12 Circa i diversi aspetti problematici della questione si veda G. ZAGREBELSKY, La tutela d urgenza, in L.

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1 Procreazione medicalmente assistita: la parola di nuovo alla Corte (brevi riflessioni a margine dell ordinanza 26 agosto 2008 del Tribunale di Firenze) 1. Con l ordinanza in commento 1 il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell art. 14, commi 2, 3 e 4, e dell art. 6, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita». Nel caso di specie una coppia infertile 2, in cui l aspirante padre risulta affetto da una grave malattia geneticamente trasmissibile 3, si rivolge ad un centro medico al fine di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita 4. Il suddetto centro accetta la richiesta dei coniugi di avviare una procedura di fecondazione in vitro e di effettuare la diagnosi genetica di preimpianto sugli embrioni creati, allo scopo di verificare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche legate alla trasmissione della patologia genetica. La direttrice del centro medico, premessa la legittimità di tale richiesta 5, si trova ad opporre, tuttavia, la sussistenza di divieti ed obblighi che, di fatto, impediscono l applicazione delle migliori pratiche mediche al particolare caso dei ricorrenti. Più specificamente, il protocollo medico preferibile, esigendo la produzione di più di tre embrioni e la crioconservazione di quelli non utilizzati per il primo impianto, verrebbe inibito dai divieti sanciti dalla legge n. 40 del L art. 14, comma 2, infatti, proibisce la produzione di «un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»; l art. 14, comma 1, vieta la crioconservazione di embrioni, ed, infine, l art. 6, comma 3, prevede l irrevocabilità del consenso in un momento successivo alla fecondazione dell ovulo. A fronte dei pericoli che la rigida applicazione della legge comporterebbe per la salute dell aspirante madre 6, la coppia ricorre ex art. 700 c.p.c., chiedendo, in via principale, sul 1 Tribunale di Firenze, ord agosto 2008, in G. U.,1ª Serie Speciale, n. 50 del 3 dicembre Ai sensi delle nuove «Linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita», emanate con decreto 11 aprile 2008 del Ministro della Salute, in G.U., Serie Generale, n. 101 del 30 aprile 2008, «una coppia è considerata infertile quando non è stata in grado di concepire e di procreare un bambino dopo un anno o più di rapporti sessuali non protetti, mentre è sterile la coppia nella quale uno o entrambi i coniugi sono affetti da una condizione fisica permanente che non rende possibile la procreazione». Ai fini delle Linee guida i due termini, infertilità e sterilità, sono usati come sinonimi. 3 L uomo, infatti, è affetto da retinoblastoma bilaterale, malattia che può essere trasmessa dai genitori ai figli con una probabilità del 50%. 4 Di seguito PMA 5 Il T.A.R. Lazio, sez. III-quater, con la sentenza 21 gennaio 2008, n. 398, in Foro it., 2008, 207 ss. ha dichiarato illegittime per violazione del principio di legalità le precedenti Linee guida ministeriali nella parte in cui consentivano la sola diagnosi osservazionale. Anche sulla scorta di tale pronuncia, le nuove Linee guida ministeriali non contemplano più predetta limitazione, consentendo, quindi, la diagnosi genetica di preimpianto sugli embrioni. 6 Tali pericoli, secondo il Giudice, emergono dalla documentazione medica prodotta dai ricorrenti, per cui «l obbligo previsto dalla legge 40/2004 di produrre al massimo tre embrioni sia nei casi di patologie genetiche con elevato grado di trasmissibilità (es. il 50% come per il retinoblastoma) sia per garantire il più possibile la futura gravidanza si risolve in una prassi inadeguata e si sostanzia in un comportamento inumano per le conseguenze che ne derivano sul piano psicologico e fisico per la madre e per il nascituro; [e] tale impatto e tali danni vengono ulteriormente amplificati dal 1

2 presupposto dell accertata legittimità della diagnosi genetica di preimpianto dell embrione, di accedere ad una lettura costituzionalmente orientata degli artt. 6, comma 3, e 14, commi 1, 2 e 3, della legge n. 40 del 2004, in forza della quale il Giudice ordini al centro medico di eseguire la fecondazione in vitro secondo le migliori e accertate pratiche mediche, trasferendo nell utero dell aspirante madre «gli embrioni creati in base alle direttive della paziente stessa ed applicando le procedure dettate dalla scienza medica per assicurare il miglior successo della tecnica in considerazione dell età e dello stato di salute della paziente, considerato anche il rischio di gravidanze plurigemellari pericolose, provvedendo altresì a crioconservare per un futuro impianto gli embrioni risultati idonei e che non sia possibile trasferire immediatamente» 7. Il Giudice rigetta la domanda avanzata in via principale dai ricorrenti, ritenendo che non si possa accedere alla lettura costituzionalmente orientata da questi proposta. La disciplina della fecondazione assistita appare, infatti, fortemente caratterizzata dalla necessità di tutelare i diritti di «tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito»; inoltre «il dato normativo, munito di severe sanzioni penali (art. 14, commi 6 e 7) è da considerarsi rigido», di modo che non sembra potersi configurare alcun espresso potere derogatorio al protocollo medico così come codificato dalla legge. Secondo un interpretazione non solo teleologica, ma anche logica e letterale, dunque, il Tribunale di Firenze ritiene che non si possa in alcun modo addivenire ad un interpretazione conforme ai precetti costituzionali, dovendo «ogni diversa lettura [ ] ritenersi effettuata contra legem» 8. dovere di trasferire tutti gli embrioni prodotti senza alcuna valutazione medica e relativa alla integrità psico-fisica dei soggetti coinvolti (ad es. gravidanze trigemine terminate con la morte o la nascita prematura dei nascituri e con gravi rischi di vita della madre); [ ] in casi del genere, tentare di produrre un numero inferiore potrebbe condurre solo a risultati negativi con gravissimo nocumento per la donna che dovrebbe sottoporsi a ripetuti cicli di stimolazione ormonale e successivamente a vivere il tragico evento dell aborto spontaneo con successivo intervento di raschiamento o di aspirazione, ovviamente con un rilevante impatto fisico e psicologico». 7 Una simile lettura troverebbe fondamento, secondo i ricorrenti, nel richiamo, operato dall art. 14, comma 2, della legge n. 40 del 2004 all «evoluzione tecnico-scientifica» e al periodico aggiornamento, alla luce di questa, delle Linee guida ministeriali. Tale riferimento «suggerirebbe la possibilità di liberare il medico dal vincolo della cura eguale per tutti indipendentemente dalla loro condizione», pertanto «la lettura corretta della norma sarebbe quella in base alla quale il medico, secondo le proprie conoscenze mediche, applicando le migliori e più appropriate tecniche, dovrà creare il numero di embrioni necessario per le esigenze concrete della paziente». L interpretazione rigida dell art. 14, commi 1 e 3, potrebbe essere evitata poi, a parere dei ricorrenti, «per il tramite del riferimento alla legge 194/1978, dal bilanciamento degli interessi e dei diritti dei soggetti coinvolti previsti in tale ultima legge, secondo cui non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia di chi persona deve ancora diventare (così Corte cost., , n. 27, confermata nel suo impianto da Corte cost., , n. 35)». Infine «la lettura costituzionalmente orientata dell art. 6, comma 3, della legge 40/2004 [ ] deriverebbe sia dai principi fondamentali previsti dall art. 32 della Costituzione (che riconosce il diritto incondizionato di ogni cittadino di poter rifiutare le cure mediche non volute, salvo i casi previsti per i trattamenti sanitari obbligatori, e sempre che non siano contrari alla dignità umana), sia dalla contemporanea lettura dell art. 6 (comma 4), laddove si prevede che il medico possa interrompere la procedura qualora insorgano ragioni di ordine medico-sanitario (attinenti anche a rischi e pericoli per la futura madre e non solo a problemi di carattere organizzativo, ecc.)». 8 Correttamente, dunque, il Giudice verifica se, applicando i canoni ermeneutici prescritti dall art. 12 delle preleggi, sia possibile addivenire ad un interpretazione c.d. adeguatrice, traendo dalle disposizioni di cui agli artt. 14, commi 1, 2 e 3, e 6, comma 3, della legge n. 40 del 2004 delle norme compatibili con i precetti costituzionali. Siffatta operazione è 2

3 Pertanto, accogliendo in parte la richiesta avanzata dai ricorrenti in via subordinata, il Giudice solleva questione di legittimità costituzionale dell art. 14, commi 2, 3 e 4, e dell art. 6, comma 3, per violazione degli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost.. 2. Circa l ammissibilità delle questioni pare possano ravvisarsi almeno due profili problematici. Il primo concerne la possibilità che le questioni di legittimità costituzionale, così come proposte, vengano dichiarate inammissibili a norma dell art. 28 della legge n. 87 del , comportando una «valutazione di natura politica» o un «sindacato sull uso del potere discrezionale del Parlamento». Il problema, a parere di chi scrive, sembra potersi superare senza particolari difficoltà. Un eventuale pronuncia della Corte nel merito, infatti, non invaderebbe l ambito di discrezionalità riservato al legislatore. La scelta, di natura politica, circa i principi ispiratori della disciplina italiana della PMA, per cui l embrione fin dal momento del concepimento è soggetto di diritto e come tale merita tutela 10, è stata legittimamente posta dal Parlamento nell esercizio delle proprie funzioni (sul punto si tornerà meglio infra, par. 3) e, come tale, è certamente esclusa dal sindacato della Corte. Se, tuttavia, la finalità perseguita dalla legge rientra nella «sfera di autonoma determinazione politica del legislatore, non pregiudicata dal diritto costituzionale» 11, deve comunque verificarsi che di tale potere discrezionale sia stato fatto un uso costituzionalmente corretto, ovvero che il Parlamento, a fronte della predetta opzione, abbia poi operato un ragionevole bilanciamento della pluralità di diritti e interessi costituzionali coinvolti nella materia e tra loro confliggenti, il che prescritta da un ormai consolidata giurisprudenza costituzionale, tra cui, ad esempio, Corte cost., sent. 27 ottobre 2006, n. 343, in Giur. cost. 2006, pt cons. dir., 3416, secondo la quale «il giudice [ ] ha il dovere di adottare, tra più possibili interpretazioni di una disposizione, quella idonea a fugare ogni dubbio di legittimità costituzionale, dovendo sollevare la questione di legittimità costituzionale solo quando la lettera della norma sia tale da precludere ogni possibilità ermeneutica idonea a offrirne una lettura conforme a Costituzione». A parere di chi scrive deve apprezzarsi l iter argomentativo seguito dal Tribunale di Firenze, che, esaminata la lettera e la ratio delle sopra citate disposizioni anche alla luce dei lavori preparatori della legge, conclude affermando l impossibilità di pervenire ad una lettura costituzionalmente orientata, apparendo il dato normativo come «inequivocabile». Diversamente, sempre in tema di PMA, in due recenti pronunce di merito, Tribunale di Cagliari, sent. 24 settembre 2007, e Tribunale di Firenze, ord. 17 dicembre 2007, in Giur. cost., 2007, 579 ss., lo strumento dell interpretazione conforme è stato erroneamente utilizzato al fine di superare i dubbi di costituzionalità posti dalla legge n. 40 del 2004 in ordine al divieto di diagnosi di preimpianto, in palese contrasto con la lettera e la ratio della legge stessa. Sul punto si veda I. PELLIZZONE, Fecondazione assistita e interpretazione costituzionalmente conforme. Quando il fine non giustifica i mezzi, in Giur. cost., 2007, 595. Più in generale, sul tema dell interpretazione conforme, si vedano, da ultimo, G. SORRENTI, L interpretazione conforme a costituzione, Milano, 2006; R. ROMBOLI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in R. ROMBOLI (a cura di) Aggiornamenti in tema di processo costituzionale ( ), Torino, 2005, Legge 11 marzo 1953, n. 87 recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale». 10 L art. 1 della legge n. 40 del 2004 recita, infatti, che la «presente legge [ ] assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito». M. OLIVETTI, Una disciplina che va nella giusta direzione, in Guida al diritto, n. 3, 2004, 51, conferma la scelta di riconoscere il concepito come «forma di vita umana, provvista come tale se non di un diritto alla vita pieno e perfetto, quantomeno di una dignitas che lo differenzia dalla res e ne impedisce pertanto la reificazione, ovvero l uso come mero strumento e non come fine». 11 G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna, 1988,

4 implica, necessariamente, il vaglio del Giudice costituzionale circa la razionalità delle scelte legislative. Un secondo problema, forse di più difficile soluzione, riguarda l ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate durante un procedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. 12. A parere di alcuni 13, infatti, l urgenza - tratto qualificante di tali procedure, il cui presupposto è la sussistenza del periculum in mora - sarebbe incompatibile con l incidente di costituzionalità. Inoltre in questo, come in altri analoghi casi, l irreversibilità delle decisioni assunte in sede cautelare potrebbe indurre la Corte a rilevare un eventuale vizio di rilevanza 14. Sul punto il Tribunale di Firenze argomenta ritenendo che il giudice della cautela ante causam abbia i requisiti per poter essere considerato giudice a quo, sia poiché «sovrintende ad una fase in cui deve avere pieno rispetto il principio del contraddittorio», sia «in quanto anche per il giudice della cautela la disapplicazione di norme sospette di illegittimità costituzionale [ ] richiede pur sempre, nel nostro assetto costituzionale, l intervento del giudice controllore della legittimità costituzionale». Contestualmente il Tribunale afferma di non poter accogliere, seppure temporaneamente, la pretesa dei ricorrenti, considerato che con l emanazione del provvedimento cautelare lo stesso organo verrebbe «a spogliarsi di ogni potere in ordine alla pretesa dedotta nel procedimento» e che «l immediata temporanea disapplicazione di una norma ritenuta costituzionalmente illegittima verrebbe, per i suoi effetti, a creare un vero e proprio vulnus nell ambito del principio di separazione fra i poteri dello Stato». In realtà, è lo stesso operato del Giudice a fugare i dubbi circa l ammissibilità delle questioni. Questi, infatti, promuovendo l incidente di costituzionalità in sede cautelare senza, tuttavia, pronunciarsi sulla relativa istanza non vede esaurita la propria potestas iudicandi in ordine al procedimento de quo. Le questioni rimangono, pertanto, rilevanti poiché il giudice a quo in sede di emanazione del provvedimento d urgenza potrà avvalersi della nuova situazione normativa ipotizzata dopo l eventuale dichiarazione di incostituzionalità 15. Se così non fosse, d altra parte, si dovrebbe ammettere l inevitabile irrilevanza di tutta una serie di questioni aventi ad oggetto norme che riconoscono o limitano l esercizio di specifici diritti «entro un determinato arco temporale» 16. È innegabile, infatti, che la tutela dei diritti il cui esercizio è 12 Circa i diversi aspetti problematici della questione si veda G. ZAGREBELSKY, La tutela d urgenza, in L. CARLASSARE (a cura di), Le garanzie giurisdizionali dei diritti fondamentali, Padova, 1988, 27 ss. 13 C. CASINI M. CASINI, Un significativo consolidamento della legge n. 40 del 2004, in Giur. cost. 2006, M. D AMICO, Il giudice costituzionale e l alibi del processo, in Giur. cost. 2006, Sul punto si vedano Corte cost., sent. 12 ottobre 1990, n. 444, in Giur. cost. 1990, 2647 e sent. 27 gennaio 1995, n. 30, in Giur. cost. 1995, 331, nonché A. CERRI, Corso di giustizia costituzionale, Milano, 2008, 155 ss. 16 R. ROMBOLI, Il giudizio di costituzionalità delle leggi in via incidentale, in R. ROMBOLI (a cura di) Aggiornamenti in tema di processo costituzionale ( ), Torino, 2002, 62 parla, in proposito, di «istituzionale irrilevanza», portando ad esempio l interruzione volontaria di gravidanza a cui si può accedere, in presenza di certe condizioni, solo entro i primi novanta giorni. 4

5 temporalmente necessitato potrebbe conseguirsi efficacemente solo con l esperimento di un procedimento cautelare e che, quindi, escludere automaticamente l ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in sede cautelare, creando delle zone franche dal controllo di costituzionalità, implicherebbe un inaccettabile violazione di tali diritti Una volta superati i dubbi relativi all ammissibilità delle questioni sollevate dal Tribunale di Firenze, se ne deve analizzare il merito. In materia di PMA v è un unico, discusso, precedente, costituito dall ordinanza n. 369 del In quelle circostanze l operato della Corte, che aveva dichiarato la manifesta inammissibilità della questione sollevata relativamente all art. 13 della legge n. 40 del , suscitò non poche perplessità, tanto che molti commentatori rilevarono come il Giudice costituzionale avesse «deciso di non decidere» 20. Non sembra, tuttavia, che in questo caso la Corte possa esimersi dal pronunciarsi nel merito. È noto, infatti, come il legislatore del 2004, sul presupposto che l embrione sia vita umana 21, abbia fatto della prevalente tutela del concepito la ratio ispiratrice della disciplina in tema di PMA 22. Ora, la scelta di tutelare il nascituro quale soggetto portatore di diritti 23, pur dando veste giuridica ad un principio eticamente e ideologicamente orientato, rientra, come detto, nell ambito di 17 Sul tema si veda R. BALDUZZI P. COSTANZO (a cura di), Le zone d ombra della giustizia costituzionale. I giudizi sulle leggi, Torino, 2007 ed, in particolare, il contributo di G. CAMPANELLI, Dinamica processuale ed effetti delle pronunce, 204 ss. 18 Corte cost., ord. 9 novembre 2006, n. 369, in Giur. cost. 2006, La Corte individuò la ragione di inammissibilità nell «evidente [ ] contraddizione in cui il Tribunale incorre nel sollevare una questione volta alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di una specifica disposizione nella parte relativa ad una norma (il divieto di sottoporre l embrione, prima dell impianto, a diagnosi per l accertamento di eventuali patologie) che, secondo l impostazione della stessa ordinanza di rimessione, sarebbe però desumibile anche da altri articoli della stessa legge, non impugnati, nonché dall interpretazione dell intero testo legislativo alla luce dei suoi criteri ispiratori». 20 All espressione ricorrono gran parte dei commentatori, come, ad esempio, C. TRIPODINA, Decisioni giurisprudenziali e decisioni politiche nell interpretazione del diritto alla vita (riflessioni a margine dell ordinanza della Corte costituzionale n. 369 del 2006), in Giur. cost. 2006, 3857, che rileva come il vizio processuale addotto dalla Corte rappresenti, in realtà, un espediente per evitare di affrontare nel merito la questione; in senso analogo A. CELOTTO, La Corte costituzionale «decide di non decidere» sulla procreazione medicalmente assistita, in Giur. cost. 2006, 3846 ss. e M. D AMICO, Il giudice costituzionale e l alibi del processo, cit., 3859 ss.. Ancora A. MORELLI, Fecondazione assistita: quando la Corte decide di non decidere, in Quad. cost., n. 1, 2007, 154 ss, osserva che dietro il ricorso della Corte ad un espediente processuale «si scorge, in definitiva, la volontà di non entrare nel merito di una questione particolarmente sentita dalla società civile e sulla quale sarebbe risultato estremamente difficile assumere una decisione non controversa». 21 G. RAZZANO, La legge sulla procreazione assistita: perché sì, in Quad. cost., n. 2, 2004, M. MANETTI, La questione dell embrione nel quadro dei principi costituzionali, in per cui «La vigente disciplina della procreazione medicalmente assistita presuppone invero che l embrione sia titolare del diritto alla vita, cui assicura una garanzia prevalente sulle situazioni soggettive, pure dotate di garanzia costituzionale, di cui sono titolari i numerosi soggetti interessati alla p.m.a.». 23 Sul punto si veda la Relazione di maggioranza C. 47 A della XII Commissione permanente (Affari sociali), da cui risulta chiaramente l intenzione di «riconoscere al concepito tre diritti fondamentali: il diritto alla vita; il diritto alla famiglia, il diritto alla propria identità genetica ed affettiva». 5

6 discrezionalità politica del legislatore e non sembra porsi in contrasto con la Costituzione. La stessa Corte, infatti, con la sentenza n. 27 del , ravvisò il fondamento costituzionale della tutela del nascituro nel combinato disposto degli artt. 31 e 2 Cost. e riconfermò, successivamente, tale assunto, riconoscendo rango di valore supremo al diritto alla vita nella sua estensione più lata 25. La legge n. 40 del 2004, tuttavia, muovendo da tale presupposto, finisce per «porre l embrione sin dal momento del concepimento sul medesimo piano, e non di rado su un piano superiore, rispetto agli altri soggetti coinvolti nelle pratiche di P.m.a.» 26. Sono emblematici, in tal senso, il divieto di revoca del consenso all impianto dell embrione dopo la fecondazione dell ovulo posto dall art. 6, comma 3, e l obbligo di contemporaneo impianto di non più di tre embrioni di cui all art. 14, comma 2: laddove si configuri un conflitto tra il diritto alla vita del concepito e i diritti, anch essi di rango costituzionale, alla salute e all autodeterminazione dell aspirante madre, al primo viene garantita una «protezione assoluta, sottratta a qualsiasi bilanciamento» 27, i secondi, invece, vengono totalmente sacrificati. In altre parole la disciplina dettata dal legislatore del 2004 «gerarchizza valori e interessi più che bilanciarli» 28. La Costituzione, però, nel garantire diritti e interessi tra loro astrattamente confliggenti, non li costringe in un rigido inquadramento gerarchico 29, ma impone, anzi, il loro equo contemperamento attraverso il ricorso alla tecnica del bilanciamento 30, la quale, com è noto, nega la possibilità che a 24 Corte cost., sent. 18 febbraio 1975, n. 27, in Giur. cost. 1975, Il riferimento è a Corte cost., sent. 10 febbraio 1997, n. 35, in Giur. cost. 1997, 281, con cui la Corte dichiarò l inammissibilità della richiesta di referendum popolare per l abrogazione della legge 22 maggio 1978, n. 194 recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza». In quell occasione la Corte sostenne che la tutela della vita umana sin dal suo inizio avesse «conseguito nel corso degli anni sempre maggiore riconoscimento, anche sul piano internazionale e mondiale» e che si fosse pure «rafforzata la concezione, insita nella Costituzione italiana, in particolare nell'art. 2, secondo la quale il diritto alla vita, inteso nella sua estensione più lata, sia da iscriversi tra i diritti inviolabili, e cioè tra quei diritti che occupano nell'ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono - per usare l'espressione della sentenza n del 1988 all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana». 26 C. TRIPODINA, Studio sui profili di incostituzionalità della legge n. 40 del 2004 recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita», in Dir. pubbl., n. 2, 2004, E. DOLCINI, La legge sulla procreazione assistita: quali prospettive dopo il referendum del 12 giugno 2005?, in Dir. pen. proc., n. 1, 2006, 103. Similmente C. CASONATO, Legge 40 e principio di non contraddizione: una valutazione d impatto normativo della disciplina sulla procreazione medicalmente assistita, in parla di «tutela pressoché assoluta riconosciuta all embrione». 28 L. VIOLINI, Tra scienza e diritto: i nodi irrisolti della fecondazione medicalmente assistita, in N. ZANON A. CELOTTO (a cura di), La procreazione medicalmente assistita, Milano, 2004, P. VERONESI, La legge sulla procreazione assistita alla prova dei giudici e della Corte costituzionale, in Quad. cost., n. 3, 2004, 526, per cui «Ragionando di diritti che vengono in gioco nelle diverse fattispecie relative alla procreazione assistita [ ] non si possono predisporre gerarchie e classificazioni immobili. Nessuna gerarchia è infatti tratteggiata in Costituzione». 30 Tale metodo comporta la valutazione delle modalità per mezzo delle quali la garanzia di un diritto comprima la tutela di un altro, curando che nessuno degli interessi in gioco venga totalmente sacrificato, che il sacrificio sia comunque proporzionato, che vengano preferite le soluzioni meno costose in termini di limitazione del diritto compresso, che il sacrificio comunque non incida il contenuto essenziale o minimo del diritto in questione. J. LUTHER, voce Ragionevolezza (delle leggi), in Dig. disc. pubbl., Torino, 1997, ; A CERRI, voce Ragionevolezza della leggi, in Enc. giur., 10-11,

7 fronte della prevalente tutela di un diritto possa giungersi al totale sacrificio dell interesse o degli interessi ad esso contrapposti 31. La finalità perseguita dal legislatore, dunque, nella misura in cui implicherebbe il riconoscimento di uno statuto giuridico del nascituro e la configurazione delle relative garanzie, non potrebbe però comportarne la tutela incondizionata 32. Sebbene la Corte, fin dalla sentenza n. 27 del 1975, abbia ricondotto la tutela del concepito all art. 2 Cost., che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell uomo, non può tuttavia trascurarsi che, secondo il Giudice costituzionale, tale situazione giuridica vi si colloca «sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie» 33. Al nascituro non potrebbe, cioè, riconoscersi uno status identico a quello della persona, perché, usando le parole della Corte, «non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell embrione che persona deve ancora diventare». In tema di PMA, dunque, avrebbe dovuto trovare applicazione il bilanciamento dei diritti individuato prima nella giurisprudenza costituzionale e quindi attuato dal legislatore in materia di interruzione volontaria di gravidanza 34, per cui nel caso di conflitto tra gli interessi costituzionalmente rilevanti del concepito e dell aspirante madre «la legge non [potrebbe] dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai secondi adeguata protezione» Quanto alle singole questioni di legittimità costituzionale devono farsi alcune osservazioni. In primo luogo il Tribunale di Firenze ha sollevato questione dell art. 14, comma 2, che proibisce la creazione di «un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un Più in generale, in tema di bilanciamento, si veda R. BIN, Diritti e Argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Milano, Assai significativa, sul punto, è la giurisprudenza costituzionale in tema di tutela giurisdizionale, per cui si veda, in particolare, Corte cost., sent. 22 febbraio 1990, n. 67, in Giur. cost. 1990, A. SANTOSUOSSO, Per ricorrere al soccorso della tecnologia basta la sola certificazione di sterilità, in Guida al diritto, n. 3, 2004, 30, per cui «dire che, nella procreazione assistita, il concepito ha parità di diritti, se, per un verso, rafforza la sua posizione giuridica, per altro verso esclude che abbia più diritti degli altri». 33 Corte cost., sent. 18 febbraio 1975, n. 27, cit., La legge 22 maggio 1978, n. 194 recante «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza» ammette, all art. 4, l interruzione volontaria di gravidanza entro i primi novanta giorni nel caso in cui «la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito». L art. 6 prevede, inoltre, che l'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, possa essere praticata: «a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna». 35 Corte cost., sent. 18 febbraio 1975, n. 27, cit., 119. Sulla possibilità di estendere l applicazione del principio elaborato per la risoluzione dei conflitti tra gli interessi costituzionalmente rilevanti di donna e feto in materia di aborto agli eventuali conflitti configurabili durante le procedure di PMA tra i diritti dell embrione e quelli dell aspirante madre si veda C. TRIPODINA, Decisioni giurisprudenziali e decisioni politiche nell interpretazione del diritto alla vita, cit.,

8 unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre». Il divieto, volto ad evitare che si compiano tecniche di crioconservazione e di soppressione degli embrioni, si caratterizzerebbe, a parere del giudice a quo, per un eccessiva rigidità. Il numero di tre embrioni da un lato, infatti, potrebbe risultare insufficiente per le donne che versino in gravi condizioni di sterilità o infertilità, le quali verrebbero costrette alla reiterata sottoposizione a cicli di stimolazione ovarica, invasivi e pericolosi, dall altro potrebbe rivelarsi problematico per eccesso, poiché, specialmente nelle donne in giovane età, potrebbe dare luogo a gravidanze plurigemellari. In entrambi i casi la necessità di osservare il dato normativo, senza che valutazioni di ordine medico circa lo stato delle singole pazienti 36 possano incidere concretamente sulla determinazione del numero di embrioni da trasferire, porterebbe al configurarsi di seri pericoli per la salute fisica e psichica delle donne che si sottopongono a procedimenti di PMA. Per tali motivi la norma appare in contrasto con gli artt. 2, 3 e 32 Cost. 37. Nel valutare la fondatezza della questione la Corte sarà chiamata a sciogliere, preliminarmente, un nodo problematico, ovvero quello relativo alla configurabilità delle tecniche di PMA quali cure ai sensi dell art. 32 Cost.. I lavori parlamentari 38 e parte della dottrina 39 sembrano deporre in senso contrario, tuttavia il tenore letterale della legge stessa pare avvalorare la qualificazione delle tecniche di PMA quali «metodi terapeutici» 40, per cui l accesso a tali procedure, consentendo il superamento di condizioni patologiche - di sterilità o infertilità, costituirebbe il legittimo esercizio del diritto fondamentale alla salute 41. L affermazione per cui le pratiche di PMA costituirebbero rimedi terapeutici implica, però, che, in ossequio all art. 32 Cost., i medici debbano applicare alle coppie che vi si sottopongano i 36 in relazione, ad esempio, all età dell aspirante madre. 37 La norma viene censurata di illegittimità costituzionale poiché «determina la reiterata sottoposizione della donna a trattamenti che, in quanto invasivi e a basso tasso di efficacia, sono lesivi del principio di rispetto della dignità umana, in spregio a quanto previsto dall art. 2 Cost.; ingenera disparità di trattamento fra situazioni che eguali fra loro non sono e richiedono trattamenti differenziati, in violazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all art. 3 Cost.; vìola il diritto fondamentale alla salute solennemente proclamato dall art. 32 della Carta costituzionale, in quanto determina il forte rischio di reiterata sottoposizione della donna a trattamenti ad alto tasso di pericolosità per la sua salute fisica e psichica». 38 Nella Relazione di maggioranza C. 47 A della XII Commissione permanente (Affari sociali), si parla di «carattere non curativo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita» per cui «il diritto di accesso a tali tecniche» non potrebbe configurarsi «come rientrante nel diritto individuale alla salute». 39 C. CASINI - M. CASINI, Un significativo consolidamento della legge n. 40 del 2004, cit., L art. 1, comma 2, statuisce, infatti, che: «Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità» (corsivo dell A.). 41 Così M. MANETTI, La procreazione assistita tra ordinarietà ed emergenza, in R. BIN G. BRUNELLI A. GUAZZAROTTI A. PUGIOTTO P. VERONESI (a cura di) Dalla provetta alla Corte. La legge n. 40 del 2004 di nuovo a giudizio, Torino, 2008, 1, che aggiunge: «anche se la procreazione medicalmente assistita non fosse definibile come una terapia rispetto alla sterilità di coppia, essa sarebbe comunque giustificata in quanto trattamento medico diretto ad alleviare le gravi sofferenze che comporta per i mancati genitori l assenza di una progenie, oltre che come misura intesa a favorire la compiutezza della (o il diritto alla) famiglia nel senso fatto proprio dalla Costituzione. In ogni caso la Corte costituzionale ha dimostrato, sia rispetto alle cure termali (sentenza n. 559 del 1987) che rispetto al trattamento Di Bella (sentenza n. 185 del 1998) di considerare il termine terapia in senso relativamente elastico, in rapporto ai beni costituzionalmente rilevanti che ne siano implicati». 8

9 protocolli di cura più adeguati, tenuto conto delle loro specifiche condizioni di salute e realizzando, così, il diritto del malato «ad essere curato efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell'arte medica» 42. Così non è, stando a quanto stabilito dalla norma impugnata: è noto, infatti, come l efficacia delle terapie in questione venga seriamente compromessa dalle condizioni a cui la legge stessa le sottopone 43. A ciò si aggiunga che nei casi in cui le coppie sterili o infertili risultino anche portatrici di malattie geneticamente trasmissibili il protocollo prescritto dalla legge è tale da vanificare la buona riuscita delle tecniche di PMA, concretizzandosi, infine, in una sorta di rifiuto di cure 44. Ora, una questione di costituzionalità concernente una valutazione circa l idoneità del protocollo medico codificato dalla legge pone l ulteriore problema della sindacabilità da parte della Corte delle scelte discrezionali del legislatore in materia tecnico-scientifica. Il punto, però, non pare controverso. Il Giudice costituzionale, infatti, ha affermato con la sentenza n. 282 del 2002 che: «Salvo che entrino in gioco altri diritti o doveri costituzionali, non è, di norma, il legislatore a poter stabilire direttamente e specificamente quali siano le pratiche terapeutiche ammesse, con quali limiti e a quali condizioni» 45. Sarebbe, comunque, consentito dettare regole legislative volte a garantire la sicurezza di alcuni trattamenti, «ma un intervento sul merito delle scelte terapeutiche in relazione alla loro appropriatezza non potrebbe nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica dello stesso legislatore, bensì dovrebbe prevedere l elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sovranazionali - a ciò deputati, dato l essenziale rilievo che, a questi fini, rivestono gli organi tecnico-scientifici (cfr. sentenza n. 185 del 1998); o comunque dovrebbe costituire il risultato di una siffatta verifica» 46. La Corte ha, quindi, segnato un limite alle scelte discrezionali degli organi politici, in primis del Parlamento, in materia di terapie mediche, per cui la disciplina autoritativamente data in tema di cure non può fondarsi su valutazioni di carattere politico, ma deve necessariamente fare proprie le 42 Corte cost., sent. 26 giugno 2002, n. 282, in Giur. cost. 2002, La Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di procreazione medicalmente assistita (legge 19 febbraio 2004, n. 40, articolo 15) - anno 2007, in conferma, alla luce dell analisi dei dati statistici, l andamento negativo delle percentuali di gravidanze ottenute rispetto al numero di cicli di trattamento iniziati. 44 M. MANETTI, Profili di illegittimità costituzionale della legge sulla procreazione medicalmente assistita, in Pol. dir., n. 3, 2004, Corte cost., sent. 26 giugno 2002, n. 282, cit., pt. 4 cons. dir., 2024, (corsivo dell A.) che continua affermando: «Poiché la pratica dell'arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione, la regola di fondo in questa materia è costituita dalla autonomia e dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione». La decisione è stata, poi, ripresa in Corte cost., sent. 14 novembre 2003, n. 338, in Giur. cost. 2003, Corte cost., sent. 26 giugno 2002, n. 282, cit., pt. 5 cons. dir.,

10 indicazioni derivanti dalle acquisizioni scientifiche in materia, nel rispetto dell autonomia del medico 47. Il modello imposto dalla norma impugnata, tuttavia, non risponde alle caratteristiche di una vera e propria terapia, da declinarsi secondo le specifiche condizioni fisiche delle pazienti, ma fonda la propria ragion d essere in una scelta politica, quella volta a fissare il limite massimo di embrioni impiantabili nel numero di tre per evitarne la soppressione e la crioconservazione, dato il loro status di soggetti portatori di diritti. L accoglimento della questione di costituzionalità così come proposta dal Giudice di Firenze, allora, mutando il testo della norma nel senso di prescrivere la creazione di un numero di embrioni non superiore a quello strettamente necessario 48, riconsegnerebbe ai medici il compito di determinare il protocollo terapeutico più adeguato al caso concreto, nel rispetto, quindi, di quella riserva di sapere scientifico che, ai sensi dell art. 32 Cost., dovrebbe caratterizzare la materia dei trattamenti sanitari. 5. Sono state sollevate, inoltre, le questioni di legittimità costituzionale dell art. 14, comma 3, che impone l obbligo di impianto degli embrioni creati, salvo «causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione» per violazione degli artt. 13 e 32, comma 2, Cost. 49 e dell art. art. 6, comma 3, che stabilisce l irrevocabilità del consenso dopo la fecondazione, per violazione degli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost R. BIN, La Corte e la scienza, in A. D ALOIA (a cura di) Bio-tecnologie e valori costituzionali. Il contributo della giustizia costituzionale, Torino, 2006, 9 e I. PELLIZZONE, Divieti del legislatore e ruolo delle acquisizioni scientifiche nella fecondazione assistita. Cenni all esperienze del Regno Unito, in R. BIN G. BRUNELLI A. GUAZZAROTTI A. PUGIOTTO P. VERONESI (a cura di) Dalla provetta alla Corte., cit., 163. Stabilita la sindacabilità delle scelte discrezionali del legislatore in materia di terapie mediche, sarebbe necessario chiedersi, dunque, quali potrebbero essere gli strumenti di indagine probatoria della Corte. Sul punto si rimanda a G. BRUNELLI A. PUGIOTTO, Appunti per un diritto probatorio nel processo costituzionale: la centralità del «fatto» nelle decisioni della Corte, in P. COSTANZO (a cura di), L organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale, Torino, 1996, ; Q. CAMERLENGO, I poteri istruttori della Corte costituzionale e l accesso agli elementi scientifici nel giudizio di costituzionalità, in A. D ALOIA (a cura di) Bio-tecnologie e valori costituzionali, cit., 163 ss.; T. GROPPI, I poteri istruttori della Corte costituzionale nel giudizio sulle leggi, Milano, In ordine all art. 14, comma 2, il Tribunale di Firenze solleva la questione di legittimità costituzionale limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre», in modo che, nel caso di accoglimento, la norma risulterebbe la seguente: «Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall art. 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario». Il risultato così ottenuto si avvicinerebbe, peraltro, al modello previsto dalla Fortpflanzungsmedizingesetz austriaca del 1992, che all art. 10, fa riferimento al numero di embrioni «sufficiente in base all esperienza ed alle più recenti conoscenze medico - scientifiche a dare inizio nell arco di un ciclo ad una riproduzione assistita». 49 La norma viene censurata di illegittimità costituzionale poiché «implicando un trattamento sulla persona senza il consenso di quest ultima e in assenza di superiori ragioni di interesse generale o di una tutela della sicurezza ed incolumità pubbliche contemplate da espressa disposizione normativa, appare altresì in contrasto con gli artt. 13 e 32, comma 2, Cost.». 50 La questione viene sollevata con le medesime motivazioni addotte in ordine all art. 14, comma 3, poiché la norma che prescrive l irrevocabilità del consenso al trattamento dopo la fecondazione degli ovuli ne appare il corollario. 10

11 Entrambe le norme impugnate, prescrivendo l impianto degli embrioni creati anche nel caso in cui l aspirante madre non vi voglia più acconsentire, appaiono chiaramente in contrasto con l art. 32 Cost., imponendo un trattamento sanitario obbligatorio non preordinato a preservare la salute del singolo, in violazione del limite del rispetto della persona umana e della sua dignità, senza che la previsione di questo sia in alcun modo giustificata da ragioni di tutela dell interesse della collettività alla salute generale 51. L illegittimità delle disposizioni impugnate pare ancora più evidente, se si pensa, ad esempio, alla giurisprudenza costituzionale secondo la quale i trattamenti sanitari obbligatori non possono comportare conseguenze negative per la salute di chi vi è sottoposto, «salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario, e pertanto tollerabili» 52. Non sembra, infatti, che l eventualità di una gravidanza non più desiderata possa considerarsi alla stregua di simili effetti collaterali. Occorre rilevare, poi, come il Tribunale remittente abbia scelto di non impugnare l art. 14, comma 1, non ritenendo opportuno avanzare la richiesta di «una generale ed indistinta dichiarazione di incostituzionalità» del divieto di crioconservazione degli embrioni 53 e formulando, invece, L intervento del Giudice delle leggi, infatti, è richiesto «al fine di dare coerenza ad un sistema normativo che con una censura limitata [ ] ai soli commi 2 e 3 dell art. 14, permarrebbe comunque viziato da una sua disarmonia interna». A parere dell organo remittente, infatti, «se [ ] il sistema normativo che si chiede scaturisca dalla ottenuta liceità della diagnosi di preimpianto e dalla richiesta censura di costituzionalità è improntato sulla superiorità riconosciuta alla tutela della salute della donna (sancita dalla legge n. 194 del 1978 sulla interruzione volontaria della gravidanza e che non può essere vanificata da una normativa come quella in esame), è allora conseguenza necessaria che, per ragioni di coerenza sistematica, sia la sola donna ad essere legittimata alla revoca del consenso al trattamento di PMA». Pertanto l art. 6, comma 3, viene censurato nella parte in cui non contiene, in fine, le parole «e, dalla donna, anche successivamente». 51 A. CELOTTO, La legge sulla procreazione assistita: perché no, in Quad. cost., n. 2, 2004, 381. Più in generale, sulle caratteristiche dei trattamenti sanitari obbligatori ammessi ai sensi dell art. 32 Cost., si veda M. LUCIANI, voce Salute. I) Diritto alla salute Dir. cost., in Enc. giur., 1991, 11. È, poi, controversa la possibilità di configurare un contrasto tra le norme impugnate e la Convenzione di Oviedo sui diritti dell uomo e sulla biomedicina (ratificata in Italia con legge 28 marzo 2001, n. 145) il cui art. 5, comma 3, stabilisce che «La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso». Sul punto si rimanda a C. FIORAVANTI, La Convenzione di Oviedo nel confronto con la disciplina relativa alla procreazione assistita: spunti di riflessione, in R. BIN G. BRUNELLI A. GUAZZAROTTI A. PUGIOTTO P. VERONESI (a cura di) Dalla provetta alla Corte., cit., 132 ss. 52 Corte cost., sent. 22 giugno 1990, n. 307, in Giur. cost. 1990, pt. 2 cons. dir., La decisione è motivata in ragione della riflessione per cui «pure in uno scenario che a seguito di Trib. Cagliari 24 settembre 2007, Trib. Firenze, ord. 17 dicembre 2007, e Tribunale amministrativo regionale Lazio, 21 gennaio 2008, n. 398, e delle nuove e vigenti Linee guida ministeriali, non può non ritenersi profondamente mutato, la crioconservazione, la soppressione - o, se si vuole, la produzione sovrannumeraria di embrioni quale antefatto che genera l una e l altra - siano pratiche che la comunità medico-scientifica è chiamata in via generale a non compiere se non in casi che devono comunque costituire eccezione alla regola. Non è questa la sede per approfondire le ragioni del generale divieto di crioconservazione e soppressione. La, se vogliamo, assoluta libertà di produzione sovrannumeraria di embrioni determinerebbe una situazione che, pur se inserita all interno dei ragionevoli presupposti normativi di cui agli artt. 1, 4 e 5 della legge, rischia di essere pur sempre foriera di problematiche non scevre da implicazioni di natura etica (per un esempio vd., per tutte, la discussione sorta in sede di Comitato nazionale per la bioetica: vd. Parere del Comitato nazionale per la bioetica sul destino degli embrioni derivanti da PMA e non più impiantabili, 26 ottobre 2007, che si legge in giuridica, in ultimo anche gestionale ed economica (solo se si pensa, ad es., che le stesse Linee guida, sia nella loro versione secondo il d.m. 21 luglio 2004 sia nella attuale 11

12 istanza di annullamento parziale dell art. 14, comma 3, in modo da introdurre una deroga, circoscritta all insorgere di gravi problemi relativi alla salute dell aspirante madre, al predetto divieto generale 54. Una simile decisione, benché assunta allo scopo di prospettare una soluzione coerente dei diversi quesiti di costituzionalità sollevati, sembra imporre, tuttavia, una discutibile riduzione dell oggetto del giudizio di costituzionalità, atteso che il giudice a quo si sarebbe forse dovuto limitare a censurare tutte le disposizioni da cui era possibile ricavare il precetto di dubbia legittimità costituzionale, senza prefigurare un bilanciamento la cui definizione spetterebbe solo al Giudice delle leggi. Infine, il Tribunale di Firenze solleva d ufficio la questione di legittimità costituzionale dell art. 14, comma 4, che vieta la riduzione embrionaria di gravidanze plurime per violazione degli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost., divieto già considerato «del tutto simbolico, visto la vigenza della legge 194» Concludendo, a parere di chi scrive, è da auspicare una pronuncia nel merito delle questioni sollevate. Pronunciandosi sul bilanciamento dei diritti in tema di fecondazione medicalmente assistita, infatti, la Corte potrebbe, innanzitutto, cogliere l occasione per indicare al legislatore il metodo da adottare nella disciplina di materie che presentino questioni scientificamente controverse 56. Inoltre, ed è questo ciò che più conta, il Giudice delle leggi sarà a chiamato a garantire il rispetto dei diritti costituzionali violati dalla legge n. 40 del 2004, compito complesso ed, ormai, ineludibile, considerato come, specie nelle materie interessate da rilevanti questioni di bioetica, siano coinvolti beni primari fondamentali quali la vita, la salute e la dignità della persona. Valeria Gioffrè Dottoranda di ricerca in Diritto Costituzionale presso l Università degli Studi di Milano. valeria.gioffre@unimi.it versione secondo il d.m. 11 aprile 2008, prevedono che «gli embrioni che verranno definiti in stato di abbandono saranno crioconservati in maniera centralizzata con oneri a carico dello Stato»)». 54 Il Giudice solleva questione di legittimità dell art. 14, comma 3, limitatamente alle parole «Qualora il trasferimento nell utero degli embrioni non risulti possibile», «di forza maggiore», «non prevedibile al momento della fecondazione» «fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile», in modo che, nel caso di accoglimento, la norma risulterebbe la seguente: «per grave e documentata causa relativa allo stato di salute della donna è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi». 55 C. CASONATO, Legge 40 e principio di non contraddizione: una valutazione d impatto normativo della disciplina sulla procreazione medicalmente assistita, cit.. 56 M. D AMICO, Il giudice costituzionale e l alibi del processo, cit.,

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