Carlo Nike Bianchi 1, Carla Morri 2

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1 Istituto Italiano di Speleologia Memoria 6, s. II, p (1994) STUDIO BIONOMICO COMPARATIVO DI ALCUNE GROTTE MARINE SOMMERSE: DEFINIZIONE DI UNA SCALA DI CONFINAMENTO Carlo Nike Bianchi 1, Carla Morri 2 Riassunto I gradienti biologici osservabili nelle grotte marine dipendono in larga misura dal grado di confinamento idrologico delle cavità. Dopo un riepilogo del concetto di confinamento, precedentemente applicato soprattutto nel dominio paralico, in questo lavoro viene proposta una scala di confinamento basata sulla zonazione dell'epibenthos sessile, con particolare riguardo a composizione (gruppi trofici e forme di crescita), organizzazione spaziale, ricoprimento totale del substrato. Generalizzando le osservazioni effettuate in diverse grotte di mari italiani e in alcune delle Maldive, vengono identificate 6 zone e di conseguenza 6 gradi di confinamento: 0 (esterno); 1 (ingresso); 2 (inizio del popolamento di grotta vero e proprio); 3 (scomparsa dei filtratori passivi); 4 (scomparsa delle forme massive); 5 (scomparsa delle forme incrostanti a crescita indeterminata); 6 (scomparsa della fauna sessile). Oltre questo valore, non si parla più di grotte marine ma di grotte marginali o grotte anchialine. Abstract A bionomical comparative study of some submerged marine caves: definition of a confinement scale. - Biological gradients in marine caves are largely dependent upon the degree of hydrological confinement of individual cavities. In this paper, the concept of confinement (formerly applied especially to the paralic domain) is summarized, and a confinement scale is proposed, based on the zonation of sessile epibenthos: major attention is paid to its composition (trophic guilds and growth forms), spatial organization, and total cover of the substratum. Generalizing the observations made in a number of caves in Italian seas and some in the Maldives, 6 zones and hence 6 degrees of confinement are identified: 0 (the outside); 1 (the cave entrance); 2 (the beginning of the cave assemblage proper); 3 (disappearance of passive filter-feeders); 4 (disappearance of massive growth-forms); 5 (disappearance of encrusting growth-forms); 6 (disappearance of sessile fauna). Beyond degree 6, there are no marine caves, but rather marginal caves or anchialine caves. Introduzione Le grotte sommerse rappresentano un ambiente ideale per lo studio dell'organizzazione delle comunità marine di fondo duro in condizioni semplificate (OTT e SVOBODA, 1978; RIEDL, 1978). Le ricerche condotte in Mediterraneo sin dal secondo dopoguerra - si vedano ad esempio i lavori di LABOREL e VACELET (1959), di RIEDL (1966), di CATTANEO e PASTORINO (1974), di BIBILONI et alii (1984), e le bibliografie in essi riportate - hanno col tempo portato a ritenere che il principale fattore responsabile della modificazione dei popolamenti all'interno delle grotte sottomarine sia legato alla riduzione quali-quantitativa degli apporti alimentari: l'ipotesi della deplezione trofica (ZABALA et alii, 1989), è stata recentemente corroborata con numerosi dati da FICHEZ (1990, 1991). La deplezione trofica dell'ecosistema di grotta deriva essenzialmente dal gradiente negativo di due fattori fisici: la luce ed il confinamento idrologico. La luce si attenua repentinamente fino ad estinguersi, determinando la scomparsa delle alghe (PÉRÈS e PICARD, 1949; CINELLI et alii, (1) ENEA-CRAM S. Teresa, CP 316, I La Spezia (2) Istituto di Zoologia dell'università, via Balbi 5, I Genova 107

2 e l'inibizione della produzione primaria autoctona. Il confinamento, legato alla riduzione dell'idrodinamismo, rende precario l'apporto di sostanza nutritiva dall'esterno (HARMELIN, 1980; BALDUZZI et alii, 1989). L'importanza dell'estinzione della luce - facilmente riscontrabile alla semplice osservazione diretta - è stata messa in evidenza sin dalle prime ricerche, tanto che PÉRÈS e PICARD (1964), nel loro famoso «Manuel de bionomie bentique», distinguono una «biocoenose des grottes semi- obscures (GSO)» ed una «biocoenose des grottes obscures (GO)». Il riconoscimento del ruolo del confinamento, avvenuto in tempi relativamente più recenti, non ha invece ancora portato ad una denominazione formale di popolamenti o di zone. Scopo di questo lavoro è di verificare se sia possibile riconoscere modalità ricorrenti e generalizzabili di zonazione dell'epibenthos di fondo duro delle grotte sottomarine direttamente correlabili al gradiente di confinamento; in caso affermativo, tali modalità di zonazione saranno utilizzate come elementi di base per mettere a punto una "scala di confinamento" su base bionomica. Il concetto di confinamento Il termine confinamento applicato all'ecologia delle grotte sottomarine è stato usato da Harmelin (1980), in relazione alle differenze riscontrate nel popolamento di grotte oscure a tunnel - e quindi interessate da attiva circolazione idrica - confrontato con quello di grotte oscure a fondo cieco. La nozione di confinamento in ecologia ha però conosciuto una ben più vasta risonanza tra gli studiosi degli ecosistemi paralici. GUELORGET e PERTHUISOT (1983, 1992) definiscono il confinamento in relazione al rinnovamento del mezzo idrico ed al ricambio in «elementi vitali» (oligoelementi, vitamine, ecc.) di origine marina. Come fatto notare da BIANCHI (1985, 1988), il concetto di confinamento è analogo ma di segno contrario a quello di vivificazione, già in uso presso gli ecologi lagunari. Quest'ultimo era stato introdotto da D'ANCONA et alii (1954), con una accezione fondamentalmente idrografica. Nell'impiego successivo, esso è stato poi esteso all'insieme dei fenomeni che determinano la libera circolazione con il mare, ivi compresi gli apporti trofici e floro-faunistici (SACCHI, 1979). L'antitesi tra confinamento e vivificazione può quindi rappresentare una chiave descrittiva della zonazione dei popolamenti in ecosistemi funzionalmente dipendenti dal mare. Una sua recente applicazione formale per l'ecosistema lagunare si può trovare in LARDICCI et alii (1993). Le possibili analogie tra ecosistemi paralici e grotte sottomarine (SACCHI e OCCHIPINTI AMBROGI, 1992) - gli uni e le altre considerabili "satelliti" dell'ambiente marino esterno e da esso dipendenti per la loro vivificazione - ne rendono ipotizzabile l'impiego per le grotte sottomarine. Metodi Come sottolineato da GUELORGET e PERTHUISOT (1983, 1992), il confinamento è una grandezza complessa ed astratta, che non può essere espressa quantitativamente in modo preciso in assenza di un'unità di misura. Gli stessi autori stabiliscono una scala qualitativa basata sulle caratteristiche dei popolamenti del benthos. Anche nel caso delle grotte sottomarine, pertanto, si è tentata la messa a punto di una scala di confinamento attraverso lo studio della zonazione del benthos. Sono stati adottati i metodi fisionomici descritti da BIANCHI et alii (1991), nel corso di immersioni subacquee con autorespiratore ad aria. Per la caratterizzazione dei popolamenti sono stati presi in considerazione, in particolare, tre parametri principali: i) la composizione, con particolare riferimento ai gruppi trofici ed alle forme di crescita dominanti; ii) l'organizzazione spaziale, annotando la presenza o meno di uno strato elevato significativo; iii) il ricoprimento totale del substrato. Le grotte del Bue Marino nell isola di Gorgona Un primo tentativo di mettere in evidenza una scala di confinamento è stato effettuato nel settembre 1989 (rilevamento subacqueo n 5439) alle grotte del Bue Marino nell'isola di Gorgona (Livorno), nell'ambito di una 108

3 ricerca promossa dal Ministero di Grazia e Giustizia (Direzione Generale degli Istituti di Pena) e coordinata dall'icram. Le grotte del Bue Marino sono due gallerie parallele (Fig. 1), ad andamento prevalentemente suborizzontale, che si aprono in calcescisti costituiti da metasedimenti filladico-carbonatici - presumibilmente del Lias-Dogger - con alcuni episodi più decisamente calcarei (CAPPONI et alii, 1990). Le due gallerie sono entrambe a fondo cieco, lunghe tra i 50 ed i 60 m, con una profondità che da circa 6.5 m all'ingresso risale fino a 0 m nel tratto terminale. Le caratteristiche morfologiche delle Grotte del Bue Marino, ed in particolare il fatto che esse abbiano uno sviluppo lineare semplice e che siano a fondo cieco, possono essere considerate condizioni paradigmatiche di confinamento idrologico; anche il fatto che si tratti di due cavità vicine e "gemelle" è apparso vantaggioso per comparare direttamente le zonazioni biologiche osservate. In entrambe le cavità è stato riscontrato un marcato gradiente di diminuzione del ricoprimento dall'esterno verso l'interno. Le zone bionomiche riconosciute su base fisionomica sono state nel complesso 6, indicate qui di seguito con numeri romani. La zona I è costituita dall'ambiente immediatamente esterno alle cavità. A causa della modesta profondità, esso è ben illuminato ed il fondale ghiaioso-sabbioso è parzialmente coperto da una prateria di Posidonia oceanica. Le pareti rocciose presentano i tipici popolamenti algali fotofili della roccia infralitorale, con la facies di modo calmo dominata da Halopteris scoparia. Il ricoprimento è dell'ordine del 100%, lo strato elevato è moderatamente sviluppato. Nella zona II, in corrispondenza dell'ingresso delle grotte (avangrotta), la luce è ridotta ed i popolamenti sono sciafili, ma ancora dominati dalle alghe: si riconosce dapprima un popolamento dominato da rodoficee frondose, con ricoprimento del 100% circa; più oltre il popolamento è dominato da corallinacee incrostanti: il ricoprimento è attorno all'80% e non esiste strato elevato. Nella zona III, poco dopo l'ingresso, le alghe scompaiono completamente ma la situazione di grotta vivificata è testimoniata dalla presenza di filtratori passivi (idroidi), che possono formare un debole strato elevato in un popolamento dominato nel complesso da poriferi, per lo più massivi. Il ricoprimento scende a valori attorno al 40%. Nelle parti più interne delle due cavità scompaiono i filtratori passivi, il popolamento appare rarefatto e dominato da filtratori attivi ciliari. Si possono distinguere, man mano che si penetra verso il fondo di entrambe le grotte, tre ulteriori situazioni. La zona IV costituisce una situazione di confinamento esplicita, seppur ancora moderata: sono ancora dominanti le spugne massive, con diverse specie tra le quali spicca per abbondanza Petrosia ficiformis; il ricoprimento è dell'ordine del 15%. La zona V rappresenta una situazione di grotta molto confinata: vengono meno le spugne massive, e la fauna è dominata da madreporari e spugne incrostanti. Infine nella zona VI, il confinamento raggiunge valori estremi. Scompaiono le spugne e rimangono solo madreporari e serpuloidei; il ricoprimento è non superiore al 5%, e si riduce ulteriormente (2% circa) nella estrema porzione terminale delle due cavità, dove si rinvengono quasi esclusivamente serpuloidei, ed in particolare spirorbidi. Confronto con altre grotte Come già detto, le grotte del Bue Marino possono essere considerate un modello dei gradienti di confinamento che caratterizzano le grotte sottomarine. Le zone definite nelle grotte del Bue Marino sono state pertanto comparate con i popolamenti osservati in altre grotte sommerse - differenti per dimensioni, profondità e topografia - in alcuni settori del Mediterraneo (mar Ligure, mar Tirreno, Sardegna e Canale di Sicilia) ed in una zona extramediterranea (Maldive, oceano Indiano). Grotte mediterranee Grotta del Tinetto (rilevamenti n 1639 e 3340). Si apre nella parete ovest dell'isola del Tinetto, una delle piccole isole del Golfo della Spezia. Una sua breve descrizione può trovarsi in CIGNA (1967). L'ingresso, molto ampio e affiancato da una finestra attraversabile, si trova a 19 m di profondità. Il fondale è 109

4 Fig. 1 - Principali popolamenti biologici nelle Grotte del Bue Marino (isola Gorgona, Livorno) e loro zonazione secondo il gradiente di confinamento. Rilevamento topografico di G.Diviacco. 110

5 dapprima sabbioso - con ripple-marks paralleli all'ingresso - e presenta invece ghiaia e blocchi di frana più all'interno. La parete strapiombante presso l'ingresso presenta un popolamento algale sciafilo con Peyssonnelia che presso l'ingresso lascia il posto a corallinacee incrostanti, corrispondenti rispettivamente alle zone I e II. Nella grotta, il ricoprimento è sin dall'inizio molto inferiore al 100%. Si riconoscono agevolmente una prima fascia popolata da filtratori passivi, assimilabile alla zona III, ed una di spugne (sub)massive con Petrosia ficiformis e Verongia cavernicola, corrispondente alla zona IV. Quest'ultima zona occupa la gran parte della cavità (Fig. 2). Solo nella zona terminale, dove il fondale si fa fangoso, le pareti mostrano un popolamento a spugne incrostanti e Leptopsammia pruvoti riferibile alla zona V. Sono presenti aragoste (Palinurus elephas). grotta oscura e molto confinata, facile a intorbidarsi (l'uscita può risultare difficoltosa). Il popolamento biologico è povero, rappresentato essenzialmente da serpulidi, e pertanto corrisponde quasi tutto alla zona VI. Tra la fauna vagile sono comuni alcuni crostacei: Herbstia condyliata, Homarus gammarus (di media taglia) e, soprattutto, grandi sciami di misidacei (probabilmente Hemimysis speluncola). Fig. 3 - Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta Perora (isola del Tinetto, La Spezia). Fig. 2 - Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta del Tinetto (isola del Tinetto, La Spezia). Rilevamento topografico da Cigna (1967). Grotta Perora (rilevamento n 1639). Si trova poco a sud della precedente, ed ha ingresso di forma triangolare situato a 20 m di profondità e rivolto a 240 N. La grotta è uno stretto cunicolo, terminante in una piccola cella con pilastro centrale (Fig. 3). È una vera Grotta del Castello di Paraggi (rilevamento n 1839). La falesia sottostante il Castello di Paraggi, presso Portofino (Genova), presenta un'ampia spaccatura verticale; in questa, a circa 7 m di profondità, si incunea per 280 N uno stretto cunicolo, terminante in una camera imbutiforme che giunge a circa 15 m (Fig. 4). La parete prima dell'ingresso è caratterizzata da un popolamento ad affinità coralligena, dominato da Eunicella cavolinii (zona I); seguono una stretta fascia con spugne massive, ascidiacei ed idroidi (zona III), una con spugne incrostanti (zona V), mentre la maggior parte della cavità ha pareti quasi nude, con serpulidi (zona VI). Tra la fauna vagile spiccano pesci (Sciaena umbra, Apogon imberbis) e crostacei (Parapandalus narval, Palaemon serratus). 111

6 Fig. 4 - Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta del Castello di Paraggi (promontorio di Portofino, Genova). l'ingresso è popolata da Peyssonnelia ed altre alghe sciafile (zona I), mentre l'arco d'ingresso presenta filtratori passivi (Sertularella gaudichaudi ed altri idroidi) e semi-passivi (il cirripede Balanus perforatus), e corrisponde alla zona III. All'interno, le pareti del «Salone» presentano una fascia inferiore a spugne massive (zona IV), una intermedia dominata da spugne incrostanti cui si aggiungono "stalattiti" di Petrosia ficiformis (zona V), ed una - presso il soffitto - a basso ricoprimento, con solo serpulidi (zona VI). Quest'ultima sfuma nella peculiare situazione del «Lago dei Limoni», che è praticamente privo di fauna sessile e che già prelude alle cosiddette grotte marginali (RIEDL e OZRETIC, 1969). Grotta del Presepe di Paraggi (rilevamento n 1839). Poco lontano dalla precedente, è una piccola cavità che si apre ad una ventina di metri di profondità in una parete popolata da Udotea petiolata ed altre alghe sciafile (zona I). Nonostante la presenza di molto sedimento fine, la maggior parte della grotta non appare confinata ed ospita abbondanti spugne massive di varie specie (zona IV); solo in alcune piccole nicchie terminali si riconoscono popolamenti assimilabili alle zone V e VI. Tra la fauna vagile, spiccano per abbondanza Parapandalus narval, Stenopus spinosus, e Thorogobius ephippiatus. La frequentazione da parte di calamari (Loligo vulgaris) è testimoniata dalla presenza delle tipiche ooteche pendenti dal soffitto. Grotta Marina di Bergeggi (rilevamento n 2838). Si apre nei calcari dolomitici della falesia di Punta delle Grotte, tra Bergeggi e Spotorno (Savona). Essa è nota soprattutto per la vasta parte emersa, agevolmente visitabile. La parte sommersa, sviluppantesi tra la superficie e 7 m di profondità, ha uno sviluppo lineare più limitato, ma presenta una notevole complessità morfologica. La topografia ed il popolamento biologico della Grotta Marina di Bergeggi sono già stati descritti da BIANCHI et alii (1988). La generale struttura a tunnel della grotta non evidenzia un netto gradiente di confinamento: questo si può però riconoscere in senso verticale tra il «Salone» ed il «Lago dei Limoni» (Fig. 5). La parete esterna presso Fig. 5 - Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta Marina di Bergeggi (Savona). Rilevamento topografico da Bianchi et alii (1988). Grotta delle Sirene (rilevamento n 3342). Dista poche centinaia di metri dalla precedente, poco a sud di Punta Predani. VICINO (1981) ne dà una breve descrizione, indicandola come «Caverna Marina» n. 2. È una grotta semisommersa, a fondo cieco, lunga una sessantina di metri e profonda al massimo 3 m (Fig. 6). Sulle rocce ai lati dell'ingresso, rivolto verso 300 N, è presente un popolamento fotofilo caratterizzato dal sovrappascolo ad opera degli echinoidi (zona I). Le alghe frondose sono scarse, rappresentate essenzialmente da Dictyota dichotoma. A circa 15 m dall'ingresso le alghe frondose scompaiono e restano solo le alghe incrostanti (zona II); il ricoprimento scende sotto al 30%, ma sono presenti numerose piccole Leptopsammia pruvoti. Più oltre si identifica una zona con spugne massive: Ircinia sp., Clathrina clathrus, 112

7 Condrosia reniformis, Petrosia ficiformis (zona IV); il ricoprimento è attorno al 10%. La zona successiva è popolata da spugne incrostanti e spugne perforanti (zona V), mentre il tratto terminale, con ricoprimento inferiore al 5%, presenta serpulidi, Vermetus triqueter, Actinia equina, Balanus perforatus, piccole Leptopsammia pruvoti (zona VI). La presenza di molto macrodetrito vegetale consente la colonizzazione da parte di ricci marini (Paracentrotus lividus) fino in fondo alla grotta; altre specie vagili importanti sono Palaemon serratus e sciami di misidacei. della grotta è l'abbondanza e la ricchezza di madrepore: la loro zonazione quantitativa è stata analizzata da MORRI (1992). Fig. 7 - Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta di Punta Falconara (isola Gallinaria, Savona). Rilevamento topografico di G.Diviacco. Fig. 6 - Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta delle Sirene (Bergeggi, Savona). Grotta di Punta Falconara (rilevamento n 4042). Si apre a circa 26 m di profondità sulla falesia all'estremità orientale di Punta Falconara, nell'isola Gallinaria, situata al largo di Alassio (Savona). Ha forma subtriangolare e termina in una piccola camera dalla quale si diparte in direzione ovest uno stretto cunicolo non percorribile (Fig. 7). L'ingresso presenta ampia volta piatta a circa 23 m ed un fondale fangoso in declivio regolare; il ricoprimento è elevato, e da un popolamento di tipo precoralligeno (zona I), si passa rapidamente ad uno dominato da madrepore e da spugne massive, tra cui spiccano Aplysina cavernicola e Petrosia ficiformis (zona IV). Verso l'interno i poriferi si fanno più scarsi (è presente Petrobiona massiliana) ed il popolamento è costituito essenzialmente da Leptopsammia pruvoti e da abbondanti serpulidi, con netta diminuzione del ricoprimento (zona V). Tra la fauna vagile, si possono ricordare Apogon imberbis, Thorogobius ephippiatus, Galathea strigosa, Palinurus elephas. Una peculiarità Grotta 3 dello Scoglio della Cappa (rilevamento n 4640). È una piccola grotta che si sviluppa nel basamento sommerso dello scoglio della Cappa, nella cala dell'allume all'isola del Giglio (Grosseto), su un fondale sabbioso con posidonie ad una dozzina di metri di profondità (Fig. 8). Le pareti rocciose immediatamente esterne (zona I) presentano un ricoprimento sempre prossimo al 100% ed ospitano tipici popolamenti algali infralitorali, dapprima fotofili (Padina pavonica, Halopteris scoparia, Amphiroa rigida), poi via via più sciafili (Codium bursa, Halimeda tuna, Udotea petiolata), fino a trasformarsi in un popolamento ad alghe incrostanti, dominato da Palmophyllum crassum, in corrispondenza degli ingressi (zona II). Penetrando nella grotta, si osservano due brevi fasce in cui il ricoprimento è ancora sufficientemente elevato: la prima, riferibile alla zona III, è dominata da Myriapora truncata, la seconda (zona IV) da vari poriferi, anche massivi (Agelas oroides, Clathrina clathrus, Phorbas tenacior). All'interno, la caduta del ricoprimento è immediata: la maggior parte della camera centrale presenta ricoprimento del 50% ed è caratterizzata da diverse specie di spugne incrostanti, cui si aggiunge qualche esemplare 113

8 Fig. 8 - Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta 3 dello Scoglio della Cappa (isola del Giglio, Grosseto). Rilevamento topografico di M.Alvisi e P.Colantoni. submassivo di Agelas oroides e di Petrosia ficiformis (zona V). Nell'ampia volta a campana della camera (ascrivibile per lo più alla zona VI), il ricoprimento è inferiore al 10% ed è dovuto soprattutto a serpulidi, con grosse Protula tubularia, cui si aggiungono "pseudostalattiti" di Madracis pharensis. Tra la fauna vagile, si possono ricordare Herbstia condyliata e Stenopus spinosus. Grotta di Carabottino (rilevamento n 3739). È un'ampia grotta che si apre tra 14 e 9 m nella falesia verticale sud- orientale dell'isola Tavolara, presso Olbia (Sassari). Nella parte terminale presenta due stretti camini subparalleli che salgono fino a circa 7 m (Fig. 9). Il tetto della grotta è coperto di Leptopsammia pruvoti. Il pavimento roccioso e le pareti della maggior parte della grotta sono popolate da spugne massive (zona IV), tranne che verso il fondo, dove dominano serpulidi e spugne incrostanti (zona V). Nei camini il popolamento appare più rarefatto, con serpulidi (grosse Protula tubularia in 'cordoni') e poche madrepore (zona VI). Le specie più vistose della fauna vagile sono Apogon imberbis e Stenopus spinosus. Fig. 9 - Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta di Carabottino (isola Tavolara, Olbia, Sassari). Grotta della Madonnina (rilevamento n 240). Si apre a circa 16 m di profondità sul lato orientale del promontorio di Capocaccia, presso Alghero (Sassari). È una cavità molto ampia, aperta verso sud-est, con ingresso a tre navate (di cui la centrale, più vasta, si spinge più all'interno), poche salette laterali su due livelli, ed un paio di finestre. Il fondale ha sedimento sabbio-limoso, relativamente scarso, con grossi Cerianthus membranaceus nei diverticoli e nelle salette. Sulle pareti, il ricoprimento è sempre elevato, con ricchissima fauna di poriferi, con molte specie: Axinella verrucosa (dominante), Aplysina cavernicola, Agelas oroides, Acanthella acuta, Dysidea avara, Ircinia sp., Spongia agaricina, Chondrosia reniformis, Petrosia ficiformis. Abbondanti anche i madreporari (soprattutto con Madracis pharensis sulla volta e Polycyathus muellerae sulle pareti), i briozoi eretti (con Myriapora truncata, Carbasea papyracea, Sertella septentrionalis, Smittina cervicornis) e grossi policheti sedentari filtratori (Spirographis spallanzanii, Bispira volutacornis, Filograna implexa). Nel complesso, la stragrande maggioranza della grotta è ascrivibile alle zone III e IV: porzioni più confinate sono limitate a piccole nicchie laterali. Anche la fauna vagile è ricca: tra i pesci, sono frequenti Phycis phycis, Apogon imberbis, Thorogobius ephippiatus. Grotta della Cala di Mitigliano (rilevamento n 1982). È una lunga cavità a fondo cieco che si apre a circa 16 m di profondità e si addentra per oltre 80 m nella roccia della Cala di Mitigliano, presso Punta Campanella, nella penisola sorrentina (Napoli). Il suo popolamento biologico è stato studiato in grande dettaglio in numerosi lavori, 114

9 sintetizzati e discussi da BALDUZZI et alii (1989). Sulle pareti davanti all'ingresso (zona I) si instaura un popolamento molto ricco di tipo 'precoralligeno'. Dopo una breve fascia a cavallo dell'ingresso (zona II), le alghe ed i loro epifiti scompaiono ed il ricoprimento cade a valori inferiori al 40%, pur essendo ancora presenti numerosi idroidi e qualche spugna massiva (zona III). Una ulteriore riduzione del ricoprimento e della presenza di forme massive si osserva nella seconda metà della camera principale della grotta (zona IV). Il ricoprimento scende mediamente sotto il 20% verso il fondo di tale camera, dove dominano spugne incrostanti (tra cui Aptos aptos), e nel successivo cunicolo, popolato da briozoi incrostanti (Celleporina caminata, Diaperoecia indistincta), riferibili alla zona V. Nella camera terminale, il ricoprimento è attorno al 5% o anche meno, ed il popolamento è rappresentato essenzialmente da serpuloidei (zona VI). Analoga zonazione si osserva risalendo i brevi camini (terminanti con campane d'aria) presenti nella volta (Fig. 10). Grotta Cattedrale 1 di Capo Palinuro (rilevamento n 1741). Si apre verso sud-ovest nella Cala del Salvatore, presso Capo Palinuro (Salerno). È immediatamente confinata, ed il ricoprimento scende a meno del 10% già poco dopo l'ingresso. La grotta comprende una camera iniziale a circa 16 m di profondità, con facies di Myriapora truncata e varie spugne massive (zona IV). A questa segue un cunicolo che porta a due camere con diverse formazioni speleogene (stalattiti, cortine stalattitiche, cascate fossili, concrezioni varie). Il popolamento è rappresentato da poche spugne (Petrobiona massiliana, Petrosia ficiformis) e da serpulidi (zona V). Un lago interno, a 0 m di profondità, è molto confinato, con pressocché solo serpulidi (zona VI). La fauna vagile è rappresentata da Palaemon serratus. Grotta degli Occhi (rilevamento n 1841). Anche questa si trova a Palinuro, presso Punta Mammone. Comprende un cunicolo a circa 15 m di profondità, rivolto a 330 N circa, ed un'ampia camera sovrastante con due grandi finestre rotonde affiancate, che guardano a 270 N circa. Il gradiente di confinamento è completo, giungendo fino alla situazione della zona VI in una vasta nicchia subterminale, con solo serpulidi, e nel lago interno, il cui bagnasciuga è popolato da Chthamalus stellatus ipobionte, tipico di grotta (BIANCHI et alii, 1988). Solo nella camera si trovano situazioni ascrivibili alla zona III (presso le finestre, con Astroides calycularis sulla volta) e alla zona IV (più verso l'interno, con molta Ircinia pipetta nelle aree suborizzontali). Grotta delle Corvine (rilevamento n 1941). Si apre nella parete meridionale di Capo Spartivento, sempre presso Palinuro. Si presenta come un grande camino ascendente con base a circa 22 m, che giunge ad un lago interno con campana d'aria e formazioni stalattitiche ancora attive. Ha una condotta laterale in leggera discesa, con uscita a 8 m e rivolta, così come l'ingresso profondo, a circa 200 N. Davanti all'ingresso (zona I) c'è un popolamento di alghe fotofile di modo calmo (facies a Halopteris scoparia). Il confinamento è accentuato subito dopo l'ingresso: il ricoprimento è assai basso, dovuto solo a forme incrostanti, ed il popolamento è molto povero, nonostante l'abbon- Fig Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta della Cala di Mitigliano (penisola Sorrentina, Napoli). Rilevamento topografico da Balduzzi et alii (1989). 115

10 danza locale di Leptopsammia pruvoti (sotto terrazzini rocciosi a vari livelli sulla parete opposta all'apertura); la maggior parte della grotta è ascrivibile alla zona V. Grotta del Presepe di Capo Palinuro (rilevamento n 2041). Si apre a meno di 5 m di profondità per 180 N sul lato sudorientale del Promontorio di Capo Palinuro, poco a nord dell'isolotto Il Coniglio. È un passaggio orizzontale abbastanza lungo ma basso, con uno o due pilastri eccentrici, seguito verso levante da due camere allungate in successione, terminanti infine in un lago terminale con concrezionamento stalattostalagmitico ancora molto attivo: una serie di belle stalagmiti costituiscono il "presepe". Sulla falesia esterna c'è un popolamento algale fotofilo dominato da Dictyota dichotoma (zona I) fino a circa 10 m, mentre più in profondità (fino a circa 20 m) si riconosce un "precoralligeno" con Eunicella cavolinii e Halocynthia papillosa. All'ingresso della grotta (zona II) c'è una breve fascia a rodoficee incrostanti, cui segue un tetto ad Astroides calycularis e poi una parete a Myriapora truncata, ascrivibili nel complesso alla zona III. Dopo una curva a gomito, si ha una brusca caduta del ricoprimento, che scende sotto al 20% (zona V), e si passa rapidamente alla situazione di roccia quasi nuda (zona VI) che caratterizza la camera del presepe. Grotta Azzurra di Capo Palinuro (rilevamenti n 1541, 1641, 2141, 2241 e 2341). È una grotta di grandi dimensioni, sviluppantesi tra la superficie (comprende anche una parte emersa) e 33 m di profondità (Fig. 11). Ha forma di vasto tunnel che traversa Punta della Quaglia (nella parte settentrionale del promontorio di Capo Palinuro), con un'ampia camera laterale detta «Sala della Neve». Questo nome deriva dalla vistosa flocculazione di biomassa batterica, di colore bianco, che si produce grazie alla presenza di risorgenze di acque sulfuree. È stato ipotizzato (ABBIATI et alii, 1992) che tale biomassa batterica costituisca una fonte di cibo autoctona supplementare, il che spiegherebbe l'elevata biomassa e l'inusuale ricchezza faunistica di questa grotta: vengono così a mancare i gradienti bionomici legati alla deplezione trofica. Dal punto di vista del Fig Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grotta Azzurra di Capo Palinuro (Salerno). Rilevamento topografico di M.Alvisi, F.Barbieri, R.Bruni, F.Cinelli, P.Colantoni, G.Grandi e P.Moltoni. gradiente di confinamento, è comunque riconoscibile la zonazione usuale. All'esterno (zona I), si ha un popolamento algale fotofilo, dominato da Dictyota dichotoma, che sfuma gradualmente in uno via via più sciafilo, dominato da Peyssonnelia sp. Segue una fascia (zona II) con corallinacee incrostanti, briozoi (Myriapora truncata), ascidiacei coloniali (Didemnum candidum, Polysyncraton lacazei), e qualche porifero. Le pareti del tunnel sono colonizzate da un ricchissimo popolamento, ascrivibile alla zona III, a filtratori passivi (Eunicella cavolinii, Eudendrium sp.), cui si accompagnano madreporari (Astroides calycularis), poriferi massivi (Agelas oroides, Petrosia ficiformis, Chondrosia reniformis, Axinella cannabina), ascidiacei (Clavelina lepadiformis), briozoi eretti (Sertella septentrionalis, Adeonella calveti, Hornera frondiculata), e numerosi altri organismi. La Sala della Neve è nel complesso ascrivibile alla zona IV: presenta dominanza di poriferi massivi - con esemplari enormi di Geodia cydonium - cui si aggiungono madreporari (Astroides calycularis, Leptopsammia 116

11 pruvoti, Polycyathus muellerae), ed altri. Una peculiarità di questa zona è anche la presenza di una cospicua comunità sui sedimenti fangosi del fondale, in contrasto con l'usuale povertà biologica dei pavimenti delle grotte (MONTEIRO-MARQUES, 1981): si rinvengono sia filtratori (Pinna nobilis, Sabella pavonina, Antedon mediterranea) sia detritivori (Ophioderma longicaudum). Le aree con popolamento di grotta confinata, dominato da poriferi incrostanti (zona V), sono nel complesso scarse e marginali. Un popolamento a basso ricoprimento biologico, composto quasi esclusivamente da serpulidi e riferibile alla zona VI, si rinviene solo nel tratto terminale di un diverticolo della parete opposta alla Sala della Neve. Grottina di Scauri (rilevamento n 4442) - Si tratta di un piccolo anfratto, rivolto a 120 N, alla base della falesia (circa 2 m di profondità) nella caletta a ovest del porto di Scauri, nell'isola di Pantelleria (Trapani). Il popolamento antistante (zona I) è algale fotofilo (Padina pavonica, Halopteris scoparia, Corallina elongata). All'ingresso (zona II) si ha un tappeto di alghe sciafile incrostanti, sia rodofite (Pseudolitophyllum cabiochae, ed altre) sia clorofite (Palmophyllum crassum). Sulla volta si ha una fascia ad Astroides calycularis, assimilabile alla zona III, cui poi segue una paretina (zona IV) con forme massive (Agelas oroides) ed erette (Myriapora truncata). Il fondo della grotta (zona V) è caratterizzato da spugne incrostanti e grosse Protula tubularia (Fig. 12). Fig Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nella Grottina di Scauri (isola di Pantelleria, Trapani). Grotte extramediterranee L'opportunità di esaminare la zonazione biologica - in termini di confinamento - di grotte marine al di fuori del Mediterraneo si è avuta nell'ambito del «Corso di Ecologia Marina Tropicale» organizzato dall'i.s.s.d. (International School for Scientific Diving, Pisa) alle Maldive, nell'oceano Indiano. In particolare, sono state esplorate alcune cavità sommerse nell'atollo Felidhe (o Felidu, o Vaavu). Una recente descrizione delle formazioni coralline maldiviane si può trovare in Ciarapica e Passeri (1993). Le cavità esplorate si trovano sulla parete esterna dell'atollo, rivolta verso l'oceano, e sono abbastanza simili tra loro per morfologia ed origine: tutte hanno forma a cuneo e sono probabilmente legate alla presenza di antiche linee di riva; solo in pochi casi hanno strutture più complesse, con sviluppo su vari livelli e cunicoli, tunnel intercomunicanti o finestre. Alcune caratteristiche bionomiche generali riguardano una più marcata penetrazione verso l'interno delle zone I e II, ed il notevole sviluppo della zona III, caratterizzata da elevata biomassa e grande taglia dei filtratori passivi. Tali caratteristiche sono dovute verosimilmente all'intenso idrodinamismo, legato alle correnti monsoniche, ed alla grande trasparenza delle acque. Reiswig (1981) ha osservato che, nelle scogliere coralline, le quantità di particellato organico in grotta non differiscono da quelle all'esterno. Inoltre, la presenza sul pavimento delle grotte di sabbia corallina bianca e riflettente, permette la colonizzazione algale (da parte di specie sciafile, soprattutto corallinacee incrostanti) fin molto all'interno, in ambienti che sono peraltro ascrivibili alla zona IV. Tutto ciò comporta che, a parità di grado di confinamento, la deplezione trofica appaia minore che in Mediterraneo. Un precedente confronto tra la zonazione del benthos nelle grotte mediterranee e in quelle della scogliera corallina dell'oceano Indiano è stato fatto da Vasseur (1962, 1974); Vacelet (1978) ha comparato le caratteristiche dei popolamenti delle grotte sottomarine oscure mediterranee e tropicali, con riguardo ai poriferi. Le analogie di struttura e composizione dei popolamenti in grotte mediterranee e tropicali sono brevemente ripresi da Harmelin et alii (1985). 117

12 Grotte di Miyaru (rilevamento n 543). La grotta esplorata si trova a 17 m ed è rivolta verso est (Fig. 13). Il pendio corallino all'esterno (zona I) è dominato da coralli misti, con dominanza di piccole Acropora tabulari. In prossimità dell'ingresso (zona II) si passa a popolamenti a coralli foliacei (Pachyseris speciosa ed altri) sul pavimento o a Dendrophyllia micranthus sulla volta. A questi segue un'ampia fascia (zona III) con grandi filtratori passivi (Antipathes, Subergorgia), mentre il fondo della grotta (zona IV) presenta un popolamento dominato da alghe corallinacee, spugne e piccole madrepore (Tubastraea). Fig Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nelle Grotte di Farukolhu (atollo Felidhe, Maldive). Fig Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nelle Grotte di Miyaru (atollo Felidhe, Maldive). Grotte di Farukolhu (rilevamento n 943). Sulla falesia corallina si osservano livelli di piccole grotte a 28 e 36 m di profondità, con apertura verso nord-est. La grotta esplorata si trova a 36 m (Fig. 14). Il popolamento esterno (zona I) è caratterizzato da varie specie di cnidari eretti plantotrofici: Dendrophyllia micranthus, Juncella sp., Cirrhipathes anguina, qualche gorgonia a ventaglio; a questi si aggiungono crinoidi in grande numero. L'ingresso (zona II) è popolata da piccole colonie di Tubastraea, mentre poco più all'interno (zona III) si rinvengono Aqabaria splendens (sulla volta e le pareti) e Juncella (sul pavimento). Il fondo della grotta è popolato da corallinacee incrostanti e poriferi massivi, ed è ascrivibile alla zona IV. Grotte di Maafunkoa (rilevamento n 1243). Anche in questo caso si possono distinguere più livelli di grotte, ed in particolare a 8, 13, 19 e 23 m di profondità, tutte esposte all'incirca verso sud-est. Le grotte a 13 e 19 m sono forse in connessione, ma non sono stati trovati passaggi praticabili. La grotta esplorata si apre a 19 m, ma all'interno il pavimento risale gradualmente fino a 14 m (Fig. 15). Immediatamente all'esterno si trova uno strapiombo con varie forme sciafile: Dendrophyllia micranthus, Tubastraea, Cirrhipathes anguina, Halimeda (zona I). In corrispondenza dell'ingresso (zona II) si osservano coralli cuoiosi (Sinularia, Sarcophyton) e coralli duri foliacei (probabilmente Pachyseris speciosa). Nella prima camera della grotta, piuttosto ampia, c'è un ricco popolamento di antipatari e gorgonie (zona III). Verso il fondo della camera si osservano corallinacee incrostanti e poriferi massivi (zona IV). Segue poi un breve e basso passaggio (zona V), con varia fauna incrostante, che porta ad una piccola camera terminale, con roccia quasi nuda (zona VI) e numerosissima fauna vagile: aragoste (Panulirus) e pesci (Parapriacanthus guentheri, Pempheris vanicolensis). Grotte di Foththeyo Hurahu (rilevamento n 1643). La scogliera corallina esterna tra 15 e 40 m di profondità è una falesia verticale che presenta molti livelli di grotte, anche complesse, alcune passanti. I maggiori sistemi di grotte si trovano a circa 40 m, prima della piana corallina, e a circa 25 m. Il popolamento esterno (zona I) comprende Dendrophyllia micranthus, Juncella, Dendronephthya klunzingeri e grandi Subergorgia hicksoni. Le grotte presentano i popolamenti usuali: l'unica peculiarità è la presenza di una facies molto sviluppata a 118

13 Scleronephthya corymbosa poco dopo l'ingresso, in corrispondenza della zona III, e che nel caso di grotte a tunnel, occupa gran parte delle cavità. Fig Zonazione biologica secondo il gradiente di confinamento nelle Grotte di Maafunkoa (atollo Felidhe, Maldive). Generalizzazione delle scala di confinamento Le osservazioni effettuate in varie grotte hanno sostanzialmente confermato la validità della zonazione vista nelle grotte del Bue Marino. È quindi possibile generalizzare le 6 zone identificate, e darne una definizione più generale. La zona I corrisponde di fatto alla 'periferia' dell'ecosistema di grotta, costituita da quelle porzioni di popolamento esterno, poco o nulla modificato, che si ritrovano nei pressi dell'ingresso. A seconda della profondità a cui si apre la grotta e della topografia locale, può comprendere biocenosi fotofile o sciafile. Si tratta tipicamente di un popolamento pluristratificato, ad alto ricoprimento. La zona II è l'avangrotta, e si localizza generalmente in corrispondenza dell'ingresso della cavità. Rappresenta una sensibile semplificazione - soprattutto in termini di minor complessità strutturale spaziale, mentre il ricoprimento può rimanere ancora elevato - del popolamento della zona I, pur essendovi ancora apparentato bionomicamente: ciò significa, in pratica, che non è ancora riconoscibile una vera e propria fisionomia "di grotta". In alcuni casi può essere considerata una semplice enclave (sensu PÉRÈS e PICARD, 1964) di biocenosi altrimenti più profonde. In zona III, il popolamento ha ormai la tipica fisionomia di grotta, ed appare sensibilmente differente da quello esterno per composizione e per organizzazione spaziale. Il ricambio idrico è però ancora elevato, e non è possibile riconoscere gli effetti del confinamento: si parla di grotta vivificata. Gli elementi più caratteristici sono i filtratori passivi eretti (idroidi, ottocoralli, ecc.) che dominano su - o comunque si sovrappongono a - un popolamento costituito per lo più da forme massive, con poriferi, ascidiacei, lamellibranchi. Segni di confinamento si riconoscono con chiarezza nella zona IV, o grotta confinata, dove tipicamente - ma non necessariamente - il ricoprimento diminuisce. I filtratori passivi sono assenti e manca completamente uno strato elevato; i principali occupatori del substrato sono poriferi massivi o submassivi. Le parti di grotta molto confinate corrispondono alla zona V: il ricoprimento è sempre molto inferiore al 100% ed il popolamento si presenta come un singolo strato sottile di organismi per lo più incrostanti (poriferi, briozoi, serpulidi). All'aumentare del confinamento si realizza la condizione di grotta estrema corrispondente alla zona VI: il ricoprimento è inferiore al 10% ed il popolamento è estremamente rarefatto, composto quasi esclusivamente da serpuloidei. I limiti topografici generali delle 6 zone possono a loro volta essere usati come "gradi" di confinamento, e ne forniscono quindi una misura. Il grado di confinamento 0 corrisponde all'ambiente esterno, e si situa a monte della zona I. Il grado 1 corrisponde alla transizione tra zona I e zona II ed è marcato dalla semplificazione del popolamento, soprattutto a carico del suo strato elevato. Il grado 2 (tra zona II e zona III) corrisponde alla radicale modificazione del popolamento, che comincia ad assumere un'inequivocabile fisionomia di grotta. Il grado 3 (tra zona III e zona IV) corrisponde essenzialmente alla scomparsa - o severa riduzione - dei filtratori passivi, segnatamente di quelli eretti. Il grado 4 (tra zona IV e zona V) è marcato dalla scomparsa - o severa riduzione - delle forme massive. Il grado 5 (tra zona V e zona VI) è 119

14 marcato dalla scomparsa delle forme incrostanti a crescita indeterminata (gli «indeterminate sheets» di CONNELL e KEOUGH, 1985). Il grado 6, infine, corrisponde alla scomparsa della fauna sessile: al di là di questo grado di confinamento si perviene alla condizione di quelle che vengono chiamate grotte marginali (RIEDL e OZRETIC, 1969) o grotte anchialine (ILIFFE, 1987, 1991), caratterizzate dalla mancanza di comunicazione con il mare e dalla totale assenza di fauna sessile. Considerazioni conclusive I popolamenti biologici delle grotte qui discusse sono apparsi quanto mai vari e diversificati tra loro, soprattutto per composizione floro-faunistica. Molte di queste differenze sono collegabili a fattori biogeografici, e non solo - come è ovvio - qualora si confrontino grotte mediterranee e grotte extramediterranee, ma anche all'interno del Mediterraneo stesso: Astroides calycularis, ad esempio, è un importante costituente dei popolamenti delle grotte del Mediterraneo sud-occidentale, ma manca completamente in mar Ligure e nell'alto Tirreno (BIANCHI e MORRI, 1994). Pur nella varietà di situazioni biologiche riscontrabili, tuttavia, è stato sempre possibile riconoscere una stessa modalità di zonazione sulla base delle strategie trofiche, delle forme di crescita dominanti, e del ricoprimento totale. Tale zonazione è apparsa efficacemente correlabile al confinamento idrologico e quindi utile per la costruzione di una scala qualitativa atta a misurarlo. Tale scala di confinamento si basa esclusivamente sulla componente sessile. La presenza di popolazioni, talvolta numericamente consistenti, di una fauna vagile più o meno spiccatamente troglofila (soprattutto crostacei e pesci), può complicare lo schema bionomico di base, determinando in certi casi condizioni locali di deplezione trofica attenuata (anche se il confinamento idrologico in senso stretto rimane invariato): infatti, gli organismi vagili, grazie alle migrazioni esterno-interno che essi compiono spesso con ritmo nictemerale, rappresentano un'importante via di importazione di sostanza organica dall'esterno (BIANCHI et alii, 1988). La fauna vagile più minuta, come ad esempio i misidacei, possono rappresentare prede per i carnivori sessili, come certi antozoi: è da notare, ad esempio, che i madreporari non presentano quasi mai una zonazione ben definita. I grossi carnivori vagili, che si alimentano all'esterno, con i loro prodotti metabolici aumentano il carico trofico interno, sia direttamente, sia sostenendo la biomassa dei batteri demolitori: diversi filtratori ciliari di grotta si nutrono di batteri (RIEDL, 1966), e molti invertebrati possono addirittura assorbire sostanza organica disciolta (WEST et alii, 1977). Lo schema di zonazione descritto non corrisponde, se non in parte, alla classica suddivisione dei popolamenti di grotta in due biocenosi-tipo: delle «grotte semioscure» (GSO) e delle «grotte oscure» (GO). Già HARMELIN et alii (1985), che pure inquadrano i popolamenti di grotta nell'ambito della dicotomia semioscura/oscura, distinguono quattro zone all'interno delle grotte oscure (le ultime due farebbero già parte delle grotte anchialine): zona 1, con ricoprimento tra 50 e 80 %; zona 2, con ricoprimento tra 10 e 40 %; zona 3, con solo piccoli esemplari sparsi di spugne e serpulidi; zona 4, totalmente priva di fauna sessile. Si può osservare che se a queste quattro zone si aggiungono l'esterno e la grotta semioscura, si ottengono in totale sei zone che sono in parte sovrapponibili ad alcune di quelle proposte nel presente lavoro. Nelle grotte a fondo cieco, anche RIEDL (1966) distingue sei zone faunistiche, basandosi soprattutto - ma non esclusivamente - sulla zonazione delle specie di alghe e idroidi: I) fitale sciafilo (Phytal- Schattengebiet); II) ingresso (Höhlen- Eingangsgebiet); III) zona anteriore (vordere Bestandsgebiete); IV) zona centrale (zentrale Bestandsgebiete); V) zona posteriore (hintere Bestandsgebiete ); VI) "quarto vuoto" (das "leere Viertel"). Come si può notare, anche in questo caso vi è una qualche corrispondenza tra zone faunistiche e zone di confinamento. Infine, anche negli ecosistemi paralici, dove - come più sopra ricordato - il concetto di confinamento è stato maggiormente sviluppato, GUELORGET e PERTHUISOT (1983, 1992) propongono una scala di confinamento basata su sei zone. Queste riguardano, in particolare, il cosiddetto "paralico vicino": al di là della zona VI inizia 120

15 invece il "paralico lontano", che non mantiene più rapporti funzionali con l'ambiente marino. Si può ricordare che - in modo del tutto analogo - nel presente lavoro le sei zone proposte riguardano le grotte marine in senso stretto, e che al di là della zona VI inizia l'ambiente delle grotte marginali (RIEDL e OZRETIC, 1969) o anchialine (ILIFFE, 1987, 1991). L'intuizione di potenziali analogie tra grotte marine e dominio paralico si può già trovare in SACCHI e OCCHIPINTI AMBROGI (1992): tra i caratteri bionomici comuni ai due ambienti, vi sono la rarefazione e scomparsa degli organismi reofili, e lo stabilirsi di comunità almeno temporaneamente capaci di adattarsi a condizioni di anaerobiosi. Come sottolineato da GUELORGET e PERTHUISOT (1983), il gradiente di confinamento è fondamentalmente lo stesso indipendentemente dalle dimensioni del bacino paralico: l'esempio della minuscola cavità qui descritta come Grottina di Scauri (Fig. 12) sembra dimostrare che la stessa affermazione è valida per le grotte marine. Tra le caratteristiche più tipiche delle comunità di grotta, HARMELIN et alii (1985) mettono in evidenza la capacità, da parte delle specie costituenti, di accumulare riserve, di crescere in maniera indeterminata, di sostentarsi a lungo in un equilibrio aleatorio: infatti, un periodo prolungato di penuria alimentare, o al contrario un flusso di nutrienti più ricco del normale, possono comportare modifiche profonde con estinzioni locali. Si ritrova qui pienamente il concetto di «climax preletale» sviluppato da PETIT (1962) negli ambienti lagunari. Le analogie tra grotte marine e dominio paralico, comunque, si fermano a questi aspetti di selezione ed organizzazione delle comunità. Non sono invece possibili confronti dei due ecosistemi a livello funzionale: non va infatti dimenticato che, mentre il dominio paralico comprende gli ecosistemi tra i più produttivi della biosfera (ODUM, 1959), le grotte marine sommerse subiscono tutte una deplezione trofica più o meno severa, a causa in primo luogo della scomparsa dei produttori primari. Ringraziamenti M. ALVISI (Bologna) e G. DIVIACCO (Roma) hanno messo a disposizione i loro rilevamenti topografici, in qualche caso inediti, di alcune delle grotte discusse in questo lavoro. La Direzione dell'istituto di Pena dell'isola di Gorgona (Livorno) ha permesso la permanenza sull'isola e le immersioni alle grotte del Bue Marino. L'appoggio logistico per le immersioni nelle grotte di Capo Palinuro è stato fornito dal Centro Pesciolino Sub, quello per le immersioni a Pantelleria ed alle Maldive dalla Società Vacanze. F. CINELLI, P. COLANTONI, e F. DE STROBEL (I.S.S.D.) sono stati prodighi di informazioni e suggerimenti. I Carabinieri Subacquei del Nucleo di Genova-Voltri hanno garantito assistenza subacquea e di superficie in molte occasioni. Un grazie, infine, ai tanti amici e colleghi che ci hanno affiancato nel corso delle immersioni subacquee. Bibliografia ABBIATI M., AIROLDI L., ALVISI M., BIANCHI C.N., CINELLI F., COLANTONI P. e MORRI C., Preliminary observations on benthic communities in a submarine cave influenced by hydrothermal springs. Rapp. Comm. int. Mer Médit., 33: 25. BALDUZZI A., BIANCHI C.N., BOERO F., CATTANEO VIETTI R., PANSINI M. e SARÀ M., The suspension-feeder communities of a Mediterranean sea cave. In: J.D.Ros (Ed.), Topics in marine biology. Scient. Mar., 53 (2-3): BIANCHI C.N., Pour une bionomie des lagunes côtières méditerranéennes. Rapp. Comm. int. Mer Médit., 29 (4): BIANCHI C.N., Tipologia ecologica delle lagune costiere italiane. In: G.Carrada, F.Cicogna & E.Fresi (Eds.), Le lagune costiere: ricerca e gestione. CLEM, Massa Lubrense (Napoli): BIANCHI C.N., CEVASCO M.G., DIVIACCO G. e MORRI C., Primi risultati di una ricerca ecologica sulla grotta marina di Bergeggi (Savona). Boll. Mus. Ist. biol. Univ. Genova, 52 suppl. (1986): BIANCHI C.N., COCITO S., MORRI C. e SGORBINI S., Rilevamento bionomico subacqueo. In: M.Abbiati (Ed.), Lezioni del corso formativo per ricercatore scientifico subacqueo. International School for Scientific Diving, Pisa: BIANCHI C.N. e MORRI C., Southern species in the Ligurian sea (northern Mediterranean): new records and a review. Boll. Mus. Ist. biol. Univ. Genova, 58/59 ( ): in stampa. BIBILONI M.A., GILI J.M. e ROS J., Les coves submarines de les illes Medes. In: J.Ros, I.Olivella & J.M.Gili (Eds.), Els sistemes naturals de les illes Medes. Institut d'estudis Catalans, Barcelona: CATTANEO R. e PASTORINO M.V., Popolamenti algali e fauna bentonica nelle cavità naturali della 121

16 regione litorale mediterranea. Rass. speleol. it., 12: CIARAPICA G. e PASSERI L., An overview of the Maldivian coral reefs in Felidu and North Malé Atoll (Indian Ocean): platform drowning by ecological crises. Facies, Erlangen, 28: CIGNA A.A., Ricerche speleologiche nelle isole Palmaria, del Tino e del Tinetto. Rass. speleol. it., 8: CINELLI F., FRESI E., MAZZELLA L., PANSINI M., PRONZATO R. e SVOBODA A., Distribution of benthic phyto- and zoocoenoses along a light gradient in a superficial marine cave. In: B.F.Keegan, P.O'Céidigh & P.J.S.Boaden (Eds.), Biology of benthic organisms. Pergamon Press, Oxford: CONNELL J.H. e KEOUGH M.J., Disturbance and patch dynamics of subtidal marine animals on hard substrata. In: S.T.A.Pickett & P.S.White (Eds.), The ecology of natural disturbance and patch dynamics. Academic Press, San Diego: D'ANCONA U., FAGANELLI A., RANZOLI A. e MARCHESONI V., Il trofismo della laguna veneta e la vivificazione marina. Archo Oceanogr. Limnol., 9 (1-2): FICHEZ R., Decrease in allochthonous organic inputs in dark submarine caves, connection with lowering in benthic community richness. Hydrobiologia, 207: FICHEZ R., Benthic oxygen uptake and carbon cycling under aphotic and resource-limiting conditions in a submarine cave. Mar. Biol., 110: GUELORGET O. e PERTHUISOT J.P., Le domaine paralique. Expressions géologiques, biologiques et économiques du confinement. Trav. Lab. Géol., Paris, 16: GUELORGET O. e PERTHUISOT J.P., Paralic ecosystems. Biological organization and functioning. Vie Milieu, 42 (2): HARMELIN J.G., Etablissement des communautés de substrats durs en milieu obscur. Résultats préliminaires d'une expérience à long terme en Méditerranée. Mem. Biol. mar. Oceanogr., 10 (suppl.): HARMELIN J.G., VACELET J. e VASSEUR P., Les grottes sous-marines obscures: un milieu extrême et un remarquable biotope refuge. Tethys, 11 (3-4): ILIFFE T.M., Observations on the biology and geology of anchialine caves. In: H.A.Curren (Ed.), Proceedings of the Third Symposium on the Geology of the Bahamas. CCFL Bahamian Field Station: ILIFFE T.M., Anchialine fauna of the Galápagos islands. In: M.J.James (Ed.), Galápagos marine invertebrates. Plenum Press, New York: LABOREL J. e VACELET J., Les grottes sousmarines obscures en Méditerranée. C. R. Acad. Sci. Paris, (ser. D) 248: LARDICCI C., ABBIATI M., CREMA R., MORRI C., BIANCHI C.N. e CASTELLI A., The distribution of polychaetes along environmental gradients: an example from the Orbetello lagoon, Italy. PSZN I: Mar. Ecol., 14 (1): MONTEIRO-MARQUES V., Peuplements des planchers envasés de trois grottes sous-marines de la région de Marseille. Étude préliminaire. Tethys, 10 (1): MORRI C., Cnidari Antozoi delle isole Gallinaria e Bergeggi (mar Ligure). Istituto di Zoologia, Università di Genova: ODUM E.P., Fundamentals of ecology. W.B.Saunders Company, Philadelphia, 2 nd edition: OTT J.A. e SVOBODA A., Sea caves as model systems for energy flow studies in primary hard bottom communities. Pubbl. Staz. zool. Napoli, 40 (1976): PÉRÈS J.M. e PICARD J., Notes sommaires sur le peuplement des grottes sous-marines de la région de Marseille. C.R. somm. Séances Soc. Biogéogr., 26 (227): PÉRÈS J.M. e PICARD J., Nouveau manuel de bionomie benthique de la Mer Méditerranée. Rec. Trav. Stat. mar. Endoume, 47 (=31): PETIT G., Quelques considérations sur la biologie des eaux saumâtres méditerranéennes. Pubbl. Staz. zool. Napoli, 32 suppl.: REISWIG H.M., Particulate organic carbon of bottom boundary and submarine cavern waters of tropical coral reefs. Mar. Ecol. Prog. Ser., 5: RIEDL R., Biologie der Meereshohlen. Paul Parey, Hamburg: RIEDL R., The role of sea cave investigation in marine sciences. Pubbl. Staz. zool. Napoli, 40 (1976): RIEDL R. e OZRETIC B., Hydrobiology of marginal caves. Part I. General problems and introduction. Int. Revue ges. Hydrobiol., 54 (5): SACCHI C.F., The coastal lagoons of Italy. In: R.L.Jefferies & A.J.Davy (Eds.), Ecological processes in coastal environments. Blackwell Sci. Publ., Oxford: SACCHI C.F. e OCCHIPINTI-AMBROGI A., Confinement et biocénoses paraliques. Vie Milieu, 42 (2): VACELET J., Les spongiaries des grottes sousmarines obscures de la Méditerranée et des régions tropicales. Pubbl. Staz. zool. Napoli, 40 (1976): VASSEUR P., Note préliminaire sur l'aspect topographique, morphologique et biologique des surplombs et des grottes sous-marines sciaphiles en avant du récif de Songeritelo. Rec. Trav. Sta. mar. Endoume, Fasc. hors série, suppl. n 1: VASSEUR P., The overhangs, tunnels and reef galleries of Tulear (Madagascar) and their sessile invertebrate communities. In: A.M.Cameron, B.M.Campbell, A.B.Cribb, R.Endean, J.S.Jell, O.A.Jones, P.Mather & F.H.Talbot (Eds.), 122

17 Proceedings of the second international symposium on coral reefs. Great Barrier Reef Committee, Brisbane, 2: VICINO G., Scoperta di livelli quaternari a Bergeggi (Savona). Rivista ingauna e intemelia, n.s., (1-4): WEST B., DE BURGH M. e JEAL F., Dissolved organics in the nutrition of benthic invertebrates. In: B.F.Keegan, P.O'Céidigh & P.J.S.Boaden (Eds.), Biology of benthic organisms. Pergamon Press, Oxford: ZABALA M., RIERA T., GILI J.M., BARANGÉ M., LOBO A. e PEÑUELAS J., Water flow, trophic depletion, and benthic macrofauna impoverishment in a submarine cave from the Western Mediterranean. PSZN I: Mar. Ecol., 10 (3): Appendice Elenco alfabetico delle specie citate Acanthella acuta (porifero) - Mediterraneo Acropora sp. (cnidario) - Maldive Actinia equina (cnidario) - Mediterraneo Adeonella calveti (briozoo) - Mediterraneo Agelas oroides (porifero) - Mediterraneo Amphiroa rigida (alga rossa) - Mediterraneo Antedon mediterranea (cnidario) - Mediterraneo Antipathes sp. (cnidario) - Maldive Aplysina cavernicola (porifero) - Mediterraneo Apogon imberbis (pesce) - Mediterraneo Aptos aptos (porifero) - Mediterraneo Aqabaria splendens (cnidario) - Maldive Astroides calycularis (cnidario) - Mediterraneo Axinella cannabina (porifero) - Mediterraneo Axinella verrucosa (porifero) - Mediterraneo Balanus perforatus (crostaceo) - Mediterraneo Bispira volutacornis (polichete) - Mediterraneo Carbasea papyracea (briozoo) - Mediterraneo Celleporina caminata (briozoo) - Mediterraneo Cerianthus membranaceus (cnidario) - Mediterraneo Chondrosia reniformis (porifero) - Mediterraneo Chthamalus stellatus (crostaceo) - Mediterraneo Cirrhipathes anguina (cnidario) - Maldive Clathrina clathrus (porifero) - Mediterraneo Clavelina lepadiformis (ascidia) - Mediterraneo Codium bursa (alga verde) - Mediterraneo Condrosia reniformis (porifero) - Mediterraneo Corallina elongata (alga rossa) - Mediterraneo Dendronephthya klunzingeri (cnidario) - Maldive Dendrophyllia micranthus (cnidario) - Maldive Diaperoecia indistincta (briozoo) - Mediterraneo Didemnum candidum (ascidiaceo) - Mediterraneo Dictyota dichotoma (alga bruna) - Mediterraneo Dysidea avara (porifero) - Mediterraneo Eudendrium sp. (cnidario) - Mediterraneo Eunicella cavolinii (cnidario) - Mediterraneo Filograna implexa (polichete) - Mediterraneo Galathea strigosa (crostaceo) - Mediterraneo Geodia cydonium (porifero) - Mediterraneo Halimeda tuna (alga verde) - Mediterraneo Halimeda sp. (alga verde) - Maldive Halocynthia papillosa (ascidia) - Mediterraneo Halopteris scoparia (alga bruna) - Mediterraneo Hemimysis speluncola (crostaceo) - Mediterraneo Herbstia condyliata (crostaceo) - Mediterraneo Homarus gammarus (crostaceo) - Mediterraneo Hornera frondiculata (briozoo) - Mediterraneo Ircinia pipetta (porifero) - Mediterraneo Ircinia sp. (porifero) - Mediterraneo Juncella sp. (cnidario) - Maldive Leptopsammia pruvoti (cnidario) - Mediterraneo Loligo vulgaris (mollusco) - Mediterraneo Madracis pharensis (cnidario) - Mediterraneo Myriapora truncata (briozoo) - Mediterraneo Ophioderma longicaudum (echinoderma) - Mediterraneo Pachyseris speciosa (cnidario) - Maldive Padina pavonica (alga bruna) - Mediterraneo Palaemon serratus (crostaceo) - Mediterraneo Palinurus elephas (crostaceo) - Mediterraneo Palmophyllum crassum (alga verde) - Mediterraneo Panulirus sp. (crostaceo) - Maldive Paracentrotus lividus (echinoderma) - Mediterraneo Parapandalus narval (crostaceo) - Mediterraneo Parapriacanthus guentheri (pesce) - Maldive Pempheris vanicolensis (pesce) - Maldive Petrobiona massiliana (porifero) - Mediterraneo Petrosia ficiformis (porifero) - Mediterraneo Peyssonnelia sp. (alga rossa) - Mediterraneo Phorbas tenacior (porifero) - Mediterraneo Phycis phycis (pesce) - Mediterraneo Pinna nobilis (mollusco) - Mediterraneo Polycyathus muellerae (cnidario) - Mediterraneo Polysyncraton lacazei (ascidia) - Mediterraneo Posidonia oceanica (fanerogama) - Mediterraneo Protula tubularia (polichete) - Mediterraneo Pseudolitophyllum cabiochae (alga rossa) - Mediterraneo Sabella pavonina (polichete) - Mediterraneo Sarcophyton sp. (cnidario) - Maldive Sciaena umbra (pesce) - Mediterraneo Scleronephthya corymbosa (cnidario) - Maldive Sertella septentrionalis (briozoo) - Mediterraneo Sertularella gaudichaudi (cnidario) - Mediterraneo Sinularia sp. (cnidario) - Maldive Smittina cervicornis (briozoo) - Mediterraneo Spirographis spallanzanii (polichete) - Mediterraneo Spongia agaricina (porifero) - Mediterraneo Stenopus spinosus (crostaceo) - Mediterraneo Stypocaulon scoparium (alga bruna) - Mediterraneo Subergorgia hicksoni (cnidario) - Maldive Subergorgia sp. (cnidario) - Maldive Thorogobius ephippiatus (pesce) - Mediterraneo Tubastraea sp. (cnidario) - Maldive Udotea petiolata (alga verde) - Mediterraneo Vermetus triqueter (mollusco) - Mediterraneo Verongia cavernicola (porifero) - Mediterraneo 123

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