LE ONG DEL MEDITERRANEO E L INTELLIGENCE

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1 LE ONG DEL MEDITERRANEO E L INTELLIGENCE Il caso di alcune ONG che secondo il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sarebbero risultate colluse con i trafficanti di esseri umani che lucrano sui barconi di disperati che partono dalle coste libiche è emblematico di come si strumentalizzi una vicenda dai possibili risvolti criminosi facendo emergere i limiti di una collaborazione di intelligence. La storia parte da una intercettazione di un Servizio straniero, nella fattispecie il BND tedesco, che nell'ambito della sua attività istituzionale intercetta contatti e comunicazioni tra alcune imbarcazioni di ONG ed i trafficanti che gestiscono la tratta di clandestini verso l'italia. Il BND comunica la notizia al suo omologo italiano, cioè l'aise, peraltro competente in materia perché tra gli obiettivi informativi c'è anche la lotta contro la criminalità internazionale. Il BND sa anche che l'aise è fortemente presente sul territorio libico con cui scambia in continuazione informazioni. Sa che il problema dell'immigrazione clandestina è diventato una emergenza sociale per l'italia e che per arginare questo problema c'è in atto una collaborazione italo-libica, con addestramento di personale libico su 10 motovedette che debbono pattugliare le coste ed impedire questo traffico umano. Come si muovono i Servizi Secondo la legislazione vigente, ogni notizia che viene a conoscenza di un Servizio, anche di contenuto criminale, viene valutata ed è poi nella facoltà di un Direttore del Servizio decidere se trasmetterla o meno alle autorità competenti. Infatti, a differenza di qualsivoglia organismo di polizia giudiziaria, dove esiste un automatismo tra l'individuazione di un reato e l'obbligo di comunicarlo alla magistratura, i Servizi italiani possono derogare, a discrezione del loro Direttore, dal comunicare alla magistratura quanto di criminale possa emergere nel corso di una attività informativa. Perché tutta questa libertà? Perché questa facoltà discrezionale? Perché i Servizi operano in modo occulto, seguono logiche investigative diverse da quelle di un organismo di polizia, possono ritenere che

2 l'individuazione di un reato e la comunicazione alla magistratura possano compromettere una operazione dai contorni e finalità più importanti. Si muovono sul territorio nazionale ma anche all'estero. Ed all'estero intercettano le comunicazioni. Se ci si aspettasse che i Servizi fossero soggetti agli stessi vincoli della polizia giudiziaria, probabilmente non servirebbero a niente. Non casualmente gli appartenenti ai Servizi hanno la qualifica di organi di pubblica sicurezza e non di polizia giudiziaria. In altre parole, non hanno la facoltà di arrestare, non hanno l'obbligo di rivolgersi direttamente alla magistratura se non previa autorizzazione del loro Direttore. La comunicazione del BND Ma veniamo al caso in questione: la comunicazione arriva all'aise ed il Direttore decide di informare la magistratura. Trattandosi di una comunicazione proveniente da un Servizio straniero, si mantiene l'anonimato sull'origine dell'informazione perché questa è la prassi e la regola. Si dice cosa si è saputo; non si dice come lo si è saputo. Magari non lo si scrive. Poi, nel caso di una intercettazione, l'obbligo dell'anonimato è ancor più stringente poiché si tratta di una attività soggetta a particolari forme di segretezza. Comunque la notizia viene sempre accompagnata da una valutazione di attendibilità per orientare l'attività investigativa del possibile utilizzatore. L'attendibilità, nel caso in questione, la dà il Servizio italiano. Essendo il BND un Servizio straniero di prima grandezza, peraltro notoriamente molto corretto nei suoi rapporti con omologhi (a differenza di molti altri Servizi, anche importanti, che collaborano con quelli italiani), è chiaro che il livello di attendibilità è alto. La notizia arriva sul tavolo del procuratore di Catania che acquisisce l'informazione ma non la può utilizzare. Motivo: ogni comunicazione che proviene dai Servizi non ha valore di prova ma solo di indizio investigativo. Che sia stata fornita dal BND è irrilevante perché la stessa circostanza si sarebbe concretizzata anche se la notizia fosse derivata da una intercettazione da parte dell'intelligence italiana o da una qualsivoglia fonte dei Servizi. Con una nota tecnica: le intercettazioni, in Italia, possono essere autorizzate solo dalla magistratura, quindi ben se ne guarderebbe un Servizio italiano dal rendere nota una notizia acquisita con questo sistema tecnico. Quindi il Dott. Zuccaro sa adesso che ci sono stati contatti diretti tra alcune ONG che operano nel Mediterraneo lungo le coste libiche e i trafficanti di migranti. Sa anche cosa si sono dette le due parti in causa ma non può utilizzare questa informazione per mettere sotto accusa qualcuno. Non sa cosa fare o almeno sa che se non si prende per buona una notizia del genere, se si aspettano risultanze investigative, passerà molto tempo e sarà comunque difficile acquisire intercettazioni in mare con i normali sistemi giudiziari. E quando coloro che sono implicati in queste attività illegali si sentiranno sotto osservazione

3 aumenteranno le precauzioni. Sapranno di poter contare sul fatto che un presunto illecito sarà stato commesso in acque internazionali, con i conseguenti problemi di competenze giurisdizionali su chi dovrà eventualmente giudicare il misfatto. Oltretutto le varie navi delle ONG battono bandiera di Paesi che nel loro insieme sono allergici a collaborazioni internazionali. Il procuratore di Catania opta quindi per denunciare pubblicamente quello che sta succedendo e dichiara anche che le prove che ha acquisito non possono essere utilizzate per giudicare i colpevoli. A questo punto la questione non è più di carattere investigativo, cioè vincolata a delle prove e se queste prove possano essere utilizzate, ma diventa un caso politico tra chi difende a spada tratta l'operato delle organizzazioni governative e chi le accusa di attività illegali. Diventa anche un caso di coscienza sociale, perché accusare (non è importante se giustamente o ingiustamente) delle organizzazioni che si dedicano all'assistenza dei migranti sembra toccare la suscettibilità di chi crede ciecamente nell'impegno sociale a prescindere da eventuali discutibili risvolti illegali. La comunicazione del procuratore diventa fonte di contrasto tra la procura di Catania che reitera l'accusa e quella di Siracusa che evidentemente non ha ricevuto l'informativa e quindi nega la circostanza. Ma altre procure (Cagliari e Palermo, Trapani) stanno indagando su questa stessa ipotesi delittuosa. Diventa anche un caso (anche se poi risolto positivamente) disciplinare perché il magistrato deve fare indagini e parlare solo di prove acquisite con le indagini. Ergo, nel caso in esame, non avendo prove provate, ha sbagliato e deve essere giudicato per questo. Sul banco degli imputati ci va lui e non quelle ONG in odore di attività illegali. Le ONG del Mediterraneo Ma quali sono le organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo meridionale: la maltese Migrant Offshore Aid Station (MOAS), la tedesca/olandese Jugend Rettet, l'olandese Stichting Bootvluchting, Médecins Sans Frontières, Save the Children, la spagnola Proactiva Open Arms, la tedesca Sea-Watch.org, la tedesca Sea- Eye, la SOS Mediterranée e la Life Boat foundation, anch'esse tedesche. Ben 14 navi che si aggirano sulle coste libiche di cui quattro di Médicins Sans Frontiéres. Il fatto che nelle attività di assistenza ai migranti sulle coste libiche ci fossero implicate molte organizzazioni non governative tedesche giustifica l'interesse del BND a monitorare l'attività dei propri connazionali. Peraltro, già a settembre scorso l'agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, Frontex, aveva sollevato l'ipotesi di una "collusione" tra trafficanti e navi delle

4 Organizzazioni non governative che si dirigevano dove i trafficanti segnalavano l'arrivo dei barconi. Lo facevano per rispondere ad un impegno umanitario? Lo facevano perché tra i due contraenti c'era un rapporto illecito di affari? Tali dubbi e sospetti sono stati nuovamente reiterati in un altro rapporto dei giorni scorsi. La risposta la potrebbe dare l'intercettazione del BND, ma quella è una prova che non può essere utilizzata. Gli altri elementi Ci sarebbero altre prove in giro per dare una risposta investigativa a queste accuse. Una è il fatto che le navi di alcune ONG spengono periodicamente il transponder, cioè il dispositivo che da l'esatta posizione geografica della nave. Se lo fanno avranno un motivo o almeno avranno qualcosa da nascondere. Magari entrano nelle acque territoriali libiche e non vogliono farlo sapere. Anche qui i sospetti non diventano prove. Poi c'è il problema del finanziamento di queste attività marittime. Mantenere una nave in acqua per lungo tempo ha un costo operativo elevato. A parte Save the Children e Médicin Sans Frontières, che hanno a disposizione grossi budget e finanziatori a livello mondiale e possono quindi permettersi alti costi operativi, lo stesso non è vero delle altre ONG le quali, essendo meno note, hanno meno sostenitori e quindi meno disponibilità finanziaria. Chi le finanzia o come si autofinanziano? Possono questi guadagni giustificare un business illegale con i trafficanti che si arricchiscono sulla pelle di tanti poveri clandestini? Per le organizzazioni non governative italiane esistono norme stringenti su come ricevere i finanziamenti. Qui invece ci sono di mezzo spagnoli, tedeschi, olandesi e maltesi. Probabilmente ha ancora una volta ragione il procuratore di Catania: rogatorie internazionali, tempi lunghi di risposte, tempi tecnici di traduzioni. E nel frattempo, se esiste un business illegale, questo prosegue. Anche qui il BND darebbe rapide risposte. Ci sono però in giro anche altre prove come quelle raccolte da un blogger italiano che, utilizzando un sistema informatico (il "Marine Traffic"), è riuscito a registrare i movimenti delle 14 navi utilizzate dalle ONG. Dai dati emerge il sospetto che dietro i loro movimenti ci sia una specie di coordinamento con chi fa partire gommoni pieni di clandestini. Sono sempre loro ad arrivare per prime a dare assistenza ai barconi ed infatti, statisticamente, quasi il 40% dei salvataggi sono di matrice ONG. Quando un problema di legittimo sospetto investigativo diventa un caso politico il tutto si complica in un gioco delle parti. Vari comitati parlamentari convocano magistrati, fanno parlare le ONG (che ovviamente si dichiarano offese da chi solleva dubbi sui loro comportamenti. Alcune di esse si rifiutano di aderire alla convocazione) vengono ascoltati vertici della marina Militare, Guardia Costiera ed anche i Direttori dei due Servizi, AISI e AISE, i quali dichiarano di non aver elaborato alcun dossier sulla questione. Dicono una mezza verità o una mezza bugia perché in realtà la trasmissione del rapporto tedesco non è proprio una informativa del Servizio. C'è stato solo la trasmissione di un rapporto di altri. D'altronde visto che i direttori dei Servizi sono di nomina politica è nel loro

5 interesse mantenersi fuori dalla mischia senza parteggiare per i vari partiti che a diverso titolo e connotazione ideologica solidarizzano o contestano il procuratore di Catania. Proprio il Direttore dell'aise, il più coinvolto nella vicenda. ha il mandato che gli scade l'anno prossimo e non ha nessuna intenzione di andare in pensione senza qualche altro incarico di prestigio. Il Dottor Zuccaro ha avanzato proposte che possono favorire un accertamento investigativo sulle attività delle NGO (sorvolo di aerei quando vengono spenti i transponder, intercettazione dei telefoni satellitari e delle comunicazioni delle navi, obbligo di utilizzare navi battenti la bandiera della nazione di appartenenza della NGO, presenza di polizia giudiziaria a bordo). Ma tra le cose dette dal procuratore di Catania alla Commissione Difesa è che lui non chiede ai Servizi di intelligence dei dati perché non potrebbe utilizzarli. In uno Stato di diritto ogni istituzione governativa, nell'ambito delle proprie attribuzioni, ha comunque la dignità nonché l'obbligo di servire lealmente lo Stato a cui appartiene. Nel momento in cui un Servizio trasmette una informativa (non ha importanza se proveniente da un paese amico o se poi avallata da un alto livello di attendibilità) tale informativa deve costituire elemento di prova in qualsiasi indagine investigativa. Se non viene, per ovvie motivazioni, indicata la provenienza di una informazione, non può questo costituire elemento che inficia la validità di quanto comunicato. Se ciò non avviene, come nel caso italiano, si dà spazio all'idea che un Servizio possa non essere affidabile, possa non svolgere il suo lavoro lealmente, fornisca notizie inattendibili, operi sempre e comunque per fini illegali. Un approccio del genere, che non ricorre in altri Paesi europei, è frutto di un pregiudizio di fondo che probabilmente prende spunto dalla storia pregressa di presunti colpi di Stato, depistaggi o altre forme di malversazione antidemocratica di cui in passato si sarebbero macchiati i Servizi italiani. Un passato, peraltro mai corroborato giudizialmente da conferme, che comunque incide sul presente. Alla luce di questo tipo di pregiudizio i Servizi italiani potrebbero anche non servire e essere sciolti. La questione va oltre la diatriba sulle NGO internazionali che operano nel Mediterraneo. E' una questione di principio ma soprattutto di delegittimazione che non rende giustizia a quei tanti volti ignoti che in contesti operativi anche di pericolo lavorano per la sicurezza nazionale.

6 IL MEDIO ORIENTE ED I SUOI CONFINI DI SABBIA Una delle domande che il Medio Oriente dovrà porsi nel prossimo futuro è se l attuale configurazione di Stati e Staterelli esisterà ancora una volta sconfitto l ISIS. L avvento del califfato ha avuto l effetto collaterale di far riemergere una serie di contraddizioni sociali, etniche e religiose sopite fin dalla spartizione seguita al collasso dell impero ottomano oltre un secolo fa. Del resto, l attuale assetto regionale è frutto del lavorio di due personaggi: il diplomatico francese, François Marie Denis George Picot, e di un politico inglese, Mark Sykes. L accordo segreto del 19 maggio 1916, denominato appunto Sykes-Picot, spartiva il Medio Oriente in sfere di influenza inglesi e francesi senza tenere conto delle popolazioni locali. Fu soltanto Lenin a divulgarne il contenuto dopo averne trovato copia negli archivi dello Zar dopo la rivoluzione bolscevica. La suddivisione fra le due potenze coloniali perseguiva gli interessi strategici di ciascun Paese. Il Regno Unito ambiva a creare una contiguità territoriale e marittima con l'india. La Francia mirava invece mantenere i suoi legami storici con l'area libanese e le sponde del Mediterraneo. Le istanze delle popolazioni locali, i loro legami tribali, le diversità religiose non furono parametri di riferimento. Parigi assumeva così il controllo dell'area dell'attuale Siria, Libano e parte dell'iraq settentrionale. Londra estendeva invece il suo controllo sulla Giordania, l'iraq e con aggiunta di piccole concessioni nella zona di Haifa ed il porto di Alessandretta (porto franco per dare sostegno ai suo traffici nel Mediterraneo). Un accordo che però non fu mai ratificato dai rispettivi Parlamenti. L altro soggetto attivo di questa spartizione era la Russia a cui, con l accordo di Costantinopoli nel 1917, veniva riconosciuta una prelazione sullo stretto dei Dardanelli, Costantinopoli, Bosforo, Mare di Marmara e Tracia meridionale. Ma la rivoluzione faceva decadere quanto pattuito. Lo stesso dicasi degli Stati Uniti, all epoca concentrati su di una politica isolazionista sotto il presidente Woodrow Wilson. La fine della Prima guerra mondiale Al termine del primo conflitto mondiale, le potenze coloniali hanno messo in pratica quanto ratificato segretamente tre anni prima. La spartizione di quanto restava dell impero ottomano veniva spartito con la Conferenza di Sanremo (aprile 1920), il Trattato di Sèvres (10 agosto 1920) e quello successivo di Losanna (1923). Quest ultimo passaggio ha portato alla creazione della Turchia guidata da Kemal Ataturk ed alla rinuncia del progetto di un referendum sull indipendenza del Kurdistan. Il passo successivo fu la decisione della Lega delle Nazioni di dare alla Francia il mandato su Libano e Siria ed al Regno Unito su Iraq, Palestina, Transgiordania (cioè l'attuale Giordania con i territori dell'attuale Cisgiordania). Si passava così da un concetto di generica sfera di influenza a quello di amministrazione diretta garantita dal mandato internazionale. Ovviamente nell'intento dichiarato era quello di favorire una futura completa indipendenza dei popoli arabi.

7 La dichiarazione di Balfour (novembre 1917) andava invece nella direzione opposta, alimentando la speranza della creazione di un "focolare" ebraico in Palestina, pur bilanciata al sostegno al regno Hashemita di Hussein ibn Ali al Hashemi. Dalla sovra-citata dichiarazione nascevano i prodromi per la costituzione dello Stato di Israele, sul secondo aspetto si sviluppava la divisione geografica della regione. Il Medio Oriente come lo conosciamo oggi è nato da accordi e dai successivi aggiustamenti. Delle linee tracciata sulla sabbia Se si osserva sulla carta la conformazione territoriale dei vari Stati che adesso compongono il mosaico mediorientale, colpisce il fatto di come i confini siano stati tracciati tirando delle linee rette e che per bilanciare o meglio, circoscrivere l'importanza di uno Stato sull'altro, alla Transgiordania veniva dato un limitato accesso sul mare di 15 km sul Golfo di Aqaba ed altrettanto veniva fatto con l'iraq sul Golfo Persico. Popolazioni nomadi con comuni vincoli parentali o culturali si sono improvvisamente trovate in Stati diversi, oltre confini che essi non riconoscevano. Altrettanto è avvenuto per i luoghi di culto e le diversità religiose. Si è nei fatti creata una disomogeneità sociale, si sono create autorità statuali senza base storica e talvolta radicamento territoriale. L unico aspetto positivo delle proposte di Sykes che però non ebbe seguito era quello di mettere sotto giurisdizione internazionale la parte centrale della Palestina, cioè quella parte della Galilea e della zona di Hebron dove erano presenti i luoghi santi del cristianesimo, dell'islam e degli ebrei. Se questo fosse avvenuto, forse la questione palestinese non sarebbe mai scoppiata. A seguito dei mandati internazionali invece le potenze coloniali fallirono volutamente nell esercitare la loro funzione di guida verso l emancipazione di popoli soggiogati per secoli dal Sultano. Non si è mai insegnata la democrazia, si è sorvolato sugli aspetti dei diritti umani e dei meccanismi di creazione del consenso sociale. I colonizzatori hanno fatto i colonizzatori. E in Paesi come la Siria il mandato internazionale è stato imposto con le armi. E sulla base di queste premesse che dopo la Seconda Guerra Mondiale il Medio Oriente ha proseguito sulla falsa riga di quanto ereditato. Colpo si Stato militare in Siria nel 1966 con l avvento di Hafez Assad al potere, ripetuti colpi di Stato in Iraq che hanno portato al vertice Saddam Hussein, lo stesso dicasi in Egitto, rivolte e guerre in Palestina contro Israele, una serie di emirati governati sulla base di un potere dinastico autoritario e assoluto nel Golfo Persico, varie guerre ed invasioni che hanno fatto del Medio Oriente una delle aree più instabili del mondo. Le domande da porsi

8 Le guerre del Golfo e l'arrivo dell'isis hanno fatto da detonatore ad un contesto geopolitico creato artificialmente con confini inventati e incompatibilità sociali, etniche o religiose. Il problema adesso è quello di rendere compatibili convivenze che il settarismo dell'isis o le guerre civili hanno infranto. Le domande da porsi sono innumerevoli. La Siria, dopo oltre 6 anni di guerra civile, potrà rivedere un convivenza pacifica fra alawiti e sunniti? Già dopo la Prima Guerra Mondiale i francesi pensavano di dividere la Siria in due entità distinte: cristiani ed alawiti da un parte, sunniti dall altra. I curdi potranno continuare a vivere sotto altri Stati senza averne uno proprio? All'inizio di marzo il leader del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, ha dichiarato l'incompatibilità della sua regione con il resto dell'iraq. Ed i curdi siriani che hanno combattuto contro l ISIS faranno parte di uno Stato federale o proveranno a scindersi dal resto della Siria? E i curdi in Turchia, proseguiranno l insurrezione guidata dal PKK o troveranno una forma di convivenza con le autorità di Ankara? Il settarismo dell'isis ha anche diviso la comunità sciita da quella sunnita in Iraq. Si rimargineranno le ferite dopo che è stato versato così tanto sangue? Basterà uno stato federato o lo Stato iracheno si dissolverà? Anche qui stanno arrivando segnali da alcune minoranze locali: i turcomanni, gli assiri cristiani e gli yazidi hanno già richiesto maggiore autonomia regionale come peraltro previsto dalla costituzione del Per quanto riguarda il Libano, la cui fragilità istituzionale fu creata ad arte dai francesi con una suddivisione del potere su base confessionale (presente nella Costituzione del 1926 e poi integrata dal Patto Nazionale del 1943), potrà ancora assicurare l'integrità territoriale del Paese laddove i rapporti demografici sono cambiati? E dal 1932 che nel Paese, per motivi di opportunità, non vengono più effettuati censimenti. E cosa pretenderanno le milizie degli Hezbollah quando torneranno nel loro Paese dopo la vittoria sull'isis? Ed ancora, i palestinesi potranno avere un loro Stato come le Risoluzioni dell'onu hanno più volte sancito? E con quale estensione territoriale? Tante domande che solo nel prossimo futuro potranno avere risposte. Ma quel che è certo è che il prossimo Medio Oriente non sarà uguale a quello passato.

9 LA GUERRA MAI FINITA TRA ISRAELE E GLI HEZBOLLAH Entrambe le parti lo sanno. E' solo questione di tempo. Prima o poi la guerra scoppierà di nuovo. Israele sta rafforzando le sue linee difensive ai confini con il Libano, gli Hezbollah continuano ad accumulare armi, ad intensificare addestramenti, a prepararsi ad un prossimo confronto. Da quando Israele, dopo 22 anni di occupazione, ha abbandonato il Libano nel 2000 e dopo la disastrosa (soprattutto per Tel Aviv) guerra del 2006, in forma diretta o indiretta il confronto militare tra le milizie sciite e l'esercito israeliano è oramai una costante del panorama mediorientale. Sinora lo scontro diretto è stato rimandato perché gli Hezbollah sono coinvolti militarmente al fianco di Assad nella guerra civile siriana. Israele si è limitata ad alcuni attacchi aerei quando ha individuato trasferimenti di armi dalla Siria al Libano. Gli israeliana hanno sempre considerato un loro diritto l intervento militare in caso di fornitura iraniana di missili o equipaggiamenti sofisticati o quando è stata accertata la presenza delle milizie sciite nella zona confinaria del Golan. L'ultimo, in ordine di tempo, è stato il 26 aprile scorso dopo che un cargo iraniano aveva scaricato armi e soprattutto missili proprio per le milizie libanesi. La presenza dell'esercito russo in Siria limita gli interventi aerei israeliani. Anche se esiste un telefono rosso tra le due parti, il rischio di un incidente che possa creare tensioni con Mosca agisce da deterrente. Una cosa è avere l'ostilità oramai consolidata con le milizie sciite, un'altra cosa è confrontarsi con i russi. Israele non è sicuramente contenta di vedere la presenza militare iraniana in Siria. Sa bene che la sopravvivenza del regime di Bashar al Assad postula un collegamento diretto tra l'iran ed il Libano, che è poi l'elemento che permette agli Hezbollah di essere forti e alimentati. E questo spiega, in estrema sintesi, la necessità degli Hezbollah di intervenire in Siria. Senza l'appoggio iraniano, la loro sopravvivenza sarebbe stata difficile. A tutto questo poi si aggiunge l ottimo rapporto personale tra Bashar al Assad e il leader delle milizie sciite libanesi, Hassan Nasrallah. La partecipazione alla guerra in Siria ha avuto però delle conseguenze sulla popolarità degli Hezbollah, prima in Libano e poi in Medio Oriente. Il Partito di Dio ha perso l appeal delle masse guadagnato nella sua contrapposizione con Israele, facendosi trascinare in un conflitto settario fra sciiti e sunniti ed al fianco di un governo, quello siriano, da sempre implicato negli affari interni libanesi. Certo, gli Hezbollah hanno mantenuto il sostegno dei circa 1,6 milioni di sciiti libanesi, ma le autocrazie sunnite della regione, rappresentate nella Lega Araba e nel Consiglio di Cooperazione del Golfo, hanno etichettato il gruppo un organizzazione terroristica. Inoltre, l'impegno militare in Siria ha avuto un suo costo in termini di vittime (oltre 1.400), feriti (circa 5.000), difficoltà nel reclutare nuovi miliziani e sul piano finanziario propriamente detto, sia nel pagare i miliziani, sia nel sostenere le famiglie dei martiri. L'organico attuale degli Hezbollah conta su circa combattenti, di cui in servizio attivo, con un arsenale di oltre razzi. Non più una milizia, ma un vero e proprio esercito che in Siria è articolato in una brigata meccanizzata, una nuova brigata leggera e varie unità di commando, come la Unità Radwan (dal nome di battaglia di Imad Mughniyeh, capo militare Hezbollah, eliminato dagli israeliani con un attentato a Damasco

10 nel 2008). Hanno capacità SIGINT (Signal Intelligence), cyber, guerra elettronica, usano apparecchiature sofisticate per la visione notturna, droni (circa 200, usati in Siria sia per osservazione che per lanciare bombe), missili controcarro e contraerei, ed hanno attrezzato il sud del Libano con un reticolo di bunker e tunnel sotterranei. Il Partito di Dio ha sviluppato un esercito specializzato nella tattica della guerriglia, ben addestrato, ben equipaggiato, ben disciplinato. Ha dietro di sé l'assistenza, i soldi e le forniture di armi dell'iran. E quel che è peggio (per Israele) è che l'impegno militare nella guerra civile siriana, dove stanno combattendo oltre miliziani, ha fornito agli Hezbollah un'esperienza bellica al fianco degli iraniani e dei russi che tornerà utile in un futuro confronto militare contro Israele. Lo stesso dicasi per i consiglieri militari che affiancano le milizie Houthi in Yemen. Nello specifico, gli Hezbollah hanno imparato ad operare come un esercito tradizionale, inquadrato in unità di maggiori dimensioni. Hanno affinato le tecniche di cooperazione sul campo di battaglia visto che sono presenti nel centro operativo interforze di Damasco assieme a russi ed iraniani e dove, tra l'altro, viene coordinato l'impiego dell'aviazione russa. Hanno anche acquisito conoscenze sulla logistica di unità più complesse ed hanno imparato ad operare in ambienti morfologici diversi da quelli usuali libanesi. Quindi, pianificazione ed esecuzione di un operazione militare. Si sono perfezionati anche nel sistema di comando e controllo e nel sostegno logistico dei combattimenti. Sono venuti a conoscenza di nuovi sistemi d'arma, li hanno visti impiegare, li sanno utilizzare. Sanno anche come si combina intelligence e individuazione di obiettivi, quali armi utilizzare a seconda delle esigenze operative. Sanno adesso come ci si muove sul campo di battaglia, come si conduce una guerra convenzionale, hanno potuto quindi valutare, nella prospettiva di un futuro confronto con Israele, quali sono i punti di forza o di debolezza del loro esercito. Sul territorio libanese hanno migliorato sia la difesa contraerea, quella controcarro e possono colpire anche navi con missili terra-mare. Praticando un avvicendamento continuo dei quadri, queste conoscenze sono diventate un patrimonio molto esteso. Quindi non solo i miliziani a tempo pieno, ma anche i riservisti (i "taabiah"). Infatti, gli Hezbollah creano ed alimentano le loro unità operative alternando miliziani full time con i riservisti. Provengono in maggioranza dai movimenti giovanili sciiti, ma alcune unità, come le "Saraya al Muqawama al Lubnanyah" ("Brigata di Resistenza Libanese") ad esempio, sono composte anche da miliziani non sciiti. Erano state create nel 1997 per fronteggiare Israele, poi sciolte nel 2000 quando le truppe israeliane avevano lasciato il sud del Libano, adesso sono state nuovamente ripristinate. Esiste un sistema di rotazione dei soldati e dei loro comandanti, un addestramento continuo sul campo che si aggiunge all'obbligo dei riservisti di prestare servizio per almeno 15 giorni l'anno in una zona di conflitto. Tale obbligo, denominato "murabata", una volta veniva svolto ai confini con Israele. Adesso, invece, viene sviluppato in Siria. Prima di essere inviate al fronte, le nuove reclute che vengono immesse nelle unità operative sostengono un addestramento di 2/3 mesi. Una volta venivano inviate in Iran per apprendere l'arte della guerra. Adesso non ce n è più bisogno. Ogni esperienza bellica vissuta direttamente sul campo di battaglia è adesso un elemento di forza per gli Hezbollah.

11 Anche gli scontri tra Hamas e Israele sul fronte di Gaza sono stati utili per capire il nuovo sistema anti-missile israeliano Iron Dome. Gli Hezbollah hanno capito che per loro sarà importante saturare il sistema di difesa del nemico con un continuo lancio di razzi o colpi di mortaio. Ed è per questo che il loro arsenale missilistico è particolarmente fornito. Sembra inoltre che gli iraniani abbiano installato una fabbrica di razzi in Libano. Ma proprio per rendere l impiego dei razzi più efficace, l'iran sta adesso fornendo agli Hezbollah sistemi più sofisticati e più precisi. Non è un caso se il 16 febbraio 2017, il Segretario Generale degli Hezbollah Hassan Nasrallah ha indicato fra gli obiettivi israeliani da colpire la centrale nucleare di Dimona, fabbriche di armi e di ammoniaca. La difesa antimissile di Tel Aviv si stima possa eliminare fino all'80% dei razzi, missili, droni o aerei lanciati sul suo territorio. L'ultima guerra tra Israele e gli Hezbollah nel 2006 è stata considerata una "sconfitta" per Tel Aviv. L'allora ministro della Difesa, Amir Peretz, aveva dato le dimissioni perché, per la prima volta, Israele usciva da un conflitto armato senza averlo vinto dopo un logoramento fatto di attacchi coordinati, lancio di razzi e vittime lungo cinque settimane. Gli Hezbollah non avevano vinto, ma nemmeno erano stati sconfitti. A distanza di un decennio, le milizie libanesi non sono soltanto un gruppo terroristico o una forza paramilitare, ma un esercito. Non l'esercito del Libano, ma un esercito nel Libano che risponde ad obiettivi e logiche proprie. Adesso è anche un esercito che opera in Siria, con pari dignità operativa con altri eserciti. E sanno di essere l'unico esercito di cui Israele ha paura e questo concede agli Hezbollah un vantaggio psicologico. Sono anche un esercito che adesso si inquadra nel gioco strategico di un confronto sempre più ravvicinato tra Israele e l'iran. Il problema è che non sarà possibile impedire questa terza guerra libanese perché tutti i contendenti hanno un obiettivo militare e non politico da raggiungere. Israele dovrà ribadire la propria supremazia regionale. Gli Hezbollah quello di sub-potenza sciita sostenuta dall Iran. E per raggiungere questi primati, l'unica strada è la guerra. Per adesso la presenza militare russa limita ogni escalation. Basterebbe però una scintilla, una reazione ad una provocazione, per fare deflagrare il tutto. E' solo questione di tempo..

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