Ivan Rainini L ABBAZIA DI CHIARAVALLE DI FIASTRA LA CULTURA DELL ANTICO

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1 Ivan Rainini L ABBAZIA DI CHIARAVALLE DI FIASTRA LA CULTURA DELL ANTICO

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3 Ivan Rainini L ABBAZIA DI CHIARAVALLE DI FIASTRA LA CULTURA DELL ANTICO

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5 A mia madre, per i suoi sorrisi e i suoi silenzi.

6 Supervisione generale Renzo Borroni Coordinamento Elisa Mori Progetto grafico Mirta Cuccurugnani Memphiscom Referenze fotografiche Renato Gatta: p. 8, 13, 30, 52, 69, 111, 127, 132, 146, 148, 153, 156, 179, 187. Franco Mosconi: p. 77, 163, 180. Tavole grafiche Nome Cognome Stampa Biemmegraf, Macerata In copertina Suspendisse porttitor lacinia odio. (foto Renato Gatta) Carima Arte srl Tutti i diritti riservati

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8 Il complesso dell Abbadia di Fiastra da Nord-Ovest.

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10 10 Prefazione Giuliano De Marinis Soprintendente per i Beni Archeologici delle Marche Presentare in modo serio e degno un lavoro come quello di Ivan Rainini, che ha per oggetto i riutilizzi post-classici di materiali antichi nell Abbazia di Fiastra, non è cosa facile, a meno di non voler scrivere poche righe gratulatorie di carattere ufficiale e generico, ma affrontando invece il tema della ricerca. Quello dello studio dei riutilizzi di reperti statuari e architettonici classici, infatti, è stato ed è un tema affrontato e trattato in modo approfondito fin dalla nascita dell archeologia moderna (o almeno della sua storia), sia a livello di singoli monumenti, che di intere città. Omettendo, in questa sede, la sterminata bibliografia in merito, è un dato di fatto che, comunque, qualsiasi ulteriore trattazione sull argomento, soprattutto da parte di un non specialista come chi scrive, rischierebbe di ripetere solo una serie di considerazioni consolidate e scontate a proposito dell utilità di tali studi. Vorrei perciò, invece, affrontare qui un aspetto forse finora meno indagato nell ambito del tema in esame, ossia quello di quando, e come, sia nato il riutilizzo cosciente dell antico, il che, in parte, si lega all origine del concetto di reperto archeologico, in un senso modernamente inteso, ossia di manufatto, mobile o immobile, avente interesse storico in quanto pertinente ad epoche precedenti. Per la pre-protostoria, non sapremo mai se e quanto i nostri progenitori, rinvenendo oggetti più antichi di loro, li abbiano riconosciuti come tali, fatto - riteniamo - assai difficile, anche per la sostanziale somiglianza, per millenni, dei manufatti stessi. A partire da una certa epoca in poi, invece, alcuni significativi fenomeni si presentano con pregnante evidenza: nel Vicino Oriente, ad esempio, nel II millennio a.c., re e faraoni restauravano, modificavano ed arricchivano monumenti religiosi e civili anche di molti secoli prima, anticipando quell ideologia di pietas che, nel mondo romano, renderà addirittura più meritoria la restitutio che non l edificazione ex novo, ma con la malizia, talora, di apporvi il loro cartiglio attribuendo in tal modo a se stessi l intera opera. In modo meno vistoso, anche in Occidente, nell Eneolitico e nell Età del Bronzo, si ampliano e ristrutturano grandi complessi megalitici riutilizzando in certi casi (nel senso moderno del termine) alcuni loro componenti. Statue-stele dell Età del Bronzo, a loro volta, vengono reimpiegate talora come lastre di copertura per sepolture più recenti, anche se non si riesce a comprendere, se non di rado, se esista e quale sia il nesso ideologico che presieda a tale reimpiego. Sempre rimanendo in Occidente, e riferendosi ad oggetti mobili, è testimoniata in Etruria, in corredi funerari arcaici, la montatura come pendenti, in monili anche preziosi, di punte di freccia ad alette in selce di età preistorica: anche in questo caso, non sapremo mai se esse fossero riconosciute come tali, o se, come ancora nel Rinascimento, esse fossero reputate (al pari dei denti di squalo fossili) punte di fulmini, ma è, comunque, evidente il valore di raro amuleto che veniva ad esse attribuito. Riconoscimenti più certi appaiono invece, sempre tra VI e V secolo a.c., sia nel mondo italico che in Grecia. Nel cosiddetto heroon di Enea a Lavinio sono ricollocate in un cenotafio monumentale porzioni di armi e di altri oggetti di età tardo-villanoviana, riferiti quindi chiunque fosse in realtà il personaggio ad un antico eroe. Nell Attica del V secolo, addirittura, operazioni del genere, che prendono il carattere di veri e propri scavi archeologici, assumono una connotazione politica: vedi il caso di Cimone che cerca, e, a suo dire, trova a Sciro la tomba di Teseo, rivendicando così l appartenenza ad Atene dell isola. Sempre nel V secolo si effettuava la purificazione dell isola di Delo (procedendo ad una vera e propria pulizia etnica post mortem) con la dislocazione delle sepolture degli indigeni, che vengono riconosciute da quelle degli Ateniesi proprio tramite il rito funebre ed i corredi. Andando avanti nel tempo, divengono ormai prassi comune, nel mondo romano, riutilizzi di vario tipo, persino di divinità, sottratte fisicamente dai loro luoghi d origine, nella forma delle stesse statue di culto, e trasferite con tutti gli onori a Roma, ove entravano a pieno titolo nel pantheon ufficiale della città; per non parlare poi delle centinaia o migliaia di opere d arte, in prevalenza sculture in bronzo, ma anche arredi di prestigio, od addirittura interi edifici

11 templari (vedi quello di Apollo Sosiano), trasportati dalla Magna Grecia e dalla Grecia (come già prima dalle città etrusche) a Roma per abbellire luoghi pubblici e privati. I reimpieghi divengono poi pratica comune entro Roma stessa, soprattutto nel tardo Impero: pensiamo ad esempio all Arco di Costantino, ormai riconosciuto come grandioso pastiche di componenti vecchi e nuovi. Ma è proprio da questa epoca in poi (ci riferiamo sempre all Italia e all Occidente, per la pars Orientalis dell Impero è un altra storia) che il concetto e la pratica del riutilizzo si biforcano: se, infatti, proseguono da un lato quelli nobili (si vedano i tanti edifici trasformati in chiese cristiane), da quando Costantin l aquila volse verso Costantinopoli, il progressivo spopolarsi dei centri urbani, e di Roma stessa, genera dall altro un riutilizzo povero, meramente utilitaristico, che porta allo spoglio dei monumenti antichi come cave di materiali edili, alla trasformazione in calce dei marmi di qualsiasi natura, alla frantumazione e fusione di bronzi di tutti i tipi, anche sculture prestigiose, per farne oggetti d uso comune. È triste dirlo, ma il mancato arrivo fino a noi di tante opere d arte del mondo classico non fu dovuto, come fino ad una certa epoca veniva affermato, alla furia iconoclasta del cristianesimo primitivo, bensì dalla fame di materiali che affliggeva l ultima età romana e l alto Medioevo. Un tenue filo di rispetto per l antico, seppur confuso forse in un aura favolistica, perdurava però anche in quei tempi, se i re merovingi si fregiavano come trono di una vecchia sella curule romana in avorio, forse antica preda di guerra; né possiamo dimenticare l equus Costantini (il nostro Marco Aurelio), reso intoccabile dal Vaticano sin dal più alto Medioevo come immagine del primo imperatore cristiano. Ma, si sa, i cicli della storia si susseguono comunque, e, dall età carolingia ed ottoniana, e poi nel Medioevo, rinasce il reimpiego, anche estetico dell antico. E qui concludiamo questa lunga digressione, perché si entra nell argomento del presente volume. Vogliamo solo aggiungere che, sempre nei periodi citati, ed anche dopo nel Rinascimento ed oltre, il duplice filone del riutilizzo utilitaristico e di quello nobile continuano a coesistere, fondendosi talora addirittura insieme: pensiamo, come esempio estremo, alle ingenti trasformazioni edilizie di Roma tra Quattro e Cinquecento, ad opera di Papi illustri ed illuminati, che comportarono le ultime delocalizzazioni o distruzioni di monumenti antichi anche imponenti ancora superstiti ( quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini ); ma questa è la stessa epoca che vede il rinascere (così diciamo, non a caso) del culto per l antico, che è uno dei padri della moderna archeologia. Sperando che questo modesto contributo possa far meglio comprendere ed apprezzare la complessità dei temi affrontati dallo studio del Professor Rainini, auguriamo ad esso l interessamento che merita da parte degli studiosi. 11

12 12 Tabula gratulatoria La pubblicazione del presente volume è stata realizzata grazie al finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata. La mia più profonda riconoscenza va, pertanto, all intero Consiglio di Amministrazione di questa importante Istituzione culturale, in particolare al Dott. Renzo Borroni, per la sensibilità con cui ha saputo cogliere contenuti e finalità della presente ricerca, all On. Roberto Massi Gentiloni Silverj il quale ha seguito con costante interesse, generosità e sincera partecipazione il lungo e faticoso percorso di studio e documentazione giunto oggi, dopo circa un decennio, a felice conclusione, e alla Dott.ssa Elisa Mori. Mi è grato, inoltre, ricordare la Dott.ssa Mirta Cuccurugnani per il contributo professionale fornito alla realizzazione editoriale del volume. Prodigo di ogni forma di aiuto nel corso del lavoro sul campo è stato, poi, l intero personale della Fondazione Giustiniani Bandini - Abbadia di Fiastra - nelle figure, soprattutto, dei Sigg. Enrico Compagnucci e Francesco Riccucci il cui interessamento è stato determinante nel risolvere i mille problemi che le complesse operazioni di documentazione grafico-planimetrica hanno spesso comportato.. Un pensiero affettuoso va, inoltre, all intera Comunità Cistercense dell Abbadia di Fiastra che ha sempre pazientemente accettato i ripetuti disagi provocati dalla invadente e non infrequente presenza di attrezzature e persone all interno degli spazi consacrati. Fra tutti voglio ricordare Padre Giovanni Frigerio e Padre Benedetto Maria Tosolini, disponibili in ogni istante a fornire preziose informazioni relative alle storiche vicende dell Abbazia e ad incoraggiare il mio lavoro, sovente faticoso e solitario, con una parola o con un semplice sorriso. Colgo qui l occasione per ringraziare il Dott. Giuliano De Marinis, Soprintendente ai Beni Archeologici delle Marche, per l attenzione dedicata in questi anni alle diverse fasi di svolgimento dei miei studi, suggellata dalla bella prefazione da lui dedicata al presente volume, e per il suo interessamento, condiviso assieme al Dott. Paolo Quiri, rivolto alla pubblicazione dei risultati da me raggiunti. Un ultimo ringraziamento, infine, è indirizzato ai miei studenti Mascherini Elisa, Neri Stefania e Saitto Gianluca che hanno in parte contribuito alla realizzazione di alcuni rilievi grafici dell edificio ecclesiale.

13 Chiesa abbaziale: le prime campate d ingresso.

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15 15 Capitolo I L ABBAZIA DI CHIARAVALLE DI FIASTRA NEL QUADRO DELLA VIABILITÀ ANTICA DEL TERRITORIO DI URBS SALVIA L analisi delle problematiche relative alla viabilità di epoca romana della regione picena e, nello specifico, del comprensorio appartenente all antica Urbs Salvia, all interno del quale la fondazione cenobitica cistercense erediterà, in età medievale, ciò che restava del complesso tessuto di comunicazioni sopravvissuto per secoli, richiede una riflessione preliminare riguardo alla politica perseguita da Roma nelle progressive operazioni di pianificazione territoriale. Innanzi tutto va considerata una preesistenza di tracciati già ben ramificati che, fin dal periodo protostorico, sfruttavano le numerose vallate fluviali di collegamento tra gli scali adriatici e le aree centro-italiche e che vennero consolidati, perfezionati ed estesi dai curatores viarum preposti alla organizzazione degli interventi infrastrutturali. Certamente, la fase di maggior incremento di tale attività va fatta coincidere con i momenti salienti di riassetto dell entroterra sud-piceno, cioè con le deduzioni coloniali di età medio e tardo-repubblicana che, nel nostro caso, corrispondono alla fondazione di Potentia nel 184 a.c., alla foce del Flosis, e di Pollentia/Urbs Salvia in una data imprecisata dell avanzato II sec. a.c. 1 (tav. I). E senz altro tav. I a quest epoca che risale il programma di potenziamento dei percorsi lungo i principali bacini fluviali che, specie nel caso del Potenza, del Chienti e, in misura minore, del Fiastra garantivano gli sbocchi verso l Umbria e, quindi, i contatti con Roma. Tuttavia, proprio da questo periodo, quello delle bisettrici di fondo valle non costituisce l unico e il più importante sistema stradale su cui si imperniano le comunicazioni regionali, e la prova ci è fornita da una serie di recenti acquisizioni archeologiche ed epigrafiche che testimoniano la sicura esistenza di due importantissime diramazioni della Salaria : una litoranea, la Salaria Picena, e l altra interna, la Salaria Gallica, che percorrevano da Sud a Nord l intera regione. La seconda, in particolare, rappresenta un arteria vitale per l ager urbisalviensis, tanto da identificarsi addirittura con il cardo maximus del centro urbano, e ad essa è opportuno, quindi, dedicare un analisi più dettagliata in grado di suggerirci una plausibile ricostruzione del suo primitivo itinerario. tav. I - Carta geografica delle Marche con indicazione dei bacini fluviali e la distribuzione delle colonie e dei municipi di epoca romana (da LUNI 2004).

16 16 Ivan Rainini l abbazia di chiaravalle di fiastra. la cultura dell antico de suo fecit), sappiamo che essa transitava attraverso tutta la regione medioadriatica a partire da Forum Sempronii (Fossombrone). Da qui, infatti, proseguiva verso Sud toccando i centri di Suasa (Castelleone di Suasa), Ostra (Ostra Vetere, loc. Muracce ), Aesis (Jesi) e, lasciato l ager gallicus, si inoltrava poi nel Picenum attraversando Ricina (Villa Potenza di Macerata), Urbs Salvia (Urbisaglia), Falerio (Piane di Falerone) fino a raggiungere Asculum (Ascoli) (tav. II). Il tracciato dimostra con chiarezza la funzione di cerniera svolta dall arteria di M.Ottavio fra le vallate del Metaurus, Suasanus (Cesano), Sena (Misa), Aesis (Esino), Misco (Musone), Flosis (Potenza), Flusor (Chienti), Flussorius (Fiastra), Tinna (Tenna), Asis (Aso), Truentus (Tronto) che costituiscono l intera maglia fluviale della regione e i cui percorsi di fondovalle rappresentano altrettante diramazioni di questo essenziale asse transcollinare tanto verso l interno, quanto in direzione della viabilità costiera 3. L itinerario, parzialmente indifig. 1 - Cippo di Marco Ottavio (lapis Aesinensis). Jesi, Museo Archeologico (da Luni 2004). fig. 2 - Milliario dell imperatore Costanzo II. S. Ginesio, Cripta della chiesa di S.Maria delle Macchie. fig. 2a - Milliario dell imperatore Costanzo II. Particolare dell iscrizione. fig. 1 fig. 2 fig. 2a Si tratta di un antico percorso intervallivo che, disponendosi in senso meridiano, collegava una fitta rete di insediamenti distribuiti lungo le vallate subparallele intermedie disposte a pettine, che defluiscono da Ovest verso Est perpendicolarmente alla linea di costa, fra quella del Metaurus (Metauro) a Nord e del Truentus (Tronto) a Sud e, passando da una transfluenza all altra univa, pertanto, i tratti conclusivi della Flaminia e della Salaria. Parallelo ad esso, l asse viario costiero, partendo invece da Fanum Fortunae (Fano) e quindi dalla foce del Metauro, raggiungeva Castrum Truentinum (Martinsicuro, località Case Feriozzi ) posto alla foce del Tronto. Sulla scorta di un fondamentale testo epigrafico inciso su un cippo databile fra la tarda età repubblicana e il primo periodo augusteo e rinvenuto alla Chiusa di Chiaravalle presso Aesis (Jesi) 2 (fig. 1), nel quale viene onorato M.Octavius Asiaticus per aver realizzato questa importante opera viaria munendola anche di ponti (pontes cato anche dalla Tabula Peutingeriana (segm. V, 2) (tav. III) per quanto concerne il tratto che univa Urbs Salvia a Ricina, sul quale ci soffermeremo più in dettaglio tra breve, e in uso almeno dall età triumvirale 4 conobbe quasi certamente un utilizzo assai prolungato nel tempo, senza dubbio per buona parte dell età tardo-antica, a conferma dell importanza strategica da esso rivestita nel contesto stradale dell ager gallicus e del Picenum e, più in generale, nell ambito della viabilità antica delle regioni medioadriatiche 5. Sono soprattutto i documenti epigrafici a fornirci, ancora una volta, prove sufficientemente certe della continuata vitalità di questo percorso, a cominciare dal noto milliario di Macchie di S. Ginesio (Macerata) (fig. 2) reimpiegato nella cripta pre-romanica dell antica abbazia benedettina di S. Maria delle Macchie, presso l altare, come colonna portante delle volte presbiteriali interne 6. La acclamazione dell imperatore Costanzo II (fig. 2a) quale defensor pacis ac conservator imperii Romani da

17 capitolo I l abbazia di chiaravalle di fiastra nel quadro della viabilità antica del territorio di urbs salvia 17 parte di Flavius Pisidius Romulus, primo Consularis Flaminiae et Piceni, ci riporta con ogni probabilità, assieme al testo di altre dediche del tutto simili trascritte sui coevi milliari di Pisaurum, Fanum Fortunae e Falerio 7, agli anni , cioè all epoca dell iter percorso dall imperatore proveniente da Mediolanum e diretto verso Roma che egli decise di visitare, come ci conferma Ammiano Marcellino (XVI, 10, 1), nella primavera del 357. La sequenza in serie dei quattro milliari costanziani (Pesaro, Fano, S. Ginesio, Falerone) suggerisce il probabile tragitto seguito dal corteo imperiale che, percorsa la Via Aemilia e poi la Via Flaminia fino a Fanum Fortunae, si immetteva sulla litoranea dalla quale si staccava all altezza di Ancona in direzione di Auximum (Osimo) e Ricina (Villa Potenza di Macerata) percorrendo il tratto finale del diverticolo prolaquense-septempedano della Flaminia 8 ; da qui proseguiva lungo la Salaria Gallica verso Urbs Salvia, Falerio 9 e Asculum per poi risalire il fondo valle truentino in direzione di Roma 10. Una seconda importante serie di reperti epigrafici, che si spingono fino agli anni che di poco precedono l istituzione dei due distinti distretti amministrativi della Flaminia et Picenum annonarium e del Picenum suburbicarium, rispettivamente a Nord e a Sud del fiume Esino, testimonia una percorribilità di questa arteria protrattasi fino alle soglie del V secolo. Si tratta, anche in questo caso, di quattro milliari: il primo proveniente dal tracciato compreso tra Forum Sempronii e Suasa, presso Cartoceto, e attualmente murato nell Abbadia di Lastreto 11, si colloca negli anni , epoca insieme, fornisce, dunque, concreti argomenti per fissare un termine se non di utilizzo, almeno di riconoscimento ufficiale di un itinerario ritenuto ancora adatto ad esibire, lungo le sue tappe, cippi propagandistici dell auctoritas imperiale, indicatori di un intenso traffico ordinario, militare e commerciale che continuava ad interessare il suo lungo tragitto. A questo proposito, come verrà approfondito nel corso della analisi dei tangibili segni di frequentazione di età tardo-antica e alto medievale sopravvissuti nella nostra regione, la vitalità della Salaria Gallica, e indirettamente delle principali diramazioni di collegamento con i centri delle aree limitrofe, supererà di gran lunga i limiti cronologici individuati dalle iscrizioni, conservantav. II che coincide con quella indicata tanto dal secondo, ancora da Falerone, e dal terzo, venuto alla luce nelle vicinanze di Loro Piceno 12 e dedicato all imperatore Magno Massimo quando (a. 387) ebbe assieme al figlio Flavio Vittore il controllo della praefectura d Italia, quanto dal quarto, scoperto di recente presso la Porta Sud di Urbs Salvia 13. Il primo cippo, dunque, fa riferimento al tratto iniziale della Salaria Gallica, ubicato in prossimità del suo innesto nella Flaminia; gli altri tre si situano, invece, lungo il suo tronco meridionale diretto a Falerio inserendosi, così, nella successione sia topografica, sia cronologica dei quattro milliari di Costanzo II, antecedenti di pochi decenni 14. La documentazione epigrafica, nel suo tav. II - Mappa della viabilità di epoca romana del territorio marchigiano (da LUNI 2004).

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19 Il complesso abbaziale da Nord.

20 20 Ivan Rainini l abbazia di chiaravalle di fiastra. la cultura dell antico tav. III - Tabula Peutingeriana (segm. V, 2-3). fig. 3 - Colonia Crocetti. tificabile presumibilmente con Pian di Pieca 16, è oggi in grado di restituire un quadro topografico abbastanza completo e attendibile grazie ad una serie di indizi archeologici e di studi relativi ad alcuni settori del territorio. Provenendo da Ricina, la strada attraversava il Chienti ad ponte lapideum, come risulta da una carta fiastrense del Marzo del 1163 e dai documenti del Codice 1030 dell Archivio Diplomatico di Fermo 17 riferibili agli anni 1140 e Tale denominazione va riferita evidentemente ad un ponte in pietra di epoca romana ancora in parte visibile fino al 1955 ma oggi di controversa identificazione 18 (tav. IV). Da qui, risalito per breve tratto il fondovalle lungo la Rota Francia (toponimo locale che indica una fascia selvosa e incolta), raggiungeva il Molino Bandini (secoli XII-XIII) e successivamente una casa colonica, attualmente di proprietà Crocetti, da ritenersi la probabile sede del primititav. III do un suo ruolo attivo fino alle soglie del Medioevo anche se attraverso alterne vicende e, comunque, con un grado di funzionalità ben lontano da quello che per secoli l aveva resa una delle arterie primarie nell ambito del tessuto stradale interno del territorio piceno 15. A questo punto, chiariti, dunque, nelle linee generali il suo sviluppo e le connessioni all interno del sistema viario regionale, si rende necessario circoscrivere l area di indagine e cercare di ricostruire più nel dettaglio, fin dove è possibile, il suo percorso nel tratto per noi più interessante, ossia quello compreso fra il Chienti e il Fiastra che coinvolge l abbazia chiaravallese e la zona della sua espansione. L analisi, partendo dalla sintetica annotazione contenuta nella Tabula Peutingeriana dove è riportata una distanza di XII miglia tra Ricina e Urbe Salvia e altrettanto fra la colonia romana ed una imprecisata località più a Sud idenvo insediamento monastico della zona antecedente la fondazione chiaravallese 19 (fig. 3). Proseguendo in diagonale in direzione dell area coincidente con uno degli insediamenti rurali del suburbio urbisalviense (loc. Colli Vasari ) 20 in cui sarebbero sorti più tardi il castello di Collalto e, presumibilmente, la chiesa di S.Maria sotto Collalto, e più avanti verso Casa Castelletta, allusiva chiaramente ad un antica opera di fortificazione e di osservazione, proprio nel punto in cui si esce dalla valle del Chienti per entrare in quella del Fiastra, la strada, intersecando la collinare proveniente dalla contrada Brancorsina e diretta verso Colbuccaro, giungeva in località Ara Vecchia. Si tratta di un toponimo significativo citato da diverse carte fiastrensi 21 dalle quali si ricava, tra l altro, l esistenza di due massacci, termine locale usato per indicare ruderi romani, entrambi posti ai margini della strada di cui uno sicuramente

21 capitolo I l abbazia di chiaravalle di fiastra nel quadro della viabilità antica del territorio di urbs salvia 21 sostanziale coerenza di orientamento negli elementi del paesaggio attraverso allineamenti disposti secondo moduli tanto di 20, quanto di 16 actus che rivelano la sovrapposizione di due catasti successivi, con reticoli risalenti rispettivamente all età triumvirale e alla riassegnazione agraria di età augustea. Se la Salaria Gallica costituisce senza dubbio l asse centrale nell ambito delle comunicazioni locali e interregionali dell ampio comprensorio pertinente all antica colonia romana, esiste però una fitta maglia di percorsi minori che hanno comunque giocato un ruolo importante nella storia degli insediamenti avvicendatisi nel tempo e che hanno mantenuto fino al Medioevo un grado sufficiente di funzionalità del quale anche la comunità fiastrense si è sicuramente servita. E il caso della cosiddetta Via di Valcortese che costituiva il percorso di fondovalle del Fiastra fino alla costa, configufig. 3 identificato con un mausoleo del tipo a torre oggi parzialmente visibile sulla sommità Nord della contrada Colli Vasari, e il secondo situato probabilmente più a Est 22. Superata l Ara Vetula, il percorso proseguiva con denominazione di Strada del Massaccio per la presenza di un altro imponente rudere romano conservato nei pressi della Colonia Bandini 23, quindi, attraversato il torrente Entogge si innestava, con andamento rettilineo, poco prima del bivio per Urbisaglia nella ex SS 78 che da questo punto ricalca esattamente il tracciato della Salaria Gallica. Per quanto riguarda la Strata Massaccii, è di grande interesse una carta fiastrense del nella quale è riportata la controversia sorta fra l abate Ruggero del monastero chiaravallese e Gualtiero di Abbracciamonte, feudatario di Urbisaglia, riguardo alla sistematica spoliazione delle rovine dell antica città romana da parte dei monaci cistercensi, impegnati nella realizzazione del loro grandioso complesso abbaziale, in una zona di sua proprietà compresa infra limite et Flastram et Lentogiam, et iacet infra rivum Spiscie et stratam que vadit per sumitatem Colline Brance Ursine. Costoro, infatti, dopo aver ottenuto la concessione da parte del padre di Gualtiero di poter asportare antichi reperti da reimpiegare nel nuovo cantiere edilizio ubi non fuerit seminatum, salvis muris antiquis civitatis supra terram constructis, furono accusati dall erede di prelevare indiscriminatamente materiale da costruzione all interno dei propri confini. La contesa venne risolta dai giudici attraverso una precisa clausola che, limitando l iniziale compromesso, concedeva ai monaci e ai loro successori di cavar pietre solo fino a quando ecclesia ex toto fuerit perfecta. Il passo risulta significativo dal momento che testimonia con chiarezza come la pratica della demolizione e del riuso di materiale antico fosse rivolta, prima ancora che ai ruderi appartenenti al centro di Urbs Salvia, soprattutto ai monumenti funerari extra moenia e a quanto poteva essere eventualmente sopravvissuto dei numerosi insediamenti rurali suburbani disseminati nella zona lungo il tratto della Salaria Gallica diretta verso Ricina e più prossimi al luogo in cui stava sorgendo il complesso abbaziale. Del resto, tenendo conto della considerevole estensione dell ager urbisalviensis, è proprio il settore a Nord della città dove più evidenti si manifestano i segni di antropizzazione antica, tanto sul piano delle testimonianze archeologiche, quanto dal punto di vista dell organizzazione centuriale del territorio 25. Assistiamo, infatti, ad una

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