Il razionale e la scelta degli antidepressivi in oncologia

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1 Il razionale e la scelta degli antidepressivi in oncologia RIASSUNTO RICCARDO GV TORTA Dipartimenti di Neuroscienze ed Oncologia AOU San Giovanni Battista e Università di Torino I cosiddetti antidepressivi sono la classe di psicofarmaci maggiormente utilizzata in psiconcologia, anche per il loro ampio spettro d azione che spazia dall effetto antidepressivo, a quello ansiolitico, all azione complessa sui sintomi dolorosi. L effetto degli antidepressivi non si esercita semplicemente a livello cerebrale, ma risulta sistemico, modulando serotonina, noradrenalina e dopamina a livello di tutto il soma ed interagendo con tutti i sistemi ormonali, in particolare con quello dello stress. La scelta dell antidepressivo in oncologia si fonda più sugli aspetti dimensionali e sintomatologici che non sui criteri categoriali e necessita di un attenta valutazione del rapporto rischi-benefici che deve anche tener conto del problema delle possibili interazioni fra antidepressivi e terapia oncologica. In tal senso non è possibile estrapolare i dati relativi ad efficacia e tollerabilità dagli studi sulla popolazione psichiatrica con depressione funzionale, ma le singole molecole devono essere valutate nello specifico contesto di comorbilità oncologica in cui vengono utilizzate: effetti indesiderati nel paziente psichiatrico possono risultare vantaggiosi nel paziente oncologico e viceversa. Nel testo vengono quindi discusse le varie classi di antidepressivi e per ciascuna, quando disponibili, viene fatto riferimento a studi specifici nei pazienti oncologici. Viene anche sottolineato l importante aspetto dell impiego degli antidepressivi nel trattamento del paziente con dolore: in tale contesto queste molecole sono in grado di esercitare un azione antalgica indipendente da quella sul tono dell umore, ma sono comunque in grado di interagire con la componente emozionale e cognitiva del dolore stesso, sovente completando, in associazione, l effetto degli analgesici tradizionali. Parole chiave: antidepressivi, oncologia, dolore. SUMMARY The choice of an antidepressant in oncology The so-called antidepressants are the group of psychotropic drugs more used in psycho-oncology, for their wide spectrum of action, ranging from mood improvement to anxiety and pain control. Antidepressants are drugs that act on all the body and not only on the central nervous system: they modulate also the hormonal and immune systems, particularly normalizing the stress-induced alterations. In oncology, the choice of an antidepressant has to consider the symptoms and the dimensional aspects more than strict diagnostic criteria: a careful evaluation of the balance between effectiveness and safety, also concerning the possibility of interactions between antidepressants and oncologic treatments is crucial. In these terms, each class of antidepressant will be discussed in relation to the studies, when present, concerning the peculiar use of each drug in oncological patients, with criteria of effectiveness and safety that can differ from those established for the general psychiatric population without organic comorbidity. Finally, some aspects of the use of antidepressant in the treatment of patients with pain will be discussed as these drugs exert an intrinsic antalgic activity also when mood depression is not present. Indeed antidepressants act not only on the somatic modulation of pain, but they are also effective on the emotional and cognitive aspects of pain, therefore intensifying the analgesic activity of traditional painkillers. Key words: antidepressants, oncology, pain. Indirizzo per la corrispondenza: Riccardo Torta; Professore associato di Psicologia Clinica; Direttore SCDU Psicologia Clinica e Oncologica, AOU San Giovanni Battista e Università di Torino; riccardo.torta@unito.it 205

2 INTRODUZIONE R. GV TORTA IL RAZIONALE E LA SCELTA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN ONCOLOGIA Nonostante le molteplici evidenze che la presa in carico del disturbo emozionale possa determinare un significativo miglioramento della qualità della vita nel paziente oncologico, con un maggiore adattamento alla malattia stessa ed aderenza alla terapie, un trattamento farmacologico antidepressivo di tipo farmacologico risulta utilizzato in una percentuale di pazienti inferiore al 5% 1-3. Ancora più drammatica risulterebbe la considerazione che verosimilmente, come in molte altre patologie in cui la depressione dell umore si associa ad una patologia organica, la comorbilità fra disturbo depressivo dell umore e cancro comporta una ridotta sopravvivenza 2-4. È d altra parte oramai acclarato come l impiego degli antidepressivi non possa più considerarsi limitatamente ai disturbi dell umore, ma debba ampliarsi al trattamento dei disturbi d ansia, al controllo della risposta emozionale e somatica in corso di stress cronico e alla potente ed efficace azione antalgica di tali molecole 5. In ambito psiconcologico, inoltre, diviene importante ridurre il ricorso protratto a molecole con prevalente azione sedativa e sintomatica, come le benzodiazepine ed i neurolettici, specie fenotiazinici, che rappresentano interventi meramente tattici e di pronto intervento. Certamente diviene più adatta, ed opportuna, una prescrizione di tipo curativo, e quindi strategico, con classi di farmaci quali gli antidepressivi e gli antipsicotici atipici. In particolare gli antidepressivi di ultima generazione dimostrano, anche in oncologia, una efficacia nel lungo termine sovrapponibile alle vecchie molecole, a fronte di una maggiore maneggevolezza 6. Il primo criterio di scelta di uno psicofarmaco in psiconcologia deve infatti prioritariamente essere guidato da criteri di sicurezza e tollerabilità, differenziati a seconda delle possibili problematiche cliniche presenti nei singoli oncotipi, e misurarsi con cluster sintomatologici, che sono peculiari rispetto alla psichiatria funzionale, e rappresentati da dolore, astenia, iporessia e dimagramento: il miglioramento di tali sintomi non deve essere considerato, rispetto alla qualità di vita del paziente, meno importante del miglioramento dei sintomi nucleari della depressione (deflessione dell umore, ipovolizione). Il criterio di scelta successivo sarà quello di valutare le differenze farmacodinamiche e cinetiche delle varie molecole, soprattutto alla luce della possibile interferenza in corso di polifarmacoterapie e della peculiarità di effetti indesiderati che possa controindicarne l uso in alcuni pazienti: ad esempio, gli effetti anticolinergici dei triciclici nei soggetti con problemi di transito gastro-intestinale o nelle mucositi; la possibile nausea da SSRI che può sommarsi a quella da chemioterapici; la sedazione da effetto antistaminico nei pazienti astenici; le possibili interazioni farmacocinetiche fra antidepressivi e chemioterapici; l incremento prolattinemico delle benzamidi, ecc. 7. FATTORI IATROGENI FAVORENTI LA DEPRESSIONE Fondamentale risulta, nel decidere una strategia terapeutica in un paziente oncologico, in corso di trattamento per la patologia di base, valutare quanto 206

3 le terapie in atto possano rappresentare un fattore favorente sulla comparsa di un disturbo dell umore. A parte le considerazioni sull azione depressogena di farmaci internistici, occasionalmente utilizzati anche nei pazienti oncologici (beta-bloccanti, antiipertensivi), e di farmaci neurologici, quali alcuni anticomiziali (ad esempio i barbiturici nella profilassi e/o terapia delle crisi nei pazienti con tumori cerebrali) 8,9, bisogna porre attenzione ad alcune categorie di farmaci più specifiche dell oncologia, o comunque frequentemente utilizzate in accezioni anche diverse dalle abituali. Ad esempio i neurolettici (specie quelli ad alta potenza come l aloperidolo), che come noto dimostrano un azione di deplezione monoaminergica, con possibile comparsa quindi di depressione, vengono sovente impiegati, anche per tempi protratti, con finalità antiemetiche e sedative in oncologia. Anche i corticosteroidi sono diffusamente utilizzati, talora a dosaggi elevati, nei pazienti con tumore, determinando, a seconda della risposta individuale, risposte timiche sovente oppositopolari (deflessione del tono dell umore, ma anche disforia ipertimica). Una particolare attenzione meritano i disturbi dell umore indotti dall interferon, che si correlano all attivazione di una risposta depressiva secondaria all incremento delle citochine pro-infiammatorie: tale deflessione timica può anche assumere carattere di gravità, con rischio suicidario, in soggetti predisposti, da identificarsi attraverso un anamnesi personale e/o familiare di depressione Nei soggetti a rischio per un disturbo dell umore, sia perché già in atto, sia in quanto anamnesticamente rilevabile, è opportuna una profilassi con antidepressivi, che risulta in grado sia ridurre l incidenza di comparsa di depressione, sia di migliorare l aderenza al trattamento 13. Anche gli ormoni esercitano una ovvia influenza sulla modulazione del tono dell umore: in particolare gli estrogeni dimostrano un azione antidepressiva e neurotrofica e la loro riduzione, ancor più quando iatrogenicamente indotta (chirurgicamente o farmacologicamente) può determinare una deflessione anche grave del tono dell umore. Ad un calo estrogenico, e quindi ad una alterata termoregolazione ipotalamica, possono essere imputate le vampate di calore presenti sia nella menopausa spontanea che in quella indotta in ambito oncologico: non potendo essere utilizzata, in pazienti con neoplasie mammarie, terapia estrogenica sostitutiva, una strategia per ridurre la frequenza ed intensità degli hot flushes è proprio quella di impiegare antidepressivi che possono indurre un incremento degli estrogeni a livello cerebrale, modulando la termoregolazione, ma senza interferire con i livelli estrogenici sistemici. Inoltre sono molti i farmaci di tipo chemioterapico che possono facilitare l insorgenza di depressione del tono dell umore, sia mediante un azione neurotossica diretta, a livello cerebrale e sistemico, sia indirettamente, attraverso il negativo impatto cognitivo ed emozionale, nel contesto individuale e relazionale, correlate a tali terapie Infatti la neurotossicità di alcuni chemioterapici, quali taxani, alcaloidi della vinca, metalli pesanti, sulla quale si pone più attenzione clinica sul versante delle neuropatie periferiche, può in realtà manifestarsi in modo più subdolo a livello del SNC, attraverso la comparsa di sintomi psichici e cognitivi come depressione, diminuzione della concentrazione, irritabilità 19,

4 R. GV TORTA IL RAZIONALE E LA SCELTA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN ONCOLOGIA RAZIONALE DELL INTERVENTO FARMACOLOGICO ANTIDEPRESSIVO Una deflessione patologica del tono dell umore (a prescindere dalla diagnosi categoriale) comporta, per un paziente oncologico, una peggiore qualità di vita, un incremento delle conseguenze psichiche e somatiche dello stress, una riduzione del funzionamento fisico, sociale e professionale, una ridotta aderenza alle terapie e ai protocolli diagnostici, ed un drammatico incremento del rischio suicidario. Nonostante l elevato tasso di depressione nei pazienti oncologici, variabile a seconda della fase di malattia e dei trattamenti in corso, una quota esigua di pazienti riceve un adeguato trattamento farmacologico per un disturbo dell umore, nonostante le oramai molteplici evidenze attestanti come, dopo trattamento farmacologico, sia possibile ottenere un miglioramento della qualità vita, un maggiore adattamento alla malattia ed una sopravvivenza più protratta 4, La presa in carico di un paziente oncologico depresso diviene inoltre fondamentale per le strette correlazioni fra depressione e dolore, reciprocamente influenzantesi, e per l interferenza che la depressione esercita sull aderenza al percorso terapeutico ed anche sulla tollerabilità verso gli effetti collaterali delle terapie oncologiche. Per tutta tale serie di motivazioni è quindi fondamentale porre diagnosi di depressione in un paziente oncologico, anche utilizzando semplici strumenti di screening auto-valutativi 25 ed approfondendo poi, con una intervista clinica mirata, quei pazienti che abbiano presentato punteggi superiori al cut-off. Un evitabile errore clinico, dalle gravi conseguenze, è quello di considerare la depressione in corso di patologia oncologica alla stregua di un evento ineluttabile, e come tale non suscettibile di miglioramento nel caso di trattamenti. In realtà la risposta ad un corretto trattamento antidepressivo è sovrapponibile, dal punto di vista della riduzione del punteggio delle rating scales della depressione, sia nel paziente depresso funzionale che nel paziente depresso oncologico 26 : l outcome della terapia della depressione in un paziente oncologico non deve comunque essere misurato solamente sulla base dei punteggi delle scale per la depressione, ma, soprattutto, sul recupero funzionale, sul miglioramento della qualità di vita e sul cambiamento verso stili di coping più adattivi. Come già ricordato la patogenesi del disturbo dell umore in oncologia fa riferimento al modello biopsicosociale 3, riconoscendo, con un peso differenziato fra i vari individui ed in tempi differenti di malattia, una preponderanza della causalità biologica, piuttosto che di quella emozionale-cognitiva o relazionale-ambientale: in tale accezione gli interventi più efficaci, nella gestione di un paziente oncologico depresso, sono quelli in grado di abbracciare, in modo integrato, le varie causalità patogenetiche, correggendo psicofarmacologicamente le alterazioni biologiche sottese al disturbo dell umore (trasmettitoriali, ormonali, citochiniche, neurotrofiche), aiutando con la psicoterapia più indicata il paziente ad identificare strategie cognitive ed emozionali più consone a far fronte ai molteplici problemi di malattia, supportando il contesto relazionale ed interpersonale in cui il paziente si muove. Conseguentemente a tale strategia appare ovvio come l intervento psico-far- 208

5 macologico in oncologia debba assumere una funzione strategica, inserendosi in una presa in carico strutturata e continuativa del paziente: in tal senso la classe di psicofarmaci maggiormente utilizzata diviene quella degli antidepressivi, soprattutto per il loro ampio spettro d azione (umore, stress, ansia, dolore), con un contenimento dell impiego di ansiolitici e antipsicotici. Per contro, gli interventi di tipo tattico, cioè deputati alla gestione temporanea di una situazione di acuzie (crisi d ansia, insonnia, delirium) sono da attuarsi con altre classi di psicofarmaci, quali benzodiazepine ed antipsicotici 27. LINEE GUIDA PER LA PRESA IN CARICO DI UN DEPRESSO ONCOLOGICO È indispensabile, posta la diagnosi di depressione e riconosciuta la necessità di un trattamento farmacologico, impiegare fin dall inizio farmaci antidepressivi, evitando l incongruo impiego, in prima istanza di ansiolitici, neurolettici, ricostituenti, sulla base del concetto, ampiamente diffuso anche in ambito sanitario, che tali ultime classi di farmaci siano meno coinvolgenti per il medico ed il paziente che non una prescrizione di antidepressivi. La preoccupazione correlata alla prescrizione di quest ultima classe di farmaci sovente dipende da una scarsa dimestichezza, da parte dello specialista non psichiatra, con l uso degli antidepressivi e dal timore dei possibili effetti collaterali. È quindi fondamentale, per tutti medici che lavorano in ambiente oncologico, acquisire una buona padronanza almeno di alcuni antidepressivi, al fine di poter compiere scelte individualizzate, per un intervento di primo livello, mantenendo il diretto rapporto gestionale con il paziente e ricorrendo allo psichiatra/psiconcologo medico quando sia necessario un intervento di secondo livello (terapia più complessa, paziente non responder, rischio di interazioni, ecc.). Anche in oncologia il rischio di mancata aderenza alla terapia antidepressiva si manifesta principalmente nelle prime settimane di trattamento, quando possono comparire gli effetti indesiderati prima di quelli vantaggiosi: in tale fase di latenza sono fondamentali un adeguata informazione al paziente, l alleanza con il contesto di supporto familiare, l eventuale gestione temporanea delle collateralità e, quando necessario, il contestuale transitorio utilizzo di classi di farmaci ad azione rapida, quali benzodiazepine o benzamidi sostituite. Particolare attenzione, da parte del medico, dovrà essere posta nel rilevare la presenza di un ideazione suicidaria, in quanto proprio nei casi, o nelle fasi di malattia, in cui tale pensiero viene dissimulato, sottaciuto o negato, il rischio di un gesto anticonservativo diventa più elevato. Il paventato rischio di un incremento del passaggio all atto in corso di terapia antidepressiva segue le regole della popolazione depressa generale (cautela nei pazienti fortemente inibiti, in cui lo sblocco ideativo e psicomotorio possa manifestarsi prima del miglioramento nucleare della depressione; coinvolgimento dei familiari nel monitoraggio di tali pazienti; discussione aperta col paziente della sua eventuale ideazione anticonservativa), ma si aggrava quando è compresente un importante sintomatologia algica non ben controllata 28,

6 GLI ANTIDEPRESSIVI OLTRE LA DEPRESSIONE R. GV TORTA IL RAZIONALE E LA SCELTA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN ONCOLOGIA L ipotesi aminergica della depressione mantiene a tutt oggi un ruolo primario per spiegare alcuni cluster sintomatologici, collegati più specificamente alla riduzione di un neurotrasmettitore (NA, 5HT, DA) rispetto ad un altro, anche sulla base della persistente classificazione degli antidepressivi sulla base di tale meccanismo d azione. Nell ottica tuttavia di una depressione quale patologia da considerarsi non meramente correlata al contesto neuropsichiatrico, ma piuttosto come patologia di carattere sistemico 5, diviene necessario considerare altre ipotesi patogenetiche della depressione, complementari a quella neurotrasmettitoriale, e conoscere i peculiari meccanismi d azione dei cosiddetti antidepressivi a tali ipotesi correlati (figura 1). Innanzitutto, anche nel contesto dell ipotesi neurotrasmettitoriale, è opportuno ricordare come anch essa assuma una connotazione sistemica, in quanto sarebbe molto riduttivo considerare noradrenalina, serotonina e dopamina quali semplici neurotrasmettitori: la loro azione infatti si estrinseca a livello di tutto l organismo (sistema nervoso centrale e periferico, sistema cardiovascolare, apparato gastroenterico, apparato genitorurinario, ecc.) e quelli che da uno specialista vengono considerati effetti collaterali per un altro sono gli effetti desiderati su un altro organo bersaglio. Comunque al di là dell ipotesi trasmettitoriale allargata, altri importanti sistemi sono coinvolti nella patogenesi della depressione e nel meccanismo d azione degli antidepressivi. Depressione dell umore e bersagli degli AD neurotrasmettitori ormoni sistema immunitario neurotrofismo Figura 1. Lo spettro d azione sistemico degli antidepressivi. 210

7 Innanzitutto il tono dell umore è ampiamente correlato a meccanismi ormonali, che fanno riferimento a più circuiti: l asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), l asse ipotalamo-ipofisi-gonadico (HPG) e l asse ipotalamo-ipofisitiroide (HPT) 5. Un importante rapporto esiste, come noto, fra livelli di estrogeni e tono dell umore (basti considerare la depressione in menopausa e quella post-partum, così come i frequenti disturbi emozionali del catamenio): come già ricordato a proposito degli hot flushes, gli antidepressivi sono in grado di incrementare il livello di estrogeni prodotti localmente nel cervello, modulando le risposte timiche correlate a tali ormoni (3). A riguardo dell asse HPA basti ricordare l importanza dei circuiti dello stress nel modulare i disturbi d ansia e di depressione 30 : anche il solo primo passo di attivazione di tale asse, cioè l aumentato rilascio del CRF (Cortisol Releasing Factor) è in grado di indurre la stessa serie di reazioni comportamentali e vegetative che caratterizzano l intera risposta psichica e somatica allo stress, derivante dalla più tardiva attivazione dell intero circuito (CRF poi ACTH poi cortisolo, ecc.). Tra l altro la modificazione cronica dei recettori per i glucocorticoidi, che risulta correlata alla resistenza ai glucocorticoidi 31 legata nel tempo all aumentato sviluppo di sindromi metaboliche (diabete, dislipidemia, ipertensione), risulta sensibile al trattamento con antidepressivi, che sono in grado di ridurre l eccessiva risposta del CRF e la successiva cascata cortisolemica e neurovegetativa (noradrenergica e vasopressinica). Inoltre l iperproduzione di glucocorticoidi, che è sottesa all iperfunzione dell asse HPA, può determinare, in cronico, prima una sofferenza, poi la morte di neuroni ippocampali, con riduzione del trofismo di questa area (come evidenziato in varie patologie neuropsichiatriche associate a stress cronico) 5. Anche a riguardo di tale ipotesi neurotrofica della depressione gli antidepressivi possono esercitare un azione protettiva sui neuroni ippocampali, attraverso un incremento dell espressione genica, finalizzata alla produzione di fattori di crescita neuronale (NGF, BDNF) Questo effetto neurogenico, facilitato dagli antidepressivi, può avere, anche in oncologia, un possibile riscontro pratico sul versante della protezione verso il danno neuronale esercitato da alcune chemioterapie antitumorali, attraverso l incremento di fattori di crescita, ottenuto mediante un trattamento antidepressivo, in pazienti oncologici depressi 35, limitando la comparsa di disturbi affettivi, cognitivi e neuropatici periferici in corso di chemioterapia 36,37. Di particolare rilievo, nell ambito dell utilizzo degli antidepressivi in oncologia, è l ipotesi immunitaria della depressione: condizioni di stress protratto sono in grado di incrementare la risposta flogistica tessutale, attraverso un incremento delle citochine proinfiammatorie. In particolare, a livello cerebrale, l attivazione della microglia induce delle modificazioni a cascata: una induzione dell IDO, enzima coinvolto nella via delle chinurenine (correlata sia ai circuiti glutamatergici di attivazione, sia a quelli del riconoscimento del self) diviene depressogena in quanto sposta il triptofano su tale via, stornandolo da quella della triptofano-idrossilasi (enzima che trasforma il triptofano in serotonina). In tal senso viene quindi ridotta la quota di 5HT cere- 211

8 R. GV TORTA IL RAZIONALE E LA SCELTA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN ONCOLOGIA brale disponibile con conseguente depressione (per approfondimenti vedi la voce bibliografica 38). La microglia inoltre agisce secondariamente sia sull astroglia (incrementando ulteriormente la produzione di citochine proinfiammatorie, riducendo il reuptake di glutamato ed aumentandone il rilascio, con conseguente eccitossicità a livello delle terminazioni sinaptiche), quanto sull oligodendroglia (favorendo l apoptosi e la demielinizzazione coinvolte nei meccanismi di sofferenza neuronale). Conseguenze cliniche di un incremento di citochine proinfiammatorie sono una serie di sintomi (apatia, iporessia, ipersonnia, riduzione della libido, iperpatia, ecc.) che sono condivise tanto da patologie flogistiche (virali o batteriche), determinando il cosiddetto sickness behaviour, sia fanno parte dei cluster sintomatologici della depressione, dimostrandosi elemento patogenetico sotteso ad entrambi i quadri clinici, flogistico e depressivo 5. Anche in tale chiave patogenetica risulta noto il meccanismo d azione degli antidepressivi: la somministrazione di farmaci timolettici induce infatti un incremento delle citochine anti-infiammatorie che contrastano l azione depressogena di quelle pro-infiammatorie. Tale dato è ad esempio confermato dall azione protettiva degli antidepressivi sulla depressione indotta da interferon 10,11. SCELTA DELL ANTIDEPRESSIVO IN PSICONCOLOGIA La scelta di un antidepressivo in oncologia, così come in tutte le depressioni che si manifestano in comorbilità con una patologia organica, deve rapportarsi più alle caratteristiche dimensionali della depressione (cioè ai clusters sintomatologici presenti nel singolo paziente) che a criteri nosografici categoriali, rigidamente definiti dai manuali nosografici, quali il DSM o l ICD. Sovente infatti i concetti quantitativi, qualitativi e temporali di tali categorie diagnostiche non sono adatti alla comorbilità 5. Nella scelta del farmaco (figura 2) poi risulta fondamentale tener conto proprio delle dimensioni clinico-sintomatologiche correlate ai differenti oncotipi (ad es., ai problemi di transito nei tumori intestinali, al rischio di incremento prolattinemico nei tumori mammari ormono-dipendenti, la presenza o meno di dolore e quale componente del dolore sia prevalente ecc.); alle diverse fasi di decorso (un effetto considerato come collaterale ed indesiderato in una certa fase può diventare utile in un altra, ad esempio la sedazione); alla sinergia di effetti collaterali con le chemioterapie (mucositi da chemioterapici e secchezza delle fauci da triciclici; nausea in corso di chemioterapia e da serotoninergici); alla necessità di variare la terapia sulla base della mutevolezza dei sintomi nel corso della malattia (ansia, insonnia, astenia, iporessia, dolore). Un ulteriore passaggio che determina la personalizzazione della terapia riguarda il riferimento alle differenze farmacodinamiche e cinetiche delle varie molecole, soprattutto alla luce della possibile interferenza in corso di polifarmacoterapia e della compromissione somatica di molti pazienti nelle fasi avanzate di patologia. Si citano due esempi di interazione: il preferibile impiego 212

9 Parametri valutativi Caratteristiche sintomatologiche della depressione Caratteristiche cliniche della malattia oncologica Caratteristiche farmacologiche della molecola Valutazione del peso differenziato dei vari sintomi sul paziente: ad as., avolizione, anedonia, astenia, ecc. Valutazione del contesto oncologico attuale: ad es., problemi di transito intestinale, nausea, iporessia, cachessia, dolore, terapie concomitanti, ecc. Valutazione delle differenze farmaco-dinamiche e cinetiche interclassi e intraclasse. Scelta dell antidepressivo Figura 2. Parametri riguardanti la scelta di un antidepressivo in psiconcologia (da voce bibliografica 3). di farmaci alternativi alla paroxetina in pazienti in trattamento con tamoxifene, per un interferenza metabolica fra le due molecole (vedi paragrafo interazioni); l evitare l associazione, in un paziente oncologico depresso e con dolore, di farmaci quali venlafaxina e tramadolo per un rischio di misconosciuta sindrome serotoninergica 39,40. LE CLASSI DI ANTIDEPRESSIVI: INDICAZIONI E LIMITI Attualmente la scelta di un antidepressivo può essere compiuta all interno di un bagaglio farmacologico assai vasto ed articolato, che consente, per ogni paziente, di operare una scelta razionale, con attenzione al bilanciamento fra efficacia e tollerabilità di ogni molecola. Proprio per tale bilanciamento alcune classi di farmaci, quali ad esempio gli inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO), reversibili e non reversibili, non verranno trattati in questa sede, in quanto alla luce della scarsa maneggevolezza e delle importanti interazioni farmacologiche, non sono usati nel trattamento dei disturbi dell umore nel paziente oncologico. 213

10 R. GV TORTA IL RAZIONALE E LA SCELTA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN ONCOLOGIA Triciclici (TCA) Antidepressivi di prima generazione, sono da considerarsi ad ampio spettro, per l azione sia sulla serotonina che sull adrenalina, nonché per l attività di blocco su molteplici recettori (adrenergici, istaminici, muscarinici). Presentando, per i fenomeni di tale blocco recettoriale, un importante serie di effetti collaterali autonomici, anche se quantitativamenti differenziata tra le varie molecole, i triciclici (TCA) risultano scarsamente utilizzati nei pazienti oncologici. Nei pochi studi controllati in oncologia, si è osservata una risposta positiva a tale classe di farmaci nel 40-50% circa dei pazienti, ma, parallelamente, è stato riscontrato un elevato tasso di interruzione della terapia tra il 17% e il 32% dei soggetti trattati 21. Il blocco dei recettori alfaadrenergici determina ipotensione, soprattutto ortostatica, gravemente controindicata nel paziente già defedato, così come l effetto anticolinergico (particolarmente elevato con l amitriptilina e la trimipramina) può comportare seri problemi di secchezza delle fauci e di rallentato transito intestinale, risultando inaccettabile nei pazienti con mucositi e patologie gastrointestinali. Il blocco istaminergico (anch esso più rilevante con amitriptilina e trimipramina) comporta una marcata azione sedativa, utile o meno a seconda del paziente. La cardiotossicità dei TCA, che si estrinseca con un ritardo della conduzione, allungamento del QT e possibile comparsa di turbe del ritmo, è particolarmente temibile nei pazienti oncologici che già presentano compromissione cardiaca a seguito di trattamenti (farmacologici o radioterapici) per la terapia di base 41,42. Per tale classe di farmaci rimane l importante indicazione nella terapia antalgica, soprattutto per quanto riguarda il dolore neuropatico: tuttavia, anche in tale accezione, la necessità di impiego a basso dosaggio, per evitare la summenzionata collateralità, comporta che il vantaggio del farmaco si limiti all azione antalgica diretta (ottenibile già con bassa posologia), senza tuttavia raggiungere una piena efficacia che, nel rapporto reciprocamente influenzantesi fra depressione e dolore, si può ottenere solamente con dosaggi pieni, in grado di esercitare una reale azione anche antidepressiva 43. Antidepressivi non triciclici (eterociclici o atipici) Di questa eterogenea classe di farmaci è utile ricordare, in psicofarmacologia oncologica, soprattutto il trazodone. Il trazodone è un inibitore della ricaptazione della serotonina, ma, a dosi elevate, si comporta come un agonista serotoninergico, probabilmente attraverso il suo principale metabolita attivo. È inoltre un bloccante dei recettori alfa1- adrenergici ed istaminici, ma risulta praticamente privo di attività anticolinergica. L azione antistaminica del trazodone è tutt oggi sfruttata nella sedazione serale per l insonnia, soprattutto quando è inopportuno l impiego delle benzodiazepine. In tale accezione, nella prassi clinica, è utilizzato fra i 50 e

11 mg/die in monodose serale, posologia inferiore a quella necessaria per ottenere un effetto antidepressivo, che richiede un dosaggio fra i 150 ed i 300 mg. Solo uno studio pilota, di confronto in doppio cieco, su 18 pazienti oncologici con un disturbo di adattamento, ha confermato l efficacia e la sicurezza di impiego del trazodone in tale ambito 44. Più recentemente, l efficacia su alcuni sintomi (insonnia e delirium non responsivo alla terapia con neurolettici) suggerisce il possibile impiego del trazodone anche nelle cure palliative 45. Inibitori della ricaptazione della noradrenalina (norepinephrine reuptake inhibitors, NARI). L unico inibitore selettivo della ricaptazione di noradrenalina disponibile in Italia è la reboxetina, che possiede un effetto attivante e risocializzante, con scarse interazioni metaboliche. Alcuni effetti collaterali, quali attivazione, insonnia, secchezza delle fauci, esitazione urinaria e tachicardia rendono il farmaco non di facile utilizzo nei pazienti oncologici, in particolare in quelli con presente o potenziale difficoltà minzionale. L impiego della reboxetina in oncologia è limitato a pochi studi, in aperto, che evidenziano un efficacia sui sintomi depressivi in pazienti affette da cancro alla mammella, con miglioramento dei parametri sulla qualità della vita, unitamente a un buon indice di tollerabilità 46. Ancora da esplorare con studi controllati può essere l impiego della molecola nel trattamento dell astenia e quale add-on nel trattamento con i farmaci serotoninergici, soprattutto quando sia necessario correggere fenomeni jatrogeni di appiattimento affettivo o disturbi della sfera sessuale da 5-HT. Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (selective serotonin reuptake inhibitors, SSRI): sono vari farmaci (fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, sertralina, citalopram ed escitalopram), con struttura chimica e, quindi, profilo d azione complessivo differenziato, ma che condividono come meccanismo di azione principale, l inibizione selettiva sulla ricaptazione della 5-HT. La paroxetina è l unico serotoninergico della classe a possedere una debole azione anticolinergica, comunque notevolmente inferiore a quella dei TCA, mentre il citalopram presenta un attività antistaminica clinicamente significativa. Gli SSRI differiscono tra loro anche per il metabolismo e la cinetica: tutti gli SSRI si legano fortemente alle proteine plasmatiche (sertralina 98%; fluoxetina 95%; paroxetina 95%; fluvoxamina 80%; citalopram <80%; escitalopram <80%), spiazzando gli altri farmaci dal legame proteico. Inoltre, la fluvoxamina, la paroxetina e la fluoxetina sono metabolizzate dal citocromo P450 e, con caratteristiche diverse, da vari isoenzimi (2D6, 3A4, 1A2, ecc.) a seconda delle varie molecole, ma sono anche potenti inibitori dello stesso enzima, con la possibilità quindi di interferire sul metabolismo di altri farmaci 47. Le emivite oscillano tra 7 e 33 ore, con l eccezione della fluoxetina che possiede, con il suo metabolita attivo demetilato (norfluoxetina), un emivita di 7-10 giorni. Sono pertanto utilizzabili in monodose giornaliera, ad eccezione della fluvoxamina che necessita di almeno due somministrazioni. 215

12 R. GV TORTA IL RAZIONALE E LA SCELTA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN ONCOLOGIA Tutti gli SSRI possono essere considerati farmaci dotati di una buona tollerabilità e ciò risulta particolarmente vantaggioso nella pratica psiconcologica: sono tuttavia presenti alcuni effetti collaterali, strettamente correlati all incremento del tono serotoninergico, che richiedono attenzione, soprattutto nella fase iniziale del trattamento (prime 2-3 settimane). Il più frequente di tali effetti collaterali è rappresentato dalla nausea, che compare, per tutti gli SSRI, nel 20-25% dei casi, limitatamente alle fasi iniziali della terapia, attenuandosi spontaneamente dopo alcuni giorni. Questo effetto indesiderato, anche se soggettivo e transitorio, non va sottovalutato alla luce dell aderenza alla terapia da parte del paziente, soprattutto di quello oncologico, in particolare nei soggetti contestualmente sottoposti a cicli chemioterapici. Quindi, nel caso in cui un paziente debba affrontare a breve una chemioterapia, l SSRI dovrebbe essere iniziato, quando possibile, almeno giorni prima del trattamento oncologico, per evitare la sommazione degli effetti collaterali delle due terapie. Nei casi in cui la nausea diventi un problema gestionale, è utile l associazione temporanea, per un periodo di 2-3 settimane, con una benzamide sostituita, ad esempio l amisulpride o la levosulpiride, che consente un buon controllo sui sintomi gastroenterici e, soprattutto, nel caso dell amisulpride, favorisce una più rapida risposta antidepressiva 48,49. Meno frequenti sono la stipsi (13%) e la secchezza delle fauci (18%), particolarmente con la paroxetina, l iperidrosi (10-15%) ed il tremore (10% circa) 27 : quest ultimo può rappresentare un segnale importante e precoce nei casi di sindrome serotoninergica dovuta all associazione con altre molecole, anche di altre classi, ad esempio l analgesico tramadolo, che comportino un incremento del tono serotoninergico. Anche sul profilo degli effetti collaterali gli SSRI mostrano differenze intraclasse: ad esempio, mentre la sertralina esercita più frequentemente un aumento della peristalsi intestinale, con la paroxetina è più abituale il riscontro di fenomeni di stipsi 5. Un effetto attivante nelle fasi iniziali di trattamento è più frequente con fluoxetina ed escitalopram e può richiedere una transitoria copertura benzodiazepinica: tuttavia, dopo le prime settimane, tutti gli SSRI dimostrano un paragonabile effetto terapeutico di tipo ansiolitico 27. Nel paziente oncologico bisogna inoltre porre attenzione all effetto antiaggregante esercitato dagli SSRI, soprattutto quando siano presenti alterazioni della crasi ematica, in particolare piastrinica, dovute alla malattia o ai trattamenti, e nei pazienti trattati con farmaci antiaggreganti o anticoagulanti. Peraltro, il rischio di sanguinamento con SSRI non risulterebbe aumentato rispetto alla popolazione generale 50 e neppure nei pazienti trattati con warfarin 51. In un numero limitato di pazienti, con meiopragia del sistema dopaminergico, compresi i pazienti defedati, gli SSRI possono indurre o peggiorare alcuni sintomi extrapiramidali (rigidità, tremore, bradicinesia), in correlazione al fatto che l incremento di 5-HT, a livello dei nuclei della base, si accompagna ad una possibile riduzione di dopamina in tali circuiti regolatori del movimento 52. Lo stesso meccanismo di inibizione, esercitato dalla serotonina sulla dopam- 216

13 ina, avviene a livello della corteccia frontale e può essere responsabile, in particolare nelle terapie protratte, di un appiattimento affettivo, anche quando sia presente un miglioramento globale del tono dell umore. Tale aspetto, quando rilevante sul piano clinico, può essere corretto associando farmaci ad azione noradrenergica e/o dopaminergica o sostituendo l SSRI con farmaci ad azione duale (venlafaxina, duloxetina, bupropione). Il numero di studi sugli SSRI in oncologia è più ampio di quello con tutte le altre classi di farmaci, ma certamente ancora esiguo alla luce dell importanza clinica del trattamento (per una revisione sintetica di tali studi si vedano voci bibliografiche 6 e 27). In estrema sintesi, da tali studi, si evince una migliore tollerabilità della paroxetina rispetto all amitriptilina, a fronte di pari efficacia antidepressiva 53 ; una significativa azione preventiva della paroxetina, verso placebo, sullo sviluppo della depressione in pazienti affetti da melanoma, quando posti in trattamento con interferon 13 ; una buona efficacia e tollerabilità della sertralina in pazienti con cancro della mammella 54 ; una significativa riduzione dei sintomi depressivi, rispetto al gruppo di controllo, in pazienti trattati con paroxetina, anche durante chemioterapia, senza tuttavia osservare un azione efficace sul sintomo fatigue 55. Altri studi con fluoxetina, su pazienti oncologici con depressione maggiore, hanno rilevato una superiorità della fluoxetina verso placebo, ma con più elevati effetti collaterali 56, soprattutto gastroenterici (nel 33% dei pazienti) 57, comunque con una migliore tollerabilità rispetto ai TCA 58. Gli SSRI trovano un altra importante indicazione in psiconcologia, oltre alla depressione, nel trattamento delle vampate di calore. È noto infatti come la carenza estroprogestinica dimostri un ruolo primario nella comparsa delle vampate di calore (hot flushes) in menopausa. La menopausa indotta da chemioterapia e/o da ablazione ovarica, così come l utilizzo di farmaci oncologici come il tamoxifene e gli inibitori dell aromatasi, si accompagnano a talora invalidanti fenomeni di hot flushes 59, presenti in quasi tutte le pazienti 60. In tale ottica, farmaci quali gli SSRI e gli SNRI sono stati proposti nel controllo di tali vampate 15,61,62, verosimilmente per un incremento, mediato dall antidepressivo, dei livelli di estrogeni cerebrali, modulanti i sistemi di termoregolazione. Tale effetto antivampate è stato riscontrato con vari SSRI, quali citalopram 63, sertralina 64, paroxetina 61,65. Tuttavia con quest ultima molecola è opportuno prestare attenzione alle possibili interazioni con il tamoxifene (vedi paragrafo interazioni). Nella nostra esperienza anche l escitalopram si è dimostrato in grado di ridurre l intensità e la frequenza delle vampate di calore in pazienti oncologiche 66. Inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (serotonin and norepinephrine reuptake inhibitors, SNRI): i farmaci che agiscono contemporaneamente sulla ricaptazione sia di serotonina sia di noradrenalina, quali venlafaxina e duloxetina, vengono definiti anche duali. Con lo stesso termine può essere considerato il bupropione, che dimostra invece un azione sul blocco della ricaptazione di noradrenalina e dopamina. La mirtazapina possiede anch essa un azione su 5-HT e NE, ma con mecca- 217

14 R. GV TORTA IL RAZIONALE E LA SCELTA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN ONCOLOGIA nismo d azione diverso, e viene pertanto definita come NaSSA (noradrenergic and selective serotoninergic antidepressant). Gli SNRI dimostrano lo stesso spettro di azione allargato dei TCA su serotonina e noradrenalina, ma in assenza di blocco recettoriale H1, alfa1 e muscarinico, dimostrando un profilo di tollerabilità sovrapponibile a quello degli SSRI e nettamente superiore a quello dei TCA. Tra le molecole appartenenti alla classe degli SNRI esistono differenze farmacodinamiche e cinetiche. La venlafaxina presenta, a basse dosi, maggiore inibizione della ricaptazione della serotonina rispetto a quella della noradrenalina, mentre diventa attiva su entrambi i trasportatori a dosi più elevate 67. La duloxetina è invece più bilanciata su NA e 5-HT a qualsiasi posologia 68. Il milnacipran (non disponibile in Italia) mostra per contro un azione più spiccata a livello noradrenergico rispetto a quella serotoninergica. Gli effetti collaterali più comuni di venlafaxina e duloxetina (nausea, cefalea, irrequietezza, secchezza delle fauci, insonnia o sonnolenza, stipsi e vertigini) sono correlati all incremento del tono di 5-HT e NE e tendono a manifestarsi nelle prime settimane di trattamento. L azione sui circuiti noradrenergici determina una maggiore efficacia anche sui sintomi somatici della depressione 69, ma è anche potenzialmente collegata ad un incrementato rischio di ipertensione arteriosa 70, in particolare con la venlafaxina, alle dosi più elevate del farmaco (5% dei pazienti a 150 mg/die e 12% con le dosi intorno a 300 mg/die). In ogni caso, con gli SNRI, nei soggetti ipertesi con ipertensione labile è opportuno, nei primi mesi di terapia, un attento monitoraggio della pressione arteriosa omerale. Come precedentemente descritto per gli SSRI anche i farmaci duali dimostrano una notevole efficacia nel prevenire gli hot flushes, anche a basse dosi (venlafaxina 75 mg/die; duloxetina 60 mg/die), con una buona tollerabilità generale 14,62. La riduzione della sintomatologia delle vampate, già evidente dopo 4 settimane di trattamento con venlafaxina o duloxetina, migliora ulteriormente dopo 8 settimane dal punto di vista sia della frequenza sia della gravità degli attacchi 15,66. Analoghi studi con la venlafaxina sono stati condotti relativamente ai fenomeni vegetativi nei pazienti trattati con terapia ormonale per carcinoma prostatico 71,72. La scarsa azione degli SNRI sul sistema del citocromo P450, nonostante l assenza di studi a tale riguardo, consente di teorizzare una sicurezza di impiego di tale classe farmacologica anche in associazione a farmaci oncologici 47. Un importante capitolo riguardante l impiego degli antidepressivi in oncologia attiene alla possibilità di un azione neutrofica degli antidepressivi, mediata dall incremento dei fattori di crescita neuronale (BDNF, NGF). Tale azione potrebbe dimostrarsi utile nel limitare i danni da neurotossicità centrale e periferica di alcuni chemioterapici (alcaloidi della vinca, platini, taxani). Alcuni dati iniziali supportano tale ipotesi 20, sia per la venlafaxina, che sembra in grado di antagonizzare almeno in parte la neurotossicità da chemioterapici 73-76, sia l incremento di BDNF osservabile nei pazienti oncologici depressi, rispetto ai non depressi, dopo trattamento con duloxetina 35. Peculiare interesse in psiconcologia è la possibilità di trattare vantaggiosamente il sintomo fatigue con il bupropione

15 Di fondamentale importanza è l azione antalgica degli antidepressivi, in specie quelli duali, di cui si tratterà in seguito. La mirtazapina, antidepressivo noradrenergico e selettivo serotoninergico (NaSSA), agisce attraverso il blocco dei recettori inibitori presinaptici alfaadrenergici, aumentando quindi il rilascio sia di noradrenalina sia di serotonina. L azione selettiva della mirtazapina, a livello dei recettori serotoninergici, comporta una stimolazione dei recettori 5-HT1a (azione ansiolitica e antidepressiva); un blocco dei recettori 5-HT2a (ridotti effetti collaterali di tipo sessuale); un blocco dei recettori 5-HT2c (potenziamento dell effetto sedativo); un blocco dei recettori 5-HT3, a cui corrisponde un effetto antinausea che differenzia la mirtazapina da tutti gli altri farmaci serotoninergici, i quali sono invece agonisti dei 5-HT3. È ovvio il vantaggio che da tale azione può derivare nei pazienti oncologici in chemioterapia Di significativo rilievo clinico è la potente azione antistaminica della mirtazapina, responsabile sia dell effetto sedativo del farmaco, sia dell incremento ponderale, utili quando l ansia, l insonnia e il deperimento organico complicano la ripresa psicofisica del paziente. È opportuno tuttavia ricordare che l effetto sedativo della mirtazapina si manifesta prevalentemente a 15 mg, in quanto a dosi più elevate (30-45 mg) l effetto adrenergico attivante prevale su quello sedativo da blocco H1 e 5-HT2c 7. Anche se pochi, gli studi sull impiego della mirtazapina nel paziente oncologico confermano l efficacia e la sicurezza di impiego del farmaco in questo gruppo di pazienti, con un miglioramento della capacità funzionale e della riduzione della cachessia in pazienti particolarmente compromessi Dati analoghi a quelli precedentemente riportati per SSRI e SNRI confermano come anche la mirtazapina possa essere vantaggiosa nella gestione degli hot flushes 84. Benzamidi sostituite Le benzamidi sostituite a dosi elevate trovano indicazione nei disturbi psicotici, mentre a basse dosi possono essere usate nelle depressioni minori o nei disturbi somatoformi, sfruttandone l effetto antidepressivo, antiastenico e anti cenestopatico, dovuti ad un azione mirata sui circuiti dopaminergici mesocorticolimbici. Le benzamidi sostituite rappresentano quindi una classe di farmaci con un ampio spettro d azione, che spazia dall impiego antiemetico (metoclopramide, cisapride, ecc.), a quello gastroprotettivo (sulpiride, levo sulpiride, ecc.), a quello timolettico (amisulpride, levosulpiride, ecc.), a quello neurolettico (sultopride, tiapride), quest ultimo comune a tutte le benzamidi quando impiegate ad alte dosi, agendo a tale posologia come bloccanti dei recettori dopaminergici postsinaptici 49. A basse dosi agiscono invece esclusivamente a livello dei recettori dopaminergici presinaptici, antagonizzando i quali determinano un aumento del rilascio di dopamina, soprattutto a livello del sistema mesocorticolimbico. Come noto, tale sistema è preposto, tra le altre funzioni, anche al controllo del tono dell umore e al miglioramento della cenestesi: pertanto, anche nel paziente oncologico, le benzamidi sostituite sono state recentemente inserite tra gli psicofarmaci usati nei protocolli terapeutici per il miglioramento della qualità della vita 49,

16 R. GV TORTA IL RAZIONALE E LA SCELTA DEGLI ANTIDEPRESSIVI IN ONCOLOGIA L amisulpride è stata proposta in Italia a basse dosi (25-50 mg) ed in monodose mattutina: questo farmaco mostra una rapida azione clinica, favorita dal precoce raggiungimento dello steady state (48-72 ore), con un effetto antidepressivo caratterizzato da miglioramento dei sintomi cenestesici, ripresa della spinta volitiva e recupero del senso di gratificazione, che compaiono già nell arco di alcuni giorni 48. Su 106 pazienti oncologici depressi in terapia con amisulpride, la quota dei soggetti responsivi è stata del 62,7%: tale percentuale, dal punto di vista della riduzione sintomatologica in una popolazione oncologica, assume notevole rilevanza clinica 49. La rapidità della risposta antidepressiva, che compare già nell arco della prima settimana, risulta particolarmente utile nella popolazione oncologica quando si debbano affrontare, in tempi brevi, problemi emozionali a seguito di eventi precipitanti, come la prospettiva di un ulteriore chemioterapia, un secondo intervento chirurgico o una procedura diagnostica invasiva. Con l amisulpride un miglioramento del tono dell umore clinicamente significativo è stato raggiunto dal 41% dei pazienti già entro i primi 7 giorni, da un ulteriore 39% entro la seconda settimana. Un ulteriore vantaggio nel paziente oncologico è che, con l amisulpride, si manifesta un rapido e significativo miglioramento anche dei sintomi somatici della depressione, quali astenia, iporessia, e calo ponderale 49. Il miglioramento della cenestesi e della volizione si accompagna ad un ottima tollerabilità: i due problemi collaterali di maggiore incidenza clinica, l incremento ponderale e la iperprolattinemia, raramente rappresentano un problema nel paziente oncologico. La levosulpiride, pur dimostrando un analogo meccanismo di azione, si dimostra più specifica sul versante dei sintomi somatoformi, anche considerandone il possibile uso parenterale in fiale. Un utilizzo frequente di tale farmaco, specie per via parenterale, è quando si debba affrontare il problema della nausea, ad esempio nelle fasi iniziali di trattamento con inibitori del reuptake della serotonina 7. Per entrambi tali benzamidi sostituite si impongono tuttavia alcune cautele di impiego. In particolare, in età giovanile-adulta e nel sesso femminile, determinano un rapido e talora elevato incremento della prolattinemia (che ovviamente può associarsi a galattorrea e oligoamenorrea): pertanto, se ne sconsiglia l impiego in presenza di anamnesi positiva (in atto o pregressa) per patologie mammarie ormono-dipendenti. L incremento prolattinemico è molto rapido ed elevato, già nell arco di poche settimane. Con il proseguire del trattamento, l iperprolattinemia tende a raggiungere un plateau e può ridursi in parallelo al decremento della posologia 86. All incremento della prolattina si accompagnano, ovviamente, disturbi sessuali, come la riduzione della libido, disturbi erettili e l anorgasmia. L incremento ponderale può essere importante, anche se spesso vantaggioso nel paziente oncologico, ed assume le caratteristiche tipiche dei neurolettici, con incremento dell adipe soprattutto a livello addominale. Nel paziente anziano invece, particolarmente temibile è il blocco D2 postsinaptico che, a seguito della meiopragia dopaminergica correlata all età, può manifestarsi già a basse dosi (25-50 mg per l amisulpride). Nell anziano, quindi, le benzamidi sostituite devono essere usate solo per brevi periodi e sotto attento monitoraggio clinico

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