Cassazione, va rimborsata la protesi se in realtà è un «parrucchino»

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1 Cassazione, va rimborsata la protesi se in realtà è un «parrucchino» di Paola Ferrari Il diritto al consenso informato e alla chiarezza delle informazioni commerciali vale anche nel caso di fornitura di protesi e in particolare per quelle impiantabili. La violazione da parte del venditore comporta, oltre al risarcimento del danno, anche la possibilità di risoluzione del contratto con rimborso delle somme pagate. Risulta, inoltre, in violazione del dovere di buona fede la richiesta di una «clausola di gradimento della protesi» prima di avere effettuato l'intervento. Chi vende una protesi impiantabile ha l'obbligo contrattuale di mostrarla al cliente prima di consegnarla e impiantarla, nonché quello di sottoporre il cliente ai necessari test preventivi per appurare l esistenza di eventuali patologie che potrebbero causare problemi in seguito all applicazione della protesi. Con questa motivazione, la terza sezione civile della Cassazione con sentenza n. 7375/2015 del 13 aprile scorso, ha cassato con rinvio il precedente della corte d Appello di Napoli che aveva respinto le doglianze del paziente. Come si sono svolti i fatti Il cliente si era rivolto a un centro specializzato dove gli avevano promesso il rinfoltimento dei capelli mediante «tecnica non chirurgica e non invasiva utilizzando uno speciale tessuto compatibile con l'epidermide in cui vengono inseriti capelli veri necessari». Contrariamente a quanto promesso, si vide installare «una guaina di plastica munita di capelli finti, in sostanza né più né meno che una parrucca». Inoltre, gli venne fatta firmare prima dell'impianto una «clausola di gradimento», che dichiarava la conformità della protesi stessa a quanto commissionato. Il tribunale di Napoli, in parziale accoglimento della domanda, acclarate le difformità, condannava la società convenuta al pagamento della somma risarcitoria. La corte d'appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale: annullava la condanna della convenuta al pagamento e respingeva anche l appello incidentale del paziente sulle domande non accolte riguardanti in particolare il diritto alla dichiarazione di risoluzione del contratto con conseguente diritto a quanto in precedenza pagato. La protesi fornita al paziente (guaina al posto di impianto dei capelli) costituiva, secondo il paziente, sia la fornitura di un prodotto diverso dall'ordinato, sia una fornitura inadeguata rispetto a quanto promesso. Se fosse stata correttamente presentata non l'avrebbe acquistata e di conseguenza non sarebbe stata installata (e, dunque, i disturbi lamentati non si sarebbero verificati). Adempimento

2 ritenuto ancor più grave visto il tempo trascorso tra la stipula del contratto (ottobre 2000) e l'esecuzione dell'intervento (febbraio 2001). La violazione del dovere di buona fede Il punto focale dell appello incidentale presentato dal paziente, è stato ritenuto dalla Cassazione problema diverso e non dirimente rispetto alla domanda di risoluzione contrattuale e ai conseguenti provvedimenti meramente restitutori. Il punto accolto comporta invece una nuova valutazione da parte della Corte d'appello di Napoli in diversa composizione, che dovrà valutare gravità e importanza degli inadempimenti riscontrati al fine di determinare, ex articolo 1455 del Cc, la risoluzione del contratto, con tutte le conseguenti decisioni di natura restitutoria e risarcitoria. RIPRODUZIONE RISERVATA Cassazione civile sez. III, 24/04/2015 (ud. 19/01/2015, dep.24/04/2015), n LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SPIRITO Angelo - Presidente - Dott. STALLA Giacomo Maria - Consigliere - Dott. RUBINO Lina - Consigliere - Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere - Dott. ROSSETTI Marco - rel. Consigliere - ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: POLICLINICO DI MONZA CASA DI CURA PRIVATA SPA (OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante Dott. V.G.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 146, presso lo studio 1 dell'avvocato SPAZIANI TESTA EZIO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati DANIELE RAITERI, VINCENZO LAMASTRA giusta procura a margine del ricorso; - ricorrente - contro F.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PEZZANA 27, presso lo studio dell'avvocato BALTA RENATO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ALBERTO BOCCHIOLA giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente - e contro P.G., B.T. (OMISSIS), Z. P.L., COMMERCIAL UNION SPA ORA AVIVA ITALIA SPA (OMISSIS), AURORA ASSICURAZIONI SPA ORA UGF ASSICURAZIONI SPA QUALE SOC INCORPORANTE AURORA ASSIC SPA (OMISSIS), ZURICH INSURANCE COMPANY SA (OMISSIS); - intimati - nonchè da: COMMERCIAL UNION SPA ORA AVIVA ITALIA SPA (OMISSIS), in persona del suo Chief Operations Officer pro tempore Sig. D.P. L., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati SALVATORE BARTOLI, FRANCO DUGNI giusta procura a margine del

3 controricorso e ricorso incidentale; - ricorrenti incidentali - contro B.T. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 1, presso lo studio dell'avvocato ANDREA ZINCONE, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente all'incidentale - e contro POLICLINICO DI MONZA CASA DI CURA PRIVATA SPA (OMISSIS), F. A. (OMISSIS), P.G., Z.P. L., AURORA ASSICURAZIONI SPA ORA UGF ASSICURAZIONI SPA QUALE SOC INCORPORANTE AURORA ASSIC SPA (OMISSIS), ZURICH INSURANCE COMPANY SA (OMISSIS); - intimati - nonchè da: UGF ASSICURAZIONI SPA QUALE SOC INCORPORANTE AURORA ASSIC SPA (OMISSIS), in persona del suo procuratore ad negotia dott.ssa G.G., ZURICH INSURANCE COMPANY SA (OMISSIS), in persona del procuratore speciale dott. GA.PI., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA S. COSTANZA 27, presso lo studio dell'avvocato LUCIA MARINI, che le rappresenta e difende unitamente all'avvocato ANGELO PEREGO giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale; - ricorrenti incidentali - contro B.T. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 1, presso lo studio dell'avvocato ANDREA ZINCONE, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente all'incidentale - e contro POLICLINICO DI MONZA CASA DI CURA PRIVATA SPA (OMISSIS), F. A. (OMISSIS), P.G., Z.P. L., COMMERCIAL UNION SPA ORA AVIVA ITALIA SPA (OMISSIS); - intimati - avverso la sentenza n. 1084/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 15/04/2010 R.G.N. 3552/2005; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2015 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI; udito l'avvocato EZIO SPAZIANI TESTA; udito l'avvocato RENATO BALTA; udito l'avvocato SALVATORE BARTOLI; udito l'avvocato ANDREA ZINCONE; udito l'avvocato LUCIA MARINI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi. Fatto SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Il (OMISSIS) B.T. venne operata di protesi d'anca nella clinica gestita dalla società "Policlinico di Monza" s.p.a. (d'ora innanzi, per brevità, "il Policlinico"). Due settimane dopo l'intervento l'arto operato si fratturò. 2. Nel 2002 B.T. ed il marito, Z.P.L., convennero dinanzi al Tribunale di Milano il Policlinico, il chirurgo che eseguì l'intervento ( P.G.) ed il radiologo che fornì al primo le immagini diagnostiche ( F.A.), chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno. A fondamento della domanda gli attori allegarono, tra l'altro, che i sanitari gestirono in modo incongruo il decorso postoperatorio, e sottoposero l'arto operato al cd. "carico" troppo precocemente (là dove la natura dell'intervento avrebbe richiesto una riabilitazione più rallentata), e che tale scelta terapeutica provocò la frattura. 3. Il Policlinico si costituì e, oltre a negare la propria responsabilità, chiamò in causa i propri coassicuratori della responsabilità civile, ovvero la UGF s.p.a. (olim, Aurora s.p.a.) e la Aviva s.p.a. (olim, Commerciai Union s.p.a.). Nel giudizio intervenne volontariamente un terzo coassicuratore del Policlinico, ovvero la Zurich Insurance Company s.a..

4 4. Con sentenza del il Tribunale di Milano accolse sia la domanda principale, sia quella di garanzia proposta dal Policlinico nei confronti dei propri assicuratori. 5. La sentenza del Tribunale venne impugnata in via principale da F.A., ed in via incidentale da tutte le altre parti. La Corte d'appello di Milano, con sentenza n. 1084: (a) confermò la statuizione di condanna nei confronti del Policlinico e del chirurgo, P.G.; (b) rigettò la domanda di condanna proposta nei confronti del radiologo, F.A.; (c) rigettò la domanda di garanzia proposta dal Policlinico nei confronti di tutti i propri assicuratori; (d) rideterminò il quantum debeatur, riducendolo. 6. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione: (-) in via principale dal Policlinico, sulla base di due motivi, articolati in più profili; (-) in via incidentale dalla UGF e dalla Zurich congiuntamente, sulla base di due motivi; (-) in via incidentale, dalla Aviva, sulla base anch'essa di due motivi. Hanno resistito con controricorso F.A. e B.T.. Z.P.L. non si è difeso in questa sede. Diritto MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo del ricorso principale Col primo motivo del ricorso principale il Policlinico sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n Espone, al riguardo, che la Corte d'appello ha rigettato la domanda di garanzia proposta dal Policlinico nei confronti dei propri coassicuratori, sul presupposto che il contratto di assicurazione stipulato tra questi ultimi e il Policlinico prevedesse una clausola cd. "a secondo rischio". In virtù di questa clausola, secondo l'interpretazione della Corte d'appello, l'assicuratore si obbligava a tenere indenne il Policlinico soltanto per la quota di danno non coperta dagli assicuratori personali dei medici operanti all'interno della clinica, e non dipendenti della stessa. Nel caso di specie, tuttavia, questa clausola di limitazione del rischio non poteva operare, in quanto essa poteva produrre i propri effetti nel solo caso in cui il Policlinico fosse stato chiamato a rispondere (ex art o 2049 c.c.) del danno causato dai medici. Solo in questa ipotesi, infatti, poteva concepirsi che la responsabilità del medico autore del danno fosse coperta a primo rischio dalla polizza di quest'ultimo, e per l'eccedenza dalla polizza della clinica. Nel caso di specie, invece, la Corte d'appello aveva affermato che il danno patito da B.T. era dovuto anche ad una responsabilità diretta della clinica: sicché, non potendo l'assicurazione della responsabilità civile del medico coprire questo rischio, l'assicurazione stipulata dalla clinica doveva ritenersi operante "a primo rischio" In ogni caso, soggiunge la ricorrente, il contratto stipulato con le tre società chiamate in causa prevedeva una copertura "a secondo rischio" solo nel caso in cui i medici responsabili del danno avessero una propria copertura assicurativa della responsabilità civile, ipotesi nel caso di specie non provata. Infine, la ricorrente deduce che la clausola di cui si discorre lasciava comunque all'assicurata, anche nel caso di copertura "a secondo rischio", il diritto ad essere indennizzata nella misura del 75% del danno patito dal terzo danneggiato: sicché la sua domanda si sarebbe dovuta accogliere almeno in questa minor misura Così interpretato il contratto di assicurazione, la ricorrente conclude assumendo che la motivazione della sentenza d'appello sia contraddittoria sotto tre profili: (a) sia nella parte in cui ha ritenuto non operante la copertura assicurativa a favore del Policlinico; (b) sia nella parte in cui ha ritenuto dimostrato che P. G., medico responsabile del danno, avesse una sua copertura assicurativa personale; (c) sia nella parte in cui ha negato al Policlinico il diritto ad essere indennizzato quanto meno nella misura del 75% degli esborsi pagati al terzo danneggiato Il motivo è inammissibile in tutti i suoi profili Con riferimento al primo profilo (contraddittorietà della motivazione nella parte in cui ha escluso la copertura assicurativa del Policlinico), non v'è dubbio che la società ricorrente sia nel vero, quando deduce in iure che un'assicurazione "a secondo rischio" è concepibile solo quando il medesimo rischio sia coperto da due contratti di assicurazione: il primo fino ad un valore massimo prestabilito, ed il secondo (quello, appunto, "a secondo rischio") per l'eccedenza. E', altresì, nel vero la società ricorrente quando deduce in iure che il concorso tra una polizza "a primo rischio" ed una "a secondo rischio" non è concepibile tra l'assicurazione con la quale un ospedale assicuri la responsabilità propria per fatto proprio (non per fatto del medico), e quella con la quale un medico assicuri la responsabilità propria, trattandosi di rischi diversi (come già ritenuto da questa Corte: Sez. 3, Sentenza n del ). Nondimeno questa Corte ritiene che la società ricorrente, pur muovendo da un corretto rilievo in iure, non abbia in facto validamente censurato la sentenza impugnata, perché non sembra aver colto correttamente la ratio decidendi posta a fondamento della decisione d'appello. Il Policlinico, infatti, muove dall'assunto:

5 (a) di avere stipulato una polizza a copertura della propria responsabilità civile derivante dall'attività di "esercente interventi chirurgici" (così il ricorso; (b) che si è verificato tale rischio; (c) di avere dunque diritto all'indennizzo, ingiustamente negato dalla Corte d'appello. Tuttavia, dall'esame complessivo della motivazione della sentenza d'appello, si rileva che quest'ultima ha ritenuto sussistere una responsabilità del Policlinico scaturente non già "dall'esecuzione d'un intervento chirurgico", ma dalla difettosa organizzazione dei servizi collaterali erogati ai pazienti, ed in particolare dal funzionamento del gabinetto di radiologia e dal mancato coordinamento di questo con l'attività dei medici (così a pag. 11, secondo capoverso, della motivazione, ove si imputa alla clinica di avere organizzato un servizio di radiologia "non adeguato"; ed a pag. 15, quinto capoverso, ove si afferma che la responsabilità della clinica "prescinde dall'atto chirurgico"). Così interpretata la sentenza d'appello, ne consegue che la motivazione di essa non è affatto contraddittoria: la Corte d'appello, infatti, ha nella sostanza escluso che si fosse avverato il rischio assicurato (ovvero l'insorgere d'una responsabilità dipendente dall'esercizio di attività chirurgica), e di conseguenza rigettato la domanda di garanzia, ritenendo evidentemente che il contratto di assicurazione stipulato dall'ospedale non coprisse la responsabilità di quest'ultimo derivante da deficit organizzativi. Questa statuizione non è stata in alcun modo censurata dalla ricorrente, sicché diventa irrilevante stabilire se la clausola a secondo rischio prevista dalla polizza fosse o meno operativa: infatti, anche ad escludere l'operatività di quella clausola, resterebbe comunque il fatto che, secondo la non censurata valutazione del giudice di merito, il contratto copriva un rischio "A" (responsabilità per danni ai pazienti derivanti da attività chirurgica), mentre si è avverato un rischio "B" (responsabilità per danni ai pazienti derivanti da deficit organizzativi della struttura) Il secondo ed il terzo profilo del primo motivo di ricorso restano assorbiti dalla ritenuta inammissibilità del primo. Infatti la previsione contrattuale d'uno scoperto del 25% stava e cadeva con l'operatività della clausola "a secondo rischio". Sicchè, non essendo operativa, per quanto detto, la clausola "a secondo rischio", nemmeno può venire in rilievo la pretesa del Policlinico di essere indennizzato nella misura del 75% dell'importo pagato ai danneggiati. 2. Il secondo motivo del ricorso principale Col secondo motivo di ricorso la società ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360 c.p.c., n. 3. Si assumono violati gli artt. 162, 1366, 1367 e 1370 c.c.. Espone, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe errato nell'interpretare la clausola "a secondo rischio" presente nel contratto stipulato tra il Policlinico e i suoi coassicuratori della responsabilità civile. L'errore interpretativo sarebbe stato triplice: (a) avere ritenuto che la circostanza che un medico operante nel Policlinico avesse una assicurazione della propria responsabilità civile, fosse di per sé sufficiente a rendere inoperante l'assicurazione stipulata dal Policlinico a copertura della responsabilità propria (e per fatto proprio): tale interpretazione, secondo la ricorrente, violerebbe il canone dell'interpretazione utile, perché il contratto stipulato dal Policlinico non avrebbe in tal caso alcuna utilità; (b) avere interpretato una clausola comunque ambigua in senso favorevole al predisponente, in violazione dell'art c.c Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per le medesime ragioni già indicate al p.1.6.1, e cioè la sua estraneità alla ratio decidendi posta dalla Corte d'appello a fondamento della propria decisione. Come s'è detto, infatti, quest'ultima ha ritenuto la responsabilità del Policlinico derivante da deficit organizzativi non coperta dalla polizza, sul presupposto che questa garantisse soltanto la responsabilità del Policlinico, derivante dall'attività chirurgica. Giusta o sbagliata che fosse tale statuizione, essa come già detto non è stata censurata in questa sede, e rende di conseguenza irrilevante stabilire se sia stata male o bene interpretata la clausola "a secondo rischio", che comunque non ha costituito la ragione sulla quale la Corte d'appello ha fondato la propria statuizione di rigetto della domanda dell'assicurata. 3. I ricorsi incidentali I due ricorsi incidentali proposti dalla Aviva da un lato, e dalla UGF e dalla Zurich dall'altro, pongono identiche questioni, e possono essere esaminati congiuntamente. Tutte e tre le società assicuratrici appena ricordate lamentano che la sentenza impugnata sia affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all'art. 360 c.p.c., n. 3 (si assume violato l'art c.c.); sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5. Espongono, al riguardo, che Tribunale e Corte d'appello, nel liquidare il danno patrimoniale patito da B.T. e consistito nelle spese di cura causate dall'errore medico, non hanno considerato che tali spese erano già state rimborsate a B.T. dal suo assicuratore privato. Tutte e tre le controricorrenti hanno altresì chiesto la condanna di B.T. alla restituzione delle somme ad essa versate in esecuzione della sentenza di primo grado Tutti e due i ricorsi incidentali sono inammissibili, per difetto di interesse.

6 Nella parte in cui si dolgono della sovrastima del danno liquidato a B.T., i ricorsi sono inammissibili perchè il rigetto del ricorso proposto dal Policlinico ha determinato il passaggio in giudicato dell'accertamento di inoperatività del contratto di assicurazione stipulato tra quest'ultimo e le ricorrenti incidentali. Queste ultime pertanto, non essendo debitrici del Policlinico, non hanno interesse a dolersi della stima del danno di cui quest'ultimo deve rispondere. Nella parte, poi, in cui le ricorrenti domandano a questa Corte una pronuncia di condanna, i ricorsi sono inammissibili perchè tale pronuncia è già contenuta nella sentenza d'appello, ai capi (e), (f) e (g) del dispositivo. 4. Le spese. Gli esiti alterni dei gradi di merito, e la oggettiva controvertibilità delle questioni discusse dalle parti costituiscono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese del presente grado di giudizio tra tutte le parti. P.Q.M. la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c.: - dichiara inammissibile il ricorso principale; - dichiara inammissibili i ricorsi incidentali; - compensa integralmente tra tutte le parti le spese del presente grado di giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 19 gennaio Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2015

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