XIV MODENA Convegno del 7-9 FEBBRAIO. Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia LIBRO DEGLI ABSTRACT S.I.N.

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1 S.I.N. Società Italiana di Nefrologia Gruppo di Studio di Dialisi Peritoneale XIV Convegno del Gruppo di Studio di Dialisi Peritoneale Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia MODENA FEBBRAIO LIBRO DEGLI ABSTRACT

2 XIV CONVEGNO DEL GRUPPO DI STUDIO DI DIALISI PERITONEALE Modena, 7 9 febbraio 2008 Libro degli Abstract

3 COMUNICAZIONI ORALI Epidemiologia La Dialisi Peritoneale nel nuovo anziano: l ultraottantenne A.R. Rocca, C. Esposto, G. Utzeri, V. Angeloni, E. Albanese, A. Filippini pag. 7 Adeguatezza Dialitica Rimozione del fosforo in Dialisi Peritoneale: Icodestrina vs Soluzione standard A. R. Rocca, C. Esposto, G. Utzeri, A. Filippini pag. 8 Aspetti Nutrizionali Il muscolo scheletrico dei pazienti uremici all ingresso in dialisi peritoneale esprime citochine proinfiammatorie M. Di Martino, A. Tarroni, V. Procopio, D. Verzola, V. Cappelli, E. Vigo, I. Mannucci, A. Sofia, A. Valli, M. Malerba, G. Garibotto, F. De Cian, S. Saffioti pag. 9 Il Telmisartan migliora la sensibilità all insulina dei pazienti in dialisi peritoneale A. Cioni, C. Sordini, R. Bigazzi pag. 9 Clinica e Terapia Decremento della FRR prima e dopo l inizio della CAPD L. Neri, S. Barbieri, G. Viglino pag. 10 Protocollo di sorveglianza sull insorgenza della sclerosi peritoneale (EPS) nei pz in dialisi peritoneale (DP) R. Corciulo, R. Russo, V. Pepe, F. P. Schena pag. 11 Utilità del peptide natriuretico B (BNP) nel follow-up dei pazienti in dialisi peritoneale come indicatore di funzione cardiaca L. Maltagliati, G. Romei Longhena, R. Cimino, R. Colombo, F. Masi, A. Manfredi, A. Scilletta, R. Savino, U. Teatini pag. 12 Peritoniti Possibili fattori di rischio di fibrosi peritoneale (FP): novità e conferme A. Pappani, R. Perulli, A. M. Ferri, A. Mastrodonato, I. Clemente, D. Piano, M. Querques, L. Cinquesanti, F. Tricarico pag. 13 Altro Influenza delle comorbilità pre-trattamento sulla sopravvivenza in emodialisi e dialisi peritoneale S. Turina, L. Manili, M. Sandrini, R. Zubani, G. Cancarini pag. 13 Peptide natriuretico di tipo B (BNP): indicatore di sovraccarico idrico in dialisi peritoneale? D. Ciurlino, S. Tedoldi, I. Serra, S. V. Bertoli pag. 14 2

4 DISCUSSIONE ITINERANTE POSTER Predialisi e Scelta Dialitica Dal predialisi alla dialisi peritoneale: è necessario cambiare la tecnica di impianto del catetere? S. Mangano, D. Martinelli, S. Brenna, L. E. Bernardi, D. Pogliani, G. Tettamanti, A. Beltrame, G. Bonforte pag. 15 Adeguatezza Dialitica Dati di efficienza dialitica e fattori di comorbidità: la loro importanza in dialisi peritoneale A. Pappani, R. Perulli, M. Querques pag. 16 Stima della funzione renale residua nei pazienti in dialisi peritoneale M. Zeiler, D. Ricciardi, T. Monteburini, A. Federico, R. Marinelli, S. Santarelli pag. 16 Clinica e Terapia Effetti a lungo termine del Cinacalcet nei pazienti in dialisi peritoneale (DP) con grave iperparatiroidismo A. Tarroni, M. Di Martino, A. Sofia, V. Falqui, L. Morabito, G. Garibotto, G. Deferrari, S. Saffioti pag. 17 Efficacia della dialisi peritoneale con icodestrina nel trattamento a lungo termine dello scompenso cardiaco congestizio refrattario F. Cazzato, D. Chimienti, A. Bruno, S. Cocola, P. Libutti, C. Basile pag. 18 Un caso clinico di calcifilassi in paziente in dialisi peritoneale. Ruolo dell infiammazione E. Valicenti, V. Martella, R. Russo, R. Corciulo pag. 19 La dialisi peritoneale nei pazienti uremici con infezione HIV. Follow-up di una popolazione C. Cherubini, M. E. Militello, P. Arienzo, G. Noto, S. Di Giulio pag. 19 Peritoniti Peritonite sclerosante trattata con successo con associazione di steroidi everolimus e tamoxifene A. M. Ricciatti,G. Goteri*, M. D Arezzo, S. Sagripanti, L. Bibiano, F. Petroselli, G. Fabris, G. M. Frascà pag. 20 La peritonite sclerosante: un problema emergente nei pazienti sottoposti a trapianto renale R. Fenoglio, S. Maffei, E. Mezza, M. Messina, P. Stratta, G. P. Segoloni, G. Triolo pag. 21 Variazione degli organismi causali e della loro suscettibilità agli antibiotici nelle peritoniti: esperienza di 10 anni in un singolo centro di dialisi peritoneale M. Marani, F. Manenti, M. Di Luca, M. Martello, K. Kulurianu, M.S. Ferreiro Cotorruelo, R. Cecchini pag. 22 Diverticolosi del colon come fattore di rischio per peritonite enterica: risultati di uno studio prospettico osservazionale. G. Gentile, V. M. Manfreda, D. Rossi, G. Campus, C. Giammarioli, C. Carobi, U. Buoncristiani pag. 23 3

5 Gestione e Organizzazione Proposta di applicazione di un analisi prospettica del rischio clinico alla dialisi peritoneale G. Paternoster, G. Bonfant, V. Paroli, E. Amail, P. Belfanti, D. Gabrielli, A. M. Gaiter, M. Manes, A. Molino, V. Pellu, P. E. Nebiolo pag. 24 Altro Può essere il declino dell ultrafiltrazione un importante fattore predittivo di sclerosi peritoneale? V. Pepe, A. Melfitano, P. delli Carri, L. Gesualdo pag. 24 Qualità di Vita: alterazioni cognitive comportamentali e funzionali in DP, HD e IRC A. Tralongo, S. Nicosia, B. Pisano, G. Li Cavoli, O. Schillaci, A. Ferrantelli, U. Rotolo pag. 26 La nefrectomia laparoscopica per via retroperitoneale del rene policistico R. Marcon, G. Pastori, M. De Luca pag. 27 Attività di gruppo di lavoro: un modello assistenziale di presa in carico del malato cronico in dialisi peritoneale E. Silvaggi, A. R. Rocca, C. Esposto, A. Filippini pag. 28 POSTER Predialisi e Scelta Dialitica Indicazione limite alla dialisi peritoneale (DP) in paziente affetto da insufficienza renale cronica (IRC) S. Cantelli, F. Malacarne, A. Storari, G. Russo, S. Soffritti F. Fabbian, A. Bortot, L. Catizone pag. 29 Scelta dialitica nell ambulatorio del predialisi: follow-up di 4 anni A. Caselli, M. Antonelli, M. Ragaiolo pag. 30 Terapia dialitica e qualità di vita: individuare le aree di criticità per orientare alla metodica più idonea G. Caravello, A. Cerri, V. Galati, M. Marini, T. Sardi, I. Valenti, M. G. Betti, S. Ferretti, W. Lunardi, A. Tavolaro, C. Del Corso, A. Capitanini, I. Petrone, A. Rossi pag. 31 Pre-dialisi e scelta dialitica. Esperienza di Castelfranco Veneto R. Marcon, A. Ferraro, M. De Luca pag. 31 Dialisi peritoneale: Ultima Spes? O. Schillaci, A. Tralongo, C. Tortorici pag. 32 Scelta del trattamento sostitutivo in un paziente HIV e HCV positivo M. Biagioli, D. Borracelli, A. Sidoti pag. 33 Catetere Peritoneale Incarceramento del catetere peritoneale autoloante: una rara complicanza S. Galli, F. Cavatorta, F. Boraso, E. Ramò pag. 34 Linezolid nel trattamento dell infezione del tunnel/exit-site in un bambino in dialisi peritoneale cronica. P. Sorino, R. Bellantuono, F. Puteo, T. De Palo pag. 35 4

6 Il posizionamento del catetere di Tenckhoff con tragitto intramurario obliquo per prevenirne la dislocazione P. M. Caviglia, A. Tirotta, V. Berruti, M. G. Nasini, M. Repetto, O. Santoni, C. Schelotto, S. Carozzi pag. 35 Tecnica ad incastro per il salvataggio chirurgico del catetere peritoneale infetto P. M. Caviglia, A. Tirotta, R. Del Rio, N. Delfino, S. Giupponi, P. Rustighi, S. Carozzi pag. 36 La Membrana Peritoneale Miglioramento dell ultrafiltrazione e della pressione arteriosa sistemica dopo inizio di icodestrine, in due pazienti in dialisi peritoneale D. Rossi, G. Gentile, G. Campus, C. Giammarioli, V. Mugnari, R. Lisandrelli, C. Belligi, U. Buoncristiani pag. 37 Aspetti Nutrizionali La dialisi peritoneale monoscambio-die associata alla dieta ipoproteica. Valutazione dopo 6 mesi. R. dell Aquila, C. Avanzi, C. Casale, T. Marinelli, C. Montemurno pag. 38 Clinica e Terapia La gravidanza di dialisi peritoneale: descrizione di un caso G. Dessi, K. Cannas, E. Manca, A. Pani, P. Altieri, E. Loi, G. Cabiddu pag. 39 Leakage in paziente sottoposto a colecistectomia per via laparoscopica M. Brigante, S. Baranello, S. Di Stante, G. Sallustio pag. 40 Efficacia del carbonato di lantanio come chelante del fosforo su un gruppo di soggetti in trattamento dialitico peritoneale A. Amato, B. Oliva, R. Cusimano, F. Caputo pag. 40 Prescrizione di dialisi peritoneale in una casistica pediatrica multicentrica E. Verrina, F. Perfumo, A. Edefonti, F. Emma, B. Gianoglio, S. Maringhini, C. Pecoraro, P. Sorino, G. Zacchello pag. 40 La dialisi peritoneale nei pazienti anziani: esperienza di un centro E. Manca, K. Cannas, G. Dessi, P. Altieri, G. Cabiddu pag. 41 Peritoniti La peritonite in un centro dialisi peritoneale di medie dimensioni. Rewiew di sei anni di casistica. A. Cioni, E. Montagnani, I. Cavallini, G. Polini, C. Sordini, R. Bigazzi pag. 42 La peritonite sclerosante in dialisi peritoneale: esperienza di un singolo centro V. Vizzardi, G. Mazzola, M. Sandrini, L. Manili, G. Brunori, G. C. Cancarini pag. 43 Gestione ed Organizzazione La dialisi peritoneale in residenze per anziani: esperienza decennale di un singolo centro R. Bergia, B. Agostini, I. M. Berto, G. M. Bosticardo, E. Caramello, S. Maroni, V. Morellini, E. Schillaci, P. Bajardi pag. 44 La dialisi peritoneale: 5 anni di esperienza G. E. Russo, B. Castelmani, A. Centi, A. Morgia, B. Coppola, A. Lucchetti, M. Cavallini pag. 45 5

7 Altro Sopravvivenza del paziente in dialisi peritoneale e numero dei linfociti circolanti P. Ancarani, P. Solari pag. 45 Pazienti in DP sottoposti a trapianto di rene: gestione del trattamento dialitico e del catetere. Esperienza di un Centro Trapianti di Rene. R. Mongiovì, V. Agnello, A. Amato, A. Barillà, S. Calabrese, B. Oliva, V. Vinti, F.Caputo, V. Sparacino pag. 46 Prevalenza delle alterazioni del metabolismo calcio-fosforo e delle calcificazioni cardiovascolari in pazienti in dialisi peritoneale: esperienza di un Centro B. Oliva, R. Mongiovì, V. Agnello, A. Amato, A. Barillà, S. Calabrese, V. Vinti, F. Caputo, V. Sparacino pag. 47 Inatteso riscontro di ernia di ansa intestinale nel sito di ingresso del catetere peritoneale (CP) in paziente in CAPD sottoposto a colecistectomia B. Scalzo, P. Mesiano, T. Fidelio, S. Savoldi, M. Bianco, R. Schieroni, F. Poy pag. 47 Marcatori di stress ossidativo nei pazienti con insufficienza renale: effetti del trattamento dialitico G. Torti, G. Castoldi, L. Perego, C. Bombardi, P. Mariani, F. Prolo, M. R. Viganò, L. Antolini, M. G. Valsecchi, A. Stella Pag. 48 6

8 COMUNICAZIONI ORALI Epidemiologia LA DIALISI PERITONEALE NEL NUOVO ANZIANO: L ULTRAOTTANTENNE A.R. Rocca, C. Esposto, G. Utzeri, V. Angeloni, E. Albanese, A. Filippini Centro di Riferimento di Nefrologia e Dialisi. Ospedale S. Giacomo in Augusta. Roma Introduzione: L età media dei pazienti (pz) che iniziano la terapia dialitica è in continuo aumento, e sono sempre più numerosi i pz anziani. Non esiste un criterio unanime nella definizione anagrafica di anziano, per tale motivo i numerosi studi che analizzano i risultati delle tecniche dialitiche in tale fascia di età, sono difficilmente paragonabili. Infatti le condizioni cliniche e le aspettative di vita sono ovviamente diverse se consideriamo pz di età superiore a 65 anni o 75 anni. In quest ultima fascia di età si riscontrano più facilmente complicanze cardiovascolari, malnutrizione, ridotta autonomia. Scopo dello studio: valutare i risultati clinici ottenuti nei pz con età superiore a 80 anni trattati nel nostro Centro con Dialisi Peritoneale nel periodo gennaio dicembre Pazienti e metodi: Sono stati studiati 14 pz, 10 f e 4 m, età anagrafica all inizio della terapia dialitica era 83,1±4,2 aa, pari al 18,4% della popolazione che aveva iniziato DP nello stesso periodo. La terapia sostitutiva era stata scelta sulla base di motivi clinici, organizzativi, sociali. 4 pz in CAPD con 2-3 scambi da 2 l al giorno e 10 in APD con 15 l. 10 pz avevano la necessità di un partner per eseguire gli scambi. Dopo 3 mesi dall inizio della DP e all uscita dalla terapia sono stati valutati i seguenti parametri: Clcr, KT/V, albuminemia, Hb, funzione renale residua, PTH, Ca, P, BMI,colesterolo,trigliceridi, ferritina. Risultati: 8 pz erano affetti da nefroangiosclerosi, 1 da nefropatia diabetica, 2 GNF cronica, nei restanti 3 la causa era sconosciuta. All inizio del trattamento 11 pz avevano uno o più fattori di rischio clinico elevato oltre l età: 5 cardiopatia ischemica, 4 vasculopatia periferica, 1 demenza, 1 DM. La durata media del trattamento dialitico è stata di di 24 ± 11,7 ms (range 11-44).9 pz sono deceduti in DP in media dopo 25 mesi di terapia: 3 per accidenti cerebrovascolari, 1 per peritonite (P) fungina, 2 per neoplasia, 2 per IMA, 1 per cachessia., 1 pz è stato trasferito in HD per perdita dell UF; 4 pz continuano ad effettuare la DP, di questi 3 in APD con partner e 1 in CAPD (2 scambi al giorno). Durante l osservazione 3 pz hanno sviluppato uno episodio di P. I germi responsabili sono stati: Candida Albicans, E.Coli, e 1 a coltura sterile. Escluso il periodo di addestramento iniziale 12 pz hanno avuto uno o più ricoveri, con una ospedalizzazione complessiva di 17gg /pz, 11 pz presentavano una diuresi > 500 cc e tutti i pz risultavano ben dializzati (Ccr/sett basale 59,7 ±14 l, KT/Vsett basale2± 0,3, Ccr/sett exit 53 ±13 l, KT/V exit 2±0,2) con albuminemia bas. 3,6±0,2 e alla fine dell osservazione di 3,4±0,3. Conclusioni: l invecchiamento della popolazione in generale ha fatto si che i pazienti anziani che iniziano la dialisi sia in progressivo aumento. Per questi pz la DP rappresenta una terapia domiciliare semplice con risultati sovrapponibili all emodialisi. Non sono molti i lavori che prendono in considerazione i pz ultraottantenni. I nostri dati indicano che nei pz molto anziani la DP consente una sopravvivenza accettabile. L incidenza della P è bassa, a dimostrazione che l età molto avanzata non rappresenta un fattore di rischio. L ospedalizzazione resta elevata, legata soprattutto, a complicanze extradialitiche, quali patologie cardiovascolari e difficoltà nella gestione domiciliare, proprie delle scarse risorse a disposizione. In conclusione quindi anche se la DP nei pz molto anziani consente una sopravvivenza accettabile, dal punto di vista organizzativo richiede un impegno gravoso per la famiglia, pertanto è auspicabile l istituzione di un sistema assistenziale alternativo: quali nursing home o case di riposo attrezzate. 7

9 COMUNICAZIONI ORALI Adeguatezza Dialitica RIMOZIONE DEL FOSFORO IN DIALISI PERITONEALE: ICODESTRINA VS SOLUZIONE STANDARD A. R. Rocca, C. Esposto, G. Utzeri, A. Filippini Centro di Riferimento di Nefrologia e Dialisi. Ospedale S. Giacomo in Augusta. Roma Introduzione: La relazione tra alterazioni del metabolismo Ca-P e mortalità/morbilità sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nei pz. in dialisi. Il controllo dell iperp può essere effettuato attraverso la restrizione dietetica (difficile da applicare in DP per le perdite proteiche obbligate attraverso la membrana peritoneale), l uso di chelanti e con una dose dialitica adeguata. La DP analogamente alla HD riesce a rimuovere solo parzialmente il P introdotto con gli alimenti. In effetti la rimozione media giornaliera di P si aggira intorno a 300 mg/die. (65 mg/scambio con sacche a concentrazione 1,36% ). Non esistono al momento dati in letteratura sull estrazione del P durante uno scambio con ICO 7.5 %. Scopo dello studio: confrontare la rimozione dialitica del P durante uno scambio di 8 ore con icodestrina e con soluzione all 1,36%. Pazienti e metodi: abbiamo arruolato 19 pz stabili in trattamento dialitico peritoneale come prima scelta, età dialitica media 27 ± 21 ms, età anagrafica media 63 ± 12 aa, F/M 15/4.In tutti i pz sono stati presi in considerazione i seguenti parametri: adeguatezza dialitica, rimozione dialitica del P con 1 scambio notturno di 8 ore con ICO e con dialisato a concentrazione 1,36%, calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina, PTH, test di trasporto peritoneale. In 16 pz che presentavano una diuresi residua > 500 cc/24h, è stata misurata l estrazione urinaria del P. L elaborazione statistica è stata effettuata con il test T per il confronto delle medie dei campioni appaiati e sono stati considerati significativi i test con una probabilità p<0,05. Risultati: Tutti i pz risultavano ben dializzati (Ccr/sett 63,9±18 l/sett; KT/Vsett 2,3± 0,6), con calcemia 9,1±0,5mg/dl; fosforemia 4,9±0,9mg/dl; CaxP 50,4±9,4; FA 102±54, PTH 287±127 pg/ml. La Clcr con un singolo scambio risultava essere 3,4 ml/min con 1,36% e 4,4 ml/min con ICO (p<0,002). La rimozione del P era 69 mg con la 1,36 e 110 mg con la ICO (p<0,002) Media 60 RIMPICO RIMP136 Conclusioni: L ICO è un polimero del glucosio indicato nei pazienti con alto trasporto peritoneale e scarsa ultrafiltrazione. I risultati del nostro studio documentano una estrazione di P significativamente maggiore con l ICO rispetto alle soluzioni standard, verosimilmente in relazione a una maggiore ultrafiltrazione. Ciò ovviamente necessita di ulteriori studi anche in considerazione dell assenza di riferimenti bibliografici in merito. Ma se venisse confermato rappresenterebbe una ulteriore indicazione all utilizzo della molecola in DP, rivestendo un ruolo centrale già nella prima prescrizione. 8

10 COMUNICAZIONI ORALI Aspetti Nutrizionali IL MUSCOLO SCHELETRICO DEI PAZIENTI UREMICI ALL INGRESSO IN DIALISI PERITONEALE ESPRIME CITOCHINE PROINFIAMMATORIE M. Di Martino, A. Tarroni, V. Procopio, D. Verzola, V. Cappelli, E. Vigo, I. Mannucci, A. Sofia, A. Valli, M. Malerba 1, G. Garibotto, F. De Cian 1, S. Saffioti Clinica Nefrologica, Dialisi e Trapianto, DiMI e DICM 1, Università di Genova, Azienda Università Ospedale San Martino Introduzione: L uremia è considerata uno stato proinfiammatorio associato ad elevata morbosità e mortalità cardiovascolare. Uno stato infiammatorio è spesso evidente nei pazienti malnutriti, tuttavia non è chiaro se la malnutrizione di per sé possa influire sulla produzione di citochine. Si ritiene che l aumento in circolo di citochine proinfiammatorie derivi dalle cellule circolanti o dall endotelio, tuttavia anche i tessuti somatici come il muscolo scheletrico e l adipocita possono rappresentare un possibile sito di produzione di citochine. In questi tessuti, diversi fattori sia fisici che metabolici influenzano la funzione immune. Scopo del lavoro: Valutare gli effetti dell uremia e dei parametri nutrizionali sulla sintesi di citochine proinfiammatorie nel muscolo scheletrico, all inizio della terapia sostitutiva. Materiali e metodi: Su biopsie muscolari (muscolo retto dell addome) di pazienti (15 M, 15 F, età 69± 2 aa) con insufficienza renale cronica avanzata (CKD stadio 4), eseguite in corso di posizionamento del catetere peritoneale, e in 9 controlli sani (4 M, 5F, età 62 ± 5) abbiamo valutato l espressione proteica (immunoistochimica) e molecolare (mrna) di Il-6, Il-8, TNF- e beta-actina (gene housekeeping) (RT-PCR semiquantitativa). Il recettore per IL-6 e il glicogeno muscolare sono stati valutati in immunoistochimica. I valori plasmatici di IL-6 sono stati misurati con ELISA. Risultati: Nel tessuto muscolare dei pazienti uremici rispetto ai controlli erano iperespresse sia IL-6 (proteina ) (+100%; p<0.05) che IL-6 mrna (+50%; p< 0.03). L espressione del mrna del TNF- era aumentata anche se in modo non statisticamente significativo, mentre l espressione sia genica che proteica di IL-8 era simile ai controlli. Il contenuto muscolare in glicogeno era ridotto del 25%(P=ns). L espressione genica di IL-6 si correlava direttamente ai limiti della significatività statistica (p< ), con valori di creatinina, albuminemia e azoto ureico, ma non con i parametri infiammatori (PCR,fibrinogeno,IL-6) Conclusioni: Questi dati mostrano che nei pazienti uremici all inizio della terapia dialitica, il tessuto muscolare esprime uno stato microinfiammatorio con alterazioni selettive della sintesi di citochine, caratterizzate principalmente da aumentata sintesi di IL-6. Una riduzione del contenuto di glicogeno e/o l uremia per se potrebbero essere alla base di queste alterazioni. IL TELMISARTAN MIGLIORA LA SENSIBILITÀ ALL INSULINA DEI PAZIENTI IN DIALISI PERITONEALE A. Cioni, C. Sordini, R. Bigazzi U.O. Nefrologia - A.S.L 6, Livorno Introduzione: E noto che i pazienti affetti da insufficienza renale cronica hanno un alta mortalità cardiovascolare, elevata aterosclerosi e una resistenza periferica all insulina (insulino-resistenza: IR). Si osserva un miglioramento IR quando viene iniziato il trattamento sostitutivo: emodialisi (HD) o dialisi peritoneale (DP). Tuttavia i pazienti trattati con DP sono comunque più soggetti a sviluppare e mantenere uno stato di IR: l assorbimento peritoneale di glucosio dal liquido dialitico causa una stimolazione cronica alla produzione d insulina e questo può condurre ad uno stato di iperinsulinismo. Recentemente sono stati pubblicati studi che mostrano come il Telmisartan, un bloccante del recettore dell angiotensina (ARB), agisca da parziale agonista dei recettori intracellulari di tipo PPAR-y. In tal modo esso influenza l espressione del gene deputato al metabolismo dei carboidrati ed ha, quindi, un effetto positivo sui parametri metabolici, in particolare la glicemia e la resistenza all insulina. Scopo: Lo scopo del lavoro è la valutazione attraverso modelli certificati dell efficacia del 9

11 Telmisartan in senso di riduzione dei valori glicemici e di miglioramento dello stato di resistenza all insulina nei pazienti trattati con DP. Materiali e metodi: La tecnica del clampaggio, da cui deriva l indice di sensibilità all insulina (ISI), è considerata la metodica di elezione per la valutazione della IR, ma questa tecnica è indaginosa e non facilmente applicabile in studi clinici. Il metodo di terminazione secondo il modello omeostatico della IR (HOMA-IR) correla strettamente con ISI. In questo studio abbiamo valutato l IR in 30 pazienti non diabetici in DP (CAPD e CCPD) prima e dopo trattamento con Telmisartan (80 mg/die) per tre mesi. Durante il trattamento con il sartanico i pazienti proseguivano la loro usuale terapia, la quale comprendeva vitamina D (tutti), statine (20 pazienti), antiipertensivi (24), eritropoietina (tutti) e chelanti del fosfato (tutti). Non si sono registrate significative modifiche della funzione renale residua (FRR), né vi sono state modifiche nella tecnica dialitica. Risultati: Il Telmisartan ha significativamente ridotto i livelli d insulina a digiuno da 24.3 ± 3.5 a 11.4 ± 1.4 umol/l (p < ) e lo HOMA-IR da 2.4 ± 0.32 a 1.61 ± 0.20 (p < 0.04). Nessun cambiamento significativo si è osservato per valori pressori, glicemia a digiuno, colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi, Hgb glicosilata. Conclusioni: I nostri risultati preliminari mostrano che il Telmisartan determina una riduzione dei valori della insulinemia a digiuno e un aumento della sensibilità all insulina misurata con HOMA- IR nei pazienti trattati con DP. COMUNICAZIONI ORALI Clinica e Terapia DECREMENTO DELLA FRR PRIMA E DOPO L INIZIO DELLA CAPD L. Neri, S. Barbieri, G. Viglino S.O.C. Nefrologia e Dialisi, Ospedale San Lazzaro, Alba (CN) Introduzione: La funzione renale residua (FRR) è un fattore prognostico molto importante nei pazienti (pz) in dialisi. Se numerosi studi hanno confrontato il decremento della FRR dopo l inizio della dialisi nelle diverse metodiche, mostrando come in CAPD questa si conservi più a lungo rispetto alla HD e forse anche alla APD, gli studi che abbiano confrontato il decremento della FRR anche con il periodo predialitico sono scarsi. Scopi dello studio: Confronto retrospettivo tra il calo della FRR prima e dopo l inizio della CAPD. A questo scopo abbiamo considerato i pz che hanno iniziato la CAPD come 1 trattamento sostitutivo presso il nostro centro dal 01/12/95 al 31/05/07. Materiali e metodi: Nel periodo considerato hanno iniziato la DP come 1 trattamento 139 pz di cui 62 mediante CAPD. Di questi ultimi sono stati esclusi: 6 pz in CAPD per cause non renali, 8 pz per patologie gravi tali da alterare la valutazione della FRR (cirrosi e insufficienza cardiaca congestizia), 9 pz per follow up predialitico < 4 mesi (late referral), 14 pz per inadeguato follow up post dialitico (incontinenza urinaria, decesso < 4 mesi, N determinazioni < 3), 1 pz per ripresa FRR. Di ciascun pz sono state considerate tutte le determinazioni della FRR effettuate prima e dopo l inizio della CAPD, fino ad un massimo di 24 mesi per ciascun periodo interrompendo l osservazione al passaggio dalla CAPD alla APD od alla HD. La FRR è stata valutata mediante il GFR misurato con la raccolta urine 24 ore e calcolato come media di clearance urea e creatinina normalizzata per 1,73 mq di superficie corporea. Il decremento medio nei 2 periodi è stato valutato mediante il coefficiente di regressione lineare ed il confronto effettuato mediante il test T per dati appaiati. 10

12 Risultati: I pz considerati sono risultati 24 (Maschi: 14 pz; DM: 12 pz; età media 66,6 ± 10,7 anni; GFR medio di inizio dialisi: 6,6 ± 2,2 ml/min/1,73 mq) con un follow up pre e post dialitico rispettivamente di 17,2 ± 7,5 e 15,8 ± 7,4 mesi/pz. Le misure del GFR considerate sono risultate 252 (10,5 ± 4,3/pz) nel periodo predialitico e 237 (9,9 ± 4,6/pz) dopo l inizio della CAPD. Con il trattamento dialitico in 20 pz si registrava un rallentamento della perdita di FRR. In particolare il decremento medio del GFR dopo l inizio della CAPD nei 24 pz considerati è risultato rispettivamente di -0,431 ± 0,393 e di -0,149 ± 0,213 ml/min/mese, valori significativamente differenti (p < 0,002). Conclusioni: Pur nei limiti di uno studio retrospettivo con pochi pz i risultati mostrano come l inizio della CAPD si associ ad un rallentamento della perdita di FRR. Le implicazioni sulla scelta della metodica e su quando iniziare la dialisi giustificano secondo noi lo sforzo di affrontare tale problema con uno studio adeguato che ne chiarisca anche le eventuali ragioni. PROTOCOLLO DI SORVEGLIANZA SULL INSORGENZA DELLA SCLEROSI PERITONEALE (EPS) NEI PZ IN DIALISI PERITONEALE (DP) R. Corciulo, R. Russo, V. Pepe, F. P. Schena Divisione di Nefrologia e Dialisi, Policlinico, Bari Introduzione: La sclerosi incapsulante del peritoneo (EPS) è una complicanza della DP che può portare ad occlusione intestinale spesso associata alla formazione di ascite. L incidenza varia tra lo % con incidenze del 40% per pazienti (pz) con età dialitica superiore ai 60 mesi ed è caratterizzata da elevata mortalità. Scopo del lavoro: Applicare un protocollo di sorveglianza per individuare, in pazienti in DP, segni ecografici e/o radiologici precoci ed evocativi di danno del peritoneo per sospendere per tempo la DP ed evitare l evoluzione in EPS. Materiali e metodi Sono state studiate due popolazioni di pz avviati alla DP nei periodi e per un totale di 269 pz. Nel primo periodo venivano studiati i pz (n.127) solo in presenza di sub occlusione intestinale (SI) durante la DP o dopo il trasferimento all HD. Nel secondo periodo si applicava un protocollo di sorveglianza su tutti i pz in DP con età dialitica > 36 mesi, su quelli con età dialitica minore ma con un numero di peritoniti > 4 episodi o con SI (n.193). Il protocollo prevedeva l esecuzione di esami quali l Rx diretta dell addome (RA) l ecografia (EC) e la TAC addominale all inizio dello studio e la ripetizione delle indagini ogni 12 mesi. Risultati: L incidenza di EPS nel primo periodo è stata del 2,36% ed i tre pz con EPS sono deceduti dopo la sospensione della DP. L incidenza di EPS nel periodo di sorveglianza è stata dell 1,03%. I due pz con quadri radiologici di EPS, ma clinicamente silenti, sono deceduti nonostante la terapia farmacologica attuata. La RA ha evidenziato calcificazioni nel 7,5% e reperti normali nel 92,5%; l EC ha evidenziato ispessimento del peritoneo > 5 mm nel 10% dei pz mentre nel restante 90% i reperti erano normali. I segni radiologici rilevati alla TAC sono stati: ispessimento del mesentere (31,2%), ispessimento del peritoneo parietale (21,2%), affastellamento delle anse del tenue (16,3%), ispessimento della parete intestinale (10%), calcificazioni (7,5%), raccolte saccate endoaddominali (7,5%). Nel 31,2% dei pz la TAC era normale. In 10 pz con ispessimento del mesentere, del peritoneo parietale ed iniziale affastellamento delle anse intestinali, si è sospesa per tempo la DP pur in assenza di sintomi clinici. L introduzione precoce di una terapia farmacologica causale ha dato risultati a distanza evidenti e positivi (nessun exitus nei pz in cui si è effettuato l intervento). Conclusioni: La riduzione dell incidenza dell EPS è stata significativa e ciò conferma che lo studio dei segni radiologici precoci ha dato risultati incoraggianti sulla prevenzione di tale complicanza. L esecuzione periodica di una TAC addominale, secondo i criteri adottati nel protocollo, è uno strumento utile ed il più sensibile per la diagnosi precoce nel paziente con fibrosi peritoneale. La TAC, seppur dai costi non contenuti, è un indagine attendibile, non invasiva, facilmente ripetibile, a basso rischio radiologico e capace di sostituire indagini più complesse e cruente come la biopsia peritoneale proposta da qualche AA. per la diagnosi di EPS. Il ricorso alla TAC, qualora esteso come routine a casistiche più numerose, dovrà essere rivalutato criticamente in relazione alla periodicità dei controlli per ottimizzare le risorse economiche ed umane disponibili. UTILITÀ DEL PEPTIDE NATRIURETICO B (BNP) NEL FOLLOW-UP DEI PAZIENTI IN DIALISI 11

13 PERITONEALE COME INDICATORE DI FUNZIONE CARDIACA L. Maltagliati, G. Romei Longhena, R. Cimino, R. Colombo, F. Masi, A. Manfredi, A. Scilletta, R. Savino, U. Teatini Divisione Nefrologia e Dialisi, Ospedale Bollate, Milano Scopo del lavoro è di verificare la relazione tra BNP plasmatico e funzione cardiaca (determinata con ecocardiogramma) nei pazienti in Dialisi peritoneale Sono stati misurati i valori plasmatici di BNP in 20 pazienti in dialisi peritoneale cronica. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: nel gruppo 1 (10 pazienti) erano compresi i pazienti con BNP > di 150 ng/ml; nel gruppo 2 (10 pazienti) quelli con BNP < 150 ng/ml. Le caratteristiche cliniche (età, età dialitica, diuresi residua, UF peritoneale, Pressione Arteriosa Media) dei due gruppi non dimostravano differenze statisticamente significative. età DP diuresi UF perit Totale UF PAM anni mesi ml/die ml/die ml/die Gruppo 1 70,3±6,2 14,2±6,7 831± ± ± ,7±4 Gruppo 2 67,5±4,1 17,5±8,5 616± ± ± ,5±2 p ns ns ns ns ns ns Risultati: Nella Tabella sottostante sono rappresentati i parametri biochimici ed ecocardiografici dei 2 gruppi: BNP FE % D V S D A S S I V Gruppo 1 529±271 46,8±3,8 54,3±3,1 47,2±3,2 11,6±1,1 Gruppo 2 98,6±31,5 54,1±4 49,2±4,3 38,1±2,2 10,7±1,3 p <0.001 p <0.001 p <0.001 p <0.001 p: ns FE= frazione eiezione, DVS e DAS= diametro ventricolo e atrio sin, SIV= setto interventricolare. Esiste una differenza significativa tra i 2 gruppi del BNP, del Diametro del VS e dell atrio sin, non del Setto IV. Alla regressione lineare il BNP si dimostra predittore dell FE con R 2 = 0.72 e p = FE % = gruppo 1 = gruppo 2 R 2 = 0, BNP In conclusione: la determinazione del BNP plasmatico nei pazienti in DP è un utile indicatore e strumento semplice ed economico per il monitoraggio della funzione cardiaca 12

14 COMUNICAZIONI ORALI Peritoniti POSSIBILI FATTORI DI RISCHIO DI FIBROSI PERITONEALE (FP): NOVITÀ E CONFERME *A. Pappani, *R. Perulli, *A. M. Ferri, *A. Mastrodonato, *I. Clemente, *D. Piano, *M. Querques, **L. Cinquesanti, **F. Tricarico *U.O. Nefrologia e Dialisi a Direzione Ospedaliera, OO. RR., Foggia **U.O. Chirurgia D Urgenza a Direzione Ospedaliera, OO.RR., Foggia Introduzione: La fibrosi peritoneale rappresenta una grave complicanza della dialisi peritoneale, con evoluzione per lo più sfavorevole (morte per cachessia), legata a diversi fattori predisponenti tipo peritoniti, anni di dialisi, bio-compatibilità dei materiali. Scopo del lavoro: Scopo del nostro lavoro è cercare di individuare i fattori di rischio che la possono causare attraverso uno studio retrospettivo dei casi di fibrosi peritoneale verificatesi nel nostro Centro negli ultimi 15 anni. Materiali e metodi: 350 pazienti sono stati trattati in peritoneo-dialisi presso il nostro Centro dal 1982 al Di questi 23, pari al 6,3%, hanno presentato una sintomatologia riferibile a fibrosi peritoneale. In tutti sono stati valutati: malattia di base, malattie gastro-intestinali preesistenti, età anagrafica ed età dialitica, numero di peritoniti e germe implicato, tipo di catetere, set, sacche e disinfettante di linea, prodotto Ca x P, antibiotici utilizzati nel trattamento delle peritoniti e terapia farmacologica seguita dal paziente. Risultati: Confermiamo una maggiore incidenza di FP nei pz. con più anni di dialisi( > a 38 mesi), con maggior numero di peritoniti (1 epis./10 mesi) sostenute da stafilococco aureo, e trattati per più di 2 settimane con antibiotici intraperitoneali, tipo vancomicina. La novità che emerge dal nostro studio è la correlazione tra malattia di base e fibrosi peritoneale, non ancora segnalata da AA. Infatti abbiamo riscontrato che il 55% dei pz. (12 > 23) con fibrosi peritoneale aveva come malattia di base rene policistico dell adulto. Inoltre, altro dato interessante, in tutti e 23 pz. studiati erano presenti complicanze intestinali pre CAPD come diverticolosi intestinale o colelitiasi: probabilmente in tali casi e più facile trovare questa complicanza perché i pazienti sono più esposti ad infiammazioni croniche anche per fattori genetici. Non si riscontrava nessuna correlazione con il numero degli scambi, il n. delle ipertoniche, il tipo di catetere, o set (Y a due vie), né con i disinfettanti di linea o tipo di tampone (in tutti lattato). Conclusioni: Ulteriori studi sono necessari per confermare tali dati, e se così fosse, la malattia policistica non sarebbe più una controindicazione relativa, ma assoluta alla CAPD. COMUNICAZIONI ORALI Altro INFLUENZA DELLE COMORBILITÀ PRE-TRATTAMENTO SULLA SOPRAVVIVENZA IN EMODIALISI E DIALISI PERITONEALE S. Turina, L. Manili, M. Sandrini, R. Zubani, G. Cancarini Sezione di Nefrologia e U.O.C. di Nefrologia, Università e Spedali Civili di Brescia Introduzione: la letteratura riporta risultati contrastanti sul confronto di sopravvivenza dei pazienti (pz) in emodialisi (HD) e dialisi peritoneale (DP) anche dopo aver corretto per le comorbidità pretrattamento. Scopo dello studio: valutare il diverso impatto sulla sopravvivenza in HD e DP dei fattori di rischio pre-trattamento per definire possibili controindicazioni per una delle due metodiche. Materiali e metodi: studio retrospettivo monocentrico su 1343 pz incidenti dal 1981 al 2006: 756 (56%) pz in HD e 587 (44 %) in DP. Sono stati registrati: sesso, razza, età, patologia di base, fattori di rischio (vasculopatia periferica e cerebrale, cardiopatia ischemica, aritmia, ipertensione arteriosa, ipertensione maligna, dislipidemia, neoplasia, cirrosi, BPCO, infezioni urinarie recidivanti, diabete mellito tipo I e II), durata dei trattamenti, causa decesso, causa cambio metodo. L analisi della sopravvivenza è stata effettuata sia con l approccio as treated (AS) che intention to treat (ITT), utilizzando, per l univariata, il metodo di Kaplan-Meier (confronti con logrank test) e, per la 13

15 multivariata, il modello del rischio proporzionale di Cox. Risultati: l età non differiva nei due gruppi. I fattori di rischio erano uniformemente distribuiti nei due gruppi tranne la vasc. cerebrale (p<0.001) e la dislipidemia (p<0.001) prevalenti in DP e la malattia. multisistemica (p<0.01) prevalente in HD. All analisi di Cox, sia AS sia ITT, il tipo di dialisi non condizionava la sopravvivenza del pz (p:ns). Sono state individuate numerose variabili significativamente influenzanti la sopravvivenza nella popolazione complessiva: età (p<0.0001), vasc. periferica (p<0.0001), vasc. cerebrale (p<0.001), cardiopatia ischemica (p<0.0001), neoplasia (p<0.002), cirrosi, diabete tipo II e malattia. multisistemica. Le medesime variabili sono risultate anche considerando separatamente le singole metodiche. In DP la BPCO appare come fattore di rischio condizionante la sopravvivenza solo nell analisi AS (HR=1.59; p<0.006). La cardiopatia ischemica risulta significativa solo in HD nell analisi AS (HR=1.36; p<0.009), ed in entrambe le metodiche nell analisi ITT. L analisi di Cox eseguita separatamente in pz diabetici, cardiopatici, vasculopatici, anziani (>65 anni) non ha rilevato un effetto del tipo di dialisi sulla sopravvivenza. Il sesso femminile in DP ha una minor sopravvivenza (HR= 1.28; p<0.03). Conclusioni: la sopravvivenza del paziente non è influenzata dal tipo di metodica dialitica utilizzata. I fattori di rischio considerati non sembrano esercitare effetti diversi nelle due metodiche, salvo un effetto prognosticamente sfavorevole all AS della BPCO in DP della cardiopatia ischemica in HD. PEPTIDE NATRIURETICO DI TIPO B (BNP): INDICATORE DI SOVRACCARICO IDRICO IN DIALISI PERITONEALE? D. Ciurlino, S. Tedoldi, I. Serra, S. V. Bertoli Unità operativa di Nefrologia e Dialisi, IRCCS Multimedica Holding, Sesto San Giovanni, Milano Introduzione: Il fattore natriuretico di tipo B (BNP) è una proteina prodotta prevalentemente dai cardiomiociti ventricolari ed è considerato un importante marker di mortalità nei pazienti cardiopatici. E stato osservato come i pazienti affetti da insufficienza renale terminale presentino livelli di BNP più elevati rispetto alla popolazione generale verosimilmente come conseguenza della contemporanea presenza di tre fattori di rischio: ridotta clearance renale, miocardiopatia, sovraccarico idrico. Scopo: Scopo del nostro studio è stato quello di valutare i livelli di BNP in un gruppo di pazienti in dialisi peritoneale in relazione allo stato di idratazione, alla clearance renale residua e alla funzione ventricolare. Materiali e metodi: Sono stati studiati 20 pazienti in dialisi peritoneale (8 in APD 12 in CAPD), 7 F e 13 M, di età media di anni, età dialitica di mesi. I livelli plasmatici di BNP sono stati determinati mediante metodo immunoenzimatico MEIA (a cattura di microparticelle) ed espressi in pg/ml (v.n.<100). Lo stato di idratazione è stato valutato mediante analisi bioimpedenziometrica (Akern BIA 101). La clearance della creatinina è stata calcolata sulla diuresi residua delle 24 ore. Per la valutazione della funzionalità cardiaca tutti i pazienti sono stati sottoposti a studio ecocardiografico calcolando il volume telediastolico (VTD), volume telesistolico (VTS), spessore setto interventricolare (SS), spessore parete posteriore (PP) e frazione di eiezione (FE). L analisi statistica è stata effettuata tramite test di Student. Risultati: I livelli plasmatici medi di BNP erano pari a ± pg/ml. I valori medi di acqua corporea totale erano di 54.9 ± 7.2%, con una distribuzione media pari a 46.9 ± 3.9% di acqua extracellulare e di 53 ± 3.9% di acqua intracellulare. La clearance renale residua era di 6.8 ± 5.2 ml/min con una diuresi residua media di 1240 ± 855 ml/24h. I parametri ecocardiografici valutati presentavano valori medi di: VTD 104 ± 33.1 ml, VTS 55 ± 30 ml, SS 12 ± 1.7 mm, PP 11 ± 1.7 mm, FE 54 ± 13%. Abbiamo riscontrato una correlazione statisticamente significativa diretta tra BNP e VTD (p=0.004) e BNP e VTS (p=0.015) e inversa tra BNP e FE (p=0.014), mentre nessuna significatività tra BNP e spessori parietali del ventricolo. E risultato inoltre un trend positivo verso la significatività tra livelli di BNP e acqua corporea totale (p=0.083). Non abbiamo riscontrato una correlazione significativa tra BNP e clearance renale residua come pure tra BNP e trattamento DP manuale e automatizzato. 14

16 Conclusioni: Il nostro studio conferma che i livelli di BNP correlano con la disfunzione cardiaca e che rappresentano un marker di cardiopatia anche nei pazienti in terapia sostitutiva con dialisi peritoneale. Tuttavia nel nostro studio i livelli di BNP sono risultati mediamente elevati rispetto ai valori attesi per il grado di compromissione cardiaca. Poiché nel nostro studio abbiamo riscontrato un trend positivo verso la significatività tra BNP ed acqua corporea totale si può ipotizzare che i pazienti da noi analizzati siano in uno stato di iperidratazione e che i livelli di BNP siano ad esso correlati. DISCUSSIONE ITINERANTE POSTER Predialisi e Scelta Dialitica DAL PREDIALISI ALLA DIALISI PERITONEALE: È NECESSARIO CAMBIARE LA TECNICA DI IMPIANTO DEL CATETERE? S. Mangano, D. Martinelli, S. Brenna, L. E. Bernardi, D. Pogliani, G. Tettamanti, A. Beltrame, G. Bonforte U.O. di Nefrologia e Dialisi, Azienda Ospedaliera S.Anna, Como Introduzione: Dal 2004 presso l U.O. è stato introdotto un ambulatorio di predialisi per migliorare l accesso al trattamento dialitico. Questo ha permesso di incrementare il numero dei pazienti che iniziavano il trattamento emodialitico con accesso definitivo; lo stesso risultato non è stato ottenuto in dialisi peritoneale perché i pazienti mal tollerano il posizionamento precoce del catetere per i controlli clinici che ne derivano (lavaggi e medicazione exit-site) con il rischio di procrastinare il posizionamento del catetere e di iniziare la dialisi con un catetere venoso centrale. Materiali e Metodi: Per questo motivo dal febbraio 2006 nel nostro centro abbiamo modificato la tecnica d impianto del catetere peritoneale in due tempi: 1 ) il catetere posizionato con tecnica classica ma completamente marsupializzato nel sottocute 2 ) esteriorizzazione della parte terminale al momento dell inizio del trattamento Dall aprile 2005 al maggio 2007 sono stati posizionati 46 cateteri peritoneali, 23 con tecnica chirurgica standard (gruppo A) e 23 con la tecnica in due tempi (gruppo B) Risultati: GRUPPO A: 23 pazienti (10M, 13F) età media 61,7 (range 29 88), cl.creatinina 7 ± 3,7 ml/min. Questi pazienti hanno incominciato la dialisi peritoneale a pieno carico dopo una media di break-in di 31,4 giorni (14-49). Dopo un mese di trattamento la diuresi residua era di 929 ± 657 ml/24 ore ma ben 7/23 pazienti hanno iniziato il trattamento con la dialisi extracorporea. GRUPPO B: 23 pazienti (10M, 13F) età media 65,9a (range 38 82), cl.creatinina 11,2 ± 5 ml/min. Dopo un follow-up di 119,4 mesi non si è verificata nessuna complicanze legata al catetere, 10 pazienti hanno iniziato la dialisi peritoneale dopo una media di 109±88 (29-250) giorni raggiungendo il carico massimale previsto (1890 ± 208 ml) dopo 1,7 giorni (1-9). Gruppo A Gruppo B P Pazienti (n) n.s. Cl. creat (ml/min) 7±3,7 11,2±5 n.s. Break in (gg) 31,4 110 P < 0,001 Diuresi (ml/24h) 929± ±670 P < 0,001 Kt/V 2,3±0,4 2±0,4 n.s. Inizio con HD (n) 7/23 1/23 P < 0,001 I due gruppi non presentavano differenze statisticamente significative tra la dose dialitica (Cl. Cret. E Kt/V) ma era possibile riscontrare una differenza altamente significativa per i giorni di brek-in e la diuresi residua. Tutti i pazienti del gruppo B hanno iniziato il trattamento sostitutivo con la dialisi peritoneale; solo in un caso si è reso necessario un breve passaggio in emodialisi a causa di prolasso uterino e secondaria flogosi pelvica. Conclusioni: La tecnica di marsupializzazione è ben tollerata dai pazienti e permette un posizionamento relativamente precoce del catetere peritoneale evitando il passaggio anche breve all emodialisi con il rischio di deteriorare la diuresi residua. 15

17 DISCUSSIONE ITINERANTE POSTER Adeguatezza Dialitica DATI DI EFFICIENZA DIALITICA E FATTORI DI COMORBIDITÀ: LA LORO IMPORTANZA IN DIALISI PERITONEALE A. Pappani, R. Perulli, M. Querques U.O. di Nefrologia a Direzione Ospedaliera, OO.RR., Foggia Introduzione: Diversi Autori indicano in un Kt/V = o > a 2,0 ed in una clear.creat. di 70 litri/sett./1,73 mq di superficie corporea gli indici ottimali di adeguatezza dialitica in uremici in dialisi peritoneale, affermando che con questi valori ci sia una riduzione del rischio relativo di morte e drop-out della tecnica. Il nostro studio vuole dimostrare come nella prognosi non siano solo importanti questi fattori, ma anche la malattia di base e i fattori di comorbilità preesistenti all inizio del trattamento. Materiali e metodi: Sono stati studiati retrospettivamente 91 uremici in trattamento CAPD presso il nostro Centro negli ultimi 3 anni. In essi sono stati rilevati malattia di base, sesso, età anagrafica, albuminemia, Kt/V, Clear,creat./sett e condizioni di rischio presenti all inizio del trattamento espressi come ICED, raffrontando tali dati con percentuali di morte, ospedalizzazione e drop-out. Risultati: I pazienti sono stati sudditi in 3 gruppi in base ai dati di efficienza dialitica: Gruppo A ( Kt/V > 1,9 e clear.creat.> 70 L/sett.) 34 pazienti 8 decessi + 6 drop-out Gruppo B ( Kt/V 1,9 1,7 e cl.cr L/sett.) 28 pazienti 6 decessi + 4 drop-out Gruppo C ( Kt/V < 1,7 e clea.creat. < 50 L/sett.) 29 pazienti 8 decessi + 3 drop-out Discussione: Considerando i soli dati di efficienza dialitica ci si rende conto che non ci sono grosse variazioni tra i tre gruppi, in disaccordo con ciò che è stato ampiamente documentato da AA; il discorso cambia se andiamo ad abbinare a ciascun pz. i fattori di rischio che erano presenti all inizio del trattamento: i pz del gruppo A presentavano un ICED tra 2 e 3, a differenza degli altri gruppi in cui l ICED era tra 1 e 2. Conclusioni: Riteniamo che gli indici di efficienza dialitica da soli sono solo dei numeri e che debbano essere considerati con la stessa importanza i fattori di rischio presenti all inizio del trattamento per una migliore visione globale del futuro della tecnica dialitica. STIMA DELLA FUNZIONE RENALE RESIDUA NEI PAZIENTI IN DIALISI PERITONEALE M. Zeiler, D. Ricciardi, T. Monteburini, A. Federico, R. Marinelli, S. Santarelli U.O. Nefrologia e Dialisi, Ospedale A. Murri, Jesi (AN) Introduzione: La funzionalità renale residua (FRR) è un parametro determinante per la sopravvivenza tecnica della dialisi peritoneale. La quantificazione della FRR avviene nella routine clinica con la raccolta delle urine delle 24 ore e prelievo ematico calcolando la clearance renale e Kt/V urinario. La stima della FRR con la formula di Cockroft e Gault utilizzando i parametri di creatininemia, sesso ed età non è validato in pazienti con insufficienza renale terminale con FRR Scopo del lavoro: Scopo dello studio è stato quello di sviluppare una metodica di stima della FRR in pazienti in dialisi peritoneale sulla base della sola diuresi giornaliera (Diuresi). Materiali e metodi: In 39 pazienti adulti (23 maschi e 16 femmine) con diuresi residua e terapia sostitutiva renale di dialisi peritoneale (APD in 32 casi, CAPD in 7 casi) la diuresi giornaliera è stata registrata in concomitanza con valori biometrici (sesso, età, peso, altezza), creatininemia, azotemia ed escrezione urinaria giornaliera di creatinina ed azoto. Il volume della distribuzione dell urea è stato calcolato con la formula di Watson, la superficie corporea con la formula di DuBois. Tutti i pazienti erano sotto terapia con furosemide ad alte dosi ( mg al giorno). La FRR è stato calcolato con tre metodi: clearance renale settimanale della creatinina normalizzata per superficie corporea (Cl-Crea-renale), Kt/V renale dell urea (Kt/V-renale) e media della somma della clearance renale settimanale della creatinina e dell urea (Cl-Crea+Urea-renale). Le correlazioni venivano calcolate con la metodica di Pearson. Risultati: I pazienti presentavano una diuresi residua tra 10ml e 2800ml (mediana 570ml). La seguente tabella riassume i parametri principali dei pazienti: 16

18 Età [anni] Peso [kg] Altezza [cm] Body Mass Index Crea [mg/dl] Urea [mg/dl] Min-Max Mediana Il volume di distribuzione dell urea era tra 24.5 e 55.7 litri (mediana 37.2 litri). La diuresi residua giornaliera correlava significativamente con la Cl-Crea-renale (r=0.730, p<0.001), con il Kt/V-renale (r=0.787, p<0.001) e Cl-Crea+Urea-renale (r=0.822, p<0.001) secondo le seguenti formule matematiche: Cl-Crea-renale [litri/settimana/1.73m2] = * Diuresi [ml] Kt/V-renale = * Diuresi [ml] Cl-Crea+Urea-renale [litri/settimana] = * Diuresi [ml] Il sesso non altera significativamente la relazione fra diuresi giornaliera e FRR. Conclusioni: La stima della FRR in pazienti sotto terapia dialitica peritoneale potrebbe essere possibile, secondo i nostri dati, con la sola quantificazione della diuresi giornaliera con formule facilmente applicabili nell attività clinica quotidiana. DISCUSSIONE ITINERANTE POSTER Clinica e Terapia EFFETTI A LUNGO TERMINE DEL CINACALCET NEI PAZIENTI IN DIALISI PERITONEALE (DP) CON GRAVE IPERPARATIROIDISMO A. Tarroni, M. Di Martino, A. Sofia, V. Falqui, L. Morabito, G. Garibotto, G. Deferrari, S. Saffioti Clinica Nefrologica, Dialisi e Trapianto, Dipartimento di Medicina Interna Università di Genova, Azienda Università, Ospedale San Martino Introduzione: L esperienza nell uso del cinacalcet riguarda principalmente i pazienti in terapia emodialitica (HD), mentre sono a disposizione pochi dati, e per un per un follow up relativamente breve, nei pazienti in PD. Scopo del lavoro: Scopo di questa analisi retrospettiva è presentare i dati relativi all esperienza clinica con cinacalcet ottenuta nel nostro centro nei pazienti in PD. Materiali e metodi: Abbiamo osservato gli effetti a breve e a lungo termine (follow-up massimo 18 mesi) del cinacalcet in un gruppo di pazienti in PD (n=18) in cui era presente grave iperparatiroidismo (mediana PTH 1300 pg/ml). Il gruppo costituiva il 29 % dei pazienti prevalenti in PD. Il protocollo di trattamento prevedeva terapia con chelanti del P, vitamina D o suoi analoghi per un periodo di almeno sei mesi. In caso di non raggiungimento dei valori target di PTH era inserita terapia con cinacalcet (dose iniziale 30 mg/die). Risultati: Prima dell inizio della terapia con cinacalcet i target di Ca, P e prodotto Ca-P erano raggiunti rispettivamente nel 22, 47 e 44% dei pazienti. I livelli di fosforemia basale erano 5.7 mg/dl, quelli del Ca 9.4 mg/dl. Il cinacalcet è stato sospeso in 2 pazienti per intolleranza gastrica, in 1 paziente per trapianto, in 1 paziente per mancata compliance ai farmaci. Nel 27% dei casi la dose era ridotta o aumentata; in 2 casi il cinacalcet era sospeso per eccessiva riduzione dei livelli di PTH. La dose massima raggiunta era 60 mg/die in 3 pazienti. A 15 giorni dall inizio del trattamento si osservava una significativa caduta della calcemia (-11%), che tornava a livelli simili al basale al 30 giorno e si manteneva stabile nel tempo. La fosforemia scendeva significativamente (pz a target 60% a 6mesi, 83% a 12 mesi, 60% a 18 mesi). La percentuale di pazienti a target per il prodotto Ca x P passava dal 44% (basale) all 80% al primo mese, e si manteneva stabile nel follow-up (83% a 18 mesi). I valori di PTH scendevano in media del 47% già a 15 giorni (59% a 1 mese,71% a 6 mesi, 64% a 12 mesi e 57% a 18 mesi) e la percentuale di pazienti a target era 18% al primo mese, saliva al 33% a 12 mesi, per poi attestarsi attorno al 50% nel successivo follow-up. 17

19 Percentuale di pazienti a target per PTH 100 % pazienti PTH<300 PTH< giorni 1 mese 3 mesi 6 mesi 12 mesi 18 mesi Nessun paziente è andato incontro a paratiroidectomia. Conclusioni: L uso di cinacalcet in una popolazione di pazienti in PD con grave iperparatiroidismo si è associato a un importante caduta dei valori di PTH e a un miglior controllo dei target Ca, P e CaxP rispetto alla terapia tradizionale, anche dopo un periodo d uso prolungato. Una eccessiva caduta dei valori di PTH andrebbe osservata con attenzione per prevenire il rischio di osteopatia adinamica, frequente nei pazienti in PD. EFFICACIA DELLA DIALISI PERITONEALE CON ICODESTRINA NEL TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE DELLO SCOMPENSO CARDIACO CONGESTIZIO REFRATTARIO F. Cazzato, D. Chimienti, A. Bruno, S. Cocola, P. Libutti, C. Basile Unità Operativa Complessa di Nefrologia e Dialisi, Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale F. Miulli, Acquaviva delle Fonti, Bari Premessa: Lo scompenso cardiaco congestizio (SCC) refrattario è gravato da elevata morbidità e mortalità. Scopo del presente studio è riportare la nostra esperienza nel trattamento a lungo termine dello SCC refrattario (classe NYHA IV) mediante dialisi peritoneale (DP). Pazienti e metodi: Dal gennaio 2004 sono stati arruolati nel programma 5 pazienti. E stato escluso dallo studio un paziente che presentava un follow-up di soli 3 mesi. I 4 pazienti erano maschi, con età media di (deviazione standard) anni, con diverso grado di insufficienza renale cronica. Dopo ultrafiltrazione (UF) extracorporea e/o sedute emodialitiche di salvataggio, fu avviato un trattamento a lungo termine di DP intermittente: monoscambio notturno con Icodestrina (ICO) in 3 pazienti e doppio scambio (ICO + soluzione isotonica di destrosio) in 1 paziente. Sono stati monitorati (a 0, 3, 6, 12, 18, 24, 30, 36 e 43 mesi) funzione renale, diuresi delle 24 ore, peso corporeo, UF peritoneodialitica, evoluzione della classe NYHA ed episodi peritonitici. Sono state prese in considerazione le giornate di ospedalizzazione per problematiche cardiologiche nei 12 mesi precedenti l ingresso in DP e nei mesi successivi all inizio della DP. Risultati: Il follow-up dello studio è stato di mesi. Dopo stabilizzazione con la DP, in tutti i pazienti vi fu un incremento statisticamente significativo della diuresi (da a ml/die, p < 0.003) ed una riduzione non significativa della creatininemia (da to mg/dl). Il calo ponderale fu statisticamente significativo ( kg, p < 0.007). Tutti i pazienti evidenziarono un miglioramento statisticamente significativo delle classi NYHA (da a , p < 0.01). Tre pazienti non ebbero alcuna ospedalizzazione per problematiche cardiologiche nel periodo di follow-up in DP; normalizzando questo dato in termini di giorni di ospedalizzazione/mese, la differenza tra i 12 mesi che precedettero l inizio della DP ed il periodo di follow-up in DP fu statisticamente significativa ( vs giorni, p < 0.04). Nessun episodio peritonitico fu rilevato nel follow-up in DP. Tre pazienti sono deceduti rispettivamente dopo 11, 13 e 43 mesi di trattamento: 2 per morte improvvisa ed 1 per cachessia neoplastica. Nessuna delle morti è attribuibile a complicanze legate alla DP. 18

20 Conclusioni: La DP con le soluzioni di ICO può essere proposta come modalità di trattamento a lungo termine dello SCC refrattario. Essa permette un miglioramento nella qualità, se non nella quantità di vita. Inoltre, le ospedalizzazione per problematiche cardiologiche si ridussero in maniera straordinaria. Trials controllati e randomizzati sono necessari per confermare l evidenza sinora basata su case reports. UN CASO CLINICO DI CALCIFILASSI IN PAZIENTE IN DIALISI PERITONEALE. RUOLO DELL INFIAMMAZIONE. E. Valicenti, V. Martella, R. Russo, R. Corciulo U.O. di Nefrologia, Azienda Policlinico di Bari Introduzione: La vasculopatia calcificante è una frequente complicanza nel paziente dializzato e si caratterizza per la deposizione di sali di calcio all interno della parete vascolare delle piccole arterie e arteriole. Questa complicanza è gravata da elevata morbilità e mortalità per complicanze cardiovascolari. In questo studio riportiamo un caso clinico di calcifilassi in una paziente con evidenti segni di infiammazione cronica. Caso clinico: Paziente di razza caucasica, ipertesa, obesa, insufficienza renale cronica dall età di 53 anni. A 60 anni avvio alla CAPD. A 65 anni episodio di dermatite bollosa con comparsa di pseudoporfiria da rilascio di plastificanti (ftalati) risoltosi con l utilizzo di sacche per dialisi peritoneali non contenenti PVC. Durante il trattamento peritoneo dialitico cinque episodi di peritonite. Dopo 9 anni di CAPD passaggio all emodialisi per deficit dell ultrafiltrazione. A un mese dalla sospensione della CAPD comparsa di sintomi di sub-occlusione intestinale, con aumento di volume dell addome e ascite emorragica. L esecuzione di una TAC evidenzia i segni di una peritonite sclerosante e pertanto viene sottoposto a terapia con steroidi e azatioprina. A dieci mesi dalla sospensione della CAPD comparsa di lesioni ischemiche acrali bilaterali, dolenti agli arti superiori ed inferiori tendenti all ulcerazione. L Rx delle mani evidenzia calcificazioni vascolari diffuse. Alla biopsia cutanea: calcificazioni a manicotto delle pareti delle piccole arterie e arteriole associate a una proliferazione fibrosa intimale con occlusione del lume di alcune vasi. I valori ematochimici evidenziano fosforemia 7mg/dl, Ca P 72, PTH 40,4 pg/ml, albuminemia 2mg/dl, PCR 11mg/dl (v.n ), Fetuin-A 0,26g/l (v.n ). Dopo 16 mesi dal trasferimento in emodialisi si verifica il decesso della paziente per infarto del miocardio. Discussione: I fattori predisponesti le calcificazioni vascolari, nell insufficienza renale cronica, sono legati ai disordini minerali del metabolismo osseo. Tra questi l iperparatiroidismo secondario, l iperfosforemia, l impiego di analoghi della Vit.D e di supplementi di calcio. Altri fattori sono il sesso femminile, la malnutrizione e l ipoalbuminemia. Un ruolo di rilievo nella patogenesi della vasculopatia calcificante è determinato dall infiammazione, che determina un aumento delle proteine della fase acuta : PCR, amiloide di tipo A, fibrinogeno e una riduzione di albumina, transferrina e fetuin A. Quest ultima è un fattore circolante in grado di inibire in vivo i processi di calcificazione. Conclusioni: Il caso clinico riportato, si caratterizza per l associazione tra stato infiammatorio cronico secondario alla peritonite sclerosante e l insorgenza di calcificassi, nella cui patogenesi svolgono un ruolo significativo i bassi livelli di fetuina. LA DIALISI PERITONEALE NEI PAZIENTI UREMICI CON INFEZIONE HIV. FOLLOW-UP DI UNA POPOLAZIONE C. Cherubini, M. E. Militello, P. Arienzo, G. Noto, S. Di Giulio U.O.S. Nefrologia e Dialisi nelle Malattie Infettive, I.N.M.I. Lazzaro Spallanzani, A.O. S. Camillo, Forlanini, Roma Introduzione: Il notevole miglioramento dell aspettativa di vita dei pazienti HIV positivi, ha comportato un progressivo incremento del numero dei pazienti affetti da tale patologia che sviluppano un insufficienza renale cronica e devono entrare in un programma di trattamento sostitutivo. 19

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