Territorio e dissesto idrogeologico: la pianificazione territoriale e la gestione delle emergenze.

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1 Territorio e dissesto idrogeologico: la pianificazione territoriale e la gestione delle emergenze. Alfio La Rosa, Responsabile Dipartimento regionale Ambiente e territorio CGIL Sicilia Palermo, 30 gennaio 2012 Il principale strumento per la pianificazione del territorio e per la prevenzione dei rischi geologici, oltre che per la ricerca di risorse minerarie, idriche ed energetiche, è la Carta Geologica d'italia. La Carta fornisce l'anatomia del territorio, permettendo di metterne in luce le patologie in atto latenti e potenziali e costituisce, quindi, la base essenziale per una corretta e consapevole convivenza dell'uomo con la natura. La nuova Carta Geologica d'italia, associata ad una banca dati informatizzata, è in corso di realizzazione solo per il 40% del territorio nazionale, quando invece occorrerebbe riattivare il finanziamento pubblico al progetto per completare la cartografia geologica. L'inventario dei fenomeni franosi in Italia, realizzato dal Servizio Geologico Nazionale e dai Servizi regionali con il Progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia), ha permesso di mappare aree franose nel Paese, di accertare che il 70% dei Comuni italiani sono interessati da rischio di frana (con 1806 punti critici nel tracciato autostradale e 706 in quello ferroviario). La fragilità estrema del territorio si riassume in un numero dell'iffi: nell'ultimo secolo sono stati registrati 485mila eventi franosi. Il 12% ha prodotto danni a persone e cose. Il progetto IFFI non è più finanziato dal 2007 e non è stato né completato né aggiornato. L'assetto geologico deve rappresentare il criterio centrale per valutare i rischi e pianificare uno sviluppo del territorio sostenibile e sicuro. Il rapporto del Servizio Geologico nazionale sulle conseguenze economiche e sociali dei disastri ambientali in Italia nel dopoguerra, che non è più aggiornato dal 1992, aveva quantificato l'impatto dei rischi geologici in una vittima ogni due giorni e 8 milioni di euro di spesa al giorno. L ulteriore conferma della fragilità del territorio italiano emerge dal rapporto redatto nel 2010 dal Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi in collaborazione con il CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l'edilizia e il Territorio): le aree ad elevata criticità idrogeologica rappresentano il 10% della superficie italiana, riguardano circa l 89% dei Comuni e circa 6 milioni di abitanti. Sono 6 milioni gli italiani che abitano un territorio ad alto rischio idrogeologico e ben 22 milioni quelli che abitano in zone a rischio medio. Un milione di persone in Campania vive in zone a rischio idrogeologico, 825mila in Emilia Romagna e oltre 500mila in ognuna delle tre grandi regioni del Nord: Piemonte, Lombardia e Veneto. In Sicilia sono a rischio idrogeologico (frana e/o alluvione) il 70% dei Comuni; circa gli edifici ad elevata criticità idrogeologica tra cui 59 scuole e 5 ospedali. I comuni italiani che sono potenzialmente interessati da un alto rischio sismico sono 725, quelli a medio rischio Nei primi risiedono circa 3 milioni di abitanti, nei secondi 21,2 milioni. Il 40% della popolazione italiana risiede in zone ad elevato rischio sismico. In Sicilia sono circa gli edifici a rischio sismico. Il costo del dissesto idrogeologico è stimato dal CRESME in 52 miliardi di euro per riparare i danni registrati negli ultimi 60 anni; negli ultimi 20 il costo è stato di 22 miliardi di euro, salendo oltre la soglia del miliardo di euro l'anno. L'emergenza è diventata così danno economico e, a volte, business della ricostruzione, senza sviluppare investimenti duraturi in forma di buona prevenzione e pianificazione edilizia. Per fare buona prevenzione occorrerebbero oltre 40 miliardi di euro secondo il CRESME, mentre l'anbi (Associazione

2 Nazionale Bonifiche e Irrigazioni), che ha redatto uno studio molto capillare sul territorio, propone un piano nell immediato di interventi al costo di 5,7 miliardi di euro. L'area franata in Italia misura 21mila chilometri quadrati, il 6,6% del territorio nazionale. Nel 42,8% dei casi la frana ha danneggiato infrastrutture di trasporto, nel 27,4% terreni agricoli, nel 14,5% nuclei abitati e case. Negli ultimi 25 anni i fenomeni mortali sono stati 227, 130 frane e 97 alluvioni e hanno causato morti, per una media di 47 morti all'anno (CRESME, 2010). Questo quarto di secolo è però suddiviso in due periodi distinti. Nel primo, , è stata raggiunta la punta massima di mortalità, 60 morti l'anno, a causa di devastanti tragedie come il Vajont nel 1963 (1.910 morti), la Valtellina nel 1987 (49 morti), il Piemonte nel 1994 (78 morti), Sarno nel 1998 (157 morti). Una prima correzione di rotta c'è stata nel secondo periodo, , con il numero delle vittime ridotto a 30 l'anno. Si sono avuti eventi meno gravi, ma non meno diffusi: è cresciuto il numero delle frane che hanno provocato danni rilevanti, superando le 100 frane l'anno. La metà di questi eventi franosi si è verificata in quattro regioni: Piemonte (133), Lombardia (132), Liguria (130) e Sicilia (130). Le trasformazioni non controllate del territorio sono la principale ragione del dissesto. Il 9,6% della popolazione italiana stima il CRESME vive ormai in zone ad alto rischio idrogeologico e si arriverà al 23% nei prossimi 40 anni, se non si interverrà per bonificare e prevenire. Abusivismo e non solo: ha pesato anche il sistema di Protezione civile modello Bertolaso. La risposta eccezionale all'eccezionalità, elevata a sistema. Risposta dilagante e sostitutiva dei poteri ordinari, accentrando e distorcendo oltre ogni limite, il sistema degli appalti pubblici. Un modello costruito sulla catastrofe che ha ritardato la capacità dello Stato e delle articolazioni locali di dare una risposta ordinaria e preventiva alle emergenze naturali. L'evoluzione della normativa nazionale sui vari aspetti del governo del territorio è stata fortemente condizionata dagli eventi calamitosi che si sono succeduti nel dopoguerra, senza un quadro organico ed un opportuno coordinamento. Ciò nonostante, numerosi sono stati i provvedimenti di legge virtuosi che, grazie all'onda emotiva generata dagli eventi catastrofici, hanno determinato un effettivo miglioramento qualitativo del sistema normativo. La frana che devastò la città di Agrigento nel 1966 determinò la Legge 765/1967, nota come Legge Ponte, che costituì una radicale innovazione rispetto alla precedente Legge Urbanistica del 1942, introducendo misure per frenare lo sviluppo edilizio incontrollato e per razionalizzare il sistema di strumenti e di controlli. L'alluvione di Firenze del 1966 ha originato il ventennale lavoro della Commissione De Marchi, che ha prodotto la Legge di Difesa del Suolo 183/1989 con la quale è stato introdotto l'innovativo strumento del Piano di Bacino, un esempio di contributo di eccellenza della Comunità scientifica alla normativa ambientale nazionale. Nasce il Piano De Marchi del 1970, il primo piano idrogeologico nazionale con una previsione di costo di 8,7 miliardi di euro (a prezzi del 2009). Il terremoto dell'irpinia del 1980 ha determinato una svolta fondamentale nella normativa tecnica sulle costruzioni con il Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 21 gennaio 1981, recentemente aggiornato con quello del 14 gennaio 2008, a seguito del terremoto di San Giuliano del 2002 e definitivamente entrato in vigore per qualsiasi costruzione sul territorio nazionale dopo il terremoto dell'aquila del Il terremoto dell'irpinia del 1980 e la tragedia di Vermicino dell'anno successivo, anch'essa dovuta a un problema di tipo geologico, hanno determinato l'istituzione nel nostro Paese del Servizio Nazionale della Protezione Civile che, con la Legge 225/1992, si è dotata dell'attuale organizzazione. Il Servizio si articola in un sistema distribuito, con un coordinamento a livello centrale sovra ministeriale incardinato nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, con 2

3 Programmi di protezione civile a livello regionale e provinciale e con Piani comunali di protezione civile e di emergenza. Le frane di Sarno del 1998 hanno portato alla promulgazione della Legge 267/1998, con la mappatura delle aree a rischio idrogeologico su tutto il territorio nazionale: in pochissimi anni l'italia, unico Paese al mondo, ha completato la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico fornendo, con il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI), un fondamentale strumento per un razionale sviluppo edilizio in aree sicure. Nonostante tutto questo, ancora oggi, come dimostrano i recenti eventi di cronaca, le prime piogge autunnali si traducono in disastri e le nostre costruzioni, anche recenti, risultano vulnerabili a terremoti di modesta intensità. Quello che manca è probabilmente un adeguato collegamento e coordinamento della normativa sopra citata con i relativi strumenti operativi. Una revisione della normativa vigente sul Governo del Territorio è necessaria, non per introdurre nuovi vincoli o strumenti, ma per attuare e coordinare quelli esistenti in un quadro organico integrato: normative europee, strumenti urbanistici, Piani di Bacino, Piani di Assetto Idrogeologico, Piani di Protezione Civile e normativa tecnica per le costruzioni devono essere integrati e coordinati fra loro e si devono basare su un'analisi multi rischio del territorio, condotta secondo rigorosi criteri scientifici. Il Governo nazionale è in forte ritardo nel definire il recepimento della Direttiva europea 2000/60 per l'azione comunitaria in materia di acque, concernente la costituzione degli otto distretti idrografici nazionali, dell Autorità di Bacino Distrettuale e dei relativi Piani di Gestione per l attuazione degli interventi necessari a raggiungere gli obiettivi europei, già previsti nella legge 152/2006, esponendo così l'italia al rischio di sanzioni. Medesimo ritardo stiamo accumulando nel recepimento della successiva e consequenziale Direttiva 60/2007/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, recepita in Italia dal Decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49. Gli otto Distretti idrografici costituiti e le analoghe Autorità di Bacino, in base alla Direttiva europea 2000/60, hanno competenze sugli interventi locali, legati alla manifestazione e all'evoluzione di rilevanti fenomeni di rischio per il territorio (frane, alluvioni, smottamenti, erosioni, ecc.) e sulla programmazione degli interventi preventivi di messa in sicurezza del suolo e per la gestione delle acque, come definito anche dalla direttiva europea 2007/60 (denominata direttiva frane e alluvioni ). La Regione Siciliana dopo aver accumulato un ritardo storico nel recepire la Legge 183/1989 sulla difesa del suolo non ha ancora costituito l Autorità di Bacino Distrettuale, come previsto dalla Direttiva europea 2000/60. Nella proposta di legge regionale d iniziativa popolare Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico in Sicilia, sostenuta e promossa anche dalla CGIL Sicilia, abbiamo previsto la costituzione dell Autorità di Bacino Distrettuale. Il testo definitivo presentato collega ancora più strettamente la proposta di legge all evoluzione delle normative europee, alla definizione delle competenze anche in base al Distretto idrografico, con l ambizione di definire un testo che armonizzi l uso integrato della risorsa idrica per gli usi plurimi e tuteli il territorio dal rischio frane ed alluvioni. La proposta di legge è attualmente in discussione presso la Commissione parlamentare Ambiente e Territorio dell Assemblea Regionale Siciliana. L augurio è che il Parlamento siciliano approvi rapidamente la legge, che può essere uno strumento avanzato e innovativo nel panorama nazionale, in grado di consegnare una riforma organica sulla materia, prevedendo il riordino degli Enti preposti all interno di una visione olistica del bacino distrettuale. 3

4 Il Distretto idrografico va considerato luogo centrale della ricerca e della condivisione e partecipazione di tutti i soggetti interessati per l'individuazione degli interventi e degli strumenti adeguati ad affrontare i cambiamenti climatici e valorizzare le risorse locali, vitali per lo sviluppo sostenibile del territorio e per l'occupazione. L'istituzione del Distretto rappresenta una innovazione dell'intervento pubblico favorendo la valorizzazione del partenariato sociale ed economico, in quanto punta alla condivisione degli interventi da adottare, alimenta lo sviluppo delle conoscenze, la crescita di capacità e competenza dei diversi protagonisti ed aumenta la consapevolezza dell'importanza di salvaguardare l'ambiente e le risorse naturali. Il 2015 sarà l'anno di scadenza per il recepimento complessivo delle due direttive europee sopra richiamate e per raggiungere gli obiettivi ambientali già prefissati: protezione, miglioramento e ripristino di tutti i corpi idrici superficiali al fine di raggiungere un valido stato qualitativo delle acque; redazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni in base alle nuove mappe della pericolosità e del rischio da alluvioni. Gli Accordi di Programma intervenuti fra il Ministero e le Regioni per la realizzazione del piano straordinario di interventi contro il dissesto idrogeologico, per il quale erano stati promessi 2 miliardi e mezzo di euro di co finanziamento (Stato/Regioni) sono stati disattesi, favorendo ulteriori eventi disastrosi. La situazione è condannata a degenerare lasciando più esposte le popolazioni ai rischi certificati e in via di aumento per effetto dei cambiamenti climatici e dei mancati interventi. Non sono solo i Piani straordinari che vengono disattesi, ma nella realtà territoriale diffusa sono intaccate pericolosamente le attività ordinarie di intervento e manutenzione del suolo, dei sistemi idrici e della manutenzione e salvaguardia dei boschi, vitali per la tenuta dei versanti e per il mantenimento del microclima, con dispersione di occupazione e competenze. Il cuore del piano straordinario (2,5 miliardi di euro nella sua interezza), cofinanziato dalle Regioni, per gli interventi più urgenti contro il dissesto idrogeologico e le alluvioni, messo a punto dal ministero dell'ambiente e dalla Protezione civile dopo anni di inerzie, lentezze, incertezze politiche e finanziarie, era un finanziamento del FAS (Fondo Aree Sottoutilizzate) di un miliardo di euro, deciso dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) due anni fa e poi tagliato dall allora ministro Giulio Tremonti, prima a 800 milioni di euro, poi a 500 milioni di euro, infine cassato dall'ultimo taglio di 6,5 miliardi di euro inserito nella legge di stabilità. Così come per tante risorse promesse con il FAS dal CIPE, a destinazione non è arrivato neanche un euro. Il 2011 è stato veramente un anno drammatico per frane e alluvioni. Centinaia di frane e numerose alluvioni hanno colpito il nostro Paese, con un tributo di vittime scandalosamente ancora elevato. Solo negli ultimi mesi sono state duramente colpite la Campania, la Sicilia, la Toscana, il Lazio e la Liguria, oltre a paesi e città di assoluto valore, come le Cinque Terre e Roma, che sembravano distanti dai problemi del dissesto idrogeologico. La Sicilia e l intero Paese hanno bisogno di una concreta ed efficace politica di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico. L'auspicio è che quanto è accaduto non si ripeta più. Ma per far questo l'italia deve credere fortemente nella politica della prevenzione. L augurio è che nel 2012 si punti veramente sulla prevenzione, sia sul fronte dissesto idrogeologico, sia su quello del rischio sismico. Solo così potremo salvare vite umane, ma anche il nostro grande patrimonio di beni archeologici, paesaggistici e culturali. Finalmente qualcosa si sta muovendo per affrontare con rapidità ed efficacia la grave emergenza che si è venuta a creare, scegliendo di operare in una logica di forte collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte e reperendo tutte le risorse disponibili. L attuale Ministro per la Coesione Territoriale ha firmato il decreto di trasferimento di 100 milioni di euro delle 4

5 somme già stanziate che erano pari a 160 milioni di euro per i territori del messinese (Giampilieri, Scaletta e i Nebrodi) ripetutamente colpiti da eccezionali avversità atmosferiche nel 2009 e nel L'intervento applica una precedente ordinanza sulla base di una richiesta della Regione Sicilia e attinge le risorse dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (nuova denominazione del Fondo per le Aree Sottoutilizzate). Occorre che il governo siciliano acceleri e qualifichi la spesa dei Fondi Comunitari del Programma Operativo FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) 2007/2013, finalizzati agli interventi di miglioramento dell'assetto idrogeologico. E necessario intervenire con celerità e qualità per recuperare il ritardo sin qui accumulato, sulla base dei progetti presentati dai Comuni per opere prioritarie e urgenti, come previsto nell'accordo di programma sulla mitigazione del rischio idrogeologico stipulato tra il Ministero dell'ambiente e l'assessorato regionale al Territorio nel Sarebbero i primi importanti interventi per alleviare le situazioni di disagio delle popolazioni colpite e per ridurre il rischio del ripetersi di eventi drammatici come quello verificatosi nel messinese alla fine dello scorso anno. Purtroppo, continuiamo a fare i conti con l ennesima discriminazione tra le regioni del nord e quelle del sud, così come confermato dal recente decreto Milleproroghe approvato dal Governo nazionale che ha defiscalizzato le aree di Liguria e Toscana colpite dal maltempo di ottobre 2011 ma non quelle del messinese colpite dall evento tragico del 22 novembre Il 19 gennaio scorso è stato approvato un emendamento nelle due Commissioni riunite della Camera dei Deputati sulla sospensione di tributi e versamenti contributivi per gli alluvionati del messinese (Barcellona Pozzo di Gotto, Saponara e gli altri centri colpiti). Ci auguriamo, adesso, che sia approvato dal Parlamento. Il 22 gennaio scorso il CIPE ha approvato la delibera frane e versanti, che finanzierà con 679,7 milioni di euro interventi contro il rischio idrogeologico nel Mezzogiorno (di cui 352 milioni di euro messi a disposizione dalle Regioni sui Programmi Attuativi Regionali e 262 milioni di euro attraverso i Programmi Attuativi Interregionali). Si tratta di interventi identificati tra il 2010 e il 2011 dalle sette Regioni del Sud, dal Ministero per l Ambiente e dal Ministero per la Coesione Territoriale. La Sicilia ha avuto assegnato un finanziamento di 12 milioni e 756 mila euro per gli 11 interventi individuati. Una cifra esigua ma che consentirà di ripartire nell attuare le azioni previste. Nonostante le analisi e le denunce proseguono e si ripetono eventi tragici con crescente intensità e frequenza, con un terribile fardello di morti, lutti e danni; continuano anche le aggressioni legali ed illegali al territorio, l abusivismo, i condoni edilizi. Si ripetono, subito dopo ogni tragedia, i riti della partecipazione al dolore e delle dichiarazioni di impegno a cambiare, senza in realtà ricadute coerenti e concrete. Benché ci sia una notevole capacità di elaborazione culturale, scientifica e tecnica e una intensa produzione progettuale e normativa nella difesa del suolo, nella tutela e gestione delle acque, assistiamo ad una applicazione delle disposizioni legislative largamente elusiva, ambigua, confusa e poco efficace, in Italia e, soprattutto, in Sicilia. I mutamenti delle condizioni climatiche devono indurre tutti ad assumere decisioni e comportamenti finalizzati a creare nuovi modelli di sviluppo, abbandonando quelli attuali non più perseguibili, che continuano a produrre nel territorio guasti e rischi da scaricare soprattutto sulle generazioni future. E, quindi, improcrastinabile una svolta culturale e civile di discontinuità rispetto al passato, un assunzione di responsabilità diretta per far diventare reale una nuova, sostenibile e ordinaria politica della conservazione, cura, gestione ed uso del territorio che punti sulla sostenibilità per creare crescita sociale, economica e occupazionale. 5

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