Raccontata da Stefano Elio D anna. Estratto Capitolo 1 L INCONTRO CON IL DREAMER

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1 Raccontata da Stefano Elio D anna Estratto Capitolo 1 L INCONTRO CON IL DREAMER

2 Questo Libro Questo libro è una mappa, un piano di fuga. Il suo scopo è mostrarvi il percorso che un uomo comune ha seguito per sfuggire al racconto ipnotico del mondo, alla descrizione lamentosa ed accusatoria dell esistenza, per deragliare dai solchi di un destino già tracciato. Questo libro non sarebbe mai esistito, né avrei potuto scriverne un solo rigo, se non avessi incontrato il Dreamer e il Suo insegnamento. Al Dreamer va la mia infinita gratitudine per avermi accompagnato per mano nel mondo del sogno, nel mondo del coraggio e dell impeccabilità, dove il tempo e la morte non esistono e dove la ricchezza non conosce ladri né ruggine. In questo viaggio di ritorno all essenza ho dovuto abbandonare tanta zavorra: pensieri mediocri, emozioni negative, convinzioni ed idee di seconda mano. Ho dovuto vincere me stesso, riconoscere ed affrontare la parte più oscura di me. Tutto ciò che vediamo, tocchiamo e sentiamo, la realtà in tutta la sua varietà, non è altro che la proiezione di un universo invisibile che esiste al di sopra del nostro mondo e ne è la vera causa. Difficilmente siamo consapevoli di essere circondati dall invisibilità, di vivere in un mondo prodotto dal sogno, che tutto ciò che conta ed è reale in un uomo è invisibile. Tutti i nostri pensieri, sentimenti, fantasie, immaginazioni, sono invisibili. Le nostre speranze, ambizioni, segreti, paure, dubbi, perplessità, incertezze, e tutte le nostre sensazioni, attrazioni, desideri, avversioni, amori ed odi, appartengono al sottile, impalpabile, ma reale mondo dell essere. L invisibile non é qualcosa di metafisico, di poetico o mitico, e neanche di misterioso, segreto o soprannaturale; non é una porzione stabile del mondo dei fenomeni e degli eventi, delle categorie del reale. In ogni epoca il cambiamento del momento storico, del clima intellettuale, l uso di strumenti più sofisticati, ne modificano continuamente i confini facendo rientrare porzioni sempre più vaste dell invisibile di ieri tra i legittimi soggetti della ricerca scientifica di oggi. Questo libro è la storia della rinascita di un uomo comune, epitome di una umanità decaduta, sconfitta. Il suo viaggio di ritorno all essenza è un nuovo esodo alla ricerca dell integrità perduta. La prima condizione per intraprendere questo viaggio è la consapevolezza del proprio stato di schiavitù.. 2

3 La radice, la causa prima di tutti i problemi del mondo, dalla povertà endemica di intere regioni del pianeta alla criminalità ed alle guerre, è che l'umanità pensa e sente negativamente. Le emozioni negative governano il mondo che conosciamo. Esse sono irreali eppure occupano ogni angolo della nostra vita. Per cambiare il destino dell'uomo bisogna cambiarne la psicologia, il suo sistema di convinzioni e di credenze. Bisogna estirpare dal profondo la tirannia di una mentalità conflittuale, fragile, mortale. La malattia più temibile del pianeta non è il cancro né l'aids, ma il pensiero conflittuale dell uomo. E questo l architrave su cui poggia la visione ordinaria del mondo, il vero killer planetario. La direzione indicata dal Dreamer è terribile e meravigliosa, sofferta e gioiosa, assurda e necessaria come il corso di un salmone che risale il fiume controcorrente. La Sua filosofia mi apparve inizialmente come una trasgressione alle leggi naturali cui è soggetta l'intera umanità; essa è invece prevista e voluta dall'ordine universale delle cose e ne è la visione più alta. Il libro è il racconto degli anni di studio e di preparazione vissuti accanto a un essere straordinario, da Lui ho ricevuto in dono il più incredibile dei compiti: la creazione di una Scuola planetaria, un Università senza frontiere. Ho sognato una Rivoluzione Individuale capace di capovolgere i paradigmi mentali della vecchia umanità e liberarla per sempre dalla sua conflittualità, dal dubbio, dalla paura, dal dolore. Ho sognato una Scuola che educhi una nuova generazione di leader ad armonizzare gli apparenti antagonismi di sempre: economia ed etica, azione e contemplazione, potere finanziario e amore. Crescendo e mutando sotto i miei occhi, come un essere in gestazione, giorno dopo giorno, La Scuola degli Dei si costruiva, ed io mi costruivo. Apparentemente ero io a scriverlo, in realtà il libro era già scritto da sempre. Le leggi del Dreamer, le Sue idee, stanno ancora scavandomi dentro e tuttora, per la maggior parte, esse restano incomprese. Come Prometeo, ho carpito una scintilla dal mondo del Dreamer e l ho tenuta stretta per poterla un giorno donare a uomini e donne che, come me, vorranno abbandonare i gironi infernali dell ordinarietà. Una volta credevo che scrivere, e soprattutto insegnare, fosse il vero dare. Ora so che insegnare è solo uno stratagemma per conoscersi, per scoprire la propria incompletezza e guarirla. Si può insegnare solo se non si sa - dice il Dreamer Chi realmente sa non insegna!. 3

4 Quello che abbiamo compreso, ciò che realmente possediamo, non si può trasferire. La felicità, la ricchezza, la conoscenza, la volontà, l amore non possono essere acquisiti dall esterno, non possono essere dati ma soltanto... ricor-dati. Sono beni inalienabili dell essere, e per questo, patrimonio naturale di ogni uomo. Nessuna politica, religione o sistema filosofico può trasformare la società dall esterno. Solo una rivoluzione individuale, una rinascita psicologica, una guarigione dell essere, uomo per uomo, cellula per cellula, potrà condurci verso un benessere planetario, verso una civiltà più intelligente, più vera, più felice. Nel raccontare quanto ho appreso accanto al Dreamer ho evitato intenzionalmente di includere episodi, avvenimenti e rivelazioni che potevano eccedere la capacità di accettazione del lettore, riferendo solo quelli che, benché rivoluzionari, mi sono sembrati puntuali con lo stato attuale dell umanità.. 4

5 CAPITOLO I L incontro con il Dreamer 1 L incontro con il Dreamer A quel tempo vivevo a New York in un appartamento di Roosevelt Island, la piccola isola nel mezzo dell East River, tra Manahattan e Queens. L isolotto, come una nave all ancora, sembrava sul punto di sciogliere gli ormeggi per scivolare con la corrente verso la libertà dell oceano; ma giorno dopo giorno restava immobile nell oscurità ondosa del fiume. Entrai in camera per dare la buonanotte ai bambini, ma già dormivano. In punta di piedi ritornai nel soggiorno. Il silenzio della notte mi fasciava e mi nascondeva. Un senso di estraneità vicino alla repulsione mi faceva sentire un ladro penetrato nella vita di uno sconosciuto. Restai ad osservare il profilo punteggiato di luci del Queensborough Bridge. Il ponte sembrava sospeso sul vuoto immenso dei suoi atomi di metallo. Era freddo, incombente come una minaccia. Jennifer si era da poco ritirata in camera, nello stile americano che conclude un litigio. Ero tornato tardi quella sera. Ero stato al J.F. Kennedy a prendere un amico che non vedevo da tempo. Dall incontro ricavai l impressione che la sua vita fosse più agiata, più felice della mia. Sentimenti di invidia, di gelosia e una rivalità cieca, rigurgiti di un passato non risolto, scattarono insieme ad una loquacità meccanica, ad un impulso a parlare senza freno. In macchina, una bugia dietro l altra, venne fuori una storia romanzata dei miei anni a New York. Gli raccontai dell impossibilità di partecipare a tutti i party cui ero invitato, dei vernissage, delle prime teatrali, dei miei successi professionali, dei miei hobbies, e soprattutto di quanto ero felice con Jennifer. Le parole mi arrivavano in gola morte, un pianto mi montava dentro. La nausea per quel fiume di insincerità che scorreva denso, inarrestabile, il senso di impotenza a governare quella sequela di menzogne, divennero insopportabili. Avrei voluto interrompere quell assurda esibizione; ma più tentavo di arrestare quel disastro e più sentivo l impossibilità di separarmi da quell essere meccanico, dall uomo che ero; più sentivo ripugnanza per le parole che pronunciavo e più realizzavo l impossibilità di porvi rimedio. Eravamo in due nello stesso corpo. Il pensiero di essere intrappolato in una entità bifronte, siamese, centauro, androgino, prigioniero per sempre di una simbiosi grottesca e feroce, mi atterrì.. 5

6 L aria si oscurò. Mi accorsi di aver sbagliato strada. Ci stavamo addentrando in un labirinto desolato di vie male illuminate e sempre più sporche. Le parole si smorzarono e a poco a poco un silenzio freddo si impossessò dell auto. Procedevo ormai a passo d uomo sotto scrosci di pioggia torrenziale, quando notai i fari di una macchina tallonarci ed intravidi alcune ombre fare capolino dai pilastri di una soprelevata. Mi voltai a guardare il mio amico e raggelai. Tremava senza controllo, la sua faccia era una maschera di paura. Accelerai. I battiti del cuore si erano fatti così forti da squassarmi il petto. Svoltai d istinto nella prima strada che trovai. Con una brusca sterzata evitai un gruppo di vagabondi stretti intorno ad un bidone in fiamme. Le ombre dei palazzi erano fauci mostruose, la gorgia di un inferno che ci stava fagocitando. Un suono di sirene spiegate lacerò l aria e urtò quell atmosfera angosciosa spezzandola. Nel retrovisore, da cui lanciavo di continuo occhiate disperate sulla macchina che ci inseguiva, vidi i fari allontanarsi fino a sparire, ingoiati dal buio. Riconobbi i segni di un quartiere più umano ed alcuni cartelli indicatori che finalmente ci riportarono a casa. Non rividi mai più quel vecchio amico. Feci il breve tratto in ascensore in compagnia di un gigante nero, un idiota che con il suo farfugliare mi accompagnò fino al sedicesimo piano. Roosevelt Island era a quel tempo un esperimento di integrazione e non era raro l incontro con portatori di handicap che risiedevano sull isola con i loro accompagnatori. L accoglienza che mi riservò Jennifer, i suoi capelli arricciati nei bigodini ondeggianti come serpi di medusa, la sigaretta tra le dita mentre sbraitava e misurava a passi nervosi il soggiorno, furono gli ultimi suoi riflessi nello specchio della mia vita. Sentii la vacuità della nostra relazione e tutta la dolorosità della mia esistenza, come se il lento anestetico che mi aveva intorpidito per anni stesse d improvviso cessando il suo effetto. Quell appartamento, il rapporto con quella donna e qualunque oggetto su cui ora poggiavo lo sguardo mostravano una mediocrità insanabile. Quelle scelte che credevo espressioni della mia personalità si stavano rivelando trappole senza vie d uscita. Non era così che avevo sognato la mia vita! Avvertii la mia impotenza con ripugnanza. Una disperazione muta mi travolse. Un fiume gelido e denso abbatté ogni argine, ogni bugia, ogni compromesso e mi gettò come un naufrago su una sponda desolata dell essere. Reclinai la fronte sulle braccia. Poi la tristezza si fece sonno. L interno della villa era immerso in un buio profondo appena stemperato da un presagio d alba. Un antica tela occupava la parete di fondo della grande sala. Alla fioca luce disponibile vi indovinai uno scenario silvestre con al centro una figura sognante. Come il dipinto, ogni dettaglio di quell ambiente, dall architettura agli arredi, trasmetteva un intenso messaggio di bellezza. Trovarmi in quella villa, a quell ora incerta tra la notte e l alba, era molto strano, eppure non sembravo sorpreso. Tutto mi appariva familiare, anche se ero certo di non esserci mai stato prima. La villa restava silenziosa, come assorta in un pensiero. Salii le antiche scale di pietra fino alla massiccia porta di una camera. Osservai che ero accuratamente vestito, come se dovessi incontrare un autorità sconosciuta. Non ricordo cosa agitasse il mio animo, ma ero ansioso e di cattivo umore. Una ridda di sentimenti alimentava. 6

7 il mio monologo interno come sterpi in una fornace. Mi slacciai le scarpe e le deposi sulla soglia. Anche questa operazione mi sembrò naturale. Per certo, quei movimenti, noti e necessari, erano parte di un rituale eseguito già altre volte. Mi sembrava perfino di sapere che cosa mi attendesse oltre quella porta, senza però averne la minima idea. Nel bussare avvertii un improvvisa inquietudine che sostituì d un colpo il flusso dei miei pensieri; una specie di timore riverente. Qualcosa dentro di me sapeva. Senza attendere risposta ai miei leggeri colpi, poggiai il mio peso sulla maniglia di ferro battuto e spinsi abbastanza da creare un varco. Diedi un occhiata al camino. Il bagliore della fiamma mi fece male agli occhi, tanto che dovetti distogliere lo sguardo e chiudere le palpebre per non lacrimare. Lui era accanto al fuoco. Mi volgeva le spalle. Vidi proiettata sulla parete l ombra della Sua sagoma. La stanza, che il fuoco remoto lasciava in penombra, era per due lati percorsa da archi imponenti che incorniciavano finestre antiche, occhiaie di pietra aperte sul buio. Attraverso quelle a est vedevo una porzione di cielo intenerirsi dei colori dell alba. Stavo avanzando cautamente di qualche passo sul bianco lago del pavimento, quando la Sua voce risuonò alta e terribile raggelando ogni mio movimento e pensiero. Sei in condizioni disastrose! - disse, senza voltarsi Lo sento da come entri, dai tuoi passi e soprattutto dal tanfo delle tue emozioni. Sei una moltitudine, una folla di pensieri. Dove vai in questo stato? Ridotto in mille pezzi come sei, a stento riesci a vivere la tua esistenza da impiegato. Io non sono un impiegato rintuzzai con forza, come a difendermi da un attacco fisico, improvviso. Chiunque egli fosse, era opportuno stabilire subito le giuste distanze tra noi. Ma l impeto delle mie parole si spense contro pareti di ovatta. Assalito da un timore sconosciuto, trovai a stento la voce per ribattere: Io sono un manager!. Il silenzio che seguì si allargò nell essere a dismisura; una risata beffarda mi echeggiò dentro per un tempo infinito. Rimasi dolorosamente sospeso, incerto su quale parte di me fosse beffata e quale la beffasse. Poi da quell eternità la voce emerse di nuovo. Come ti permetti di dire io? - disse con un tono sprezzante che mi colpì come uno schiaffo in piena faccia - Nel mio mondo pronunciare io è una bestemmia. Io è la divisione che ti porti dentro... io è la tua folla di bugie... Ogni volta che affermi uno dei tuoi piccoli io stai mentendo. Io può dirlo solo chi conosce se stesso, chi è padrone della propria vita... chi possiede una volontà. Ci fu una pausa. Quando riprese a parlare le Sue parole suonarono ancora più minacciose. Non pronunciare mai più io o qui non potrai più tornare! Osservati Scopri chi sei! To be a multitude means to be trapped in an unreal, inescapable, self-created system of false beliefs and lies. Lack of unity leaves man in the prison of ignorance, fear and self-destruction, and causes illness, degradation, violence, cruelty and wars in the outer world. Il mondo è come tu lo sogni é uno specchio. Fuori trovi il tuo mondo, il mondo che hai costruito, che hai sognato. Fuori trovi te! Vai a vedere chi sei.. 7

8 Scoprirai che gli altri sono l immagine riflessa della bugia che ti porti dentro, del compromesso, della tua ignoranza Cambia! e il mondo cambierà. Crei un mondo malato e poi hai paura della tua stessa creatura, della violenza che tu stesso hai generato. Credi che il mondo sia oggettivo ma il mondo è come tu lo sogni. Vai nel mondo e accettali Incontra i poveri, i violenti, i lebbrosi che ti porti dentro. Accettali... Non evitarli, non accusarli Arrenditi al tuo mondo. Vai e accetta consapevolmente quello che hai creato: un mondo rigido, ignorante senza vita. Il potere di un uomo è nel possedere se stesso e nello stesso tempo, arrendersi a se stesso. Bruscamente, la voce assunse il tono ruvido di un ordine: In Mia presenza carta e penna! comandò Non lo dimenticare mai!. Il tono perentorio, quell improvviso cambiamento di soggetto, mi sconcertarono. Poi lo sconcerto si trasformò rapidamente in paura e questa in panico. Mi sentii sovrastato da una minaccia mortale. Ogni senso era teso allo spasimo quando sentii la Sua voce diventare un sibilo potente: Questa volta dovrai scrivere. Carta e penna saranno la tua sola salvezza disse - Scrivere le Mie parole è il solo modo che hai per non dimenticare Scrivi! Solo così potrai racimolare i brandelli sparsi della tua esistenza. Poi, come se non si fosse mai interrotto, si riallacciò alla mia ultima affermazione e rimbeccò: Un manager è un impiegato che si sforza di credere in quello che fa; si impone una fede è il sacerdote di un culto che, per quanto mediocre, gli dà un appartenenza, l illusione di avere una direzione. Ma tu non hai neppure questo! Pensieri, sensazioni e desideri in assenza della volontà sono schegge impazzite nell essere e tu, un frammento in balia nell universo.... Quelle parole mi si rovesciarono addosso come una doccia fredda ed improvvisa che mi lasciò boccheggiante. La temperatura sembrò abbassarsi di parecchi gradi e mi sentii gelare. Uno sconfinato imbarazzo, come non lo avevo ancora provato in tutta la vita, mi pervase con crudele lentezza. Sussultai sentendo la Sua voce parlarmi all orecchio, così incredibilmente vicina da poterne sentire il respiro. Il tono era un sussurro rauco, senza dolcezza. Nelle tribù indiane d America c era una casta degli ultimi: uomini che non erano né sciamani né guerrieri; non cacciavano, non competevano né per il rango né per le donne Erano adibiti ai lavori più umili e gravosi. Erano quelli che indietreggiavano davanti alle prove di coraggio, di incorruttibilità. Qui si fermò. Poi, rapido, lanciò la sua stoccata. Ero paralizzato e non potei fare nulla per pararla o fermarla. In qualunque tribù, primitiva o moderna sussurrò con ferocia tu saresti messo lì, a quel punto della scala.... Il colpo mi raggiunse in pieno petto. Esplosi di vergogna. Adesso non volevo neppure più che smettesse. Volevo soltanto fuggire; trovare la forza di girare le spalle, semplicemente, e sparire. Se solo uno squillo di telefono o il suono di una sveglia mi avesse tirato fuori di lì. Ma non potevo muovere un muscolo né fare un movimento. Una legge implacabile, lì, nel mondo del Dreamer, non consentiva un solo gesto né un sospiro che non avesse dignità. Lo so, vorresti uscire dal sogno incalzò Ma Io sono la realtà. La tua vita, il mondo in cui credi di poter scegliere e decidere, sono irreali... sono un orribile incubo. Sposarti, avere figli, far carriera, avere una casa, essere stimato e riconosciuto dagli. 8

9 altri... e tutto quello in cui hai creduto, sono feticci senza senso che hai idolatrato e messo avanti a tutto. Solo il sogno è reale affermò Il sogno è la cosa più reale che ci sia. Impara a muoverti nel mondo del reale. Qui le tue abitudini e convinzioni, i tuoi vecchi codici non hanno più valore... Quella che tu chiami realtà è solo apparenza, va totalmente capovolta e non c è nulla del vecchio che puoi portarti dietro... Dovrai imparare un nuovo modo di pensare, di respirare, di agire e di amare... Hai vissuto un esistenza senza scopo... dolorosa. Nascosto dietro un impiego, dietro la protezione illusoria di uno stipendio, stai perpetuando la povertà, la sofferenza del mondo diagnosticò con voce dolce e severa, come alla constatazione di un danno grave La vita è troppo preziosa per dipendere ed è troppo ricca per perdere! È ora di cambiare!. Una pausa moltiplicò la forza delle parole che seguirono. E tempo di abbandonare la tua visione conflittuale del mondo. E tempo di morire a tutto ciò che non ha vita. E tempo di una rinascita. E tempo di un nuovo esodo, di una nuova libertà. E la più grande avventura che un uomo possa immaginare: la riconquista della propria integrità. Gli occhi si erano quasi abituati a quella penombra quando l aurora cominciò a dissipare il buio della notte. Un raggio di sole colpì la grande trave di mogano su cui poggiava la cappa di pietra. Incise e dipinte in oro, a grandi lettere gotiche, apparvero le parole: Visibilia ex Invisibilibus. 2 Il lavoro è schiavitù Chi sei? ebbi appena la forza di chiedere. Io sono il Dreamer - disse Io sono il sognatore e tu il sognato. Sei arrivato a Me per un attimo di sincerità. Il silenzio che seguì allargò i suoi cerchi all infinito. La Sua voce divenne un fruscìo. Io sono la libertà! annunciò Dopo avermi incontrato non potrai più vivere un esistenza così insignificante. Le parole che seguirono sarebbero rimaste per sempre incise nella memoria. Dipendere è sempre una scelta personale, anche se involontaria. Niente e nessuno può costringerti a dipendere, solo tu puoi farlo. Fissandomi di proposito, affermò che l attitudine ad accusare il mondo e a lamentarsi erano la prova più certa della incomprensione di questi principi. Un uomo non dipende da un impresa, non è limitato da una gerarchia o da un boss, ma dalla sua paura. La dipendenza è paura. Dipendere non è l effetto di un contratto, non è legato a un ruolo né nasce dall appartenenza ad una classe sociale Dipendere è la conseguenza di un abbassamento della propria dignità. E il risultato di uno spappolamento dell essere. Questa condizione interna, questa degradazione, nel mondo prende la forma di un impiego, assume l aspetto di un ruolo subordinato. Dipendere é l effetto di una mente resa schiava da timori immaginari, dalla propria paura La dipendenza è l effetto visibile della capitolazione del sogno.. 9

10 Questa conclusione, il modo in cui aveva pronunciato ogni volta la parola dipendere, la lenta scansione delle sillabe, stavano rivelandone il vero significato nascosto dalla banalità dell uso comune. La dipendenza è una malattia dell essere! Nasce dalla propria incompletezza denunciò il Dreamer Dipendere significa smettere di credere in se stesso. Dipendere significa smettere di sognare. Più rimuginavo quelle Sue parole e più le sentivo scavarmi dentro. Il mio risentimento si acuì fino a diventare collera. Quel Suo modo di tranciare giudizi su una categoria così vasta di persone era intollerabile. Cos aveva a che fare la vita, il lavoro di un uomo, con i suoi sentimenti o con le sue paure? Per me questi due mondi, interno ed esterno, erano sempre stati separati e tali dovevano restare. Credevo fermamente che si potesse dipendere fuori ed essere liberi dentro. Questa certezza alimentava la mia indignazione. Come milioni di uomini, hai vissuto tutta la tua vita nascosto tra le pieghe di organizzazioni senza vita - mi accusò - Hai barattato la tua libertà per un pugno di certezze illusorie. È tempo di uscire dal tuo sonno ipnotico dalla tua visione infernale dell esistenza!. Nessuno mai mi aveva trattato così. Chi ti dà l autorità di parlarmi in questo modo? sbottai in tono di sfida. Tu. Quella risposta, inaspettata, mi recluse in uno stato di impotenza. Provavo uno schiacciante senso di colpa. Avrei voluto nascondermi. Un inspiegabile sensazione di vergogna mi faceva sentire nudo di fronte a quell essere che ancora non aveva un volto. Sentii l impulso di fuggire. Con le ultime forze tentai di recuperare quella situazione che mi stava catapultando fuori dai confini del mondo. Ma come potrebbero le organizzazioni funzionare senza dipendenti? dissi con pacatezza nel tentativo di ricondurre quel dialogo nei termini della coerenza e della ragione. Il Dreamer taceva. Incoraggiato dal Suo silenzio che scambiai per perplessità, o incapacità a rispondermi, incalzai: Se non ci fossero loro... si fermerebbe il mondo. Al contrario! ribatté seccamente Il mondo è fermo perché esistono uomini che dipendono, uomini spaventati a morte. L umanità così com è non può concepire una società libera dalla dipendenza. Accorgendosi che ero al limite delle mie capacità di comprensione era stato raggiunto e superato, alleggerì il tono che diventò quasi incoraggiante. Non temere! disse con sarcastica sollecitudine Finché ci saranno uomini come te il mondo della dipendenza ci sarà sempre e continuerà ad essere densamente abitato. La pausa che seguì raggelò l aria tra noi. Il Suo tono da leggero ed ironico diventò duro come l acciaio. Tu! non potrai più farne parte perché hai incontrato Me!. Sentii un bisturi di luce perforare dolorosamente strati calcificati di pensieri e ciarpame emozionale. La dipendenza è la negazione del sogno continuò La dipendenza è la maschera che gli uomini indossano per nascondere l assenza di libertà, la rinuncia alla vita.. 10

11 Quella parola, dipendente, l avevo ascoltata e pronunciata tante volte, ma solo da quel primo incontro con il Dreamer ne realizzai tutta la dolorosità. La condizione impiegatizia si rivelava una moderna trasposizione dell antica schiavitù. Uno stato di immaturità interiore, di soggezione. Attraverso uno squarcio nella coscienza, vidi masse umane condannate al destino di Sisifo, incatenate alla ripetitività senza fine di un lavoro-fatica, di un lavoro non scelto, di un lavoro senza creatività. In un flashback, rividi la facciata dell edificio della Rusconi a Milano, in Viale Sarca, con l insegna Ingresso Dipendenti torreggiante sulla lunga teoria di varchi riservati agli impiegati. Attraverso quelle strettoie immaginai uno sterminato esercito di esseri curvi, sconfitti, passare come i romani nel Sannio sotto le Forche caudine, una processione planetaria di uomini e donne che avevano smesso di credere nella propria unicità. Un presagio di morte dell individuo oscurò l aria e tutta la tristezza di quella sorte mi strinse l anima in una morsa d acciaio. Il Dreamer penetrò in questa visione con la delicatezza di chi sta avvicinando i lembi di una ferita mortale. Le Sue parole avevano un intonazione ieratica quando annunciò: Un giorno una società sognante non lavorerà più. Un umanità che ama sarà abbastanza ricca per sognare e sarà infinitamente ricca perché sogna. L universo è totalmente abbondante, è una cornucopia traboccante di tutto quello che il cuore di un uomo può desiderare... In un tale universo è impossibile temere la scarsità. Solo uomini come te, intrappolati nella paura e nel dubbio, possono essere poveri e perpetuare la dipendenza e la miseria nel mondo. Ma io non sono povero! - gridai con voce strozzata dall indignazione Perché dici questo?. Dentro di me giustificavo, ed affastellavo tutte le possibili ragioni per dimostrare l assurdità di quell accusa. Il Dreamer restava silenzioso. Io non sono povero!! gridai di nuovo Ho una bella casa, ho un lavoro da dirigente, ho amici che mi stimano ho due figli ai quali faccio da padre e madre. Qui mi fermai, sopraffatto da quell intollerabile ingiustizia e da quell offesa senza fondamento. Povertà significa non vedere i propri limiti - precisò il Dreamer Essere povero significa aver ceduto il proprio diritto di artefice in cambio di un lavoro che non ami, che non hai scelto. Tu! aggiunse quando già speravo che avesse finito sei il più povero tra i poveri. Perché ancora non sai chi sei Hai dimenticato! A nessun altro ho dato tante opportunità per farcela. Questa è l ultima volta. D un tratto, quel sentimento di offesa, di ingiustizia, che aveva invaso ogni angolo del mio essere svanì, ed ogni mia difesa cedette sotto quel decisivo colpo d ariete. Sentii gemere i vecchi cardini su cui poggiava la mia esistenza. Le convinzioni più radicate, come templi scossi dalle fondamenta, stavano crollando. Apri gli occhi sulla tua condizione e saprai quanto l uomo si sia allontanato dalla sua regalità. Siamo qui apparentemente nella stessa stanza, eppure ci separano eoni infiniti di tempo. A quelle parole, come al bagliore di un lampo che lacera il buio della notte, ebbi la percezione della distanza da quell essere. Realizzai la falsità della mia dignità offesa e l insignificanza di quell io che, come uno squittio all universo, avevo pronunciato davanti al Dreamer.. 11

12 Come il sipario su un opera buffa, cadde la mia illusione di appartenere ad una classe decisionale, a una élite di uomini responsabili, dotati di volontà, indipendenti, padroni della propria vita. Avevo gli occhi lucidi. Senza accorgermene stavo scivolando nelle sabbie mobili dell autocommiserazione. Provvidenzialmente, il Dreamer intervenne con un ruvido massaggio all essere: Ora svegliati! Fai la tua rivoluzione Insorgi contro te stesso! mi ordinò scuotendomi ed offrendomi una via d uscita dall angolo di contrizione in cui mi stavo rinserrando. Sogna la libertà la libertà da ogni limite Tu sei il solo ostacolo a tutto quello che puoi desiderare. Sogna Sogna Sogna senza posa! Il sogno è la cosa più reale che ci sia. 3 Sono una donna Poi la Sua intonazione cambiò e la voce, da profonda e risoluta, si trasformò in quella di una donna. Quel cambiamento mi gelò il sangue nelle vene. Non era possibile! Quella voce... era... era... Il pensiero cadde in una voragine... Le parole che pronunciò, anche se non più violente, divennero insostenibili. Sono una donna in fin di vita - disse quella voce. La pausa che seguì mi diede tutto il tempo di assaporare la nausea dolciastra di un terrore sconosciuto. Ero paralizzato, impotente a sollevare lo sguardo. Un occhio impietoso, grande come l intero orizzonte, si stava aprendo sul mio passato. Temevo che non avrei potuto reggerne la visione. Sono una donna ammalata di cancro che ti maledice per il tuo abbandono, per l incapacità di sostenere la sua morte annunciata. Proteso nell ascolto, il corpo percorso da brividi, sentivo che ogni parola stava sospingendomi verso la bocca di un baratro. Era Luisella che mi stava parlando, raggiungendomi oltre il tempo, oltre i confini della vita, con la sua dolcezza indifesa. Le terribili circostanze della sua morte, a 27 anni, stavano ora ripresentandosi alla coscienza. La grettezza di tanti episodi della nostra vita insieme, l egoismo che mi aveva fatto barattare tutto e tutti contro un briciolo di sicurezza, le preoccupazioni legate al denaro, alla carriera e l incapacità di amarla, mi esplosero dentro in un unica percezione di dolore. Una vergogna infinita, quasi un ribrezzo, mi inondò l anima. Cercai di staccarmi dall uomo che ero stato. Questa è la tua morte - mi disse - è la morte di tutto quello che sei stato, la morte del vecchiume che ti porti dentro... Non sfuggirla Affrontala una volta per sempre! Un uomo per rinascere deve prima morire. Ingoiai queste parole come boccate di ossigeno dopo una lunga apnea ma il tentativo di razionalizzare quello che stava accadendo mi fece perdere quell attimo di lucidità. Un angoscia mortale prese il suo posto. Che cosa significa morire? chiesi. Il tono sommesso che usai nel formulare quella breve domanda mi sorprese rivelandomi quanto diversa fosse ora la mia attitudine. Morire significa capovolgere la propria visione. Morire significa sparire da un mondo grossolano, governato dalla sofferenza, per riapparire ad un livello di ordine. 12

13 superiore enunciò sibillinamente. Continuavo a non capire. Una parte di me avrebbe voluto in qualche modo opporsi. Quelle idee, quelle parole mai ascoltate prima, mi stavano dilaniando. Poi un fiume in piena travolse ogni argine e m inondò l essere trascinando con sé i ricordi, gli amici, le mie convinzioni più radicate. Per anni avevo disperatamente studiato per essere il primo. Avevo lavorato instancabilmente per affermarmi, spinto dall ambizione di diventare qualcuno. Vincere, vincere superare qualsiasi ostacolo si frapponesse tra me ed il mio obiettivo. Competere e vincere nel mondo, vincere sugli altri, era questo il principio che aveva guidato la mia vita, l unico in cui avevo veramente creduto... Ed ora, avrei dovuto rinnegare, annullare tutto questo? Mi sembrava ingiusto che il Dreamer condannasse i miei sforzi. Travolto dai flutti, ancora mi aggrappavo a quella voglia di emergere, a quel relitto della volontà che credevo la parte più sana, più vitale di me. 4 Una specie in estinzione Nessuno mai può prevalere sugli altri! - disse il Dreamer penetrando tra i miei pensieri sparsi come rottami - L idea di prevalere sugli altri è un illusione... un pregiudizio della vecchia umanità, conflittuale, predatoria perdente. La pausa che seguì mi diede per qualche istante l illusione di una tregua. Ma era solo il sollevarsi di un maglio pronto ad abbattersi con ancora più peso. Tu sei l emblema di questa specie in estinzione - sentenziò sferrando il colpo - una specie che sta lasciando il posto ad un essere più evoluto. Le Sue parole stavano scavando un tunnel attraverso strati e strati di vecchiume. Sentii gli spasimi di una creatura nello sforzo supremo di nascere e disperai di farcela. Poi l universo si fece malleabile, fluido, fino a diventare liquido. Stavo ora nuotando in acque profonde. Quello che senti come un senso di morte è l asfissia di un umanità che sta cambiando pelle, di una specie sul ciglio dell abisso costretta ad abbandonare la sue superstizioni, i vecchi trucchi che ormai non funzionano più. Quelle parole si scolpirono nell aria come un epigrafe universale della condizione umana. Mi vidi annaspare tra una distesa sterminata di teste altalenanti, naufraghi già rassegnati ad annegare, a lasciarsi morire. Gli uomini, fin dai primi anni, sono educati a vivere nelle zone più desolate dell essere... Messi di fronte ad un idea troppo grande, o a qualunque cosa che esorbiti dai limiti della loro visione, l avversano e tentano di rimpicciolirla pur di farla rientrare nel minuscolo contenitore della loro coscienza. Associai a queste parole le immagini dei selvaggi del Borneo che rinsecchiscono le teste dei loro nemici per esorcizzarne la forza. La Sua voce mi sottrasse bruscamente a questi pensieri. Per te è tempo di affrontare il viaggio annunciò con paterna gravità. C erano nelle Sue parole la tenerezza, l accoramento, ed insieme, l autorità di chi sa. Notai che il Suo tono si adeguava perfettamente alla mia attitudine nell ascoltarlo, come se mi riflettessi in uno specchio sonoro. Aspra e terribile contro le mie resistenze, violenta quanto la mia disposizione, riposante e dolce come la mia resa, la Sua voce aveva ora preso a parlarmi in tono diverso. Con un gesto teatrale, accostò la mano all angolo della bocca, come per farmi una comunicazione confidenziale, e sussurrò: Di fronte. 13

14 ai test della vita finora non hai trovato di meglio che stordirti di lavoro o cercare rifugio nel sesso, nel sonno o in qualche letto d ospedale. Poi con intenzionale rudezza, per scuotermi dall autocommiserazione in cui stavo scivolando, disse: Curvarsi sotto il peso di situazioni spiacevoli, di sciagure, prenderle terribilmente sul serio, significa rafforzare la descrizione luttuosa del mondo, e perpetuarne gli eventi. E allora, cosa avrei dovuto fare? - chiesi con la voce rotta dalla disperazione. Se un uomo cambia la sua attitudine verso ciò che gli accade, questo nel corso del tempo modificherà la natura stessa degli eventi che incontra. Our being creates our life completò avvicinandosi impercettibilmente. Si trattò in tutto di pochi centimetri, ma quel movimento mi inquietò. Entrai in uno stato di allerta, di angosciosa vigilanza. Non sapevo cosa aspettarmi. Non ero mai stato così attento; come se le cellule, bruscamente destate da un sonno ancestrale, fossero ora ad orecchi ed occhi sbarrati, protese nell ascolto. Il Dreamer attese che la mia attenzione fosse allo spasimo, poi pronunciò le parole più insostenibili. La morte di tua moglie è la materializzazione, la rappresentazione drammatica del canto di dolore che da sempre ti porti dentro. Stati ed eventi sono le due facce di un unica realtà. Stavo venendo meno. Provai la nausea di un insostenibile senso di colpa. Una voragine senza fondo mi si allargò davanti pronta ad ingoiarmi. Stavo resistendo con tutte le mie forze alla più semplice ed insieme alla più insostenibile delle verità: ero io l unico responsabile di ogni evento della mia vita, ero io la sola causa di ogni sofferenza, di ogni sventura. Le luci del mondo impallidirono; stavano per spegnersi. Ero sul limite di un limbo. Lentamente vi scivolai arrendendomi ad un torpore irresistibile. 5 Il risveglio Appena sveglio non potei pensare ad altro. Fuori era ancora notte. Il traffico di Manhattan scorreva in fiumi sottili, bave luminose alimentate dalla bocca di un vulcano invisibile. Restai per qualche tempo immobile ad osservare il mondo galleggiare sulla mia coscienza col pallore di un fantasma. Una lucidità nuova, spietata, stava setacciando ogni angolo della mia vita e di quell appartamento. A quella velocità, mobili, libri, arredi, riflettevano la sofferenza di una vita insignificante e senza gioia. Mi strinse il cuore quella mestizia speciale che emana dagli oggetti senza più padrone. Sentii lo sforzo immane di esistere, l impossibità di cambiare. Uno spasmo si associò al pensiero di incontrare i bambini, di vedere nei loro occhi la stessa morte che impregnava ogni cosa intorno. Temevo che potessero sbiadire e svanire con tutto il resto. Lavorai per ore a trascrivere quanto era accaduto nell incontro col Dreamer e tutto quello che avevo ascoltato da Lui in quella villa misteriosa, nell appartamento dal pavimento bianco. Quell essere era ormai parte della mia vita. Riportai fedelmente le Sue parole e ogni dettaglio di quell incontro. Non fu difficile. Mi bastava socchiudere gli occhi per vedere affiorare alla memoria ogni particolare con assoluta nitidezza. Non ero mai stato così lucido come nel tempo senza tempo trascorso accanto a Lui. Ora sapevo di. 14

15 appartenere al mare buio di un umanità divisa, inconsapevole; a una folla planetaria di sonnambuli incapaci di amare. Non avrei più potuto fingere o ignorarlo. Nelle settimane che seguirono lessi e rilessi scrupolosamente gli appunti alla ricerca di qualche traccia che potesse ricondurmi da Lui, nel Suo mondo. Dalla terrazza del Café de la France osservavo i turisti occidentali addentrarsi nel Souk. Li vedevo circolare nel dedalo delle sue strade, globuli bianchi nelle vene di El Fna. Avanzavano con difficoltà, assediati da indigeni vocianti, da una selva di mani mendìche cotte dal sole, da venditori d acqua bardati di otri lanuti. Giovani venditrici di monili blandivano gli stranieri di passaggio, li strofinavano come talismani cui chiedere la magia di pochi dirham. Conoscevo i loro sguardi - lame di fuoco nero - ed i sorrisi imploranti, come in un gioco d amanti. Da tre giorni ritornavo in quel caffè circondato dalla vita pulsante di Marrakech. Attendevo leggendo e sorseggiando tè. Mi teneva compagnia una coppia di camaleonti comprata al mio arrivo. Ogni tanto abbandonavo la lettura ed osservavo il caleidoscopico spettacolo della vita di strada, il brulicame dei commerci, il lavorìo intenso degli indigeni. Poi tornavo al mio tavolo. Cominciavo a scoraggiarmi! Il pensiero di tornarmene a New York, di prendere il primo volo e non pensarci più, ricorreva frequentemente man mano che passavano le ore ed i giorni. Stavo ancora tentando di raccapezzarmi, di trovare il bandolo di quanto mi stava accadendo. Ero partito per incontrarlo senza altra indicazione che il nome di quella città, una manciata di palme e di case rannicchiate tra le labbra infuocate del Sahara. Dopo aver ricevuto il Suo messaggio, avevo esitato a lungo prima di partire. Mi sembrava una pazzia attraversare l oceano per andare ad incontrare un essere fantastico di cui neppure sapevo il nome. Mille difficoltà erano insorte ed avevano congiurato ad avversare quel viaggio. Soprattutto mi era apparso impossibile trovare il modo di giustificarlo a Jennifer. Giorno dopo giorno avevo rimandato la decisione. Poi il bisogno di riprovare quel senso di guarigione che avevo sentito solo accanto a Lui, il timore di perdere quell unica possibilità di ritrovarlo, ebbero il sopravvento e decisi di partire. Mi aiutò a prendere questa decisione la mia confidente, l unico essere umano al quale avevo parlato del Dreamer e del mio incontro con Lui: Giuseppona. Vai, figlio mi incoraggiò nel suo linguaggio essenziale, dal forte accento napoletano, quando andai a parlargliene nella sua cameretta Trovalo! Questo Dreamer mi sembra una brava persona. Giuseppona mi aveva visto nascere. Era da sempre parte della famiglia, ed aveva aiutato Carmela a partorirmi. Con lei avevo mosso i primi passi, con lei accanto avevo affrontato i primi giorni di scuola. Ogni mattina, accompagnandomi, ascoltavo da lei la storia sempre nuova dei vicoli e della gente di Napoli. Da lei suggevo ed assimilavo gli umori, le leggende e gli eroi di quella città dal cuore antico, propaggine immemore di civiltà indossate l una sull altra, come il costume a sbuffi di pulcinella, diventate poi strati della sua pelle. Con Giuseppona, le sentivo ancora vive e pulsanti; sotto toppe e sbrindelli vedevo trapelare bagliori di ori e sete preziose. Ancora ricordo il mio imbarazzo quando, nei giorni di pioggia, irrompeva in aula a metà mattinata, dopo aver travolto custodi e bidelli, per cambiarmi le calze e le scarpe bagnate. Crescendo non volli più che mi tenesse per mano e, per qualche tempo, ancora mi. 15

16 accompagnò, seguendomi a distanza. Da adolescente, fu la mia confidente in tutte le questioni di cuore. Il suo laconico giudizio: Tanto chella non faceva per te!, per anni concluse consolatoriamente le mie delusione d amore. Adorò Luisella dal primo giorno, e quando ci sposammo ed avemmo la prima bambina venne a stare con noi. Fu la migliore governante che avremmo potuto desiderare per Giorgia e Luca cui fu sempre legata da un affetto e una devozione senza limiti. Autodidatta, decisa e combattiva, dal carattere ruvido e un po dispotico, Giuseppona era bassa e tarchiata. La struttura fisica ed i tratti decisi le davano un aspetto da amerinda, a metà tra una vecchia squaw ed un capo indiano. E di un capo aveva la dignità e il coraggio. Era lenta, pesante, ma dovunque arrivasse metteva ordine. Con lei non mancava mai nulla. Il suo giudizio, cui in tanti momenti della mia vita avevo attinto, era una miscela irripetibile di buon senso e di saggezza popolare. La sua presenza ha portato gioia e buonumore dovunque mi abbia seguito, in ogni parte del mondo, ed è stata un riferimento costante per tutta la mia vita. Quando Luisa si ammalò e poi mancò, fece da mamma ai miei figli, senza venir meno un giorno. Non potrò mai ripagare il debito di gratitudine, né esprimere che cosa quest essere ha rappresentato per quattro generazioni della mia famiglia. Cara Giuseppona, ti porterò nel cuore, per sempre. Giunto a Marrakech, ogni mia ricerca del Dreamer era risultata vana. Arrivato al terzo giorno, non ero neanche più certo che il sibillino biglietto che mi aveva portato fin lì fosse Suo. Avevo occupato le lunghe ore di attesa girovagando per la città alla ricerca di qualche indizio. Per due notti, di ritorno all Hotel dopo un intensa giornata di ricerche risultate infruttuose, avevo ripassato mentalmente ogni dettaglio del nostro incontro alla ricerca della più piccola traccia che potesse portarmi da Lui. Quella mattina stavo attraversando ancora una volta il cuore del Souk, quel dedalo ombroso di stradine odorose di spezie, i sorrisi levantini di cento mercanti mi invitavano ad entrare nei loro empori, in botteghe e negozi sovraccarichi di mercanzia improbabile. Si trattava per lo più di cianfrusaglie arrivate lì e disposte in ordine sparso, come relitti dopo un naufragio. La teoria interminabile di questi antri commerciali, spesso inospitali, bui come celle di arnie, faceva da ripa ad un fiume umano che scorreva trascinando con sé nazionalità, etnie, colori e lingue del mondo. Un uomo dall abbigliamento pittoresco, un mustafà corpacciuto uscito dalla matita di Disney, seppe attirarmi nella sua bottega, tra la delusione e l invidia dei vicini. Aveva un viso bonario ed intelligente, gli occhi furbi e maliziosi. L interno del negozio si rivelò insospettabilmente spazioso. Assistito da due aiutanti, lo mise letteralmente all aria per trovare qualcosa che potesse interessarmi, un oggetto da vendermi. Srotolò cento tappeti e lucidò sulla manica, prima di darmeli da esaminare, un bazar di oggetti di ottone e d argento. Dopo lunghi tentativi e un numero incalcolabile di tè, che gli usi locali non permettono di rifiutare, avevo ormai deciso di uscire. Da un ultimo scaffale, estratto da una montagna di cianfrusaglie, venne fuori uno scrigno di legno e di avorio. Era così finemente intarsiato, le sue proporzioni così perfette, che non riuscivo a staccarne gli occhi mentre il mercante, capito il mio interesse, ne accresceva le lodi e, mentalmente, il prezzo.. 16

17 Sul coperchio dello scrigno, incisa a caratteri gotici, lessi la scritta: Visibilia ex Invisibilibus. Tutto ciò che vediamo e tocchiamo nasce dall invisibile. 6 Cambiare il passato Dal Souk ero tornato al Café de la France a ricuperare i miei piccoli compagni verdi e squamosi e ora, affacciato alla ringhiera, stavo riflettendo su quanto era accaduto. La prima regola per affrontare il deserto è viaggiare leggeri qualcuno disse alle mie spalle. Sobbalzai al suono di quella voce. Per quanto avessi atteso quel momento e per quanto avessi desiderato rivederlo non potei trattenere un moto di spavento. Sentii con raccapriccio l ignoto, il miracoloso alitarmi sul collo. Solo a fatica, voltandomi molto lentamente, trovai il coraggio di guardarlo. Il Dreamer mi sorrideva. Il Suo look era quello di un ricco aristocratico viaggiatore d altri tempi. Aveva l aria annoiata ed i modi pigri di uno snob, ma la Sua voce tradiva una inesauribile energia. Quando cominciò a parlare riconobbi il Suo tono deciso, apparentemente ruvido. Alleggerire l essere richiede un enorme lavoro - mi premunì entrando in argomento senza preamboli - Richiede l abbandono di tutto quello che genitori, educatori, maestri di sventura, profeti del disastro, ti hanno imposto. From them we have learned how to get into victim consciousness; how to get into misery, poverty and sickness. Poi, avvicinando lentamente il Suo viso al mio, aggiunse: Da loro abbiamo imparato i mille modi per morire. Dagli albori della civiltà, attraverso un contagio generazionale, milioni di uomini, sigillati in un sonno ipnotico, hanno imparato a credere ciecamente nella scarsità e nel limite. Perché? - chiesi - Perché non dovremmo scegliere la vastità, l assenza di ogni limite Perché non dovremmo scegliere la vita?. Perché l uomo è irrimediabilmente ipnotizzato. Dietro ogni sua sventura, c è il male dei mali: la fede incrollabile nella ineluttabilità della morte Il primo passo verso la libertà, il più difficile, è realizzare che questa paura governa tirannicamente tutta la sua vita. Queste parole, la gravità del tono accentuata da quel Suo movimento di avvicinamento, mi misero in uno stato di agitazione. Come nei culti e negli spettacoli sacri delle antiche civiltà, la Sua teatralità trasformava il più semplice atto in un gesto magico, in un evento cosmico costruttore del mondo. Da una stretta allo stomaco seppi che quell annuncio stava per sfociare in un giudizio decisivo. Il tuo passato è un castigo di Dio! denunciò il Dreamer con voce roca. E si fermò. Quella pausa fu particolarmente lunga, come se, per poter andare oltre, attendesse un segnale che tardava ad arrivare. Poi disse: Occorre riscattarlo redimerlo Occorre cambiarlo!. Cambiare il passato? chiesi. Nel tuo passato ci sono ancora troppi buchi conti in sospeso, debiti interiori mai pagati, sensi di colpa, vittimismo, e soprattutto angoli oscuri dove regnano ruggine e polvere elencò, rovistandomi come un cassetto ingombro di cianfrusaglie.. 17

18 Il tuo essere è un negozio mal gestito, con i prezzi messi a casaccio - commentò - ciò che ha valore si svende e la chincaglieria ha prezzi elevati. Andare avanti in queste condizioni significa fallire. Avrei voluto porre un argine alla forza dirompente di quelle parole che mi incalzavano senza darmi un attimo di tregua. Ma com è possibile modificare il passato, situazioni ed eventi già accaduti? chiesi per difendermi, per deviare quel fiume che mi investiva di una responsabilità insostenibile. Esiste un luogo dove pensieri, sensazioni, emozioni, azioni ed eventi, sono registrati per sempre e anche dopo anni possiamo ritrovarli come oggetti accantonati in soffitta, apparentemente inattivi, inermi. In realtà essi continuano ad agire e a condizionare tutta la nostra esistenza. È lì che devi ritornare! Aggiunse che questo avrebbe richiesto una lunga preparazione. Quanto lunga? chiesi con l eccitazione ed il timore di chi ha davanti un viaggio avventuroso. Ci vorranno almeno tanti anni quanti sono stati quelli di cattiva gestione fu la lapidaria risposta che bacchettò allo stesso tempo la mia condotta di vita e l improntitudine della mia domanda. Un bruciante sentimento di offesa scattò come un riflesso psicologico condizionato e pervase ogni angolo dell essere. Poi, rapidamente com era insorto, si ridusse ad un brontolio e sparì. Il Dreamer si era seduto ad uno dei tavolini. Con un cenno mi indicò un posto accanto a Lui. Il silenzio che seguì durò a lungo e divenne più profondo a mano a mano che la sera smorzava i mille suoni che animano El Fna. 7 Perdonarsi dentro Il tramonto lanciava i suoi ultimi bagliori. Nel cobalto digradante del cielo Orione era già visibile. La temperatura si era abbassata improvvisamente ma il Dreamer non diede segno di risentirne né di voler rientrare. Tutto indicava che stava per aprirsi un nuovo, importante capitolo del mio apprendistato. Tirai fuori penna e taccuino, deciso a prendere nota di ogni Sua parola nonostante il buio incipiente in cui il terrazzo stava rapidamente sprofondando. Quel gesto mi fece sentire immediatamente a mio agio. Capii l importanza di avere sempre con me carta e penna. Carta e penna significava ri-cordare, recuperare, raccogliere parti di me disperse nel mondo, lontano da Lui. Scrivere mentre Gli ero davanti, annotare le Sue parole, significava entrare in punta di piedi in zone inaccessibili dell essere. La Sua voce mi colse in flagrante. Per conquistare quella speciale condizione dell essere fatta di libertà, di conoscenza, di potere occorrono anni di Lavoro su se stessi occorre perdonarsi dentro disse, sottolineando con una particolare inflessione della voce questa espressione che subito mi sembrò estranea al carattere guerriero ed al linguaggio inesorabile del Dreamer. Con uno sguardo si accertò che stessi annotando fedelmente le Sue parole. Attese che completassi, poi continuò: Perdonarsi dentro non è l esame di coscienza di un santo stupido, ma il vero fare di un uomo d azione, il risultato di un lungo processo di attenzione di autosservazione. Significa entrare nelle pieghe della propria esistenza là dove è ancora lacerata Significa lavare e curare le ferite. 18

19 ancora aperte... saldare tutti i conti in sospeso.... Poi, assumendo un atteggiamento teatralmente guardingo e abbassando la voce, come per cautelare un segreto, mi confidò: Perdonarsi dentro ha il potere di trasformare il passato con tutta la sua zavorra. Infinite volte rimestai tra me queste parole dal significato incomprensibile. Tutto è qui, adesso! Passato e futuro stanno agendo insieme in questo istante nella vita di ogni uomo. Queste parole mi riempirono di un inspiegabile, irragionevole felicità. Ero di fronte ad una visione senza limiti. Passato e futuro non erano mondi divisi ma connessi ed inseparabili. Una sola realtà. Perdonarsi dentro era una macchina del tempo... per poter accedere a un tempo passato che nella visione ordinaria non c era più, e a un tempo futuro che era ancora da venire. Capisco che il passato possa agire sulla nostra vita, ma il futuro? chiesi. Il futuro, come il passato, è sotto i tuoi occhi, ma tu ancora non puoi vederlo. Mi parlò di un tempo verticale, di un corpo-tempo che comprimeva passato e futuro in un solo istante. Un tempo senza tempo la cui porta di accesso è quest attimo. Il segreto è non distrarsi, non allontanarsene mai. Accedere a questo corpo-tempo significava poter cambiare il passato e disegnare un nuovo destino. Provai un irrefrenabile entusiasmo. Avrei voluto che quell avventura cominciasse subito... Lo volevo con tutte le mie forze... Ma il mio slancio non ebbe il tempo di abbozzarsi che già lo sentii spegnersi sotto le severe parole del Dreamer. Per uomini come te è impossibile perdonarsi dentro!. Il tono era quello di un giudizio senza appello. Per entrare nel proprio passato e guarirlo, occorre una lunga preparazione. Solo un lavoro di Scuola può renderlo possibile. Perdonarsi dentro è un ritorno a se stessi, è la vera ragione per cui siamo nati - affermò in tono conclusivo il Dreamer - Gli uomini non dovrebbero mai interrompere questo processo di guarigione. Il Dreamer mi premunì avvertendomi che questo mi avrebbe richiesto grandi sforzi e, prima di ogni altra cosa, un lungo lavoro di autosservazione. 8 Self-observation is self-correction Self-observation is self-correction. Un uomo può guarire qualunque cosa del suo passato se ha la capacità di osservare se stesso affermò il Dreamer e proseguì rimarcando come la condizione dell uomo non fosse che un effetto della sua incapacità di conoscersi, e prima ancora, di osservarsi. L autosservazione è uno sguardo dall alto sulla propria vita! la definì il Dreamer e precisò: È come far passare eventi, circostanze, relazioni del passato, sotto un raggio di luce. Per quello che potei capire, conditio sine qua non dell autosservazione è la capacità di condurla in modo imparziale e senza moralismi. Auto-osservarsi per il Dreamer significava far scorrere la propria vita non davanti ad un tribunale giudicante, ma sotto i raggi X di un intelligenza distaccata, di un testimone neutrale che doveva. 19

20 limitarsi ad osservare, astenendosi rigorosamente dall emettere qualsiasi giudizio o dal formulare critiche. Lontanamente, questo mi fece pensare ad alcuni esperimenti di psicologia dell organizzazione di cui avevo appreso quando ancora studiavo alla London Business School. Alcune grandi imprese avevano ottenuto miglioramenti eccezionali della produttività attraverso il wondering management (come era stato battezzato dai ricercatori). Questo si fondava sull attenzione e propugnava la funzione di un management errante. Il compito di un wondering manager consisteva appunto nel vagare, nel far sentire la sua presenza in tutti gli angoli dell impresa, anche i più remoti. La Sua voce mi distolse bruscamente da quei ricordi e dalle mie riflessioni, prelevandomi di peso dalle aule londinesi della LBS. Self-observation is self-corection - ripeté il Dreamer - L autosservazione è guarigione una conseguenza naturale del distacco che si crea tra osservatore e osservato. L autosservazione permette ad un uomo di vedere tutto quello che lo tiene incollato al tapis roulant del mondo: pensieri obsoleti, sensi di colpa, pregiudizi, emozioni negative, profezie del disastro... È una operazione di distacco, di deipnotizzazione, di risveglio... La più piccola sospensione dell azione ipnotica del mondo, sgretolerebbe tutto quello in cui ha creduto, farebbe cadere gli apparenti equilibri e le certezze illusorie affastellate nel corso di una vita. Per questo la maggior parte degli uomini non potrà mai accedere all autosservazione - sentenziò - Distaccarsi dalla descrizione del mondo, sia pure per un attimo... è un impresa al di là dei limiti ordinari. Mi fissò intensamente, a lungo. Stava spostando il mirino del discorso nella mia direzione. Un nodo allo stomaco anticipò la dolorosità di quello che stava per accadere. Metti in funzione l osservatore che è in te! L autosservazione è la morte di quella moltitudine di pensieri ed emozioni negative che governano da sempre la tua vita. Se ti osservi dentro, ciò che è giusto comincia ad accadere e ciò che non lo è comincia a dissolversi. In uno sguardo colse la mia espressione di sgomento e aggiunse: Nessuno potrebbe farcela da solo. Incontrarti con te stesso, con la tua menzogna, avventurarti nei labirinti dell essere senza una preparazione impeccabile, ti ucciderebbe all istante. Quelle Sue parole risuonarono come una condanna. Temetti che mi abbandonasse, che giudicasse il mio caso disperato e ogni ulteriore impegno a mio favore inutile. Insorse in me una determinazione disperata, eroica. La mia prontezza lo lasciò riflessivo. Lentamente assunse una delle Sue posture originali. Distese l indice ed il medio della mano destra e li tenne uniti, premuti contro la guancia. Poi appoggiò il mento sul cavo del pollice, mantenendo la testa leggermente inclinata. Restò così, assorto, per un tempo interminabile. Non sembrava guardarmi, ma ero certo che neppure uno dei miei pensieri Gli stava sfuggendo. Stavo giocando il finale di una partita decisiva, forse l ultima. Tutto dipendeva da me. Attesi. Finalmente il Dreamer uscì dalla Sua immobilità.. 20

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