L impiego degli psicofarmaci nel paziente con cancro

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1 L impiego degli psicofarmaci nel paziente con cancro ANNA FACCHI, LUIGI GRASSI RIASSUNTO U.O. Clinica Psichiatrica, Università di Ferrara, Azienda Ospedaliera Universitaria S. Anna e Dipartimento di Salute Mentale, Ferrara L impiego di psicofarmaci in oncologia si pone come strumento di notevole utilità per il trattamento della morbilità psichiatrica e il miglioramento della qualità della vita dei pazienti con cancro. Rispetto all uso eccessivo o irrazionale di benzodiazepine e neurolettici del passato, attualmente la ricerca clinica e diverse linee-guida hanno indicato la necessità di effettuare un attenta analisi del rapporto costo-beneficio al fine di garantire un trattamento ottimale del paziente. Uno scrupoloso esame delle caratteristiche psicopatologiche del paziente, delle condizioni mediche, delle qualità intrinseche delle molecole e delle possibili interazioni con altri farmaci (agenti chemioterapici, interferone) rappresenta la base per definire un trattamento corretto. Per quanto riguarda la terapia ansiolitica, le benzodiazepine sono ampiamente usate in oncologia nelle situazioni in cui l ansia è predominante. I farmaci antidepressivi (AD) sono estremamente importanti in oncologia per il trattamento della depressione maggiore e di alcuni disturbi d ansia quali il Post-traumatic stress disorder (PTSD). Benché le molecole di nuova generazione abbiano sostituito i classici triciclici, densi di effetti collaterali severi per il paziente con cancro (in particolare gli effetti anticolinergici), un attento esame del profilo delle singole molecole è necessario per evitare possibili problemi. Gli antipsicotici trovano impiego soprattutto nel trattamento del delirium (aloperidolo in prima istanza, e più recentemente risperidone) e, in grado inferiore, nel trattamento adiuvante della nausea e del vomito secondari a chemioterapia, in associazione ad antiemetici di più recente generazione. Parole chiave: Psicofarmaci, oncologia, ansia, depressione, chemioterapia. PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002; SUMMARY The use of psychotropic drugs in oncology represents a significant therapeutic instrument for patients with cancer in order to reduce psychiatric morbidity and improve quality of life. In comparison with the excessive and often inappropriate use of neuroleptics and benzodiazepines in the past, more recent clinical research and guide-lines have indicated the need to make a proper cost-benefit analysis in order to provide the patients with optimal treatment. Careful examination of the characteristics of the patient s psychopathological symptoms, his/her medical conditions, the intrinsic characteristics of the drugs and the possible interactions with other drugs (chemotherapy agents, interferon) is necessary when planning psychopharmacological treatment in cancer patients. With regard to anxiolityc drugs, benzodiazepines are widely used in cancer patients in several clinical situations characterized by anxiety. Antidepressants (AD) are also extremely important in oncology for the treatment of major depression, as well as anxiety disorders (i.e. PTSD). Although new generation ADs have replaced the oldest tryciclic ADs, which have many severe side effects for cancer patients (mainly anticholinergic activity), a careful examination of the drug profile is always necessary to avoid problems for the patient. Antipsychotics have a specific role in the treatment of delirium (mainly haloperidol, and, more recently, risperidone and atypical antipsychotics) and, to a less extent, as adjuvant drugs for the treatment of nausea and vomiting (in adjunction with the most recent 5-HT 3 inhibitors). Key words: Psychotropic drugs, oncology, anxiety, depression, chemotherapy. Indirizzo per la corrispondenza: Luigi Grassi, UO Clinica Psichiatrica, Università di Ferrara, Corso Giovecca, Ferrara. 85

2 NÓOς A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO INTRODUZIONE Lo studio delle conseguenze psicosociali secondarie alla diagnosi e al trattamento del cancro ha avuto in questi ultimi anni uno sviluppo esponenziale, portando alla definizione dell area psiconcologica clinica quale punto di riferimento per l assistenza dei pazienti e delle loro famiglie 1,2. Numerosi studi hanno di fatto indicato come, indipendentemente dalla fase di malattia e dal contesto culturale, il 30-45% dei pazienti con cancro presenti disturbi psichiatrici, in particolare disturbi dell umore, disturbi d ansia, della sessualità e dell adattamento, specie nello stadio avanzato della malattia 3-9. Studi a carattere metanalitico, effettuati negli ultimi anni, confermano fondamentalmente tali dati, specificando la necessità che l attenzione ai sintomi di sofferenza psichica venga mantenuta nel tempo, poiché non sempre la guarigione clinica della malattia si associa a benessere psicologico 10, mentre la fase avanzata di malattia può accompagnarsi ad un elevata prevalenza di disturbi determinati da un interessamento diretto o indiretto delle strutture cerebrali, quali delirium e disturbi depressivi secondari al cancro (50-75%) 11,12. Benché il riconoscimento di tali disturbi da parte delle figure che operano in ambito oncologico risulti fondamentalmente basso (all incirca 30%) 13,14, e minima sia anche la richiesta di intervento consulenziale psichiatrico da parte delle stesse strutture oncologiche 15, notevoli sono le conseguenze negative che la morbilità psicosociale determina sul paziente e sulla famiglia. Viene infatti indicato come il comportamento verso la malattia e gli stili di coping appaiano alterati in presenza di disturbi psichici 16, il dolore si presenti con maggiore frequenza ed intensità 17, la qualità della vita risulti ridotta 18, il rischio di suicidio più elevato 19. È evidente dunque la necessità di valutare e trattare correttamente i disturbi psichiatrici e psicosociali secondari al cancro, impiegando i diversi strumenti a disposizione del clinico. Tra questi, l approccio psicofarmacologico merita particolare attenzione, dato il suo importante ruolo sia nella terapia di disturbi psichiatrici specifici (ansia, insonnia, depressione, disturbi psicorganici) sia nella terapia adiuvante di disturbi secondari al cancro o al trattamento oncologico, quali dolore, nausea e vomito e hot-flashes 20. LA TERAPIA DELL ANSIA In oncologia molteplici sono le condizioni in cui l ansia si presenta come sintomo cardine di diversi disturbi, in particolare: disturbo post-traumatico da stress, disturbo fobico, disturbo di adattamento con aspetti d ansia o come sintomo accessorio di altre condizioni psicopatologiche, quali la nausea o il vomito con ansia anticipatoria, l insonnia, il dolore, i disturbi depressivi 21. Le molecole più impiegate a questo livello sono rappresentate sicuramente dalle benzodiazepine, benché anche altri farmaci stiano assumendo un ruolo sempre più importante nel trattamento dei disturbi d ansia secondari al cancro. 86

3 Le benzodiazepine Le benzodiazepine (BDZ) sono tra le categorie di farmaci più noti nella pratica clinica oncologica, per l elevato indice terapeutico e per la buona tollerabilità. Le proprietà ansiolitiche, ipnoinducenti, miorilassanti e anticonvulsivanti delle BDZ, permettono indubbiamente un ampio ventaglio di applicazioni nel paziente affetto da cancro 22. È nota la suddivisione delle BDZ, sulla base della classe farmacologica, in BDZ Pronordazepam-simili, BDZ Oxazepam-simili, NitroBDZ, TriazoloBDZ, Tienodiazepine e Toenotriazolodiazepine. È di pratica più comune, comunque, per un più semplice impiego da parte delle figure mediche oncologiche, utilizzare la classificazione che suddivide le BDZ in funzione della loro emivita, in BDZ a emivita breve (inferiore alle 5-6 ore), BDZ a emivita intermedio-breve (compresa tra 6 e 12 ore), BDZ ad emivita intermediolunga (compresa tra 12 e 24 ore) e BDZ a emivita lunga (maggiore di 24 ore). L emivita della molecola così come il suo metabolismo (ossidazione o coniugazione) è importante nella scelta della BDZ stessa, essendo preferibile l impiego di BDZ che presentino emivita breve, siano metabolizzate attraverso processi di coniugazione epatica e non abbiano metaboliti attivi (lorazepam) nei pazienti defedati, in quelli con epatopatie, insufficienze d organo o in politerapia. Sul piano clinico le BDZ sono impiegate nel trattamento dei disturbi d ansia (disturbo d ansia generalizzata, fobie, disturbo post-traumatico da stress), nei disturbi dell adattamento con sintomi d ansia o misti ansiosodepressivi e in tutte le condizioni di ansia accessoria a controlli e check-up, procedure diagnostiche invasive, interventi terapeutici 23,24. Quando vengono somministrate BDZ a lunga durata d azione (bassa liposolubilità e ridotta velocità di eliminazione) è possibile lasciare un intervallo di 12 ore tra una somministrazione e l altra. È importante notare che gli effetti terapeutici del trattamento saranno tanto più soddisfacenti quanto più si mantiene stabile e costante la concentrazione plasmatica delle BDZ. Il trattamento benzodiazepinico, dovrebbe comunque avvenire attraverso la somministrazione di dosi minime efficaci per evitare spiacevoli fenomeni di iperdosaggio, accumulo e dipendenza (tabella I). Nel caso di episodi di ansia acuta o di agitazione psicomotoria aspecifica, che possono essere registrati in vari disturbi psichiatrici, l impiego per via parenterale si pone come approccio di elezione. Nel caso sia necessaria una rapida induzione dell effetto terapeutico, è opportuno somministrare il farmaco per via endovenosa poiché si raggiunge la più rapida concentrazione plasmatica, indipendentemente dal tipo di BDZ (ad esempio lorazepam 1 / 2-1 fl 4 mg in bolo lento, clordesmetildiazepam 1 fl 2 mg in glucosata da 100 ml). La via intramuscolare comporta problemi di assorbimento in relazione alla scarsa idrosolubilità delle BDZ, ad eccezione di alcune, quali flunitrazepam e lorazepam che presentano assorbimento rapido e completo. In sintesi, dunque, nell impiego clinico deve essere considerato l obiettivo principale che il clinico ha, specificamente l ottenimento di un ansiolisi a breve, a medio o a lungo termine. PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002;

4 NÓOς Tabella I. Fattori che possono guidare la scelta ed il trattamento con BDZ nei disturbi d ansia. Valutazione del trattamento Inquadramento diagnostico e valutazione della precisa indicazione ad un trattamento a base di BDZ. A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO Selezione della BDZ Dosaggio Tempo di somministrazione In base alle caratteristiche farmacocinetiche e metaboliche della molecola ed alle problematiche del paziente (psicopatologiche ed organiche). In relazione alle necessità del paziente, somministrare il dosaggio minimo che permetta di controllare i disturbi presentati dal paziente. Limitato ad un periodo breve (non superiore ad alcuni mesi) e seguito da una lenta e graduale sospensione affiancata dall attento monitoraggio e supporto emotivo del paziente. Risulta importante considerare i possibili effetti collaterali delle BDZ e il loro significato in oncologia. Tra questi la depressione dei centri del respiro risulta temibile nei pazienti in fase avanzata di malattia che presentano complicanze mediche significative (ad esempio pneumopatia su base neoplastica od ostruttiva). Tale effetto negativo è correlato anche alle modalità di somministrazione delle BDZ, essendo più elevato il rischio se la BDZ è impiegata per via endovenosa rispetto alla via rettale, intramuscolare e orale, oltre che della dose assunta. In un regime di terapia intensiva, si è dimostrata efficace e ben tollerata la somministrazione del midazolam, una potente BDZ disponibile per uso ospedaliero in somministrazione endovenosa, dotata di notevole rapidità di azione. Altri effetti collaterali sono dati dalla comparsa di sonnolenza, sedazione marcata, astenia da miorilassmento, confusione mentale e incoordinazione motoria, oltre a possibili effetti residui il giorno successivo all assunzione del farmaco, con riduzione delle prestazioni cognitive e psicomotorie. Tali effetti indesiderati in genere, non necessitano di riduzioni del dosaggio poiché tendono a ridursi nel corso della prima settimana di assunzione del trattamento. I pazienti che assumono un trattamento benzodiazepinico possono lamentare anche effetti collaterali più rari che richiedono una riduzione della dose somministrata in quanto per lo più conseguenza di un iperdosaggio. Durante l assunzione di BDZ, il paziente defedato (specialmente in fase avanzata di malattia) può lamentare, in conseguenza della riduzione di sensibilità dei barocettori, l insorgenza di ipotensione ortostatica che può associarsi a vertigini e a confusione mentale, oltre che ad atassia, sintomi che insieme al miorilassa- 88

5 mento, possono causare cadute nel passaggio dalla posizione clinostatica a quella ortostatica. Nel paziente in condizioni fisiche scadute o con insufficienza epatica, inoltre, un evenienza non infrequente è rappresentata dall insorgenza dei sintomi da sovradosaggio delle BDZ, rappresentati da sonnolenza, confusione mentale, difficoltà del linguaggio, atassia, iporiflessia e depressione respiratoria, e nei casi più gravi il coma. Soprattutto nei pazienti anziani ed ancor più comunemente nei pazienti affetti da lesioni cerebrali organiche, sono possibili effetti paradossi, che possono essere messi in correlazione con modificazioni funzionali tra sistemi corticali inibitori e sistemi sottocorticali (perdita neuronale, ridotti collegamenti interneuronali). Un ulteriore importante problema è rappresentato dalla dipendenza farmacologica. Non è raro che le BDZ vengano prescritte in assenza di specifiche indicazioni terapeutiche o a dosi e/o per tempi nettamente superiori alle necessità del paziente, in particolare quando lo stato di tensione e di ansia rispetto alla malattia o agli effetti dei trattamenti medici o chirurgici perduri. Gli studi relativi ai fenomeni di abuso di BDZ in oncologia sono relativamente pochi e indicano che il fenomeno non è difforme da quanto osservato nella popolazione generale 25,26. È comunque necessario che il medico valuti nei singoli casi, il rapporto costi-benefici nel trattamento con BDZ. La sindrome da sospensione si manifesta con maggiore intensità in seguito alla brusca interruzione del trattamento con BDZ, specie se a breve durata d azione, per periodi prolungati (almeno 4-6 mesi) o a dosaggi superiori a quelli usualmente adottati nella pratica terapeutica. Caratteristiche di personalità che favoriscano l assunzione di sostanze in assenza di specifica indicazione terapeutica o in modo inadeguato, rappresentano un ulteriore fattore di rischio. La sindrome da sospensione tende in genere, a manifestarsi da 1 a 7 giorni dopo la sospensione dell assunzione della BDZ (in funzione dell emivita), con una durata variabile da 1 a 4 settimane in rapporto all intensità e all entità dei disturbi psicopatologici e con una sintomatologia composta più frequentemente da insonnia (per lo più iniziale) ed ansia di rimbalzo. I pazienti possono anche lamentare l insorgenza di irritabilità, ipersensibilità sensoriale, palpitazioni, cefalea, dolori muscolari, tremori e sensazioni di caldo e freddo. Generalmente, l uso a dosaggi terapeutici abituali nella pratica clinica oncologica, per periodi brevi, la sospensione attraverso riduzione graduale e lenta della dose (da alcune settimane a mesi) e la somministrazione in soggetti non predisposti, dovrebbero rendere la sindrome da sospensione relativamente infrequente o di entità tale da non richiedere specifici interventi terapeutici. Attenzione va prestata infine in pazienti che presentano disturbi neuro-muscolari concomitanti, quali miastenia, data l azione miorilassante delle BDZ o nei pazienti affetti da disturbi della coagulazione ematica (trombocitopenia secondaria a chemioterapia, coagulopatie), nei quali la via di somministrazione parenterale andrebbe proscritta. PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002; Altri farmaci ansiolitici Accanto alle BDZ, diverse altre molecole sono dotate di un profilo ansiolitico e il loro impiego si è posto sempre più come trattamento a carattere non unicamente sintomatico dell ansia. A questo livello si pongono diversi far- 89

6 NÓOς A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO maci che condividono la proprietà di agire sulla serotonina, il cui ruolo nell ansia è stato notevolmente studiato negli ultimi anni. Tra tali molecole, degno di nota è il buspirone, agonista parziale a livello serotoninergico (recettori 5-HT 1A ) il cui impiego comporterebbe una rinormalizzazione del funzionamento recettoriale e una riduzione graduale (dopo circa 4 settimane) della sintomatologia ansiosa 27. Il buspirone, diversamente dalla BDZ, non possiede azione ipnoinducente né anticonvulsivante. Il buspirone è indicato nei disturbi d ansia a carattere cronico nei quali sia necessario il mantenimento della terapia per periodi lunghi di tempo. Può essere impiegato a dosi di 5 mg x 3 al dì aumentando gradualmente a mg al dì, associandolo o meno a BDZ in fase iniziale, se la sintomatologia d ansia è acuta e risulta necessario preparare il terreno all effetto terapeutico del buspirone. L utilizzo di buspirone associato a farmaci antidepressivi ha dimostrato efficacia in pazienti mai trattati con BDZ o che hanno una storia d abuso (da BDZ, alcool o sostanze psicoattive). Rispetto alle BDZ, il buspirone dimostra indubbi vantaggi, in particolare il buon profilo di tollerabilità, la bassa o nulla dipendenza, gli scarsi effetti sulle prestazioni psicomotorie e cognitive, l assente interazione con alcool e la non interferenza con i centri del respiro. Non esiste tuttavia letteratura inerente l impiego del buspirone in oncologia, anche se questa molecola potrebbe trovare una collocazione in diverse situazioni in cui le BDZ sono controindicate. Altre molecole ad azione serotoninergica, quali alcuni farmaci antidepressivi triciclici, e particolarmente gli inibitori del re-uptake della serotonina (SSRIs) e della serotonina/noradrenalina (NARIs), hanno assunto un ruolo sempre più importante nel trattamento dei disturbi d ansia in psichiatria. Il loro uso in ambito oncologico nel trattamento dei disturbi d ansia, in particolare nel disturbo post-traumatico da stress, è recente 28. Si rimanda al paragrafo relativo al trattamento dei disturbi depressivi per la rassegna relativa a queste molecole. Anche i composti antistaminici hanno proprietà ansiolitiche e ipnoinducenti che possono essere sfruttate nei pazienti con cancro che presentano gravi patologie respiratorie o per i quali le BDZ sono controindicati. Le proprietà antistaminiche giustificano l azione antinausea e antivomito, l azione sedativa ed in parte analgesica 29. Tra gli antistaminici adottati a scopo ipnoinducente, figurano la difenidramina (dose d impiego di mg/die) e l idrossizina (dose d impiego di mg/die), i cui effetti sul sonno si manifestano entro minuti e durano per un tempo variabile tra le 4 e le 6 ore. Risulta importante non aumentare troppo i dosaggi per la possibile insorgenza di effetti anticolinergici (disorientamento, confusione mentale, tachicardia e ritenzione urinaria). IL TRATTAMENTO DELL INSONNIA L insonnia costituisce un problema frequente in oncologia, manifestandosi come fenomeno transitorio o come disturbo più strutturato che necessita di 90

7 interventi più specifici 30. Un corretto approccio diagnostico all insonnia è fondamentale per valutare la fenomenologia del quadro sia per quanto riguarda la tipologia (iniziale, centrale e terminale) che la durata (transitoria, intermedia e cronica), e le cause che l hanno determinata 31. Tra i farmaci maggiormente impiegati in oncologia un ruolo importante hanno ovviamente le BDZ. Benché valga il principio farmacologico che l effetto ipnoinducente è ottenibile aumentando il dosaggio del farmaco, è noto che alcune BDZ si sono poste sul mercato come farmaci unicamente ipnoinducenti. Nell insonnia iniziale è più appropriato somministrare una molecola con rapido assorbimento ed a breve emivita (entro le 6 ore, come brotizolam o triazolam), mentre nell insonnia intermedia, BDZ ad emivita intermedia (entro le 12 ore, come estazolam o lormetazepam), e nell insonnia terminale, BDZ ad emivita prolungata (oltre le 12 ore, come desmetildiazepam, flurmetazepam o quazepam) o una terapia antidepressiva, giacché spesso questo disturbo del sonno può rappresentare un sintomo di un disturbo depressivo. In caso di trattamento concomitante con altre BDZ, è preferibile somministrare al paziente le molecole a breve durata d azione per evitare che si verifichino effetti di accumulo e sommazione con le altre molecole. Se il paziente è già in trattamento con BDZ (ad esempio lorazepam durante il giorno), può essere più razionale indurre il sonno con un lieve aumento della posologia serale, piuttosto che prescrivere una nuova molecola. In altri casi il paziente può giovarsi di una BDZ ad emivita medio-lunga, per il trattamento tanto dei disturbi d ansia che del sonno. Particolare attenzione va posta nei pazienti neoplastici anziani e nei pazienti defedati o con insufficienza d organo, per i quali è consigliabile somministrare una dose ridotta fino ad un terzo di quella che viene usualmente impiegata a scopo ipnoinducente, dato il rischio d insorgenza di effetti dose-dipendenti (sedazione residua, confusione mentale e astenia al risveglio), che pure non risulta particolarmente elevato nei pazienti con cancro 32. Il trattamento del disturbo del sonno con BDZ non dovrebbe prolungarsi per periodi superiori ad alcune settimane, considerando, in particolare per le molecole a minor emivita, il rischio di sospensione (legato alla dipendenza da BDZ) e il fenomeno di insonnia rebound (insonnia, incubi), spesso alla base di riassunzione e mantenimento cronico della terapia. Importanza notevole hanno assunto in questi ultimi anni i farmaci ipnoinducenti di tipo non-bdz, specificamente zolpidem, zopiclone e zaleplon. Similmente alle BDZ, tali farmaci sono dotati della stessa affinità a livello dei recettori Ω 1, ma non possiedono effetti sui siti Ω 2 ai quali sono associati gli effetti collaterali delle BDZ. Notevoli sono i vantaggi rispetto alle BDZ, quali la mancata interazione con alcool, le scarse possibilità d induzione di dipendenza anche in seguito ad un trattamento a lungo termine (6 o 12 mesi), i minori effetti sulla memoria e la mancata comparsa di fenomeni di insonnia rebound alla sospensione 33. In genere la loro durata d azione (4-6 ore) li rende utili particolarmente nel trattamento dell insonnia iniziale. Per quanto riguarda lo zaleplon la durata d azione è assai minore (emivita plasmatica di 1 ora) e lo rende utile per facilitare il riaddormentamento in pazienti con insonnia centrale. PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002;

8 NÓOς A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO Recentemente è stato proposto l impiego della melatonina nei disturbi del sonno nei pazienti con cancro, anche se ancora sono necessari ulteriori studi che provino l efficacia e la buona tollerabilità di quest ormone in tali pazienti, ne è comunque, ampiamente nota l azione ipnoinducente e l effetto correttivo sui disturbi del sonno iatrogeni (ad esempio da β-bloccanti o BDZ) 34. La contemporanea somministrazione di melatonina (20 mg) sembra associarsi ad una riduzione della tossicità del trattamento antineoplastico, con ridotta manifestazione di vari effetti collaterali, quali trombocitopenia, neurotossicità, cardiotossicità, stomatiti ed astenia 35. IL TRATTAMENTO DELLA DEPRESSIONE Il trattamento dei disturbi depressivi rappresenta una delle aree centrali della farmacologia psiconcologica 36. È noto che l azione dei farmaci dotati di proprietà antidepressive è legata da un aumento della biodisponibilità sinaptica di alcuni neurotrasmettitori (NT), specificamente noradrenalina (NA), 5-idrossitriptamina (5-HT) e dopamina (DA), il cui ruolo nella regolazione dell umore è stato ampiamente dimostrato nel corso degli ultimi trent anni 37. Diversi sono i farmaci AD di impiego in oncologia. Sul piano della classificazione, gli AD possono essere suddivisi in funzione della struttura chimica (triciclici, quadriciclici, atipici), dell azione sui NT implicati (inibitori del re-uptake, inibitori della MAO), della selettività recettoriale (a profilo aspecifico o a profilo selettivo). Per ragioni di sintesi, consideriamo in questa sede i farmaci triciclici (TCA), i farmaci non-tca e i farmaci ad azione selettiva sulla ricaptazione dei neurotrasmettitori. Ciascuno di questi gruppi trova applicazione in ambito oncologico, sebbene l avvento delle molecole di ultima generazione abbia notevolmente modificato l approccio al paziente, data la loro maggiore maneggevolezza e il miglior profilo di collateralità. AD Triciclici I farmaci triciclici (TCA) rappresentano le molecole per le quali esiste sia un ampia letteratura per il trattamento della depressione in psichiatria, sia un esperienza significativa in ambito oncologico. I TCA agiscono attraverso il blocco della ricaptazione delle monoamine cerebrali NA, 5-HT e DA. I vari composti appartenenti a questa classe presentano tuttavia caratteristiche molto diverse di selettività e potenza nei confronti dei sistemi neurotrasmettitoriali (ad esempio i TCA desipramina, nortriptilina e maprotilina hanno azione prevalente sul sistema NA-ergico, mentre clomipramina e imipramina su quello 5-HT-ergico). La loro emivita è inferiore alle 24 ore, ma risulta più prolungata per i metaboliti attivi, quando presenti 38. In ambito oncologico, Evans et al. 39 hanno dimostrato l efficacia dell imipramina alla dose di 150 mg/die nel ridurre in maniera significativa la sintomatologia depressiva e nel migliorare l adattamento alla malattia in pazienti neoplastici affetti da depressione maggiore, distimia o disturbi dell adattamento, rispetto ad un gruppo di controllo con analoga patologia depressiva ma non trattato farma- 92

9 cologicamente. Tuttavia, benché la risposta ai TCA nei pazienti con cancro si sia dimostrata elevata (80%), altrettanto elevata è l interruzione della terapia (20-30%) a causa degli effetti collaterali, in particolare gli effetti anticolinergici (riportati dal 40-50% dei pazienti) 40. In una recente indagine condotta da Holland et al. 41 è stato dimostrato come sia il TCA desipramina, sia un farmaco SSRI (fluoxetina) abbiano efficacia nel trattamento della sintomatologia depressiva e ansiosa in pazienti con cancro in fase avanzata, benché per il TCA sia risultato più elevato l indice di drop-out (41,2%). L impiego clinico dei TCA implica comunque una certa cautela nel trattamento del paziente con cancro, essendo necessario prestare sempre molta attenzione agli effetti collaterali legati alle proprietà di blocco dei recettori colinergici centrali e periferici, alfa-adrenergici e istaminergici e al possibile sovraccarico epatico (specie per il concomitante impiego di altri farmaci). Il blocco dei recettori α-adrenergici si associa infatti ad insonnia, tachicardia riflessa, vertigini, ipotensione ortostatica, tremore, aumento degli effetti antipertensivi della prazosina (blocco α 1 ) e diminuzione dell azione antipertensiva della clonidina e della metildopa (blocco α 2 ). Il blocco dei recettori istaminici H 1 si associa a sedazione, potenziamento dei farmaci depressivi del SNC, ipotensione, aumento ponderale e sudorazione, mentre quello dei recettori H 2 a possibili allucinazioni, mioclonie e disartria. Come detto, gli effetti secondari all azione anticolinergica (disturbi dell accomodazione, xerostomia, turbe del ritmo cardiaco, tachicardia sinusale, stipsi, ritenzione urinaria, turbe mnesiche e soprattutto nell anziano, sedazione e confusione mentale) devono indurre cautela nell uso dei TCA nei pazienti con cancro, essendo controindicati nelle situazioni i cui sia presente un interessamento cerebrale (secondario a metastasi o disturbi metabolici), stomatiti (da irradiazione o chemioterapia), disturbi gastrointestinali (patologie a rischio per ostruzione) 42. In alcune circostanze è possibile l insorgenza di una sindrome anticolinergica (stato confusionale, iperpiressia, disidratazione, midriasi, vasodilatazione con arrossamento cutaneo diffuso, tachicardia, costipazione, ipertensione arteriosa e ritenzione urinaria) da paralisi parasimpatica. Tale quadro, spesso sottodiagnosticato, è più frequente nei pazienti con cancro sottoposti a terapie multiple dotate di effetti anticolinergici (ad esempio antistaminici, antiemetici, analgesici narcotici). I TCA possiedono infine un azione proconvulsivante, che ne controindica l uso nei pazienti affetti da lesioni cerebrali o turbe elettrolitiche (ipokaliemia, iponatremia) a rischio convulsivo o affetti da epilessia. PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002; AD non-tca Più recenti rispetto ai TCA, tali farmaci comprendono molecole diverse tra loro (quadriciclici, eterociclici e farmaci a struttura atipica) caratterizzate da un azione sull umore sostanzialmente simile a quella dei TCA, ma con minori effetti collaterali. La mianserina agisce come farmaco antagonista dei recettori presinaptici α 2 -adrenergici (con potenziamento dell attività NA), dei recettori serotoninergici 5-HT 2a/2c (alla base delle proprietà ansiolitiche) e dei recettori istami- 93

10 NÓOς A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO nici H 1 (alla base delle proprietà sedative). La molecola ha dimostrato buone proprietà antidepressive quando somministrata alla dose di mg/die. In ambito oncologico, due diversi studi ne hanno dimostrato l efficacia antidepressiva e la buona tollerabilità 43,44. Per le sue azioni antistamiche, la mianserina può contrastare alcuni effetti collaterali del trattamento chemioterapico (anoressia, nausea e vomito), ridurre l ansia e migliorare il sonno. I principali effetti collaterali della mianserina sono rappresentati da ipotensione ortostatica (per l azione anti-α 2 ), sedazione e diminuzione della performance cognitiva (per l azione istaminica H 1 ), alterazione della curva glicemica da carico e possibile, benché rara, alterazione della crasi ematica (agranulocitosi). Quest ultimo effetto deve essere attentamente valutato in pazienti in trattamento chemioterapico e sintomi di infezione o febbre, benché questo non indichi una controindicazione assoluta all impiego del farmaco 45. La molecola interagisce con l alcool, potenziandone l azione sedativa, e con la warfarina, aumentando il livello di protrombina nel sangue (con conseguente possibile riduzione della coagulazione). Il trazodone rappresenta un ulteriore molecola a carattere AD dotata di un azione moderatamente serotoninergica, con effetti minimi sulla ricaptazione della dopamina e noradrenalina. Possiede proprietà di blocco relativamente accentuato per i recettori α 1 -adrenergici, oltre che per i recettori 5- HT 2. Le proprietà antidepressive del trazodone alla dose di mg/die sono state dimostrate in diversi studi, benché il suo impiego sia meno frequente rispetto ad altre molecole. La formulazione a rilascio controllato ( mg), caratterizzata da un assorbimento più graduale, picco plasmatici a due ore, emivita a 12 ore, permette una maggiore persistenza del farmaco in circolo. La formulazione per via endovenosa viene impiegata per le proprietà sedative e spiccatamente ansiolitiche. L azione sedativa e ipnoinducente della molecola è sfruttata per facilitare il sonno e ridurre o eliminare l utilizzo di altri farmaci regolatori del sonno, prescrivendolo in monodose serale, specie nella formulazione della molecola a rilascio controllato. In ambito oncologico, alcuni studi hanno dimostrato l efficacia del trazodone nella riduzione dei sintomi ansiosi e depressivi rispetto al trattamento con BDZ 46,47. Anche il trazodone presenta effetti collaterali, rappresentati da disturbi a livello cardiovascolare (bradicardia e aritmie cardiache, ipotensione posturale), gastrointestinale (nausea, limitata facendo assumere il composto a stomaco pieno per ridurne il picco plasmatici) e urogenitale (priapismo in una percentuale di 1/6000 casi). Succedaneo del trazodone è il nefazodone, caratterizzato da un attività serotoninergica mista. Essendo un potente inibitore dell isoenzima CYP 3A4, attenzione va posta alla cosomministrazione con altri AD (fluoxetina), BDZ (alprazolam e midazolam), antistaminici ed aloperidolo (di cui aumenta la biodisponibilità). Sul piano clinico, il nefazodone è meno sedativo del trazodone poiché manca di effetti antistaminici. Viene consigliata la somministrazione nelle depressioni agitate in cui sembra essere meglio tollerato degli SSRIs, poiché, oltre all effetto sedativo, ha dimostrato di migliorare i disturbi del sonno 48. Viene riportata anche un azione analgesica, per la quale il farmaco è impiegato nel trattamento del dolore cronico. Nei pazienti con cancro 94

11 il dosaggio può essere impiegato alle dosi di mg/die, aumentando, se necessario, la dose con cautela. È consigliabile ridurre il dosaggio del nefazodone, negli anziani e negli epatopatici e nei pazienti che assumono antipertensivi, anche se l impiego del nefazodone non è associato a collateralità cardiovascolare. Un recente studio ha indicato l utilità del nefazodone nella riduzione di sintomi emetici post-chemioterapia 49. La somministrazione del nefazodone è associata a diversi effetti collaterali quali, sonnolenza, vertigini soggettive, irrequietezza, xerostomia, nausea e stipsi. AD selettivi L introduzione sul mercato di una serie di molecole dotate di una netta selettività d azione sui diversi NT ha modificato l approccio farmacologico dei disturbi depressivi nei pazienti con cancro e, più in generale, con patologia somatica, data la maggiore maneggevolezza d uso, la minore collateralità e la buona efficacia dimostrata in numerosi studi. All interno di tale gruppo di farmaci, gli inibitori selettivi del re-uptake della serotonina (SSRIs) rivestono un ruolo importante. I diversi SSRIs (fluvoxamina, fluoxetina, paroxetina, sertralina e citalopram) presentano differenze notevoli tra loro, in funzione del diverso tipo di metabolismo (molecole con metaboliti attivi, quali fluoxetina e molecole senza metaboliti attivi, quali paroxetina). Significativa sul piano farmacologico è l interazione degli SSRIs con il sistema citocromiale epatico (CYP), diversa da molecola a molecola ed importante per la possibile interferenza con altri farmaci assunti dal paziente, in particolare chemioterapici o farmaci antiemetici 5-HT 3 -antagonisti (quali l ondansetron o granisetron). Di fatto, negli ultimi anni l attenzione al sistema di oltre 30 diversi isoenzimi epatici implicati nel metabolismo ossidativo di composti endo-esogeni ed ai fattori influenzanti l attività CYP-450 è particolarmente aumentata, data la necessità di cogliere le interazioni tra i farmaci assunti dal paziente e i possibili rischi di sovradosaggio in caso di cosomministrazione 50. In ambito oncologico l esperienza di impiego dei farmaci SSRIs si è relativamente andata ampliando negli ultimi anni. L impiego della fluoxetina nel trattamento della depressione secondaria al cancro è stata valutata in uno studio di confronto con placebo che ha dimostrato la superiorità della molecola nel migliorare alcuni sintomi psicopatologici (ansia, ostilità, psicoticismo e paranoia) e una lieve, ma non significativa, efficacia nel ridurre la sintomatologia depressiva 51. Sia la fluoxetina che il TCA desipramina si sono dimostrati efficaci nel trattamento della sintomatologia depressiva e ansiosa in pazienti con cancro in fase avanzata, benché un miglioramento della qualità della vita e una minore percentuale di dropout sia stata registrata nei pazienti in trattamento con fluoxetina 41. Per quanto riguarda la paroxetina, un recente studio ha indicato come un trattamento preventivo di due settimane riduca la comparsa di sintomi depressivi secondari ad interferone-alfa in pazienti con melanoma 52. I principali effetti collaterali dei farmaci SSRIs sono dati dall azione sui diversi recettori 5-HT e sono rappresentati da disturbi a livello gastrointestinale (nausea, vomito, diminuzione dell appetito, diarrea, dispepsia), neurologico (cefa- PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002;

12 NÓOς A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO lea, possibili sintomi extrapiramidali), sessuale (diminuzione della libido, eiaculazione ritardata, anorgasmia) e, meno frequentemente, psichico (ansia, tensione, insonnia). Tali effetti, in particolare quelli a carico della sfera gastrointestinale e sessuale, vanno valutati con attenzione nel processo decisionale di trattamento di pazienti con cancro, in particolare se sottoposti a cicli chemioterapici e possono controindicarne l uso 53. Benché i farmaci SSRIs siano privi di effetti cardiovascolari, essi agiscono aumentando il tono serotoninergico e, in misura dose-dipendente ed in funzione del tipo di recettori stimolati, è possibile che si produca una modificazione del tono vasale. Viene inoltre riportata un interazione tra SSRIs, FANS e anticoagulanti che, a causa della riduzione della concentrazione di 5-HT a livello piastrinico, può determinare alterazioni del processo di aggregazione piastrinica, con possibile rischio di sanguinamento in pazienti predisposti. Per quanto non frequente tale effetto deve spingere a valutare con attenzione l impiego degli SSRIs in pazienti con patologie neoplastiche ematologiche. Cautela va inoltre prestata all impiego concomitante di altri farmaci in grado di potenziare la trasmissione della 5-HT a livello cerebrale per il possibile manifestarsi di una sindrome serotoninergica 54, (confusione mentale, agitazione, diaforesi, diarrea, tachicardia, mioclonie, iperreflessia, incoordinazione motoria, febbre e brividi, nausea e vomito, e, nei casi più gravi, ipo- o ipertensione, disturbi della coscienza fino al coma e convulsioni). Viene infine riportata da diversi autori una sindrome da sospensione da SSRIs 55, in particolare con i farmaci a minor emivita (paroxetina), che si manifesta entro una settimana dall interruzione del trattamento, con capogiri, nausea, stanchezza, cefalea, irritabilità, parestesie, instabilità dell andatura e insonnia. È pertanto utile segnalare al paziente questa possibilità ed effettuare una sospensione molto graduale del farmaco. Nuovi farmaci selettivi sono rappresentati dagli inibitori del re-uptake della noradrenalina (NARIs), quali la reboxetina. Tale farmaco ha dimostrato buon profilo di tollerabilità poiché, pur possedendo una debole affinità per i recettori muscarinici, sembra assente l azione su quelli 5-HT, H 1 e dopaminergici D Sul piano clinico, numerosi studi hanno indicato l efficacia della reboxetina nel trattamento della depressione, in particolare delle forme caratterizzate da ritardo psicomotorio e perdita dell iniziativa 57.La somministrazione della reboxetina potrebbe risultare utile nel trattamento di pazienti neoplastici che presentano un quadro depressivo caratterizzato da un importante quota d inerzia ed astenia o per i quali il trattamento con altre molecole (ad esempio SSRIs) risulti controindicato. La reboxetina viene usualmente somministrata a dosaggi variabili tra 4 e 12 mg/die. Gli effetti collaterali lamentati più frequentemente in corso di trattamento sono xerostomia, diaforesi, stipsi, difficoltà dell addormentamento ed aumento dell ansia, in percentuali comprese tra il 3 e l 8% dei casi trattati. La somministrazione della reboxetina a dosaggi più elevati è risultata associata ad ipotensione ortostatica ed aumento della frequenza cardiaca. Segnalati anche alcuni effetti anticolinergici, pur se moderati, secondari all impiego del farmaco, mentre assenti, anche in sovradosaggio, sono gli effetti proconvulsivi

13 Un ulteriore gruppo di molecole, in grado di agire contemporaneamente come pro-noradrenergici e pro-serotoninergici, comprende la venlafaxina e la mirtazapina. La venlafaxina si caratterizza per proprietà di inibizione della ricaptazione della NA e della 5-HT (SNRI). Nel paziente affetto da patologie neoplastiche, la venlafaxina può essere somministrata inizialmente a basse dosi (37,5-75 mg al dì), dosaggio che può essere gradualmente aumentato fino a 150 mg/die. L utilizzo della formulazione a lento rilascio può rappresentare un vantaggio per le situazioni cliniche caratterizzate da sintomi misti ansiosodepressivi. La somministrazione della venlafaxina è stata associata all insorgenza di alcuni effetti collaterali quali nausea, cefalea, disturbi del sonno o sonnolenza, irrequietezza, xerostomia, vertigini, stipsi ed ipotensione ortostatica. In alcuni pazienti (soprattutto se ipertesi) è stato registrato un modesto aumento della pressione arteriosa (per lo più la diastolica), più frequente quando la venlafaxina è stata somministrata a dosaggi elevati (superiori a 200 o 300 mg al dì). È pertanto consigliabile monitorare la pressione arteriosa sia all inizio che in corso di trattamento. I pazienti inoltre, possono lamentare un aumento della frequenza cardiaca, clinicamente non significativo. Tali effetti collaterali comunque, possono essere limitati, impiegando la formulazione a lento rilascio. Diversamente dalla venlafaxina, la mirtazapina (Noradrenergic and Specific Serotoninergic Antidepressant-NaSSA), agisce come antagonista dei recettori presinaptici inibitori α 2 -adrenergici dei neuroni adrenergici e serotoninergici, con conseguente aumento della biodisponibilità sia di NA che di 5-HT. La 5-HT viene comunque ad agire in maniera selettiva sui recettori 5- HT 1, poiché la mirtazapina possiede azione di blocco dei recettori post-sinapitci 5-HT 2 e 5-HT 3. La mirtazapina ha anche una marcata affinità per i recettori H 1 -istaminergici. Il suo utilizzo in oncologia, alla dose di 15 mg/die, incrementabile fino ad un massimo di 45 mg/die, può essere vantaggioso per diversi motivi. Avendo un azione sui recettori istaminici, la somministrazione della mirtazapina può essere associata a sedazione ed aumento dell appetito (soprattutto fame di zuccheri ) e del peso. Per la sua azione di antagonismo a livello dei recettori 5-HT 2, i disturbi sessuali secondari all uso di SSRIs sono assenti e ciò può rappresentare un vantaggio, data la vulnerabilità dell area legata alla sessualità in oncologia. Inoltre, l antagonismo a livello dei recettori 5-HT 3 può favorirne un effetto antiemetico, utile nei pazienti sottoposti a trattamento chemioterapico, rispetto ad altri farmaci quali gli SSRIs 59. Non devono comunque essere dimenticati gli effetti collaterali rappresentati da ipotensione ortostatica, marcata sedazione ed il rischio di manifestazioni convulsive, quando somministrata con farmaci che possono abbassare la soglia convulsiva (come TCA o fenotiazine). PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002; Altri farmaci AD Altre molecole trovano impiego nel trattamento dei disturbi depressivi in oncologia. Le benzamidi sostituite sono un gruppo di farmaci antagonisti dei recettori dopaminergici che possiedono azione antidepressiva e antipsico- 97

14 NÓOς A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO tica (ad esempio amisulpride, sulpiride) e gastroprotettiva (sulpiride e levosulpiride). Per quanto riguarda specificamente l azione sui sintomi psichiatrici, quando questo gruppo di farmaci viene somministrato a basse dosi, agisce prevalentemente sui recettori dopaminergici presinaptici inibitori (con conseguente maggiore rilascio di dopamina), mentre quando viene impiegato a dosi più elevate prevale l azione sui recettori postsinaptici, con blocco della trasmissione dopaminergica. All interno di questa categoria, l amisulpride presenta un azione selettiva di blocco D 2 presinaptico, con conseguente azione antidepressiva. L amisulpride, a dosaggio di mg al dì, è stata proposta nel trattamento delle forme depressive persistenti, quali la distimia 60, con azione clinica rapida soprattutto nei confronti dell apatia, dell abulia e del senso di fatica cronica, assai significativi nei pazienti con cancro. I principali effetti collaterali sono rappresentati dai possibili effetti extrapiramidali secondari al blocco dopaminergico (specie quando usata ad alto dosaggio), iperprolattinemia, con induzione conseguente nelle donne in età fertile di disturbi mestruali (oligo-amenorrea), ginecomastia e galattorrea (registrati anche negli uomini), oltre a disfunzioni sessuali. L utilizzo in pazienti con anamnesi positiva per patologia mammaria attuale o pregressa, va valutato con estrema attenzione o controindicato. La sulpiride e il suo enantiomero levogiro levo-sulpiride presentano un meccanismo d azione analogo a quello dell amisulpride. Il loro impiego è stato proposto sia per l azione gastrointestinale (antiemetici ed antidispeptici) che psicoattiva (nei disturbi depressivi e nei disturbi somatoformi) 61. L utilizzo di dosi di mg/die risulta in genere ben tollerato. In ambito oncologico, la levo-sulpiride ha dimostrato un efficacia superiore alla metoclopramide nella riduzione della nausea e della frequenza degli episodi di vomito in pazienti affetti da neoplasie in stato avanzato 62 e migliore profilo di tollerabilità 63. Un ulteriore studio ha indicato che l associazione tra una BDZ, l alprazolam (3 mg/die), e la levo-sulpiride (150 mg/die) è utile, specie se associata ad intervento psicosociale di supporto, a ridurre la sintomatologia depressiva e a migliorare la qualità della vita di pazienti anziani affetti da cancro 64,65. Come per l amisulpride, gli effetti collaterali riguardano il SNC (abbassamento della soglia epilettogena, discinesie e sindromi extra-piramidali) e il sistema endocrino (impotenza, iperprolattinemia con amenorrea, ginecomastia e galattorrea). Da non dimenticare sono infine i farmaci psicostimolanti, di uso piuttosto comune negli Stati Uniti per il trattamento dei disturbi depressivi in pazienti con patologie mediche in fase avanzata di malattia 66. In tale gruppo sono inserite fondamentalmente tre molecole, il metilfenidato, la dextro-amfetamina e la pemolina. Tali sostanze sono dotate di spiccata azione simpaticomimetica, potenziando a livello centrale gli effetti della NA e della DA. I possibili vantaggi degli psicostimolanti sono rappresentati dalla rapidità dell azione antidepressiva (pochi giorni) e dalla rapida eliminazione dall organismo. Gli svantaggi sono rappresentati dalla rapidità con cui viene raggiunta la tolleranza, specialmente per la dextro-amfetamina. Ciò faciliterebbe l abuso, che è particolarmente presente per dextro-amfetamina e metilfenidato e meno intenso per la pemolina. Alcuni dati hanno dimostrato infine l utilità 98

15 clinica degli psicostimolanti nel trattamento della depressione in pazienti neoplastici in fase terminale, che non avevano risposto a precedenti trattamenti antidepressivi o per i quali il trattamento antidepressivo era controindicato 67,68. IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI PSICORGANICI Diversi disturbi colpiscono la sfera cognitiva del paziente con cancro, specie se in fase avanzata. L impiego di neurolettici (NL) si pone a questo livello come strumento d elezione 69. Anche per i neurolettici si è assistito negli ultimi anni ad una profonda modifica del panorama delle molecole disponibili, che, solitamente, vengono oggi per comodità suddivise in NL classici (o di prima generazione) e NL atipici (o recenti). Neurolettici classici I NL classici comprendono diverse classi di molecole distinte per formula chimica (fenotiazine, butirrofenoni, difenilbutilpiperidine, tioxanteni, dibenzoxazepine, benzamidi sostituite), benché, per ragioni di praticità, si tenda a suddividere i NL in composti ad alta potenza (ad esempio i butirrofenoni) e a bassa potenza (le fenotiazine), in base alla loro attività prevalente sul sistema dopaminergico. Come è noto, l azione dei NL è legata agli effetti di blocco dei recettori postsinaptici D 2 a livello delle vie dopaminergiche mesolimbica e mesocorticale, mentre gli effetti collaterali motori (extrapiramidali) sono da mettere in correlazione con il blocco recettoriale a livello nigrostriatale ed i disturbi endocrinologici (iperprolattinemia) al blocco recettoriale a livello tuberoinfundibolare. I NL agiscono anche su altri sistemi neurotrasmettitoriali, quali sistema colinergico, istaminergico, noradrenergico e serotoninergico. L aloperidolo si pone come farmaco tra i più impiegati in ambito oncologico, per la sua potente azione di blocco dei recettori dopaminergici D 2, la scarsa azione anticolinergica e la buona maneggevolezza che lo rende farmaco di scelta nel trattamento del delirium. Generalmente impiegato a basse dosi (1-3 mg al dì), l aloperidolo ha dimostrato efficacia nel trattamento dei disturbi del pensiero, della percezione, della paura e dell agitazione psicomotoria in pazienti con delirium. Una frequente strategia di gestione del delirium in oncologia, è rappresentata dalla somministrazione di aloperidolo associato a lorazepam a basse dosi (0,5-1 mg, ogni 2 ore per os o per via endovenosa), di cui sembra beneficiare soprattutto il paziente marcatamente agitato, data la rapidità di manifestazione degli effetti farmacologici. Tale intervento congiunto non risulta tuttavia significativamente superiore rispetto al trattamento con NL in monosomministrazione in uno studio controllato in pazienti affetti da AIDS 70 associata all impiego dell aloperidolo, così come dei NL ad alta potenza, è la comparsa di importanti effetti extrapiramidali (distonie acute, acatisia, parkinsonismo iatrogeno, discinesia tardiva) che ne determinano la necessità di prudenza nel paziente con cancro. Tra i neurolettici sedativi o a bassa potenza di tipo fenotiazinico, la clorpro- PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002;

16 NÓOς A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO mazina e la promazina rappresentano farmaci spesso usati in oncologia. Il maggior effetto sedativo (legato all azione sui recettori istaminici H 1 ed α 1 - adrenergici), specie se in somministrazione per via intramuscolare, ne ha favorito la diffusione in ambito clinico. L impiego riguarda in particolare il trattamento del delirium iperattivo, anche se non deve essere sottovalutato il rischio che l elevata collateralità anticolinergica possa favorire, piuttosto che risolvere, lo stato di confusione mentale del paziente. Nel controllo dell agitazione nel paziente terminale affetto da delirium, viene considerato utile anche l impiego della metotrimeprazina (per via endovenosa o sottocutanea) a dosaggi compresi tra 12,5 e 50 mg ogni 4-8 ore, fino a raggiungere la dose totale di 300 mg/die. L uso di questo farmaco è tuttavia limitato dall eccessiva sedazione e dall ipotensione ortostatica. Accanto alle proprietà anticolinergiche suddette, ulteriori effetti collaterali sono rappresentati dal rischio di iperprolattinemia (cfr. paragrafo relativo alle benzamidi sostituite) che determina la necessità di attenzione nel paziente con patologia della mammella. I NL sono inoltre in grado di ridurre la soglia convulsiva, con la possibilità d indurre crisi comiziali, rischio che è maggiore con l impiego di dosi elevate di NL in pazienti con neoplasie (primitive o metastatiche) o sottoposti a trattamento chemioterapico per via intratecale, in individui affetti da danni cerebrali organici, oppure con anamnesi positiva attuale o pregressa, per epilessia. Molto raramente si possono inoltre, manifestare sintomi legati ad idiosincrasia quali ittero da stasi ed agranulocitosi. Quest ultimo effetto deve essere valutato con attenzione poiché può aumentare i tassi di mortalità fino al 30%. Neurolettici atipici La ricerca farmacologica degli ultimi anni ha portato alla sintesi di nuovi NL, dotati di maggiore selettività e minore collateralità. Tra questi, alcuni dati sono stati raccolti rispetto al trattamento di disturbi di natura psicorganica in pazienti con cancro. L olanzapina, neurolettico che agisce principalmente come antagonista dei recettori 5-HT 2A e meno su quelli dopaminergici D 1 e D 4, è risultato utile a questo proposito, data la scarsa incidenza di effetti extrapiramidali e di ipotensione ortostatica. Sono state riportate segnalazioni cliniche di pazienti in fase terminale di cancro e affetti da delirium in cui, a causa degli effetti extrapiramidali indotti da aloperidolo, il trattamento con olanzapina (10 mg la sera, associati a 2,5 mg al bisogno) ha determinato la completa scomparsa dei sintomi dopo tre giorni di trattamento 71. L utilizzo del farmaco in formulazione in fiale per uso intramuscolare, disponibile in via sperimentale, potrebbe avere importanti impieghi in oncologia (ad esempio trattamento del delirium in sostituzione dell aloperidolo) 72. Dati analoghi possono essere ipotizzabili per l impiego di altri NL atipici, quali il risperidone e la quetiapina. Il primo, usato anche a basse dosi (1,5-2 mg/die), si pone attualmente come farmaco di largo impiego in ambito geriatrico per la ridotta incidenza di effetti collaterali rispetto ai NL classici, anche se un uso routinario in ambito oncologico non risulta sperimentato. È evidente che i possibili effetti collaterali, 100

17 quali ipotensione ortostatica (evento più frequente), cefalea, iperprolattinemia (meno marcata rispetto all impiego di aloperidolo), nausea, insonnia o irrequietezza devono essere considerati nel trattamento di pazienti con cancro in fase avanzata. La formulazione disponibile in gocce può rappresentare un vantaggio in alcuni casi in cui l assunzione di compresse risulti problematica. Anche per la quetiapina ( mg/die partendo da mg giornalieri), molecola antagonista per i recettori serotoninergici 5-HT 2A e per i D 1 e D 2, non esistono dati specifici in oncologia, benché sia provata l azione antipsicotica. Vengono riportati alcuni effetti collaterali prevalentemente a livello cardiovascolare (ipotensione posturale, tachicardia), ematico (possibile leucopenia e neutropenia transitoria) ed epatico (possibile aumento SGPT e SGOT) che devono essere tenuti in considerazione nel paziente con cancro. IMPIEGO ADIUVANTE DEGLI PSICOFARMACI IN ONCOLOGIA Accanto all impiego per le patologie descritte, alcuni psicofarmaci hanno assunto un ruolo interessante nella gestione di diverse situazioni cliniche oncologiche, in particolare la nausea e il vomito anticipatorio, il dolore e le vampate di calore (hot flashes) secondarie a menopausa indotta chirurgicamente o farmacologicamente. PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002; Nausea e vomito anticipatorio La nausea e il vomito anticipatorio rappresentano un fenomeno di frequente osservazione durante il trattamento chemioterapico. Benché lo sviluppo di nuove e potenti molecole antiemetiche abbia migliorato l approccio a tale problema, l utilizzo di psicofarmaci ad azione adiuvante mantiene una propria validità intrinseca. L utilizzo di BDZ si pone in questo senso come strumento importante. Alcune molecole, quali lorazepam, alprazolam, e midazolam, si sono dimostrate particolarmente efficaci, sia per l azione ansiolitica che per l azione amnesizzante Le BDZ a breve durata d azione (come l alprazolam ed il lorazepam) sono in genere somministrate 2-3 volte al dì e sono utili soprattutto in quei pazienti in cui è marcato il livello d ansia o nelle prime fasi del trattamento degli stati ansiosi, in modo da evitare rischi di tossicità da accumulo in pazienti che possono presentare insufficienze d organo (tabella II). Per quanto riguarda i NL, vasta è la letteratura che ha valutato l efficacia di tali molecole, in particolare aloperidolo, come adiuvanti antiemetici in corso di chemioterapia 77. Dati più recenti indicano l efficacia dei NL atipici, in particolare olanzapina 78. Il dolore Diversi dati, accumulatisi negli ultimi anni, hanno registrato il ruolo significativo di alcune molecole nella riduzione del dolore da cancro. Diversi farmaci AD, quali TCA (ad esempio amitriptilina, imipramina), trazodone, e, 101

18 NÓOς Tabella II. Esempi di sequenze di trattamento dell ansia anticipatoria con BDZ. Prima ipotesi giorno precedente la chemioterapia alprazolam 0,25 mg prima di cena e 0,5 mg prima dell addormentamento A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO giorno del trattamento Seconda ipotesi alcuni giorni prima del trattamento Terza ipotesi giorno del trattamento 0,5 mg al mattino e immediatamente prima 1 mg alprazolam 0,25 mg 3-4 volte il dì 1 mg alprazolam al mattino prima della chemioterapia + metoclopramide o prednisolone o antiemetici di ultima generazione più recentemente SSRIs, hanno in questo senso dimostrato la loro efficacia 79,80. Il meccanismo attraverso il quale gli AD agirebbero sarebbe in parte legato all azione antidepressiva (dato il binomio dolore-depressione), in parte al potenziamento dell azione degli analgesici di tipo oppioide (anche attraverso un aumento della biodisponibilità dell oppioide AD-mediata) e in parte da un azione propria antidolorifica degli AD (mediata dal sistema NA, adenosinergico e, soprattutto, 5-HT-ergico e da un azione neuronale diretta). Benché l azione degli AD si sia dimostrata valida nel dolore neuropatico e non-neuropatico, più comune nella pratica clinica è il loro impiego nel dolore per il quale sia già stata impostata una terapia con farmaci oppioidi. Il trattamento va in genere iniziato a dosi basse (ad esempio mg TCA, 10 mg fluoxetina), aumentando gradualmente in alcuni giorni fino alla dose standard della molecola (compatibilmente con le condizioni del paziente e i possibili effetti collaterali del farmaco). L efficacia degli AD nella riduzione del dolore è stimata in circa il 60-70%. Tra gli AD, anche gli psicostimolanti si sono dimostrati in grado di potenziare l analgesia indotta da oppioidi in pazienti con cancro 81. Per quanto riguarda altri psicofarmaci, dati significativi vengono riportati nell impiego di alcune molecole nel trattamento del dolore neuropatico secondario al cancro. Tali molecole, oltre a possedere attività anticonvulsivante, sono impiegate in psichiatria quali riequilibratori dell umore Tra questi, la carbamazepina, a dosaggio compreso tra i 200 e i 900 mg/die, viene frequentemente impiegata. I diversi effetti collaterali a livello neurologico, epati- 102

19 co, dermatologico, gastrointestinale, cardiovascolare, endocrino ed ematico (in particolare, la possibile azione negativa sulla produzione di granulociti e piastrine) implica una valutazione regolare del livello plasmatici della molecola. Anche l utilizzo di valproato è stato valutato in pazienti con dolore neuropatico da cancro, con risultati indicanti risposte variabili 85. Attenzione a questo livello deve essere comunque posta, data la possibile azione negativa della molecola nel facilitare la tossicità di alcuni chemioterapici, quali cisplatino 86. Ulteriori dati si stanno accumulando relativamente all impiego di altri stabilizzatori dell umore, in particolare il gabapentin e la lamotrigina come adiuvanti nel trattamento del dolore 87,88. Per quanto riguarda il gabapentin, molecola GABA-agonista, con bassa emivita plasmatici ed eliminazione esclusivamente renale, il trattamento è solitamente iniziato a dosi basse ( mg/die) aumentando quindi a mg/die in dosi refratte, in funzione delle condizioni del paziente e dei possibili effetti collaterali (sonnolenza, cefalea, ipotensione arteriosa, leucopenia). La lamotrigina, che ha un azione di stabilizzazione di membrana, di inibizione della neurotrasmissione e di prolungamento della fase di inattivazione del canale degli ioni sodio, viene impiegata usualmente ad un dosaggio compreso tra i 25 mg/die (dose iniziale) e i 400 mg/die. Gli effetti collaterali principali sono dati da sonnolenza, cefalea, eruzione cutanea e alterazioni ematiche (leucopenia, trombocitopenia). Infine, alcuni dati suggeriscono che tra i NL, alcune molecole (ad esempio aloperidolo, pimozide, metotrimeprazina) a basso dosaggio possono porsi come adiuvanti nel trattamento dl dolore da cancro. Ugualmente registrata è l azione co-analgesica di farmaci con proprietà ansiolitica, quali alprazolam e clonazepam, tra le BDZ, e idrossizina tra gli antistaminici. La letteratura a questo proposito è tuttavia meno vasta rispetto a quanto registrato per i farmaci AD e i riequilibratori dell umore. PSICOFARMACOTERAPIA DEI PAZIENTI A RISCHIO NÓOς 2:2002; Hot flashes Lo sviluppo di sintomi tipo vampate di calore secondarie alle alterazioni ormonali determinate dalla terapia antineoplastica ha trovato possibilità di trattamento nell impiego di alcune molecole con azione antidepressiva di fondo. Un recente studio ha indicato l efficacia della paroxetina nel ridurre sia i sintomi depressivi e ansiosi sia la frequenza e l intensità delle vampate di calore in pazienti affette da cancro della mammella 89, oltre che di prurito in soggetti in fase avanzata di malattia 90. Anche per la venlafaxina è stata riportata una riduzione della frequenza e dell intensità delle vampate di calore sia in pazienti affette da neoplasia della mammella 91,92 che in pazienti colpiti da carcinoma della prostata 93. VANTAGGI E LIMITI DEGLI PSICOFARMACI IN ONCOLOGIA Risulta chiaro, da quanto detto, che la psicofarmacoterapia del paziente affetto da cancro si pone come area importante, per gli indubbi vantaggi determinati nel miglioramento della sintomatologia psichiatrica e per effetti adiuvan- 103

20 NÓOς A. FACCHI - L. GRASSI L IMPIEGO DEGLI PSICOFARMACI NEL PAZIENTE CON CANCRO ti nel trattamento di sintomi somatici secondari (ad esempio dolore, hot flashes). È necessario tuttavia sottolineare la necessità di una attenzione maggiore, in questa area, rispetto ad alcune problematiche da approfondire. Una prima problematica riguarda la scarsità di studi controllati a questo livello. Poche indagini hanno valutato in maniera sistematica i vantaggi e i limiti del trattamento ansiolitico (in particolare di tipo BDZ), l efficacia e la collateralità dei farmaci AD e l azione dei NL nel trattamento del delirium. Un secondo punto riguarda la necessità di un più attento esame delle interazioni tra psicofarmaci e molecole impiegate routinariamente nel trattamento oncologico, quali chemioterapici (nelle diverse categorie), sostanze ormonali e interferone 94. Un ulteriore livello di ricerca riguarda le proprietà degli psicofarmaci rispetto all azione specifica sul cancro, oltre che sui quadri psichiatrici secondari al cancro. Esistono da un lato dati sicuramente contrastanti rispetto ad un ipotetico maggior rischio di patologie neoplastiche in pazienti che assumono psicofarmaci , dall altro dati indicativi di un azione inibente (o in qualche studio facilitante) di alcune molecole con proprietà psicofarmacologiche sulla proliferazione neoplastica Una maggiore integrazione tra discipline psichiatriche e oncologiche risulta quindi necessaria per dare risposte più chiare nei diversi ambiti di applicazione psicofarmacologica e per migliorare l approccio interdisciplinare ai pazienti affetti da patologie neoplastiche. Bibliografia 1. Holland JM. Psycho-Oncology. New York: Oxford University Press; Bellani M, Morasso G, Orrù W, Grassi L, Amadori D, Casali P, Bruzzi P. Psiconcologia. Milano: Masson; Derogatis LR, Morrow GR, Fetting J, et al. The prevalence of psychiatric disorders among cancer patients. JAMA 1983; 249: Zabora J, Blanchard CG, Smith Ed, et al. Prevalence of psychological distress among cancer patients across the disease continuum. J Psychosoc Oncol 1997; 15: Grassi L, Albieri G, Rosti G, Marangolo M. Psychiatric morbidity after cancer diagnosis. Exp Clin Psychiatry 1987; 3: Morasso G, Costantini M, Baracco G, et al. Assessing psychological distress in cancer patients: validation of a self-administered questionnaire. Oncology 1996; 53: Razavi D, Delvaux N, Farvacques C, Robaye E. Screening for adjustment disorders and major depressive disorders in cancer patients. Br J Psychiatry 1990; 156: Kissane DW, Clarke DM, Ikin J, et al. Psychological morbidity and quality of life in Australian women with early stage breast cancer: a cross-sectional survey. Med J Aust 1998; 169: Grassi L, Rosti G. Psychiatric morbidity among long-term survivors of cancer. A six-year follow-up study. Psychosomatics 1996; 37: Van t Spijker A, Trijsburg RW, Duivenvoorden HJ. Psychological sequelae of cancer diagnosis: a meta-analytical review of 58 studies after Psychosom Med 1997; 59: Chochinov HM. Psychiatry and terminal illness. Can J Psychiatry 2000; 45: Breitbart W, Chochinov HM, Passik S. Psychiatric aspects of palliative care. In: Doyle D, Hanks GWC, Mac Donald N. Oxford textbook of Palliative Medicine. New York: Oxford 104

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