Pensieri sull educazione ambientale

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1 Ministero dell'istruzione, dell'università e della Ricerca Ufficio Scolastico Regionale ambito territoriale Pistoia Provincia di Pistoia Pensieri sull educazione ambientale Giorgio Nebbia Professore emerito, Università di Bari nebbia@quipo.it Giorgio Nebbia, nato a Bologna nel 1926, laureato in Chimica nel 1949; professore ordinario di Merceologia nella Facoltà di Economia dell Università di Bari dal 1959 al 1995; ora professore emerito; dottore honoris causa in Discipline economiche e sociali, Università del Molise (1997) ; dottore honoris causa in Economia e Commercio,Università di Bari (1998); dottore honoris causa in Economia e Commercio,Università di Foggia (2007). E' stato parlamentare della Sinistra indipendente alla Camera ( ) e al Senato ( ). Giorgio Nebbia ha orientato i suoi studi nel campo della Merceologia verso l analisi del ciclo delle merci. Nel campo dell utilizzazione delle risorse naturali si è dedicato a ricerche sull energia solare, sulla dissalazione delle acque e sul problema dell acqua. Di particolare interesse l archivio sull utilizzazione dell energia solare e sulla dissalazione dell acqua di mare. L archivio contiene documenti, in molti casi unici, sui lavori delle conferenze internazionali e delle commissioni a cui Nebbia ha partecipato. L archivio Giorgio e Gabriella Nebbia è donato al Centro di Storia dell Ambiente promosso dalla Fondazione Luigi Micheletti di Brescia. Sono passati quarant anni da quell aprile 1970 quando l' ecologia è sbarcata anche in Italia come movimento di contestazione e come critica della maniera irrazionale con cui le società industriali --- o meglio, le classi agiate delle società opulente --- sfruttavano e sfruttano le risorse del pianeta; una contestazione del modo in cui sono nate e cresciute le città, caotiche e inquinate, in cui sono stati distorti i cicli naturali nelle coltivazioni agricole e nella zootecnia. La scuola è stata una delle prime sedi disposte ad ascoltare gli "ecologi", in cui sono germogliate speranze di cambiamento, progetti di nuovi modi e stili di vita. I bambini e i ragazzi sono i più disponibili ad immaginare nuovi rapporti con la natura, con gli animali, con il verde e la città, anche se sono poi ben presto esposti ad essere riassorbiti spietatamente dalla società dei consumi e ad essere inquinati dai messaggi pubblicitari. 1

2 In genere finora l'ecologia è entrata nelle scuole, specialmente primarie e secondarie, per iniziativa di alcuni docenti, i più motivati, nella società civile per iniziative di varie associazioni e di vari enti locali. Ma come è possibile evitare proposte melense che svuotano l ecologia dalla sua vera natura di contestazione e di speranza di un mondo diverso? Come è possibile diffondere un nuovo modello di coesistenza degli esseri umani nella natura? L'ecologia, come disciplina scientifica, esiste da oltre un secolo: il termine (da oikos, casa, comunità, cioè discorso sulla casa, sull'ambiente e su chi ci vive) fu usato per la prima volta nel 1866 dal naturalista tedesco Ernst Haeckel per indicare lo studio dei rapporti fra gli esseri viventi e l'ambiente circostante, la "economia della natura". Il concetto di "economia della natura" non era nuovo; era stato il titolo di un libro di Linneo, nel 1700, ma le osservazioni fatte da Darwin nel suo viaggio intorno al mondo, nella prime metà del 1800, avevano offerto ai biologi nuovo materiale di osservazione sui rapporti fra la vita e le sue forme e i caratteri dell'ambiente, in condizioni diversissime da un continente all'altro. L'ecologia è quindi una delle discipline naturalistiche: un biologo e un naturalista per forza si occupano di ecologia e la insegnano quando descrivono e spiegano i rapporti fra piante e terreno, fra pesci e mare, fra foresta e sottobosco, quando parlano dei grandi flussi di materia e di energia dal Sole agli organismi produttori, i vegetali, agli organismi consumatori, gli animali, agli organismi che decompongono la materia e la rimettono in ciclo. Il contenuto rivoluzionario, "sovversivo", come ha scritto l'ecologo Paul Sears, dell'ecologia sta nel fatto che il suo studio ha spinto ad osservare gli effetti che le attività umane avevano sui cicli naturali e a riconoscere le cause dei guasti, degli inquinamenti, dell'erosione del suolo e delle coste, della congestione urbana nella arroganza delle società capitalistiche, nell'avidità del profitto, fine unico dell'economia. Le grandi violenze ecologiche conseguenti l'esplosione delle bombe nucleari, da Hiroshima in avanti, la contaminazione planetaria dovuta all'uso di pesticidi persistenti come il DDT, l'insicurezza delle fabbriche e delle centrali, l incapacità di smaltire le crescenti montagne di rifiuti generati dalla società dei consumi e dello spreco, hanno spinto a interrogarsi sullo stesso "progresso" tecnico quale è stato presentato al mondo da tre secoli a questa parte. Così l'ecologia, partita da puri studi scientifici e biologici, si è andata trasformando nella scienza delle interrelazioni, in un invito alla solidarietà fra tutti gli esseri viventi, esseri umani compresi, con le altre parti della natura animate e inanimate, ha portato strati sempre più vasti di persone a interrogarsi del ruolo degli esseri umani nella natura, sulle cause della rottura dei cicli 2

3 naturali e sul modo in cui è possibile chiuderli di nuovo, secondo la fortunata immagine usata dal biologo americano Barry Commoner nel libro "Il cerchio da chiudere"(garzanti, 1972 e 1986). Quella che interessa diffondere come educazione ambientale è proprio una "ecologia globale" che non corrisponde a nessuna materia o disciplina, che presuppone che ogni docente e ogni persona impegnata nella diffusione della cultura ecologica, dia una lettura e interpretazione ecologica a ciò di cui parla. Siamo di fronte ad uno dei nuovi saperi difficilmente catalogabili e comprimibili in un programma o in un libro di testo, che richiedono un cambiamento di mentalità come quello operato dalla scuola francese delle "Annales nella storia, da intendere come storia delle attività e dei fatti materiali della umanità, o nella geografia intesa proprio come analisi della Terra e delle modificazioni --- ecologiche appunto --- apportate dalle attività umane. Questo "nuovo sapere" deve essere costruito su conoscenze scientifiche e naturalistiche che comprendono il pianeta Terra e i suoi limiti fisici; l'energia fornita dal Sole e la sua circolazione; il ruolo vitale dell'atmosfera e la sua fragilità davanti ai danni apportati dagli inquinamenti industriali e urbani; il suolo, il terreno e il sottosuolo come sedi di attività agricole e umane, come riserve di minerali e combustibili fossili, come ricettacoli di rifiuti; il ruolo delle foreste come depuratori biologici dell'atmosfera; il diboscamento come causa dell'erosione del suolo, di frane e alluvioni, da cui la necessità di conservare e proteggere il patrimonio di boschi e foreste a livello locale e planetario; l'importanza dell'acqua e della sua circolazione; il ruolo del mare come regolatore della temperatura e come sede di giganteschi cicli biologici; i cicli biologici e le interrelazioni fra i viventi, a loro volta legati ai cicli degli elementi carbonio, ossigeno, azoto, fosforo, zolfo; la dinamica delle popolazioni, compresa quella umana, e i problemi di sovrappopolazione; gli effetti della tecnica e delle scelte dell'economia capitalistica sugli equilibri della natura e dell'ambiente; la necessità di conservare certe risorse naturali, vegetali e animali, indipendentemente dal loro valore economico, in quanto "valori" in sé, beni collettivi, della nostra e delle future generazioni. Questi concetti di base possono essere spiegati e sottolineati in tutti i terreni del sapere, usando gli strumenti culturali e conoscitivi delle discipline naturalistiche, prima di tutto, della chimica, dal momento che essa e', in un certo senso, la contabilità, la ragioneria della natura. Una equazione chimica descrive una trasformazione delle molecole e spiega che tutto quello che c'era all'inizio si ritrova alla fine della reazione, secondo l'inviolabile principio di conservazione della materia e spiega quindi perché e come la produzione e l uso delle merci genera ineluttabilmente rifiuti solidi, liquidi, gas che contaminano l atmosfera. 3

4 In particolare nei processi produttivi economici delle materie soggette a trasformazione solo una parte è "materia prima" economica, acquistabile con denaro; per l'economia il resto --- l'aria o l'acqua, pure indispensabili per trasformare la materia prima in merci --- che non costa niente, è come se non esistesse. Per cui di tutta la materia che entra in un ciclo produttivo solo una parte è utile, è merce vendibile per denaro, il resto non si conta, benché i sottoprodotti, i residui di qualsiasi reazione, quelli che non si vendono, siano ancora materia e energia anche se vengono buttati da qualche parte, come residui o rifiuti, nell'aria o nelle acque o nel terreno o nel mare, alterando i cicli biologici --- quando non, addirittura, la stessa salute umana. La cultura merceologica e tecnologica, in quanto ponte fra quella naturalistica e quella economica, possono contribuire ad integrare la descrizione dei processi produttivi con considerazioni sui rifiuti che ciascuno di essi genera e con la spiegazione dei disturbi che l'operazione di "consumo" --- ma più corretto è dire di uso --- delle merci arreca all'ambiente con lo scarico di residui solidi o di liquami o di gas che finiscono nelle acque o nell'atmosfera. Il richiamo a fatti di cui ogni persona è quotidianamente testimone e la relativa spiegazione possono aiutare a... disinquinare gli studenti da quel trionfalismo che porta, nei giornali e nella pubblicità, a considerare i successi della produzione e del consumo tutti belli e positivi, segni delle "magnifiche sorti e progressive", un'espressione che certamente ha contribuito alla diffusione della mentalità tecnocratica moderna. Essenziale ai fini della diffusione di una cultura ecologica è la cultura geografica, la più vicina all'analisi degli effetti delle attività umane sull'ambiente. Non a caso nel 1864, ancora prima che Haeckel coniasse la parola ecologia, il geografo americano George Marsh ha scritto un celebre libro sulle modificazioni apportato alla natura dall'azione dell'uomo, in cui sono esposti gli effetti del diboscamento e delle costruzioni sulla erosione del suolo e delle coste, sulla stabilità dei versanti e sul corso dei fiumi. La cultura geografica spiega utilmente come molte scelte "economiche" comportano uno sfruttamento delle risorse naturali delle parti povere del pianeta, del "sud", per cui il divario fra paesi ricchi, quelli del "Nord", e i paesi poveri, quelli del Sud del mondo, invece di diminuire si allarga continuamente. Ma anche la storia offre molte occasioni per tracciare la storia del territorio e della natura. In molte zone costiere italiane si è diffusa la coltivazione dei pini perché fornivano la resina e il legname necessari alle potenze marinare di Roma, dei bizantini, delle Repubbliche marinare. E ci sarebbe voluta la speculazione edilizia e l'insipienza della nostra generazione per distruggere i residui di questi antichi boschi. Dal Medioevo in avanti la distruzione delle foreste europee si è fatta sempre più rapida per la crescente richiesta di legname sia come materiale 4

5 da costruzione per le navi e gli edifici, sia come combustibile; i boschi sono stati distrutti anche per rendere disponibili nuovi terreni coltivabili per rispondere alla crescente richiesta di cibo a sua volta conseguente il miglioramento del livello di vita e l'aumento della popolazione. E la storia mostra che il taglio dei boschi e' stato responsabile dell'erosione del suolo e delle frane e delle alluvioni sempre più frequenti e sempre più disastrose. A ciò si aggiunge l effetto delle colline e delle montagne con conseguenze negative sociali ed ecologiche, con la nascita di città industriali congestionate e inquinate. Una delle più suggestive sintesi della storia tecnica dell'uomo è offerta dal libro dell'americano Lewis Mumford "Tecnica e cultura" (del 1934, ma tradotto in italiano nel 1962), di cui vorrei raccomandare la lettura. Mumford divide la storia umana in tre tempi: nel periodo"eotecnico", che arriva al 1600 circa, l'uomo usava come fonti di energia il vento e il moto delle acque e come materiale da costruzione il legname, tutte risorse rinnovabili. Nel periodo "paleotecnico", che va dal 1600 ai nostri giorni, l'uomo realizza il suo "progresso" usando ferro, carbone, petrolio, risorse naturali non rinnovabili che vengono sfruttate sconsideratamente, a spese di riserve ogni giorno più povere. E' questo il periodo in cui viviamo, l' "impero del disordine", della sporcizia, dell'inquinamento, dello sfruttamento della natura, dal quale dobbiamo uscire, se vogliamo sopravvivere, dando inizio ad un nuovo periodo, quello "neotecnico", in cui la scienza e la tecnica saranno usate per soddisfare i bisogni - crescenti - di una crescente popolazione umana, attraverso merci, beni, servizi, energia, ma con minori inquinamenti, in un più giusto equilibrio con la natura, in città con dimensioni umane. La società neotecnica è tutta da inventare e non potrà inventarla altro che una nuova generazione di terrestri, liberata da molti dogmi trasmessi dalla nostra attuale educazione, fra cui quello del "dovere" di dominare la natura, ripetuti dal primo racconto della Genesi e poi dai grandi pensatori, come Cartesio e Bacone, anche se quest'ultimo avverte almeno che "alla natura si comanda solo le si ubbidisce". Eppure appare sempre più spesso e più chiaro che, ogni volta che la comunità umana si sforza di dominarla, la natura si ribella e ci travolge. E' la lezione degli ultimi versi della "Ginestra" di Leopardi --- lo ricorda Dario Paccino nel suo bel libro "L'imbroglio ecologico" (1973) --- la pianta umile che proprio alla sua umiltà nei confronti della natura deve la sua grandezza e la sua sopravvivenza. Come si vede la diffusione della cultura ecologica e ambientale investe problemi scientifici, umanistici e morali: è una bellissima avventura veramente interdisciplinare se si vuole insegnare a riconoscere tutti gli aspetti del rapporto fra l'uomo, la natura e l'ambiente. 5

6 Solo insieme, come docenti e come cittadini, possiamo lavorare per proteggere i delicati fili che ci legano a tutti gli altri esseri e a tutte le altre parti della Terra, possiamo ricostruire i valori dell'unità e della solidarietà, gli unici, non quelli del denaro e del profitto, capaci di farci crescere e sopravvivere come animali speciali in questo specialissimo pianeta. 6

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