Parte prima Teoria e pratica del crisis management e della crisis comunication

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2 Luca Poma Giampietro Vecchiato LA GUIDA DEL SOLE 24 ORE AL CRISIS MANAGEMENT Come comunicare la crisi: strategie e case history per salvaguardare la business continuity e la reputazione Con la collaborazione di Enrico Finucci Prefazione di Elio Borgonovi

3 Sommario 9 Prefazione di Elio Borgonovi 15 Introduzione Parte prima Teoria e pratica del crisis management e della crisis comunication Che cosa bisogna sapere sulle situazioni di crisi Che cos è una crisi? Le cause di una crisi Tipologie e classificazioni delle crisi Come si distingue una crisi da un falso allarme Caratteristiche principali di una crisi Dinamica di una crisi Che cosa non fare mai in una situazione di crisi Crisi, fiducia e reputazione I possibili scenari di crisi: l esempio di un industria farmaceutica Crisis management e crisis communication Definizione della disciplina del crisis management Fase I: Research. Che cosa fare prima della crisi Fase II: Response. Siamo in crisi? Si, la crisi è iniziata Fase III: Recovery. La crisi finisce: che cosa fare dopo? La comunicazione del rischio Una società sempre più fragile

4 6 SOMMARIO Il rischio e il risk management Tecnosfera vs. demosfera Le euristiche del rischio Il concetto di outrage Strategie per coinvolgere il pubblico Princìpi di risk communication La comunicazione dei dati tecnici quantitativi Evitare la paura della paura I mass media e la comunicazione del rischio Comunicazione del rischio e fiducia Crisis communication e media relation Le crisi e i media Due prospettive molto differenti Il giornale come un impresa e una missione La copertura mediatica di una crisi Media relation e crisi Crisi e nuovi mass media Nuove minacce e nuove opportunità Le caratteristiche dei nuovi media Princìpi di crisis communication in internet Le minacce dei siti internet Le minacce dei social media Le opportunità di internet Parte seconda Case history dal mondo delle aziende e delle istituzioni Un settore critico: l alimentare Il settore alimentare: una categoria merceologica molto sensibile alle situazioni di crisi La percezione del rischio nel settore alimentare La comunicazione del rischio nel settore alimentare I cambiamenti e le problematiche del settore Le crisi tipiche Un caso di crisi che ha fatto storia, raccontato minuto per minuto: E. Leclerc I protagonisti della vicenda

5 SOMMARIO Cronologia degli eventi (25 ottobre-16 novembre 2005) Che cosa è successo a Soviba? La reazione dei media La gestione di crisi di E. Leclerc La comunicazione di crisi di E. Leclerc Una gestione di crisi apprezzata Un altro caso minuto per minuto : The Coca-Cola Company in Belgio e la gestione della paura I protagonisti della vicenda Lo scandalo diossina Cronologia degli eventi (maggio-giugno 1999) Che cosa è successo realmente? La reazione dei media: una vicenda attraente La gestione di crisi di The Coca-Cola Company La comunicazione di crisi di The Coca-Cola Company I danni maggiori colpiscono il fattore fiducia La comunicazione di crisi nel settore aeronautico In collaborazione con Francesca Concina Peculiarità del settore e tipologia di crisi cui è esposto La risposta organizzativa delle compagnie aeree La cultura della comunicazione di crisi L importanza del training nella comunicazione di crisi La comunicazione di crisi in seguito a un incidente aereo Conclusioni Crisis e istituzioni La comunicazione di crisi nel settore politico Cronaca di una grave crisi di reputazione: il Vaticano e il dossier pedofilia In collaborazione con Sara Venditti Schede di approfondimento su altri casi di interesse L esposizione in prima linea del vertice aziendale: i casi Union Carbide e ThyssenKrupp WikiLeaks: una campagna di comunicazione planetaria gestita minuto per minuto BP - British Petroleum: la distruzione di un ecosistema e la crisi di un marchio

6 8 SOMMARIO Guna: industria farmaceutica vs. agenzie stampa Galbani: quando la crisi degli altri ci riguarda da vicino Giù le Mani dai Bambini: una campagna multistakeholder che precipita in una crisi Playstation Sony: dove sono finite le nostre carte di credito? 373 Bibliografia

7 Prefazione Crisi, comunicazione e fiducia/reputazione è la triade di contenuti che caratterizza questo libro. Crisi è diventato un termine con il quale dal 2007 l opinione pubblica convive quotidianamente, non perché in precedenza non vi fossero state crisi, ma perché quella scoppiata nel 2007 e apparsa evidente nel 2008 si è caratterizzata da subito come crisi sistemica. Essa nata secondo molti in occasione della crisi della Royal Bank of Scotland, salvata dal governo inglese, o in occasione dell insolvenza di Fannie Mae e Freddie Mac, salvate dal governo statunitense, o del fallimento di Lehman Brothers si è poi propagata all intera economia del mondo occidentale, nel con la caduta della fiducia reciproca tra le banche e nel con il braccio di ferro tra Usa ed Europa sulla stabilità finanziaria e il ruolo dell euro. Questa situazione di forte incertezza ha coinvolto anche economie in forte crescita e caratterizzate da rilevanti investimenti in titoli di Stato, Stati esportatori di petrolio, e infine anche la Cina. Tuttavia, questa crisi internazionale ha lasciato nella penombra un altra tipologia di crisi, sulla quale si concentra invece il contributo della guida: le crisi di imprese non riconducibili alla situazione economica generale. Molte sono le imprese che hanno sofferto stravolgimenti in termini di riduzioni drammatiche del fatturato e degli utili, perdite di quote di mercato, sovradimensionamento degli organici e conseguenti politiche di licenziamento o di delocalizzazione. Ma ognuna di queste situazioni, oltre ad aver trovato impreparata la quasi totalità degli economisti, manager, analisti finanziari e opinionisti, ha in un certo senso perso la propria specificità. Gli autori, al contrario, analizzano e propongono indicazioni utili ad affrontare proprio le crisi dovute a fattori specifici di destabilizzazione delle imprese, in un libro corredato da numerosi casi di studio.

8 10 PREFAZIONE La comunicazione è a sua volta una delle caratteristiche proprie del mondo globalizzato, grazie alla presenza di nuovi media e delle reti. Le informazioni si diffondono rapidamente, e arrivano a moltissimi soggetti, che possono avere interessi diretti o indiretti nell impresa. Il modo in cui le informazioni si propagano e sono comunicate ai diversi destinatari è l essenza di un processo di comunicazione, e non di rado è di fatto più rilevante della dimensione stessa degli effetti reali della crisi. Eventi di per sé poco significativi possono essere ingigantiti, e situazioni che nulla hanno a che fare con l impresa possono avere riflessi molto negativi sulla stessa: è il caso ad esempio dei rischi alimentari connessi a casi di sofisticazione o di danni alla salute di pochi individui, che però si ripercuotono sui comportamenti di milioni di consumatori, oppure di eventi gravi e drammatici ancorché statisticamente poco frequenti che possono colpire e danneggiare la reputazione dell impresa, come avviene nel caso di gravi incidenti aerei. Il terzo vertice del nostro triangolo è costituito dalla fiducia e dalla reputazione, che sono a loro volta elementi cruciali di un sistema quello economico caratterizzato dalle cosiddette profezie che si autoavverano. Infatti, come le attese su aumenti di prezzo determinano proprio la corsa agli acquisti, che poi provoca gli aumenti previsti o temuti, così la fiducia in un impresa e nel suo indice reputazionale determinano atteggiamenti positivi dei diversi portatori di interessi nei suoi confronti, mentre al contrario la sfiducia o il pregiudizio alla sua reputazione determinano atteggiamenti negativi da parte degli utenti e del mercato. Ciò, peraltro, con un asimmetria di fondo: mentre la fiducia e la reputazione si costruiscono in tempi lunghi, la sfiducia o la caduta della reputazione possono essere determinati da fattori imprevisti, a volte non controllabili, che hanno però riflessi immediati nel breve periodo. Una corretta gestione delle situazioni di crisi diventa quindi uno strumento fondamentale per affrontare questa asimmetria ed evitare che l impegno, la professionalità e la dedizione che manager e altri collaboratori hanno profuso per molti anni possano essere vanificati o messi in discussione a causa di una situazione di crisi semplicemente mal gestita. Gli autori si addentrano in questa complessa, e per molti aspetti scarsamente esplorata materia, partendo da una chiara analisi del problema: che cos è una crisi, e più nello specifico cos è una crisi di reputazione, quali sono le cause di una crisi, come si distingue una crisi da un falso allarme, qual è la dinamica di una crisi, sono alcune tra le domande poste nel primo capitolo. In esso si sottolinea in particolare la tassonomia e si dà una prima indicazione di merito: che cosa non bisogna fare all approssimarsi di una crisi. Banalizzando, come nella vita di società occorre evitare di fare gaffe, ad esempio sbilanciandosi sull età di una signora o esprimendo apprezzamenti non lu-

9 PREFAZIONE 11 singhieri su qualcuno in presenza di estranei che potrebbero conoscerlo, scopriremo che a volte nella vita delle imprese è spesso più dannoso fare passi affrettati ed erronei piuttosto che non fare nulla. Ovviamente gli autori non si limitano a segnalare che cosa non occorre fare, ma nel secondo capitolo danno indicazioni su cosa bisogna fare, o per meglio dire su cosa è più opportuno fare. Individuano le tre fasi principali, quella della prevenzione e anticipazione della situazione di crisi, con un particolare rilievo al tema della collegialità espressa plasticamente con i concetti di crisis team e crisis room ; quella della risposta, con una particolare attenzione alla velocità che qualifica i primi 180 minuti di una crisi, e al ruolo di alcuni personaggi chiave, quali il portavoce e il leader nei periodi di crisi; infine quella della ripresa post-crisi, nella quale è ancora importante la rapidità con la quale si attua un programma di rilancio, di motivazione del personale e di recupero della reputazione. Probabilmente coinvolti dalla passione e dall entusiasmo per questo lavoro, gli autori forse esagerano nel definire il crisis management una disciplina, ma ciò che è certo è che hanno sicuramente ragione nell affermare che la gestione di questi processi richiede un approccio multidisciplinare o interdisciplinare. Nei capitoli 3, 4 e 5, il libro si concentra poi sugli aspetti specifici del processo di comunicazione attraverso i mass media. Nel capitolo 3 si mette in evidenza come in una società fragile e da parte mia aggiungerei sempre più interdipendente aumentino le condizioni di rischio, e come quindi la crisi sia sempre in agguato. Di qui la necessità di avere una chiara e organica mappatura dei rischi di ogni tipo: tecnici, amministrativi, di comportamenti non opportuni o addirittura illeciti che possono determinarsi nell impresa, di qualità dei prodotti, di rapporti con i clienti e di relazione con le comunità dei territori in cui opera l impresa, adottando metodologie che hanno anche un elevato contenuto tecnico. Solo un organica mappatura dei rischi consente infatti di organizzare risposte strategiche al loro manifestarsi, evitando risposte emotive, irrazionali o casuali. Nel capitolo 4, dopo aver analizzato in termini generali il rapporto con i mass media, l esposizione si concentra sui rapporti con i media convenzionali. Va sottolineata la riflessione sul giornale come impresa, forse sarebbe meglio dire sugli editori di giornali come imprese, ma soprattutto il concetto di giornale come missione, che mostra come i media dovrebbero attenersi al principio del giornalismo moderno, secondo il quale i fatti sono sacri, le opinioni sono libere, atteggiamento purtroppo sempre meno frequente. Centrale nel capitolo 5 è il ruolo della rete, di internet e dei social network: sono i moderni media, sempre meno controllabili dai cosiddetti poteri forti sia politici sia economici, quelli verso i quali i manager spesso hanno ancora minore familiarità. Molti

10 12 PREFAZIONE di questi poteri sono anzi tendenzialmente preoccupati dalla minaccia costituita da internet e dai social network, mentre in una strategia di comunicazione della crisi specialmente in quella di risposta e in quella di rilancio la rete può diventare una concreta opportunità di dialogo con il pubblico. Un efficace uso della rete può essere infatti uno strumento per modificare le percezioni e le reazioni emotive degli stakeholder a una situazione di crisi, sia all interno dell impresa sia all esterno. La seconda parte della guida presenta in modo dettagliato una serie di casi di studio, che rappresentano in modo emblematico differenti situazioni di crisi. Il capitolo 6 si concentra sulla crisi nell ambito di un settore quello alimentare particolarmente sensibile alle notizie e alla loro diffusione. Basti pensare agli esempi della mucca pazza, l influenza aviaria, dei cetrioli spagnoli poi rivelatisi innocenti e probabilmente vittime di una guerra commerciale, ai periodici casi di sofisticazioni di prodotti o di cattive condizioni igienico-sanitarie diffusi dai mass media. I capitoli 7 e 8 si fanno apprezzare anche per il genere letterario utilizzato dagli autori: la descrizione minuto per minuto di due crisi tra loro diverse per genesi e natura, ma simili nelle procedure con cui sono state affrontate. Anche il capitolo 9 affronta la tematica di un settore quello aeronautico nel quale spesso il problema è essenzialmente la gestione del singolo incidente grave, soprattutto per quanto riguarda l assistenza psicologica nei confronti dei parenti dei passeggeri. Pianificare le situazioni di crisi, eliminare le incertezze nelle comunicazioni che devono arrivare in tempi rapidissimi orario di arrivo, certezza per la compagnia aerea dell avvenuto incidente, comunicazione ai parenti nelle sale di attesa, nonché formare tutto il personale che può avere contatti con il pubblico nel caso di incidenti, sono azioni che consentono di affrontare le drammatiche situazioni degli incidenti aerei. Non meno importanti, ma sicuramente meno critici, sono gli interventi di comunicazione finalizzati a recuperare la reputazione della compagnia e a ricostituire il senso di sicurezza per chi la utilizzerà in futuro. Dopo un interessante disamina delle situazioni di crisi nelle istituzioni, cui è dedicato il capitolo 10, nel capitolo 11 infine sono presentati in modo più sintetico altri sette casi di crisi aziendali, molto differenti tra loro. Gli autori dimostrano di possedere una grande conoscenza di questa tematica, sviluppata in anni di attività professionale come giornalisti ed esperti di comunicazione: hanno raccolto in modo meticoloso una precisa documentazione su molti casi di gestione dei rischi di impresa, tra i quali hanno scelto quelli più significativi. Ciò gli ha consentito di proporre, nella prima parte, una significativa e originale sistematizzazione teorica e, nella seconda parte, una nutrita messe di casi a supporto della teoria.

11 PREFAZIONE 13 Un testo che si rivela quindi utile per i comunicatori, per i manager delle imprese, ma anche per gli studiosi e gli accademici che in corsi universitari o post-esperienza intendano affrontare la tematica della comunicazione di crisi con il supporto di un efficace strumento didattico. Elio Borgonovi Professore ordinario di Economia delle Aziende e delle Amministrazioni pubbliche - Università Bocconi di Milano

12 Introduzione Nell ultimo decennio grandi aziende, multinazionali, banche d affari e altre organizzazioni complesse sono cadute vittime della loro intrinseca arroganza, incapaci di strutturare anticorpi efficaci per far fronte a gravi situazioni di crisi. Ad esempio, la disorientata frase Scusate, abbiamo un problema, lo stabilimento va a fuoco: avete una stanza dove poterci riunire lontano da occhi indiscreti? è stata realmente pronunciata dal manager di una nota multinazionale, che fattura complessivamente oltre 53 miliardi di euro ed è presente in decine di Paesi del mondo, mentre un loro grande stabilimento andava a fuoco causando la morte di sette operai e un successivo scandalo che tenne banco sulle prime pagine della cronaca nazionale per un intero semestre, disastro per il quale l azienda sta pagando ancor oggi a distanza di anni un caro prezzo in termini di reputazione e che ha evidenziato la totale incapacità di quell organizzazione di far fronte a una crisi grave, eppure per certi versi prevedibilissima. Vari autori hanno dato contributi sostanziali allo studio del crisis management e delle strategie di comunicazione in situazioni di crisi, innovando la materia su come prevedere scenari e come rapportarsi con i propri pubblici in situazioni di stress dell organizzazione tali da pregiudicare la business continuity, ma ci sono alcuni segreti del mestiere che noi consulenti siamo quasi sempre restii a rivelare, quasi fossimo vittime del luogo comune se dico tutto... perchè poi dovrebbero ingaggiarmi?. Con questa guida che vuol essere un compendio ragionato di quanto già noto sul tema e nel contempo un articolato insieme di nuovi spunti di riflessione, e per la descrizione dettagliata del quale vi rimandiamo all autorevolissima prefazione del professor Elio Borgonovi abbiamo deciso di dare un contributo per certi versi originale: colmare un vuoto, in perfetto stile web 2.0, raccontandovi anche tutto ciò che non vi è mai stato detto dagli esperti sulla gestione operativa di una situazione di crisi.

13 16 INTRODUZIONE Siete degli impreditori e dopo lo studio di questo volume potrete organizzarvi internamente, in autonomia, e avrete quindi meno bisogno dell apporto di consulenti come noi e come gli autorevoli colleghi che citiamo come fonti nelle note? Forse, anche se un libro per quanto completo mai potrà sostiture efficacemente un consulente in carne e ossa, così com è impensabile mettersi a sfogliare il manuale di istruzioni dell aereo mentre il velivolo sta già precipitando. Comunque sia, se la vostra cultura sul crisis management e sulla crisis communication si rafforzerà grazie alla lettura di questo volume, e se inizierete a implementare strumenti di crisis management efficaci nella vostra azienda, non potremo che esserne felici: avremo contribuito in parte alla maturazione del sistema imprenditoriale italiano, che troppo spesso trascura la fase di prevenzione e organizzazione, per la stessa ragione per la quale finisce per interrogarsi sulle proprie coperture assicurative puntualmente solo dopo che è avvenuto il sinistro... Come dicevano Tapscott e Williams: I mercati sono diventati conversazioni, le aziende devono capire che i tempi dei monologhi sono finiti. Questo deve valere anche per i rapporti tra professionisti e imprenditori: la parola chiave del ventunesimo secolo a nostro avviso dev essere condivisione di saperi. Con piacere, compatibilmente con lo spazio a nostra disposizione in questo volume, abbiamo quindi deciso di condividere le nostre conoscenze con voi.

14 58 TEORIA E PRATICA DEL CRISIS MANAGEMENT E DELLA CRISIS COMMUNICATION 2.2 Fase I: Research. Che cosa fare prima della crisi Come ci si prepara a una crisi? Il ciclo di Deming Per gestire una crisi occorre saper imparare rapidamente; per imparare rapidamente nel corso di una crisi è necessario aver imparato molto tempo prima. PATRICK LAGADEC La corretta gestione di una situazione di crisi incomincia molto prima che si verifichi o si possa manifestare un evento negativo. Lo stadio iniziale del crisis management è infatti quello definito di preparazione, ovvero di research. Purtroppo però capita spesso che i manager delle organizzazioni scoprano l importanza di questa fase solo dopo aver provato sulla propria pelle la drammaticità della sua mancanza o carenza. Un caso internazionale eclatante e facilmente richiamabile alla memoria anche dei non addetti ai lavori è la scomparsa nel giro di poco più di tre mesi in relazione a gravi scandali finanziari di società multinazionali da essa certificate della seconda società di revisione contabile al mondo, la Arthur Andersen, fondata dall omonimo esperto revisore nel Come una vera e propria istituzione, riconosciuta come best-in-class del suo settore da oltre ottant anni e protagonista delle più grandi operazioni di merger & acquisition del ventesimo secolo negli Stati Uniti, possa letteralmente scomparire nell arco di novanta giorni o poco più è un caso lampante di totale incapacità di previsione del rischio e della crisi, nonché un evidente dimostrazione dell importanza di questa disciplina: se un disastro del genere può colpire una società delle dimensioni della Arthur Andersen, può colpire chiunque. I responsabili delle imprese faticano però a comprendere come tutte le aziende corrano stabilmente il rischio di essere colpite da una crisi: non esistono infatti organizzazioni che si possano ritenere immuni. Inoltre, tali eventi sono molto più probabili di quel che si stima comunemente, soprattutto se si ragiona in un ottica a lungo termine. Questo non vuol dire che l atteggiamento dell organizzazione debba essere passivo o fatalista: al contrario l azienda deve essere consapevole che la preparazione e la prevenzione verso gli eventi critici è di fondamentale importanza per la propria crescita e sopravvivenza, poiché l illusione che tutto vada bene è piuttosto una speranza vana in un ottica a lungo periodo. Oggi non è più possibile per un azienda sottovalutare l eventualità di essere colpiti da una crisi: la preparazione e la prevenzione sono da considerarsi ormai doverose nei confronti degli stessi membri dell organizzazione e della società in cui opera. Il primo obiettivo dei professionisti di crisis management è proprio quello di far raggiungere ai manager delle imprese la consa-

15 CRISIS MANAGEMENT E CRISIS COMMUNICATION 59 pevolezza della necessità della prevenzione e della programmazione come strumenti di difesa per proteggere e preparare l organizzazione agli eventi critici. Il secondo obiettivo è quello di creare una corretta mentalità con la quale approcciarsi a questa disciplina: la domanda che ci si deve porre quando si pensa alla gestione di una crisi non è se l azienda si potrà trovare a fronteggiare o meno una situazione critica, ma Quando e come l organizzazione verrà colpita da un evento negativo?, Quale crisi potrà verificarsi? e Di che portata sarà?. Ma soprattutto: L azienda sarà capace di gestirla in modo efficace? (Norsa 2002). La business continuity di un azienda dovrebbe venir pianificata secondo il cosiddetto ciclo di Deming (Deming Cycle), detto anche dagli addetti ai lavori ciclo PDCA, così chiamato dal nome del suo ideatore Edward Deming negli anni Cinquanta. A quell epoca il controllo qualità si limitava a una fase di collaudo finale e le ispezioni successive al collaudo prevedevano solo la possibilità di scartare eventuali pezzi difettosi identificati nei controlli a campione. Seguendo tale logica di verifica a posteriori, era possibile aumentare il grado di qualità della produzione solo aumentando le ispezioni, e quindi aumentando proporzionalmente i costi. Le aziende giapponesi si affidarono a esperti americani, tra i quali Edward Deming, appunto, per introdurre degli strumenti atti ad assicurare un progressivo e costante miglioramento della qualità. Deming codificò un semplice modello, utile per il miglioramento continuo della qualità in un ottica a lungo raggio e per promuovere una cultura della qualità tesa all incessante miglioramento dei processi e all utilizzo ottimale delle risorse aziendali. Questo strumento parte dall assunto che per il raggiungimento del massimo della qualità è necessaria una costante interazione tra quattro fasi, che devono susseguirsi costantemente in una sequanza logica (figura 2.2): P - Plan (programmazione), ovvero viene elaborata una lista di possibili aree di crisi e un ipotesi di procedura per risolverle; D - Do (esecuzione), ovvero la procedura viene applicata secondo il programma, ma in contesti circoscritti, effettuando simulazioni di scenari di crisi; C - Check (test e controllo), ovvero studio e raccolta dei risultati e dei feed - back derivanti dall applicazione della procedura; A - Act (azione), ovvero il processo viene migliorato sulla base del feedback ottenuto, e quindi reso definitivo e ampliato in tutto il suo ambito d applicazione.

16 60 TEORIA E PRATICA DEL CRISIS MANAGEMENT E DELLA CRISIS COMMUNICATION Figura 2.2 Il ciclo di Deming Intervento: - Individuazione problemi e cause - Definizione obiettivi - Definizione direzioni di intervento ACT PLAN Pianificazione: - Individuazione dei progetti - Definizione priorità - Piano triennale CHECK DO Verifica: - Misurazione qualità - Verifica dei risultati - Valutazione andamento progetti Realizzazione: - Predispozione piani operativi - Pareri - Realizzazione progetti Il ciclo in un ottica di formazione permanente e miglioramento continuo viene teoricamente ripetuto all infinito in azienda, o comunque periodicamente riproposto con il mutare delle condizioni ambientali, al fine di perfezionare sempre più le procedure e mantenerle adeguate al contesto. I giapponesi, come loro uso, hanno poi perfezionato il metodo, dando forma e codificando questo sistema circolare in modo da renderlo applicabile a qualunque procedura aziendale. Oggi come oggi il concetto di far girare costantemente la ruota di Deming per generare un miglioramento continuo è esteso a tutte le fasi del management: di fatto, lo stesso concetto di area test, adottato da ogni direttore marketing per la verifica dell indice di gradimento di un prodotto su di un territorio di distribuzione circoscritto (con conseguente raccolta di interviste ai consumatori, prima del lancio vero e proprio su scala nazionale), si rifà nel suo modello teorico al ciclo di Deming. Questo metodo, che viene incontro anche alle più elementari regole di buon senso, è uno strumento utile per sviluppare procedure per la gestione di situazioni di crisi potenziale. Puntualmente, per nostra esperienza, le prime situazioni di crisi arrivano all attenzione del management prima del raggiungimento di un livello accettabile di standardizzazione delle procedure di gestione delle crisi stesse, e costituiscono quindi nel concreto il primo reale banco di prova per un crisis manager.

17 CRISIS MANAGEMENT E CRISIS COMMUNICATION 111 dizio a una credibilità già compromessa. Si può invece provvedere alla formazione di un vicario, così da poter contare su di un altra risorsa da porre in campo in caso di indisponibilità del primo, ma all atto dell attivazione delle procedure di crisi il portavoce con facoltà di parlare ai pubblici dell azienda deve essere uno solo per tutta la durata della crisi Le caratteristiche del leader Nei momenti di crisi i manager devono comunicare di più, essere a fianco del loro staff, rassicurare e confortare le persone. JACK WELCH La gestione di una crisi esalta il ruolo del leader. È durante questa fase che il boss di un azienda deve prendere la situazione in pugno e dare l esempio a tutti. Un organizzazione colpita da un evento negativo modifica la propria struttura da democratica in assoluta, diventando come un organismo militare, dove un unico uomo, circondato da fidati consiglieri, si deve prendere delle responsabilità e compiere scelte difficili. Quando i tempi si fanno duri il capo deve essere vicino ai propri dipendenti, poiché essi necessitano di un contatto diretto. Nelle situazioni eccezionali gli ordinari messaggi del Ceo non bastano più, ci vuole, in via straordinaria, la sua diretta presenza che comunichi anche senza bisogno delle parole la forza, l impegno e la fiducia che i dipendenti richiedono. Questo capita a tutti i livelli e negli ambiti più diversi, dalla squadra di calcio, che dopo una serie di risultati negativi riceve la visita del presidente negli spogliatoi o durante l allenamento successivo, agli eventi drammatici come quelli dell 11 settembre 2001, quando l allora sindaco di New York Rudolph Giuliani accorse immediatamente per le strade della città per essere accanto alla gente comune e mostrare che le istituzioni pubbliche erano presenti. Secondo Pat Rowe, esperto americano di crisis management, il leader di un organizzazione deve avere almeno dieci qualità principali per gestire al meglio una situazione di crisi ( 1. realismo: un leader sa vedere le cose per quello che sono, senza sottrarsi alla realtà; 2. strategia e dettaglio: un leader sa vedere sia il minimo particolare che il quadro generale, sia a breve che a lungo periodo; 3. opzioni multiple: il boss continua a cercare altre soluzioni anche quando ne ha già una in mente, perché non crede a priori che la sua idea sia sicuramente la migliore e sa metterla in discussione;

18 112 TEORIA E PRATICA DEL CRISIS MANAGEMENT E DELLA CRISIS COMMUNICATION 4. decisionismo: il capo di un azienda si assume fino in fondo le responsabilità delle decisioni che prende; 5. collaborazione: un leader sa identificare i giusti stakeholder con i quali collaborare per trovare una soluzione condivisa; 6. consigli impopolari: un boss sa ascoltare chi ha un punto di vista diverso dal proprio, evita che si sviluppi un meccanismo di group think all interno del crisis team e cerca sempre nuove prospettive attraverso cui vedere le cose; 7. calmo, coraggioso, positivo: anche sotto pressione, un leader sa resistere allo stress e all ansia, mantenere la calma, comunicare positivamente con i propri interlocutori e prendere le decisioni che ritiene migliori per l organizzazione, anche se a prima vista sembrano impopolari; 8. rischio: davanti a un rischio il boss si assume le proprie responsabilità e stabilisce quale rischio calcolato vale la pena affrontare; 9. regola dell 80%: un leader sa che anche in assenza di tutte le informazioni per decidere è meglio fare una scelta piuttosto che restare immobili; 10. errori: il boss sa ammettere prontamente i propri errori davanti al suo team, senza imbarazzi né reticenze (a proposito di errori, si veda il riquardo sotto). Gli errori tipici dei leader nella crisis communication (Jonathan Bernstein) 1. Iniziare a pensare alle potenziali situazioni di crisi solo quando queste sono ormai diventate pubbliche. 2. Trattare i media come nemici. 3. Reagire passivamente anziché proattivamente. 4. Usare un linguaggio incomprensibile per l audience. 5. Non ascoltare i propri stakeholder. 6. Assumere che la verità alla fine comunque trionferà. 7. Pensare solo ai fatti e non alle emozioni. 8. Comunicare solo attraverso messaggi scritti. 9. Stimare il rischio tirando a indovinare. 10. Ripetere una stessa azione più e più volte nella speranza che prima o poi il risultato cambi da solo.

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