I TRE GENI A FIRENZE
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- Jacopo Parisi
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1 I TRE GENI A FIRENZE Nelle Vite dè più eccellenti architetti, pittori e scultori italiani da Cimabue insino a' nostri giorni, comparsi in prima edizione a Firenze nel 1550, Giorgio Vasari, pittore e architetto fecondissimo, organizzatore di cantieri artistici profani ed ecclesiastici da Napoli a Venezia, da origine al termine di terze età o maniera come stadio perfetto e forse insuperabile dell'arte vincitrice sia della natura, sia del rinato ideale e modello classico. La prima età del Trecento aveva dato luogo con Giotto alla fase iniziale del recupero dell'immagine e dello spazio naturale e con i Pisani alla riscoperta dell'antico. La seconda età del Quattrocento, aveva assistito alla Rinascenza vera e propria, pur con eccesso di regole e di schemi. Le Vite del Vasari, esemplificano le contraddizioni della nuova cultura, da un lato la loro struttura esteriore, imperniata sulla trama storica generazionale del progressivo accostamento e poi superamento del rapporto con la realtà e la tradizione classica, attraverso la genealogia artistica di bottega dei maestri e degli allievi, nasceva dallo stadio più maturo e finale della rivoluzione umanistica, con l'esaltazione dell' uomo universale, come pernio individualistico della civiltà moderna e laica: i tre geni, Leonardo, L'autore sottolineava che merito dei tre geni, ciascuno con le sue specifiche facoltà o maniere, era stato quello di dotare la civiltà italiana di una cultura e di un linguaggio visivo unitario e comune, comprensibile a tutta l'intellettualità della penisola, al di là delle tradizioni locali e di bottega e con dignità umanistica paritetica e parallela alla volgar lingua teorizzata dal Bembo. Il Vasari esalta come modello supremo di artista Michelangelo, come gestore paritetico delle tre arti del disegno, pittura, scultura e architettura, e individua nel disegno il fondamento di ogni arte e in Firenze la matrice di questo primato. Egli fondatore della prima delle Accademie, quella fiorentina, nel 1562, imposta la sua trama storica, specie nelle prime due età, in maniera toscanocentrica. Al momento della discesa di Carlo VIII, i due centri di più alta elaborazione umanistica, risultavano Milano e Firenze. A Firenze persisteva l'eredità di Lorenzo il Magnifico, morto nel 1492; la predicazione antiumanistica del Savonarola e i travagli della repubblica gentilizia, non impedirono ma anzi esaltarono l'ultima stagione di compresenza di Leonardo, Leonardo si ferma a Firenze dal 1500 al 1506, con una breve assenza tra il , Michelangelo vi ritorna dal il e il giovane Raffaello vi soggiorna dal 1504 al Il posto di guida tocca al più anziano dei tre Leonardo: il suo suggerimento di un criterio geometrico e unitario per sintetizzare e condensare la realtà e le sue ricerche di complesse articolazioni di forme nello spazio, esercitano una grandissima influenza sull'ambiente artistico locale, soprattutto su Michelangelo e Raffaello, che sono le personalità più capaci di comprenderne la portata innovatrice. In opposizione alle ultime tendenze dell'arte medicea, esse danno vita ad un nuovo
2 linguaggio semplice e monumentale, che accompagna la ricerca di una piena naturalezza con quella di una nuova intensità espressiva. Leonardo riesce a operare una sintesi tra esigenze di equilibrio e armonia nella composizione da una parte e imitazione del dato naturale dall'altra: realismo e idealizzazione convivono nelle sue opere. Seguendo tali indirizzi fissa nella Gioconda un nuovo modello per il ritratto. Per Michelangelo la lettura dei classici e la celebrazione dei valori morali individuali e delle virtù civili collettive confluiscono nella grandezza del David. Raffaello, attento alla lezione di Michelangelo e Leonardo, va elaborando un proprio e personale linguaggio figurativo, leggendo in modo creativo i modelli dei maestri per esempio sul tema del ritratto civile e sul tema della Madonna col bambino. Questa splendida stagione fiorentina piena di fermenti, viene bruscamente interrotta: Leonardo torna a Milano nel 1506, il pontefice chiama Michelangelo a Roma in quello stesso anno e Raffaello nel Il ruolo di capitale della cultura e dell'arte viene ceduto da Firenze a Roma. Ma questi brevi, densissimi anni fiorentini non rappresentano soltanto l'inizio di quella nuova età dell'oro che raggiungerà la sua pienezza nella Roma di Giulio II e Leone X: i segni di una crisi profonda, che contraddice palesemente quel concetto di misura e di felice equilibrio che è proprio dello spirito classico, si manifestano molto presto nelle opere di almeno due dei maggiori protagonisti dell'età dell'oro. La Battaglia di Anghiari di Leonardo e la Battaglia di Cascina di Michelangelo sono due episodi emblematici rispetto a questa crisi. Nella ferocia dello scontro e nelle fisionomie devastate Leonardo rivela metaforicamente la caduta dei valori di pura armonia e la fine delle certezze che avevano sostenuto la civiltà rinascimentale. In Cascina Michelangelo conferma la frattura con il puro dato naturale, tipico dell'arte quattrocentesca, spingendo la sua ricerca sulle figure di nudo al limite del virtuosismo. Anghiari e Cascina diventeranno due testi fondamentali per lo sviluppo del nuovo episodio dell'arte che farà seguito al Rinascimento: la Maniera. 1.1 Leonardo da Vinci Leonardo da Vinci ci ha lasciato un gran numero di testimonianze, i dipinti non sono numerosissimi in confronto ad una sterminata eredità di disegni, schizzi e fogli annotati, in cui sono registrati i molti e disparati oggetti che catturavano la sua attenzione e le sue diramate esplorazioni del suo poliedrico pensiero. Leonardo nasce a Vinci, in Val d'elsa nel 1452 e il padre, valutate le inclinazioni del figlio, lo porta con sé a Firenze e lo mette a bottega presso uno dei più affermati maestri del momento, Andrea Verrocchio. La formazione in ambiente fiorentino ha un peso straordinario per Leonardo, tanto da determinare gli orientamenti di fondo di tutta la sua successiva attività. Qui il giovane accoglie e sviluppa una moderna concezione dell'arte intesa come conoscenza, fondata su scientifici e veri principi, il cui compito non consiste in una meccanica imitazione della natura, in un semplice rispecchiamento esteriore, bensì
3 nell'atto propriamente scientifico delle comprensione e riproduzione delle sue leggi interne. Ma ciò in tale contesto fa di Leonardo una figura radicalmente innovatrice, è il suo acutissimo spirito di osservazione e ricerca, che lo conduce ad indagare con rinnovato interesse e spregiudicata attenzione i fenomeni naturali, e a richiedere all'arte una sempre più vasta e soprattutto profonda, esperienza della realtà, fuori dagli schemi ripetitivi del mestiere. Sull'attitudine di Leonardo ad un rapporto diretto con la realtà, fatto di osservazione e sperimentazione, e sulla molteplicità dei suoi campi d'interesse ha notevole peso la sua formazione di bottega. Qui il giovane viene a contatto con un'organizzazione di lavoro in cui agli artisti è richiesta la competenza nei campi più diversi e dove non esiste alcuna frattura fra l'operazione intellettuale della progettazione di un'opera e la sua realizzazione pratica. Leonardo non concorda la politica di Lorenzo il Magnifico sull'esportazione dei migliori talenti, allo scopo di diffondere sul piano artistico il prestigio di Firenze, probabilmente per questo motivo abbandona Firenze, infatti nel 1482 si stabilisce a Milano, dove trova un ambiente stimolante, favorevole alla ricerca, conforme ai suoi interessi. Qui Leonardo verrà coinvolte nelle opere di organizzazione di difesa del territorio. Milano ferve di un'intensa attività culturale: la corte sforzesca è diventata uno dei luoghi più importanti d'incontro tra letterati, artisti, scienziati, ed egli avrà l'occasione di allargare e approfondire le proprie conoscenze. La produzione artistica di Leonardo appare legata al lavoro scientifico di ricerca e osservazione sulla natura e sull'uomo, secondo un rapporto reciproco. Il movente di fondo che anima l'opera leonardesca, consiste nella convinzione che l'arte debba tendere al completo dominio figurativo del reale e farsi strumento di una conoscenza più profonda. I dipinti di Leonardo si distinguono da un qualsiasi altro dipinto quattrocentesco, per l'accentuato naturalismo, coniugato alla monumentalità delle forme nell'immagine della figura umana e la capacità di dispiegare moti ed espressioni delle figure come espressione di una particolare situazione psichica: l'approfondito studio della natura, della luce, degli spessori atmosferici. Non c'è opera di Leonardo che confrontata con i precedenti quattrocenteschi, non manifesti un impressionante salto qualitativo. 1.2 Michelangelo Buonarroti Michelangelo Buonarroti è nato a Caprese nel 1475, messo a bottega dal Ghirlandaio, si è formato come Leonardo nella Firenze medicea. Michelangelo non sembra interessarsi alla pittura dei contemporanei, si dedica invece con passione allo studio dei fondamenti della moderna arte toscana, Giotto e Masaccio: dalla copia degli affreschi della cappella Brancacci egli ricava una lezione di semplicità, monumentalità e plastica fermezza. Anche l'indirizzo pratico-scientifico delle attività di bottega, così determinante nella
4 formazione di Leonardo, non sollecita il giovane Buonarroti, che lascia ben presto il Ghirlandaio. Per il suo precoce talento egli viene accolto presso di sé dal Magnifico ( ) e nell'ambiente intellettuale di palazzo Medici, compie le esperienze fondamentali per la sua formazione. Grazie a questa situazione, Michelangelo ha potuto dedicarsi interamente allo studio delle collezioni medicee d'arte antica, il cui significato culturale gli è rivelato dalla frequentazione degli umanisti della cerchia di Lorenzo. Oggetto di curiosità e ammirazione, l'arte antica era considerata dagli artisti contemporanei a Michelangelo come un repertorio di forme suggestive a cui attingere liberamente per la creazione di opere moderne. Ciò che gli umanisti rivelano a Buonarroti è invece il significato originario delle fonti antiche e il valore che la civiltà classica nella sua globalità riveste per la cultura del Rinascimento: nel programma culturale di una rinascita complessiva del mondo classico, il compito consapevolmente assunto dall'artista è quello di una vera e propria emulazione dell'antico, assimilato nelle forme artistiche e compreso nei contenuti spirituali. 1.3 Raffaello Sanzio Raffaello Sanzio ( ),nasce ad Urbino, soggiorna a Firenze tra il , ebbe la straordinaria occasione di vedere Leonardo e Michelangelo, impegnati nella decorazione della sala del Maggior Consiglio. Raffaello che in ambiente umbro era già un pittore affermato, dedica questi anni alla propria crescita culturale. Egli si applica assiduamente allo studio della tradizione figurativa fiorentina, manifestando la stessa capacità di assimilazione e la stessa sicurezza di orientamento critico dimostrate nella cultura d'origine, durante la sua prima formazione. Figlio del pittore Giovanni Santi, Raffaello si formò in un primo tempo ad Urbino nella bottega paterna, dove ebbe occasione di entrare in contatto con il vivace ambiente della corte dei Montefeltro. Raffaello si avvicinò con maggiore decisione al Perugino, che rappresentò un fondamentale punto di riferimento, ne ereditò la visione ideale e armonica, ne studiò i processi di organizzazione dell'immagine, i tipi e le attitudini delle figure, fino ad assimilare completamente il linguaggio figurativo. Ben presto però il talento e la sensibilità del giovane pittore lo indussero ad uno sforzo di superamento della stessa maniera peruginesca, interpretata criticamente grazie agli apporti di altre tendenze artistiche. Nel vasto e vivace orizzonte culturale della Firenze dei primi anni del Cinquecento, Raffaello indirizzò la propria attenzione critica e ricettiva soprattutto alle opere di Leonardo e Michelangelo, che sollecitarono in lui una straordinaria evoluzione intellettuale e stilistica. Pur aspirando a commissioni pubbliche, Raffaello lavorò soprattutto per le famiglie dell'aristocrazia mercantile fiorentina, per le quali eseguì alcuni ritratti. La raffigurazione del gruppo sacro arricchito da altre figure, è in questi anni il principale
5 terreno di prova del giovane pittore che vi concentra una straordinaria ricchezza di ricerche formali ed espressive., in un rapidissimo processo di trasformazione del proprio linguaggio figurativo. 1.4 Sintesi e naturalità classica nell'immagine sacra: Leonardo, Nel momento relativamente breve della creazione e del trionfo della maniera grande del Rinascimento maturo, Leonardo, Michelangelo e Raffaello tendono ad organizzare la forma naturalistica entro superiori forme ideali. La rappresentazione dell'immagine sacra con la sua ricchezza iconologica e simbolica, appare come il terreno ideale per questa nuova armonia fra natura e idea divina, nel prevalente clima neoplatonico. Nel 1500, Leonardo presenta alla corte fiorentina del chiostro della Santissima Annunziata, un cartone descritto dal Vasari con le figure di Sant'Anna, la Madonna, il Bambino e San Giovannino con un pecorino : illustra la creazione di questa nuova forma, che influenzerà negli anni successivi le forme e le immagini piramidali di Michelangelo nel Tondo Pitti a bassorilievo stiacciato, accentua al massimo grado la sintesi ruotante e la totalità spaziale del gruppo, centralmente semplificato fra il Bambino a destra e il San Giovannino appena emergente alla spalla a sinistra, essendo invece massimo la testa-pernio della Madonna. Il Raffaello della Sacra Famiglia Canigiani, 1507, porta la rotazione ad un dinamismo globale, esemplata dalla figura e dall'atteggiamento del San Giuseppe( in perfetta coincidenza, forse anche cronologica con il Tondo Doni michelangiolesco. Questo aspetto astrattivo della forma, è però riscattato dalla ricchezza dei valori cromatici che già rivaleggiano con le conquiste veneziane.
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