giorno per giorno, e interessa tutti gli aspetti aziendali: da come si costruisce uno stampo, a come si posizionano i macchinari e si manipolano i pezzi. L innovazione è un miglioramento continuo dei processi produttivi che ad un certo momento consentono di generare qualcosa di nuovo. Se l impresa è competitiva sul mercato è perché ciascun dipendente contribuisce anche minimamente al miglioramento. Il primo obiettivo per l innovazione di prodotto è soprattutto la riduzione dei costi e il tentativo di offrire al 68

69 cliente qualcosa di nuovo. Le considerazioni sull innovazione di processo si discostano parzialmente in quanto periodicamente si assiste all introduzione di nuovi macchinari che determinano un significativo salto innovativo e definiscono nuovi standard produttivi. Negli anni 70 si è assistito alla prima diffusione delle macchine utensili a controllo numerico, negli anni 80 all introduzione dell automazione flessibile e della robotica, in questi anni l evoluzione principale potrebbe riguardare l information technology e per determinate lavorazioni l idroformatura. Il maggior sforzo innovativo dei componentisti auto torinesi si è focalizzato sul processo (Calabrese, 2001). Non è un caso che il maggior numero di brevetti depositati dalle imprese riguardi nuove applicazioni di processo e in misura minore lo sviluppo di nuovi prodotti. Attualmente l evoluzione tecnologica ha raggiunto una fase di diffuso consolidamento. Ad esempio, lo stampaggio della lamiera a freddo viene effettuato utilizzando esclusivamente presse a stampi in continuo. L acquisto di macchine a controllo numerico altamente sofisticate o l introduzione dei robot per le più svariate applicazioni può essere effettuato oramai abbastanza facilmente anche dalle imprese con minore capacità finanziaria. L azione svolta sui contenuti tecnologici del prodotto è strettamente correlata con la tipologia delle imprese. Si tratta, in qualsiasi caso, di un analisi relativa ad un settore maturo, nel quale il processo innovativo procede oramai da tempo secondo una curva di tipo logistico. Tendenzialmente gli interventi sul prodotto riguardano minimali modifiche per migliorare l efficienza, la qualità e hanno come principale obiettivo quello di ridurre i costi di produzione e di soddisfare le esigenze particolari del mercato. Il principale canale di introduzione delle innovazioni, a prescindere dall acquisizione dei macchinari, è la realizzazione all interno dell impresa di un ufficio di progettazione. L aspetto innovativo risiede sia nell impiego di nuove tecnologie che interagiscono con quelle di produzione tramite i colleganti CAD/CAM, sia nella connessione con i clienti finali ed altri fornitori con l opportunità di collaborare direttamente su specifici progetti e di acquisire maggiori competenze e know-how. Il secondo aspetto riguarda la realizzazione di piccoli laboratori di ricerca e sviluppo. Si tratta spesso di appendici degli uffici di progettazione nel quale i progetti vengono svolti in molti casi a tempo parziale. L ambito di ricerca è quella applicativa con orizzonti temporali a breve, gli studi devono giungere tendenzialmente entro un anno ad una possibile applicazione industriale. In alcune di questi piccoli-medi componentisti la definizione di laboratori di ricerca e sviluppo non può considerarsi stringente ai canoni consueti, tuttavia, è indubbio che in queste imprese sussista il tentativo di ampliare la capacità tecnologica ed innovativa. Sia per l ufficio di progettazione che per il laboratorio di ricerca il fattore distintivo è la 69

70 presenza di personale altamente qualificato, nella maggior parte dei casi in possesso di una laurea in ingegneria. L opportunità offerta dalla legge Treu per l inserimento a tempo determinato di ricercatori già formati è considerata dalle imprese intervistate una occasione per incrementare tali attività piuttosto che la possibilità di una iniziale implementazione. I ricercatori possono risultare utili se già esiste all interno dell impresa una cultura innovativa dotata di strutture e progetti. Per le aziende che operano nella filiera automobilistica la percezione della tecnologia come fattore di competitività si discosta in modo significativo rispetto alla media delle piccole e medie imprese italiane. Anche le più piccole imprese subfornitrici hanno definito piani continui di sostituzione dei macchinari in modo da dotarsi, anche se in ritardo rispetto alle aziende maggiori, delle più recenti innovazioni tecnologiche. Soprattutto per queste imprese il raffronto prestazioni-qualità-prezzo nella scelta del macchinario è basilare. In ricerche precedenti è emerso che due sono i contenuti tecnologici che le imprese con maggiore capacità innovativa normalmente intendono perseguire nel prossimo futuro e che sono ritenuti fattori indispensabili per incrementare la competitività. Il primo di questi riguarda le tecnologie della progettazione. Non solo la maggior parte del fornitori auto torinese è dotato di un ufficio di progettazione, ma questa è l attività che maggiormente sarà oggetto di investimenti e ampliamenti in futuro, e potrà verificarsi direttamente o indirettamente tramite la realizzazione di consorzi con altre imprese. La realizzazione interna della progettazione incrementa il valore aggiunto della produzione ed è riconosciuto come un fattore indispensabile per poter essere considerato fornitore di primo livello dai costruttori automobilistici. Il secondo aspetto è relativo alla realizzazione di una rete interna informatica per monitorare in tempo reale il flusso produttivo ed intervenire rapidamente per la risoluzione dei problemi, controllare il livello qualitativo, acquisire informazioni per migliorare il processo, programmare le attività, informatizzare il magazzino, etc. 4 La relazione di partnership La suddivisione del processo produttivo sulla base del riconoscimento della detenzione di know-how specialistici intrinsecamente interconnessi richiede una ripartizione del rischio che non potrà essere ridotto a semplice materia di scambio e contrattazione. In questo modo tra produttori finali e fornitori si instaura una intensa attività cooperativa che si concretizza nella condivisione dei vantaggi operativi e finanziari e nella formulazione di specifici e duraturi vincoli relazionali (Camuffo e Volpato, 1997). Il passaggio da un mero rapporto di scambio ad una relazione di partnership induce una progressiva integrazione tra clienti e fornitori che si manifesta nell istituzione di specifici meccanismi di coordinamento e dall impiego diffuso di tecnologie informatiche 70

71 (Lamming, 1993). Tuttavia, l insieme di queste trasformazioni potrebbe risultare inutile se non fosse accompagnata anche dalla ricerca di una integrazione culturale tale da favorire il superamento delle resistenze e delle barriere che si oppongono all evoluzione relazionale (Sandell, 1994). Innanzi tutto deve essere accelerato il disapprendimento di pratiche consolidate quali: l ottica di breve periodo della singola operazione di fornitura, i tatticismi legati al momento contingente, la logica del gioco a somma zero con contrattazione dei benefici acquisiti, la riluttanza ad abbandonare (cliente) ed assumere (fornitore) parti specialistiche del processo produttivo, la reciproca sfiducia, il conferimento della gestione della relazione unicamente alle funzioni di confine (acquisti per il cliente e vendite per il fornitore). Le valutazioni sui costi della fornitura sono importanti, tuttavia, ciò che conta non è quanto il prezzo sia basso ma di quanto è riducibile. In secondo luogo la partnership deve essere intesa come un cammino comune di reciproco apprendimento teso al cambiamento e al superamento delle inevitabili ed innumerevoli incomprensioni e difficoltà, in nessun caso esclusivo e, comunque, assoggettato ai giudizi di efficacia ed efficienza. In particolar modo deve essere evidente che gli effetti derivanti dall assunzione di determinate scelte non ricadono unicamente all interno dell impresa, ma si propagano anche agli altri partner. Il just in time e il co-design che contraddistinguono i meccanismi di coordinamento privilegiati nella deverticalizzazione produttiva e progettativa avrebbero meno valore se non fossero autoregolati rispettivamente da sistemi di delega come l auto-certificazione e l auto-qualificazione. Nel primo caso il fornitore garantisce la consegna dei componenti certificando la conformità agli standard predefiniti, in questo modo vengono eliminati i collaudi di accettazione e i controlli di qualità presso le case automobilistiche. Nel secondo caso il fornitore garantisce attraverso un test report finale che il nuovo componente è conforme a tutti i requisiti dimensionali del disegno di capitolato di fornitura. Con l auto-qualificazione i controlli e le prove sono delegate al fornitore del componente, che viene così a garantire in prima persona la qualità del componente stesso, le qualificazioni di prodotto e quelle di processo, la coerenza dei risultati con i requisiti richiesti e la certificazione delle attrezzature di produzione. Il processo di integrazione tra costruttore finale e componentista è un cammino che può richiedere al fornitore meno esperto la partecipazione a specifici programmi di supporto predisposti dal cliente per ridurre i costi della non qualità, favorire il processo di crescita e di reciproco adeguamento, esplicitare la cultura organizzativa del cliente e focalizzare l attenzione del fornitore sul potenziale innovativo. Un fattore chiave in questo contesto riguarda la gestione congiunta della risorsa umana tramite sia interventi formativi comuni nell ambito dell organizzazione interfunzionale, dei sistemi informatici e gestionali, sia programmi di trasferimento del 71

72 personale dall impresa cliente al fornitore in modo da compensare l esternalizzazione delle attività e agevolare contestualmente il flusso informativo. Molta attenzione deve essere prestata all apprendimento diretto (training on the job) e all integrazione organizzativa in modo tale che anche i dipendenti delle ditte fornitrici alla fine del periodo di collaborazione abbiano ricevuto un ampio arricchimento della propria professionalità. Una delle ipotesi di base riconosciute è che gran parte del potenziale di domanda innovativa delle PMI rimanga inespresso, sia per l incapacità di attivare i giusti canali innovativi, sia per l incapacità di riconoscere internamente tale potenziale. Una delle modalità più veloci di apprendimento è lo sviluppo di capacità imitative per l utilizzo delle tecnologie esistenti e, in particolare, quelle testate dai grandi clienti finali come i produttori automobilistici. Il coinvolgimento attivo dei fornitori dell ambito dei processi delle case automobilistici muta radicalmente secondo le caratteristiche intrinseche del fornitore. Uno dei compiti del cliente finale è la crescita qualitativa del parco fornitori tramite specifici programmi che non si limitino alla riduzione dei costi e al miglioramento della qualità, ma coinvolgano i fornitori nel loro complesso, a partire dagli aspetti di maggior debolezza come i processi innovativi di prodotto e di processo. Il costruttore automobilistico svolge in questo modo un azione proattiva investendo risorse manageriali sulla crescita dei fornitori nella convinzione che la maggior parte dei miglioramenti incrementali derivino da processi continui di apprendimento reciproco (Bonaccorsi, 1997). Il fornitore di un sistema di approvvigionamento, con il quale viene stabilita una relazione di partnership è già leader tecnologico indiscusso e quindi non necessita di alcun supporto. Ma nel caso di piccole e medie imprese la situazione è radicalmente diversa. In questi casi il ruolo del cliente finale può diventare fondamentale e, osservano Camuffo e Volpato (1997), sospingere tali relazioni clienti-fornitori verso quei modelli che si ispirano alle partnership giapponesi. La diversa posizione di forza tra cliente e fornitori deve essere valutata con estrema attenzione, analizzando le relative interdipendenze asimmetriche (Grandori, 1995). È infatti in tali situazioni di asimmetria che una delle parti (molto spesso il cliente/assemblatore), offrendo parte delle proprie conoscenze sotto forma di supporto, riesce contemporaneamente ad ottenere informazioni sui processi dell impresa assistita, conservando ed aumentando la propria posizione di potere. In altri termini, le politiche di sviluppo e di trasparenza nei confronti dei fornitori possono assumere significati assai diversi a seconda del rapporto tra le parti e della valenza che le parti stesse vogliono dare a tali iniziative. Ad esempio, una politica di supporto alla qualità del fornitore basata su visite periodiche o su tecnici del cliente distaccati presso il fornitore, se da un lato rappresenta indubbiamente una forma di collaborazione, di trasparenza e di aiuto per il fornitore, nel contempo può costituire un elemento di vantaggio informativo per il cliente, 72

73 che viene a conoscere informazioni sul fornitore (ad esempio sulla sua struttura dei costi) che quest ultimo potrebbe non aver interesse a rivelare. Le politiche di sviluppo che i clienti possono offrire ai loro fornitori per favorire i processi innovativi di prodotto e di processo possono essere distinti in azioni indirette e dirette a seconda del grado di coinvolgimento. Rientrano tra le azioni indirette l insieme dei suggerimenti e informazioni nell adozione di nuove tecnologie, per la riduzione dei costi, per migliorare la qualità e la logistica, nella gestione dei subfornitori, per migliorare la qualità finale del prodotto. Tra queste iniziative i suggerimenti per l adozione di nuove tecnologie agiscono senza interposizione sui processi innovativi, le rimanenti interessano inizialmente l attività operativa e successivamente possono favorire l introduzione di nuove tecnologie. Rientrano tra le azioni dirette: la formazione presso la sede del cliente, le visite di tecnici, il personale temporaneamente distaccato presso il fornitore per migliorare i processi, gli aiuti tecnici/finanziari per nuovi investimenti. 5 La gestione delle risorse umane La capacità del sistema industriale piemontese di mantenere la competitività attuale è sicuramente legata al livello qualitativo dei fattori produttivi utilizzati. Tanto la qualità del capitale umano, quanto quella del capitale fisico sono però i fattori competitivi di più difficile conseguimento, sia per i lunghi tempi necessari a modificare la configurazione formativa e innovativa attuale, sia per i numerosi attori economici e istituzionali che devono essere contemporaneamente coinvolti in tale passaggio evolutivo. I dipendenti, soprattutto quelli adibiti a mansioni tecniche, costituiscono un patrimonio di conoscenze accumulate nel tempo, la cui uscita dall azienda può rappresentare un grave danno. Molte imprese hanno sperimentato i problemi derivanti dal pensionamento di tecnici qualificati o peggio dall uscita di personale, giovane ma già formato, alla ricerca di nuove prospettive di carriera. Non è un caso quindi che la gestione del personale sia accentrata nelle mani dell imprenditore, talvolta con stile un po paternalistico, e sia volta a consolidare un patrimonio umano prezioso. I risultati sono evidenziati da un basso turnover e da una generalizzata preferenza all assunzione di giovani in possesso di maturità tecnica o professionale da formare in azienda. La necessità che i percorsi formativi si adeguino alle esigenze del mercato emerge nettamente quando si afferma la carenza del livello formativo intermedio tra il diploma di scuola media superiore e la laurea. Il basso numero di laureati (in particolare ingegneri) presenti nelle piccole aziende è il risultato di fattori socio-culturali che vedono nel laureato un potenziale aspirante ad incarichi dirigenziali che nelle Piccole e medie imprese sono limitati e spesso concentrati nella famiglia proprietaria. Di qui la tendenza dei giovani laureati a lasciare queste imprese 73

74 dopo un periodo più o meno lungo, soprattutto a favore di imprese maggiori, il che innesca un circolo perverso che porta l imprenditore a preferire un diplomato con la speranza che resti più a lungo in azienda. La scarsità di personale laureato si sposa perfettamente con una realtà che impiega i meccanismi innovativi di tipo trial & error tipici della cultura tecnica tradizionale. Il laureato (in particolare l ingegnere) dovrebbe portare all impresa competenze e metodologie più avanzate, ma spesso queste risultano in contrasto con tale cultura. Non è un caso che in molte piccole e medie imprese si dichiari con soddisfazione di imporre agli ingegneri neo-assunti un tirocinio al tecnigrafo o in officina. Del resto raramente gli imprenditori vedono nel ricambio dei laureati un fatto positivo che consente alle imprese di essere aggiornata dal punto di vista scientifico. Se si volesse scendere un po nel dettaglio delle figure richieste e attualmente carenti sul mercato del lavoro si potrebbe indicare un minimo comun denominatore che le accomuna: occorrono competenze focalizzate sulle capacità tecniche e diagnostiche (saper reperire, interpretare, trattare le informazioni) accompagnate da solide capacità relazionali e decisionali. Ciò impone di rivedere gli attuali programmi scolastici verso un processo formativo misto, in cui ci sia una maggiore interazione tra basi teoriche e pratica operativa ottenuta negli stage aziendali. In generale le imprese riconoscono ai laureati (e in particolare agli ingegneri) una buona preparazione teorica, ma scarse conoscenze pratiche. Per contro nei confronti dei diplomati degli istituti tecnici e professionali vi è una diffusa recriminazione sui livelli formativi rispetto ai quali le imprese si dividono in due categorie: quelli che addossano alla parte pubblica la responsabilità totale delle carenze formative e quelli che ritengono utile un atteggiamento di maggiore collaborazione da parte del mondo industriale con la scuola. La soluzione per colmare tale gap formativo si troverà molto probabilmente facilitando l incontro tra mondo della scuola e mondo professionale/produttivo, ambiti attualmente poco in sincronia tra loro. Da una parte, si registrano infatti vari tentativi non coordinati di creazione di nuovi corsi di studio finalizzati a raccogliere meglio le istanze delle imprese; dall altra, si notano strategie di breve termine che non privilegiano le nuove organizzazioni produttive basate sulle competenze trasversali della forza lavoro. Quest ultima, nelle organizzazione del lavoro più evolute sono chiamate a risolvere problemi e rispondere alle modificazioni della produzione in tempo reale, magari lavorando in gruppo. Il quadro che generalmente emerge dalla analisi condotte sull argomento mostrano la divergenza scuola e industria, nella misura in cui la prima non riesce ad organizzare i corsi specializzati per formare le figure tecniche più gettonate, e la seconda non rende palesi ai giovani stessi le proprie esigenze, in modo che anche ove ci sono tali corsi mancano i giovani che li frequentano in quanto attirati da altri indirizzi più pubblicizzati. La difficoltà consiste nell elaborare il fabbisogno formativo delle imprese in termini anticipatori delle 74

75 competenze future. In questo contesto le azioni intraprese da molte imprese puntano ad instaurare rapporti con alcune scuole offrendo ai giovani degli stage di alcune settimane. Tale opportunità serve a valutare i potenziali candidati non tanto sotto l aspetto del livello scolastico, quanto sotto il profilo caratteriale. Poiché infatti viene ormai accettata la necessità di una formazione interna on the job, la selezione punta su alcune capacità e attitudini, fra le quali la flessibilità, la disponibilità ad imparare, l attitudine al cambiamento, sono ai primi posti. Queste infatti sono le risposte individuali dell imprenditore ad una situazione di rigidità del mercato del lavoro che è additata come il principale fattore che determina la scelta di non assumere personale nuovo: si preferisce ricercare all interno dell impresa nuove soluzioni organizzative spesso anche molto costose piuttosto che affrontare nuove assunzioni che comportano costi di formazione e di inserimento negli organici e che, soprattutto, vanno a costituire un irrigidimento della struttura operativa dell azienda che non è più possibile ridimensionare nei periodi di scarso lavoro. 3. Conclusioni Le preoccupazioni inerenti ai possibili effetti negativi nella Provincia di Torino delle trasformazioni settoriali in atto nel settore automobilistico sono inevitabilmente giustificate dal fatto che il legame tra Fiat e l area geografica in cui è nata e si è sviluppata è profondamente radicato. Sul distretto automobilistico torinese gravano attualmente tre opzioni direttamente collegabili alla strategia di Fiat Auto: il processo riorganizzativo della catena della fornitura; la delocalizzazione produttiva e la joint-venture con General Motors. È nostra opinione che di queste solo la prima abbia sui componentisti torinesi una valenza originaria per il fatto che richiede una profonda ristrutturazione organizzativa e un radicale cambiamento della cultura imprenditoriale, fattori competitivi che potranno essere giocati nella decisione di aprire nuove unità produttive o di beneficiare della nuova struttura proprietaria di Fiat Auto. Per questo motivo si è cercato in questo contributo, dopo aver precisato i contenuti del mutamento delle relazioni tra produttori finali e fornitori auto, di approfondire le conseguenze strategiche consequenziali al mutamento delle relazioni tra produttori finali e fornitori auto. In questi ultimi anni, infatti, la componentistica auto è stata interessata da un profondo processo riorganizzativo, che sta coinvolgendo in modo particolare i piccoli produttori un tempo abituati a lavorare come fornitori di capacità produttiva ed ora sempre più coinvolti in attività decisionali sul prodotto finale. Infatti, le opportunità di sviluppo per i componentisti torinesi, a seguito del processo di 75

76 deverticalizzazione e riorganizzazione della filiera automobilistica, non si esauriscono unicamente in un accresciuto fatturato e in un maggior numero di linee produttive, ma possono costituire lo stimolo per un radicale ripensamento delle strategie aziendali tanto più saranno focalizzati gli aspetti inerenti le strategie di prodotto e di produzione, i rapporti nella catena della fornitura, le capacità innovative e la gestione delle risorse umane. Tra queste, a nostro avviso, particolare attenzione dovrà essere prestata alle strategie di prodotto che, se supportate da una coerente gestione delle capacità innovative e delle risorse umane, potrà consentire alle imprese torinesi di presentarsi in modo propositivo sul mercato non necessariamente automobilistico. 76

77 Bibliografia Ansoff H.I., 1987, Corporate Strategy, Penguin, Harmondsworth. Balaschandra R., 1989, Early Warning Signals for R&D Projects, Lexington Books. Bonaccorsi A., 1997, The external and internal integration of resources: evidence from a survey on procurement practices of medium and large manufacturing firms ; Atti del covegno 6 th IPSERA Conference, Università di Napoli, Napoli, Marzo. Bonaccorsi A., Lipparini A., 1994, Strategic partnership in new product development: an Italian case, The Journal of Product Innovation Management, Vol. 11, N. 2, pp Caffyn S., 1996, Continuous Improvement and the New Product Development Process, Atti della R & D Management Conference 1996 on Quality and R&D, Enschede, 6-8 marzo, pp Calabrese G., 2000, L innovazione nei piccoli fornitori dell auto, in Rolfo S., 2000, Innovazione e piccole imprese in Piemonte, Milano, Angeli. Calabrese G., 2001, Innovazione e piccoli fornitori dell auto in Piemonte, in Rolfo S., Vitali G. Dinamiche competitive e innovazione nel settore della componentistica auto, Franco Angeli, Milano. Camuffo A., Volpato G., 1997, Nuove forme di integrazione operativa: il caso della componentistica automobilistica, Angeli, Milano. Caputo M., Zirpoli F., 2001, Relazione cliente/fornitore: nuovi scenari nel settore automobilistico italiano, in Economia & Management, N.4. Clark K.B., Fujimoto T., 1991, Product Development Performance, Harvard Business Scholl Press, Boston. Grandori A., 1995, L organizzazione delle attività economiche, Il Mulino, Bologna. Kamath R.R., Liker J.K., 1994, A second look at Japanese product development, in Harvard Business Review, Vol. 72 N. 6, pp Koen P. et alii 2001, Providing clarity and a common language to the Fuzzy Front End, in Research Technology Management, marzo-aprile, pp Lamming R., 1993, Beyond partnership, Prentice Hall International, Englelwood Cliffs. Rolfo S., 2000, Innovazione e piccole imprese in Piemonte, Milano, Angeli. Roussel P.A. et alii 1991, Third Generation R&D: managing the link to corporate strategy, Harvard Business School Press, Boston. Sandell J., 1994, Management of market information in early stage product development, Atti del convegno The second international product development management conference on new approaches to development and engineering, Gothenburg, Maggio. Slywotzky A.J. et alii,1997, The Profit Zone: how strategic business design will you to tomorrow s profits, Times Business, New York. 77

78 Wells P., Rawlinson M., 1994, The new European automobile industry, MacMillan, London. Williamson O., 1975, Markets and hierarchies, analysis and antitrust implications, The Free Press, New York. 78

79 Appendice Tabella 1 Attività svolte esternamente in percentuale sul totale Produzione Progettazione Fonte: Fiat Auto Tabella 2 - Acquisizioni nella componentistica italiana Acquisizioni in Italia Acquisizioni di imprese italiane Paese acquirente Numero imprese Numero imprese Paese obiettivo italiane acquisite straniere acquisite Germania 2 Brasile 2 Francia 4 Svizzera 1 Italia 9 Repubblica Ceca 1 Giappone 3 Germania 1 Svezia 2 Spagna 2 USA 10 Francia 3 Gran Bretagna 1 Italia 9 Polonia 1 Sud Africa 2 USA 1 Gran Bretagna 4 Totale 31 Totale 27 Fonte: Nomisma Tabella 3 - Nuovi impianti nella componentistica auto a Torino Impresa Stato N. dipendenti Actia Francia 30 Brime Francia 200 Gate-Briton Cina 300 Johnson controls Usa 245 Sumitomo Giappone n.d. Keiper Germania 10 Fonte: ITP 79

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81 Figura 1 - Produzione italiana di automobili Fonte: Fiat Auto Figura 2 - Esportazioni italiane di componenti per auto Fonte: Istat 81

82 SEZIONE 2 INNOVAZIONE, COMPETENZE E SVILUPPO ORGANIZZATIVO NEL SETTORE AUTO

83 Strategie aziendali e modelli organizzativi, linee di sviluppo e tendenze evolutive nel settore dell auto Andrea Bardi 1. Premessa Il comparto dell auto ha vissuto nell ultimo decennio un processo di profondo mutamento che ha influito pesantemente sia sulle strategie delle imprese, sia sul loro assetto organizzativo. Tale processo, lungi dall aver raggiunto una condizione di equilibrio, è tutt ora in atto e si innesta all interno di uno scenario internazionale che sembra evolvere rapidamente verso un periodo recessivo. La portata di una possibile crisi nel comparto auto, anche in ragione di una serie di problematiche che già da tempo i costruttori si stavano trovando ad affrontare e che saranno di seguito descritte, rischia di avere effetti devastanti. Il presente articolo, che rappresenta un estratto di un più ampio lavoro di rassegna della letteratura nazionale e internazionale distribuito in occasione della conferenza dal titolo Il futuro della catena di subfornitura automobilistica torinese nello scenario internazionale, tenutasi a Torino il 7 dicembre dello scorso anno, descrive le principali scelte strategiche e organizzative che i costruttori di auto hanno operato, nonché le conseguenti ricadute sul sistema di fornitura. Il lavoro, pur esplorando necessariamente le dinamiche globali, tende come ovvio a focalizzarsi sulla realtà italiana. 2. Immatricolazioni e congiuntura internazionale: una prospettiva previsionale Le tabelle seguenti riportano le previsioni sulle immatricolazioni negli anni dal 2000 al 2003 per i principali paesi di sbocco a livello internazionale, rispettivamente per i veicoli passeggeri e per quelli commerciali. Relativamente ai veicoli passeggeri, i dati descrivono una previsione di crollo delle vendite in quasi tutti i principali paesi che, per alcuni di questi, risulta essere addirittura a due cifre. Il tasso di crescita delle immatricolazioni è, tra il 2000 e il 2003, positivo solo per la Corea del Sud. Stati Uniti, Canada, Svezia, Regno Unito e Germania presentano una previsione di crollo delle vendite superiore al 5%, che addirittura supera in Svezia l 8,5%. 83

84 84

85 Tab 1 - Veicoli passeggeri, previsioni sulle nuove immatricolazioni. Principali paesi, triennio Paesi * 2002* 2003* Tass o di cresc ita Tass o di cresc ita Tass o di cresc ita Giappone ,40-2,38-0,93 Corea del sud ,67-7,69 2,12 USA ,05-4,94-6,72 Canada ,99-4,88-5,16 Svezia ,95 2,00-8,79 Spagna ,71-9,77-0,09 Regno Unito ,73-11,50-5,48 Francia ,10-6,82 3,10 Italia ,58-4,26-1,34 Germania ,28-7,81-5,28 Totale Paesi ,61-5,84-3,55 * Previsione Fonte: ns. Elaborazione su dati Jama e previsione World Market Research Centre. La situazione sembra essere addirittura peggiore, con l eccezione del Giappone, per quanto riguarda le vendite di veicoli commerciali. Come descritto nella tabella seguente, tra il 2000 e il 2003 si prevede in USA e Svezia un calo delle vendite maggiore del 9%. Spagna e Germania, due dei principali paesi di esportazione per i componentisti italiani, presentano dati di ridimensionamento delle vendite di veicoli commerciali pari rispettivamente al 7,6% e 7,8%. Infine, sia in Canada sia in Italia, si stima un calo delle 85

86 vendite superiore al 5%. Tab 2 - Veicoli commerciali, previsioni sulle nuove immatricolazioni. Principali paesi, triennio Paesi * 2002* 2003* Tass o di cresc ita Tass o di cresc ita Tass o di cresc ita Giappone ,88 1,85 5,69 Corea del sud ,44-2,78 1,92 USA ,34-6,29-9,78 Canada ,53-6,15-5,10 Svezia ,43-11,11-9,03 Spagna ,14-8,20-7,65 Regno Unito ,68-5,17-2,68 Francia ,51-8,51-3,61 Italia ,30-4,76-5,10 Germania ,29-8,47-7,88 Totale Paesi ,48-5,24-4,54 * Previsione Fonte: ns. Elaborazione su dati Jama e previsione World Market Research Centre. Il punto di partenza è che le strategie messe in atto dai costruttori (OEM) si riverberano a cascata lungo la catena di fornitura, elemento centrale del modello di business del settore dell auto. Il sistema della sub-fornitura ha peraltro strategie spesso divergenti, da qui le frequenti resistenze ad adeguarsi alle politiche strategiche e alle scelte ri-organizzative messe in campo dai produttori finali. Il primo elemento di conflittualità riguarda il 86

87 progressivo assottigliamento dei margini del settore che i costruttori, anche in ragione del loro potere contrattuale nei confronti della catena, tentano di spostare progressivamente a valle, verso il sistema di fornitura. Di ciò è in buona parte responsabile l alto livello di sovracapacità produttiva. Una ricerca della Schroeder&Co. di Londra dimostra che, per quanto riguarda i soli produttori europei, a livelli di sfruttamento degli impianti sopra l 85%, i profitti sono intorno all 8%, se il livello di sfruttamento scende tra il 75% e l 80% i profitti si riducono al 5%, fino a raggiungere l 1% nel caso si scivoli sotto una soglia di sfruttamento degli impianti del 75%. La sovracapacità del settore non è però distribuita in modo omogeneo tra i diversi costruttori. Mentre gli impianti Fiat Auto risultano essere ad oggi saturati per circa il 70%, per Peugeot questa percentuale raggiunge il 100%. A ciò si aggiunge una sostanziale stagnazione della domanda di sostituzione nei mercati maturi, che diventa spesso declino in assenza di incentivi pubblici di sostegno alla domanda finale, ed una crescita rallentata dei paesi emergenti. Tale situazione impone ai produttori finali di mettere in campo una serie di azioni sia operative sia strategiche che nella totalità dei casi coinvolgono il sistema di fornitura nel suo complesso. Queste azioni rientrano all interno dei seguenti 7 macro gruppi: 1. crescita dell outsourcing e introduzione di tecniche di gestione della catena di fornitura (supply chain management); 2. passaggio da un sistema di fornitura tradizionale alla fornitura a livelli e alla modularizzazione; 3. introduzione delle tecnologie dell informazione e della comunicazione a supporto delle relazioni tra le imprese; 4. concentrazione e internazionalizzazione; 5. standardizzazione e customizzazione dello standard; 6. ridefinizione del core business; 7. rilancio della domanda; Va innanzitutto detto che esiste un collegamento tra i diversi punti. In alcuni casi il collegamento è diretto e conseguente (come è nel caso della scelta della concentrazione al fine di accrescere la possibilità di standardizzazione di prodotto). In altri casi il collegamento tra i diversi punti è meno intenso o addirittura marginale. In altri casi ancora non esiste nessun collegamento di sorta tra diversi orientamenti, ossia è possibile perseguire una opzione senza che per forza di cose questa vada a modificare le altre. Di seguito sono descritte, anche utilizzando esempi e casi concreti, per ognuna delle 7 azioni, alcuni esempi e possibili scenari di sviluppo. 87

88 3. Outsourcing e gestione della catena di fornitura (supply chain management) La pratica dell esternalizzazione di attività produttive e di servizio ad imprese terze ha avuto, dopo la conclusione del primato dell impresa fordista verticalmente integrata e il cambiamento della domanda da primo acquisto a domanda di sostituzione, un peso crescente. Alcune fonti stimano intorno al 65% la quota di attività produttiva esternalizzata dai costruttori nell anno Come riportato nella figura seguente, questa quota sembra destinata a crescere lungo tutto l arco del decennio, raggiungendo il 75% al Per quanto invece concerne l outsourcing delle attività relative allo sviluppo prodotto, rispetto all anno 2000, le proporzioni sono invertite, nel senso che i costruttori ad oggi continuano a mantenere all interno ben il 67% delle attività di sviluppo prodotto. Questa quota è destinata comunque a decrescere al 57% nel 2005, raggiungendo poi il 50% al

89 Fig. 1 - Sviluppo della catena di fornitura nel comparto auto: previsione al 2010 Fonte: Roland Berger & Partner, tratta da G. Calabrese, materiali di ricerca. L attività di outsourcing assume due forme, può essere out-house-outsourcing oppure in-house-outsourcing. Nel primo caso si tratta di attività esternalizzate a imprese autonome esterne all azienda committente, nel secondo caso l impresa fornitrice svolge l attività all interno dello stabilimento del proprio cliente. Questa seconda modalità implica un elevato livello di integrazione ed ha, nel comparto auto, un peso progressivamente crescente. La natura della modalità di outsourcing è venuta a mutare radicalmente rispetto al passato tanto che oggi risultano frequenti processi di outsourcing che prevedono l esternalizzazione non solo dell attività, ma anche degli impianti e degli addetti a questa legati. Ciò offre la possibilità di ridurre i costi fissi collegati alla capacità produttiva installata, acquisendo da un lato una maggiore flessibilità operativa, dall altro permettendo una maggiore focalizzazione su alcune funzioni strategiche e/o a più alto valore aggiunto. La crescita nei volumi e nella complessità delle funzioni esternalizzate ha imposto alle imprese di dotarsi di nuovi e sofisticati strumenti di governo della catena, in grado di permettere una gestione sincronizzata dei flussi e delle informazioni. E questo l esempio 89

90 della tecnica supply chain management (SCM), la quale supporta l azienda capofila nel monitoraggio del rispetto degli standard di qualità da parte dei fornitori; nell ottimiz-zazione della localizzazione dei materiali lungo la catena; nell abbattimento dei costi di transazione, inclusi i costi di accesso e ispezione materiali, ricerca e valutazione dei distributori, comunicazione e risoluzione dei problemi nei rapporti con i fornitori; nell ottimizzazione della gestione degli stock (inventory management) lungo la catena e del sistema della logistica. Questa tecnica permette quindi di: controllare l andamento delle performance aziendali andando oltre i muri della propria impresa; migliorare la visibilità dell inventario all interno come all esterno all impresa e con ciò ridurre l obsolescenza degli stock nonché i tempi del ciclo; ottenere una miglior comprensione dell andamento del business lungo tutta la catena del valore; gestire le relazioni in modo più fluido; migliorare le performance distributive e rimuovere i colli di bottiglia, nonché i processi ridondanti; sviluppare una maggior responsabilizzazione del fornitore rispetto al prodotto finale, anche attraverso l introduzione di sistemi sanzionatori; accrescere la sincronizzazione dei processi e elevarne le capacità di adattamento flessibile in caso di cambiamenti in termini di obiettivi o condizioni del business; ridurre i lead time e il time-to-market; sviluppare un maggior orientamento al cliente. 4. Dalla fornitura tradizionale alla fornitura a livelli e alla modularizzazione Una pratica di organizzazione del sistema di fornitura ormai consolidata è quella della segmentazione per livelli della catena (fornitura a livelli), affermatasi nel settore auto durante gli anni novanta. Il primo livello assembla non più un singolo componente bensì un gruppo di componenti, cioè il modulo, mentre il secondo e il terzo si relazionano rispettivamente con il primo e il secondo per la fornitura di componenti e sub-componenti. La modularizzazione rappresenta infatti quel processo di sviluppo e assemblaggio fondato sull outsourcing di gruppi di componenti che hanno una prossimità fisica o tecnologica, 90

91 piuttosto che sull esternalizzazione di componenti singoli. L idea alla base del concetto di modulo è che vi sia una interdipendenza entro una indipendenza tra i diversi moduli. In altre parole, il modulo deve essere disegnato, prodotto e utilizzato senza che sussista nessun legame diretto con altri moduli dello stesso prodotto finale. Questo significa che la modularizzazione non è solo una ricollocazione delle posizioni all interno di una catena di fornitura, bensì un complessivo ripensamento del concept di prodotto e delle sue modalità di sviluppo. I produttori di moduli e sistemi sono tipicamente fornitori di primo livello. Altra cosa è il fornitore diretto che, pur relazionandosi direttamente con il costruttore OEM, può non essere produttore di moduli o sistemi, bensì di componenti/particolari/lavorazioni. In quest ultimo caso si tratta quindi di fornitore diretto, ma non di primo livello. Il produttore finale ha la visibilità su tutta la catena, pur interfacciandosi solo con il livello di fornitura a lui prossimo. La conseguenza è la riduzione nel numero di interfacce. Il primo livello ha la responsabilità della fornitura del modulo completo e della gestione della catena collegata. Nel caso un qualche problema ascrivibile al modulo blocchi la produzione, il fornitore responsabile è tenuto a rimborsare le perdite che da ciò conseguono. Con la fornitura a livelli si viene quindi a gestire la produzione esternalizzata a terzi attraverso la selezione di diversi livelli di fornitori con funzioni, responsabilità e intensità nel livello di condivisione del rischio, differenti. La gestione della qualità, così come le configurazioni informatiche per la gestione dei processi informativi, devono tuttavia essere compatibili. In sostanza l impresa finale esternalizza parte dei propri compiti di raccordo, coordinamento e controllo ad alcune imprese selezionate, a cui viene delegata (ma non ceduta) la fornitura di gruppi preassemblati. Questi fornitori, cosiddetti di primo livello, divengono gestori della fornitura di un prodotto non più singolo ma complesso e allo stesso tempo si assumono il compito di coordinare l attività di quei produttori di componenti e lavorazioni specializzate che partecipano alla composizione dei gruppi sopra detti. Il fornitore di primo livello assume quindi compiti di organizzazione e gestione di tutti coloro che appartengono ai livelli successivi. L impresa committente riduce in questo modo la complessità gestionale in ragione dell esternalizzazione di quegli oneri connessi ai controlli diretti, all organizzazione del sistema della logistica, ai costi di magazzino (solo per dirne alcuni). Con l avvio di pratiche di fornitura a livelli il committente viene quindi ad esternalizzare parti rilevanti dei processi primari dell azienda e non a svolgere più un mero outsourcing di capacità. In sostanza, invece di tanti fornitori semplici (essenzialmente produttori ) da coordinare in maniera complessa (anche in relazione ai segmenti del processo produttivo mantenuti in casa ), si preferisce interloquire con pochi fornitori complessi 91

92 (essenzialmente degli intermediari verso altri produttori ) cui viene delegato il coordinamento verso la sub-rete di fornitori. L introduzione della fornitura a livelli non significa necessariamente una riduzione nella numerosità delle imprese che partecipano, sui vari livelli, al sistema di subfornitura nel suo complesso. Il sistema a livelli è stato introdotto in numerosi comparti manifatturieri. Per quanto riguarda il settore auto, la riduzione del numero di fornitori diretti è di tale portata che negli Stati Uniti appena 16 fornitori coprono il 50% delle forniture di componenti dei produttori USA. Solo 4 anni fa il loro numero era quasi il doppio. Nel 2010 si stima che un numero di fornitori globali compreso tra 50 a 75 unità coprirà la totalità del fabbisogno di componenti e moduli degli 8 produttori globali di auto rimasti sul mercato. Per quanto concerne Fiat Auto, il costruttore italiano ha avviato un processo di razionalizzazione della catena su diversi livelli già agli anni ottanta. Negli anni novanta si è però assistito ad una forte accelerazione nell introduzione di questa modalità organizzativa. Fiat, tra gli anni 80 e gli anni 90, ha ridotto il numero di fornitori diretti da oltre a circa 350 (Camuffo e Volpato, 1997, Enrietti, 1997). Tab 3 - Fornitori diretti Fiat Auto * Fonte: Enrietti (1997), *Zirpoli (2001). A questo processo ha corrisposto una forte riduzione del livello di integrazione verticale di Fiat auto, per le attività legate alla manifattura come per quelle di progettazione. Infatti, se si considera la ripartizione delle sole parti progettate si vede come il tasso di integrazione della Fiat, ancora molto elevato all inizio degli anni novanta, era, già al 1997, disceso intorno al 30%. Per quanto concerne il livello di integrazione per i diversi modelli, così come mostrato nella tabella seguente, mentre la Uno era prodotta e progettata in Fiat rispettivamente per il 50% e il 70%, per quanto concerne la Nuova Punto, la quota di produzione presidiata direttamente da Fiat è scesa al 30%, mentre la progettazione al 40%. Tab 4 - Livello di integrazione verticale in Fiat Auto (%) Modelli Uno Tipo Punto Bravo/Brava Nuova Punto Produzione

93 Design Fonte: Balcet, Enrietti (2001) Per la costruzione del nuovo modello Punto la Fiat utilizza complessivamente 150 fornitori di parti componenti, di cui 40 sono fornitori chiave di primo livello, tutti coinvolti nelle fasi progettuali e di sviluppo prodotto. Il nuovo modello ha comportato in questo senso uno sforzo consistente, dal momento che ben l 80% delle parti componenti la nuova Punto (3.600 su complessivi), sono state completamente rinnovate rispetto alla versione precedente. Il gruppo Fiat punta a ridurre il numero di fornitori complessivi a 130 per modello. L accentuazione della pratica dell outsourcing e l approccio alla fornitura a livelli investe la catena di fornitura di nuove responsabilità e funzioni sia di servizio che produttive, relative in particolare al design, la logistica, il controllo qualità, la produzione di parti componenti e l assemblaggio. Fig. 2 - La catena di fornitura del settore auto, spostamento del focus del fornitore Il fornitore viene a presidiare sempre più attività tradizionalmente svolte dalle imprese finali, ossia la progettazione, la produzione di componenti e l assemblaggio (evidenziate con il tratteggio). Il focus del produttore finale viene invece sempre più a concentrarsi sulle attività di design, distribuzione, vendita, servizi post-vendita e marketing. Le funzioni di integrazione sono quindi anch esse esternalizzate. Già da tempo si parla infatti di imprese specializzate esclusivamente nell integrazione (integratori di sistema) e nell assemblaggio finale (assemblatori globali), le quali a loro volta esternalizzano ai fornitori di primo livello la fabbricazione dei moduli e sono spesso in grado di fornire i costruttori dei veicoli completi. Queste imprese fungono quindi da cerniera tra OEM e 1 livello, si parla infatti di fornitori di livello 0,5. Tra i più importanti, in termini di capacità produttiva e di progettazione, ricordiamo: Magna Steyr, Karmann, Lotus, Bertone, Porche, Pininfarina e TRW. Il 93

94 fornitore di primo livello deve quindi essere in grado di coinvolgere (e eventualmente individuare e sostituire) i fornitori dei livelli successivi, anche senza l intervento dell assemblatore (livello 0,5) o del costruttore finale (OEM). La natura della relazione tra impresa finale e fornitori è fondamentale per determinare il modello di sviluppo della catena sostenuto dalla politica del committente. Tuttavia, all introduzione della fornitura a livelli deve corrispondere una conseguente ridefinizione dell organizzazione interna. Mentre storicamente le imprese si sono concentrate sull eccellenza funzionale, i processi ri-organizzativi introdotti hanno spostato il focus su una logica di tipo inter-organizzativo, al fine di accrescere il livello di integrazione tra i processi produttivi inter-aziendali. Ciò ha delle implicazioni operative sull organiz-zazione del lavoro, attraverso un maggior orientamento al cliente della struttura, attraverso la costituzione di team di lavoro composti da lavoratori di imprese diverse e una crescita delle attribuzioni e delle responsabilità della figura del project manager rispetto ai vertici funzionali. Come mostrato nella figura seguente è fondamentale che a una logica di fornitura a livelli corrisponda un approccio dell organizzazione interna di tipo inter-funzionale. Fig. 3 - Dall integrazione verticale all impresa multilivello 94

95 Si passa da una struttura verticalmente integrata sia all interno che all esterno e basata sulla gerarchia funzionale a una deverticalizzazione della struttura interna e della catena di fornitura in diversi livelli. La crescita quantitativa e qualitativa delle funzioni esternalizzate e la fornitura modulare hanno reso necessario l aumento del grado di integrazione tra committente e fornitore. Nell esempio della fornitura integrata, il livello di collegamento cliente-fornitore raggiunge gradi molto elevati, tanto da assumere una connotazione fisica. Si sono infatti affermati nel settore auto modelli di integrazione quali i parchi fornitori, i condomini (nei quali committente e fornitori coabitano letteralmente sotto lo stesso tetto ), nonché veri e propri consorzi modulari, fondati sul co-investimento. Collins, Bechler e Pires propongono una differenziazione tra fornitura integrata e consorzio modulare, prendendo come elementi di classificazione gli aspetti connessi al contenuto delle relazioni tra imprese, la localizzazione, la logistica e la flessibilità di sistema. 95

96 Tab 5 - Il processo di evoluzione della cooperazione tra produttori e fornitori nel settore auto JIT Fornitura integrata Consorzio modulare Fornitori Numerosi Primo livello Co-investitore Localizzazione Prossimità e localizzazione autonoma Direttamente nel sito produttivo: buco nel muro (hole in the wall), senza vincolo geografico di localizzazione Direttamente sulla linea di produzione, senza vincolo geografico di localizzazione Relazione Indipendente Indipendente Dipendente Logistica Effetto coordinamento Crescita dell efficienza Flessibilità di sistema Possibilità Limitata possibilità di riconfigurazione di riconfigurazione Crescita dell efficienza Limitata possibilità di riconfigurazione Nel caso della fornitura integrata e del consorzio modulare, il forte collegamento tra committente e fornitore che li caratterizza assume, come detto, connotazioni fisiche (hole in the wall). Il fornitore viene inoltre a seguire le scelte di localizzazione del produttore finale che, nel caso del settore auto, hanno un orizzonte globale. Le imprese fornitrici sono quindi imprese internazionalizzate e di grandi dimensioni, le uniche in grado di impegnare ingenti risorse in progetti di co-investimento insieme con il committente. Si parla infatti di mega-fornitori. Nel caso del consorzio modulare il fornitore di moduli assembla direttamente nello stabilimento del produttore finale grazie a linee di alimentazione che convergono sulla linea di assemblaggio principale. La relazione è contrattualizzata in modo rigido e definito e si basa su una logica di cooperazione di lungo periodo. Il mega-fornitore ha la responsabilità dell assemblaggio in linea del modulo e il produttore finale mette a disposizione la linea di montaggio (assembly line) principale e mantiene la responsabilità del coordinamento e del test finale. Rispetto alla localizzazione, nello schema della fornitura a livelli e modello produttivo di tipo pull (con produzione tirata dalla domanda di mercato piuttosto che basata sulla programmazione - push), che prevede frequenti consegne ed alto livello di differenziazione, la prossimità geografica diventa fondamentale. 96

97 Questo è vero soprattutto per i moduli, il cui costo logistico è in genere molto elevato. Da questo punto di vista, i sistemi produttivi locali, intesi come aree geograficamente delimitate e caratterizzate dalla elevata presenza di piccole e medie imprese (PMI) specializzate in una o più fasi del processo produttivo, possono essere un modello organizzativo flessibile e in grado di permettere anche a fornitori di non grandi dimensioni di giocare un ruolo di primo piano. Nel comparto dell auto sono numerosi gli esempi di condomini e consorzi modulari. Lo schema sotto riportato descrive il processo di assemblaggio della fabbrica modulare VW di Resende, città a 150 km da Rio de Janeiro. E un esempio di fabbrica modulare pura, creata in virtù di un investimento congiunto tra VW e 7 fornitori selezionati. Presso lo stabilimento di Resende sono impiegati circa addetti, di cui appena 200 risultano essere dipendenti diretti VW: 160 nella progettazione di prodotto e 40 in produzione. Le attività nelle quali si concentra VW sono prevalentemente la progettazione, il controllo finale di qualità, il marketing e le vendite. L organizzazione dello stabilimento di Resende è basata su un approccio made-to-order con programmazione giornaliera della produzione (modello pull). 97

98 Fig. 4 - Il processo di assemblaggio nello stabilimento di Resende L organizzazione modulare spinge verso la riduzione del numero dei fornitori e un loro coinvolgimento forte che spesso implica addirittura, come nel caso di Resende, una partecipazione diretta nell investimento iniziale per la costruzione dello stabilimento. Allo stesso tempo, il focus geografico dei fornitori diviene più ampio. La matrice sotto riportata descrive la tendenza dei produttori di auto ad avviare dei rapporti sempre più esclusivi con fornitori di moduli che operano su scala globale, ossia in grado di seguire le scelte di localizzazione del costruttore partecipando direttamente all investimento. Il caso Resende tende verso il box A3. 98

99 Fig. 5 - La matrice del profilo del fornitore Un tipico esempio in Europa di produzione modulare è l MCC-factory in Humbach (Francia), dove è prodotta la Smart. L auto è disegnata e assemblata grazie alla partecipazione diretta di fornitori di moduli localizzati nel sito del costruttore. La logica che guida le politiche di acquisto globali è principalmente funzione di due variabili: il costo logistico (essenzialmente determinato dai costi di trasporto e la frequenza delle consegne) e la complessità tecnologica. Quando il costo logistico e la complessità tecnologica sono alti, come è nel caso di numerosi moduli, si richiede al fornitore di seguire il cliente, localizzando un impianto produttivo in prossimità dello stabilimento di assemblaggio finale. Per converso, a basso costo logistico e bassa complessità tecnologica corrisponde un criterio di scelta basato sul prezzo rispetto a un offerta globale (global sourcing). La ricerca di efficaci soluzioni logistiche spiega la nascita di numerosi parchi fornitori, organizzati attraverso un modello JIT e localizzati in prossimità della domanda finale. Allo stesso tempo, a livello di company network, si ricerca la leva delle economie di scala monetarie legate agli acquisti. Ovviamente, oltre a queste variabili, vi sono frequentemente altri elementi che intervengono nella scelta. Sono questi di natura sia operativa sia strategica, ma anche connessi all innovazione nonché relativi agli equilibri nelle relazioni di potere tra costruttori e fornitori di moduli e sistemi, o tra questi ultimi e le imprese di 99

100 componentistica. Proprio in riferimento alle scelte localizzative e gli equilibri di potere, molti costruttori hanno ridotto il rischio di conflittualità integrandosi verticalmente con i fornitori di primo livello, pur mantenendone l autonomia gestionale. Sono questi i casi di Visteon-Ford, Denso-Toyota, Delphi-GM, Magneti Marelli/Gilardini-Fiat, Faurecia-PSA. 5. Introduzione delle tecnologie dell informazione e della comunicazione a supporto delle relazioni tra le imprese Un ulteriore strumento in grado di accrescere il livello di integrazione tra costruttori e fornitori è rappresentato dalle tecnologie dell informazione e della comunicazione (TIC). Queste offrono una vasta serie di opportunità dal punto di vista sia della gestione operativa, sia della leva strategica. Per quanto concerne le applicazioni B2B (Business-to-business), queste rappresentano, così come mostrato nella seguente figura, un supporto sia alla gestione della catena di fornitura (SCM), sia allo sviluppo collaborativo del prodotto, sia per gli acquisti (procurement). Fig. 6 - Principali Obiettivi dei portali B2B Gestione della catena di fornitura Sviluppo collaborativo del prodotto Acquisti Visibilità in tempo reale attraverso la catena di fornitura Pianificazione collaborativa della catena di fornitura Gestione ottimizzata dell inventario Gestione della logistica in entrata e in uscita Ambiente di sviluppo on-line del prodotto Design collaborativo Tempi di programmazione interattivi Aste on-line, RFQ Gruppo di supporto agli acquisti Mercato per surplus di materiali Acquisto su catalogo Source: nostra elaborazione da presentazione Oracle Come precedentemente accennato la finalità che presiede la scelta dell utilizzo di queste tecnologie può trarre origine da orientamenti molto diversi. Lo strumento dell asta, incentrato sull idea di aumentare la massa critica per accrescere le economie di scala monetarie riducendo così il costo unitario del prodotto per mezzo dello schiacciamento dei margini del fornitore, si basa essenzialmente sulla strategia del massimo ribasso e sulla leva del prezzo. 100

101 Nella figura sotto riportata (Emiliani, 2000) è rappresentato l andamento del prezzo di parti di macchinari dal momento dell apertura a quello della chiusura di un asta, la cui durata è stata, in questo caso, complessivamente di un ora. Fig. 7 - Andamento del prezzo di un asta on line di vendita di un lotto di parti di macchinari. 101

102 Questo strumento risulta perciò essere, se non sviluppato insieme ad altre strategie di e-business quali il co-design, uno strumento di natura prevalentemente difensiva, che non qualifica né l impresa che lo promuove né quella che vi partecipa. E questo l esempio del co-buying tra costruttori di auto finalizzato a ridurre il costo degli acquisti. Alcune analisi stimano che l e-procurement nel settore auto porterà ai costruttori statunitensi un risparmio di circa dollari americani per veicolo. Altri studi stimano il risparmio, sempre in USA, intorno a 1.188$, essenzialmente attraverso la compressione dei margini delle fasi a monte. Spesso tuttavia questi risparmi non contabilizzano alcuni costi ad essi connessi. Recenti studi dimostrano infatti che sul promotore dell offerta on-line ricadono una serie di costi indiretti che vanno a ridurre il vantaggio ottenuto dall abbattimento dei costi diretti derivanti dal minor costo unitario delle forniture. Lo studio, che ha monitorato tutte le aste condotte da un produttore di componenti appartenenti al settore automotive svoltesi tra la fine del 1999 e la primavera del 2000, dimostra che, nonostante nel breve periodo la sostituzione del proprio fornitore con un produttore in grado si offrire i medesimi prodotti a prezzi minori risulti essere una opzione conveniente, gli oneri aggiuntivi derivanti dal dover imparare a lavorare con un nuovo fornitore possono elevare in modo consistente il costo complessivo dell acquisto, tanto da renderlo addirittura meno conveniente. Peraltro, il fornitore che considera le pratiche del committente come opportunistiche ha minori incentivi a condividere le informazioni sui propri costi nonché le pratiche di lavorazione, elementi cruciali al fine di avviare un efficiente rapporto di cooperazione lungo la catena di fornitura. In altri casi le aste possono invece rappresentare per il fornitore un incentivo ad adeguare sia le dotazioni tecnologiche sia le competenze interne. Le aste on-line stanno comunque acquisendo una sempre maggior importanza e vanno ad intervenire sulle modalità di regolazione del rapporto acquirente-venditore, diffondendosi non solo come strumento per l acquisto di beni standardizzati, ma anche per quelli ad elevato livello di complessità. In quest ultimo caso si rende necessaria una più approfondita attività di pre-qualifica dell impresa che si candida a partecipare alla gara. Per quanto concerne il settore auto, è probabile che sia l accordo Fiat-Gm sia la recentissima ristrutturazione di Fiat Auto, comporteranno un aumento dell importanza delle aste elettroniche come strumento per l acquisizione di componentistica alle condizioni economiche più convenienti. L avvio di aste ha riguardato inizialmente i componenti standardizzati (le commodities) ma si sta estendendo sempre più velocemente anche ai prodotti specializzati (Abate, 2002). In chiave prospettica, mentre negli anni ottanta prevaleva il modello di fornitura tradizionale e gli anni novanta hanno sancito l affermarsi della fornitura a livelli, oggi le relazioni tra OEM e fornitori di primo livello, così come quelle tra primi livelli e livelli 102

103 successivi, risultano essere largamente mediate da portali verticali (si veda figura seguente), ampiamente utilizzati con lo scopo di abbattere il costo unitario delle forniture. In futuro si assisterà ad una semplificazione delle transazioni elettroniche mediate da MarketPlace (MP), che a loro volta, a conclusione dell attuale periodo di proliferazione, subiranno una consistente selezione. Fig. 8 - Cambiamenti nel sistema di relazioni tra produttori d auto e Fornitori Fonte: materiale presentato da U. Jürgens al convegno internazionale: Il futuro della catena di subfornitura automobilistica torinese nello scenario internazionale, Villa Gualino, Torino, 7 Dicembre Gli strumenti e i tool informatici a supporto della cooperazione e dello sviluppo congiunto, come nel caso del co-design, si basano su una filosofia diversa da quella che guida le aste on-line. Sono infatti incentrati sul riconoscimento dell importanza del ruolo del fornitore e della volontà di costruire un sistema di relazioni tale da sviluppare le risorse di ognuno affinché il sistema nel suo complesso (committenti e fornitori) possa trarne un 103

104 vantaggio competitivo. Questa logica differisce in modo radicale da quella del massimo ribasso. Un rischio sempre presente per il sistema di fornitura riguarda il fatto che diversi committenti possano imporre al fornitore standard tecnologici non compatibili. L adeguamento a standard tra loro non compatibili, con conseguente moltiplicazione dei costi di gestione per i piccoli produttori, rappresenterebbe da un lato un costo aggiuntivo di tipo gestionale, dall altro porterebbe alla moltiplicazione degli investimenti in tecnologie informatiche, determinando una conseguente riduzione degli investimenti per lo sviluppo delle attività core. Infatti, la riduzione dei costi di trasferimento delle informazioni attraverso l utilizzo di tecnologie XML ha in qualche misura aggiunto complessità nel processo di cooperazione poiché ha contribuito ad aumentare la proliferazione degli standards di comunicazione. Il risultato è che i fornitori con più committenti non solo si trovano a dover gestire diversi modelli di cooperazione, ma debbono anche gestire differenti metodi di comunicazione all interno del medesimo modello. Per questi motivi è necessario strutturare e implementare piattaforme informatiche flessibili e adattabili. 6. Concentrazione e internazionalizzazione Negli ultimi anni si è assistito ad una forte accelerazione nei processi di concentrazione tra costruttori. Questi processi sono avvenuti attraverso varie forme: fusioni (Daimler/Chrysler), acquisizioni di maggioranza (Volvo e Land Rover da Ford e Dacia e Samsung da parte di Renault), acquisizioni di quote minoritarie (Mitsubishi da parte di DC, Nissan e Renault) e incroci di partecipazioni (Gm-Fiat, Volvo-RVI), solo per citare le principali. Queste diverse modalità presentano differenze rilevanti, in particolare dal punto di vista del grado di libertà che nei diversi casi detengono i vari contraenti. Relativamente alle similarità, tutti i processi di acquisizione, fusione, alleanza e scambio di partecipazioni tra imprese automobilistiche rappresentano il mezzo per: elevare le economie di scala e conseguentemente ridurre i costi unitari di lungo periodo; entrare o migliorare il posizionamento strategico in quanti più segmenti possibili di domanda; elevare la possibilità di standardizzazione di moduli e componenti senza compromettere l identità e la riconoscibilità di marca; controllare le possibili resistenze di alcuni fornitori nel mettere in opera le strategie dei costruttori (come è ad esempio nei casi di investimento che il fornitore deve affrontare per seguire il costruttore nelle sue scelte localizzative); 104

105 entrare o migliorare il posizionamento in nuove aree geografiche, in particolare i mercati emergenti; evitare, ridurre o razionalizzare gli investimenti. I processi di concentrazione sono a tutt oggi in atto ed hanno pesantemente contribuito a ridurre il numero di costruttori d auto indipendenti, dai 52 nel 1964 ai 10 nel In futuro è presumibile che il loro numero di ridurrà ulteriormente, raggiungendo le 5-6 unità. Tab 6 - Numero di produttori d auto indipendenti Futuro Europa ? Asia ? Nord America 5 4 2? Totale ? Fonte: materiale presentato da U. Jürgens al convegno internazionale: Il futuro della catena di subfornitura automobilistica torinese nello scenario internazionale, Villa Gualino, Torino, 7 Dicembre Così come per i costruttori, anche tra i fornitori del settore auto si sono registrate per tutti gli anni novanta numerose fusioni e acquisizioni, il cui risultato è stato un rilevante aumento del livello di concentrazione di mercato. I 5 più grandi fornitori del settore coprono ben il 25% del volume di vendite complessivo sviluppato dai primi 100 fornitori del comparto. Si stima che tra il 1995 e il 2000 si siano conclusi ben accordi di fusione o acquisizione tra imprese fornitrici appartenenti al comparto dell auto. Mentre negli anni passati i processi di concentrazione si sono in prevalenza espressi attraverso la modalità della fusione e acquisizione, dal 2000 lo scambio azionario, ossia la forma della partnership, sembra risultare prevalente. Questa formula, nell anno 2000, è stata utilizzata sia in occasione dell accordo Fiat-GM, sia nel caso dell accordo Volvo-Renault. La partnership è risultata essere preferibile perché considerata maggiormente efficace e efficiente della fusione. Ad avvalorare questa tesi vi sono alcune dichiarazioni critiche dei vertici di VW in riferimento all acquisizione SEAT. Il CEO (Chief Executive Officer) Piech di VW dichiarava nel 1999: L esperienza mostra che è molto più costoso integrare un impresa già strutturata che crearne una ex novo. L integrazione di un impresa come la SEAT ha portato la VW 105

106 sull orlo della crisi di sopravvivenza Sarebbe stato più economico per VW creare una nuova impresa che ricostruire l AUDI. Il fallimento dell operazione di concentrazione promossa da BMW e Rover rappresenta un esempio ancor più lampante di criticità nel concludere con successo percorsi di concentrazione. Non vanno poi dimenticati i numerosi altri casi di fusioni e acquisizioni fallite, quali quelli Seat-Fiat, Dacia-Citroën, Renault-AMC, Gm-Daewoo, Volvo-Renault, Autolatina e AutoEuropa (JV fra Ford e VW). Alcuni costruttori quali Honda, Toyota e PSA sembrano infatti continuare a preferire un processo di sviluppo in autonomia. Rispetto al caso dell alleanza Gm-Fiat, questa accelererà il processo di internazionalizzazione della Fiat, peraltro già ampiamente avviato in passato. Questo processo ha portato una selezione tra i fornitori regionali, spesso sostituiti da produttori di componenti stranieri. Altri fornitori regionali hanno beneficiato del percorso di internalizzazione, divenendo fornitori di primo livello e qualificando le proprie potenzialità sia operative che di sviluppo prodotto. Alcuni, attraverso il programma World Car hanno seguito il costruttore nel processo di strategia di espansione globale, spesso attraverso l avvio di joint venture (JV) in paesi quali il Brasile, l Argentina, la Polonia ed altri. Attraverso il processo di internazionalizzazione Fiat si è indirizzata sempre più verso l utilizzo di fornitori esteri, ed ha esteso questa politica alle produzioni nazionali, rifornendosi di parti e componenti economicamente più convenienti attraverso importazioni. Questo processo ha ridotto le opportunità per il sistema di fornitura nazionale. Numerosi fornitori di piccole e medie dimensioni, in prevalenza di terzo livello, hanno progressivamente spostato il loro focus dalla attività di fornitura verso il mercato OE (Original Equipment), alla fornitura aftermarket. Inoltre, l elevata frammentazione del sistema della componentistica italiano (mentre in Europa la dimensione media delle imprese di fornitura nel settore auto è pari a 275 addetti, in Italia la dimensione media si attesta sui 130 addetti) insieme a un forte deprezzamento della lira hanno rappresentato due condizioni favorevoli per l ingresso sul mercato italiano da parte di fornitori globali. Fornitori di carattere multinazionale come Exide, Delphi, AlliedSignal, TRW, Plastic Omnium, Lear e Valeo hanno infatti, negli anni passati, acquisito importanti contratti da Fiat per mezzo di questa strategia, anche attraverso massicce acquisizioni di imprese locali. 106

107 7. Standardizzazione e customizzazione dello standard (orientamento al cliente) Il processo di riduzione dei costi attraverso la standardizzazione dei componenti prima e dei moduli poi è direttamente connesso all intensificarsi delle acquisizioni, delle fusioni e delle alleanze che hanno caratterizzato l ultimo decennio e che a tutt oggi rappresentano una delle strategie dominanti dei produttori di auto. Da una fase di riduzione del numero dei componenti e un aumento del livello di standardizzazione degli stessi, si è passati oggi ad una incentrata sulla riduzione del numero di piattaforme. Ciò rende possibile un ulteriore standardizzazione degli elementi strutturali quali chassis o struttura portante, trasmissioni, sospensioni e sistema guida. La tabella sotto riportata descrive il piano di convergenza di prodotto avviato grazie all accordo Fiat-GM. Tab 7 - Famiglie prodotto e piano di convergenza Fiat GM Famiglie Fiat Famiglie GM Totale al 2001 Piano di convergenza (in 3-4 anni) Benzina Diesel Trasmissione Fonte: Dantini C., Fiat-GM Powertrain JV, presentazione svolta in occasione della nona edizione del Gerpisa Colloquium, Parigi, L accordo Fiat-Gm ha come primo obiettivo l abbattimento dei costi unitari attraverso la crescita delle economie di scala tecniche e monetarie. Ciò è perseguibile sia grazie alla crescita del potere contrattuale che deriva dall aumento dei volumi di acquisti (purchaising), sia in ragione delle nuove opportunità di standardizzazione che l accordo offre (powertrain). Per l implementazione di tale strategia Gm e Fiat hanno creato due joint venture dedicate. Per quanto riguarda powertrain, come mostrato nella tabella, per le sole motorizzazioni benzina, Fiat e GM ad oggi producono insieme 14 diversi tipi di motorizzazione. Il piano di convergenza le porterà in 3-4 anni a 8. Il processo di standardizzazione, oltre a riguardare, in una prima fase, i componenti e i motori, così come 107

108 mostrato nella precedente tabella, coinvolgerà in un secondo momento, sempre che ciò non determini una riduzione delle economie di differenziazione, le piattaforme. L obiettivo è quindi quello di customizzare lo standard, ossia fruire dei vantaggi derivanti dalla riduzione di costo che la standardizzazione determina senza però che ciò comprometta la riconoscibilità del cliente nei confronti del prodotto. 8. Ridefinizione del core business Una delle scelte strategiche che, vista la cronica sovracapacità produttiva che caratterizza il comparto auto, è attuata da numerosi costruttori di massa, è quella di mettere in campo politiche di differenziazione del core business. Queste si basano sull esternalizzazione di funzioni produttive legate all auto, sull ingresso in mercati in crescita collegati al settore dell automobile e sull investimento in attività in grado di permettere di capitalizzare il know-how detenuto attraverso l avvio di partnership ponte finalizzate all ingresso in nuovi settori. I costruttori di auto divengono infatti sempre più imprese fornitrici di prodotti e servizi automotive, piuttosto che venditori di auto. In effetti, del totale valore generato da un auto di medie dimensioni in 10 anni e miglia (pari a quasi $), il costruttore di auto, tra prezzo di vendita e altre entrate minori (margine distribuzione, incentivi, costo della garanzia, trattenute OEM, spedizione, estensioni della garanzia, primo finanziamento, ecc.), incamera appena il 43% (poco meno di $) del totale valore generato. Per quanto concerne Fiat Auto, all esternalizzazione di funzioni produttive e di servizio legate alla produzione di auto, come è stato per i servizi di manutenzione (Comau Service, a cui Fiat ha trasferito 2000 dipendenti, serve non solo l impresa torinese, ma numerose altre aziende in prevalenza localizzate nell area di Torino), segue l ingresso sempre più massiccio in mercati collegati quali quelli dei servizi assicurativi, in cui Fiat è peraltro sempre stata presente, in particolare nel mercato italiano, e finanziari in genere. Ai casi di ingresso in mercati collegati si associa inoltre l entrata in nuove aree di business. L esempio più recente di questa strategia è quello della cordata intrapresa con EDF Francia, che ha permesso di rilevare, attraverso il consorzio Italenergia, la proprietà del gruppo Montedison e così entrare nel comparto energia. Un altro caso recente è quello della partnership FIAT-Ibm, che ha portato alla creazione di ValueGlobal, che opererà, con dipendenti (un terzo proveniente dal gruppo Fiat e il rimanente da Ibm), nel settore dell Information tecnology, offrendo soluzioni ERP e gestendo in outsourcing servizi IT e reti tecnologiche inizialmente per il mercato italiano e in un secondo momento anche per quelli polacco e brasiliano. 108

109 Sempre rispetto al caso Fiat, l impresa automobilistica italiana ha da tempo avviato un percorso volto a ridurre il grado di dipendenza del gruppo dal mercato italiano. Infatti, mentre 10 anni fa il 56% dei proventi derivava dal mercato nazionale, con appena il 9% del fatturato proveniente dal mercato extra europeo, nel 1999, anche grazie a consistenti processi di acquisizione quali quelli delle imprese Case e New Holland, il fatturato extra europeo è salito al 26% e quello derivante dalle vendite in Italia si è drasticamente ridotto fino a raggiungere il 38% del fatturato complessivo del gruppo. In tutti i casi sopra visti la Fiat entra in nuovi business cedendo parte dei propri dipendenti. Fiat Auto riduce quindi i propri addetti in Italia attraverso diversi percorsi: in ragione dei processi di delocalizzazione della produzione, in ragione dell accentuazione della pratica dell outsourcing ma anche nel momento in cui attiva partnership finalizzate ad entrare in nuovi segmenti di business. Queste scelte, seppur volte a accrescere la presenza in settori ricchi e in espansione, impongono forti investimenti che non vanno quindi ad essere convogliati nell attività core. Il settore auto impone, al contrario, quantomeno a coloro che sono intenzionati a giocare un ruolo di leader, consistenti e continuativi investimenti. 9. Rilancio della Domanda Le politiche di differenziazione massicciamente intraprese dai produttori di auto non sono più in grado di sostenere la domanda. La commercializzazione di massa di auto a nuova propulsione (primo ordine) determinerebbe l inizio di una nuova stagione per il mondo dell automobile. Svariati elementi suggeriscono che siamo ormai giunti agli albori di questa nuova stagione. I costruttori di auto non si pongono nel medesimo modo di fronte a questa sfida. Durante gli anni 90 l aumentata sensibilità verso i temi ambientali e verso l utilizzo corretto delle risorse energetiche ha portato all avvio di politiche rivolte alla limitazione dei danni provocati alle persone e all ambiente dall enorme e sempre crescente numero di mezzi dedicati al trasporto delle persone (individuali e collettivi) e delle merci, in particolare nelle grandi aree metropolitane. Smog, inquinamento, effetto serra e buco dell ozono sono diventati termini di uso drammaticamente comune. Tali politiche si sono tradotte in provvedimenti di limitazione dell accesso ai centri delle città (zone a traffico limitato, road-pricing), alla chiusura dei centri storici a fronte del superamento dei limiti di soglia per l inquinamento. Questi provvedimenti sono stati affiancati, in genere, da 109

110 interventi ed incentivi pubblici per la riduzione delle emissioni inquinanti, particolarmente rivolti a: migliorare l efficienza e ridurre i consumi dei propulsori tradizionali incrementare l utilizzo di carburanti meno inquinanti (metano e GPL, invece che benzina e gasolio) sviluppare propulsori innovativi in grado di ridurre drasticamente o annullare le emissioni nocive dei veicoli. Gran parte delle motorizzazioni alternative non trovano ad oggi applicazione commerciale. Ciò è vero, in particolare nel nostro paese, come dimostra la seguente tabella. 110

111 Tab 8 - Vendite per tipo di propulsione in Italia, comparazione anni Alimentazione Unità % Unità % Unità % Unità % Benzina , , , ,62 Diesel , , , ,38 Gpl , , ,01 0,00 - Metano , , , Elettrica 101 0, , Totale mercato , , ,00 Fonte: ,00 A parte il caso della California, che ha in ogni caso avviato una fase nuova di sviluppo delle tecnologie della trazione, le ricerche e le sperimentazioni sviluppate in tutti i paesi industrializzati fin quasi alla fine degli anni 90 non hanno visto una partecipazione effettivamente convinta dei costruttori tradizionali di veicoli, che hanno preferito battere le prime due strade, collocandosi in una posizione conservativa, tesa a preservare gli investimenti effettuati sugli impianti di produzione per veicoli con propulsori tradizionali. Allo stesso modo, assenti sono i grandi produttori di carburanti tradizionali, per i grossi investimenti che si rendono necessari nella rete di distribuzione tradizionale. Tutte la grandi case, però, hanno lanciato programmi importanti di ricerca, spesso in accordo con le Autorità Pubbliche, allo scopo di acquisire know how e prepararsi a distanziare i concorrenti nella gara delle nuove tecnologie di propulsione. Per le implicazioni sulle tecnologie e sulle reti di distribuzione vengono individuate soluzioni intermedie (veicoli ibridi: motore a combustione e motore elettrico insieme, veicoli fuel cell con reformer per l idrogeno), che facciano da ponte per le soluzioni più avanzate, ma di lungo periodo (fuel cell a idrogeno). In questo contesto si sono sviluppati molti piccoli integratori, su base locale o al più nazionale, più con lo scopo di entrare nel business del trasporto nelle aree ristrette del centro urbano che non in quello della mobilità nel suo complesso. Sono nate così le prime auto e i primi furgoni elettrici a batteria, che hanno avuto il merito di mettere in luce gli aspetti della autonomia, dei sistemi di ricarica e dei costi per l utente. Nello stesso periodo si sono sviluppate società fortemente innovative che hanno investito nella ricerca di nuovi sistemi di propulsione, con l obiettivo di essere interlocutori e partner delle grandi case automobilistiche. Si pensi ad esempio alle esperienze di Ballard e ZeTek, che 111

112 hanno acquisito una posizione preminente nelle fuel-cell, o alla nuova MDI (Francia), che ha sviluppato un originale propulsore ad aria compressa, ma anche un originale modello di business basato sulla vendita di fabbriche locali che coprono un area di circa 2.5 milioni di abitanti. In sintesi questi sono i fronti su cui si sviluppano i progetti e le ricerche: riduzione dei consumi e delle emissioni su motori convenzionali con combustibili tradizionali (benzina, gasolio) combustibili puliti, da usare su motorizzazioni convenzionali (metano, GPL, idrogeno, metanolo) motorizzazioni elettriche a batteria (ZEV) motorizzazioni ibride basate sulla presenza contemporanea di motore endotermico e motore elettrico motori a fuel cell (cella a combustione), che utilizzano idrogeno puro o idrogeno ricavato da altro combustibile Questa ultima tecnologia (Fuel Cell) sembra essere, a parere di molti operatori, in grado di produrre in un futuro non così venturo, uno sconvolgimento epocale nella produzione di energia, e non solo per il settore dei trasporti. Le informazioni che giungono dalla stampa tecnica e da quella non specializzata dichiarano che tutte le grandi case, tra queste la General Motors (come dichiarato dal direttore della divisione Global Alternative Propulsion Systems General Motors Europe Erhard Schubert) e la Ford (come sostenuto da Jürgen Schrempp, Chairman of the Board of DaimlerChrysler AG), stanno predisponendo modelli di vetture con motorizzazioni del tutto innovative: dalla cella combustibile alimentata ad idrogeno, a motori a scoppio alimentati ad idrogeno, a motori ad aria compressa, a sistemi a doppia motorizzazione, a seconda che il traffico sia urbano o extraurbano. Ciò che normalmente sfugge è, per usare le parole di Erhard Schubert, che non vi è alcuna automaticità o continuità tra le competenze precedenti e quelle richieste nel passaggio ai nuovi propulsori. Cambierà non solo la struttura delle competenze ma anche la dimensione di soglia di ingresso per tutto il settore automobilistico. I processi, quindi, virtuosi del settore componentistico richiedono un ripensamento specifico che, in qualche misura è già in corso (Pininfarina), anche rivolto al mercato del lavoro. Le nuove motorizzazioni sono oggetto di consistente investimento da parte della quasi totalità delle più importanti case automobilistiche, le quali confidano in una loro prossima applicabilità commerciale. Le propulsioni alternative sono quindi elemento strategico chiave per uno sviluppo futuro del settore. Già a gennaio del 2000, il presidente della Ford, William C. Ford Jr. dichiarava: Credo che i veicoli fuel cell finiranno per essere la futura forma di propulsione per il trasporto persone. Ciò rappresenterà una strada vincente per tutti i consumatori avranno 112

113 una efficiente fonte di potenza, la comunità godrà di una situazione di emissioni zero e i produttori di auto beneficeranno di una nuova formidabile opportunità di business e una futura opportunità di crescita. 10. Conclusioni Come in precedenza descritto, la filiera dell auto è sottoposta, nel suo complesso, ad uno schiacciamento dei margini senza precedenti nell ultimo decennio. Questo processo, che parte da una progressiva riduzione del prezzo finale, si ripercuote sulla totalità della filiera. La distribuzione non è tuttavia omogenea, ma dipende direttamente dal potere contrattuale degli attori in gioco. Il rischio è che queste tensioni finiscano per far collassare la catena nel suo complesso, con conseguenze dal punto di vista occupazionale non più gestibili attraverso interventi ciclici basati su prepensionamenti, cassa integrazione e ammortizzatori sociali in genere. Dal 1995 il prezzo reale delle auto negli Stati Uniti è calato di circa lo 0,5% all anno. Questo ha comportato una pressione sui fornitori che, ad esempio, nel caso di Ford, si è sostanziato in una riduzione dei compensi dei fornitori che oscilla dal 3 al 5%. I fornitori di primo livello hanno di conseguenza tagliato a cascata i compensi ai fornitori dei livelli successivi. Questa strategia, seppur con una intensità più o meno spinta, è perseguita da tutti i costruttori d auto. Il paradosso che si sta profilando è che, come abbiamo argomentato lungo la trattazione di questo lavoro, i costruttori esternalizzano intere funzioni a fornitori di primo livello, chiedendo loro di acquisire un grado di specializzazione tale da partecipare attivamente non solo alle attività produttive, ma anche a quelle di progettazione e ricerca&sviluppo, assumendo peraltro la responsabilità formale rispetto al componente, sistema o modulo fornito, a fronte però di una progressiva e costante riduzione dei margini di impresa. Questo schema presenta evidentemente diversi elementi paradossali, soprattutto in ragione del fatto che la catena di fornitura è, in special modo nei settori della manifattura dove è rilevante la quota di attività in outsourcing, un pezzo cruciale del sistema dell offerta. Peraltro, alla catena di fornitura è richiesto da parte dei costruttori uno sforzo rilevante nel seguire le strategie di standardizzazione dei moduli e delle piattaforme promosse dalle grandi case automobilistiche. Questo presuppone evidentemente investimenti in risorse e tecnologie che risultano essere frenate dal costante processo di riduzione dei margini. Tutto ciò accresce il grado di esposizione del sistema di fornitura. Infatti, gli sforzi delle imprese della filiera per incontrare le esigenze dei costruttori non sempre vanno a buon fine. La multinazionale Lear, che possiede peraltro diverse unità produttive in Italia (di cui una a Torino), ha acquistato di recente, per 2,3 bilioni di dollari americani, la United Tecnologies, importante 113

114 impresa produttrice di parti componenti, con la speranza di rafforzare la propria posizione nell offerta di partecipazione al programma Delta Car lanciato da GM. La decisione del costruttore di rimandare l avvio del programma ha evidentemente determinato un ritardo nel ritorno dell investimento affrontato da Lear. Peraltro, in generale, i rischi subiti dai fornitori non si limitano ai soli aspetti di esposizione economico-finanziaria ma riguardano anche elementi connessi alla qualità di prodotto. I vincoli finanziari e l assot-tigliamento dei margini impongono riduzioni dei costi che non sempre sono comprimibili attraverso l accrescimento dell efficienza e la risoluzione dei colli di bottiglia organiz-zativi. Ad esempio, nel caso i tagli finiscano per colpire le spese di ricerca e sviluppo, i problemi connessi alla qualità del prodotto che hanno caratterizzato la vicenda Ford-Firestone rischiano di divenire sempre più frequenti. Questa sembra peraltro essere un ipotesi non così futuribile. A riprova di ciò, DaimlerChrysler è stata di recente costretta a ritardare per diversi mesi il lancio della sua Smart Car, in ragione del fatto che alcuni fornitori chiave hanno incontrato non pochi problemi nell adeguarsi ai nuovi processi e standard di qualità stabiliti dal committente. A ciò si aggiunge il fatto che alcuni segmenti della sub-fornitura auto si sono accollati, attraverso i processi di esternalizzazione di funzioni produttive avviate dai costruttori, di una parte rilevante degli oneri derivanti dalla sovra-capacità produttiva. All interno di questo scenario, alcuni osservatori non reputano addirittura improbabile una migrazione delle imprese della catena di fornitura dell auto verso altri settori/comparti tecnologicamente prossimi o, peggio ancora, la necessità da parte dei costruttori di avviare iniziative di sostegno economico nei confronti dei produttori appartenenti alla rete di fornitura, al fine di evitare rischi di bancarotta. Una possibile alternativa a disposizione dei produttori di auto potrebbe essere quella di tornare all attività manifatturiera, internalizzando nuovamente le fasi produttive massicciamente esternalizzate nell ultimo decennio. 114

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120 Concorrenza internazionale ed evoluzione organizzativa nel settore automotive Ulrich Jürgens 1. Introduzione L arrivo del nuovo secolo vede l industria automobilistica europea in miglior forma rispetto a quanto molti avevano previsto agli inizi degli anni 90. Oltre alle condizioni del mercato e a tassi di cambio favorevoli, le misure di ristrutturazione degli anni 90 sono state tra i fattori principali per motivare un tale successo. Tuttavia, le pressioni concorrenziali non sono diminuite anzi, hanno richiesto ulteriori cambiamenti di strategia e di struttura all interno del settore. Tutto questo grazie ad uno scenario mondiale di alta sovracapacità di quasi il 25%, indicazione che l ulteriore concentrazione ed il consolidamento nel settore, per migliorare le economie, sarà una delle maggiori tendenze da aspettarsi per il futuro. Ed, infatti, il numero di produttori automobilistici indipendenti si restringe inesorabilmente. Nel 1980 vi erano ancora 30 produttori automobilistici indipendenti, ridottisi a solamente 10 nel 2001; nella sola Europa il numero si è ridotto da 19 a 6. Se si tengono in considerazione le previsioni degli esperti del settore, in futuro sembra possa esserci posto per un massimo di cinque o sei produttori automobilistici indipendenti. Di conseguenza, la concorrenza tra produttori diventa sempre più una concorrenza tra marchi, o tra impianti produttivi della medesima azienda. Allo stesso tempo, i produttori automobilistici hanno delegato competenze sempre maggiori a fornitori di diverso tipo. Di conseguenza, la concorrenza diventa sempre più una questione di concorrenza tra reti. La presente documentazione prende in esame alcuni aspetti dell evoluzione organizzativa derivanti da tali sviluppi, con particolare attenzione alle situazioni europee. Le prossime due sezioni forniranno un breve profilo delle maggiori strategie competitive perseguite dai produttori automobilistici e affronteranno le direttive generali di ristrutturazione organizzativa. A seguire trova spazio una sezione dedicata alle attuali sfide dell evol-zione organizzativa derivanti da queste strategie e andamenti. Il documento si conclude con sommario e conclusioni. 120

121 2. Strategie concorrenziali dei produttori automobilistici Le quattro strategie dei produttori automobilistici che verranno descritte di seguito, rivestono particolare importanza per capire l attuale evoluzione organizzativa del settore automotive: 1. Diversificazione del prodotto: si tratta di una tendenza in corso sin dagli anni 70 che ha comunque continuato ad incrementare il proprio slancio: il numero di modelli di automobili aumenta, mentre il volume prodotto per modello diminuisce. Nel caso del mercato tedesco: mentre vent anni fa un nuovo acquirente di auto poteva scegliere tra 140 diversi modelli di auto, oggi esistono 260 modelli di autovetture disponibili sul mercato. L incremento nella gamma dei modelli procede di pari passo con la diminuzione nel volume di produzione per modello di auto. Tutto questo con serie conseguenze economiche dato che l aumento nell assortimento assorbe la maggior parte delle risorse per accrescere l efficienza delle nuove tecnologie e delle nuove forme di organizzazione lavorativa per la produzione. E la tendenza a frammentare ulteriormente i mercati continuerà. Secondo l Ufficio Marketing della VW, il numero dei segmenti di mercato è aumentato da 9 nel 1987 a 30 nel La frammentazione dei mercati continuerà ad avvenire nel 21 secolo. Tutto questo verrà aggravato da ulteriori marcate frammentazioni risultanti dall innovazione di prodotto: sistemi di propulsione alternativi, come le auto ibride e le celle a combustibile, condurranno probabilmente in futuro a nuove segmentazioni di prodotto e modelli di nicchia (Dudenhöffer 2002, pag.72). 2. Un ulteriore attuale tendenza si ritrova nella pressione per accorciare i tempi del ciclo di sviluppo di nuovi prodotti. Mentre i produttori di auto occidentali impiegavano da cinque a sei anni per sviluppare un nuovo modello di auto, ora si prefiggono di accorciare i tempi da due a tre anni. Quest accelerazione ha richiesto una fondamentale ristrutturazione dei compiti rispetto alla tradizionale divisione del lavoro nell industria. Fornitori di diverso tipo di componentistica, di attrezzature e di servizi di progettazione devono dividersi alcuni dei compiti che gli OEM non possono gestire o non considerano più quale loro competenza principale. Mentre il focalizzarsi sulle competenze centrali e l outsourcing hanno condotto ad un ulteriore frammentazione nella catena di sviluppo e produzione di un prodotto, il ridotto tempo di ciclo ha richiesto una sempre più perfetta comunicazione e cooperazione tra aziende e tra funzioni della stessa azienda all interno delle catene di processo (cf. Jürgens 2000). 3. La riduzione dei costi rimane l interesse costante della strategia concorrenziale. In 121

122 aggiunta alla tradizionale pressione alla razionalizzazione, vi è stato uno spostamento di enfasi e di metodi in vista delle pressioni che i costruttori automobilistici (e anche alcuni dei loro fornitori) subiscono dai mercati finanziari per migliorare il proprio dividendo percepito dagli azionisti. Per diminuire gli investimenti destinati a nuove strutture e a costi operativi, e per risparmiare sullo sviluppo di nuovi prodotti, i fornitori devono sempre più spesso partecipare nell assunzione dei rischi e nella divisione dei costi. Quindi, oltre ai tagli sui costi annuali che stanno diventando un abitudine nell industria automobilistica, sono stati sviluppati una serie di altri strumenti per coinvolgere i fornitori nella suddivisione dei costi: il pre-finanziamento del lavoro di sviluppo del prodotto; la suddivisione dei costi di investimento per nuovi prodotti; la condivisione del rischio sui modelli, ecc. 4. L innovazione tecnologica diventa sempre di più un fattore importante nelle strategie competitive dei produttori automobilistici. Dalla seconda metà degli anni 90 le aziende hanno spostato la propria attenzione dalle innovazioni di processo a quelle di prodotto. In Germania, l industria automobilistica da sola rappresenta ora più di un quarto di tutte le spese sostenute dal settore privato per Ricerca e Sviluppo. Mentre in passato l innovazione si è tradizionalmente evoluta in modo graduale e moderatamente conservativo, ora si assiste ad un certo numero di tecnologie all avanguardia che verranno applicate nel medio termine. Questo fenomeno è ancora più evidente per l industria dell elettronica (x-by-wire), ma anche nell area della propulsione (cella a combustibile, ecc.), dei materiali leggeri e, ovviamente, nel multimediale e nella telematica. Ciò richiede uno spostamento delle competenze degli OEM ma anche dei loro fornitori. Nel frattempo, la globalizzazione come strategia competitiva, avendo giocato un ruolo centrale negli anni 90, ha perso gran parte del suo slancio. Tuttavia, alcune strutture si sono sviluppate seguendo questa strategia e si devono ancora consolidare da ulteriori evoluzioni organizzative. 3. Sfide attuali per l evoluzione organizzativa In vista dei cambiamenti nella struttura industriale, a seguire verranno trattati principalmente i cambiamenti nelle relazioni interorganizzative tra produttori di equipaggiamenti originali (OEM), ovvero: i produttori di automobili e i loro fornitori. Verranno presi in esame quattro tipi di sviluppo: 122

123 1 Ristrutturazione del gruppo di fornitori La forza trainante della ristrutturazione del settore, è stata l outsourcing di attività perseguita da parte degli OEM, i quali hanno ridotto la propria integrazione verticale nello sviluppo del prodotto come anche nella produzione. Secondo le previsioni dei consulenti, questa tendenza continuerà, facendo crescere ulteriormente la percentuale del valore totale delle automobili costruite dai fornitori dal 60% al 70% nel 2002, dal 70% all 80% nel 2010 e, per quanto riguarda la percentuale di sviluppo di nuovi prodotti detenuta dai fornitori dal 33% nel 2002 al 51% nel 2010 (Verband der Automobilindustrie 2000: pag. 52). Il trasferimento di lavoro ai fornitori procede di pari passo con la politica degli OEM di ridurre il numero di fornitori diretti, il che comporta una stratificazione della struttura dei fornitori. Questa tendenza sembrava seguire quella del modello piramidale Giapponese, con gli OEM al vertice seguiti da un gruppo di fornitori di livello 1 i quali, a loro volta, sono seguiti da un gruppo di fornitori di livello 2, che ricevono i pezzi da fornitori di livello 3 e via discorrendo fino a quando la catena di fornitura raggiunge la fine con i fornitori di materie prime. La piramide riduce la complessità di gestione della catena di fornitura, in particolare per gli OEM. Per molto tempo questo modello è stato trainante per la ristrutturazione nell industria. Nel frattempo, gli OEM hanno ridotto drasticamente il numero dei loro fornitori diretti e la struttura a livelli si è evoluta in una struttura con un minor numero di aziende di livello1 che consegnano direttamente agli OEM. Queste aziende di livello 1 vengono ora fornite da aziende di livello 2 e di livello 3 (e così via) le quali non hanno più contatti diretti con gli OEM. Inoltre risulta importante notare che questa tendenza verso la stratificazione si verifica anche nell area di fornitura dell attrezzatura di processo, dei servizi di progettazione, ecc., come mostrato nella tabella 1. Tabella 1 - Sviluppo del gruppo di fornitura automotive mondiale Fornitori globali Sub-sistemi Integratori/Livello 1 Moduli/Livello 2 Componenti/Livello 3 3,900 7, ,000 1, Materiali/Hardware/Attrezzi & stampi 6,

124 Servizio 3, Totale 21,900 4,060 2, Fonte:International Business Development Corp., citato da Phelan (1998, pg. 81); ibd Corp La Tabella 1 mostra come tra il 1988 ed il 1998 un certo numero di fornitori si siano evoluti in fornitori globali. Ad esempio, aziende come Bosch, Dana, Delphi, Eton, GKN, Johnson Controls e altre che producono moduli e sistemi per gli OEM ovunque siano localizzati i loro impianti di assemblaggio. La stessa tabella mostra come durante questa decade tutte le altre categorie di fornitori siano drasticamente diminuite. Per il futuro, fino al 2008, l azienda che ha fornito questi dati prevede un ulteriore drastica riduzione di tutti i tipi di aziende di fornitura incluso il nuovo gruppo di fornitori globali. E previsto che il livello di fornitori di piccoli moduli (come ad esempio la strumentazione) si estingua contemporaneamente o si sviluppi in integrazioni più grandi (quali gli abitacoli) oppure diventando fornitori di parti. Nonostante i dubbi che si possano nutrire riguardo ai dati nel dettaglio, la maggior parte degli osservatori sarebbe d accordo su tale tendenza. L enorme ondata di fusioni e acquisizioni degli anni recenti è stata fondamentale per ottenere il consolidamento del gruppo di fornitura mondiale. Tuttavia, tutte le fusioni, le acquisizioni e le consolidazioni non hanno prodotto il risparmio dei costi sperato che si era anticipato e, mentre i mercati finanziari hanno sopportato l emergenza dei mega-fornitori, molti di questi non sono stati capaci di sviluppare le strutture organizzative e le capacità richieste da tale nuovo ruolo. 2 Modularizzazione Dapprima, si è trattata di una particolarità del mercato europeo, in cui il movimento di outsourcing è stato tecnicamente guidato da concetti di modularizzazione. Il concetto di modularizzazione è sorto tra la fine degli anni 70 e l inizio degli 80. In questi anni, quasi tutti i produttori automobilistici europei hanno sperimentato una qualche forma alternativa di linea di assemblaggio installando celle di produzione, isole di assemblaggio, ecc. Tali concetti di modularizzazione erano incentrati sugli OEM, orientati al prodotto, e guidati da complessità di prodotto crescenti e da progetti di automazione. Mentre alcune aziende hanno sviluppato aree modulari con l obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro, in particolare in impianti di assemblaggio dove parte delle aree di assemblaggio di, ad esempio, portiere, abitacolo e sedili sono state trasformati in impianti fissi di produzione con cicli relativamente lunghi e un qualche grado di arricchimento lavorativo, altre aziende si sono interessate più alla progettazione di un processo che permettesse il massimo grado 124

125 di automazione. Un chiaro esempio del fenomeno è stato quello del nuovo impianto di assemblaggio della Volkswagen a Wolfsburg, costruito per rispondere all alto volume di produzione della Golf agli inizi degli anni 80. E stato l approccio Volkswagen che ha richiesto una nuova architettura di prodotto. A questo stadio la struttura open-front era stata sviluppata ed insieme a questa il modulo front end che era stato assemblato allora in un area separata dell impianto di Wolfsburg. Una decade più tardi, il front end era uno dei primi moduli ad essere assemblato (mentre era ancora in fase di sviluppo presso la VW) da un azienda fornitrice (la Hella). Nel frattempo, tutte le isole di assemblaggio per gli abitacoli, le portiere ecc. presso gli OEM menzionati sopra, erano tutte state smantellate. Questo è così diventato il business più importante per i fornitori. La facilitazione di questa transizione è stata una delle conseguenze principali della crisi degli inizi degli anni 90. In queste condizioni la stratificazione dell industria della fornitura ha ricevuto un importante spinta. Un sondaggio condotto da Roland Berger & Partner nel 1996 ha evidenziato che il 97% degli OEM aveva esternalizzato moduli/sistemi per ottenere una riduzione dei costi; il 65% per ridurre le complessità e focalizzarsi sulle competenze centrali; il 49% per migliorare processi e prodotto, il 36% per migliorare la qualità; il 26% per usufruire del know-how dei fornitori e il 21% per carenza di risorse (Roland Berger & Partner GmbH, 1996). La definizione dei moduli in vista di vari requisiti (in termini di sviluppo, manifattura, logistica, ecc.) è stato un processo che ha richiesto uno sforzo enorme in termini di progettazione da parte degli OEM. Da parte dei fornitori, che volevano fortemente questo business, sono altresì stati fatti sforzi enormi per l acquisizione di capacità di progettazione. Agli inizi degli anni 90 si è primariamente trattato di uno sforzo richiesto dai produttori automobilistici europei ai loro fornitori. Nel frattempo, la modularizzazione non poteva più essere considerata come caratteristica europea. Ciononostante, in termini quantitativi, la più alta concentrazione di moduli (e sistemi) rimane comunque in Europa. Per questo motivo, i cambiamenti strutturali maggiori nella fornitura automotive sono avvenuti in Europa. Secondo Roth (2001) i moduli e i sistemi hanno composto il 22% del totale della fornitura automotive per i produttori automobilistici europei nel 1993; i componenti hanno raggiunto il 56,7%; le parti standard il 12,8% e le materie prime l 8,3%. Nel 2000 la percentuale di moduli e sistemi è cresciuta fino al 42,8%; la percentuale dei componenti è diminuita fino al 42,2%; le parti standard sono cresciute dell 8% e le materie prime il 7% (Roth 2001). La tendenza verso moduli e sistemi fornisce un grande supporto alla tesi che porta ai mega-fornitori. Questa serie di competenze richieste può essere fornito solamente da un piccolo numero di protagonisti a livello mondiale. Secondo il gruppo di consulenza tedesco Roland Berger, il consolidamento nell industria ha già portato a oligopoli di sette o otto 125

126 fornitori di massimo livello per moduli e sistemi nel Per il 2005 i consulenti prevedono una riduzione di questo numero a cinque o sei, e per il 2010 di un numero tra tre e cinque. Allo stesso tempo il numero di moduli e sistemi per veicolo è diminuito, accompagnato da un ulteriore integrazione di parti e funzioni in moduli più grandi moduli e sistemi. Mentre il numero di moduli e sistemi per veicolo oscillava tra 18 e 20 nel 2000, Roland Berger prevede una riduzione da 14 a 16 entro il 2005 e di circa dieci entro il 2010 (Roland Berger, citato in Roth 2001). 3 Segmentazione e Specializzazione nella catena del valore I cambiamenti descritti nella sezione precedente hanno portato ad un cambiamento del ruolo degli OEM e a nuovi ruoli e forme di specializzazione tra i protagonisti della stessa catena di fornitura. Il cambiamento nelle competenze principali degli OEM viene descritto in Figura 1. Figura 1 Cambiamenti nelle competenze principali degli OEM ?? Produttore Assemblatore Integratori automobilistico automobilistico Integrazione verticale 50-60% 30-40% <20% Competenze principali Produzione Design Design R&S Tecnologie principali Marketing Assemblaggio Assemblaggio Distribuzione Mentre i tipici costruttori automobilistici europei e nord americani avevano ancora un certo grado di integrazione verticale variabile dal 50% al 60% e consideravano la produzione, la Ricerca e lo Sviluppo e l assemblaggio finale dell auto come competenze principali, nel 1995 il grado di integrazione verticale era già sceso a cifre comprese tra il 30% e il 40%. Il produttore automobilistico era approdato al nuovo ruolo di assemblatore automobilistico con competenze principali nella progettazione automobilistica, nello sviluppo di tecnologie centrali e nell assemblaggio finale. Nel futuro ci si aspettata che tali produttori automobilistici diverranno integratori di marche con un grado di integrazione verticale inferire al 20% e con competenze centrali principalmente nella progettazione automobilistica, nel marketing e nella distribuzione. Tuttavia, è da notare che questa visione della metamorfosi degli OEM da produttori automobilistici integrati a integratori svuotati non è condivisa da tutte le aziende del 126

127 settore, in particolare dai costruttori automobilistici Giapponesi i quali hanno potuto difendere la propria indipendenza in anni recenti Toyota e Honda, in particolare, non sembrano seguire questa direzione, e lo stesso sembra valere per aziende come Volkswagen. Quindi, una previsione più realistica è senza dubbio quella che vede la separazione tra due (o più) tipi di OEM che perseguono diverse strategie a seconda delle competenze principali che vogliono detenere. Parallelamente al tipo di sviluppo delineato, vi è una segmentazione della catena del valore che conduce alla specializzazione in funzioni specifiche da parte delle aziende. Mentre gli OEM controllavano in larga parte la piramide a partire dalle parti e dalle tecnologie elementari dei componenti, dei sistemi e dei moduli fino alla completa integrazione automobilistica e all assemblaggio in modo direttamente o indirettamente gerarchico, oggi troviamo un gruppo di aziende specializzate su parti e tecnologie specifiche (ad esempio KS, Mahle, GKN, Meritor). Un secondo gruppo si specializza in sistemi e moduli (alcuni esempi sono Visteon, Lear, Johnson Controls, Bosch). Un terzo gruppo si specializza per divenire integratore globale di auto con la capacità di assemblare automobili più o meno allo stesso modo degli OEM (ad esempio Magna, Valmet, Karmann Bertone etc.). Queste aziende hanno anche sviluppato le capacità di progettazione per lo sviluppo di macchine complete arrestandosi poco prima di diventare essi stessi aziende di marchi. Come risultato di questa tendenza alla specializzazione, il modello della piramide sembra essere sempre meno appropriato per descrivere la nuova configurazione dei protagonisti. A questo proposito, sembra più appropriato il modello a rete. In ogni caso, gli OEM saranno sempre meno capaci di controllare le loro relazioni in maniera quasi gerarchica come avveniva in passato, in quanto mancano di quelle competenze atte a specificare e controllare il lavoro dei fornitori nel modo in cui facevano con il sistema tradizionale. Il processo di specializzazione è comunque ancora in atto, e sta trasferendo peso in termini del valore potenziale dei diversi protagonisti. La Figura 2 mostra la proporzione odierna del flusso di valore totale detenuta dai diversi protagonisti e le prospettive future degli specialisti che si dividono il valore totale distribuito. Riassumendo, le tendenze descritte in questa sezione nonché la ristrutturazione del sistema di fornitura incidono pesantemente sulle strutture e sulle strategie di tutti i protagonisti nel settore automotive. La deverticalizzazione degli OEM e la stratificazione dell industria della fornitura implica che i fornitori debbano far fronte ad un aumentato volume e nuove tipologie di attività. Allo stesso tempo, essi devono trovare la propria collocazione all interno di una configurazione modificata di protagonisti. La maggior parte delle aziende fornitrici non ha più relazioni dirette con gli OEM, vengono quindi a mancare 127

128 quei contatti informali che in passato sono stati spesso fonte di apprendimento di nuove opportunità di lavoro e direttive future discusse presso gli OEM. Allo stesso modo, nuovi concetti tecnici come la modularizzazione richiedono nuove capacità per integrare nuove tecnologie, e nuove capacità di cooperare all interno di reti di fornitori e insieme agli OEM. Tutto questo verrà affrontato nella prossima sezione. Figura: 2 - Distribuzione dei pesi in ragione della segmentazione delle catene dei valori Fonte:Küspert (2000) 4. Le sfide della cooperazione tra aziende Tre sfide verranno considerate nella presente sezione. 128

129 1 Cooperazione relativa all assemblaggio Durante gli anni 90 si sono sviluppati nuovi concetti per la produzione integrata, legati in parte al tema della modularizzazione ma anche indotti da considerazioni sulla scarsità di capitale. Questi concetti sono stati sviluppati per la maggior parte da aziende europee, tuttavia, erano spesso realizzati in un contesto di programmi per nuovi impianti extra europei facenti parte dei programmi di globalizzazione di tali produttori. L Europeismo di questo approccio si deve al fatto che la Ford e la GM Europa/Opel con i loro affiliati europei e, in particolare, la Nissan nel Sunderland, hanno giocato un ruolo importante e per certi versi pionieristico a tal proposito. Tuttavia nel nord america, rispetto al Giappone, questi produttori sono progrediti più lentamente fallendo nel loro intento di sviluppare simili programmi (l esempio esemplare è il progetto Yellowstone della GM). Gli elementi più importanti sono stati tuttavia implementati nel frattempo in alcuni impianti della GM nel nord america. Esistono diverse varianti dell approccio modulare per impianti di produzione con fornitori integrati: Parchi fornitori (Fiat Melfi, Ford Saarlouis, Nissan Sunderland e molti altri); OEM/fornitori a condominio (fornitori sotto lo stesso tetto degli OEM) Skoda, ecc.; l approccio a consorzio Volkswagen Resende; Smart Hambach. Sebbene non il più lungimirante, il modello del parco fornitori si è rivelato essere il modello maggiormente seguito. Per raccogliere i benefici della fornitura just-in-time e la vicinanza con i propri fornitori di livello 1, molti OEM hanno stretto accordi con la comunità locale per creare tali parchi fornitori adiacenti o almeno nelle vicinanze dei loro impianti di assemblaggio. Spesso gli investimenti per le infrastrutture sono stati eseguiti congiuntamente dagli OEM, dai fornitori e dalla comunità locale in forma di società pubblica-privata. Dopo aver imparato dalle esperienze di Nissan a Sunderland, di Fiat a Melfi, ecc., la Ford in Europa sembra nel frattempo aver sviluppato un modello adeguato per tali parchi fornitori. L obiettivo è verso una gestione semplice delle complessità (Schardt 2001) presso l impianto dell OEM e dei fornitori. Permette l ottimizzazione del just-in-time, della consegna in sequenza e della gestione del materiale. Inoltre, minimizza gli investimenti dell assetto produttivo. E in ultimo, ma non meno importante, permette di evitare gli effetti lock-in. Gli elementi chiave del concetto di parco industriale della Ford sono: investimenti e pianificazione sono portati avanti da un investitore esterno; le strutture degli edifici sono progettate secondo le esigenze dei fornitori; 129

130 gli edifici vengono dati in leasing ai fornitori, la durata dei contratti corrisponde alla durata dei contratti dei fornitori; l impianto del fornitore e quello dell OEM sono collegati tramite un trasportatore a ponte; uso della procedura pay-on-production: L OEM paga il fornitore sulla base del pezzo-per-pezzo quando le parti arrivano al punto di assemblaggio. L approccio del condominio fa un passo in più: i fornitori operano sotto lo stesso tetto degli OEM. Grazie all outsourcing e alla diverticalizzazione, gli OEM spesso non hanno bisogno degli spazi enormi per i loro impianti e quindi offrono parte dei loro spazi ai fornitori. Esempi di questo approccio si possono trovare, ad esempio, alla Skoda, presso la sua enorme fabbrica a Mlada Boleslav. Questo approccio, tuttavia, è rimasto solo un eccezione dovuta alle difficoltà legate alle problematiche industriali di relazione, ovvero del tenere lavoratori con paghe diverse e strutture rappresentative sotto lo stesso tetto. L approccio del consorzio fa un ulteriore passo avanti. Questo tipo di approccio è stato adottato in alcuni casi dove i nuovi impianti venivano costruiti con i fornitori, i quali dividevano l investimento iniziale dell impianto e gestivano parte dell impianto sotto la propria responsabilità mentre, a livello operativo, erano pienamente integrati con gli altri systems partners che gestivano l impianto. Esempi di questo metodo sono gli impianti Volkswagen per i camion a Resende in Brasile, e l impianto di assemblaggio Smart ad Hambach in Francia. Come si può notare dalla tabella 2, il consorzio modulare lascia gli OEM Volkswagen in posizione minoritaria in termini di addetti. Il tallone di Achille di tale passo risiede nel sistema di produzione dei fornitori, del loro controllo sulla qualità e sulla spedizione da parte dei propri fornitori e nella situazione delle relazioni industriali. Una seppur breve sospensione della commessa o un conflitto con un fornitore individuale intacca l intero set up. Tabella 2 - Il consorzio modulare presso l impianto Volkswagen a Resende Aziende Nazionalità proprietà Prodotto Impiegati Maxion Iochpe-Maxion (Brasiliani) Modulo telaio 78 Méritor US Rockwell Modulo asse/sospensione 63 Remon JV iochpe-borlem-firestone (Brasiliani) Modulo ruote/pneumatici 10 Powertrain JV Cummins (US) - MWM (Tedeschi) Modulo motore 56 VDO VDO (Gruppo German Manesmann) Modulo trim

131 Delga Tamet (Brasiliana) Modulo cabina 148 Carese Eisenmmann (Tedesca) Modulo verniciatura 98 Volkswagen Tedesca Assemblaggio 286 Union Mantein Brasiliana Manutenzione 150 Totale Tec Brasiliana Gestione 40 Totale 1037 Questo è stato anche il vissuto all impianto della Smart ad Hambach dove 12 partner di sistema lavoravano insieme alla MCC, l affiliato Daimler-Chrysler per la marca automobilistica Smart. L esperienza di questo impianto ha anche mostrato le difficoltà di trovare una soluzione finanziaria equa e robusta. In questo caso, gli investimenti di questi impianti furono calcolati sulla base di una produzione annuale con un volume di 180,000 automobili. I contratti tra la MCC ed i fornitori prevedevano una clausola che obbligava la MCC a pagare una indennità ai propri fornitori partner nel caso la produzione reale fosse rimasta sotto questo target. In vista dell effettivo volume di produzione del 2000 che si attestava sulle 120,000 automobili, la MCC ha dovuto pagare una considerevole somma come indennizzo per i propri partner. Come conseguenza di questo, gli OEM hanno insistito sulla di una nuova trattativa contrattuale che ora prevede una clausola di rischio-e-ricavo grazie alla quale i fornitori devono in futuro dividersi i rischi di instabilità del mercato. Riassumendo, i concetti di sito di produzione integrato possono essere considerati come una risposta Europea ai concetti di fornitura Giapponesi, i cui principi (il just-in-time, l in sequence ecc.) sono stati adottati già da tempo. Con i nuovi concetti, gli aspetti logistici e operativi appresi dal Giappone possono essere implementati su larga scala mentre, economicamente, i rischi degli effetti dei blocchi della produzione potrebbero essere evitati. Il bisogno di sviluppare una cooperazione più vicina alla fase di assemblaggio porta a nuovi modelli di cooperazione tra aziende insieme a nuovi modelli di divisione dei rischi. 2 Cooperazione rispetto allo sviluppo del prodotto: Il modello-offensivo dei produttori automobilistici Europei negli anni 90 con il moltiplicarsi di automobili di nicchia per lo più nella fascia di prezzo più elevata non poteva essere facilitata solamente dagli OEM. Parallelamente all outsourcing di componentistica/moduli, incluso come tendenza l outsourcing di lavoro correlato allo sviluppo dei fornitori, gli OEM si sono sempre più appoggiati alle aziende di servizi di progettazione. Aziende come la Daimler-Benz, BMW e Audi puntano ad essere leader nella tecnologia nell industria automobilistica, facendo quindi pressioni continue sullo sviluppo delle capacità di queste aziende. Come conseguenza di questo fenomeno, aziende 131

132 come Edag, AVL, Bertrandt, Rücker, CADFORUM, MSX Engineering, ecc., sono velocemente cresciute in grandezza e un certo numero di loro ha sviluppato capacità di sviluppo a tutto campo sulle automobili che spaziano dallo styling al concept fino allo sviluppo di prototipi. Negli anni 90 la proporzione di R&S esterna agli OEM è salita fino ad una percentuale compresa tra il 10 ed il 20%. Allo stesso tempo, le aziende di servizi di progettazione hanno svolto un ruolo critico nel loro sostituirsi ai fornitori per mancanza di capacità, ai quali è oggi richiesta l assunzione di maggiori responsabilità rispetto allo sviluppo. Le aziende di servizi di sviluppo furono inoltre fondamentali nello sviluppo di moduli. Quindi, le aziende di servizi di sviluppo giocano un ruolo sempre più importante nella rete dello sviluppo automobilistico, come mostrato in Figura 3. La maggior parte delle aziende ES (Engineering Services - Servizi di progettazione e ingegnerizzazione) si specializzano o nello sviluppo del prodotto o del processo e a loro volta sul motore o nelle parti interne della carrozzeria dell automobile. Studi empirici sui processi di sviluppo di nuovi prodotti mostrano un quadro sempre più complesso di interazioni tra i vari protagonisti in queste reti. Così in uno recente studio Jürgens et al. (2000) ha trovato tre diverse situazioni di attività di sviluppo di rete: Attività di sviluppo congiunte presso la sede del costruttore automobilistico e all interno della cornice dei propri team di ingegneri progettisti inter-funzionali; attività di sviluppo congiunte presso le aziende di servizi di progettazione, con la visita degli ingegneri progettisti della casa costruttrice e dei fornitori di primo livello e, in alcuni casi, anche dei fornitori di attrezzature di processo; sviluppo congiunto di moduli e componenti tra due o più fornitori di OEM, che si incontrano presso una delle aziende e coinvolgendo anche, in alcuni casi, costruttori di attrezzatura di processo e aziende di servizi di progettazione. 132

133 Figura: 3 - Rete per lo sviluppo automobilistico (protagonisti e relazioni) Fonte: Rentmeister (1999, p. 13) Due sono le osservazione che possono essere fatte sugli effetti dello spostamento simultaneo delle attività di progettazione dai siti produttivi degli OEM alle aziende di servizi di sviluppo: da una parte le aziende ES, offrono un terreno neutrale per progettazioni simultanee, il che permette maggiore flessibilità nelle pratiche lavorative. D altro canto vi erano problematiche relative all interfaccia tra produttori automobilistici e aziende ES, sia per ragioni di spazio sia organizzative: i frequenti viaggi necessari per le riunioni; la mancanza di esperienza da parte degli impiegati delle aziende di progettazione, ecc. Un problema generale di comunicazione e cooperazione nelle nuove reti di sviluppo del prodotto esiste in riferimento alla protezione del know-how e dello sviluppo delle competenze dei protagonisti. A questo proposito, potrebbe essere sviluppata una nuova tendenza verso la protezione del know-how mediante brevetto. Tutto questo potrebbe anche aumentare i problemi di controversie legali che possono ostacolare il flusso di informazioni necessarie per la comunicazione e la cooperazione trasparente tra tutti i partner della rete 133

134 nel futuro. 3 Cooperazione rispetto all interfaccia tra gli OEM e le piccole e medie imprese -(PMI) Come descritto sopra, i nuovi requisiti in termini di competenze tecniche e di competenze finanziarie hanno portato ad una serie di fusioni e acquisizioni nel settore automobilistico. Le piccole e medie imprese sembravano avere poche speranze di sopravvivere. Ma questo non può essere considerato un dato certo. Gli OEM sono molto coscienti degli svantaggi di avere a che fare con i mega-fornitori con molto più potere contrattuale rispetto a quello che i fornitori tradizionali avrebbero mai potuto muovere. Gli autori regionali sono inoltre interessati a trovare modi per proteggere la loro struttura di PMI e a poter trarre profitto dalle accresciute opportunità di de-verticalizzazione e di outsourcing. Inoltre, gli sviluppi nell area dell informazione e della communication technology (ict) hanno portato a nuovi modi di comunicare e di cooperare attraverso le frontiere. Nel contesto Europeo, tali interessi di mobilitazione del potenziale delle piccole e medie imprese nel contesto degli approcci di rete può essere costruita sia sull esistenza di vibranti distretti industriali di piccole e medie industrie in un certo numero di regioni Europee (intorno a Torino, Stoccarda, ecc.), sia in virtù di politiche industriali promosse da protagonisti statali su diversi livelli (europei, nazionali e regionali). La Figura 4 mostra come le reti si siano evolute nella maggior parte dei paesi europei. 134

135 Figura: 4 - Reti automobilistiche in Europa Fonte: Upper-Austrian Technology and Marketing Ltd., Linz, 2001 Il nuovo approccio di rete attualmente seguito in un certo numero di regioni Europee, si basa concettualmente sulla teoria dei gruppi di Michael Porter (cf. Porter 1998). L Unione Europea sostiene tali attività di gruppo con diversi fondi (Fondi Strutturali, Programmi innoregionali, ecc.). L Austria è in questo momento molto attiva nella formazione di gruppi automotive (Commissione Europea DG XVi/ Federazione dell industria Austriaca nella Stiria). Prendiamo ad esempio l Automotive Cluster (AC) dell Austria Settentrionale (intorno a Linz): AC si descrive come la più grande rete automotive intersettoriale dell industria austriaca. Sta puntando a rafforzare la propria competitività internazionale, l innovazione 135

136 e la cooperazione delle proprie aziende partner, in particolar modo delle piccole e medie imprese. L iniziativa è sostenuta dalla UE e da Fondi Austriaci (Zukunftsfonds des Landes Oberösterreich); i cui proventi derivano dalla privatizzazione di aziende statali. E una branca di sviluppo regionale e un azienda di marketing Il catalogo delle aziende facente parte dell AC è intitolato il gruppo automobilistico virtuale, esso rivendica la totale capacità di costruire un auto a tutto campo. In effetti, in termini di fatturato e di personale, il gruppo si equivale ad un OEM di grandi dimensioni. Tabella 3 - Dati e cifre Fatturato Totale Fatturato del settore della fornitura 155 miliardi Scellini Austriaci 86 miliardi Scellini Austriaci Impiegati 58,500 Percentuale R&S 4.16% Percentuale esportazioni 65.99% La maggior parte delle aziende fornitrici nella rete sono piccole e medie: il 71% dei partner AC impiega meno di 250 lavoratori. I principali OEM acquirenti (ordinati a seconda del volume di vendita) sono: Volkswagen, DC, BMW, GM, MAN, Ford. I principali acquirenti tra i fornitori automotive sono: Magna Group, Siemens, Bosch, ecc. Oltre al settore automotive il gruppo AC ha anche clienti di altri settori industriali. Dal punto di vista organizzativo, le attività all interno del gruppo AC sono facilitate da un team AC che fornisce supporto ai team partner nelle seguenti aree: informazione e comunicazione: una banca dati di team partner AC, informazioni sulle attività della rete, visite agli impianti, ecc.; qualificazione: attività varie per ulteriore specializzazione, workshop, appuntamenti inter-imprese, learning, viaggi studio, ecc.; cooperazione: progetti cooperativi tra aziende e istituzioni per il trasferimento di tecnologia; marketing e PR: materiale informativo, tariffe, presentazioni di aziende partner presso gli OEM e aziende di livello 1; supporto per l internazionalizzazione: networking con iniziative automobilistiche straniere; risposta a richieste di aziende estere circa le 136

137 aziende a gruppi, ecc.; supporto a progetti di cooperazione che comprenda minimo tre partner AC relativamente ai costi di personale, servizi esterni ed altri. L AC dell Austria Settentrionale più essere un gruppo particolarmente ben gestito e di successo, ma potrebbe anche applicarsi ad altre attività di gruppo in altre regioni Europee. Mentre da un lato trasmette uno sforzo di sviluppo regionale, in casi come quello dell Austria Settentrionale e anche del Sachsen-Anhalt nella Germania Orientale e allo stesso tempo è anche un modo per prevenire che il lavoro si rivolga verso i paesi aisatici dove i salari sono molto più bassi. L obiettivo è di sviluppare capacità e fornire soluzioni di sistema mantenendo la struttura delle piccole e medie imprese. L obiettivo generale di queste attività è la competenza virtuale sull auto. Mentre simili iniziative possono essere anche osservate in altre regioni asiatiche; il livello di intensità dei raggruppamenti sembra essere una specialità europea. 5. Sommario e Conclusioni Sin dagli anni 90, come descritto, il settore automotive sta attraversando un processo di fondamentale ristrutturazione. Questo ha posto numerose sfide e opportunità ai protagonisti del settore. Le aziende devono orientarsi verso nuovi ruoli. Devono definire le loro specializzazioni nelle reti emergenti di sviluppo e di produzione automobilistica. Devono inoltre sviluppare le corrispondenti capacità tecniche, sociali e finanziarie. Mentre vi è una forte tendenza verso la creazione di aziende più grandi e più redditizie che facciano fronte a questi requisiti, le alternative a questa tendenza esistono, come dimostrato nel caso delle reti di piccole e medie imprese. Il processo di sviluppo organizzativo per far fronte a questi nuovi requisiti è solo all inizio. In questa situazione, le aziende non possono affidarsi a ricette rapide e pronte ma piuttosto devono assumersi dei rischi. Come è stato anche evidenziato, il processo di ristrutturazione coinvolge anche i decisori delle politiche regionali in quanto i tradizionali accordi territoriali non possono più essere dati per scontati in futuro. Nuovi accordi e nuove capacità devono quindi essere sviluppate anche con il loro supporto e, in certe circostanze, devono anche assoggettarsi alle iniziative dei decisori delle politiche regionali. 137

138 Bibliografia Best, M. (2001): The New Competitive Advantage. The Renewal of American industry. Oxford: Oxford University Press. Dudenhöffer, F. (2002): Die innovative Gesellschaft. Nachfrage für die Lead-Märkte von morgen. Reader zur Begleitung der Tagung des Bundesministeriums für Wirtschaft und Technologie am Berlin: European Commission DG XVi/Federation of Austrian industry in Styria (nessuna data): Cluster-building. A Practical Guide. Graz: industriellenvereinigung Steiermark Jürgens, U. (2000): Toward New Product and Process Development Networks: The Case of the German Car industry. in: U. Jürgens (ed.): New Product Development and Production Networks Global industrial Experience. Berlin etc.: Springer Verlag: Jürgens, U. (2001): Approaches Towards integrating Suppliers in Simultaneous Engineering Activities: The Case of Two German Auto Makers. in: International Journal of Automotive Technology and Management, Vol. 1, No. 1: Küspert, P. (2000): Strukturwandel in der Automobilindustrie am Beispiel von DaimlerChrysler. in: iir Deutschland GmbH: Automobilhersteller und Zulieferer: Neue Formen der Zusammenarbeit, , Mannheim, Conference Proceedings. Phelan, M. (1998): Number of Global Suppliers Slashed 50%. in: Automotive industries, March: 81. Porter, M. E. (1988): Clusters and the New Economics of Competition. in: Harvard Business Review, Dec. 1998: Rentmeister, B. (1999): Wissensintensive Dienstleistungen in der Automobilentwicklung (Knowledge-intensive Services in Car Development). Working Paper SFB 403 AB institut für Wirtschafts- und Sozial geographie, Johann-Wolfgang-Goethe University. Frankfurt on the Main. Roland Berger & Partner GmbH (1996): Modular Supply in Passenger Vehicle interiors. München. Roth, S. (2001) Strukturveränderungen in der Automobil- und Zulieferindustrie, ig Metall Vorstand, Abteilung gewerkschaftliche Betriebspolitik, Frankfurt on the Main (unpublished). Schardt, H. (2002) Betreiber-Modelle und Zulieferparks. in: Proceedings of the Automobile Forum 2001, Stuttgart, May. Verband der Automobilindustrie e.v. (VDA) (2000): Auto-Jahresbericht Frankfurt on the Main. Whittaker, D. H. (1997) Small Firms in the Japanese Economy. Cambridge: Cambridge 138

139 University Press 139

140 L industria americana dei fornitori di componentistica nel settore automotive: analisi delle strategie perseguite William Cooke, Christopher Huxley e David Meyer 1. Introduzione Il settore americano dei fornitori di componentistica per auto veicoli, composto da diciassette delle maggiori aziende produttrici dell industria automotive, ha vissuto cambiamenti strutturali sostanziali negli ultimi venti anni. Infatti, l industria è stata segnata da una saturazione di auto veicoli a livello mondiale e da modelli d investimento diretto sia di settore che esteri alquanto variabili. Per rispondere alle esigenze di un mercato globale sempre più competitivo e incerto, il business dei fornitori di componentistica e le loro strategie relative al posto di lavoro continuano a subire trasformazioni in un momento in cui le aziende sono alla ricerca di strade nuove per migliorare continuamente la performance pur rimanendo estremamente flessibili. Obiettivo primario dell analisi in corso è quello di esaminare le differenze, e gli effetti ad esse legate, delle strategie relative ai posti di lavoro perseguite da fornitori di componentistica per autoveicoli riguardanti la performance dei lavoratori di produzione e della produttività. Secondo i concetti qui esposti, le strategie relative al posto di lavoro sono il sistema di politiche e pratiche inerenti alle risorse umane e alle relazioni di lavoro (RU/RL), insieme alle tecnologie e ai processi tecnici produttivi utilizzati. Per il solo uso del presente rapporto, viene fornita una classificazione riguardante le strategie di business e di posto di lavoro attualmente perseguite come reazione alla continua trasformazione del settore di fornitori dell industria automotive negli Stati Uniti. Inizialmente, viene brevemente delineato un profilo riguardante la trasformazione e la globalizzazione aziendale in atto negli Stati Uniti nel settore degli auto veicoli e accessori. In particolare, vengono riassunti gli orientamenti degli investimenti nazionali ed esteri, commercio, occupazione e rappresentanza sindacale, sulla base di fonti di informazioni secondarie disponibili. In secondo luogo, grazie ai dati compilati da una ricerca nazionale condotta sui dirigenti di società fornitrici, si procede all analisi di una serie di scelte strategiche effettuate da società con riferimento al proprio mercato, performance ed enfasi sulla configurazione/prodotto; un gruppo di scelte che, a loro volta, influenzano il grado di enfasi dato dalle aziende alle tecnologie, alla R&S e progettazione, e alla gestione delle 140

141 risorse umane (HRM) per ottimizzare la performance produttiva. In terzo luogo, viene esaminata la gamma e il mix di pratiche RU/RL e gli attributi tecnologici che comprendono le strategie riguardanti il posto di lavoro seguite nelle operazioni di produzione. 2. Trasformazione e Globalizzazione Aziendale in atto negli Stati Uniti nel settore dei motoveicoli e attrezzature. Le informazioni fornite nelle Tabelle 1-3, redatte dall U.S. Bureau of Economic Analysis (Agenzia per l Analisi Economica degli USA), sono basate sul codice SIC 371, che comprende i produttori di auto veicoli e carrozzerie (autovetture, autocarri, autobus, camper) rimorchi per autocarri e parti di ricambio e accessori di autoveicoli. Esaminando questo settore così ampiamente definito, si ottengono informazioni sugli andamenti riguardanti gli investimenti esteri diretti sia per le multinazionali di proprietà americana che per filiali di proprietà straniera che si trovano negli Stati Uniti. La Tabella 1 raggruppa alcuni andamenti rilevati dalla fine degli Anni 80 alla fine degli Anni 90. Come viene riportato nella tabella, nel periodo non vi sono stati cambiamenti radicali nel numero di multinazionali di proprietà americana (50) con vendite prevalentemente nel settore dei motoveicoli e attrezzature. Tuttavia, il numero di società affiliate estere associate con queste multinazionali è aumentato del 71%, da circa 10 affiliate a 18 affiliate per multinazionale. L attivo accumulato da tali affiliate estere è cresciuto del 98% nel periodo , mentre l attivo è aumentato soltanto del 40% per le operazioni effettuate da parte di società capogruppo negli Stati Uniti. L effetto di questo spostamento di attivo all estero ha incrementato la proporzione di attivo estero rispetto al totale dal 41% nel 1989 a circa il 50% nel Questo stesso spostamento è stato associato ad una riduzione del 16% dell occupazione negli stabilimenti statunitensi e ad una riduzione di meno dell 1% nell occupazione delle affiliate estere. Vista la diminuzione sostanziale dell attivo, le suddette riduzioni di occupazione sul mercato nazionale ed estero sono associate ad incrementi sostanziali nell intensità del capitale. Infatti, nel periodo dal 1989 al 1998 in America il numero di occupati per miliardo di dollari di attivo ha subìto una riduzione di circa il 40%, (da circa 5200 a 3100 occupati per miliardo di dollari di attivo) mentre, all estero, si è registrata una riduzione del 50% (da 5500 a 2800 occupati per miliardo di dollari di attivo). Nel periodo , insieme alla nuova configurazione delle multinazionali di proprietà americana che hanno investito più all estero rispetto al mercato nazionale, in America si è assistito ad una crescita del Foreign Direct Investment (Investimento Estero Diretto) senza precedenti nel settore motoveicoli ed attrezzature. Come mostra la 141

142 Tabella 1, vi è stato un incremento di 3,5 volte del numero di affiliate ed aziende acquistate o costruite (per la maggior parte grazie a fusioni e acquisizioni), un incremento di oltre 7 volte dell attivo accumulato, un incremento di 11 volte nelle vendite e un incremento di circa 4 volte dell occupazione. Come nel caso delle multinazionali di proprietà statunitensi, anche l intensità di capitale è aumentata visibilmente, riducendo del 57% il numero di lavoratori occupati per miliardo di dollari d Investimento Estero Diretto (da circa 6000 a 2600 occupati per miliardo di dollari di attivo nel periodo ). A sottolineare questo andamento dell Investimento Estero Diretto vi è da parte delle multinazionali, da un lato una sostanziale fluttuazione dell occupazione dovuta ai nuovi investimenti e all espansione di attività esistenti, e dall altro, operazioni di vendita, liquidazione e tagli delle attività esistenti. Basandosi sui dati che coprono tutte le affiliate estere non bancarie presenti negli Stati Uniti con oltre 500 dipendenti (e quindi non solo il settore dei produttori di auto veicoli e accessori, per il quale non sono disponibili dati pubblici), l occupazione è aumentata per un totale di quasi 1,625,000 dipendenti grazie ai nuovi investimenti del periodo (Zeile, 1999; Tabella 3). Tuttavia, nello stesso periodo, quasi dipendenti sono stati spostati a causa di operazioni di vendita e liquidazione di società affiliate. Inoltre, nel periodo , vi è stato un incremento dell occupazione di circa dipendenti collegato all espansione di attività esistenti, compensato da una riduzione dell occupazione di circa dipendenti dovuta ai tagli di attività esistenti. Queste informazioni mettono in evidenza sul fatto che le attività di proprietà estera sono soggette ad un certo grado di oscillazione nell occupazione dovuto a decisioni d investimento e di dismissione. Infine, ad accompagnare i cambiamenti strutturali della configurazione dell Investi-mento Estero Diretto delle multinazionali nel settore dei motoveicoli e accessori vi è stato un declino precipitoso della penetrazione dei sindacati. Nonostante le informazioni riguardanti la situazione dei sindacati delle multinazionali Statunitensi non siano disponibili negli insiemi di dati della B.E.A., basandoci sul settore nel suo complesso, la copertura dei dipendenti da parte dei sindacati negli Stati Uniti è scesa da circa il 52% nel 1989 al 38% nel 1998 (Tabella 1). Tuttavia, sono disponibili informazioni riguardanti la percentuale di lavoratori impiegati in affiliate di proprietà straniera coperte da contratti di sindacato, all interno degli insiemi di dati ricavati dalla ricerca benchmark B.E.A. Come riporta la Tabella 1, la penetrazione di copertura dei sindacati è cresciuta lievemente dal 31% nel 1987 al 33% nel 1992, per poi subire un forte ribasso a circa il 17% nel La Tabella 2 riporta informazioni riguardanti gli Investimenti Esteri Diretti effettuati all estero per regione e paesi selezionati in cui le multinazionali di proprietà americana hanno avuto proprietà di maggioranza delle attività delle loro affiliate estere. Come si può notare, la maggior parte degli investimenti diretti, vendite e occupazione effettuate da 142

143 aziende statunitensi all estero si concentrano in una manciata di paesi. A partire dal 1998, oltre il 58% delle disponibilità finanziarie e circa il 50% delle vendite e dell occupazione sono state associate ad affiliate Europee, in particolare in Germania e nel Regno Unito. Circa il 30% delle disponibilità finanziarie, il 40% delle vendite totali e il 33% dell occupazione delle imprese affiliate, sono state attribuite a società affiliate nel Nord America; con una maggiore presenza sostanziale di attivo e vendite in Canada rispetto al Messico ma con un occupazione molto maggiore in Messico rispetto al Canada. Circa l 8% di attivo, il 7% delle vendite e il 10% dell occupazione sono state associate ad affiliate dell America Latina (escluse quelle presenti in Messico), molte delle quali concentrate in Brasile. A partire dal 1998, gli investimenti effettuati nella regione dell Asia e del Pacifico sono stati molto limitati, e comunque concentrati per la maggior parte in Australia. Nonostante al netto non vi sia stato alcun incremento nell occupazione totale delle affiliate estere nel periodo (Tabella 1), vi è stato un aumento dell 8% nell occupazione delle affiliate di proprietà di maggioranza statunitense. Ad un analisi più dettagliata risulta che l incremento in questione è stato registrato presso affiliate localizzate in paesi in via di sviluppo (in particolare Messico e America Latina) nelle quali l occupazione è cresciuta di circa il 43%. Per contro, l occupazione nei paesi sviluppati si è ridotta di circa il 3%. Perciò, appare evidente che è in atto una riconfigurazione dell Investimento Diretto Estero da parte delle multinazionali di proprietà statunitense verso paesi a basso salario. Come evidenzia la Tabella 3, l Investimento Estero Diretto nel settore statunitense di produzione di auto veicoli e accessori è dominato da investimenti effettuati da parte di solo tre paesi: Giappone, Germania e Regno Unito. Infatti, a partire dal 1997, l Investimento Diretto Estero da questi tre paesi rappresenta il 92% dell attivo dell Investimento Diretto Estero totale, il 90% del valore delle vendite e l 87% dell occupazione totale dell Investimento Diretto Estero. In particolare, le multinazionali con sede in Giappone fanno la parte del leone dell Investimento Estero Diretto negli Stati Uniti. Nelle Tabelle 2 e 3 viene inoltre riportata la misura in cui le società controllanti e le loro affiliate estere siano integrate per quel che riguarda la spedizione di motoveicoli e attrezzature tra siti diversi. In media, circa il 70% delle esportazioni verso e delle importazioni da affiliate straniere sono destinate ad ulteriori lavorazioni, mentre quasi tutte le spedizioni sono destinate a rivendita diretta da parte del sito destinatario. Il commercio tra le società controllanti statunitensi e le loro affiliate estere è quasi esclusivamente basato in Nord America (Tabella 2). A partire dal 1998, il 72% di tutte le esportazioni statunitensi da società controllanti alle loro affiliate estere sono state indirizzate verso affiliate canadesi e il 20% verso affiliate messicane. Allo stesso modo, il 68% di tutte le 143

144 importazioni statunitensi da affiliate estere a società controllanti si sono riversate dalle affiliate canadesi e il 25% da quelle messicane. Come si può vedere dalla Tabella 3, il commercio tra le multinazionali estere e le loro affiliate presenti negli Stati Uniti è stato particolarmente limitato e quello che si è verificato è stato associato per larga parte a società giapponesi. Per riassumere, i trend analizzati fin ora sottolineano che vi è stata una riconfigurazione sostanziale continua del settore della produzione di motoveicoli e attrezzature a partire dalla seconda parte degli anni 80. Le implicazioni di questi trend sulle opportunità di occupazione per manodopera non qualificata sono per la maggior parte negative. Innanzitutto, lo spostamento continuo degli investimenti verso Investimenti Esteri Diretti tra le multinazionali di proprietà statunitense ha ridotto l occupazione totale negli stabilimenti di proprietà americana. Inoltre, il sostanziale aumento dell Investimento Estero Diretto da parte delle multinazionali di proprietà statunitense nei paesi in via di sviluppo (che sta avvenendo per la maggior parte in Messico e America Latina) suggerisce che si stiano spostando all estero i lavori di produzione per manodopera non qualificata. Di conseguenza, non solo si sta spostando la manodopera non qualificata statunitense, ma diminuiscono allo stesso tempo le opportunità di lavoro future per la manodopera non qualificata statunitense nel settore della fornitura automobilistica. In secondo luogo, nonostante vi sia stato un incremento importante dell Investimento Estero Diretto nel settore statunitense, circa l 85% dell investimento è stato realizzato tramite l acquisizione di attività esistenti; portando quindi ad un elevato livello di ridistribuzione dell occupazione dovuto alla vendita, alla liquidazione ed ai tagli delle attività esistenti. In terzo luogo, vi sono stati incrementi notevoli nell intensità di capitale delle operazioni, il che ha avuto l effetto di ridurre bruscamente la richiesta di operai per la produzione mentre gli investimenti totali aumentano nel tempo. Alla luce di questi andamenti industriali e occupazionali, esaminiamo ora le reazioni strategiche attuate dai fornitori statunitensi di componentistica per auto veicoli per affrontare il mercato globale in rapido mutamento. Innanzitutto, viene descritta la raccolta dei dati sui quali si basano le analisi successive. 3. Raccolta dei dati Inizialmente il nostro campione di aziende fornitrici di componentistica per mezzi di trasporto è stato tratto da una lista di 909 aziende identificate dall ELM International, società di ricerca e consulenza con sede nel Michigan, specializzata nell industria statunitense di fornitori di componentistica per auto veicoli. Tutte le aziende inserite nell elenco sono state contattate telefonicamente per verificare l esattezza degli indirizzi e 144

145 per ottenere i nomi dei dirigenti a cui indirizzare il questionario. Alla fine del processo di verifica, è stato possibile localizzare e identificare un totale di 808 società ancora presenti nel settore al momento della nostra prima mailing (fine gennaio 2001), di cui 356 società con tre o più impianti di produzione. Per questo gruppo di aziende maggiori, è stato stilato un questionario separato ed inviato ai dirigenti aziendali. Il questionario Business Strategy (Strategia di Business) è stato inviato all Amministratore Delegato o al Presidente, mentre il questionario Operations Strategy (Strategia Operativa) è stato inviato al Vice Presidente o altro alto dirigente, e il questionario HRM Strategy (Strategia delle Risorse Umane) è stato inviato al Vice Presidente o ad un altro dirigente delle risorse umane. Alle aziende aventi un massimo di due impianti di produzione, i tre questionari sono stati inviati all Amministratore Delegato o al Presidente della società, con la richiesta di completare personalmente il questionario Business Strategy e richiedendo alla dirigenza e al responsabile risorse umane di completare rispettivamente i questionari Operations Strategy e HRM Strategy. Dopo una ripetuta serie di richieste verso coloro i quali non davano risposte, ad ottobre del 2001 abbiamo ricevuto risposte per almeno uno dei questionari da parte di dirigenti di 175 aziende. Per essere più precisi, sono state ricevute 130 risposte dalla ricerca Business Strategy, 128 dalla ricerca Operations Strategy, e 108 dalla ricerca HRM Strategy. 4. Obiettivi di Business e Strategie Emergenti A. Schema analitico Iniziamo con un assunzione teorica deliberatamente semplificata affermando che le aziende cercano di agire in modo che si possa percepire che ottimizzano i profitti; assunzione la quale richiede che, in linea generale, il management agisca in modo razionale a livello economico ed organizzativo. Tuttavia, l ottimizzazione dei profitti è legata ai vincoli dettati dai contesti ambientali in cui le aziende si trovano ad operare e competere. Inoltre, il livello di razionalità delle azioni delle parti ha dei limiti. Vi sono limiti intrinseci dovuti alla disponibilità di informazioni e conoscenze complete atti a prendere le migliori decisioni. Anche l incertezza dettata dal mercato globale, oltre alla sua volatilità, limita la capacità di una parte a prevedere e quindi prendere decisioni razionali a lungo termine. Data la complessità delle organizzazioni, composte dai vari portatori d interesse con competenze, priorità e influenza variabili all interno delle organizzazioni, è certo che le aziende prendano decisioni che possono risultare incoerenti con un comportamento razionale di ottimizzazione. In altre parole, vengono commessi errori all interno delle 145

146 organizzazioni. Infine, diamo per assunto il fatto che i sindacati agiscano attraverso i leader del sindacato per ottimizzare i guadagni dei lavoratori, legati anch essi dagli stessi tipi di vincoli affrontati dalle aziende stesse: l ambiente, le informazioni, l incertezza e l organizzazione. Data la differenza di obiettivi organizzativi tra le aziende e i sindacati, l ottimizzazione dei guadagni da parte di ciascuna delle due parti è, di conseguenza, legata ai limiti di potere relativo che ognuna delle parti può esercitare sull altra. Tenendo a mente questi limiti al comportamento razionale di ottimizzazione, la competitività, ricompenserà le aziende che in definitiva proveranno d aver formulato e implementato le loro strategie nel modo più corretto e penalizzerà le aziende che formulano ed implementano le loro strategie in modo meno corretto. Spinti dal desiderio di ottimizzare i profitti, ai dirigenti d azienda viene chiesto di formulare e attuare strategie che possano permettere alle proprie aziende di ottimizzare i profitti all interno del contesto di mercato nel quale operano. Per capire meglio come le strategie relative al posto di lavoro corrispondano a strategie più ampie di business unit perseguite dai fornitori di componentistica per auto veicoli le strategie di business vengono posizionate come una parte delle decisioni esecutive che riguardano l enfasi data ad una serie di dimensioni critiche della pianificazione e controllo strategico (vedi Figura 1). In particolare, in un mercato dinamico ed incerto che richiede sia la flessibilità organizzativa che miglioramenti continui della performance, le aziende compiono scelte strategiche che riguardano l enfasi sul mercato, sulla performance, sulla configurazione e sul prodotto. 146

147 Figura 1 - Struttura delle Strategie di Business & posto di lavoro Come mostra il diagramma, questi tre gruppi di scelte strategiche vanno di pari passo, sia che esse vengano effettuate simultaneamente o in una sequenza molto ravvicinata. Per quel che riguarda l enfasi sul mercato, ai dirigenti viene chiesto di posizionare la loro azienda nei confronti di mercati esistenti e di mercati in via di sviluppo. Rispetto ai mercati esistenti, le scelte a disposizione sono tra (1) dare rilievo alla protezione e al consolidamento dei mercati esistenti e della clientela dell azienda, (2) dare rilievo all espansione dei mercati esistenti e della clientela dell azienda oppure (3) dare rilievo sia alle attività di protezione/consolidamento che all espansione dei mercati esistenti. Inoltre, le aziende devono decidere quanta enfasi dare all espansione dei mercati in via di sviluppo e della clientela offrendo al mercato prodotti e servizi nuovi e innovativi. Rispetto all enfasi sulla performance, analisi recenti suggeriscono che i produttori sono generalmente orientati verso la competizione attraverso produzione a basso costo oppure la differenziazione dei prodotti producendo prodotti innovativi di alta qualità. (Porter, 1985; 147

148 Youndt et al., 1996). Tuttavia, la trasformazione subita dall industria degli autoveicoli negli ultimi due decenni suggerisce che i fornitori di componentistica siano stati generalmente sotto pressione competitiva da parte degli OEM (produttori originari) per minimizzare i costi e produrre prodotti di qualità sempre maggiore, suggerendo quindi che alcune aziende possano perseguire strategie che combinano il controllo dei costi e della qualità allo stesso modo. Nonostante la letteratura abbia la tendenza a trattare il controllo qualitativo e l innovazione di prodotto come una strategia unica, non vi è motivo, ipso facto, per voler combinare entrambi i rilievi di performance in uno unico. Infatti, alcune aziende, possono dare maggiore rilievo all offerta di prodotti e servizi innovativi rispetto al controllo dei costi e della qualità, nel tentativo di consolidare o espandere mercati esistenti o di sviluppare nuovi mercati (una domanda empirica che viene rivolta più avanti). Allo stesso modo i dirigenti devono compiere scelte riguardanti l enfasi organizzativa sulla Configurazione e il Prodotto, perseguendo quelli che si addicono meglio alle loro enfasi strategiche su Mercato e Performance. Data la natura del settore dei fornitori di componentistica statunitense, diventa necessario prendere alcune decisioni pertinenti che riguardano ampiezza e posizione degli stabilimenti e il mix di componenti e clienti. Innanzitutto, le aziende devono decidere l obiettivo delle proprie operazioni; prendendo decisioni, in particolare riguardo al numero e alla configurazione degli impianti produttivi. In secondo luogo, le aziende devono scegliere tra configurazioni prettamente nazionali oppure la possibilità di localizzazioni all estero. In parte queste scelte di configurazione dipendono dalle scelte riguardanti il mix e la gamma dei vari componenti che vengono prodotti, oltre al tipo di clientela. Su quest ultima decisione, le aziende possono scegliere il target e fornire soltanto pochi clienti oppure ampliare la loro offerta a molti più potenziali clienti. Una volta effettuate queste scelte di prim ordine riguardanti le enfasi sul Mercato, Performance, Configurazione e Prodotto, i dirigenti si trovano a prendere decisioni inerenti le loro enfasi sulle attività. In questo caso i dirigenti decidono il rilievo da dare ad una serie di opzioni strategiche che possono essere viste come la massimizzazione della possibilità di ottenere enfasi strategiche di prim ordine nel modo più efficiente a livello di costi. Queste opzioni di attività strategiche includono (1) l applicazione delle tecnologie, apparecchiature e processi tecnici più avanzati, (2) R&S e progettazione per migliorare i prodotti e servizi e (3) miglioramenti nelle HRM. Le strategie relative al posto di lavoro vengono sviluppate in base all enfasi sulle attività prescelte. Come previsto nel presente trattato, queste strategie relative al posto di lavoro comprendono una serie di politiche e pratiche che governano sia i sistemi HRM che quelli tecnologici e di produzione nelle attività produttive delle aziende. Prima di passare ai dettagli riguardanti la forma di queste strategie relative al posto di lavoro (Sezione V che 148

149 segue), verranno esaminate ora le varie strategie di business perseguite dai fornitori di componentistica di auto veicoli. In particolare, il nostro obiettivo è quello di creare una classificazione delle varie enfasi sul Mercato, sulla Performance sulla Configurazione/Prodotto sottostanti queste strategie di business ed esaminare la concordanza tra queste enfasi strategiche di prim ordine e le decisioni di second ordine che riguardano l enfasi sulle attività. B. Analisi empirica delle Strategie di Business A Classificazione di Enfasi Strategiche: La Tabella 4 mostra una classificazione delle varie enfasi strategiche perseguite dal nostro campione di 130 aziende fornitrici che hanno risposto alla ricerca Business Strategy. I rispondenti sono stati istruiti a rispondere a tutte le domande nel miglior modo possibile, visto che generalmente trattano le attività di produzione di componentistica per auto veicoli negli Stati Uniti. Nonostante le risposte possano essere diverse a seconda del sito produttivo, si sono ricercate le risposte in grado di rappresentare la media generale di tutti gli impianti produttivi oppure il sito produttivo tipico. Per quanto attiene l enfasi sul Mercato, le aziende sono state suddivise in una serie di categorie sulla base delle risposte a tre domande: Negli ultimi 5 anni, quanto rilievo è stato dato dalla vostra azienda ai seguenti obiettivi strategici: 5. proteggere e consolidare mercati e clientela esistenti? 6. espandere mercati e clientela esistenti per prodotti esistenti? 7. sviluppare nuovi mercati e clientela attraverso la produzione di prodotti o servizi nuovi ed innovativi? Ai rispondenti è stato chiesto di rispondere alle suddette domande utilizzando la scala di valutazione seguente: 1. pochissimo, ovvero nessuna enfasi 2. poca enfasi 3. abbastanza enfasi 4. molta enfasi 5. moltissima enfasi Sulla base delle risposte ottenute a queste domande, le aziende sono state suddivise in categorie a seconda dell enfasi data a mercati e clientela esistenti (domande 1 e 2 sopra). Come riporta la Tabella 4, il 27% del nostro campione pone maggior rilievo alla protezione e consolidamento piuttosto che all espansione di mercati esistenti, mentre 149

150 il 27% pone rilievo sull espansione piuttosto che sulla protezione e consolidamento dei mercati esistenti. Il restante 46% pone rilievo di sia sul consolidare e proteggere che sull espandere mercati esistenti in ugual misura. (Per facilitare la presentazione, d ora in poi ci si riferisce a queste tre categorie distinte come Protezione, Espansione, e Protezione/Espansione). All interno di queste tre categorie, il grado di rilievo dato ai nuovi mercati in via di sviluppo varia sostanzialmente. La Tabella 4 riporta le percentuali delle aziende all interno di ciascuna delle tre enfasi sui Mercati esistenti nelle quali i rispondenti hanno dato uguale o maggiore rilievo anche a sviluppare nuovi mercati (domanda 3 sopra). Come riportato, solo il 29% delle aziende che danno rilievo alla Protezione di mercati esistenti danno rilievo anche allo sviluppo di mercati nuovi (in seguito chiamati enfasi sullo Sviluppo), mentre il 40% di aziende che pongono rilievo sull Espansione di mercati esistenti danno rilievo anche allo Sviluppo di mercati nuovi. Tra le aziende che danno lo stesso rilievo alla Protezione e all Espansione dei mercati esistenti, la maggioranza (57%) ha anche dato rilievo allo Sviluppo di nuovi mercati. Per quel che riguarda la classificazione basata sull enfasi sulla Performance, ai rispondenti è stato chiesto di distribuire un totale di 10 punti tra i quattro obiettivi di performance. Nello specifico, ai rispondenti è stato chiesto: Cortesemente, senza usare decimali, allocate un totale di 10 punti in modo tale che riflettano la priorità data dalla vostra azienda negli ultimi 5 anni ai seguenti obiettivi di performance : 1. controllo dei costi 2. controllo qualità 3. controllo delle consegne in entrata ed in uscita 4. offerta di prodotti e servizi innovativi. Le aziende sono state catalogate secondo le priorità di enfasi sulla base degli obiettivi che hanno ottenuto i punteggi maggiori. Come riportato nella Tabella 4, il 36% dei rispondenti ha dato priorità al controllo dei costi, il 26% al controllo della qualità e il 13% all offerta di prodotti e servizi innovativi. Le aziende che danno un importanza uguale a due o più obiettivi di performance sono state catalogate come aventi un enfasi mista (pari al 25% del nostro campione). Solo un azienda ha dato rilevo al controllo delle consegne come prima priorità e questa osservazione è stata catalogata nella categoria di enfasi mista. (Di nuovo, per facilitare la presentazione, d ora in poi faremo riferimento a queste categorie come enfasi sul Controllo Costi, Controllo Qualità, Innovazione e Misto.) Per quel che riguarda l enfasi sulla Configurazione/Prodotto, ai dirigenti è stata fatta un ampia gamma di domande per riuscire a identificare le ragioni chiave sottostanti l enfasi sulla Configurazione/Prodotto della loro azienda. Ciononostante, seguendo questo indirizzo, non è stato possibile trovare un modello facilmente riconoscibile e, quindi, non ci 150

151 è stato possibile catalogarli in una serie di combinazioni di enfasi. Abbiamo, invece, identificato cinque attributi chiave di aziende che distinguono vari aspetti dell enfasi sulla Configurazione/Prodotto. La Tabella 4 riporta le proporzioni (o medie) e campi di questi cinque attributi. Come riportato, il 45% del campione è composto da aziende multinazionali con uno o più impianti produttivi all estero. In media, le aziende erano proprietarie di 7 impianti produttivi nel mondo. Il numero di impianti produttivi spazia da 1 a 129, con il 28% del campione che ne possiede soltanto uno. Essendo certi del fatto che l entità dei rappresentanti sindacali negli impianti produttivi possa influenzare le scelte strategiche circa l enfasi sulle attività, la Tabella 4 mostra la percentuale d impianti produttivi presenti negli Stati Uniti nei quali i lavoratori sono rappresentati da sindacati. In media, il 32% degli impianti produttivi sono sindacalizzati. Le percentuali variano da 0 a 100%, con il 51% delle aziende con uno o più impianti produttivi sindacalizzati. Il numero di componenti per auto veicoli distintamente diversi prodotti varia da 1 componente a 2500 componenti, con una media di 89 componenti prodotti. Data l evidente distribuzione asimmetrica della media, è di grande aiuto notare la sostanziale differenza esistente tra il numero di componenti prodotti agli estremi. Ad esempio, la media dei componenti prodotti dalle aziende che producono oltre 89 componenti (21% del campione) è di 517 componenti. In netto contrasto, la media dei componenti prodotti dalle aziende che producono 89 o meno componenti si limita a 14. Infine, in media la percentuale delle vendite di un azienda al suo maggior cliente è del 35% e spazia da un minimo di 2% ad un massimo del 98%. (Per facilitare la presentazione, faremo riferimento agli attributi Configurazione/Prodotto che seguono nel modo seguente: Multinazionali per lo status delle aziende multinazionali; Multi-Plant per aziende con più di un impianto produttivo; Sindacalizzate per aziende in cui almeno un impianto produttivo sia sindacalizzato; Concentrazione Vendite come la percentuale di vendite derivanti dal maggior cliente dell azienda; e > Media Componenti per aziende che producono più della media deglii 89 diversi componenti.) Per quel che riguarda la classificazione delle aziende basata sulla loro enfasi sulle attività, ai rispondenti è stato chiesto nuovamente di allocare un totale di 10 punti tra una serie di scelte che riflettessero la priorità dell azienda negli ultimi 5 anni. Le scelte comprendevano: a. l applicazione delle tecnologie, apparecchiature e processi tecnici più avanzati b. il miglioramento delle pratiche di gestione delle risorse umane c. R&S e progettazione per migliorare i prodotti e servizi Come riportato nella Tabella 4, la maggioranza (39%) ha dato priorità all applicazione delle tecnologie, apparecchiature e processi tecnici più avanzati, il 26% ha dato rilievo alla 151

152 R&S e progettazione, e il 19% pone l accento sui miglioramenti nella gestione delle risorse umane. Il resto delle aziende dà importanza a due delle tre attività in ugual misura e sono state classificate come imprese con duplice enfasi sulle attività. (Per facilitare la presentazione, d ora in poi faremo riferimento a queste categorie come enfasi Tecnico, R&S/Progettazione, HRM, e Duplice.) Modelli nelle Enfasi Strategiche: Passiamo ora all analisi dei modelli di enfasi tra le decisioni strategiche di prim ordine riguardanti l enfasi sul Mercato, Performance e Configurazione/Prodotto. Tabulazioni incrociate tra queste decisioni strategiche di prim ordine sono riportate nella Tabella 5. Come mostrano, benché vi siano dei modelli di associazione tra queste enfasi strategiche, non vi sono chiare linee di delimitazione che possano giustificare un ulteriore semplificazione delle strategie di business perseguite. Anzi, qualsiasi sia l enfasi sul mercato perseguita, vi sono aziende che perseguono ognuna delle quattro enfasi sulla Performance. Allo stesso modo, le differenze tra i vari attributi dell enfasi sulla Configurazione/Prodotto non offrono una linea chiara di delimitazione tra enfasi sul Mercato o sulla Performance perseguita. Ciononostante, sono evidenti un certo numero di associazioni marcate tra le enfasi strategiche. Una proporzione di aziende che perseguono la Protezione del mercato sostanzialmente maggiore di quante perseguono l enfasi sul mercato ricercano la prestazione sul Controllo dei Costi. Le aziende che perseguono enfasi sulla Protezione/Espansione sono oltre il doppio rispetto a quelle che perseguono l enfasi sull Innovazione. Inoltre, una proporzione di aziende che perseguono l enfasi sull Espansione sostanzialmente maggiore di quante perseguono l enfasi su altri Mercati esistenti inseguono la prestazione sul Controllo della Qualità. Mentre il 26% delle aziende che perseguono enfasi sullo Sviluppo perseguono enfasi sull Innovazione, soltanto il 3% delle aziende che non perseguono l enfasi sullo Sviluppo perseguono l enfasi sull Innovazione. Quindi, risulta che un enfasi sull Innovazione della performance concordi quasi esclusivamente con un enfasi sullo Sviluppo. Inoltre, tra le aziende che non perseguono l enfasi sullo Sviluppo, una parte sostanzialmente maggiore persegue l enfasi sul Controllo dei Costi rispetto all enfasi sullo Sviluppo. In aggiunta, tra le aziende che non perseguono l enfasi sullo Sviluppo, la maggioranza produce un ampio numero di componenti diversi rispetto alle aziende che perseguono l enfasi sullo Sviluppo. Le aziende che perseguono l enfasi sul Controllo dei Costi hanno più probabilità di essere aziende sindacalizzate rispetto alle aziende che perseguono l enfasi su altre altri tipi di prestazione. Le aziende che perseguono l enfasi sul Controllo della Qualità hanno meno probabilità d essere aziende multinazionali rispetto alle aziende che perseguono l enfasi su altre Performance. Infine, le aziende che perseguono l enfasi sull Innovazione hanno molte meno probabilità rispetto ad altre 152

153 aziende di avere configurazioni d impianti produttivi multipli e hanno meno probabilità di avere Concentrazioni di Vendite alte o di produrre un ampio numero di componenti diversi. Attività e Strategie rispetto al Posto di Lavoro: Sulla base delle diverse enfasi strategiche identificate nel presente documento, le enfasi strategie operative di second ordine perseguite sono una funzione del (oppure concordano con) il Mercato strategico di prim ordine, la Performance e l enfasi sulla Configurazione/Prodotto perseguita. La Tabella 6 riporta tabulazioni incrociate delle quattro enfasi sulle attività identificate e le altre categorie di strategie. Le tabulazioni incrociate dimostrano che vi è una variazione sostanziale tra le aziende che perseguono enfasi sulle diverse attività. Per quel che riguarda l enfasi sul Mercato esistente, le aziende che perseguono l enfasi Tecnica hanno meno della metà della probabilità di perseguire l Espansione del mercato (16%) così come le aziende che perseguono qualsiasi delle altre enfasi Operative. Allo stesso modo, le aziende che perseguono enfasi sulle attività di R&S/Progettazione hanno meno della metà delle probabilità (24%) rispetto alle altre di perseguire un enfasi sulla Protezione/Espansione del mercato. Inoltre, tra le aziende che perseguono sia un enfasi sul HRM o Duplice, la probabilità di perseguire un enfasi di Protezione di mercato risulta considerevolmente più bassa (13-14%) rispetto alle aziende che perseguono sia un enfasi sulla Tecnica (29%) sia sulle R&S/Progettazione (42%). Inoltre, soltanto il 21% delle aziende che perseguono un enfasi sulle HRM perseguono anche un enfasi sullo Sviluppo, mentre il 58% delle aziende che perseguono un enfasi sulla R&S/Progettazione persegue un enfasi sullo Sviluppo. Per quel che riguarda l enfasi sulla Performance, si evince che le aziende che perseguono un enfasi tecnico-operativa hanno molte più probabilità rispetto ad altre aziende di perseguire un enfasi sul Controllo della Qualità (39% rispetto al 13-24% per altre enfasi operative). Tra le aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Progettazione, la maggioranza (24%) persegue anche un enfasi sull Innovazione rispetto ad altre aziende (4-14%). Tra che aziende che perseguono un enfasi operativa sulle HRM o Duplice, poche pongono l accento sul Controllo Qualità o sull Innovazione. La variazione degli attributi sottostanti relativa all enfasi sulla Configurazione/Prodotto rispetto all enfasi sull operatività non è particolarmente marcata, ma alcune osservazioni sono degne di nota. Lo status di multinazionale varia poco tra le enfasi sulle attività perseguite, sebbene le aziende che perseguono l enfasi sulle HRM sono quelle meno multinazionali (35%). Per quel che riguarda gli stabilimenti con impianti produttivi singoli rispetto a quelli con impianti multipli, le aziende che perseguono un enfasi sulla R&S/Progettazione hanno meno probabilità di avere stabilimenti con una molteplicità di impianti produttivi (61%), mentre le aziende che perseguono l enfasi sulle HRM hanno la 153

154 maggiore probabilità d avere operazioni con una molteplicità di impianti produttivi (83%). Per quel che riguarda la sindacalizzazione delle aziende, si rileva una differenza alquanto marcata tra le aziende che perseguono enfasi sulla R&S/Progettazione e Duplice (rispettivamente il 64% e il 67%) e quelle che perseguono enfasi sulla tecnica e sulle HRM (rispettivamente il 40% e il 46%). La concentrazione di vendite di un azienda è alquanto più bassa tra le aziende che perseguono l enfasi sulle operazioni R&S/Proget-tazione e Tecnica (29% e 34%, rispettivamente) rispetto alle aziende che perseguono enfasi sulle HRM e Duplice (42% e 40%, rispettivamente). Infine, per le aziende che perseguono enfasi operative Duplici è molto più probabile che producano di più rispetto alla media di 89 componenti delle altre aziende (40%) rispetto ad aziende che perseguono l enfasi sulla tecnica (14%), sulla R&S/Progettazione (15%) e sulle HRM (27%). Per quel che attiene le strategie relative al posto di lavoro in riferimento al tipo di enfasi sulle attività, i fornitori automotive hanno una serie di opzioni RU/RL tra cui scegliere, oltre a scelte che riguardano il grado di sofisticatezza tecnologica da perseguire. Risultano di particolare interesse per la nostra ricerca le scelte effettuate circa i gruppi di lavoro, le retribuzioni, la formazione professionale e gli investimenti nelle tecnologie e i processi tecnici più avanzati. La Tabella 7 mostra la distribuzione di questi attributi nelle quattro enfasi Operative perseguite. Innanzitutto, per quel che riguarda i lavori di gruppo, è stata effettuata una prima rilevazione per distinguere le aziende che attuano attività di gruppo su larga scala dalle altre. Le aziende in cui più del 50% dei lavoratori di produzione lavorano in gruppi di lavoro, circoli di qualità o gruppi di coinvolgimento lavorativo e nelle quali le aziende condividono spesso informazioni sulla performance con i lavoratori sono classificate come aventi ampie attività di gruppo (Extensive Team-Based Activity). Come mostra la Tabella 7, le aziende che perseguono enfasi sulle HRM sono quelle che più probabilmente utilizzano attività di squadra in modo ampio (58%), mentre le aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Progettazione sono quelle in cui la probabilità di utilizzare attività di squadra scende al livello minimo (25%). In secondo luogo, per quel che riguarda la retribuzione, viene riportato sia il salario medio più alto disponibile ai lavoratori di produzione che l opportunità di guadagnare bonus grazie a modelli di compensazione basati sulla performance. Come dimostrato, l opportunità dei lavoratori di produzione di guadagnare salari relativamente alti (Highest Production Wage) è differente a seconda delle varie enfasi Operative. Risulta evidente che le aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Progettazione sono quelle che offrono i maggiori salari potenziali ai lavoratori di produzione (oltre $14, di media), mentre le aziende che perseguono l enfasi sull enfasi Duplice offrono un minor salario potenziale massimo a $11,82. D altro canto, le aziende che perseguono l enfasi sulle HRM, sono quelle in cui è più probabile l utilizzo di modelli di salario basato sulle performance 154

155 (Performance-Based Pay) quali piani di compartecipazione ai profitti e alle perdite e meritocratici (69%), mentre aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Progettazione sono quelle in cui questo è meno probabile (45%). Per quel che riguarda gli investimenti per la formazione professionale (Hours of Training), le aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Progettazione investono mediamente il doppio rispetto alle altre aziende (96 ore vs. 48 ore l anno). Con l eccezione delle aziende che perseguono l enfasi Duplice, le aziende confidano molto di più sulla formazione sul campo rispetto alla formazione formale per migliorare la forza lavoro (circa 21 ore di formazione formale vs. 41 ore formazione sul campo, in media). Per quel che attiene gli investimenti in nuove tecnologie e processi tecnici, le aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Progettazione e sull applicazione di nuove tecnologie e attrezzature sono quelle che hanno compiuto gli investimenti maggiori. Di seguito vengono analizzate due rilevazioni di tale investimento. Innanzitutto, basandoci sulla percentuale di macchinari di produzione che hanno meno di cinque anni o che sono state migliorate sostanzialmente negli ultimi cinque anni, (% NewEquipment in last 5 Years), si rileva che le aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Progettazione hanno in media sostituito o migliorato circa il 44% dell attrezzatura, il doppio rispetto alla percentuale tra le aziende che perseguono l enfasi Duplice. Un secondo indicatore in grado di misurare la sofisticazione tecnologica è la percentuale di aziende in cui il 25% od oltre dei lavoratori in officina utilizzano un computer sul lavoro almeno una volta la settimana (Worker Use of Computers). Secondo quest analisi, le aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Proget-tazione e sul tecnico sono quelle nelle quali è sostanzialmente più probabile trovare lavoratori di produzione che utilizzano i computer con regolarità (oltre il 50%) piuttosto che aziende che perseguono l enfasi sulle HRM e Duplice (circa il 38%). Infine, siccome le enfasi operative e le strategie relative al posto di lavoro perseguite possono essere influenzate dalla rappresentanza sindacale, vengono rilevati la percentuale di impianti produttivi rappresentati da sindacati (% Sindacati). Come riportato, le aziende che perseguono l enfasi sulla R&S/Progettazione e Duplice sono molto più probabilmente quelle ad avere gli impianti produttivi sindacalizzati (65% e 63% rispettivamente) rispetto alle aziende che perseguono l enfasi sulla Tecnica (45%) e l enfasi sulle HRM (31%). Benché non riportato nella Tabella 7, il grado in cui le aziende che perseguono l enfasi sulle HRM utilizzano il lavoro di gruppo in impianti produttivi sindacalizzati è molto più elevato (75%) rispetto a quanto non lo sia nelle aziende che perseguono qualsiasi altra enfasi operativa (da un minimo di 14% a 20%). Le aziende che perseguono l enfasi sulle HRM sono anche quelle che più probabilmente utilizzo di modelli di salari basati sulla performance nei loro impianti di produzione sindacalizzati (50%), mentre le aziende che perseguono l enfasi sulla tecnica sono quelle in cui la probabilità di utilizzo di modelli di 155

156 bonus nelle loro unità produttive è al minimo (22%). 5. Conclusioni L obiettivo del presente lavoro è stato di costruire un profilo della ristrutturazione in atto nel settore Statunitense della fornitura automotive e di creare una classificazione delle strategie di business relative al posto di lavoro perseguite alla luce di detta ristrutturazione. Come riportato, la ristrutturazione in atto del settore è caratterizzata da un trasferimento dell allocazione dell attivo totale da parte di società statunitensi all estero, e da un incremento senza precedenti dell investimento estero diretto negli Stati Uniti da società di proprietà estera (per la maggior parte attribuibili a fusioni e acquisizioni). E inoltre evidente che negli ultimi dieci anni siamo stati testimoni di un incremento sostanziale dell intensità di capitale, abbinato ad una fluttuazione effettiva dell occupazione a seguito delle decisioni d investimento e di dismissione. Rispondendo ad un mercato sempre più competitivo e incerto, i fornitori stanno perseguendo una serie di strategie di business. Queste si differenziano per il grado d importanza data a: 1. la protezione e l espansione di mercati esistenti, 2. lo sviluppo di nuovi mercati, 3. i costi, la qualità e l innovazione dei prodotti, 4. l attività svolta e localizzazione 5. i mix di prodotto e di clientela. Date le differenti enfasi di business perseguite, i fornitori stanno perseguendo enfasi differenti, sulle scelte operative, nel loro sforzo l ottimizzazione della performance in tutte le operazioni di produzione. Queste strategie a livello operativo si differenziano in primo luogo per il peso che viene dato a: 1. l applicazione delle tecnologie, apparecchiature e processi tecnici più avanzati, 2. R&S e progettazione per migliorare i prodotti e servizi 3. miglioramenti nelle HRM. Alla base di queste differenze nelle enfasi operative si trovano differenze nell attuazione di strategie relative al posto di lavoro in cui le aziende pongono maggiore o minore rilievo sulle attività di squadra, sui salari e retribuzioni basati sulla performance, sulla formazione professionale e sul grado di sofisticazione tecnologica. La domanda da porsi è la seguente: quali combinazioni d enfasi di business e operative e quali strategie relative al posto di lavoro stanno portando una maggiore o minore performance? E quali sono le implicazioni di queste differenze d enfasi strategiche e i 156

157 risultati di performance per i lavoratori? Dare una risposta a queste domande critiche è il nodo centrale dell analisi in corso. 157

158 Tabella 1 - Caratteristiche Organizzative di Società Multinazionali Americane ed Estere di Produzione di motoveicoli e attrezzatureper la produzione con la maggiore % di Vendite negli Stati Uniti. Società di proprietà USA Variazione ( ) Numero di Aziende USA controllanti % Numero di Affiliate Estere % Totale Attivo Nazionale di Società Controllanti (miliardi $) Totale Attivo Affiliate (miliardi $) Totale Vendite Società Controllanti negli USA (miliardi $) Totale Vendite per Affiliata (miliardi $) Totale Occupazione Controllante USA (in migliaia) Totale Occupazione Affiliate (in migliaia) % % % % % % % Copertura Sindacati (tutte aziende USA) a 52 % 45 % 38 % 27% Società di proprietà Estera Variazione ( ) Numero di Affiliate negli USA % Numero di Società Consolidate come Affiliate % Totale Attivo Affiliate (miliardi $) % Totale Vendite Affiliate (miliardi $) % Totale Occupazione Affiliate (in migliaia) % % Copertura Sindacati 31% 33% 17% b 45% Fonti: U.S. Direct Investment Abroad (1989 and 1994 Benchmark Surveys, 1998 preliminary results); Foreign Direct Investment in the United States (1987, 1992, 1997 Benchmark Surveys). a Dato basato su tutte le aziende statunitensi, sia multinazionali che non. b Dato basato sulla penetrazione dei macchinari di trasporto. 158

159 159

160 Tabella 2 - Investimento Estero Diretto USA all estero: Affiliate di maggioranza nella Produzione di motoveicoli e attrezzature ( ) Paese/Regione Nord America Europa America Asia & Latina Pacifico Va ria bil e To tal e To tal e Attivo totale (miliardi $) C an ad a M es sic o To tal e G er m an ia * Occupazione (in migliaia) Vendite (miliardi $) * * * Esportazioni USA a Affiliate (miliardi $) * * * * * * * Importazioni da Affiliate (miliardi $) * * 1.1* * * 0.1* * Fonti: U.S Direct Investment Abroad (1989 and 1994 Benchmark Surveys, 1999 preliminary results). * Approssimato dalle Tabelle provviste. Re gn o U nit o To tal e B r as il e Tot ale A us tr ali a A fr ic a 160

161 161

162 Tabella 3 - Investimento Diretto Estero negli Stati Uniti; Produzione autoveicoli e attrezzature ( ) Variabile Totale Attivo totale (miliardi $) Canada Totale Paese/Regione Europa Germania Regno Unito Giappone Occupazione (in migliaia) Vendite (miliardi $) * * Esportazioni USA inviate a Affiliate (miliardi $) Importazioni USA inviate a Affiliate (miliardi $)

163 Fonti: Foreign Direct Investment in the United States (1987, 1992, 1997 Benchmark Surveys) Approssimato dalle tabelle provviste. 163

164 Tabella 4 - Classificazione di Enfasi di strategie di Business negli Stati Uniti. Industria di Fornitura di Componentistica nel comparto Automotive A. Enfasi sul Mercato mercati esistenti Protezione Protezione/Espansione Espansione 27% 46% 27%. Sviluppo nuovi mercati 29% 57% 40% B. Enfasi sulla Performance Controllo costi Controllo Qualità Innovazione Misto 36% 26% 13% 25% C. Attributi all enfasi sulla Configurazione/Prodotto %/Media Range 1. Società Multinazionali 45% Numero di impianti produttivi nel mondo % di Impianti Sindacalizzati 32% Numero di Componenti Diversi % di Vendite al Cliente Maggiore 35% 2-98% D. Enfasi sulle Operazioni Tecnica R&S/Progettazione HRM Duplice 39% 26% 19% 16% 164

165 Tabella 5 - Tabulazioni incrociate tra Enfasi di Strategie di Prim Ordine A. Enfasi sul Mercato Enfasi sulla Performance Controllo Controllo costi Qualità Innovazione Misto Protezione 46% 20% 9% 26% Protezione/Espansione 31% 24% 19% 27% Espansione 34% 37% 9% 20% Sviluppo 26% 25% 26% 23% Non Sviluppo 43% 28% 3% 23% B. Enfasi sul Mercato Multi-naz ionali Enfasi sulla Configurazione/Prodotto Multi Sindacalizzati Conc. Vendite > Impianti Media Comp. Protezione 53% 77% 49% 32% 18% Protezione/Espansione 42% 71% 54% 32% 21% Espansione 40% 69% 49% 45% 24% Sviluppo 47% 69% 47% 35% 14% Non Sviluppo 43% 75% 55% 36% 20% C Enfasi sulla Performance. Multi-naz ionali Enfasi sulla Configurazione & Prodotto Multi Sindacalizzati Conc. Vendite > Impianti Medi a Comp. Controllo Costi 48% 76% 65% 38% 28% Controllo Qualità 32% 71% 41% 36% 16% Innovazione 47% 59% 35% 26% 12% Mista 50% 77% 52% 37% 21% 165

166 Tabella 6 - Tabulazioni incrociate tra Enfasi di Strategie di Prim Ordine e Second Ordine Enfasi Operative Tecnica Enfasi Operative R&S/ HRM Progettazione Duplice A. Enfasi sul Mercato Protezione 29% 42% 13% 14% Protezione/Espansione 55% 24% 50% 52% Espansione 16% 33% 38% 33% Sviluppo 47% 58% 21% 43% Non Sviluppo 53% 42% 79% 57% B. Enfasi sulla Performance Controllo dei costi 27% 36% 46% 43% Controllo qualità 39% 24% 13% 14% Innovazione 14% 24% 4% 5% Misto 20% 15% 38% 38% C. Enfasi sulla Configurazione/Prodotto Multinazionali 48% 42% 35% 48% Multi -Impianti 72% 61% 83% 81% Sindacalizzati 40% 64% 46% 67% Concentrazione Vendite 34% 29% 42% 40% > Media Componenti (89) 14% 15% 27% 40% 166

167 Tabella 7 - Attributi RU/RL e Tecnologici selezionati per Enfasi Operative Attributi Estensione del lavoro di gruppo Produzione maggiore Salario Retribuzione Basata sulla Performance Enfasi Operative Media Campione Tecnico R&S/Prog. HRM Duplice 36.6% 35.5% 25.0% 58.3% 37.5% $12.82 $12.32 $14.03 $12.77 $ % 53.3% 45.0% 69.2% 62.5% Ore di Formazione Professionale Totale Formale Formazione sul campo % Macchinari Nuovi Negli ultimi 5 Anni Utilizzo di computer da parte dei lavoratori % Sindacati 50.0% 45.2% 65.0% 30.8% 62.5% 167

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169 APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI 169

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181 Moccia M.(a cura di) (1998), Bibliografiat : saggi, studi, ricerche sulla FIAT, Torino, Paravia. 9. Webgrafia Associazione dei costruttori europei d auto ANFIA Associazione nazionale costruttori fra auto Automotive intelligence. Statistiche mondiali sulla produzione, le vendite CLEPA - European Association of Automotive Suppliers Comité des Constructeurs Français d Automobiles Fédération des Indstries des E quipments pour Véhicule Federazione Internazionale Sindacati metalmeccanici Rapporti e documenti sull industria automobilistica in Europa e nel mondo GERPISA Groupe d Étude et de recherche Permanent sur l Industrie et les Salariés de l Automobile Organizzazione Internazionale Costruttori d auto Society of Automotive Engineers Worldwide Automotive Supplier Dierctory. Ricerca per area geografica e categoria di prodotto Verband der Automobileindustrie Qualitätsmanagement Reports, linee guida per la certificazione di qualità delle aziende subfornitrici 181

182 APPENDICE Daniele Robiglio

183 Auto produzione Auto, produzione dei principali paesi europei (milioni di unità)

184 Germania e Francia leader Italia in calo Spagna (e Regno Unito) in crescita

185

186 Veicoli commerciali e industriali, produzione Produzione veicoli commerciali e industriali (milioni) Spagna leader Italia in crescita dal 1993

187

188 Capacità produttiva Utilizzo della capacità produttiva, paesi e numero di impianti, 1998 Germania e Spagna sopra la media europea di utilizzo Sovracapacità

189

190 Piattaforme Modelli e piattaforme

191 più modelli meno piattaforme

192 Redditività automotive Europa: risultati di gestione Costruttori: pochi utili, quindi: outsourcing piattaforme strategie di business (compressione dei fornitori)

193

194 Fiat, produzione Sviluppo nei PE Palio (world car) Gruppo Fiat, produzione di veicoli, anno 2000: veicoli

195

196 Fiat, ricavi Gruppo Fiat, ricavi per settore Prospettive Meno industria Più utility (energia) Più servizi

197

198 Produzione autoveicoli in Italia

199 Torino: 29% Vetture di alta gamma Vetture di piccola serie Carrozzieri (vetture di nicchia)

200

201 Componenti produzione Produzione (Lit. Miliardi) Crescita continua (anche outsourcing) Cresce l OEM Cresce l AM esportaz. Statico l AM interno

202

203 Componenti produzione Produzione italiana di componenti, anno 2000: Miliardi di Lire Il 1 Equip. vale il 67% della produzione (sua importanza per la componentistica)

204

205 Struttura

206 Piccole: molte e troppo piccole Medie: equilibrio Grandi: poche e relativamente ben dimensionate

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