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2 2 Sperimentazione condotta nell ambito del progetto di ricerca n. 1169: Produzione di biogas da biomasse vegetali e reflui zootecnici: ottimizzazione del processo e innovazione tecnologica PROBITEC finanziato con d.g.r. 28/02/2007 n della Regione Lombardia (Piano della Ricerca 2007). A cura di: Mario Marchesi 1, Fabio Araldi 1, Barbara Bertazzoni 1, Matteo Zagni 1, Pierluigi Navarotto 2, Massimo Brambilla 2, Claudia Sorlini 3, Daniele Daffonchio 3, Aurora Rizzi 3, Giuseppe Merlino 3. Hanno realizzato le attività sperimentali e lo studio: 1 ERSAF Regione Lombardia Via Copernico, Milano Tel. 02/ Fax 02/ chiediloaersaf@ersaf.lombardia.it 2 Università degli Studi di Milano Dip. di Scienze e Tecnologie Veterinarie per la Sicurezza Alimentare (VSA) Via Celoria, Milano Tel. 02/ Fax: 02/ vsa@unimi.it 3 Università degli Studi di Milano Dip. di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche (DISTAM) Via Celoria, Milano Tel. 02/ Fax: 02/ daniele.daffonchio@unimi.it Per informazioni: Regione Lombardia Direzione Generale Agricoltura U.O. Interventi per la competitività e l innovazione tecnologica delle aziende Struttura Ricerca e Innovazione Tecnologica Via Pola, 12/ Milano Tel. 02/ Fax 02/ agri_ricerca@regione.lombardia.it Referente: Marco Castelnuovo - tel. 02/ marco_castelnuovo@regione.lombardia.it Copyright Regione Lombardia

3 3 Produzione di biogas da biomasse vegetali e reflui zootecnici: ottimizzazione del processo e innovazione tecnologica Quaderni della ricerca n maggio 2010

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5 5 SOMMARIO PRESENTAZIONE ASSESSORE PROGETTO PROBITEC 1 (N. 1169) 1 1) INTRODUZIONE 3 2) LA PIATTAFORMA SPERIMENTALE 4 2.1) VALIDAZIONE DELLA PIATTAFORMA 7 3) PROVE DI DIGESTIONE IN BATCH ) RISULTATI DELLE PROVE DI DIGESTIONE IN BATCH 17 4) VALUTAZIONE DELL EMISSIONE DI ODORE DAI DIGESTATI ) MATERIALI E METODI 22 5) STUDIO DELLA FASE DI START UP CON L IMPIANTO PILOTA ) DESCRIZIONE DELL IMPIANTO PILOTA ) CONDUZIONE DELLA PROVA 24 6) STUDIO DELLA COFERMENTAZIONE DI MATRICI ORGANICHE 31 7) CARATTERIZZAZIONE GENETICA E BIOMOLECOLARE DI CONSORZI MICROBICI DI DIGESTORI DI LABORATORIO ED IMPIANTI IN SCALA PILOTA ) SCOPO DEL LAVORO ) ESTRAZIONE E QUANTIFICAZIONE DI DNA ) POLIMERASE CHAIN REACTION (PCR) ) DENATURANT GRADIENT GEL ELECTROPHORESIS (DGGE) ) ANALISI QUANTITATIVA DI POPOLAZIONI BATTERICHE NEL CONSORZIO MICROBICO ) GRUPPI MICROBICI BERSAGLIO DELLE ANALISI ) ESTRAZIONE ED AMPLIFICABILITA DEL DNA ESTRATTO ) ANALISI PCR QUANTITATIVA NEI DIGESTATI ) DESCRIZIONE QUALITATIVA DEGLI ARCHAEA NEI DIGESTATI MEDIANTE PCR DGGE ) ANALISI QUANTITATIVA DI COLIFORMI FECALI NEI DIGESTATI ) ANALISI MICROBIOLOGICA COLIFORMI FECALI 53 8) CONCLUSIONI 54 9) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 56

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7 1 Presentazione Assessore Progetto PROBITEC 1 (n. 1169) Nell ambito delle politiche energetiche e territoriali della Regione Lombardia il sistema agricolo esprime una forte potenzialità legata all approccio multifunzionale che sempre più lo caratterizza. La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, sostenuta anche da incentivi economici, ha pertanto favorito l avvio di nuove attività imprenditoriali integrate nel settore agricolo. La Direzione Generale Agricoltura si è fatta parte attiva in questo percorso cofinanziando gli investimenti nel settore e promuovendo azioni di ricerca e di sperimentazione, molte delle quali hanno affrontato il tema dell agroenergia. Questo Quaderno in particolare vuole orientare gli imprenditori nella scelta delle miscele di biomasse più idonee per avere le migliori rese in biogas negli impianti aziendali. Giulio De Capitani Assessore all Agricoltura Regione Lombardia

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9 3 1) Introduzione La diffusione degli impianti per la produzione di biogas mediante la cofermentazione di effluenti d allevamento e biomasse vegetali prodotte allo scopo, dimostra l interesse che questa diversificazione produttiva ha incontrato presso il mondo agrozootecnico. Tale attrattiva è ampiamente giustificata da tutta una serie di motivi che vanno dalla concreta possibilità di diversificare la P.L.V., per effetto degli importanti incentivi previsti dalla normativa per lo sviluppo delle energie rinnovabili (in grado ora di remunerare la gestione in modo decisamente più interessante di quanto facciano le produzioni tradizionali), alle importanti valenze ambientali di tali impianti. In particolare, tale ultimo aspetto si apprezza proprio nelle zone a forte concentrazione zootecnica, come la nostra Pianura Padana, ove non sono infrequenti le problematiche ambientali connesse all elevata concentrazione di allevamenti (AA.VV., 2009). Il materiale digestato, infatti, oltre ad avere minori emissioni di gas serra, rispetto all effluente di partenza, presenta pure un potenziale odorigeno decisamente inferiore, una migliore igienizzazione ed una migliore efficienza fertilizzante (Lorià et al., 2007; Massè et al., 2007). L interesse di tali impianti è destinato ad aumentare ulteriormente se saranno approvate alcune proposte di modifica del Decreto MIPAF 07/04/2006 nelle quali si prospetta la possibilità che gli effluenti di allevamento dopo la digestione anaerobica non siano più considerati tali, ma un prodotto intermedio, da utilizzare ovviamente sempre nel quadro del Codice di Buona Pratica Agricola, e quindi evitando di superare i fabbisogni delle colture, ma senza sottostare, nelle zone vulnerabili, al limite assoluto dei 170 kg/ha/anno di azoto al campo da effluente di allevamento. La diffusione di tali impianti è comunque destinata ad aumentare in modo importante all interno delle aziende agro zootecniche padane, e, pertanto, è indispensabile che essi siano calibrati sulle loro specifiche esigenze considerando sia il comparto zootecnico, sia quello delle produzioni vegetali. In base all art. 2, comma 1, del D.Lgs. n.387 del 29 dicembre 2003, per biomassa si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani». Questa definizione è stata estesa da altri autori utilizzando concetti come: materiale biologico in vita oppure morto da poco tempo (Volk et al., 2000) lasciando così intendere che nel concetto di biomassa siano inclusi i composti organici la cui origine fotosintetica può essere diretta (vegetali) o indiretta (animali) a patto che siano rinnovabili nel medio periodo; proprio questo aspetto permette di distinguere le biomasse da altri prodotti non rinnovabili pure di origine fotosintetica, quali petrolio e carbon fossile, in base al tempo di rigenerazione. Pertanto, i prodotti che pienamente rientrano nella definizione di biomassa sono: Prodotti e sottoprodotti agricoli, forestali e industriali

10 4 Frazione organica di rifiuti solidi urbani (FORSU) Deiezioni animali Colture dedicate (fra cui le Energy crops) Alghe Per valutare la possibilità di sfruttamento delle varie biomasse a scopo energetico e avere indicazioni utili circa il loro impiego in cofermentazione negli impianti biogas (con particolare riferimento alla situazione dell agricoltura ed ai prodotti della pianura Padana), nell ambito del progetto PROBITEC, si è allestita presso la sede ERSAF di Mantova una piattaforma di laboratorio totalmente automatizzata e dotata di minidigestori in batch grazie alla quale è possibile confrontare, operando secondo procedimenti standardizzati, le varie biomasse disponibili per valutarne rese, sinergie nonché eventuali controindicazioni. 2) La piattaforma sperimentale La piattaforma sperimentale realizzata presso la sede ERSAF di Mantova (figura 1) è al momento costituita da quattro moduli interconnessi: tre di essi ospitano le strutture termostatate all interno delle quali sono collocati i mini digestori in batch e i supporti per il l alloggiamento dei sacchetti in materiale multistrato che fungono da gasometro (un sacchetto per ogni minidigestore). All interno del quarto modulo sono invece ospitati il sistema per l essiccazione del biogas, il contatore a tamburo per la misurazione diretta della quantità prodotta (Ritter Apparatebau Gmbh, mod. TGO5) e il sistema di analisi per la misurazione della sua qualità in termini percentuali di ossigeno, anidride carbonica e metano. il sistema è stato progettato per essere facilmente ampliabile aggiungendo altri moduli con minidigestori in modo tale da potere incrementare il numero di campioni utilizzando il medesimo modulo con gli apparati di misura. Figura 1: la piattaforma sperimentale da laboratorio. Da destra a sinistra è possibile riconoscere i tre moduli con i contenitori termostatati e il modulo che ospita il contatore per la misurazione della quantità e il sistema di determinazione della composizione del biogas prodotto.

11 5 I minidigestori sono costituiti da bottiglie in polietilene ad alta densità della capacità di quattro litri dotate di tappo a vite con chiusura ermetica e di un punto di prelievo per il campionamento della biomassa durante la fermentazione (figura 2, a sinistra). Ciascun digestore è collegato ad un sacchetto gasometro della capacità massima di 2 litri (figura 2, a destra) che, raggiunto il proprio rigonfiamento, agisce su di un micro interruttore che attiva il sistema di misurazione ed analisi del biogas. L analisi del biogas raccolto nel sacchetto multistrato è prevista in due tempi in base alla necessità dei sensori di saturarsi con il biogas (figura 4): in un primo momento (definito di precampionamento ), l intero circuito che porta il gas dal sacchetto al sistema di misurazione ed analisi è saturato dal biogas e, conseguentemente, giungono a saturazione pure le celle di analisi. Successivamente, inizia la fase di analisi vera e propria che termina quando all interno del circuito si rileva depressione a significare che si è raggiunto il completo svuotamento del sacchetto gasometro e dunque che tutto il biogas prodotto è stato analizzato. Terminata l analisi, la macchina richiude il circuito che collega il sistema di misurazione al gasometro che riprende la raccolta di biogas dal digestore. Per sicurezza, dopo ogni analisi gli analizzatori sono lavati con azoto per evitare eventuali ristagni di H 2 S che potrebbero danneggiare il sistema. A regime, tutte le operazioni legate alla gestione della fermentazione, al campionamento e all analisi sono svolte in automatico sotto il controllo di un computer dotato di un software dedicato che ha cura anche della predisposizione del database di riferimento in base al quale è possibile elaborare, per ciascuna biomassa/matrice testata, curve di produzione cumulata del biogas (figure 3 e 5) in cui in ascissa è rappresentato il tempo intercorrente fra campionamento e l inizio della prova, e, in ordinata, la produzione specifica di biogas espressa come normal m 3 prodotti per tonnellata di solidi volatili della matrice. Figura 2: a sinistra è possibile valutare il sistema di alloggiamento dei minidigestori in batch nei contenitori termostatati; a destra è illustrato un particolare del sacchetto multistrato per la raccolta del biogas formatosi al interno dei minidigestori.

12 6 m 3 /t SV Figura 3: esempio di grafico per il confronto della produzione potenziale di metano da parte di cinque matrici/biomasse diverse. Figura 4: rappresentazione della fase di pre-campionamento e analisi del biogas. Si noti come varia il segnale proveniente dalle celle di analisi chimica: all inizio la percentuale di O 2, CO 2 e CH 4 riflette quella dell aria ambiente, mentre, dopo che queste si sono stabilizzate, il segnale si stabilizza sull effettiva composizione del biogas (~60% di metano e ~ 40% di CO 2 ). I metodi di valutazione della biodegradabilità anaerobica e della produzione potenziale di biogas riportati in letteratura (Raposo et al., 2009), prevedono che la matrice organica da testare sia posta a contatto con un adeguato inoculo di biomassa batterica (Hansen et al., 2004) in condizioni di processo controllate (ph, temperatura, quantità di substrato e di inoculo) in modo che essa sia degradata in anaerobiosi con lo sviluppo di biogas la cui valutazione è fatta monitorandone i volumi prodotti con diverse tecniche (Caffaz et al., 2007). Per la corretta esecuzione dei confronti fra biomasse (matrici) diverse si

13 7 prevedono tesi di controllo contenenti il solo inoculo in modo da potere esprimere il potenziale metanigeno della biomassa in esame al netto della quantità di biogas inevitabilmente prodotto dalla sostanza organica contenuta nell inoculo stesso (Veeken et al., 1999; Chynoweth et al., 1993). Per quanto riguarda il rapporto ottimale fra le quantità di inoculo e substrato, in letteratura si riportano risultati contrastanti circa l effetto che questo può avere sulla valutazione del potenziale metanigeno di una biomassa (González-Fernández et al., 2009; Raposo et al., 2006): il protocollo prevede l esecuzione di test preliminari con l incremento del rapporto inoculo/substrato evidenziando un influenza negativa sulla produzione di biogas imputabile, secondo alcuni autori, all eventuale presenza di sostanze in grado di inibire la metanogenesi nel materiale utilizzato come inoculo (Maya-Altamira et al., 2008). 2.1) Validazione della Piattaforma Dopo avere ultimato l assemblaggio e la preparazione dei vari componenti, per verificare il corretto funzionamento della piattaforma, si sono dapprima caricati tutti i digestori con 3000 g di digestato filtrato (ST: 4.49% del tal quale, SV: 68% dei ST) e 78,7 g di farina di mais (ST: 87.7%; SV: 98% dei ST) in modo tale che il rapporto dei solidi totali fra inoculo e matrice fosse 2:1 (Caffaz et al., 2007; Koppar et al., 2008). In figura 5 è rappresentato il grafico della produzione cumulata di ogni mini digestore suddivisa in modo tale da evidenziare il modulo termostatato che ospita ciascun minidigestore. In questa figura è possibile notare che, se da un lato la produzione totale di biogas è compresa fra i 30 e i 45 m 3 /t SV in tutti e tre i moduli (con una situazione particolare di 15 m 3 /t SV nel modulo numero 1), dall altro proprio nell armadio numero 1 si evidenziano dei particolari andamenti della produzione nei primi giorni di conduzione del test che hanno suggerito ulteriori verifiche. Il successivo lavoro di messa a punto della macchina ha avuto quindi come scopo la riduzione dell eccessiva variabilità riscontrata nei vari moduli: una volta completato questo secondo set di verifiche, è stata nuovamente impostata una fermentazione di calibrazione utilizzando le medesime quantità di farina di mais precedentemente individuate in modo tale da evidenziare eventuali differenze significative nella produzione media per campionamento, nella produzione media totale e nel numero di campionamenti effettuato. I risultati di questi confronti sono rappresentati in tabella 1 nella quale si può vedere chiaramente che, mentre la produzione media per campionamento registrata per i campioni nel modulo 1 è significativamente inferiore (è circa la metà) a quella registrata per i campioni nell armadio 2 e 3 (tabella 1), il numero di campionamenti registrato per questo modulo è quasi il doppio di quello registrato negli altri due (tabella 2) così che la produzione totale non differisce significativamente. La composizione percentuale del biogas è presentata in figura 6. Durante la fermentazione in batch, la composizione del biogas ha un andamento simile in tutti e tre i moduli della piattaforma: in principio la percentuale di metano è bassa mentre quella dell anidride carbonica è relativamente alta poiché in questa fase prevalgono i processi idrolitici che, degradando le molecole organiche, portano alla formazione di CO 2 ; successivamente, con l instaurarsi della fase metanogenica, incomincia la produzione di metano (rapido

14 8 incremento della percentuale di questo gas). Non trattandosi di un processo in continuo, man mano che la fermentazione procede si ha una progressiva diminuzione della biomassa disponibile e questo si riscontra nella progressiva diminuzione della percentuale di metano nel biogas mentre la percentuale di anidride carbonica aumenta proporzionalmente. In tutti e tre i moduli, la massima produzione di metano (e dunque la minima produzione di anidride carbonica) si raggiunge a 7 8 giorni dall inizio della prova. m 3 /t sv 50.0 Modulo Giorni Figura 5: produzione cumulata di biogas nei tre moduli della piattaforma Tabella 1: produzioni medie per campionamento, numero medio di campionamenti e produzione massima media (m 3 /t SV ) registrata in ciascun modulo della piattaforma Modulo Media Deviazione std. Produzione media per Campionamento (m 3 /t SV ) Numero campionamenti Produzione Massima (Pot. metanigeno)

15 9 Modulo 3 Modulo 2 % CH 4 e CO 2 nel biogas Modulo 1 Figura 6: andamento della composizione percentuale di metano e anidride carbonica con il procedere della fermentazione. In tabella 2 sono riportate, per ogni modulo, i valori medi della massima percentuale di metano e della minima percentuale di CO 2 misurata nel biogas. Questi, non variando significativamente fra i vari moduli, evidenziano la buona funzionalità del sistema per quanto riguarda l accuratezza e la ripetibilità delle misure effettuate. Giorni Tabella 2: confronto fra le medie della percentuale massima di metano e della percentuale minima di anidride carbonica riscontrate nel biogas prodotto nei singoli minidigestori. Gas Modulo Media Dev.st Min. Max. Max %CH 4 Min % CO

16 10 3) Prove di digestione in batch Prima di ogni prova di fermentazione è stato reperito come inoculo del digestato primario, proveniente da un azienda suinicola dotata di impianto biogas. Il digestato primario è stato successivamente filtrato con un setaccio da 2 mm e accuratamente omogeneizzato in una vasca in plastica prima di essere immesso nei minifermentatori da 5 litri. In ciascun fermentatore sono stati posti 3000 gr di inoculo (ST: 4.5% del tal quale, SV: 68% dei ST) ed è stata successivamente aggiunta una quantità di matrice da trattare in modo tale da mantenere un rapporto 2:1 tra sostanza volatile dell inoculo e sostanza volatile delle matrici (Vismara et al., 2008; Koppar et al., 2008): le prove sono state condotte ad una temperatura di 40 C fino all esaurimento della produzione di biogas. Durante la conduzione del progetto è stata valutata la potenzialità metanigena delle seguenti biomasse: 1. Riso verde: con questa denominazione si intende lo scarto di lavorazione del riso (nella fattispecie di var. Vialone nano). Tale scarto (figura 7) è originato dalla vagliatura del prodotto, dal quale vengono allontanati i chicchi di riso rimasti verdi, in quanto non idonei all impiego. L impiego di tali sottoprodotti, come di alcuni altri nel seguito meglio precisati, è finalizzato all opportunità di verificarne l idoneità in termini di utilizzo per la fermentazione anaerobica in vista di una sempre maggiore diversificazione delle fonti di approvvigionamento delle biomasse di partenza, con ciò determinando la riduzione nell utilizzo di materie prime nobili. Si consideri che solo in Regione Lombardia la superficie mediamente investita a riso si attesta intorno ai ha con una produzione complessivamente pari a c.ca t/anno. Vale la pena di ricordare che, rispetto al risone totale prodotto, una percentuale nell ordine del 20% c.ca si perde come lolla destinata ad un uso zootecnico o energetico in caldaia mentre un ulteriore 20% risulta dalla lavorazione sottoforma di rotture e farine, destinabili alla fermentazione anaerobica. Figura 7: parte del campione di riso verde utilizzato per la valutazione della potenzialità metanigena

17 11 2. Rottura di riso: Scarto della vagliatura del riso (Var. Vialone nano). Si tratta di chicchi di riso frammentati a seguito di rottura meccanica (figura 8). Figura 8: alcuni esempi del campione di rottura di riso impiegato. 3. Farinaccia di riso: farina derivante dalla prima lavorazione del riso. Ha consistenza polverosa e di colore bianco-avorio (figura 9). Figura 9: particolare del campione di farinaccia di riso. 4. Pomodoro triplo concentrato: Prodotto della lavorazione del pomodoro da industria, presenta una consistenza semisolida e omogeneità nella composizione che lo rende di un certo interesse per le finalità agro energetiche anche se di difficile gestione per ragioni di consistenza e deperibilità. Inoltre presenta problematiche di ordine autorizzativo non del tutto chiare nella normativa di riferimento per il cui utilizzo si rimanda ad approfondimenti specifici. 5. Insilato di triticale: Insilato di triticale (varietà Bienvenue e Talentro) prelevato presso i sili orizzontali di un impianto di produzione di biogas (s.s 28%, produzione 40t/Ha tal quale). 6. Insilato di sorgo: Insilato di sorgo (varietà Biomass 133) prelevato presso i sili orizzontali di un impianto di produzione di biogas (s.s 25%, produzione 50t/Ha tal quale).

18 12 7. Pasta cotta: prodotto acquistato in commercio, sottoposto a cottura a 100 C per 12 minuti. L interesse per tale tipologia di prodotto deriva dall opportunità di poter avviare alla fermentazione anaerobica eventuali scarti di mense e servizi di ristorazione in genere. 8. Pasta cruda: prodotto commerciale come nel caso precedente, frantumato poi con un pestello. In tal caso si è valutata di un certo interesse la potenzialità legata agli scarti di lavorazione delle industrie alimentari del settore. 9. Siero: Siero prelevato presso ditta operante nel settore specifico. In particolare, trattasi di un derivato della lavorazione del siero che viene concentrato per renderne più economica la gestione ed il trasporto. 10. Vinacce: Si tratta di vinacce, residuo della spremitura di uve a bacca rossa (Ancellotta, Fortana e Lambrusco), al 26,50% di solidi totali, COD pari a mg/l tal quale e ph 8, Scarto essiccatoio: scarto dell essicazione di cereali: frammenti di granella di mais, farina di mais e pula di riso (figura 10). Trattasi di un prodotto già disponibile in commercio senza tuttavia una specifica valorizzazione economica, pur essendo di un certo interesse agro energetico (come nel seguito meglio specificato). Si consideri che le perdite in materia prima, a seguito di movimentazione, essiccazione, e conservazione ammontano a c.ca l 1% rispetto al prodotto consegnato. Solo in Lombardia, la produzione di granella di mais si attesta nell ordine di t/anno. Figura 10: visione generale (a sinistra) e particolare (a destra) del campione denominato scarto essiccatoio. 12. Pasta per la pizza: scarto della produzione di pizza prelevata presso industria alimentare. Si tratta di ritagli di pasta per la pizza non commercializzabili ma comunque disponibili. 13. Pollina: deiezione avicole di galline ovaiole allevate in batteria raccolte presso allevamento avicolo. Deiezioni raccolte con nastro e pre-essiccate. Tempo intercorrente tra la produzione e l utilizzo pari a c.ca n.1 settimana.

19 Insilato di mais: i campioni analizzati si riferiscono a ibridi di classe FAO 700, a ciclo tardivo, raccolti a maturazione cerosa, trinciati alla dimensione di 1 cm ed insilati in silo orizzontale, in modo tale che si instaurino le fermentazioni che portano alla maturazione e alla conservazione dell'insilato. 15. Soia frantumata: granella di soia frantumata (figura 11) con passaggio in mulino proveniente dal raccolto dell az. ERSAF Carpaneta di Gazzo di Bigarello (MN). Figura 11: visione generale (a sinistra) e particolare (a destra) del campione di granella di soia frantumata 16. Sfalcio di prato: si tratta di sfalcio verde del prato erboso di un campo da calcio (figura 12). Trattasi di erbaio polifita misto di graminacee. Figura 12: visione generale (a sinistra) e particolare (a destra) del campione di sfalcio di tappeto erboso 17. Polpe di bietola soppressate: fettucce di barbabietola private dello zucchero, con un processo di diffusione in acqua calda e poi compresse per eliminare il liquido in eccesso. Provenienza: zuccherificio area nord Italia. 18. Liquame Bovino: frazione solida e liquida delle deiezioni animali, prelevato dalla vasca di stoccaggio di un allevamento di bovini da carne (vitelloni) della provincia di Mantova in cui gli animali sono allevati in stabulazione libera utilizzando box collettivi (dotati di pavimentazione fessurata per la raccolta e il convogliamento delle deiezioni) disposti su due file con corsia di foraggiamento centrale.

20 14 Su ciascuna matrice impiegata nella sperimentazione sono state effettuate le seguenti analisi chimico-fisiche: ph, solidi totali, solidi volatili, carbonio totale, COD della matrice a inizio prova (COD in ) e COD del digestato a fine prova (COD out ), contenuto in azoto totale (N tot ), contenuto in azoto ammoniacale (% N tot ) e in azoto solubile (%N tot ), amido e NDF. In questo modo è stato possibile monitorare il profilo chimico del processo. I solidi totali rappresentano il residuo secco ottenuto in seguito all'evaporazione a 105 ± 5 C di un campione fino al raggiungimento del peso costante. Il contenuto in solidi totali della matrice è stato espresso come percentuale del peso tal quale in base alla seguente relazione: Peso Secco della Matrice Solidi Totali x 100 Peso Fresco della Matrice Con il termine solidi volatili si intende la frazione di sostanza secca rappresentata dalla materia organica che, in quanto tale, può essere volatilizzata per combustione. Per la determinazione di questa frazione i campioni di matrice secca sono stati posti in muffola alla temperatura di 550 C per almeno 2 ore. Al termine di questo trattamento nei crogioli contenenti le matrici si ritrovano solo le ceneri che rappresentano la componente inorganica. Il contenuto in solidi volatili (espresso come percentuale dei solidi totali) è quindi determinato nel seguente modo: Solidi Volatili Peso Ceneri 1 x 100 Peso Secco Matrice Il COD (Chemical Oxygen Demand, Domanda Chimica di Ossigeno) rappresenta la quantità di ossigeno necessaria per l ossidazione completa della sostanza organica dei vari campioni. Nell ipotesi che il contenuto di COD della sostanza organica biodegradata sia trasferito interamente al metano, è possibile stimare la quantità di metano prodotto. Nel caso del metano vale l equazione: CH4 2O2 CO2 2H2O In base alla quale si può calcolare che, per ossidare completamente 1 mole di CH 4 (il cui peso molecolare è pari a 16 g/mol), sono necessarie 2 moli di ossigeno molecolare (64 g). Pertanto, il fattore di conversione teorico tra COD e metano è 0.25 kg CH 4 /kg COD degradato che in condizioni standard (a 0 C ed alla pressione di 1 atmosfera) corrisponde a 0.35 Nm 3 CH 4 /kg COD degradato (Metcalf and Eddy, 2003; Guglielmi et al., 2006). Nella maggior parte dei processi anaerobici non tutto il COD rimosso è utilizzato per la produzione di metano: una parte di esso è infatti utilizzato per la crescita microbica. Il COD delle matrici è stato determinato mediante test in cuvetta HAC-LANGE (kit LCK 914 con range 5 60 g/l). Per poter procedere con l'analisi, il primo passo è stato quello di diluire ciascuna matrice con H 2 O distillata per poter avere un campione il cui COD rientrasse nel range di funzionamento del kit impiegato. La

21 15 conduzione dell'analisi è stata fatta ponendo 0,2 ml di soluzione di matrice in una cuvetta contenente una miscela cromosolforica (acido solforico, H 2 SO 4 e dicromato di potassio, K 2 Cr 2 O 7 ). Durante la reazione il cromo si riduce passando da esavalente a trivalente, questa riduzione induce un viraggio del colore che da arancione diventa verde. Affinchè la reazione potessse completarsi, successivamente all'aggiunta del campione, le cuvette sono state poste in un mineralizzatore (marca LANGE LT 200) a 148 C per 120', al termine della digestione il COD è stato determinato per via spettrofotometrica (spettrofotometro LANGE DR 2800). In tabella 3 sono riportati le principali caratteristiche chimico-fisiche delle matrici sottoposte ai test di digestione anaerobica. Per maggiore chiarezza, tali matrici sono state suddivise in quattro categorie: I. Energy crops II. Biomasse di scarto III. Scarti di trasformazione IV. Reflui di allevamento Le prove di fermentazione, condotte in più tornate, sono state sempre protratte fino a che, nelle matrici testate, non si registrava più alcuna produzione significativa di biogas. Al termine della sperimentazione tutti i dati ottenuti sono stai elaborati utilizzando il pacchetto informatico di elaborazione statistica SPSS 13.0 e il software per il data processing MS EXCEL 2003/2007. Il confronto fra le medie è stato fatto calcolando la minima differenza significativa (LSD) con livelli di probabilità pari a 0.05.

22 Tabella 3: Risultati della caratterizzazione chimico-fisica delle matrici prima della digestione anaerobica operata nella piattaforma di laboratorio (valori espressi come media ± deviazione standard di tre replicati) Matrice ph ST (% t.q.) SV (% ST) N-tot (% ST) N-NH 3 (mg/kg) N-sol (mg/kg) COD in (g/l) COD out (g/l) C org (mg/kg) Amido (% t.q.) NDF (% tq) Insilato di Mais 3, ,6 5, ,08 110,9 1,18 33,20-14,83 Energy Crops Insilato di Triticale 3, ,5 1, , ,9 - Insilato di Sorgo 3, ,3 2, ,74 92,10 0,49 48,75 32,3 - Sfalcio di Prato 6,80 57,5 90,2 4,00 342,50 3,71 58,20 0, Riso Verde 6,16 86,8 98,2 13,6 113,75 2,69 61,80 3, Biomasse di scarto Rottura di Riso 6,90 86,30 90,0 13,02 151,9 0,58-1, Farinaccia di Riso 6,75 89,92 97,5 18,43 163,50 2,4 64,70 16, Scarto Essiccatoio - 88,3 95, Soia Frantumata - 89,7 94,2 78,0 71,75 6,3 112,30 19, Vinacce 7,97 26,5 88,3 3, , Siero 6,27 6,60-0, ,00 19,6 - - Scarti di Trasformazi one Triplo concentrato di pomodoro 4,17 27,2 95,8 3,94-3,03-0, Pasta per Pizza - 66,10 35,5 88,6 0, ,92 Pasta Cruda - 89,2 99,1 18,4 279,25-68, Pasta Cotta - 89,2 99,9 18,4 260,50-53, Polpe di bietola suppressate 4, ,37-6,54 83,7 0,35 12,4 9,5 - Reflui di allevamento Liquame bovino 7, ,1-9, Pollina 7,34 35,8 15,6 16 4,5-92,1-19,5 72,9 -

23 17 3.1) Risultati delle prove di digestione in Batch In tabella 4 sono riportate le produzioni potenziali di biogas ottenute dalle matrici considerate suddivise nelle categorie di appartenenza: Tabella 4: produzione media di biogas fatta registrare da ciascun gruppo di matrici. I valori mostrati sono espressi come media ± deviazione standard di tutti i replicati appartenenti alla categoria. MATRICI Nm 3 biogas/t SV % CH 4 Energy Crops ± ± 3.7 Biomasse di Scarto ± ± 7.4 Scarti di Trasformazione ± ± 11.0 Reflui di allevamento ± ± 6.3 Dal primo confronto fatto fra ciascuna tipologia di biomassa (tabella 4) emergerebbe che, in base alla suddivisione utilizzata, il maggior potenziale metanigeno (ABP Anaerobic Biomethane Potential) appartenga pari merito a Energy Crops (Insilato di mais, di sorgo e di triticale) e Reflui di allevamento (Pollina e Liquame bovino) che fanno registrare una produzione media di biogas rispettivamente pari a ± Nm 3 /t SV e ± Nm 3 /t SV cui segue la produttività delle Biomasse di scarto (535.5 ± Nm 3 /t SV ) e infine quella mostrata dagli Scarti di Trasformazione (443.6 ± Nm 3 /t SV ): l analisi della varianza ad una via condotta su questi risultati non ha evidenziato differenze significative e questo è da considerare come un risultato atteso alla luce della variabilità riscontrabile all interno di ciascuna categoria di biomasse. Infatti, se da un lato questo screening preliminare fornisce già alcune importanti indicazioni sull energia ottenibile dalle diverse tipologie di matrici studiate; dall altro proprio l ampia variabilità fatta registrare da alcune di esse indica che l informazione più dettagliata è senz altro contenuta nello studio della produzione di biogas mostrata da ciascuna matrice singolarmente. Queste produzioni sono successivamente riportate (in ordine di ABP decrescente da sinistra a destra) in figura 13 unitamente alla percentuale media di metano nel biogas prodotto.

24 18 Nm 3 /t sv % CH 4 Figura 13: produzione potenziale di biogas delle matrici considerate (Nm 3 biogas/t SV ) unitamente alla massima concentrazione di metano registrata. I risultati sono espressi come media ± deviazione standard di tre replicati

25 19 Da essa è possibile evincere che, fra le Energy Crops, il massimo ABP (654.2 ± Nm 3 /t sv ) appartiene all insilato di mais (% di metano pari a 60.2 ± 3.2): questa produzione, risulta essere decisamente superiore a quella registrata per l insilato di sorgo e di triticale per i quali si hanno rispettivamente ± 3.9 e ± 17.6 Nm 3 /t sv. Per quanto riguarda le Biomasse di scarto, i risultati della sperimentazione hanno mostrato che la massima produzione di biogas è stata quella fatta registrare dal campione di riso verde (705.4 ± Nm 3 /t sv ) cui, in ordine decrescente di produttività, seguono la rottura di riso (674.5 ± Nm 3 /t sv ), lo scarto di essiccatoio (615.2 ± 71.9 Nm 3 /t sv ) e la soia frantumata (595.7 ± 55.7 Nm 3 /t sv ): matrici le cui differenze di produzione non sono risultate significativamente differenti fra loro. Sempre procedendo in ordine decrescente, si arriva alla produzione delle vinacce che, con i suoi ± 8.6 Nm 3 /t sv, si pone in una posizione intermedia fra il gruppo statistico precedentemente individuato e quello costituito da farinaccia di riso (304.2 ± Nm 3 /t sv ) e sfalcio di prato (356.5 ± Nm 3 /t sv ) le cui produzioni risultano essere significativamente differenti da quelle del primo gruppo. Tra gli Scarti di trasformazione la massima produzione di biogas è quella relativa alle polpe di bietola suppressate (646.9 ± 9.8 Nm 3 /t sv ) che costituisce un gruppo statistico omogeneo con quella della pasta per la pizza (504.7 ± 11.7 Nm 3 /t sv ), che però ha fatto registrare la più bassa percentuale di metano nel biogas prodotto (33,3 ± 0,9%), e quella del triplo concentrato di pomodoro (573.4 ± Nm 3 /t sv ) mentre pasta cotta (354.8 ± 47.6 Nm 3 /t sv ), siero (315.0 ± Nm 3 /t sv ) e pasta cruda (287.5 ± Nm 3 /t sv ) costituiscono un gruppo a sé. Relativamente agli effluenti di allevamento, il liquame bovino ha fatto registrare una produzione di biogas decisamente inferiore rispetto alla pollina (487.5 ± 65.8 Nm 3 /t sv contro ± 61.2 Nm 3 /t sv ) ma la % di metano nel biogas prodotto risulta essere significativamente superiore (65,3 ± 0,6% contro 56,4 ± 0,3%). In tabella 5 si riportano, per confronto, gli ambiti di resa potenziale in biogas comunemente riscontrabili in condizioni operative ordinarie. In essa è possibile notare che le rese ottenute con questa sperimentazione sono generalmente congruenti con quanto riportato in letteratura; in particolare rientrano pienamente nel range proposto gli scarti dell agroindustria e gli effluenti di allevamento. Alcune eccezioni compaiono allorché si confrontano i risultati ottenuti dalle colture energetiche in quanto l insilato di sorgo e quello di triticale, con le loro produzioni, seppur di poco, risultano inferiori al limite proposto di 550 Nm 3 /t sv (Tab.5). Altri confronti operati con quanto riportato nella letteratura scientifica, hanno mostrato che: per quanto concerne le colture energetiche, la resa fatta registrare dall insilato testato è in linea con quanto proposto da Bortolazzo et al. (2009) nei cui risultati è riportato un range che va da 204 Nm 3 /t sv ad un massimo di 626 Nm 3 /t sv (media: 381 Nm 3 /t sv ) e la stessa cosa può essere detta relativamente ai campioni di mais la cui produzione di Nm 3 /t sv può essere comparata a quanto ottenuto da Oechsner et al.(2003) con una durata del processo di 36 giorni a 37 C (fonte citata da Amon et al., 2007).

26 20 Tabella 5: Resa potenziale in biogas delle biomasse e degli scarti organici avviabili alla digestione anaerobica (fonte: Piccinini, 2008 modificato) Materiale Resa potenziale in biogas (Nm 3 /t sv ) Deiezioni animali Residui colturali Scarti Organici dell Agroindustria Scarti Organici di Macellazione Fanghi di depurazione Frazione Organica Rifiuti Solidi Urbani Colture Energetiche Anche la produttività ottenuta dalle altre matrici di scarto è in linea con quanto riportato in letteratura: infatti, Zhang et al. (2007) hanno mostrato che l'esperimento della durata di 28 giorni effettuato sui rifiuti alimentari ha determinato un valore potenziale di produzione di biogas pari a Nm 3 /t sv, valore inferiore rispetto a quello riscontrato dalla sperimentazione realizzata da Cho e Park (1995) e Heo et al. (2004) che ottennero rispettivamente Nm 3 /t sv con un processo della durata di 25 giorni alla t di 37 C e Nm 3 /t sv da una fermentazione perdurata 40 giorni a 35 C. Per quanto riguarda il liquame bovino, il valore ottenuto risulta in accordo con la sperimentazione eseguita da Caffaz et al. (2007) nella quale si è trovata una produzione pari a 430 Nm 3 /t sv mentre l eccezionale produttività fatta registrare dalla pollina può essere spiegata dalle particolari condizioni operative in cui è avvenuta la fermentazione e dal rapporto 1:2 dei solidi totali della matrice rispetto all inoculo.

27 21 4) Valutazione dell emissione di odore dai digestati I primi impianti per la produzione di biogas, realizzati negli anni 70, furono costruiti nel tentativo di consentire agli allevatori, in particolare suinicoli, di ottemperare alle normative ambientali (la legge Merli n. 319 del 10/05/1976 e s.m.i.) con una soluzione in grado di contenerne i consumi energetici rispetto ai tradizionali sistemi aerobici. Se tali aspettative, da un lato, furono deluse in quanto gli impianti non si dimostrarono all altezza delle necessità, dall altro, si evidenziarono alcuni aspetti interessanti in relazione alla capacità di stabilizzare la biomassa organica con la conseguente riduzione dell impatto olfattivo generato dallo stoccaggio e dalla utilizzazione agronomica dei liquami. Tali, pur interessanti, risultati non rendevano comunque conveniente la costruzione dell impianto il cui ritorno economico era fortemente penalizzato sia dalla mancanza di specifici incentivi, sia dalle scarse produzioni ottenibili dai soli effluenti zootecnici. Oggi, grazie all introduzione di incentivi che rendono l investimento nelle bioenergie decisamente più appetibile ed allo sviluppo di impiantistiche che prevedono la cofermentazione dei liquami con altre biomasse organiche, la diffusione degli impianti biogas sta procedendo in tutta Europa. E questo un aspetto di grande interesse anche in relazione alla riduzione che tali impianti assicurano nella riduzione dell impatto ambientale generato dall attività zootecnica grazie: - alla stabilizzazione degli effluenti zootecnici con drastica riduzione della potenziale emissività di gas serra e odori sia durante lo stoccaggio che in fase di utilizzazione agronomica (Clemens et al., 2006; Monteny et al., 2006; Loughrin et al., 2006; Schiffman et al., 2005); - all abbattimento della carica microbica dei liquami (Albinh et al., 2007; Heinonen-Tanski, 2006; Coté et al., 2006; Juteau P., 2006); - alla riduzione dei solidi presenti negli effluenti zootecnici con conseguente fluidificazione e più facile omogeneizzazione degli stessi, rendendone possibile un efficace utilizzazione agronomica. Inoltre le caratteristiche fertilizzanti ed ammendanti sono valorizzate dalla riduzione del rapporto C/N e dalla presenza dell azoto in forma immediatamente disponibile per le colture (Loria et al., 2007; Massè et al., 2007); - ai vantaggi economici assicurati, grazie agli incentivi, dalla produzione di energia da fonti rinnovabili che consente di eseguire i trattamenti per la riduzione del carico azotato dell allevamento a costi sostenibili (Marti et al., 2007; Uludag-Demirer et al., 2008; Waki et al., 2007). E per verificare l effettiva incidenza di tali trattamenti nel contenere la diffusione di odori sgradevoli, l aspetto che forse maggiormente penalizza l attività zootecnica nei rapporti con la società civile che, nell ambito del progetto PROBITEC si è voluto verificare come la digestione anaerobica, operata in condizioni controllate, influisca sull emissività di odore dei digestati derivanti da biomasse organiche diverse utilizzabili in cofermentazione con gli effluenti di allevamento.

28 22 4.1) Materiali e metodi Diciassette matrici diverse sono state sottoposte a digestione anaerobica in batch per la produzione di biogas utilizzando la piattaforma sperimentale predisposta presso i laboratori ERSAF di Mantova. La digestione anaerobica delle matrici è stata condotta alla temperatura di 38 C nei minidigestori della piattaforma sperimentale (cap. 2) caricati con 2500 g di digestato filtrato (ST: 4.49% del tal quale, SV: 68% dei ST) cui è stata aggiunta, per ciascuna tesi, una quantità variabile di matrice così che il rapporto fra i solidi totali dell inoculo e quelli della matrice medesima fosse 2:1. Durante la fermentazione è stata registrata la quantità totale di biogas prodotto da ciascuna matrice unitamente alla sua qualità intesa come composizione percentuale di CH 4, CO 2, O 2 e H 2 S. Una volta terminata la digestione anaerobica, i digestati e 4 ingestati utilizzati come riferimento sono stati sottoposti ad analisi olfattometrica dinamica per la quantificazione della loro emissione di odore utilizzando la seguente procedura: I campioni di digestato sono stati distribuiti su di un vassoio in plastica lungo 40 cm e largo 30 cm (0.12 m 2 ) subito coperto con una cappa in plexiglass attraverso la quale, trascorso un adeguato periodo di acclimatazione, è stata fatta insufflata aria filtrata ad un flusso di 0.36 m 3 /h convogliando l aria in uscita in appositi sacchetti di nalophan della capacità di 50 litri. Entro 28 ore dal prelievo i campioni di aria odorosa sono stati sottoposti ad analisi olfattometrica per la determinazione della concentrazione di odore. Tale analisi è stata condotta nel laboratorio di olfattometria dinamica e analisi sensoriale del Dipartimento VSA ( secondo il metodo della scelta forzata (Uni- CEN, 2003) utilizzando tre replicati per ciascuna matrice per un totale di sessanta campioni. Questa tecnica, purtroppo relativamente complessa e costosa, ha però il vantaggio di essere ormai standardizzata quanto a metodologia di esecuzione ed è in grado di contenere ad un livello accettabile l alta variabilità inevitabilmente legata al fattore umano (Walker J. C., 2001; Stuetz et al., 2001) Al termine dell analisi olfatto metrica è stata ricavata l emissione di odore per ciascun digestato e ingestato applicando la seguente formula Emissione di odore (OU/s/m 2 ) = (OU/m 3 x m 3 /h x 1 h/3600 s)/0.12 m 2 I risultati della prova sono riassunti in figura 14 nella quale è possibile vedere come la biomassa reduce dalla digestione anaerobica in batch, sia effettivamente meno impattante di quella non sottoposta a tale trattamento. Infatti, la riduzione dell emissione di odore oscilla da un minimo del 44.7% (scarto di essiccatoio) ad un massimo del 93.3% relativamente al digestato ottenuto dalla digestione anaerobica del siero.

29 OU/m 3 Concentrazione di odore Emissione di odore OU/s/m Siero Glicerina Scura Sorgo da biomassa Siero Cotto Mix estruso forte Glicerina Chiara Olio di Colza Glicerina Solida Mix non estruso Lolla di Riso Pasta Cotta Separato Solido Soia Spaccata Mix estruso debole Bucce Pomodoro Succo Pesca Scarto Essiccato Ingestato medio Figura 14: concentrazione ed emissione di odore di odore dai digestati e, per confronto, dagli ingestati medi presi come riferimento.

30 24 Questi risultati sono in linea sia con quanto riportato da Immovilli et al. (2008) i quali, studiando la digestione anerobica del liquame suino, hanno riportato riduzioni della concentrazione di odore del 64%, che con le indicazioni suggerite da Pabon Pereira (2009) nel proprio lavoro di ricerca. 5) Studio della fase di start up con l impianto pilota 5.1) Descrizione dell impianto pilota L impianto pilota per la produzione di biogas, installato presso l Azienda agroforestale «Carpaneta» (Bigarello, Mantova), di proprietà della Regione Lombardia e concessa in uso all Ersaf, è costituito da due digestori del volume di 5 m 3, dotati ciascuno di un sistema di miscelazione in grado di funzionare sia in parallelo che in serie, in modo da garantire la massima flessibilità di utilizzo, e da una campana gasometrica del volume di 1 m 3 per l accumulo del biogas (figura 15, a sinistra). Per l alimentazione dei digestori sono disponibili due serbatoi di 0,7 m3 di capacità collegabili alternativamente alla pompa di alimentazione, all interno dei quali avviene la preparazione dell ingestato (figura 15, a destra), mentre la raccolta di quest ultimo è fatta in due vasche distinte, una per ciascun digestore. Riscaldamento dei due digestori è garantito da una caldaia a GPL della potenza di kcal/ora. L impianto, totalmente automatizzato e in grado di funzionare in continuo, è dotato di una strumentazione che permette di monitorare ciascuna fase del processo fermentativo (portata di alimentazione, livello del digestato all interno del fermentatore, temperatura di fermentazione, quantità di biogas prodotto) e di avere indicazioni sui parametri quali-quantitativi del biogas prodotto. Figura 15: a sinistra l impianto pilota costituito da due digestori da 5 m 3 e da una campana gasometrica da 1 m 3 per l accumulo del biogas; a destra, particolare dei mixer per l alimentazione dei digestori. 5.2) Conduzione della prova Mettere meglio a fuoco quanto avviene durante la fase di start up dei digestori è stato il primo step di lavoro. L impianto pilota è stato dunque alimentato con il solo liquame bovino (solidi totali 5.5 ± 0.6%, solidi volatili pari a 74 ± 2% dei solidi totali), ponendo il tempo di ritenzione idraulica di ciascun digestore

31 pari a 20 giorni e impostando la temperatura di esercizio dell impianto in condizioni di mesofilia (38 40 C). Tabella 6: ripartizione delle quantità di liquame giornalmente caricate e del carico di solidi totali e volatili inserito in ciascun digestore. Settimana Parametro Digestore 1 Digestore 2 Media Dev. St. Media Dev. St. L/d 365,68 18,20 217,39 64,13 ST (kg/d) 19,74 0,98 12,48 4,14 SV (kg/d) 14,26 0,71 9,28 3,34 t ( C) 41,29 0,13 45,90 0,14 L/d 302,60 15,14 257,28 37,90 ST (kg/d) 18,95 0,83 16,16 2,81 SV (kg/d) 14,17 0,85 12,10 2,22 t ( C) 39,24 0,92 42,16 1,14 L/d 258,70 126,92 308,83 8,04 ST (kg/d) 17,45 1,61 17,24 1,39 SV (kg/d) 12,98 1,31 12,81 1,13 t ( C) 42,62 0,48 44,90 0,24 L/d 302,40 3,70 281,99 38,57 ST (kg/d) 15,53 0,73 14,43 1,75 SV (kg/d) 11,29 0,70 10,49 1,23 t ( C) 43,29 1,24 45,46 1,42 L/d 297,91 13,03 297,18 6,48 ST (kg/d) 14,90 0,65 14,86 0,32 SV (kg/d) 10,73 0,47 10,70 0,23 t ( C) 43,16 1,39 44,97 1,67 L/d 300,41 14,56 293,34 25,37 ST (kg/d) 15,02 0,73 14,67 1,27 SV (kg/d) 10,81 0,52 10,56 0,91 t ( C) 40,78 1,59 41,94 1, Nm 3 /d % CH Settimana Nm3 biogas digestore 1 Nm3 biogas digestore 2 % CH4 Digestore 1 % CH4 Digestore 2 0 Figura 16: produzione media di biogas (Nm3/d) e % media di CH4 nel biogas prodotto in ciascun digestore dell impianto pilota. In figura 17 si riportano le produzioni specifiche insieme all andamento del FOS/TAC: risulta bene evidente come il significativo incremento della produzione specifica di biogas sia legato all indice FOS/TAC

32 che, in corrispondenza della massima produzione registrata ( L/kg SV /d), si assesta su valori compresi fra 0,2 e 0, FOS/TAC L/kg SV/d Settimane 1 2 Settimane FOS/TAC Digestore 1 FOS/TAC Digestore 2 L/kg SV/d D1 L/kg SV/d D Figura 17: rappresentazione grafica dell andamento della produzione specifica di biogas (L/kg SV/d) e del FOS/TAC durante la simulazione dello start up. Per aumentare il livello di conoscenza ottenibile dalle variabili considerate e, sulla base di esse, riuscire a discriminare maggiori differenze nella fase di start up dei digestori, i dati ottenuti sono stati elaborati mediante analisi delle componenti principali (PCA). In figura 18 è rappresentata la proiezione delle variabili temperatura, produzione media giornaliera (Nm 3 ), produzione media cumulata (Nm 3 cumulati), FOS/TAC, ph digestato, % metano (CH 4 ) misurate nel solo digestore 1 sulle due componenti principali. Sulla prima componente (che spiega il 50% della variabilità totale) si proiettano, sebbene in direzioni differenti, le variabili temperatura, ph del digestato, %CH 4 e FOS/TAC; diversamente, le variabili di produzione (media giornaliera e cumulata) hanno una maggiore influenza sulla seconda componente principale cui è associato il 33,6% della variabilità rilevata (la posizione della variabile FOS/TAC indica che essa influisce positivamente sia sulla prima che sulla seconda componente principale). Nello score plot rappresentato in figura 19 è possibile vedere come, relativamente al digestore 1, sia possibile individuare tre distinte situazioni: la prima, in cui le variabili con peso maggiore sono FOS/TAC, ph del digestato e % di metano (CH4), che comprende i casi rilevati nelle prime due settimane di attività del digestore (ellisse verde), la seconda (ellisse gialla) che annovera i casi rilevati dalla terza alla quinta settimana di attività del digestore e per i quali assumono un peso maggiore le variabili più squisitamente impiantistiche (temperatura di esercizio e produzione media giornaliera e cumulata) e infine una terza fase (ellisse blu) in cui è possibile individuare i monitoraggi della sesta settimana di esercizio e che è caratterizzata prevalentemente dalla quantità di biogas prodotto.

33 27 Figura 18: proiezione delle variabili considerate per il digestore 1 ( loading plot ) nel piano identificato dalle prime due componenti principali. Lo stesso tipo di analisi, condotto sul digestore 2, (figura 20 e 21) ha mostrato che, anche per esso è possibile individuare tre distinte situazioni: la prima, in cui le variabili con peso maggiore sono FOS/TAC, temperatura e produzione di metano e che comprende i casi rilevati nelle prime due settimane di attività del digestore (ellisse verde); la seconda,ellisse gialla, che annovera i casi rilevati dalla terza alla quinta settimana di attività del digestore e per i quali assumono un peso maggiore la percentuale di metano nel biogas prodotto e il ph del digestato e, infine, una terza fase nella quale sono annoverati i casi registrati prevalentemente nella sesta settimana di monitoraggio e per i quali le variabili di produzione (produzione media giornaliera e cumulata) insieme al ph del digestato assumono una maggiore importanza. Figura 19: proiezione dei campioni analizzati nel piano identificato dalle 2 componenti principali (50,0% PC1 e 33,6% PC2). Nell insieme verde sono raggruppati i campionamenti effettuati nelle prime 2 settimane, in quello giallo sono racchiusi quelli effettuati tra la terza e la quinta settimana mentre in quello blu si ritrovano prevalentemente i campionamenti effettuati nella sesta settimana di monitoraggio.

34 28 Figura 20: proiezione delle variabili considerate per il digestore 2 ( loading plot ) nel piano identificato dalle prime due componenti principali. Figura 21: proiezione dei campioni analizzati nel digestore 2 nel piano identificato dalle 2 componenti principali (54,0% PC1 e 28,0% PC2). Nell insieme verde sono raggruppati i campionamenti effettuati nelle prime 2 settimane, in quello giallo sono racchiusi quelli effettuati tra la terza e la quinta settimana mentre in quello blu si ritrovano prevalentemente i campionamenti effettuati nella sesta settimana di monitoraggio. A seguito delle informazioni ottenute, si è voluto indagare più a fondo il legame fra le variabili conducendo un analisi discriminante (figure 21 e 22) con il triplice obiettivo di:

35 29 - porre le basi per potere successivamente classificare nuovi casi nei gruppi preesistenti utilizzando le informazioni derivabili dall analisi stessa; - individuare la combinazione lineare di variabili misurate che possa fornire la migliore discriminazione possibile fra i gruppi considerati; - incominciare a sviluppare un procedura che possa permettere e verificare l appartenenza di gruppo per soggetti diversi da quelli sui quali sono state individuate le funzioni discriminanti di classificazione. I coefficienti standardizzati delle funzioni discriminanti (tab. 7) mostrano che la prima funzione discriminante è determinata, in senso negativo, soprattutto dalla variabile Nm3 cumulati e in parte, seppur con segno opposto, dalla variabile FOS/TAC (punteggi elevati nella funzione si associano quindi a punteggi elevati nel FOS/TAC e bassi nella produzione cumulata) e che è sempre la variabile FOS/TAC a caratterizzare, in positivo, la seconda funzione. Tabella 7: coefficienti standardizzati delle funzioni discriminanti canoniche individuate. Funzione Discriminante Digestore Variabili Nm 3 /d 0,020-0,244 0,046 1,134 0,535 Temperatura 0,243 0,072 0,544 0,773-0,281 Nm 3 cumulati -1,163 0,309-0,254-0,216-0,213 FOS/TAC 0,600 0,701 0,894-0,394-0,149 CH 4 0,355 0,490-0,469 0,593-0,533 ph digestato 0,317 0,182-0,260-0,119 0,647 Nm 3 /d -0,276-0,837-0,552 0,910-0,337 Temperatura -0,152-0,331-0,319 0,417 0,864 Nm 3 cumulati -0,516 0,934 0,810-0,070 0,407 FOS/TAC 0,775 0,815 0,610 0,270 0,233 CH 4 0,229-0,892 0,866 0,022 0,477 ph digestato 0,134 0,378-0,384 0,324-0,427 La classificazione operata dalle funzioni considerate è successivamente riportata nelle figure 21 e 22 in cui i casi studiati sono riportati in uno spazio bidimensionale individuato dalle prime due funzioni discriminanti: ogni gruppo è rappresentato da markers di forma e colore diverso e i centroidi di ciascun gruppo sono indicati da rettangolini più grandi. Per quanto riguarda il digestore 1 (figura 22), le funzioni discriminanti individuano bene i gruppi di casi suddivisi nelle sei settimane di monitoraggio. Pur tuttavia, se da un lato questa classificazione è molto netta per i gruppi appartenenti alla settimana 1 e 2 e alla settimana 6, dall altro esiste un certo grado di accorpamento per i casi appartenenti alle settimane 3, 4 e 5 e la stessa cosa avviene nel caso del digestore 2 (figura 23) anche se con una minore % di variabilità spiegata.

36 Function 2 Function 2 Canonical Discriminant Functions 30 Digestore: Settimana Group Centroid Function 1 Figura 22: diagramma di dispersione dei gruppi accorpati operato dalle prime due funzioni discriminanti individuate per il digestore 1 (il 91,8% della differenza fra i gruppi è spiegata) Canonical Discriminant Functions Digestore: Settimana Group Centroid Function 1 Figura 23: diagramma di dispersione dei gruppi accorpati operato dalle prime due funzioni discriminanti individuate per il digestore 2 (il 85,8% della differenza fra i gruppi è spiegata) La successiva validazione mediante il metodo leave one out (riclassificazione dei casi ripetuta più volte fatta in modo tale da mantenerne di volta involta uno escluso per valutarne la classificazione alla luce dei coefficienti trovati) ha mostrato che per quanto riguarda i casi appartenenti al primo digestore, il 96.8% dei casi originariamente raggruppati è stato correttamente classificato mentre la percentuale di cross-

37 31 validazione corretta di queste funzioni scende all 80,6%. Nel caso del secondo digestore, la percentuale di casi originari correttamente classificata è sempre del 96,8%, ma in questo caso la percentuale di casi correttamente cross-classificati sale al 90.3%. Il lavoro svolto ha permesso di evidenziare che, soprattutto nella fase di start-up di un digestore l informazione che le variabili impiantistiche possono dare è sì molto importante, ma tali parametri, se considerate da soli, non sono tuttavia sufficienti a controllare e a monitorare nel migliore dei modi possibili il processo di digestione anaerobica. Fra tutti, l analisi multivariata ha mostrato che il FOS/TAC è il parametro che meglio può permettere di discriminare le fasi di instaurazione e stabilizzazione del processo fermentativo. Tuttavia, i modelli creati mostrano delle non perfezioni a causa della non completamente corretta classificazione dei casi studiati. 6) Studio della cofermentazione di matrici organiche In questa seconda prova, iniziata il 13/10/2008 e durata nove settimane, l impianto pilota è stato alimentato con liquame bovino (solidi totali 8,0% e solidi volatili pari al 90% dei solidi totali) addizionato di insilato di frumento (32,0% di solidi totali e solidi volatili pari al 95% dei solidi totali) ponendo il tempo di ritenzione idraulica di ciascun digestore pari a 40 giorni e mantenendo la temperatura di esercizio dell impianto in condizioni di mesofilia (38 40 C). Giornalmente ciascun digestore è stato alimentato con 125 kg di miscela costituita da 111 kg di liquame e 14 kg di insilato di frumento: questo ha permesso di apportare giornalmente 13.4 kg/d di solidi totali di cui la frazione volatile rappresenta il 91%. Questa seconda prova è stata anche l occasione per introdurre nella sperimentazione l impiego di sonde per la misurazione in continuo dei seguenti parametri analitici: - ph dell ingestato - potenziale redox (rh) della biomassa in fermentazione - temperatura dell ingestato ( C) I risultati di questi rilevamenti sono di seguito rappresentati nelle tabelle 8 e 9: in particolare, in tabella 8, si riportano le quantità di biogas prodotte giornalmente espresse in normal metri cubi (media giornaliera della settimana) unitamente alla produzione specifica ottenuta espressa in litri di biogas per kg di solido volatile dell ingestato utilizzato.

38 Tabella 8: temperatura di esercizio, produzioni giornaliere di biogas (Nm3/d) e produzione specifica di biogas nelle nove settimane di monitoraggio di ciascun digestore. I dati sono espressi come media e variazione deviazione standard dei replicati settimanali. 32 Settimana Parametro Media Dev. Std Temperatura 49,6 11,9 Nm 3 /d 0,4 0,2 L biogas/kg SV d 21,7 4.2 Temperatura 47,9 2,2 Nm 3 /d 0,8 0,3 L biogas/kg SV d 68,4 13,3 Temperatura 42,1 4,7 Nm 3 /d 1,9 0,6 L biogas/kg SV d 156,6 15,0 Temperatura 39,3 0,9 Nm 3 /d 2,3 0,5 L biogas/kg SV d 188,0 38,0 Temperatura 38,2 4,2 Nm 3 /d 1,7 0,8 L biogas/kg SV d 139,7 28,6 Temperatura 39,3 0,9 Nm 3 /d 0,9 0,7 L biogas/kg SV d 77,7 16,8 Temperatura 36,9 2,6 Nm 3 /d 1,2 0,1 L biogas/kg SV d 96,6 6,2 Temperatura 36,8 4,9 Nm 3 /d 1,9 0,4 L biogas/kg SV d 159,1 36,0 Temperatura 34,6 3,1 Nm 3 /d 1,7 0,6 L biogas/kg SV d 138,4 47,5 In essa è possibile notare che la produzione giornaliera di biogas, dopo un iniziale fase di crescita, già dalla terza settimana esercizio si assesta, seppur con qualche oscillazione, in un range compreso fra 1 e 2 Nm 3 /d e analogamente si comporta la produzione specifica del biogas il cui ambito di variazione, a partire dalla terza settimana di monitoraggio, è compreso fra 77,7 e 188,0 L/kg SV /d. Per quanto riguarda i dati riassunti in tabella 9, è possibile notare che: i) il ph della miscela di liquame e insilato di mais è stato costante per tutta la durata della prova con valori medi settimanale compresi fa 6,6 e 6,9; ii) la temperatura di tale miscela ha, ovviamente, risentito della stagionalità in quanto il valore medio settimanale delle prime tre settimane è stato intorno ai 20 C per scendere intorno agli 11 C nelle ultime 5 settimane; iii) il potenziale redox (rh) della massa in fermentazione si è mantenuto intorno a valori medi compresi fra -422 e -337 nelle prime tre e nelle ultime tre settimane di monitoraggio, nella quinta e sesta settimana di sperimentazione tale valore si è innalzato fino a valori medi di -260, -274.

39 Tabella 9: ph dell ingestato, temperatura dell ingestato ( C) e potenziale redox della biomassa in fermentazione (rh). I dati sono espressi come media e variazione deviazione standard dei replicati settimanali Settimana Parametro Media Dev. Std ph in 6,7 0,3 t in 20,5 2,3 rh -422,5 59,3 ph in 6,7 0,2 t in 20,8 2,5 rh -419,3 45,9 ph in 6,6 0,0 t in 19,6 1,6 rh -337,6 79,6 ph in 6,7 0,0 t in 15,1 2,5 rh -367,6 68,7 ph in 6,7 0,1 t in 10,8 1,2 rh -260,3 36,1 ph in 6,9 0,3 t in 9,1 3,0 rh -274,4 70,1 ph in 6,5 0,1 t in 10,7 1,0 rh -385,2 57,3 ph in 6,7 0,1 t in 11,2 4,0 rh -364,3 52,3 ph in 6,6 0,1 t in 11,1 0,4 rh -385,2 39,5 Quanto osservato, di seguito graficamente rappresentato (Fig. 24), da una conferma della importanza della misura del potenziale redox (rh) come indicatore della riducibilità del contenuto di un digestore anaerobico. Infatti, la produzione di biogas avviene efficientemente quando il potenziale redox dell ambiente anaerobico è inferiore a -330 mv e la misura in continuo di questa grandezza può essere un utile indicatore per avere avvisi tempestivi che si verifichino diminuzioni di produzione di biogas (Rieger C. & Weiland P., 2006; Lyberatos & Skiadas, 1999). In figura 24, infatti, è possibile notare che, finchè il potenziale redox rimane inferiore a -330 mv (linea tratteggiata orizzontale) il trend della produzione media giornaliera di biogas tende ad aumentare mentre quando il potenziale redox si alza sopra i -330 mv, la produzione media diminuisce sensibilmente.

40 34 L biogas/kg SV/d rh (mv) 200 L biogas/kg/d rh (mv) Settimane di monitoraggio Figura 24: rappresentazione grafica dell andamento della produzione media giornaliera (espressa in Litri di biogas/kgsv/d) e della misura del potenziale redox (mv) nelle nove settimane di monitoraggio (dati da tabella 8 e 9) Le prove relative alle diverse ricette in continuo che avrebbero dovuto essere condotte in mesofilia e termofilia nell impianto pilota presente in Carpaneta, in forza di una convenzione con il costruttore dello stesso, sono state, di fatto, sviluppaste solo in mesofilia e limitatamente a due delle cinque matrici inizialmente previste dal Piano Operativo, a causa delle numerose problematiche di tipo elettromeccanico che hanno afflitto tale impianto. Visto il perdurare delle difficoltà e l impossibilità di risolverle nonostante i numerosi interventi effettuati, si è cercata un alternativa che si è concretizzata grazie alla disponibilità di un pilota concessoci in uso da un imprenditore agricolo lombardo. E con questo nuovo impianto pilota (costituito da due digestori del volume totale di 1 m 3 cad.) tutt ora in funzione con nuove matrici, che è stato possibile completare le razioni previste nel Piano Operativo e le cui produzioni sono di seguito illustrate. La terza ricetta testata (novembre/dicembre 2008) era dunque costituita da liquame bovino (ST = 8,1% t.q.; SV = 90% dei ST) e vinacce (ST = 26,5% t.q.; SV = 88,3% dei solidi totali) e per essa è stato impostato un piano di caricamento dell impianto che fornisse 3 kg/m 3 /d di solidi volatili (20 kg liquame + 14kg di vinacce al giorno) con un tempo di ritenzione idraulica di 24 giorni protraendo il periodo di monitoraggio per sei settimane (figura 25).

41 35 Digestore primario Digestore secondario Produzione Totale 600 Nm 3 /t sv /d ,0 402,0 405,3 415,2 404,6 398,6 414, I II III IV V VI VII Settimane di monitraggio Figura 25: produzione media di biogas (Nm 3 /tsv/d) della ricetta liquame bovino + vinacce per ciascuna settimana di monitoraggio dell impianto pilota. Il risultato del monitoraggio mostra che il mix testato, dopo una fase iniziale di assestamento legata alla prima settimana (nella quale si son registrate produzioni discontinue, come testimoniato dall elevata deviazine standard del valore medi del periodo) raggiunge una produttività media totale che oscilla fra i 402 e i 415 Nm 3 /t sv /d. Il monitoraggio del ph, effettuato campionando regolarmente la massa in fermentazione ha mostrato un valore medio di 7,5 ± 0,2 nel fermentatore primario e di 7,7 ± 0,4 in quello secondario. La quarta ricetta testata (Settembre 2009) era costituita da una miscela di liquame bovino (ST = 7,9% t.q.; SV = 92% dei ST)e sorgo da biomassa (ST = 25% t.q. e SV = 92,3% SV) in grado di apportare un carico organico di 2,5 kg sv /d. L andamento della produzione di biogas, di seguito illustrato in figura 26), evidenzia un assestamento della produzione intorno ai 541 ± 10 Nm 3 /t sv /d nelle sei settimane di monitoraggio. Anche in questo caso, nella prima settimana di monitoraggio, le produzioni registrate hanno mostrato una certa variabilità dovuta all instaurarsi della nuova fermentazione e alla stabilizzazione della microflora in fermentazione, tuttavia tale fase risulta essere meno penalizzante ai fini del raggiungimento per l estrema omogeneità della matrice testata.

42 36 Digestore primario Digestore secondario Produzione Totale 700 Nm 3 /t sv /d I II III IV V VI VII Settimane di monitraggio Figura 26: produzione media di biogas (Nm 3 /t SV /d) della ricetta liquame bovino + sorgo da biomassa per ciascuna settimana di monitoraggio dell impianto pilota Infine la quinta ricetta testata era rappresentata da una miscela di liquame bovino (ST = 8,1% t.q.; SV = 90% dei ST) e silo mais (ST = 37% t.q.; SV = 95% dei solidi totali) dosata in modo tale da apportare un carico organico di 2 kg sv /d. Anche in questo caso, l andamento della produzione (figura 27) mostra l esistenza di una fase di assestamento della medesima (prima settimana di monitoraggio) caratterizzata da una produttività del digestore secondario relativamente superiore a quella che lo stesso presenta nelle settimane successive. La produzione totale realizzata mostra un andamento crescente al passare del tempo (da 1018 Nm 3 /t sv /d a 1377 Nm 3 /t sv /d) pur tuttavia l analisi della varianza non ha evidenziato differenze significative, segno che il trend individuato può essere dovuto alla naturale eterogeneità delle matrici utilizzate. Anche in questo caso il monitoraggio del ph, effettuato campionando regolarmente la massa in fermentazione, ha mostrato un valore medio nell ambito della neutralità (7,6 ± 0,4 nel fermentatore primario e di 7,8 ± 0,4 in quello secondario).

43 37 Digestore primario Digestore secondario Produzione Totale 2000 Nm 3 /t sv /d I II III IV V VI VII Settimane di monitraggio Figura 27: produzione media di biogas (Nm 3 /t SV /d) della ricetta liquame bovino + silomais per ciascuna settimana di monitoraggio dell impianto pilota.

44 7) Caratterizzazione genetica e biomolecolare di consorzi microbici di digestori di laboratorio ed impianti in scala pilota 7.1) Scopo del lavoro La digestione anaerobica coinvolge un consorzio di diversi gruppi di microrganismi, dove ogni popolazione svolge un proprio ruolo funzionale contribuendo così all intero processo capace di convertire sostanze carboniose complesse in metano e anidride carbonica. I parametri operazionali ed ambientali del processo condizionano il comportamento, la performance ed in una certa misura il destino delle comunità microbiche dei digestori anaerobici; tuttavia, sono i microrganismi, che con le loro interazioni definiscono la struttura delle comunità microbiche, i principali responsabili nello stabilire il rendimento di un sistema di digestione anaerobica. L obiettivo generale che il progetto si propone è quello di testare in scala di laboratorio l utilizzo di vari substrati, opportunamente miscelati a digestato bovino (inoculo), come materie prime da usare per alimentare gli impianti, in modo da ottimizzare il processo di digestione anaerobica e valutare le rese di produzione di metano. Al fine di valutare le efficienze di processo delle diverse miscele di substrati, si è ritenuto opportuno non solo valutare i parametri chimico-fisici dei processo (composizione substrati, ph, temperatura, COD, ammoniaca, etc.), ma anche monitorare e caratterizzare le comunità microbiche che sono alla base del funzionamento del processo stesso. L obiettivo specifico dell Unità Operativa 2 è stato quello di caratterizzare dal punto di vista microbiologico processi di digestione anaerobica alimentati con miscele di substrati differenti, valutando sia l abbondanza dei principali gruppi microbici presenti nei digestori, sia le specie microbiche più rappresentate. Inoltre, è stato anche possibile studiare la diversità delle comunità microbiche delle diverse miscele e valutare una correlazione con le rese di produzione di biogas. A tale scopo, sono stati impiegati i metodi di analisi biomolecolare, indipendenti dalla coltivazione dei microrganismi e basati sull analisi del DNA, che erano stati messi a punto dalla stessa unità operativa durante il primo anno del progetto. Tali metodiche comprendono la real time PCR (Polymerase Chain Reaction) e la PCR-DGGE (Denaturant Gradient Gel Electrophoresis). La real time PCR permette di quantificare il numero di copie dei geni analizzati e quindi i batteri che li portano; la PCR-DGGE consente di identificare le principali specie microbiche presenti nel reattore e dare una misura della diversità microbica in termini di ricchezza di specie e di distribuzione degli individui all interno delle specie. Infine, un ulteriore obiettivo delle attività dell Unità Operativa 2 è stato quello di contribuire al disegno sperimentale attraverso partecipazione ad incontri di progetto, alla divulgazione dei risultati, ed alla formazione microbiologica di personale specializzato sulla digestione anaerobica. 38

45 ) Estrazione e quantificazione di DNA Estrazione di DNA da campioni di digestato I campioni di digestato sono stati sottoposti ad omogenizzazione utilizzando un comune mixer, suddivisi in aliquote da 2-10 ml, e conservati a -20 C. Le estrazioni di DNA genomico totale dai campioni di digestato scongelati sono state condotte in triplicato utilizzando il kit PowerSoil TM DNA Isolation Kit (MoBio laboratories), seguendo le indicazioni del produttore. Il protocollo ha previsto l omogeneizzazione del campione mediante scuotimento con apposite sferette e la lisi per rottura meccanica e agenti chimici. Il DNA, dopo assorbimento su silice e, opportuni lavaggi in tamponi specifici, è stato eluito dalla colonnina in 100 l di buffer di eluizione. Per ciascuna estrazione il digestato di partenza era di 100 mg. Estrazione di DNA plasmidico I cloni di E. coli sono stati inoculati in terreno LB liquido (20 ml) in presenza di ampicillina e lasciati in incubazione a 37 C per una notte intera. Dalla brodocoltura di E. coli (4 ml) è stato poi estratto il DNA plasmidico utilizzando il kit Nucleospin Plasmid (Macherey-Nagel), seguendo le indicazioni del produttore. Valutazione del DNA estratto e sua amplificabilità mediante PCR La qualità del DNA estratto è stata valutata mediante elettroforesi in gel di agarosio (1% agarosio), mentre la sua quantificazione è stata determinata, utilizzando opportune diluizioni dei campioni di partenza, mediante lettura allo spettrofotometro dell assorbanza a 260 nm utilizzando lo spettrofotometro SmartSpecTM 3000 (Biorad) e considerando che Abs 260 = 1 corrisponde ad una concentrazione di 50 μg/ml di DNA a doppia elica. Per valutare l amplificabilità del DNA estratto, alcuni campioni di digestato, tal quali e diluiti (1:10, 1:20, 1:50) sono stati testati in PCR qualitativa ) Polimerase Chain Reaction (PCR) Sequenze bersaglio e set di primer I gruppi di microrganismi che sono stati oggetto di analisi, le sequenze dei primer set usati, la lunghezza degli ampliconi generati in PCR, e le referenze bibliografiche, sono riportati in Tab.10 Per il rilevamento degli Eubacteria, Archaea e del gruppo filogenetico metanogenico delle Methanosarcinales, è stato utilizzato come gene bersaglio il 16S rrna, mentre per il rilevamento dei gruppi dei batteri metanogeni e dei solfatoriduttori sono stati utilizzati rispettivamente i geni funzionali mcra, codificante per la subunità del metil coenzima-m riduttasi e dsrab, codificante per la subunità e la subunità β della dissimilatory sulfito riduttasi (DSR).

46 40 Tabella 10: Sistemi PCR usati in questo studio Gruppo target Gene target Set di primer Referenza bibliografica Bacteria totali Archaea totali Archaea metanogeni Methanosarcinales Batteri solfatoriduttori PCR qualitativa rrna 16S (550 bp bp) rrna 16S (169 bp) mcra (500 bp) rrna 16S (354 bp) dsra (221 bp) For: Bac357-F CCTACGGGAGGCAGCAG Rev: Bac907-R CCGTCAATTCCTTTGAGTTT For: Arch 931-F AGGAATTGGCGGGGGAGCA Rev: ArchM1100-R BGGGTCTCGCTCGTTRC For: ME3M-F ATGTCNGGTGGHGTMGGSTTYAC Rev: ME2-R TCATBGCRTAGTTDGGRTAGT For: Msl812-F GTAAACGATRYTCGCTAGGT Rev: Msl1159-R GGTCCCCACAGWGTACC For: Drs1+-F ACSCACTGGAAGCACGGCGG Rev: Dsr-R GTGGMRCCGTGCAKRTTGG - Einen et al., 2008 Nunoura et al, 2008 Yu et al., 2005 Kondo et al., 2004 Tutte le reazioni di amplificazione sono state effettuate nel termociclatore I-Cycler (Biorad). Le reazioni sono state eseguite in 25 o 50 µl di volume finale, utilizzando le concentrazioni indicate in Tab. 11. Tabella 11: Concentrazioni dei reagenti usati nelle miscele PCR. Reagenti Concentrazione finale Buffer 1 X MgCl 2 1,5 mm* dntps 0,2 mm Primer forward e primer reverse 0,5 μm Taq Polimerasi U/μl H 2 O a volume * 2,5 mm nelle reazioni PCR per solfato-riduttori e per Methanosacinales I protocolli termici per l amplificazione dei diversi gruppi batterici sono stati ottimizzati per ogni set di primer e sono schematicamente indicati di seguito. PCR quantitativa (qpcr) real time 94 C 94 C X C 72 C 72 C 5 min 45 sec 45 sec 45 sec 5 min x 1 x 30 cicli x 1 X = 55 C Eubacteria totali, 50 C Archaea metanogeni, 60 C per solfato-riduttori, 62 C Archaea totali e Methanosarcinales La PCR real time, basata sul rilevamento della fluorescenza durante l amplificazione del DNA bersaglio, permette la quantificazione del campione iniziale di DNA. La migliore sensibilità e riproducibilità rispetto alla PCR convenzionale, la rapidità dell ottenimento dei risultati che non richiede il passaggio post-pcr dell elettroforesi in gel d agarosio, ne fanno un sistema di analisi rapido ed efficiente per il monitoraggio delle popolazioni del consorzio microbico.

47 41 Le PCR real time di questo studio sono state eseguite nello strumento I-Cycler in piastre da 96 pozzetti. Per la preparazione della miscela di reazione è stato utilizzato il kit Brilliant SYBR Green QPCR Master Mix (Stratagene). La miscela di reazione era così costituita: 1x Brilliant SYBR Green, 0,12 M di primer forward, 0,12 M di primer reverse, 5 l di DNA templato. I protocolli termici per i diversi sistemi real time e, le curve di melting, effettuate al termine di ciascuna PCR per verificare la specificità degli amplificati ottenuti, sono riportati di seguito. 94 C 94 C 58 C 72 C 94 C 55 C 55 C 95 C 3 min 30 sec 30 sec 1 min 1 min 1 min 10 sec ( 0,5 C/ciclo) x 1 x 40 cicli x 1 x 1 x 81 cicli X = 58 C Eubacteria totali, 59 C solfato-riduttori, 60 C Methanosarcinales, 50 C Archaea metanogeni, 64 C Archaea totali. Al termine del programma termico, i valori dei cicli soglia sono stati calcolati in automatico dal software real time Biorad (versione 3.0). Le curve standard sono state generate utilizzando diluizioni decimali dei plasmidi standard in modo da ottenere una serie di concentrazioni corrispondenti a copie di DNA plasmidico per 5 l di volume. I plasmidi standard sono stati costruiti, come descritto nella sezione 5., clonando nel plasmide pgem T-Easy Vector (Promega) i prodotti PCR amplificati da digestato come riportato nel paragrafo 3.2. Sequenziamento di DNA Il sequenziamento dei geni 16S rrna e dei geni funzionali genes è stato effettuato alla Primm (Milano). Le sequenze sono state comparate con il database del National Center for Biotechnology Information (NCBI) utilizzando il software BLAST ( e, nel caso dei geni 16S rrna, anche con le sequenze 16S rrna dei ceppi batterici type strain utilizzando il server EzTaxon ) Denaturant Gradient Gel Electrophoresis (DGGE) Le amplificazioni PCR sono state effettuate utilizzando il kit FastStart HiFi PCR System dntp Pack (Roche) ed usando come templato il DNA estratto dai digestori. Il set di primer DGGE, avente come bersaglio il gene 16S rrna degli Archaea, era costituito dal primer forward GC-340f, contenente una clamp GC di 40 bp (5 -CGCCCGCCGCGCCCCGCGCCCGGCCCGCCGCCCCCGCCCCCCTACGGGAGGCAGCAG- 3 ), e il primer reverse 915r (5 -CCGTCAATTCCTTTGAGTTT-3 ). La miscela di reazione è stata preparata in un volume finale di 25 l utilizzando le seguenti concentrazioni: buffer 1, MgCl 2 2 mm, DMSO 5%, primer 0,5 M, dntps 0,2 mm, Taq 1 unità. Il protocollo termico utilizzato è indicato schematicamente di seguito:

48 42 95 C 95 C 65 C 72 C 95 C 55 C 72 C 72 C 10 min 1 min 1 min (-0.5 C/ciclo) 3 min 1 min 1 min 3 min 7 min x 1 x 20 cicli x 20 cicli x 1 Gli ampliconi sono stati caricati in gel di poliacrilammide al 7% con un gradiente denaturante 45-55% (100% denaturante correspondente a 7M urea e 40% formamide). La precorsa elettroforetica è stata effettuata a 90 V per 2h e la corsa a 70 V per circa 16 h in buffer TAE 1 ad una temperatura costante di 60 C utilizzando un sistema elettroforetico D-Code (BioRad). I gel sono stati preparati con un gradient maker (BioRad) secondo le istruzioni del produttore. I gel sono stati colorati con SYBR Green (Molecular Probes) e le immagini acquisite con l apparato GelDoc 2000 (BioRad) utilizzando il software Quantity One (BioRad). Le bande di interesse sono state excise dal gel, trasferite 50 µl di acqua MilliQ ed incubate a 37 C per 6 h. Il DNA eluito (5 l) è stato riamplificato utilizzando i primer 340f (senza GC clamp) e 915r. Il protocollo termico utilizzato era il seguente: denaturazione a 95 C per 5 min, 30 cicli di amplificazione costituiti da una fase di denaturazione a 95 C per 1 min, annealing a 55 C per 45 sec, estensione a 72 C per 1 min ed infine un allungamento finale di 72 C per 10 min. I prodotti PCR ottenuti sono stati sequenziali (Primm) e confrontati con le sequenze depositate nel database NCBI per l identificazione tassonomica. 7.2) Analisi quantitativa di popolazioni batteriche nel consorzio microbico 7.2.1) Gruppi microbici bersaglio delle analisi La digestione anaerobica coinvolge un consorzio di diversi gruppi di microrganismi con funzionalità differenti, la cui abbondanza è regolata da un articolato sistema di interazioni metaboliche. Uno schema semplificato della conversione della sostanza organica a metano e delle principali specie batteriche coinvolte è indicata in Fig.28. L intero processo può essere sintetizzato in quattro fasi, ciascuna delle quali coinvolge differenti attività microbiche: idrolisi, acidogenesi, acetogenesi e metanazione. La metanazione, ossia la produzione di metano, rappresenta l ultima fase della fermentazione anaerobica, che solitamente è anche quella limitante l intero processo. La comprensione della struttura delle comunità e delle loro dinamiche è importante sia per il monitoraggio del funzionamento del processo sia per la previsione e la risoluzione pratica di eventuali problemi di processo dei reattori anaerobici. Nella prima parte del progetto sono stati messi a punto cinque sistemi PCR real time specifici per il rilevamento e la quantificazione di alcuni dei principali gruppi batterici che intervengono nel processo di digestione anaerobica (Tab. 10). I sistemi messi a punto consentono di valutare il numero totale dei batteri (Eubacteria ed Archaea) presenti nel digestato e di quantificare i batteri metanogeni ed i batteri solfato-riduttori. Come noto, i metanogeni sono i responsabili della produzione di metano, mentre i batteri solfato-riduttori, capaci di utilizzare idrogeno come donatore di elettroni generando H 2 S, possono

49 43 agire da competitori dei batteri metanogeni, e la loro presenza nei digestati può essere significativamente elevata in presenza di concentrazioni di solfato non limitanti. Per il rilevamento dei metanogeni, è stato utilizzato il gene funzionale mcra, codificante per la subunità dell enzima metil coenzima-m riduttasi, mentre per il rilevamento dei solfato-riduttori è stato utilizzato il gene dsrab che codifica per la subunità (dsra) e la subunità β (dsrb) della sulfito riduttasi dissimilativa (DSR), l enzima che catalizza il passaggio finale della respirazione del solfato (dissimilatory sulphate reduction), ossia la riduzione del (bi)solfito a solfuro. Inoltre, per poter distinguere e valutare la presenza dei due gruppi funzionali di metanogeni (acetrotofi ed idrogenotrofi), è stato messo a punto un sistema PCR per il gruppo filogenetico delle Methanosarcinales, in modo da poter valutare nei digestati la proporzione dei metanogeni acetoclasti (Methanosarcinales), e, per differenza con il conteggio dei metanogeni totali, dei metanogeni idrogenotrofi. Figura 28: Schema del processo di conversione della sostanza organica a metano ) Estrazione ed amplificabilita del DNA estratto Il DNA genomico è stato estratto dai diversi campioni di digestato utilizzando il kit PowerSoil DNA Isolation Kit. L estrazione effettuata con questo kit, già utilizzato nelle prove precedenti, è stata ulteriormente messa a punto al fine di migliorare la qualità e la quantità del DNA estratto. A tale scopo, il volume di ciascun campione da estrarre è stato ridotto e, al fine di diminuire potenziali fluttuazioni nella rese di estrazione di DNA dovute a piccole disomogeneità del campione o a variabilità nel sistema di estrazione, ciascuna delle miscele testate è stata estratta in triplicato. I DNA ottenuti sono stati quindi riuniti e utilizzati per le successive analisi. Tali DNA sono stati opportunamente diluiti (diluizione 1:10) e saggiati per l amplificabilità in PCR convenzionale in modo da verificare l assenza di sostanze inibenti

50 l enzima Taq polimerasi. Tutti i campioni, eccetto i campioni estratti da rottura di riso e glicerina chiara, sono risultati amplificabili mediante PCR ) Analisi PCR quantitativa nei digestati Le analisi quantitative sono state condotte utilizzando i saggi PCR real time gruppo-specifici (Archaea, Bacteria, metanogeni, batteri solfato-riduttori, Methanosarcinales) precedentemente messi a punto. Le analisi su ciascuna miscela (substrato ed inoculo) sono state effettuate su campioni prelevati prima e dopo il processo di digestione anaerobica; eccetto casi sporadici tutte le analisi hanno dato esito positivo, confermando le prove di amplificabilità del DNA precedentemente eseguite in PCR convenzionale. I valori ottenuti dalle analisi, indicanti il numero di copie del gene bersaglio, sono stati opportunamente modificati in modo da riportare i dati rilevati al numero dei batteri presenti nei campioni. Nello specifico, sulla base delle conoscenze attuali, considerando il numero di operoni ribosomali presenti nelle diverse specie batteriche, i valori numerici ottenuti per Archaea, Bacteria e Methanosarcinales sono stati divisi rispettivamente per 2, 4, 3 (Lee et al, 2009, Tourova, 2003). Al contrario, non è stato necessario modificare i valori delle analisi aventi come bersaglio i geni funzionali mcra, dsrab, poiché tali geni si stima siano presenti in singola copia per cellula batterica, quindi in numero dei geni determinati equivaleva al numero dei batteri (Kondo et al, 2004; Nunoura et al, 2008). I dati ottenuti sono stati espressi come numero di batteri per g di solidi totali (ST) in modo da poter confrontare al meglio substrati di natura diversa; tali dati sono riassunti in Tab. 12. I valori dei solidi totali di ciascuna matrice sono stati gentilmente forniti da ERSAF che ha provveduto alle analisi sulle diverse matrici. Nell insieme i dati riportati mostrano che tutte le matrici sono utilizzabili dai consorzi microbici come substrati del processo di respirazione anaerobica, come attestato dalle alte cariche microbiche osservate sia per i batteri fermentanti (Bacteria) che per i metanogeni, confermando la potenziale conversione a metano di una numerosa varietà di substrati (Gunaseelan, 1997). Tra i metanogeni, il gruppo filogenetico delle Methosarcinales rappresentava nella maggior parte dei casi la componente batterica più numerosa della comunità metanogenica. Tali batteri, comprendenti le famiglie filogenetiche Methanosarcinaceae e Methanosaetaceae, sono in grado di convertire acetato a metano ed anidride carbonica (Fig. 26) e la loro elevata proporzione di nei reattori è stata frequentemente documentata (Demirel and Scherer, 2008). Dai dati ottenuti si evidenzia come le variazioni osservate delle cariche microbiche prima e dopo il processo di digestione erano moderate, ciò è probabilmente attribuibile all elevata proporzione di inoculo (digestato), e quindi all elevata carica batterica, presente nei reattori. Questo effetto di mascheramento non impedisce tuttavia di osservare, in quelle matrici dalle quali è stata ottenuta una maggiore produzione di biogas, variazioni quantitative significative dei gruppi funzionali batterici di interesse (Tab. 12). In tale matrici, infatti, si osserva frequentemente a fine processo un aumento (es. insilato di triticale, insilato di mais, pollina, triplo concentrato di pomodoro) od una stabilità (es. mais, pollina) dei batteri metanogeni. In particolare, si nota un aumento dei metanogeni acetoclasti (Methanosarcinales), ed al

51 45 contrario una diminuzione del numero di batteri solfato-riduttori, come ad esempio si può apprezzare per le matrici insilato di triticale e concentrato di pomodoro (Fig. 29 a e b). Il gruppo batterico dei solfato-riduttori, possibile competitore dei metanogeni a concentrazioni di solfato non limitanti, seppur sempre presente, si manteneva comunque a livelli di diversi ordini di grandezza inferiori rispetto ai metanogeni; a conferma di ciò non è infatti stata rilevata produzione di H 2 S nei reattori batch. Le informazioni ottenute sulla composizione numerica dei principali gruppi microbici nei digestati sono state messe in correlazione con le rese energetiche. Le produzioni di biogas per le matrici testate che si sono rivelate più significative, sia in termini di resa di produzione che di ripetibilità di analisi nei replicati, sono riportate in Fig. 28 a. I valori, espressi in cm 3 di biogas per g ST, mostrano che i substrati con i più alti livelli di produzione sono le matrici vegetali fermentate (insilati), la pollina e i residui industriali alimentari, quali riso, soia, pomodoro triplo concentrato. Tali rendimenti, espressi in termini di solidi volatili (SV) si attestavano tra cm 3 /g SV. Mettendo in correlazione le produzioni osservate con i dati quantitativi relativi alla presenza dei metanogeni, o delle Methanosarcinales, si ottengono i grafici indicati in Fig. 30 b e 30 c. Considerando i valori riportati come una stima delle efficienze metaboliche di tali batteri in funzione della matrice trattata, si evidenzia sostanzialmente come le efficienze metaboliche più elevate siano riscontrabili con i substrati a produzioni di biogas più elevate. A 1,0E+12 1,0E+11 1,0E+10 1,0E+09 1,0E+08 B 1,0E+07 1,0E+06 1,0E+13 1,0E+12 1,0E+11 1,0E+10 1,0E+09 1,0E+08 1,0E+07 I F I F Figura 29: Esempi di andamento quantitativo del numero di batteri dei principali gruppi microbici (in ordinata) prima (I) e dopo (F) il processo di digestione in due delle matrici testate. A, insilato di triticale; B, triplo concentrato di pomodoro.

52 Tabella 12:. Quantificazioni real time dei principali gruppi microbici presenti nelle miscele (substrato + inoculo) sottoposte a test di biometanazione negli impianti a scala pilota. I dati, espressi come numero di batteri per g ST, sono relativi ai campioni prelevati da ciascuna miscela prima e dopo il processo di digestione anaerobica. Batteri solfatoriduttori Matrice Bacteria Archaea Archaea Metanogeni Methanosarcinales I 4,6 (±1,6) x ,2 (±1,4) x10 7 1,1 (±0,3) x ,6 (±2,3) x10 9 6,0 (±3,7) x10 8 Insilato di mais F 5,8 (±1,9) x10 9 4,2 (±2,3) x10 6 1,9 (±0,1) x ,4 (±0,6) x10 9 1,2 (±0,3) x sperimentazione 2 sperimentazione Insilato di triticale Insilato di sorgo Pollina Triplo conc. pomodoro Siero conc. normale Inoculo Glicerina chiara Glicerina scura Glicerina densa Mix prima estrusione Mix dopo estrusione Stocchi con attivatore Stocchi senza attivatore I 1,9 (±0,2) x ,1 (±1,6) x10 7 3,6 (±0,9) x10 9 1,1 (±0,1) x10 9 2,9 (±0,7) x10 8 F 3,0 (±0,3) x ,3 (±1,1) x10 6 1,0 (±0,2) x ,1 (±0,9) x ,9 (±1,6) x10 9 I 3,6 (±0,7) x ,1 (±2,8) x10 7 1,3 (±0,5) x ,3 (±0,5) x10 9 1,4 (±0,3) x10 9 F 2,5 (±1,2) x ,5 (±0,5) x10 8 7,6 (±3,7) x ,3 (±0,7) x ,8 (±2,6) x10 9 I 6,0 (±1,9) x ,2 (±2,8) x10 8 1,4 (±0,3) x ,7 (±0,4) x10 9 3,9 (±1,9) x10 8 F 9,0 (±4,2) x ,3 (±0,7) x10 7 2,2 (±0,4) x ,5 (±2,4) x10 9 1,7 (±0,9) x10 9 I 4,7 (±1,2) x ,5 (±1,1) x10 9 3,5 (±0,8) x ,3 (±1,6) x ,9 (±4,1) x10 10 F 2,2 (±0,4) x ,7 (±0,5) x10 8 7,0 (±1,3) x ,4 (±0,1) x ,0 (±0,3) x10 11 I 2,7 (±0,4) x ,8 (±2,4) x10 8 1,1 (±0,1) x ,9 (±0,8) x ,1 (±1,9) x10 10 F 4,4 (±1,1) x ,2 (±0,6) x10 9 1,3 (±0,2) x ,7 (±1,7) x ,3 (±0,4) x10 11 I 2,5 (±0,5) x ,2 (±1,4) x10 7 1,2 (±0,2) x ,5 (±0,2) x ,0 (±0,6) x10 11 F 7,3 (±2,4) x ,9 (±0,4) x10 7 2,1 (±1,5) x ,4 (±2,4) x ,6 (±1,3) x10 10 I 7,9 (±1,1) x ,2 (±2,8) x10 7 9,5 (±8,5) x ,3 (±0,5) x ,6 (±2,4) x10 10 F 6,3 (±1,9) x ,7 (±0,3) x10 7 4,2 (±2,2) x ,3 (±0,6) x10 9 7,8 (±1,9) x10 9 I 2,8 (±1,0) x ,9 (±0,8) x10 7 1,4 (±0,3) x ,9 (±0,7) x ,9 (±0,5) x10 10 F 2,6 (±0,4) x ,7 (±3,5) x10 7 2,5 (±0,7) x ,2 (±0,7) x10 9 3,8 (±3,2) x10 9 I 4,8 (±4,0) x ,0 (±0,7) x10 7 6,7 (±0,1) x ,7 (±0,2) x ,5 (±2,0) x10 11 F 4,2 (±0,4) x ,9 (±1,3) x10 7 1,7 (±0,2) x ,4 (±0,8) x10 9 4,3 (±1,0) x10 9 I 2,7 (±0,7) x ,0 (±0,7) x10 7 3,4 (±0,7) x ,1 (±1,7) x ,2 (±1,1) x10 10 F 4,9 (±1,1) x ,4 (±1,1) x10 7 7,5 (±1,7) x ,1 (±0,3) x ,3 (±0,5) x10 11 I 1,0 (±0,2) x ,4 (±1,2) x10 6 9,7 (±0,9) x ,0 (±0,2) x ,5 (±0,4) x10 10 F 1,8 (±0,7) x ,8 (±6,3) x10 6 3,8 (±0,8) x ,5 (±1,3) x ,2 (±0,3) x10 11 I 2,6 (±0,8) x ,6 (±1,1) x10 8 6,8 (±2,3) x ,4 (±0,5) x ,1 (±0,7) x10 11 F 2,8 (±0,8) x ,2 (±1,2) x10 7 9,8 (±2,1) x ,4 (±0,4) x ,2 (±0,3) x10 11 I 2,5 (±0,9) x ,9 (±6,6) x10 7 8,8 (±3,3) x ,1 (±1,4) x ,5 (±0,7) x10 11 F 2,2 (±0,3) x ,0 (±2,3) x10 6 6,4 (±0,3) x ,6 (±0,4) x ,2 (±0,1) x

53 47 2 sperimentazione (continua) 3 sperimentazione Matrice Polpe barbabietola Pasta per pizza Inoculo 2 Rottura di riso Riso verde Farinaccia di riso Soia frantumata Scarto di essiccatoio Pasta cruda Pasta cotta Glicerina chiara Olio di colza Sfalcio di prato verde Separato solido Rivarolo Bacteria Batteri solfatoriduttori Archaea Archaea Metanogeni Methanosarcinales I 6,0 (±2,2) x ,1 (±2,3) x10 6 2,2 (±0,7) x ,2 (±1,1) x ,5 (±2,6) x10 10 F 1,1 (±0,4) x ,3 (±6,9) x10 6 1,1 (±0,3) x ,7 (±0,4) x ,5 (±1,2) x10 10 I 2,5 (±0,7) x ,8 (±1,5) x10 8 1,3 (±0,2) x ,2 (±0,7) x ,6 (±0,7) x10 11 F 6,7 (±1,2) x ,2 (±9,4) x10 5 3,5 (±0,8) x ,0 (±1,8) x ,5 (±1,4) x10 10 I 1,1 (±0,8) x ,3 (±1,0) x10 8 4,8 (±2,5) x ,3 (±0,4) x ,6 (±0,7) x10 11 F 1,2 (±0,8) x ,2 (±1,0) x10 5 4,0 (±0,7) x ,2 (±0,1) x10 9 2,5 (±0,6) x10 8 I 4,8 (±1,2) x ,3 (±1,4) x10 7 8,2 (±1,4) x ,8 (±0,4) x ,5 (±0,3) x10 11 F ND ND 1,5 (±1,4) x10 10 ND ND I 3,0 (±1,1) x ,5 (±1,4) x10 7 5,1 (±1,4) x ,0 (±0,1) x ,6 (±3,7) x10 10 F 1,4 (±0,3) x ,1 (±0,8) x10 7 4,0 (±1,4) x ,1 (±0,1) x ,2 (±0,4) x10 9 I 1,2 (±0,1) x ,9 (±0,1) x10 7 4,4 (±0,6) x ,0 (±0,1) x ,2 (±0,1) x10 11 F 7,8 (±1,8) x ,8 (±3,1) x10 6 3,9 (±0,6) x ,8 (±1,4) x10 9 1,6 (±0,4) x10 9 I 2,0 (±0,5) x ,1 (±0,6) x10 8 4,5 (±0,7) x ,8 (±0,5) x ,4 (±0,9) x10 11 F 1,6 (±0,5) x ,1 (±2,0) x10 7 1,2 (±0,2) x ,7 (±0,3) x ,0 (±1,7) x10 9 I 1,2 (±0,3) x ,4 (±1,1) x10 7 5,8 (±1,5) x ,5 (±0,2) x ,2 (±3,5) x10 10 F 3,2 (±1,1) x ,1 (±0,3) x10 8 5,4 (±2,3) x ,1 (±0,8) x ,2 (±3,0) x10 9 I 3,1 (±0,6) x ,6 (±0,9) x10 8 3,6 (±0,4) x ,4 (±0,1) x ,2 (±0,2) x10 11 F 8,0 (±2,7) x ,4 (±0,4) x10 7 8,2 (±2,6) x ,7 (±1,2) x ,3 (±3,0) x10 9 I 5,9 (±1,6) x ,7 (±4,6) x10 6 4,3 (±1,2) x ,5 (±1,9) x ,6 (±0,7) x10 10 F 2,3 (±0,9) x ,4 (±7,4) x10 6 3,1 (±1,1) x ,5 (±7,0) x10 8 7,2 (±0,1) x10 8 I 3,3 (±0,9) x ,1 (±4,3) x10 7 3,7 (±0,3) x ,1 (±0,6) x ,1 (±0,1) x10 11 F 7,4 (±5,5) x10 7 ND 5,7 (±0,7) x10 10 ND 5,9 (±1,7) x10 7 I 1,7 (±0,6) x ,1 (±4,3) x10 7 4,4 (±1,2) x ,3 (±0,2) x ,3 (±0,5) x10 11 F 2,8 (±0,5) x ,7 (±4,2) x10 7 3,8 (±0,7) x ,0 (±0,6) x ,2 (±0,6) x10 11 I 1,1 (±0,2) x ,4 (±0,3) x10 7 2,8 (±0,6) x ,5 (±1,2) x ,6 (±1,1) x10 10 F 7,7 (±0,6) x ,3 (±0,3) x10 7 6,7 (±1,0) x ,4 (±0,2) x ,1 (±1,1) x10 9 I 2,7 (±0,6) x ,0(±1,4) x10 7 8,0 (±1,5) x ,4 (±1,5) x ,4 (±0,2) x10 11 F 2,8 (±0,4) x ,3 (±0,6) x10 7 1,4 (±0,1) x ,8 (±0,6) x ,9 (±0,2) x10 10

54 48 A 800,0 700,0 600,0 500,0 400,0 300,0 200,0 Insilato di triticale Insilato di mais Riso verde Pollina Soia frantumata Pomodoro triplo concentrato Scarto di essiccatoio 2 Insilato si sorgo Pasta cotta Pasta per pizza Sfalcio di prato verde Siero Pasta cruda Farinaccia B 4,00E-07 3,50E-07 3,00E-07 2,50E-07 2,00E-07 1,50E-07 1,00E-07 5,00E-08 0,00E+00 C 6,00E-07 Insilato di triticale Insilato di mais Riso verde Pollina Soia frantumata Pomodoro triplo concentrato Scarto di essiccatoio 2 Insilato si sorgo Pasta cotta Pasta per pizza Sfalcio di prato verde Siero Pasta cruda Farinaccia 5,00E-07 4,00E-07 3,00E-07 2,00E-07 1,00E-07 0,00E+00 Insilato di triticale Insilato di mais Riso verde Pollina Soia frantumata Pomodoro triplo concentrato Scarto di essiccatoio 2 Insilato si sorgo Pasta cotta Pasta per pizza Sfalcio di prato verde Siero Pasta cruda Farinaccia Figura 30. Correlazione tra produzione di biogas e presenza numerica di batteri metanogeni. A, Valori di produzioni di biogas (cm 3 /g ST ) relativi alle matrici testate con più elevata resa energetica; B, efficienze metaboliche [1/(N. metanogeni/cm 3 biogas)] dei metanogeni; C, efficienze metaboliche [1/(N. Methanosarcinales/cm 3 biogas)] delle Methanosarcinales.

55 49 7.3) Descrizione qualitativa degli archaea nei digestati mediante PCR DGGE La descrizione della diversità microbica dei consorzi microbici presenti nei reattori batch è stata valutata mediante l impiego della tecnica PCR-DGGE. Questa tecnica è un metodo di fingerprinting molecolare, ed è basata sulla separazione elettroforetica in gel di poliacrilammide, a concentrazioni crescenti di denaturante, di frammenti genici amplificati tramite PCR. Come gene bersaglio dell analisi è generalmente utilizzato il gene 16S rrna che contiene nella sua sequenza regioni ipervariabili utili per l identificazione tassonomica dei batteri. Con questa metodica, frammenti amplificati diversi per lunghezza e sequenza, e corrispondenti a batteri differenti, possono essere differenziati permettendo in tal modo di studiare la diversità delle comunità microbiche. Tale tecnica, permette l identificazione delle specie batteriche dominanti attraverso il recupero ed il sequenziamento dei prodotti di amplificazione; inoltre, ha il vantaggio di permettere di analizzare vari campioni contemporaneamente mettendo in evidenza, attraverso la comparazione dei profili genetici, le differenze/analogie tra campioni di diversa origine o prelevati a tempi diversi del processo di digestione. La PCR-DGGE è una delle tecniche di fingerprinting più utilizzate nella caratterizzazione di campioni microbiologici ambientali (Muyzer et al, 1993), incluse le comunità microbiche dei reattori anaerobici (Talbot et al, 2008). Nello specifico, questo lavoro è stato condotto utilizzando un primer set specifico per Archaea per consentire lo studio della diversità delle popolazioni metanogeniche presenti nelle diverse miscele. I primer utilizzati contengono le regioni variabili V5 e V3; in particolare, quest ultima regione è stata recentemente indicata come la più informativa per lo studio di comunità di Archaea tramite PCR-DGGE (Yu et al, 2008). Nelle Fig. 31 e Fig. 32 sono mostrati a titolo di esempio i gel elettroforetici più significativi delle analisi DGGE effettuate su una parte delle diverse miscele testate; in particolare, le due figure descrivono i profili elettroforetici delle comunità batteriche di Archaea ottenuti con diverse matrici in due fasi successive delle sperimentazioni. In entrambi i casi, le fermentazioni delle miscele (substrato più inoculo) sono state condotte in mesofilia (40 C) utilizzando come inoculo digestato proveniente dal medesimo impianto alimentato con liquame bovino. I gel sono stati realizzati utilizzando il DNA amplificato da una porzione di circa 600 bp dei geni 16S rrna di Archaea presenti nei campioni delle miscele e prelevati prima del processo di digestione e a completamento dello stesso. Dai risultati riportati si evidenzia come profili derivati da matrici diverse mostrino sostanzialmente tutti lo stesso andamento, come d altra parte risultano simili i profili di uno stesso substrato prelevati a tempi differenti, ossia prima e dopo il processo di digestione anaerobica. In quest ultimo caso una apprezzabile differenza si può osservare per i campioni della terza sperimentazione (Fig. 30), dove si nota la presenza di una doppia banda solamente nei campioni di fine processo. Poiché tali profili mostrano un fingerprinting caratteristico, riscontrabile anche nell inoculo (Fig. 29 e Fig. 30), si può affermare che le specie batteriche dominanti risultano conservate nelle diverse

56 50 miscele di substrati e che l inoculo è importante nel determinare la composizione microbica delle diverse biomasse. Ii If Ai Af Bi Bf Ci Cf Di Df Ei Ef Fi Ff Gi Gf Figura 31. Profili DGGE di amplificati PCR dei geni 16S rdna presenti nei consorzi microbici dei reattori batch. Le miscele (substrato + digestato bovino) sono state testate prima (i) e dopo il processo di digestione (f). Le frecce indicano le bande prelevate da gel che hanno dato risultato positivo all amplificazione e al successivo sequenziamento. I, inoculo; A, glicerina chiara; B, polpe soppressate; C, mix prima estrusione; D, mix dopo estrusione; E, stocchi con attivatore; F, stocchi senza attivatore; G, pasta per pizza. Infatti, l omogenea composizione batterica, perlomeno a livello di Archaea, suggerita dai medesimi profili DGGE tra matrici diverse, non consente di spiegare le differenze di produzione osservate; non è tuttavia da escludere che, almeno in alcuni casi, durante il processo possano essere intervenute condizioni operative non appropriate, tali da infierire sulle rese di produzione. L importanza dell inoculo nel processo di digestione è noto da tempo (Guyot et al, 1993), d altra parte bisogna considerare che nelle miscele testate l inoculo era presente in una proporzione piuttosto consistente, tale far supporre che le specie di Archaea in esso già presenti si sono mantenute e consolidate durante il processo. Una conferma a questa ipotesi potrebbe venire da analisi DGGE condotte a livello di RNA [RT (Reverse Transcription)-PCR-DGGE], invece che DNA, in modo da mettere in evidenza le popolazioni della comunità funzionalmente attive rispetto a quelle persistenti, ma relativamente poco

57 51 attive da un punto di vista metabolico. Analisi di questo tipo, potrebbero forse aiutare a render conto delle differenti rese di produzione di biogas osservate per le diverse matrici. If Ii Af Ai Bf Bi Cf Ci Df Di Ef Ei Ff Fi Figura 32. Profili DGGE di amplificati PCR dei geni 16S rdna presenti nei consorzi microbici dei reattori batch. La figura mostra solo la parte centrale del gel Le miscele (substrato + digestato bovino) sono state testate prima (i) e dopo il processo di digestione (f). Le frecce indicano le bande prelevate da gel che hanno dato risultato positivo all amplificazione e al successivo sequenziamento. I, inoculo; A, rottura di riso; B, riso verde; C, farinaccia; D, pasta cruda; E, glicerina chiara; F, olio di colza. Al fine di individuare le specie metanogeniche dominanti all interno dei consorzi microbici studiati, un totale di circa 45 bande sono state prelevate dai gel, riamplificate e sequenziate. Le sequenze sono state poi comparate con quelle depositate nel database di NCBI per permetterne l identificazione tassonomica. Contrariamente a quanto sembrerebbero suggerire le numerose bande presenti per ciascuna matrice, la comunità metanogenica dei reattori batch risulta piuttosto omogenea poiché costituita da specie tutte sostanzialmente affiliate alla specie Methanosarcina sp. Questo dato è riscontrabile anche per matrici che sono state sottoposte a test di biometanazione in momenti diversi della sperimentazione, suggerendo ancora una volta che l inoculo usato nelle due sperimentazioni, e proveniente dallo stesso impianto, sia stato determinante per la formazione della struttura e della diversità delle comunità microbiche dei digestori. Nello specifico, l identificazione tassonomica delle bande riportate in Fig. 31 ha dato in tutti i casi

58 52 come batterio filogeneticamente più vicino Methanosarcina sp. (GQ NCBI database) con una similarità di sequenza che variava tra il 97-99%; analogamente l identificazione delle bande riportate in Fig. 30 ha determinato come closest relative Methanosarcina sp. (EU NCBI database, similarità %). La diversa percentuale di identità nucleotidica delle bande sequenziate provenienti dalla stessa sperimentazione (stesso gel) indica piccole differenze nucleotidiche tra le diverse sequenze (polimorfismi), differenze che risultano più marcate tra le Metanosarcine identificate nelle due diverse fasi della sperimentazione. I risultati ottenuti suggeriscono quindi la prevalenza nelle comunità metanogeniche di batteri acetoclasti simili a Methanosarcina ( Methanosarcina-like ); si può ipotizzare che si tratti di diverse sottospecie batteriche, differenti per pochi polimorfismi nucleotidici che in un gel con un range di gradiente ristretto, capace di identificare anche un singolo polimorfismo nucleotidico (SNP), riescono ad essere messi in evidenza. Inoltre, la possibilità di formazione di eteroduplex tra sequenze molto vicine filogeneticamente, congiuntamente all uso di primer degenerati, responsabili della formazione di doppie bande quando ben risolti (Piceno et al, 1999), può rendere conto delle numerose bande osservate nei gel. Questo dato è comunque in accordo con quanto rilevato dalle analisi PCR real-time che, in maniera meno specifica, indicavano il gruppo delle Methanosarcinales come predominante all interno della comunità metanogenica. L analisi DGGE ha quindi permesso di approfondire ulteriormente lo studio identificando Methanosarcina come specie dominante. Batteri appartenenti alla specie Methanosarcina sono numericamente dominanti in reattori con alte concentrazioni di acetato (Stroot et al, 2001; McMahon et al, 2001), a differenza della specie Methanosaeta rilevato come microrganismo dominante a basse concentrazioni di acetato (Zheng and Raskin, 2000). La diversa diffusione di tali specie è una diretta conseguenza delle proprietà cinetiche di questi batteri: la famiglia Methanosarcinacea caratterizzata da alte velocità di crescita e affinità per l acetato relativamente bassa, la famiglia delle Methanosaetaceae con un affinità di substrato più elevata, ma con un tasso di crescita più basso (Mladenovska et al, 2000; Jetten et al, 1990). E stato inoltre osservato che le specie Methanosarcina sembrano essere più resistenti ad alte concentrazioni di inibenti, quali ad esempio ammonio e solfuro; la caratteristica forma batterica a gruppi irregolari li renderebbe probabilmente più resistenti agli agenti chimici rispetto ad altri metanogeni, come ad esempio gli acetotrofi Methanosaeta, a forma di sottili filamenti e quindi con un elevata superficie di esposizione (Demirel and Schere, 2008). Le elevate proporzioni di metanosarcine nell inoculo (digestato) e l elevato contenuto di ammonio, che è noto essere presente presente nei digestati (Palm, 2008), sembrerebbero spiegare la notevole presenza di questi batteri nelle miscele testate. Dati di letteratura riportano che le Methanosarcinaceae sono state rinvenute come dominanti in reattori alimentati con liquame, mentre le Methanosaetaceae non sono state mai state trovate come dominanti (Demirel and Scherer, 2008). Ad esempio, in uno studio condotto in digestori CSTRs (Continous Stirred Tank Reactors) inoculati con digestato di liquame bovino è stata osservata la presenza di microrganismi affiliati a Methanosarcina, indipendentemente se i reattori erano alimentati con liquame bovino da solo o in miscele

59 53 costituite da liquame e rifiuti organici industriali (Schmidt et al, 2000). In un altro studio, sempre condotto in reattori CSTRs alimentati con liquame, la maggior parte dei batteri identificati mediante clonaggio erano strettamente correlati alla specie Methanosarcina siciliae (Mladenovska et al, 2003). E da osservare comunque che i profili DGGE ottenuti sono stati condotti a livello tassonomico di dominio (Archaea), e non è perciò da escludere che la comunità metanogenica contenga anche altre specie batteriche, seppure in proporzione minore. Infatti, la bassa proporzione di tali specie nelle comunità batteriche e la possibilità di errori di PCR ( PCR bias ) potrebbero precluderne il rilevamento. A questo proposito, studi recenti hanno messo in evidenza che profili DGGE ottenuti con primer specifici a livello di ordine permettevano l identificazione di specie metanogeniche non rilevabili utilizzando primer set per Archaea (Hwang et al, 2008; Shin et al, 2008). 7.4) Analisi quantitativa di coliformi fecali nei digestati I campioni di digestato sono stati analizzati, mediante conta in piastra per diluizioni decimali, per la presenza di coliformi fecali. Questi batteri sono infatti indice di contaminazione fecale e la loro presenza in digestati dovrebbe situarsi al di sotto di 10 4 MPN/g ss (D.G.R.L. 7/15944); tali condizioni di bassa carica microbica sono infatti necessarie affinché l effluente ottenuto dal trattamento anaerobico possa essere utilizzato come fertilizzante. I dati delle analisi effettuate non hanno evidenziato la presenza di contaminazione fecale al limite di rilevamento del metodo. Questo dato si può giustificare considerando che come inoculo batterico degli esperimenti eseguiti è stato utilizzato un digestato proveniente da un impianto alimentato con liquame bovino senza ulteriore aggiunta alle diverse miscele di liquame fresco. Dai dati di letteratura viene infatti riportato che nel liquame sottoposto a processo di digestione anaerobica si ha un abbattimento della carica fecale da 10 6 /10 10 a 10 3 CFU/gTS (Bicudo and Svoboda 1995). 7.5) Analisi microbiologica coliformi fecali L analisi dei coliformi fecali è stata effettuata mediante conta in piastra per diluizioni successive utilizzando il terreno Violet Red Bile Agar (VRBA). Il terreno (3 g/l estratto di lievito, 7 g/l peptone, 10 g/l lattosio, 1,5 g/l sali bile, 30 mg/l rosso neutro, 2 mg/l cristal violetto, 5 g/l NaCl, 15 g/l agar, ph 7.4) poiché non richiede sterilizzazione, è stato preparato al momento dell uso. La presenza dei sali di bile (agente selettivo) crea l ambiente ideale per la crescita di questi microrganismi di origine intestinale, mentre il Cristal violetto inibisce la crescita di batteri Gram positivi. La semina è avvenuta per inclusione di 1 ml di diluizioni decimali del digestato. Avvenuta la solidificazione del substrato, è stato versato un altro strato di terreno al fine di assicurare condizioni anossiche favorevoli alla fermentazione del glucosio. Le piastre sono state incubate a 37 C per 24 h. Le colonie cresciute tra i due strati di agar di colore rosso-viola (fermentazione del lattosio e viraggio del rosso-neutro), circondate da un alone violaceo, e con un diametro non inferiore a 2 mm, sono state enumerate.

60 54 8) Conclusioni Il lavoro svolto con la piattaforma di laboratorio ha permesso, da un lato, di avere a disposizione uno strumento affidabile con cui ERSAF è ora in grado di effettuare analisi del potenziale metanigeno delle biomasse con un buon grado di ripetibilità e accuratezza, dall altro, grazie allo screening svolto, ha permesso di individuare alcune matrici il cui impiego per la produzione di biogas è di sicuro interesse. Infatti, oltre alle Energy crops, di cui sono stati confermati i potenziali energetici, le evidenze sperimentali hanno mostrato come produzioni di biogas altrettanto buone in termini di quantità e qualità del biogas possano essere ottenute con reflui di allevamento come la pollina disidratata di galline ovaiole (681.0 ± 61.2 Nm 3 /t sv ) e residui della lavorazione dei prodotti agricoli come le polpe di bietola suppressate (646.9 ± 9.8 Nm 3 /t sv ), triplo concentrato di pomodoro (573.4 ± Nm 3 /t sv ) e riso verde e rottura di riso (rispettivamente ± e ± Nm 3 /t sv ). Dal punto di vista dell impatto ambientale, le verifiche condotte determinando la differenza tra l emissione di odore degli ingestati e dei digestati, hanno permesso di verificare che l abbattimento di odore conseguente alla stabilizzazione della sostanza organica operata dalla digestione anaerobica, varia da un minimo del 43% ad un massimo del 93% a seconda del tipo di matrice utilizzata. Per quanto riguarda l analisi delle produttività delle cinque ricette condotta con gli impianti in continuo il lavoro svolto ha permesso di evidenziare che: - Nella fase di start up è importante evitare sovraccarichi organici e per questo si è dimostrato di grande importanza controllare il rapporto tra acidi grassi totali e capacità tampone del digestato (FOS/TAC). - Superata la fase di start up del digestore, le produzioni medie giornaliere si sono dimostrate costanti su valori tipici per le potenzialità produttive delle biomasse testate Approfondimenti microbiologici: La valutazione dell impiego di biomasse e di reflui zootecnici a scopo energetico è stata approfondita mediante studi condotti a livello microbiologico volti a comprendere la struttura e le dinamiche delle comunità microbiche che sono alla base del funzionamento dei processi di digestione anaerobica. In particolare, come primo risultato, il lavoro svolto durante il progetto ha portato alla messa a punto di efficaci metodiche per la caratterizzazione microbiologica qualitativa e quantitativa di ingestati e digestati. L applicazione di tali metodiche sui campioni prelevati dai minidigestori ha rilevato elevate cariche microbiche sia di batteri fermentanti che di metanogeni indicando il potenziale utilizzo di tutte le biomasse testate per il processo di digestione. Le variazioni delle cariche microbiche prima e dopo il processo, seppur moderate, riflettevano il grado di funzionamento del processo: nelle matrici dalle quali è stata ottenuta maggiore produzione di biogas (es. insilati, pollina) si osservava un aumento od una stabilità dei batteri metanogeni ed una diminuzione del numero di batteri solfato-riduttori, possibili competitori dei

61 55 metanogeni. Il gruppo filogenetico delle Methanosarcinales (metanogeni acetoclasti) costituiva la popolazione predominante dei metanogeni; in particolare, la specie Methanosarcina, capace di produrre metano da diverse molecole (acetato, H 2 /CO 2 e gruppi metilici), è stata identificata come dominante in tutte le biomasse testate, suggerendo anche l importanza dell inoculo nella determinazione della struttura e della diversità delle comunità microbiche dei digestori. Infine, le analisi dei coliformi fecali condotte sui digestati non hanno evidenziato la presenza di contaminazione fecale, indicando il possibile utilizzo dei digestati come fertilizzante.

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