Sommario: Proponiamo l esperienza della Fondazione Casa Amica di Bergamo, impegnata dal 1993 nel settore del social housing,

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1 Casa e abitare come politica sociale. L esperienza di CasaAmica. Intervista a Giovanni Chiesa, fondatore e direttore di CasaAmica di Bergamo A cura di Marina Bettoni Sommario: Proponiamo l esperienza della Fondazione Casa Amica di Bergamo, impegnata dal 1993 nel settore del social housing, In Europa il termine social housing designa tutte le politiche e gli interventi mirati alla realizzazione e alla gestione, sia da parte dello Stato che da parte di organizzazioni no profit, anche con la collaborazione di privati, di alloggi economicamente accessibili. In realtà, dal punto di vista legislativo (D.M. n. 146, del 22 aprile 2008), nel nostro paese viene definito alloggio sociale l unità immobiliare adibita ad uso residenziale, in locazione permanente, che svolge la funzione di interesse generale di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, ovvero non in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. Come nasce Casa amica e di cosa si occupa? Casa amica nasce nel 93 a Bergamo come associazione con la finalità di favorire l accesso ad un abitazione dignitosa a cittadini italiani e immigrati in situazione di disagio e di necessità. In questo senso possiamo parlare di associazione social housing. I primi anni di attività dell associazione furono dedicati alla popolazione immigrata nel tentativo di rispondere all emergenza casa, problema che coinvolgeva le famiglie e i singoli stranieri presenti nella provincia bergamasca già a partire dalla fine degli anni Ottanta. L obiettivo di Casa amica è l azione di intermediazione tra i proprietari degli alloggi e gli affittuari, con l intento di favorire l incontro domanda-offerta per coloro che, nella necessità di trovare un alloggio, spesso si trovano in condizioni economiche disagiate e insieme subiscono le conseguenze di una forte diffidenza culturale. Nel 2009 Casa amica diventa Fondazione di partecipazione, innanzitutto per fare fronte al progressivo aumento del proprio patrimonio immobiliare e insieme per ampliare gli ambiti e le metodologie di ricerca, progettazione e lavoro. Principio portante della nuova prospettiva è l idea di casa come servizio tra i servizi, nella convinzione che l alloggio abbia un ruolo significativo nell ambito delle politiche sociali, in quanto elemento fondamentale per l offerta di un più completo servizio alla persona. Concretamente Casa amica favorisce quindi contratti d affitto, acquisto di nuove case e recupero di vecchi immobili da destinare a canoni moderati a chi non è in grado di sostenere i prezzi del libero mercato o non può usufruire di un offerta di alloggi pubblici, oggi decisamente sottodimensionata rispetto alla domanda. Ma non solo. Nei diversi progetti di housing sociale che contribuisce a realizzare, Fondazione Casa amica interviene come operatore diretto con la progettazione degli immobili e la successiva gestione integrata e allo stesso tempo stimola e attiva partenariati e collaborazioni tra l ambito pubblico e quello privato. Cosa intendete quando parlate di intervento sulla cultura della locazione? Facciamo un esempio. La Regione prevede bandi per l aiuto all acquisto della prima casa per le giovani coppie, ma poco fa per la casa in locazione a un prezzo sostenibile e, anche se la Regione stessa ritiene che il peso dell affitto non dovrebbe essere superiore al 30% del reddito, la maggior parte delle persone, anche i nostri destinatari, supera, a volte anche in modo significativo, questa soglia. Oltretutto la possibilità di accedere ad una casa di proprietà è riservata a persone con un reddito medio-alto e un 1

2 posto di lavoro stabile: pertanto molti restano esclusi. Se ci guardiamo intorno vediamo tanto invenduto nell edilizia residenziale. Oggi le attività della Fondazione si inseriscono in un più ampio contesto di politiche di welfare locale. Nel caso del PGT di Bergamo questo ha significato concretamente garantire che ciò che verrà costruito in futuro non solo sia redditizio ma soprattutto, attraverso la destinazione di una quota parte dei nuovi alloggi all edilizia sociale, sia capace di intercettare i bisogni di fasce sociali che altrimenti rischierebbero di essere escluse dal mercato della casa. In questo senso l impegno della Fondazione è quello di diffondere sia a livello istituzionale che tra gli imprenditori e gli investitori privati la cultura della locazione come concreta risposta ai bisogni sociali sempre più diversificati nel contesto economico di inizio millennio. Fondazione Casa amica è anche impegnata, oramai da diversi anni, in diverse ricerche territoriali sul bisogno abitativo e sugli strumenti per affrontarlo. Quali i principali interventi erogati? Con quali risultati? Come sono cambiati nel corso degli anni? Tre sono stati i grandi passaggi nella storia dell associazione prima e Fondazione poi, legati strettamente anche all evoluzione della tipologia di utenza. In una prima fase pensammo fosse sufficiente e significativo favorire l incrocio tra domanda e offerta offrendo forme di garanzia per locatori e locatari, immaginando di avviare forme di reciproca autonomia futura. Questa impostazione non ha prodotto i risultati attesi. Questa fase venne accompagnata da una seconda fase che corrispose a realizzare progetti per rispondere concretamente al bisogno abitativo, progetti favoriti dalle leggi sull immigrazione di quel periodo che prevedevano dei fondi ad hoc (legge Martelli, legge Turco- Napolitano ad esempio). La terza fase è legata da un lato alla consapevolezza che in assenza di politiche abitative promosse dall ente locale quello che noi facciamo rischia di essere una goccia nell oceano dei bisogni e, dall altro, alla crisi economica, ancora in corso, che obbliga a rivedere strategie e programmi di lavoro. A tal proposito abbiamo avviato un attività di sensibilizzazione e accompagnamento dell ente locale per l attivazione di politiche di housing sociale. Dal punto di vista degli interventi strutturali i risultati per ora sono scarsi, anche laddove il fenomeno si è manifestato più pesantemente, con risonanza anche sui quotidiani. Quello che invece ha dato riscontri positivi è il recepimento di informazioni e indirizzi tramite la diffusione di documenti da noi prodotti sull importanza di inserire il tema della casa negli strumenti convenzionali del piano regolatore prima, nel PGT (Piano di Governo del Territorio) oggi prevedendo forme di premialità e incentivazione per le quote di volumetria destinate alla locazione sociale. Significativa a questo proposito la convenzione stipulata con la precedente amministrazione provinciale di aprire uno sportello di secondo livello di informazione e consulenza dal titolo Le politiche della casa nell ambito degli atti del Piano di Governo del Territorio maggio L obiettivo era di rispondere al bisogno abitativo in locazione per coloro che non possono accedere alla prima casa e non hanno possibilità di risposta nell edilizia residenziale pubblica. Questa fascia di popolazione, a rischio di esclusione del bene della casa, è valutabile attorno al 10-15% della popolazione residente. Con l attuale amministrazione provinciale lo sportello di secondo livello, purtroppo, non è stato possibile rinnovare la convenzione. Risultati positivi si sono raggiunti con il comune di Bergamo e alcuni altri comuni limitrofi attraverso la promozione e realizzazione di seminari di lavoro sul tema abitativo coinvolgendo l Assessorato alle Politiche sociali (il quale preside il bisogno abitativo), l Assessorato all Urbanistica e l Assessorato all Edilizia privata e Politiche della casa che presiedono gli strumenti che determinano l offerta abitativa: l obiettivo è quello di capire insieme ad assessori e dirigenti come inserire questo tema all interno del PGT. Un altro risultato concreto ottenuto è che il comune di Bergamo ha inserito nel PGT il tema della casa come servizio definendone anche l ambito di applicazione: servizio di interesse generale finalizzato 2

3 al raggiungimento degli obiettivi di integrazione e di coesione sociale. Il PGT di Bergamo introduce anche una norma che stabilisce una quota di almeno il 10% della volumetria residenziale debba essere destinata a residenza sociale in locazione. L inserimento nel PGT dell edilizia sociale e delle norme applicative, ha determinato una mossa davvero anticipatoria in linea non solo con il D.M. del 22 aprile 2008, ma anche con le leggi regionali n. 12 del 2005 e n. 27 del Bergamo è stata la prima città capoluogo in Regione Lombardia che ha assunto queste decisioni grazie anche al lavoro svolto da Casa amica. Analoghi interventi sono stati fatti anche con alcuni comuni limitrofi orientandoli a una strategia che assuma il concetto di casa come servizio nelle proprie iniziative e negli strumenti urbanistici preposti. Come è cambiato il vostro destinatario tipo? Negli anni Novanta gli immigrati in provincia di Bergamo erano in maggioranza uomini, soli, per lo più provenienti dal Maghreb e Africa subsahariana occidentale (con piccoli gruppi provenienti da Etiopia ed Eritrea, per Bergamo presenze storiche). Le vicende in Albania portarono a Bergamo un folto numero di persone, ridistribuite nei comuni della Provincia con più di abitanti. La crisi in Yugoslavia modificò ancora una volta il flusso e, un ulteriore cambiamento nella composizione dell immigrazione nel nostro territorio: il fenomeno badanti in gran parte di provenienza dall est Europa e dalla Bolivia, femminilizzando in questo modo il fenomeno migratorio. Un caso a parte per Bergamo è quello dei migranti dalla Bolivia, legato alla presenza della Chiesa di Bergamo in quel Paese. Chiaramente anche il bisogno abitativo è molto cambiato nel corso degli anni ed è molto legato al cambiamento delle esigenze di queste persone, le quali cominciano a stabilizzarsi a seguito del ricongiungimento familiare: bisogno di una casa più grande, vicinanza alla scuola per i propri figli o al luogo di lavoro, ecc. La crisi ha moltiplicato le problematiche: più famiglie monoparentali (donne e uomini soli), ma soprattutto più persone sole, con figli, a seguito di separazioni; molte persone, immigrate e non, che hanno perso il lavoro o hanno contratti precari (consideriamo che comunque tra gli immigrati la precarietà dei contratti ha più incidenza) si trovano in situazione di disagio abitativo. Nel caso degli immigrati la situazione è aggravata dal fatto di non poter contare sul sostegno (anche economico) della famiglia di provenienza. Con la crisi è aumentata anche la morosità: per molti il monte ore lavorativo si è dimezzato e di conseguenza anche le risorse finanziarie; altri non hanno né lavoro né la copertura dagli ammortizzatori sociali. La morosità è passata dal 4-5% degli anni Novanta al 20-22% attuale. Anche gli sfratti per morosità si sono più che raddoppiati passando da 1/3 sfratti all anno negli anni Novanta, agli attuali 9/10. Il prezzo che paghiamo è, come detto precedentemente, che nel nostro Paese il 10-15% di famiglie è a rischio di esclusione del bene casa. Quanta domanda rimane scoperta? Tanta, tantissima. Ormai è dimostrato che la casa in proprietà non sempre risolve il problema abitativo: pensiamo ad alcuni anziani che con le loro pensioni misere in non pochi casi non riescono fare la manutenzione straordinaria alla loro vecchia casa degli anni Sessanta. Alcune persone anziane oggi usano la formula della cessione della nuda proprietà per far fronte alle loro necessità. Ma anche in questo caso ci deve essere chi si prende il carico dell acquisto. Anche questo, tra tanti altri, è un dato del cambiamento che sta avvenendo. Come avviene la selezione per i vostri alloggi? Nel caso gli alloggi siano di nostra proprietà, si accede a una graduatoria, analoga a quella dell ente pubblico, che tiene conto della vicinanza al posto di lavoro, del numero dei familiari, etc. 3

4 L emergenza non rientra nella nostra mission tuttavia il regolamento applicativo permette di prendere in considerazione un caso socio assistenziale laddove il servizio pubblico o altro ente abilitato si fa carico dell accompagnamento sociale (cosa che non ci compete) e della garanzia del pagamento del canone concordato, secondo un progetto fatto dall ente che ha in carico la situazione. Uno dei concetti fondamentali è che, in questi casi, gli alloggi non rappresentano la residenza definitiva, ma una fase transitoria che apre altre opportunità. Gli alloggi collettivi e in locazione temporanea sono arredati, mentre gli alloggi con contratti di locazione nelle diverse forme stabilite dalla legge non sono arredati. Con quali enti vi interfacciate e per quali tipologie di interventi? E quali strategie di miglioramento potete identificare in termini di promozione del lavoro di rete? Collaboriamo principalmente con gli attori del territorio, pubblici, privati e del privato sociale, che si occupano in qualche modo di immigrazione e disagio sociale connesso alle problematiche abitative, in un ottica di unione delle sinergie. Nei nostri sogni vi è la realizzazione di una rete non solo formale ma reale tra il bisogno abitativo e la risposta ad altri bisogni che di solito stanno in carico a servizi del territorio o alle cooperative sociali. Molti nostri destinatari non hanno, infatti, solo il problema dell abitazione ma anche diversi altri problemi. Serve quindi fare sinergia tra servizi ed enti. Laddove ogni organismo è geloso del proprio operato diventa estremamente difficile lavorare in rete. I servizi sociali del resto, a mio parere, non fanno promozione di queste sinergie, disponendo una risposta principalmente di tipo assistenziale al bisogno. La soluzione ipotizzabile potrebbe essere una sintesi tra bisogno abitativo e governo del territorio, cosa che il governo locale dovrebbe realizzare non tanto nell ambito del perimetro del suo comune ma a livello più ampio, per esempio nell ambito territoriale dei Piani di Zona. Tuttavia manca una regia del territorio e questo sfocia in una incapacità programmatoria che superi una risposta solo emergenziale. Dovrebbe essere il comune a programmare e progettare e, in un secondo step, chiedere a enti come il nostro, alle cooperative sociali, di affiancarsi. Ma la regia di una concertazione tra soggetti diffusa ancora non esiste. Nel vostro sito leggiamo: favorire l accesso ad un abitazione dignitosa ad immigrati e cittadini italiani in stato di bisogno ed a rischio di esclusione dal diritto alla casa. Può spiegarci in cosa consiste più precisamente l impegno di Casa amica? Per essere più chiari bisogna fare un passo indietro nella storia, appunto negli anni Novanta, quando la legge Martelli favorì l emersione del fenomeno immigrazione. Noi membri della Consulta provinciale dell immigrazione (formata nella fase iniziale principalmente da movimenti di contestazione, da organismi sindacali e del terzo settore e di volontariato) eravamo consapevoli che, in quel periodo, il problema principale degli immigrati non fosse in particolare il lavoro ma il problema abitativo. L interesse della Consulta era orientato a una visione globale del fenomeno dell immigrazione: pensate all impatto che può avere, sul mercato del lavoro, un lavoratore con o senza abitazione fissa. Si decise quindi di rafforzare il ruolo e compiti delle Istituzioni pubbliche e di coinvolgere nel dialogo anche i datori di lavoro, i costruttori, etc. Il mandato all associazione, promossa appunto dalla Consulta, nacque, di conseguenza, dall esigenza di affrontare il bisogno abitativo dei cittadini immigrati sul nostro territorio soprattutto per motivi di lavoro. Per evitare contrapposizioni tra cittadini, lo statuto incluse anche le situazioni di disagio e difficoltà espresse dai cittadini e dalle famiglie italiane. 4

5 Fin dalla sua costituzione si convenne che la caratteristica di Casa amica fosse di non volersi sostituire al pubblico (soprattutto per i casi di tipo socio-assistenziale), ma di porsi tra pubblico e privato in una logica di rete e di progettualità che andasse oltre la dimensione caritativa. Link a 5

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