Convegno Questione femminile, questione Italia

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1 Convegno Questione femminile, questione Italia Roma, 26 gennaio 2011 Palazzo Giustiniani - Sala Zuccari Intervento del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Elsa Fornero Grazie per questo invito. Tutte le iniziative di Emma (Bonino) in genere hanno successo, e quindi non mi sorprende più di tanto che anche questa, in un pomeriggio di normale lavoro, abbia un notevole seguito. Fra l altro, noto che la partecipazione non è solo femminile, anche se le donne sono la maggioranza, e mi fa davvero piacere la presenza di molte giovani. Il mio augurio è che anche questa iniziativa, fra le tante, sia in grado di cambiare un poco le cose nel nostro Paese. In primo luogo, volevo fare una piccola presentazione che, lo anticipo, risentirà un po dell influenza della mia professione: prima che Ministro, infatti, sono professore all Università di Torino e quindi il mio vizio di origine è quello di inquadrare i problemi. Oggi, in particolare, parleremo di parità, un tema che a me piace inquadrare non tanto all interno di un singolo spezzone di vita, quanto piuttosto quale elemento fondante nel corso dell intero ciclo di vita di una persona. Il ciclo di vita, infatti, è fatto di un infanzia, il momento in cui, secondo me, si mettono i semi più importanti per la parità; è fatto di adolescenza, di un periodo di formazione, che nel nostro Paese può essere migliorato, ristrutturato; è fatto di un età adulta, di un periodo in cui ci si forma una famiglia, in cui, cioè, ci si lega a qualcuno, e magari si hanno dei figli; c è poi il periodo in cui i figli crescono, vanno a scuola, non hanno più bisogno di essere seguiti quotidianamente, durante il quale soprattutto le donne riacquistano una loro indipendenza; c è una fase della maturità, in cui possono succedere anche cose destabilizzanti, come ad esempio un divorzio; e infine c è la fase dell età anziana, sulla quale incide molto il tema del pensionamento. Vi parlerò, poi, anche della riforma delle pensioni rispetto alla quale, nonostante alcune persone siano ancora in dubbio, tengo a ribadire i molti aspetti di equità. Parlo di equità tra i generi, ma soprattutto fra le generazioni, della quale dobbiamo farci carico in modo particolare, visto che per troppo tempo è stata violata. Fra gli elementi alla base del normale ciclo di vita di ognuno di noi c è il reddito. Anche se ogni persona può arrivare alla vita adulta con un capitale umano diverso rispetto ad un altra - ci sono alcuni, per esempio, che cominciano a lavorare prima, già a 16, 17 o 18 anni, altri che iniziano a 25 o anche dopo ed altri che, invece, fanno fatica a cominciare e, supponendo che le cose funzionino, compreso il mercato del lavoro, si ha normalmente un reddito che cresce, si arriva a un età di pensionamento ed in questa fase la pensione sostituisce una parte del reddito da lavoro. Ma non lo sostituisce tutto: in molti paesi, per esempio, la linea delle pensioni è sostanzialmente ad un livello del 60-70% della retribuzione. Dietro questo ragionamento c è un fattore molto importante, rappresentato dalla partecipazione continua e retribuita al mercato del lavoro ed è proprio su questo che noi dobbiamo puntare, ad un occupazione che sia stabile e che permetta, per l appunto, attraverso il pagamento dei contributi, di farsi una pensione. Un secondo elemento importante è rappresentato dai consumi. Normalmente i consumi delle persone nel tempo crescono con l età e sono continui. La situazione più tipica è quella di una linea del reddito che al di sopra di quella dei consumi nella vita attiva. Questo vuol dire che in questa fase c è un risparmio. Durante 1

2 l età anziana, invece, la linea si abbassa e il risparmio diventa negativo. Tipicamente, quindi, quando si è giovani, la ricchezza si forma col risparmio, dato dalla differenza fra il reddito e i consumi, ed è rappresentata da ciò che si riesce a mettere da parte. Questo è il ciclo di vita normale. La ricchezza, poi, cresce o decresce anche a seconda dell andamento del mercato finanziario. Quello che sto descrivendo è un modello fisiologico, che però nel nostro Paese si è rotto in molti punti e bisogna quindi recuperare. Il modello, in particolare, si è rotto sul fronte del mercato del lavoro e, purtroppo, anche su quello dei mercati finanziari. La curva del risparmio, infatti, generalmente cresce se il mercato finanziario remunera il risparmio e consente di avere un accumulazione, ma se il mercato finanziario fa cadere le quotazioni, come è accaduto in questo particolare momento storico, rompe l accumulazione e la ricchezza inevitabilmente diminuisce. Proprio il ciclo di vita è stata una grande invenzione di Franco Modigliani, che per questo ha ricevuto il premio nobel. Si tratta di una concettualizzazione, è evidente, non è di poco conto, per quanto io l abbia qui sintetizzata. Si tratta, però, anche di una caratterizzazione pensata in funzione tipicamente maschile : la donna, infatti, non era considerata in questo ciclo di vita, era in qualche modo sussunta nel marito, nel maschio, in colui che lavora. La donna, semmai, era inserita nella parte ascendente dei consumi: se ti sposi e fai figli, infatti, naturalmente i consumi del nucleo familiare aumentano un po. Una lettura che è espressione di un mondo dove il lavoro era continuo, relativamente ben retribuito e tipicamente di pertinenza dell uomo. Questo tipo di rappresentazione, come ho detto prima, si è rotta, insieme a molte altre caratteristiche della società descritta in quegli anni. La donna oggi non è più solo una moglie, ma è una persona. Questo vuol dire che la società oggi deve affrontare il problema del ciclo di vita anche dal punto di vista femminile e domandarsi se le parità sono realizzate sia nella fase iniziale, quella dell istruzione, sia nel mondo del lavoro. Se guardiamo ai dati italiani, dal punto di vista dell istruzione, diremmo che non c è più differenza fra uomini e donne e che, anzi, oggi le ragazze, a parità di età, sono mediamente più istruite ed hanno, risultati scolastici e dei tassi di rendimento migliori di quelli maschili, anche in termini di conseguimento di diplomi e lauree brevi e specialistiche. Per quanto riguarda il lavoro, invece, se da una parte è vero che la curva del reddito continuo crescente - che probabilmente appartiene al mondo economico pre-globalizzazione - si è rotta anche per gli uomini, e che soprattutto i giovani fanno molta fatica in questa direzione, dall altra è vero anche che questa stessa linea per le donne oggi è ancora una chimera. Le donne, infatti, hanno più difficoltà di accesso all occupazione, alle professioni, maggiore discontinuità nei rapporti di lavoro (e non parlo di quella dovuta alla maternità) e la loro curva del reddito per questi motivi è un po più piatta. In altre parole, questo significa che le donne che fanno più fatica a fare carriera e ad ottenere redditi più elevati ed implica, a sua volta, uno scarso riconoscimento del merito, soprattutto se consideriamo il fatto che in genere le donne partono, rispetto agli uomini, più istruite e quindi maggiormente dotate di capitale umano. In generale, a queste politiche di diversa collocazione dei ruoli maschile e femminile nel mondo del lavoro - con una netta preminenza attribuita all uomo nei modelli sociali del passato - noi come società dobbiamo in qualche modo rispondere, cercando le soluzioni più giuste, perché la differenza che c è fra uomini e donne nella partecipazione al mercato del lavoro è un dato che non possiamo non affrontare. Ci domandiamo, poi, come affrontare il problema se guardiamo all età anziana. Su questo punto dirò una cosa magari non proprio gradevole: esisteva in passato una consuetudine di politiche che possiamo definire compensative. Si partiva, cioè, dal presupposto di non dare pari opportunità alle donne fin dall inizio per dargli in seguito una sorta di contentino, costituito dal pensionamento anticipato o una relativa 2

3 generosità sulle pensioni di reversibilità che, per molte donne anziane della generazione che non ha partecipato al mercato del lavoro, e in un contesto in cui le donne generalmente vivono più a lungo dei mariti, hanno rappresentato l unica fonte di sostentamento. Le donne, cioè, dovevano sostanzialmente dedicarsi alla cura della famiglia e dei figli e, nel momento di maggiore bisogno, quando sarebbero diventate anziane, sarebbe stata la società ad occuparsi di loro. Questo era il meccanismo in passato. Un meccanismo che però oggi, come vi ho detto, la società e le donne stesse hanno rifiutato, certamente anche perché molte cose sono cambiate, a partire dai modelli di produzione fino all integrazione economica fra paesi ed alla competizione a livello internazionale, che si fa spietata. E fondamentale, quindi, trovare una collocazione al femminile, un modo femminile, o per genere, di reintrodurre questo ciclo di vita. Certamente non possiamo ritornare indietro, perché tornare indietro è sempre sbagliato. Dobbiamo, piuttosto, andare avanti basandoci possibilmente su modelli virtuosi, su degli elementi forti, primo fra tutti il mercato del lavoro, che deve essere un mercato di pari opportunità e qui mi riferisco al genere, ma non soltanto, perché come ho detto più volte le pari opportunità vanno lette in un senso più ampio. Anche se io oggi non sono qui per parlare di questo, voglio comunque sottolineare che siamo consapevoli che il nostro mercato del lavoro non funziona e che sono soprattutto certi segmenti a pagarne le inefficienze, ed in modo particolare il segmento femminile e quello dei giovani, ma a anche a quello dei lavoratori anziani. Con particolare riferimento a quest ultimo, con la riforma delle pensioni abbiamo cercato di rompere il meccanismo di una società che considera una persona poco più che cinquantenne, uomo o donna che sia, ma in questo caso soprattutto uomo, una risorsa persa per il mercato del lavoro. Questa, infatti, è una grande stortura, che una società sana non può tollerare. E necessario, quindi, trovare strade alternative alla cassa integrazione lunga, alla mobilità, al prepensionamento, strumenti che non possiamo più permetterci. Voglio a questo proposito ricordare che il 2012, a livello internazionale, è l anno delle politiche attive per il lavoro degli anziani, l anno dell active aging, dell invecchiamento attivo, e l Europa ci chiede di affrontare seriamente questo tema e di darci da fare. Con la riforma delle pensioni abbiamo scoperto le carte, dicendo che è necessario che si riorganizzino le imprese, che si riorganizzi la stessa società. Abbiamo detto che il pensionamento facile - addirittura incoraggiato - non è più possibile. Per adottare delle politiche quanto più incisive, però, è fondamentale cercare di capire quali sono i rischi coinvolti nelle diverse fasi del ciclo di vita e disegnare delle schemi che distribuiscano questi rischi in modo appropriato. Ed è proprio su questo punto che deve avvenire un sottile capovolgimento: una società non deve fermarsi ed aspettare che succeda l eventuale avvenimento negativo per poi dare una compensazione, un trasferimento, un sussidio, un indennizzo, ma deve, piuttosto, cercare di disegnare lo schema di assicurazione sociale più adeguato a distribuire i rischi. Se questo accade allora si ha efficienza e si crea un buon disegno, che è il dovere di chi attua le politiche. Voglio, quindi, illustrarvi i maggiori rischi su cui dobbiamo concentrarci per cercare di distribuirli meglio. Il primo aspetto da prendere in considerazione è quello relativo al lavoro: i maggiori rischi per le donne riguardano, come ho detto prima, soprattutto il reddito, ma sono anche quelli che possono derivare da alcuni particolari eventi che si verificano nel corso della vita. Il divorzio, per esempio, è un elemento di rischio molto maggiore per le donne rispetto agli uomini, e questo è senz altro un elemento che va considerato. In altre parole, le composizioni familiari che mutano comportano rischi diversi per le donne e per gli uomini. Se si osserva, per fare un altro esempio, un segmento di popolazione a rischio di povertà come le donne anziane sole, in genere vedrà che hanno una pensione di reversibilità relativamente bassa. Qualche volta possiedono una casa. La casa, però, è molto illiquida, non è un bene, cioè, sul quale si 3

4 possono basare i consumi. La casa, al contrario, per molti anziani può diventare addirittura un onere. Esiste, quindi, un rischio di illiquidità per le ricchezze, anche per quelle piccole e non solo per i grandi patrimoni. Esiste poi un rischio di investimento legato al fatto che le donne mostrano un tasso di educazione finanziaria - e qui non parlo di esperienza nel campo finanziario, ma di conoscenze di base per gestire pochi risparmi - molto inferiore a quello degli uomini. Anche in questo caso, non siamo di fronte ad un dato di natura ma ad un dato legato alla società, in un contesto in cui la non conoscenza di elementi di base finanziari è particolarmente alta. C è, poi, un rischio di longevità, cioè quello di trovarsi in età anziana senza più mezzi: siccome le donne vivono di più, è su di loro che questo rischio grava in misura maggiore. Voglio citare, infine, il rischio sulle pensioni. A questo proposito, la sospensione delle indicizzazioni, che abbiamo introdotto nella manovra - nella parte della manovra che a me è piaciuta meno, quella parte che non è tanto legata alla riforma delle pensioni quanto piuttosto al risanamento finanziario - che ha salvato soltanto le pensioni fino a 1400 euro circa. Questa indicizzazione è stata per molti una sorpresa molto sgradita, perché le persone pensionate non possono più reagire variando l offerta di lavoro e proprio in questo senso sono maggiormente a rischio. Il senso di questo discorso, forse un po troppo didattico, è esattamente questo: noi oggi abbiamo una società che cambia molto rapidamente, che subisce, nel bene e nel male, tutto l effetto dell essere esposta alla concorrenza internazionale, che è distribuita su modelli che fanno ancora riferimento a schemi di produzione del passato, ed in cui per le donne, in molte parti d Italia, la partecipazione al mercato del lavoro è considerata ancora un aspetto secondario rispetto a trovarsi un marito. Spiace dirlo, ma questo è, ancora una volta, un problema, soprattutto a fronte dei rischi che ho finora elencato. Oggi, quindi, abbiamo una struttura familiare che porta le donne ad essere responsabili in prima persona del loro benessere nel corso della vita. Questa è una considerazione, ovviamente, non esclude niente di ciò che va al di là del reddito, dei consumi, della parte più economica della vita, non esclude affatto gli affetti o il fare figli, elementi che pure possono fare la felicità o l infelicità di una persona. Si tratta di una semplice impostazione di politica economica, che però affronta aspetti che non possiamo più non prendere in considerazione. Gli altri temi che avrei voluto affrontare oggi, sui quali non mi soffermerò per esigenza di brevità, riguardano più specificamente il paragone fra uomini e donne per quanto riguarda i rischi relativi al ciclo vitale; il tasso di occupazione femminile, che è aumentato, ma ancora molto lontano dai livelli di altri paesi europei; il gap occupazionale, che aumenta con l età; il fatto che la differenza fra i tassi di occupazione è fortemente condizionata dal grado di istruzione, cioè se ci si istruisce in genere si vuole poi partecipare al mercato del lavoro. Questa, in particolare, è una lezione importante da cogliere. E importante, cioè, fare in modo di avere giovani istruiti, formati, che possano affrontare la durezza del mercato del lavoro. C è, infine, un analisi del divario nel tasso di occupazione fra uomini e donne per livelli di studio. Un altro aspetto particolarmente rilevante da punto di vista di un Ministro delle pari opportunità è quello che riguarda la maternità. Se arriviamo al periodo dove comincia l età adulta - diciamo trent anni - per le donne italiane, tipicamente, c è la maternità. Noi, lo sapete, siamo un Paese che non fa più figli e questa è una cosa molto importante sulla quale riflettere. Si pensa sempre, infatti, che in Italia il non fare figli sia dovuto al fatto che le donne vogliono lavorare. Ma questo non è del tutto vero. In molti Paese ugualmente sviluppati là dove le donne lavorano si fanno più figli. La correlazione fra la partecipazione al mondo del lavoro e il numero di figli per donna, cioè, è molto positiva. L intuizione, e questo si evince facilmente da un analisi della situazione nelle diverse Regioni, è che sono i servizi che possono aiutare uomini e donne a 4

5 fare il loro mestiere di genitori, senza che questo abbia conseguenze gravi in termini di lavoro e di progressione di carriera. Si tratta, è evidente, di un messaggio importante anche se, purtroppo, in tempi di restrizione finanziaria è difficile aumentare il finanziamento dei servizi e tutti sapete che i Comuni lamentano il fatto di avere avuto degli importanti tagli. Per questo dovrò a breve incontrare i rappresentanti delle Regioni e delle Province anche se, per il momento, l indicazione è sempre quella che le risorse a disposizione sono molto limitate. Ma quello che mi preme ribadire è che non è corretto dire che se si lavora non si possono fare figli, anzi è vero il contrario, e questo non solo è dimostrato negli altri paesi, ma anche da noi, nelle regioni dove c è maggiore partecipazione. Il problema, piuttosto, risiede nel momento dell entrata dei nostri giovani nell età adulta e di responsabilità personale, che avviene in età molto avanzata. Se da una parte è vero, per esempio, che si fanno pochi figli, dall altra è altrettanto vero che si fanno soprattutto dopo i trent anni. Questo si, è un aspetto sicuramente associato al mercato del lavoro, perché se esiste precarietà è sicuramente più difficile diventare adulto: un soggetto economicamente non autonomo è costretto a dipendere da qualcun altro, e questo è un grave problema. Infine, vorrei affrontare brevemente il tema del pensionamento. Come ho già detto in diverse occasioni, noi abbiamo varato prioritariamente la riforma delle pensioni - che io non ho mai nascosto essere una riforma dura - perché il Paese viveva una situazione estremamente critica, e questa non è una favola, ma una realtà. Tale riforma, all interno di quella serie di misure chiamata manovra salva Italia, quindi, doveva contribuire, ed ha contribuito, a portare indietro il Paese rispetto all orlo del baratro finanziario baratro in prossimità del quale si trovava. Si è trattato di una riforma dura nei confronti degli uomini ma, in modo particolare, delle donne. In passato ci sono state forti resistenze a fare quello che era naturale, e cioè un più morbido avvicinamento delle età di pensionamento di uomini e donne, che naturalmente ha un senso anche sotto il profilo della parità, soprattutto se vogliamo affermare il rifiuto verso la politica della compensazione a posteriori degli svantaggi che sono dati, a priori, dal mercato del lavoro. Ebbene, la vera cifra di equità di questa manovra - che pure si misura sulla base delle correzioni tese ridurre fortemente i privilegi del nostro sistema pensionistico, che erano forti ed inaccettabili - è proprio quella di equità fra le generazioni. Questo è un discorso può sembrare astratto, perché tutti noi facciamo fatica ad incorporare in questo nuovo modello le generazioni future, salvo che si tratti dei nostri figli, dei giovani che conosciamo e che stanno nelle nostre case. Infatti, noi salviamo i nostri figli lasciandogli la casa e cercando di mantenere il patrimonio del nostro risparmio, trasmettendo loro finanche la pensione bassa dei nonni e delle nonne, ma facciamo certamente più fatica a guardare le cose nell ottica delle generazioni future. La riforma è fatta sulla base di questo presupposto, non guardando al passato e andando avanti con una lenta progressione - sono vent anni che si tenta di far entrare in vigore questa riforma - ma guardando al futuro e alle giovani generazioni. Si tratta, certamente, di modifiche pesanti, perché vissute sulla nostra pelle, ma vi invito a considerarle nell ottica di una nuova speranza per i giovani e quindi, indirettamente, di speranza per l intero Paese. Questo è il profilo delle pari opportunità che io, come Ministro, prediligo: ristabilire quell equità fra le generazioni che, purtroppo, nel passato è troppo spesso stata violata. 5

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