GRAFICA DIGITALE. Le immagini visualizzate sul monitor non sono tutte uguali, ma si dividono in due categorie: immagini vettoriali immagini raster

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1 GRAFICA DIGITALE L'analisi delle immagini consiste nell'estrazione di informazioni da immagini di una scena reale; si basa sulla possibilità di formulare una rappresentazione matematica della distribuzione di luminosità di un'immagine. Questa può essere definita come una funzione bidimensionale f(x,y) con x ed y coordinate spaziali ed f(x,y) ampiezza della funzione (intensità, livello di grigio dell'immagine nel punto). Le immagini visualizzate sul monitor non sono tutte uguali, ma si dividono in due categorie: immagini vettoriali immagini raster IMMAGINI VETTORIALI Le immagini vettoriali sono caratterizzate da linee e curve definite da entità matematiche chiamate vettori. I vettori sono segmenti definiti da un punto di origine, una direzione e verso e una lunghezza. I vettori descrivono un'immagine o meglio i disegni in base alle loro caratteristiche geometriche. Il vantaggio delle immagini vettoriali è la loro indipendenza dalla risoluzione. Infatti è possibile ridurre o ingrandire un'immagine vettoriale senza temere di perdere in definizione. Le immagini vettoriali sono usate per riprodurre contorni nitidi o disegni geometrici, per i caratteri o le immagini piatte, come ad esempio i loghi. Gli elementi grafici che si basano sui vettori sono descritti mediante una formula matematica ed attributi supplementari. Per quanto riguarda un cerchio servono - ad esempio - il centro (sotto forma di coordinata) ed il diametro. Gli attributi possono definire ulteriormente, ad esempio, il tratto, il colore, ecc. IMMAGINI RASTER Le immagini raster, chiamate anche immagini bitmap, sono quelle immagini che per la loro visualizzazione hanno bisogno di una griglia o retino di piccoli quadrati (i pixel). Gli elementi grafici che si basano sui raster sono descritti tramite la disposizione di singoli punti (pixel) in una matrice. Anche in questo caso gli attributi dei singoli pixel descrivono le diverse caratteristiche, come il colore o la trasparenza. Le immagini raster sono usate per riprodurre foto o immagini che necessitano di sottili sfumature cromatiche. PIXEL In computer grafica, con il termine pixel (contrazione della locuzione inglese picture element) si indica ciascuno degli elementi puntiformi che compongono la rappresentazione di una immagine raster nella memoria di un computer. Solitamente i punti sono così piccoli e numerosi da non essere distinguibili ad occhio nudo, 1

2 apparendo fusi in un'unica immagine quando vengono stampati su carta o visualizzati su un monitor. Ciascun pixel, che rappresenta il più piccolo elemento autonomo dell'immagine, è caratterizzato dalla propria posizione e da valori quali colore e intensità, variabili in funzione del sistema di rappresentazione adottato. L'esempio qui sotto mostra un logo in grafica raster ingrandito in modo da evidenziare i singoli pixel. Si noti che in questo caso l'illusione di una immagine uniforme è resa più realistica mediante l'uso di sfumature di grigio sul bordo dei caratteri, evitando bruschi passaggi di colore (tale processo è detto di antialiasing). Più pixel sono usati per rappresentare un'immagine, più il risultato assomiglierà all'immagine originale. Il numero di pixel in un'immagine è detto risoluzione. La risoluzione può essere espressa da un solo numero, come tre megapixel detto di una fotocamera che ha tre milioni di pixel, o da una coppia di numeri come in 'schermo 640 x 480', che ha 640 pixel in larghezza e 480 in altezza (come nei display VGA), perciò con un numero totale di pixel di 640*480 = I pixel dell'immagine possono non essere in corrispondenza uno-a-uno con i pixel dello schermo. Nei casi in cui questa distinzione è importante, i punti del file possono essere chiamati texel. Poiché la risoluzione del monitor può essere regolata dal sistema operativo del computer, un pixel è una misura relativa. I moderni schermi per computer sono progettati con una risoluzione nativa. La risoluzione nativa darà origine all'immagine più netta tra quelle che lo schermo è in grado di produrre. Ad esempio, uno schermo con risoluzione nativa di 1280x1024 produrrà le migliori immagini se impostato a quella risoluzione, mostrerà la risoluzione a 800x600 in modo adeguato e non sarà in grado di mostrare immagini a 1600x1200. Ogni pixel di un'immagine monocroma ha la sua luminosità. Un valore pari a zero di norma rappresenta il nero, mentre il valore massimo rappresenta il bianco. Ad esempio, in un'immagine a otto bit, il massimo valore senza segno che può essere immagazzinato è 255, così questo è il valore usato per il bianco. Nelle immagini a colori, ogni pixel ha la sua luminosità e colore, tipicamente rappresentate da una tripletta di intensità di rosso, verde e blu (vedi RGB). I monitor a colori usano pixel composti da 3 sotto-pixel. Il numero di colori distinti che possono essere rappresentati da un pixel dipende dal numero di bit per pixel (BPP). Valori comuni sono: 8 bpp (256 colori) 16 bpp ( colori, Highcolour) 24 bpp ( colori, Truecolour). 2

3 Immagini composte da 256 colori o meno, vengono normalmente immagazzinate nella memoria video del computer, in formato chunky o planar, dove un pixel in memoria è l'indice di una lista di colori chiamati palette (tavolozza). Queste modalità sono quindi chiamate modalità indicizzate. Mentre vengono mostrati solo 256 colori, questi sono presi da una tavolozza molto più ampia, tipicamente di 16 milioni di colori. Per profondità di colore più ampie di 8 bit, il numero è il totale dei tre componenti RGB (rosso, verde e blu). Una profondità di 16 bit viene di solito divisa in cinque bit di rosso e blu e sei di verde, (il verde ha più bit perché l'occhio e più sensibile a quel colore). Una profondità di 24 bit permette 8 bit per componente. Su alcuni sistemi è disponibile una profondità di 32 bit: questo significa che ogni pixel a 24 bit ha 8 bit extra per descrivere l'opacità. Sui sistemi più vecchi è comune il formato a 4 bpp (16 colori). Quando un file immagine viene mostrato a video, il numero di bit per pixel viene espresso separatamente per il file raster e per lo schermo. Alcuni formati di file raster, hanno una grande profondità in bit rispetto ad altri. Il formato GIF, ad esempio, ha una profondità massima di 8 bit, mentre il TIFF può gestire pixel a 48-bit. Non ci sono monitor che possano rappresentare colori a 48 bit, e quindi questa profondità viene di solito usata per applicazioni professionali specializzate che lavorano con scanner d'immagini o stampanti. Questi file vengono "renderizzati" su schermo con 24-bit di profondità. IMMAGINI VETTORIALI In genere i principali software di disegno automatico mettono a disposizione una serie di primitive grafiche quali archi, cerchi, curve, cubi, cilindri e sfere. Partendo da semplici primitive grafiche è possibile creare figure complesse bidimensionali e tridimensionali. 3

4 STRUTTURA DELLE IMMAGINI VETTORIALI I programmi grafici conservano i dati che descrivono un disegno geometrico organizzandoli in una struttura che permette, una volta salvata su file e recuperata in un secondo momento, di ritrovare tutte le informazioni per la visualizzazione e la modifica del disegno. Ad ogni elemento si possono associare attributi (colore, stile, spessore...). Vantaggi della grafica vettoriale La grafica vettoriale, essendo definita attraverso equazioni matematiche, è indipendente dalla risoluzione, mentre la grafica raster, se viene ingrandita o viene visualizzata su un dispositivo dotato di una risoluzione maggiore di quella del monitor, perde di definizione. Una linea che percorre lo schermo trasversalmente se viene rappresentata utilizzando la grafica raster viene memorizzata come una sequenza di pixel colorati. Se si provasse ad ingrandire una sezione della linea si vedrebbero i singoli pixel che la compongono. La stessa linea disegnata con la grafica vettoriale è memorizzata come un'equazione che parte da un punto identificato con delle coordinate iniziali e termina in un altro punto definito con delle coordinate finali. Ingrandire una sezione della linea non produce artefatti visivi o la visualizzazione dei singoli pixel: la linea sarà visualizzata sempre con la massima risoluzione consentita dal monitor. Tale sistema di descrizione delle informazioni grafiche presenta inoltre l'indubbio vantaggio di una maggiore compressione dei dati: in pratica una immagine vettoriale occuperà molto meno spazio rispetto ad una corrispondente raster, con una riduzione dell'occupazione di RAM e memoria di massa. Risulterà inoltre più facile da gestire e da modificare, essendo minore la quantità di dati coinvolti in ogni singola operazione di aggiornamento. Questo rende il vettoriale particolarmente adatto per gestire grandi quantità di dati: ad esempio, i dati cartografici sono tipicamente gestiti in modalità vettoriale. Infine l'ingrandimento o la riduzione delle misure del soggetto prodotto in vettoriale non incide in maniera significativa sul peso dell'immagine 4

5 stessa. Pro: possono essere scalate e adattate alla periferica di output -> raffigurate a qualsiasi risoluzione i testi in un'immagine vettoriale sono facilmente editabili sono immagini leggere -> le animazioni flash hanno rimpiazzato le gif animate è facile convertire le immagini vettoriali in immagini raster Svantaggi della grafica vettoriale Il principale svantaggio della grafica vettoriale rispetto alla grafica raster è che la realizzazione di immagini vettoriali non è una attività intuitiva come nel caso delle immagini raster. I programmi vettoriali dispongono di molti strumenti che per essere utilizzati correttamente richiedono molte conoscenze ed avvicina l'utente più ad un architetto che ad un pittore. Un altro difetto è legato alle risorse richieste per trattare le immagini vettoriali. Una immagine vettoriale molto complessa può essere molto corposa e richiedere un computer molto potente per essere elaborata, inoltre le risorse richieste per trattare l'immagine non sono definibili a priori e quindi ci si potrebbe trovare nella situazione di non riuscire ad elaborare l'immagine per la mancanza di risorse sufficienti. Nel caso di una immagine raster, invece, una volta definita la risoluzione ed il numero di colori, è abbastanza semplice definire le risorse massime necessarie per trattare l'immagine stessa. Contro: non sono adatte per rappresentare immagini complesse dal punto di vista delle sfumature cromatiche dipendono molto dal software usato per la loro creazione (per manipolare un'immagine.ai occorre Illustrator...) IMMAGINI RASTER Le immagini raster (ottenute da scanner, macchine fotografiche, software per la grafica) sono codificate e memorizzate come una serie di punti (pixel) ai quali sono attribuiti numeri interi corrispondenti a livelli di intensità. A volte queste immagini vengono anche definite immagini bitmap. Questo termine è ambiguo, perché può indicare anche un tipo particolare di immagine a 1 bit oppure un formato raster con estensione.bmp 5

6 La tabella delle celle che compongono l'immagine viene chiamata griglia raster. Ogni pixel è definito da una coppia di coordinate e da un valore cromatico -> ogni pixel può contenere informazioni cromatiche a partire da 2 colori (B/N = 1 bit) fino a milioni di colori (24-32 bit). Si intuisce facilmente che intervenendo su un'immagine bitmap si opera sulla modifica di gruppi di pixel anziché sulla modifica di oggetti o di forme. Queste immagini dipendono dalla risoluzione cioè dal numero di pixel per unità di superficie. Digitalizzazione di un'immagine = campionatura + quantizzazione L'immagine viene vista come una scacchiera e ad ogni elemento della scacchiera viene associato uno specifico colore. Il colore può essere definito con due tecniche: se l'immagine contiene pochi colori (massimo 256) si crea un elenco dei colori da utilizzare e nella scacchiera viene inserito l'indice che punta allo specifico colore del pixel; nel caso si vogliano utilizzare molti più colori il singolo pixel non definisce più l'indice ad una tavolozza di colori ma definisce il colore direttamente. Il colore viene definito come una unione delle componenti blu, rossa e verde. Questo non è l'unico modo di definire un colore, esistono molti modi che vengono chiamati spazi colore ma nel caso delle immagini generate al computer il sistema RGB (RED Rosso, GREEN verde BLUE Blu) è il più diffuso dato che le schede grafiche lo utilizzano nativamente per generare il segnale da visualizzare con il monitor. DIMENSIONE E RISOLUZIONE DELL'IMMAGINE RASTER Il numero di pixel visualizzato per unità di lunghezza in un'immagine viene chiamato RISOLUZIONE dell'immagine. La risoluzione delle immagini viene misurata in pixel per pollice. Nel web la risoluzione dell'immagine è condizionata dalla risoluzione del monitor. Dimensione (grandezza) dell'immagine = numero di pixel che compongono l'immagine Risoluzione dell'immagine = numero di pixel visualizzato per unità di lunghezza (dpi) La risoluzione è una densità: un'immagine ad alta risoluzione contiene più pixel rispetto ad un'immagine delle stesse dimensioni con una risoluzione inferiore. Dimensione digitale ( peso ) di un'immagine: misurata in KB e multipli -> è direttamente proporzionale al numero totale di pixel dell'immagine. Le immagini con più pixel producono una maggior precisione nel dettaglio ma creano file più voluminosi. 6

7 Dimensione = grandezza x risoluzione 320 x 240 pixel 72 dpi ~ 11 x 8 cm 150 dpi ~ 5 x 4 cm 300 dpi ~ 3 x 2 cm La risoluzione si misura in DPI (Dots Per Inch) cioè numero di punti per pollice, ovvero il numero di punti presenti in 2,54 cm lineari, e non quadrati come si potrebbe pensare. Ingrandendo a sufficienza un'immagine si noterà che è formata da tanti quadretti di colori diversi, i pixel o punti. Questi quadretti possono avere dimensioni differenti. Ovviamente, più grandi saranno, meno un pollice ne potrà contenere; sarà quindi minore la risoluzione dell'immagine. Prendendo un'immagine (un dettaglio di una fragola) a risoluzione 200 dpi e ingrandendola del 500% si ottiene la prima figura. Poi, partendo dallo stesso originale, ne si riduce drasticamente la risoluzione a 72 dpi e si ingrandisce di nuovo del 500%: si ottiene la seconda figura. Ora è facile capire come a 200 dpi il numero di pixel sia decisamente superiore rispetto a quelli presenti nell'immagine a 72 dpi. Del resto i pixel della prima figura sono molto più piccoli di quelli della seconda. È quindi chiaro ora come una risoluzione più alta permetta maggiori dettagli e una possibilità di sfumatura cromatica maggiore a parità di palette di colori. RISOLUZIONE DEL MONITOR Il numero di pixel visualizzati per unità di lunghezza sul monitor varia a seconda della macchina che si sta usando: PC: ha una risoluzione del monitor pari a 96 dpi (punti per pollice) Mac: ha una risoluzione del monitor pari a 72 dpi Se si considera che la risoluzione usata per la stampa è di 300 pixel per pollice, si può capire quanto sia differente preparare un'immagine per il web piuttosto che un'immagine che debba poi essere stampata. Intuitivamente si capisce che se un'immagine ha una risoluzione più alta della risoluzione del monitor, questa apparirà molto più grande delle sue dimensioni reali. Parlando di web è sempre importante ricordare che la risoluzione da adottare è quella del monitor (72 dpi per convenzione). Significa che il monitor è costruito per visualizzare 72 pixel per pollice: nel caso sia necessario visualizzare un'immagine a 200 dpi, sarà il sistema operativo, perdendo dei dettagli, a ricampionare l'immagine a 72 dpi. 7

8 Conseguenze: 1. Le immagini che dovranno essere visualizzate solo su un monitor possono tranquillamente essere ricampionate a 72 dpi senza che l'utente noti un peggioramento nella qualità, ottenendo immediatamente così immagini più leggere (ovvero con un minor peso in Kbyte) e quindi più veloci da scaricare. 2. Essendo il monitor fisicamente inadeguato a visualizzare più di 72 dpi per vedere il maggiore dettaglio su una immagine a video si dovrà necessariamente zoomare. 3. Stampando un'immagine che sul monitor si vede perfettamente, si noterà una sgranatura. Questo perchè a differenza del monitor la stampante ha una risoluzione decisamente maggiore (240 / 300 dpi, molte stampanti odierne sono in grado di stampare tranquillamente anche a 600 dpi) Spesso sul web si usa impropriamente il termine risoluzione ( un monitor con risoluzione 800 x 600"). In realtà quella a cui si fa riferimento non è realmente la risoluzione ma piuttosto il numero di pixel che il monitor visualizza. Importante: passando da una risoluzione maggiore (ad esempio 300 dpi) a una risoluzione minore (72 dpi), si perde definitivamente il maggior dettaglio presente alla risoluzione maggiore, ed è quindi praticamente impossibile recuperarlo. Alcuni programmi di fotoritocco usano funzioni matematiche come le interpolazioni bicubiche per aumentare la risoluzione. In realtà ciò che fanno è ricreare i pixel mancanti interpolando i colori dei pixel esistenti. Il risultato spesso è un immagine ingrandita e all'apparenza più dettagliata, ma in realtà sfocata. Esistono anche software che analizzando prima l'immagine riescono ad effettuare un'interpolazione di maggior precisione sulle zone che necessitano di maggior dettaglio, ma anche con queste nuove tecnologie non si ottengono risultati eclatanti se il salto di risoluzione che si pretende di fare è grande. PROFONDITÀ DI COLORE 1 bit (Bitmap) 21 = 2 colori = B/N 23 KB 8 bit (Scala di grigio) 28 = 256 colori = 256 livelli di grigio 183 KB 8

9 8 bit (Scala di colore) 28 = 256 colori 183 KB 24 bit (RGB) 224 = 16 milioni di colori 28 x 28 x 28 = 256 livelli di R x 256 livelli di G x 256 livelli di B 238 KB La profondità di colore (o risoluzione in bit) è il numero di bit riservati ad ogni pixel. Calcola quante informazioni sul colore sono disponibili nell'immagine per la visualizzazione o la stampa dei pixel. L'informazione contenuta in un pixel è rappresentata in bit -> + bit sono riservati per ogni pixel e + toni diversi si possono riprodurre. Con N bit si possono codificare 2N valori -> allora con 1 byte si ottengono 256 livelli di grigio o 256 colori. PRO E CONTRO DELLE IMMAGINI RASTER Pro: sono sono sono sono codificabili in mappe di bit lette da molti tipi di software (portabilità) adatte a rappresentare immagini fotografiche facilmente modificabili Contro: immagini molto pesanti poco scalabili -> ogni modifica provoca la perdita di informazioni 9

10 LE IMMAGINI E IL COLORE PERCEZIONE E COMUNICAZIONE DEL COLORE Lo studio della percezione, in particolare della percezione del colore, costituisce uno strumento essenziale nella progettazione di prodotti multimediali, nello sviluppo di sistemi di compressione delle immagini, nel fotoritocco... Il modo di percepire i colori è un fenomeno conosciuto dalla scienza. Ci sono delle particelle recettive nella retina del nostro occhio che permettono di tradurre la differente frequenza della luce che la colpisce (luce che a sua volta si è riflessa e/o rifranta sulle superfici degli oggetti). Gli stimoli vengono poi comunicati al cervello e convertiti nei colori che conosciamo. I colori 'hue' sono quelli rappresentati nella loro forma pura. Gli 'shade' sono i colori a cui è stato aggiunto un tocco di ombra, come se la luce fosse stata in parte coperta o come se gli fosse aggiunto un tocco di nero. Al contrario 'tint' sono i colori a cui è stato aggiunta una percentuale variabile di bianco. Quello che è di maggiore interesse per un progettista è il potere suggestivo che i colori sono in grado di comunicare. I colori sono comunicativi! Si sa che il rosso è un colore caldo, questo perché viene associato con il fuoco. Al contrario il blu è un colore freddo perché e il colore del cielo e dell'acqua. Il verde è un colore fresco, è associato liberamente all'erba e alla folta vegetazione. Tutte le associazioni descritte sono programmate nella memoria delle persone. Raramente è possibile vedere colori isolati. Li vediamo di solito contrapposti ad altri colori, e questi "mutano" proprio in accordo con l'ambiente che li circonda. Nell'immagine sopra, il quadrato posto al centro dei quattro esempi ha esattamente lo stesso colore, è semplicemente quello che lo circonda a farlo apparire diverso. Osservando ciò che avviene in natura, si noterà come a volte alcuni elementi sono nettamente in contrasto (spiccano maggiormente) con il colore dell'ambiente circostante, come il colore dei fiori che devono "farsi notare" da api ed insetti. Al contrario altri animali hanno acquisito colori che invece si confondono facilmente con quelli del loro ambiente naturale e che quindi permettono loro di diventare "quasi" invisibili. 10

11 Nella progettazione grafica, è possibile utilizzare proprio questi trucchetti di visibilità, per comunicare messaggi simili all'utente "virtuale". Tutto quello che si vuole mettere in evidenza utilizzerà la tecnica dei "fiori", sarà difficile non notarli. Al contrario se si intende dare un tocco di omogeneità al proprio lavoro come a volerlo camuffare nell'ambiente che lo circonda, allora si utilizzerà la tecnica del leopardo. L'uso di esempi precostituiti permette di arrivare ad una scelta di successo molto più facilmente di una scelta arbitraria da una palette praticamente infinita che si ritrova all'interno di un qualunque programma di grafica. Le prime pagine studiate per il web facevano uso solo del bianco e del nero. Ora forse si sta esagerando dalla parte opposta, avendo a disposizione virtualmente di ben 16 milioni di colori, per questo si consiglia sempre l'uso della Palette Web, che consiste in solo 216 colori. I colori presenti in questa palette usano solo le variazioni di colore equivalenti a 00, 33, 99, CC, FF secondo la notazione esadecimale. Il problema per alcuni sarà comunque quella di avere a che fare con troppi pochi colori. Non c'è bisogno di tanti colori ma solo di pochi colori, di cui uno principale e qualcuno un po' più chiaro e qualcuno un po' più scuro rispetto a questo ed al massimo di due o tre colori che gli facciano da contrasto. ATTRIBUTI DEL COLORE Gli attributi del colore non si possono definire né misurare in maniera precisa, perché legati alla percezione soggettiva e individuale di una sensazione (il colore). Si possono però suddividere in due gruppi: attributi quantitativi (tonali) attributi qualitativi (cromatici) ATTRIBUTI QUANTITATIVI O TONALI Brillanza (Brightness) È la quantità totale di luce che il colore sembra emettere -> quanto è fioco/debole oppure luminoso/intenso. La brillanza dipende dall'adattamento. La stessa sorgente luminosa può produrre sensazioni diverse in momenti diversi. 11

12 Valore o chiarezza (Lightness) e scala dei grigi Indica la quantità di bianco, nero o grigio presente nel colore. È la brillanza di un oggetto giudicata relativamente ad un'altra area similmente illuminata che appare bianca. Si indica come nero, grigio scuro, grigio chiaro, bianco. Un quadrato grigio su un pezzo di carta bianca, visto dentro casa ha una certa brillanza mentre alla luce del sole ha una brillanza maggiore, ma se questa brillanza viene giudicata in relazione a quella del bianco della carta (quindi viene giudicata la chiarezza) questa è costante. ATTRIBUTI QUALITATIVI O CROMATICI Tinta (Hue) È definita come l'attributo della percezione di colore per mezzo del quale l'oggetto della percezione è definito di un certo colore. È la caratteristica del colore che indichiamo come rosso, verde, blu, giallo... Ogni tinta può essere più o meno scura o più o meno chiara, ma rimane sempre dello stesso colore. Quindi una tinta non è un colore ma una famiglia di colori, +/- saturi o +/- luminosi. Ad esempio, rosso e rosa hanno la stessa tinta, quindi appartengono alla stessa famiglia. Saturazione (Saturation) È definita come l'attributo della percezione di colore che permette di valutare la purezza di un colore. Esprime la quantità della componente cromatica rispetto a quella bianca (= quanto il colore è concentrato ). Sempre nel caso di rosso e rosa si può dire che il rosso (colore carico) è più saturo del rosa (colore pallido). Un colore è tanto più saturo quanto meno bianco contiene. 12

13 I MODELLI DEL COLORE Il colore di ciascun pixel in un'immagine a colori è memorizzato e riprodotto mediante tre valori. La possibilità di descrivere un colore mediante tre componenti permette di considerare un generico colore come un punto di uno spazio di coordinate tridimensionale. Per rappresentazione dei colori si intende un metodo per identificare nella maniera più precisa possibile un colore, a partire da un codice definito da tavole di associazione standard, oppure da un numero o una serie di numeri associati direttamente alle grandezze fisiche che stanno alla base della visione dei colori; questa esigenza è necessaria in molteplici attività umane, come ad esempio la produzione di contenuti grafici ed editoriali o l'edilizia. Alla base della rappresentazione dei colori vi sono quindi i metodi di codifica che associano ad ogni colore un codice arbitrario oppure un codice calcolato. Un esempio di metodo di codifica arbitrario sono le sigle che i produttori di vernici appongono sopra le confezioni di prodotto, la tavola di associazione è quindi il catalogo del produttore dove ad ogni campione di colore è associata una sigla che rappresenta il suo codice univoco; un altro esempio noto di questo metodo di codifica è la scala Pantone. Un metodo di codifica calcolato invece, si basa sulla definizione delle grandezze fisiche concorrenti a realizzare il colore (come l'intensità di un fascio di luce o la densità di un inchiostro) e sulle formule matematiche con cui ottenere da queste un codice numerico univoco; in matematica si può rappresentare un fenomeno che dipenda da più grandezze con un grafico a più dimensioni, tale rappresentazione si definisce spazio dei colori; esiste però il problema che i dispositivi di visualizzazione dei colori possono presentare anomalie strumentali per cui una stessa codifica calcolata è resa in modi diversi da due dispositivi che pure si basano sugli stessi meccanismi. Uno spazio dei colori è la combinazione di un modello di colore e di una appropriata funzione di mappatura di questo modello. Un modello di colore, infatti, è un modello matematico astratto che descrive un modo per rappresentare i colori come combinazioni di numeri, tipicamente come tre o quattro valori detti componenti colore. Tuttavia questo modello è una rappresentazione astratta, per questo viene perfezionato da specifiche regole adatte all'utilizzo che se ne andrà a fare, creando uno spazio dei colori. Così, ad esempio, spazi di colore come Adobe RGB e srgb sono diversi, pur basandosi 13

14 entrambi sullo stesso modello di colore RGB. IL MODELLO RGB La mescolanza additiva di due (e per estensione qualunque numero di) stimoli di colore, nota anche come sintesi additiva o miscela additiva è la mescolanza di stimoli di colore che 1. arrivano all'occhio invariati, 2. entrano nell'occhio simultaneamente o in rapida successione, 3. incidono sulla stessa area di retina, anche in forma di mosaico. L'esempio classico è quello di due fasci di luce colorata (per esempio rossa e verde) proiettati sulla parete bianca di una stanza scura in modo che si sovrappongano. I due stimoli luminosi (quello della luce rossa e quello della luce verde) vengono riflessi dalla parete e giungono simultaneamente e immutati all'occhio, dove incidono sulla stessa area di retina. Dal punto di vista fisico non avviene alcuna interferenza tra i due fasci luminosi (quello rosso e quello verde), ma il sistema visivo percepisce il colore risultante dalla mescolanza dei due stimoli come giallo. Il giallo è, in questo caso, un colore prodotto dalla mescolanza additiva del rosso e del verde. Una vasta percentuale dello spettro visibile può essere rappresentata miscelando i colori primari rosso, verde e blu (Red, Green, Blue, ovvero RGB) in diverse proporzioni e intensità. Quando questi colori si sovrappongono, si ottiene il cyan, il magenta e il giallo. Unendo i colori primari si ottiene il bianco: in pratica, tutta la luce viene riflessa e percepita dall'occhio. Questo è lo spazio colore tipicamente utilizzato in ambito informatico: per ognuna della tre componenti RGB viene riservato un byte (8 bit) di informazione. Esistono quindi 256 valori possibili per ogni colore primario (28) per un totale di 2563 colori visualizzabili in un display con rappresentazione a 24 bit. I monitor dei computer creano il colore emettendo luce attraverso fosfori rossi, verdi e blu. Il monitor infatti riproduce i colori utilizzando il metodo della "sintesi additiva", aggiungendo cioè colori per ottenerne altri i quali non sono nient'altro che la somma dei colori di partenza. In natura invece succede il contrario. Tutto ciò che l'occhio umano riesce a percepire è in effetti ciò che un certo oggetto (composto da un determinato materiale) respinge dopo aver assorbito tutte le componenti cromatiche della luce tranne una. 14

15 IL MODELLO CMYK La mescolanza sottrattiva di due stimoli di colore, nota anche come sintesi sottrattiva o miscela sottrattiva è la mescolanza di stimoli di colore che giungono modificati all'occhio. L'esempio classico è quello della sovrapposizione di due inchiostri, per esempio inchiostro giallo sovrapposto ad inchiostro ciano, su un foglio bianco. In questo caso i due strati di inchiostro si comportano come filtri per la luce. L'inchiostro giallo assorbe una parte della luce. La parte rimanente attraversa l'inchiostro ciano che ne assorbe un'altra parte. La parte rimanente viene riflessa dalla carta bianca e costituisce lo stimolo di colore che arriva al nostro occhio. Quando due stimoli si mescolano sottrattivamente, il colore percepito è determinato da cause fisiche (assorbimento della luce da parte dei corpi). Diversamente, il colore percepito di una mescolanza additiva di stimoli ha cause biologiche. Il secondo modello che occorre conoscere per la creazione del colore si chiama CMYK (Cyan, Magenta, Yellow, black). È utilizzato dai dispositivi di stampa e si basa sulla capacità propria dell'inchiostro di assorbire la luce sulla carta. Teoricamente, i pigmenti puri di cyan (C), magenta (M) e giallo (Y) dovrebbero combinarsi per assorbire tutto il colore e produrre il nero (per questa ragione sono anche detti colori sottrattivi). Nella realtà tutti gli inchiostri per la stampa non producono un colore nero puro ma producono un colore marrone scuro (bistro). Per ottenere il nero vero e proprio devono essere combinati con un inchiostro nero (K di black, per non confonderlo con la B di Blue). La combinazione di questi quattro inchiostri per riprodurre il colore è definita quadricromia. I colori sottrattivi (CMY) e i colori additivi (RGB) sono complementari. Ogni coppia di colori sottrattivi crea un colore additivo e viceversa. I colori ottenibili con la quadricromia (sintesi sottrattiva) sono un sottoinsieme della gamma visibile, quindi non tutti i colori che vediamo possono essere realizzati con la quadricromia, così come non tutti i colori realizzati con l'insieme RGB, cioè quelli che vediamo sui nostri monitor (sintesi additiva), hanno un corrispondente nell'insieme CMYK. La stampa in quadricromia si basa in parte sulla sintesi additiva e in parte sulla sintesi sottrattiva. 15

16 IL DIAGRAMMA DI CROMATICITA' Nel 1931 la Commission Internationale de l'eclairage (Commissione Internazionale per l'illuminazione) definì uno spazio di colore che comprendeva tutte le tinte visibili dall'occhio umano, a prescindere dalla luminanza. Infatti qualunque colore all'interno di questo spazio bidimensionale può avere una luminanza che varia dal bianco al nero e se si tiene conto anche di questo fattore (la luminanza) lo spazio così definito diviene tridimensionale e rappresentato mediante coordinate XYZ. Il modello CIE 1931 si basa, come altre codifiche note, sull'utilizzo di tre colori primari che, opportunamente miscelati tra loro in sintesi additiva, permettevano di ottenere tutti i colori che l'occhio umano può percepire. La commissione CIE ha comunque definito diversi modelli matematici di percezione del colore indicati come spazi di colore e rappresentati da sigle come XYZ (è il modello CIE 1931), xyy, Lab, Luv. A differenza, però, dei metodi RGB o CMYK (usati rispettivamente in sintesi additiva e in sottrattiva), il diagramma di cromaticità proposto dalla CIE non dipendeva dal comportamento di questo o quel dispositivo di visualizzazione o stampa in quanto basato sul concetto di Osservatore Standard. Quest'ultimo è definito a partire dalle proprietà del sistema visivo dell'uomo e si basa su analisi sistematiche effettuate su un vasto campione di osservatori umani. Poiché può rappresentare tutte le tinte percepibili, lo spazio di colore del CIE è preso come riferimento per tutti gli altri, tuttavia nella pratica non viene molto usato a causa della sua complessità. IL MODELLO HLS È un modello per descrivere i colori in un modo più vicino a quello con cui li percepiamo. H = hue -> la tinta, definita dalla rotazione in gradi attorno all'asse L L = lightness -> luminosità del colore S = saturation -> saturazione (purezza), quanto il colore è diluito col bianco Al crescere dei valori di luminosità lungo l'asse L verticale si ha un passaggio graduale del 16

17 colore verso il bianco. Allontanandosi dal centro del modello verso i bordi, lungo l'asse di saturazione orizzontale, si verifica un aumento della purezza della tinta. IL MODELLO HSV È come il modello HLS ma con il cono superiore schiacciato sulla base del cono inferiore. H = tinta -> è ancora definita dalla rotazione attorno all'asse V V = luminosità del colore -> è la tendenza del colore al bianco o al nero S = saturation -> saturazione (purezza), quanto il colore è diluito col bianco MODELLI DI COLORE IN PHOTOSHOP HSB: è basato sulla percezione umana del colore e descrive le tre caratteristiche principali del colore hue, saturation e brightness (tonalità, saturazione e luminosità) RGB: è basato sulla combinazione additiva della luce colorata rossa, verde e blu CMYK: è basato sulla qualità di assorbimento della luce dell'inchiostro sulla carta Lab: è indipendente dalla periferica, quindi il colore creato è identico su qualunque periferica di visualizzazione o stampa. Il colore Lab è formato da una componente di luminosità (luminanza) L e da due componenti cromatiche, a (da verde a rosso) e b (da blu a giallo) 17

18 IL GAMUT DI UN MONITOR I colori RGB che un monitor può produrre vengono espressi con tre numeri compresi tra 0 e 255. Ogni terna RGB origina un diverso colore e al variare dei tre numeri RGB il monitor produce tutti i colori di cui è capace, cioè il suo gamut. Il monitor, così come tutte le altre periferiche del computer, può riprodurre solo una parte (sottoinsieme) dei colori che l'occhio umano può vedere. I colori riproducibili costituiscono appunto il gamut di colori del monitor. IL GAMUT DI UNA STAMPANTE La stampante produce i colori mediante sovrapposizione di strati di inchiostri semitrasparenti: ciano, magenta, giallo e nero. Ogni stampante ha un proprio gamut, cioè un proprio spazio di colori. Fra i modelli supportati da Photoshop, Lab offre la gamma di colori più ampia (include tutti i colori delle gamme RGB e CMYK). In genere la gamma RGB comprende il sottogruppo di colori che possono essere visualizzati sul monitor del computer o del televisore. Di conseguenza alcuni colori come il ciano puro o il giallo puro non possono essere visualizzati con precisione sul monitor. LA SCALA PANTONE La Scala Pantone si presenta come un insieme di fogli di circa 15x5 cm sovrapposti rilegati in un solo angolo con un occhiello. In questo modo le pagine possono essere fatte ruotare fino a trovare il colore desiderato. Ogni "pagina" presenta dei quadrati colorati identificati da un numero stampati al vivo (cioè il colore arriva fino al bordo del foglio in modo da poter essere sovrapposto per un confronto diretto). Ad esempio una pagina può contenere 4 o 5 quadrati gialli con delle lievi variazioni di luminosità. In teoria l'idea di base è che una persona può scegliere un determinato colore dalla guida e utilizzare il numero corrispondente per specificare come stamparlo. Ad esempio un cliente può chiedere ad uno stampatore "Stampa questa area con colore Pantone 123" e il tipografo glielo potrà realizzare a prescindere dagli inchiostri, dal tipo di impaginazione o dalla macchina utilizzata per stamparlo. La scala è nata infatti per poter essere il più possibile astratta rispetto al modo in cui si arriva al colore. Su 2 monitor diversi un identico colore RGB può apparire diverso, mischiando 2 inchiostri apparentemente identici il colore risultante può differire, ma una volta stampato il colore dovrà essere identico a quello riportato sul libro. Un tipico e famoso utilizzo della scala Pantone è legato alle bandiere nazionali. Il tricolore italiano ad esempio è formato da verde prato brillante ( TC), bianco latte ( TC) e rosso pomodoro ( TC). 18

19 USO DEI COLORI NELLA PROGETTAZIONE DEI SITI WEB TAVOLOZZA Nella computer grafica la tavolozza (palette in inglese) è una lista di colori scelti nell'insieme di tutti quelli disponibili. Ogni colore della tavolozza è associato ad un indice, cioè ad un ordinale che identifica il colore nella tavolozza stessa (è possibile comunque che lo stesso colore si ripeta con indici diversi). La rappresentazione dei pixel di un'immagine attraverso indici nella tavolozza permette un drastico risparmio memoria e tempo computazionale rispetto ad altre tecniche, ma limita la gamma di colori utilizzabili a quelli presenti nella tavolozza. Questi ultimi possono essere fissi, se determinati, ad esempio, dall'hardware utilizzato, oppure modificabili a seconda della fattispecie di un'immagine. Per sfruttare al meglio le caratteristiche della tecnica digitale il numero di elementi in una tavolozza è generalmente una potenza di due e raramente supera i 28 = 256 colori. Quando è necessario un numero di colori ancora maggiore è questo il caso di tutte le rappresentazioni fotografiche o realistiche le tavolozze non vengono usate; il colore è allora codificato direttamente nelle componenti cromatiche secondo il modello adoperato. LA TAVOLA DEI COLORI WEB SAFE La 'tavolozza Web' è un insieme di 216 colori che ogni web designer dovrebbe conoscere e saper utilizzare per consentire ai visitatori di visualizzare le pagine nel modo in cui sono state progettate. Un PC dotato di scheda video a 256 colori può mostrare solo 216 colori fissi in modo affidabile, ma non tutti i nostri utenti possono disporre di una scheda video capace di visualizzare migliaia di colori. Quando un browser non dispone di determinati colori (nel caso possa usarne solo 256), prova a "crearli", mescolando pixel di colori. Il colore ottenuto è simile a quello non disponibile, ma non è il colore che ha scelto il web designer. Per non rischiare si usa la palette di colori web safe che è comune a tutti i browser e che consente di evitare il processo di retinatura. Perché 216 colori e non 256? Alcuni di questi 256 colori sono utilizzati dall'interfaccia del sistema operativo e non sono disponibili al browser. La maggior parte degli editor HTML e degli strumenti grafici include la tavolozza Web. Questo vale soprattutto per i programmi come Photoshop, con i quali è possibile lavorare sia per il web che per la grafica da mandare in stampa, nei quali bisogna accertarsi che la palette che si sta usando sia proprio quella giusta. Se si preferisce la codifica HTML diretta, occorre però conoscere il valore esadecimale di ciascun colore per il Web. Nel codice HTML ciascun valore è formato da sei cifre, preceduti dal simbolo #: i colori del Web sono sempre formati da tre coppie di cifre identiche, essendo tutte le cifre multiple di 3 (cioè 0, 3, 6, 9, C, F). Ciò significa che #6600ff è un colore del Web, mentre non lo è #663d4e. Con l'evoluzione tecnologica la limitazione dei colori nel web sta gradualmente sparendo. Questo è un vantaggio ma può rivelarsi fatale per una buona riuscita del progetto grafico dove bisognerebbe avere una rigorosa limitazione e un'armonia nell'utilizzo delle leggi cromatiche. Basta guardare quello che succede nella comunicazione e nell'immagine coordinata delle aziende: l'uso dei colori è limitato. Allora questa regola dovrebbe essere usata anche nel web. Occorre stabilire una gamma di colori limitata da usare nel sito, e giocare con le loro diverse combinazioni per caratterizzare gli elementi che ne compongono la struttura grafica. 19

20 I FORMATI DI IMMAGINI IMPORTANZA DEL PESO DI UN'IMMAGINE Sul web la banda passante è sempre stata, ed è tuttora, un bene prezioso che è importante non sprecare. Questa esigenza, tanto più sentita quando si ha necessità di trasportare grosse moli di dati (come accade ad esempio per le immagini), ha portato, fin dagli albori della rete, a cercare dei sistemi che riducessero il numero di byte da trasportare per veicolare un certo messaggio. Alla base l'idea è quella di compattare i dati prima di spedirli e poi, una volta ricevuti, scompattarli per poterli ottenere nuovamente identici. Questo è, infatti, proprio ciò che accade anche quando si utilizzano noti programmi di compressione, come ZIP o RAR. COMPRESSIONE I metodi di compressione sono dei metodi matematici di trattamento dei dati che permettono di manipolare le informazioni in modo tale da ridurre al massimo il numero di byte necessari per immagazzinarle. Nel tempo, inoltre, ci si è resi conto che alcune informazioni trasportate e riprodotte sono rindondanti o addirittura del tutto inutili. Questo capita perché alcuni sensi umani, come la vista o l'udito, sono imperfetti, e spesso riescono a percepire assai meno informazioni di quelle che gli si possono mettere a disposizione. Si è quindi pensato che, nei casi in cui si debbano trasportare, per esempio, immagini o suoni, si possano eliminare alcune informazioni senza compromettere per questo la qualità; ovviamente questo non è praticabile se ad essere trasportato dev'essere qualcosa che deve risultare intonso, come un testo o un software. La compressione delle immagini è uno dei campi di ricerca più importanti per poter risolvere il problema della trasmissione e archiviazione dei file grafici. Dato che le immagini e in particolare le immagini in movimento, hanno un ruolo centrale nella trasmissione di applicazioni multimediali soprattutto sul web, negli ultimi anni si è sviluppata una corsa al metodo più accurato, veloce e affidabile per ridurre le dimensioni dei file. È compito specifico di un algoritmo di compressione trasformare la sequenza di byte che costituisce un file in una differente sequenza più breve in modo da ridurre la dimensione del file. I metodi di compressione si distinguono in due grandi gruppi: Metodi con perdita (o Lossy) Metodi senza perdita (o Lossless) COMPRESSIONE CON E SENZA PERDITA Metodi Lossless I metodi lossless sono quelli che non hanno perdita di informazioni; ovviamente essi risultano sempre meno efficaci nell'ottimizzare lo scaricamento dei dati, ma hanno il grande pregio di mantenere costanti e stabili le informazioni contenute nell'originale. Formati lossless per le immagini web sono il GIF e il PNG, uno dei tanti formati lossless per l'audio è il WAV. Un programma di cui al giorno d'oggi non si può fare a meno è quello per generare archivi 20

21 compressi di file o cartelle (.zip,.rar e analoghi). Questo programma permette di comprimere qualsiasi file in un archivio riducendone le dimensioni di un certo fattore. Dall'archivio è sempre possibile in qualsiasi momento estrarre di nuovo il file originario, senza alcuna modifica dello stesso. Questo tipo di compressione si dice compressione senza perdita (lossless compression), proprio perché è possibile ottenere i dati originari senza alcuna perdita di informazione. Il fattore di compressione è un punto fondamentale, perché determina la possibilità o meno di salvare il file su determinati supporti o di trasmetterlo in rete, ad esempio come allegato ad una . A seconda della natura del file il fattore può variare moltissimo, dalla quasi assenza di compressione (circa 2%) per le immagini JPG sino a valori superiori al 50% per i file di testo. La quantità di informazione contenuta in un file può essere in qualche modo misurata e non coincide quasi mai con la dimensione del file. Ad esempio, avendo un'immagine quadrata di lato 100 pixel di colore bianco espresso in formato RGB (occorrono 3 byte per indicare il colore di ciascun pixel), in formato BMP occuperà 100x100x3 = byte. Tuttavia sarebbe molto più semplice descrivere l'immagine a parole dicendo: "un quadrato di 100 pixel di colore bianco". Se si assegnasse un byte a ciascuna lettera della frase, l'immagine occuperebbe 41 byte di un file di testo, molto meno dei precedenti. È facile capire che nell'immagine BMP l'informazione è in qualche modo ripetuta, si parla cioè di ridondanza dell'informazione. In base a questo esempio si possono trarre tre conclusioni: La quantità di informazione contenuta in file può essere misurata. Un file può avere dimensione maggiore o uguale all'informazione che contiene, ma non minore. La minima dimensione di un file è esattamente la quantità di informazione che contiene. Alla luce di tutto ciò risulta chiaro che i diversi fattori di compressione che si osservano all'interno di un file zippato dipendono quasi esclusivamente dalla natura dei file, cioè dal fatto che l'informazione al loro interno sia più o meno ridondante, in altre parole se la loro dimensione è più o meno vicina alla dimensione minima teorica. L'immagine bianca 100x100 verrà compressa moltissimo, mentre una fotografia 100x100 di una persona lo sarà molto meno: del resto è facile descrivere brevemente a parole la prima, mentre è quasi impossibile farlo per la seconda. Questo spiega come mai è impossibile comprimere immagini JPG o addirittura gli stessi file ZIP più dell'1%: semplicemente perché sono già compressi, cioè le loro dimensioni sono già prossime alla loro minima dimensione possibile. Il secondo elemento che determina il fattore di compressione è l'algoritmo di compressione utilizzato. L'idea è di trovare un giusto compromesso tra compressione, tempo necessario e risorse utilizzate. Metodi Lossy Poiché la dimensione di un file di dati non può essere minore della quantità di informazione che contiene, l'unico modo per ridurne ulteriormente le dimensioni è semplicemente ridurre l'informazione. In tal caso si parla quindi di compressione con perdita di informazione (lossy compression). L'idea è quella di ridurre l'informazione dove viene giudicata irrilevante. Si consideri ancora una volta un'immagine 100x100, questa volta non perfettamente bianca, ma fatta di pixel quasi tutti bianchi, tutti diversi e distribuiti casualmente nel quadrato. Un programma come WinZip non riuscirà a comprimere molto un'immagine di questo tipo e comunque molto meno di una tutta bianca, tuttavia se la si guarda su un monitor non si noterà 21

22 alcuna differenza da quella completamente bianca. In questo caso particolare è possibile giudicare irrilevante buona parte dell'informazione contenuta nel file, così da memorizzare l'immagine come se fosse quasi tutta bianca. I metodi Lossy sono quei metodi che, proprio per comprimere al massimo i dati, scartano alcune delle informazioni riguardanti l'immagine originale. Sono metodi molto vantaggiosi per aumentare al massimo la velocità di scaricamento, ma irreversibili: ogni qual volta una immagine viene salvata in un formato lossy, vengono perse alcune informazioni, che non sono più recuperabili, a meno naturalmente di non averne conservato un altro salvataggio in un formato lossless. Proprio a causa di questa loro caratteristica, è assai sconsigliabile fare progressive modifiche e salvataggi in questo tipo di formati, perché ad ogni passaggio la qualità peggiorerà e sarà sempre meno fedele all'originale. Conviene invece salvare in un formato senza perdita fino a lavoro ultimato, e solo in ultima istanza salvare in un formato con perdita. L'esempio più classico di formato lossy per quanto riguarda le immagini è il JPEG; un altro esempio di formato lossy assai usato oggi in rete è l'mp3. FORMATI E FILE GRAFICI Un formato di file grafico è il formato con cui dati grafici (cioè i dati che descrivono l'immagine) sono registrati in un file. Un primo criterio di classificazione dei formati di archiviazione di immagini discende dalla rappresentazione stessa dell'immagine o del disegno, che può essere raster o vettoriale. Nel primo caso l'immagine viene memorizzata come mappa di pixel, ognuno con le sue caratteristiche quali il colore, la luminosità, la trasparenza, raggruppate in una matrice di pixel. Nel secondo caso viene archiviata una descrizione matematica di ogni elemento grafico che compone l'immagine, rappresentato tramite una descrizione geometrica ed una serie di caratteristiche di apparenza (spessore della penna, tipo di linea, colore...). I formati che vengono usati nel web supportati da tutti i browser sono di due tipi: JPEG e GIF. IL FORMATO GIF Il GIF (Graphics Interchange Format) è un formato per immagini di tipo bitmap molto utilizzato nel World Wide Web, sia per immagini fisse che per le animazioni. "GIF" spesso è pronunciato dagli inglesi con la g dura, ma la pronuncia definita dai suoi creatori nella documentazione ufficiale è con la g dolce. È stato introdotto nel 1987 da CompuServe per fornire un formato adatto alle immagini a colori, rimpiazzando il precedente formato RLE solo in bianco e nero. Il formato GIF si diffuse perché utilizzava un algoritmo di compressione (LZW) molto efficiente: in questo modo immagini anche di una certa dimensione potevano essere scaricate in un tempo ragionevole mediante una connessione a bassa velocità. Anche la caratteristica opzionale di interlacciamento, che memorizza le linee in un ordine tale da rendere riconoscibile un'immagine solo parzialmente scaricata, contribuì ad incrementare la popolarità del GIF, permettendo agli utilizzatori di riconoscere anzitempo gli scaricamenti errati. Il formato GIF è basato sull'uso di una tavolozza di colori: anche se il singolo colore può essere uno fra milioni di sfumature, solo un certo numero di essi è disponibile (al massimo 256). I colori sono memorizzati in una tavolozza, una tabella che associa un numero ad un certo valore di colore. La limitazione a 256 colori appariva ragionevole all'epoca della creazione 22

23 del formato GIF perché non erano ancora diffusi dispositivi in grado di visualizzarne un numero superiore. Per disegni al tratto, fumetti, fotografie in bianco e nero sono di regola sufficienti 256 colori. Esiste una tecnica per simulare un numero maggiore di colori (dithering) utilizzando pixel di colore simile a quello desiderato, purtroppo in questo modo si perdono dei dettagli e, dato che non esiste un unico algoritmo di scelta dei colori, la qualità dell'immagine è molto varibile. Questa tecnica, inoltre, diminuisce la comprimibilità dell'immagine stessa. Uno dei colori della tavolozza, può essere definito come trasparente e quindi, in fase di visualizzazione, è sostituito con lo sfondo. Questa caratteristica (canale alpha) permette di simulare immagini non rettangolari. Il formato GIF utilizza una compressione di tipo senza perdita, tuttavia l'algoritmo ottiene risultati più o meno soddisfacenti a seconda della natura dell'immagine: immagini molto regolari e con pochi colori vengono compresse molto di più che fotografie con sfondi e soggetti irregolari e dai colori variegati, semplicemente perché le prime contengono molta meno informazione delle seconde. Il formato GIF usa colori a 8 bit ed è efficace per comprimere immagini vettoriali, geometriche o testo. Le immagini GIF permettono anche di creare delle piccole animazioni, le GIF ANIMATE, perché supportano anche fotogrammi multipli. Curiosità. L'algoritmo di compressione LZW sul quale è basato il formato GIF, è un brevetto di CompuServe e Unisys. Prima del 1994, le compagnie in questione non pretesero il pagamento di alcun diritto. Alla fine del Dicembre 1994 CompuServe e Unisys annunciarono che avrebbero cominciato a richiedere il pagamento dei diritti di utilizzo del brevetto per qualunque programma commerciale capace di creare file in formato GIF. Ormai l'utilizzo di immagini in formato GIF era così diffuso che alle aziende non rimaneva che pagare. Il comune desiderio di un formato libero da brevetti e con meno restrizioni tecniche portò alla definizione del formato PNG. Il brevetto sull'algoritmo LZW negli Stati Uniti è decaduto il 20 giugno 2003, quindi Unisys e Compuserve non possono più chiedere il pagamento dei diritti in questo paese. Lo stesso brevetto in Europa, Giappone e Canada è scaduto il 18 giugno, 20 giugno e 7 luglio

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