Matematica I. Francesco Bonsante e Giuseppe Da Prato

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1 Matematica I Francesco Bonsante e Giuseppe Da Prato 31 Maggio 2008

2 Contents 1 Numeri reali Sottoinsiemi di Q Estremo superiore e estremo inferiore Numeri reali Sezioni Relazione d ordine in R Teorema di esistenza degli estremi superiore e inferiore Operazioni con i numeri reali Radici e potenze di numeri reali positivi Potenza reale di un numero reale Logaritmi Successioni di numeri reali Definizione di limite Alcuni esempi notevoli Successioni limitate e monotone Operazioni con i limiti Punti limite di una successione limitata. Limiti superiore e inferiore Criterio di Cauchy Il numero e Successioni illimitate Successioni monotone Operazioni con i limiti Punti limite di una successione qualunque. Limiti superiore e inferiore i

3 ii 3 Serie Definizioni Criteri di convergenza di una serie Criterio del confronto Criterio del rapporto Criterio della radice Serie a termini positivi Serie a segni alterni Convergenza di medie Funzioni reali di una variabile reale. Limiti e continuità Limiti Limiti infiniti Limiti per x ± Funzioni continue Continuità di alcune funzioni elementari Funzioni reali continue in un intervallo Continuità uniforme Massimi e minimi Esistenza degli zeri Continuità della funzione inversa Funzioni monotone Funzioni convesse Derivate Definizione di derivata Derivata di alcune funzioni elementari Regole di derivazione Derivazione della funzione inversa Derivazione di funzioni composte Proprietà locali di una funzione I Forme indeterminate Proprietà globali I Derivate di funzioni convesse Derivata seconda Proprietà locali di una funzione II Proprietà globali II

4 6.8 Derivate di ordine n Integrazione Definizione dell integrale Proprietà dell integrale Linearità Additività Positività Teorema del valor medio Dipendenza dell integrale dagli estremi di integrazione Primitive di una funzione continua Integrazione per parti Integrazione per sostituzione Successioni e serie di funzioni Convergenza di una successione di funzioni Successioni di Cauchy Passaggio al limite sotto il segno di integrale e teorema di derivazione per successioni Approssimazione di una funzione continua con polinomi Serie di funzioni Integrazione e derivazione per serie Serie di Taylor Spazi metrici Definizione di spazio metrico Limiti di successioni, spazi metrici completi Limiti e continuità di applicazioni fra spazi metrici Proprietà geometriche e topologiche di uno spazio metrico Insiemi aperti e chiusi Caratterizzazione topologica della continuità Distanza indotta su un sottoinsieme di (X, d) Compattezza Teoremi di Weierstrass e Heine Cantor Intersezione di famiglie di compatti Insieme di Cantor Il Teorema di Ascoli Arzelà Spazi metrici separabili iii

5 iv 9.9 Connessione Sottoinsiemi connessi di R Componenti connesse di un insieme Connessione per archi Insiemi connessi di R n Argomento di categoria di Baire Principio delle contrazioni Calcolo differenziale in R n Applicazioni lineari in R n Notazioni Funzionali lineari in R n Applicazioni lineari di R n in R m Norma di un applicazione lineare Derivata di un applicazione di R n in R m Matrice Jacobiana e derivate parziali Derivazione di funzioni composte Derivazione della funzione inversa Derivate seconde Massimi e minimi di una funzione f : A R n R Studio di massimi e minimi con l ausilio del gradiente di f Studio di massimi e minimi con l ausilio della derivata seconda di f Un richiamo di algebra lineare Condizioni per l esistenza di massimi e minimi locali Equazioni differenziali Introduzione Equazioni a variabili separabili Equazioni differenziali di ordine superiore Problema di Cauchy in R n Introduzione Caso in cui f(t, x) è Lipschitziana in x La legge di semigruppo Caso non autonomo f localmente Lipschitziana Lemma di Gronwall

6 11.5 Equazioni differenziali lineari Problema di Cauchy Sottospazio vettoriale delle soluzioni di u (t) = Au(t) Equazioni lineari del secondo ordine Metodo di variazione delle costanti Equazioni differenziali con dati continui ɛ-soluzioni Esistenza locale Connessione e compattezza dell insieme delle soluzioni. 195 A Complementi sui numeri reali 199 A.1 Proprietà di campo di Q A.2 Il campo dei numeri reali A.3 Un esempio di campo ordinato non Archimedeo A.4 Campi ordinati che godono della proprietà del sup. Teorema di unicità di R v

7 vi

8 Capitolo 1 Numeri reali Useremo le notazioni seguenti: N = {1, 2, 3,...} è l insieme dei numeri naturali. Z = {0, ±1, ±2,..., } è l insieme dei numeri interi relativi. Q è l insieme dei numeri razionali. Supponiamo note le definizioni di N, Z e Q e le loro proprietà fondamentali. In questo capitolo vogliamo definire il concetto di numero reale usando la costruzione di Dedekind. Per questo cominciamo con l introdurre alcuni concetti relativi a sottoinsiemi di numeri razionali. 1.1 Sottoinsiemi di Q Sia γ un sottoinsieme non vuoto di Q. Si dice che γ è limitato superiormente (risp. limitato inferiormente) se esiste r Q tale che p r per ogni p γ (risp. p r per ogni p γ). Se γ è limitato superiormente e inferiormente si dice che è limitato. Ogni r Q tale che p r (risp. p r) per ogni p γ è detto un maggiorante (risp. minorante) di γ. Se esiste M γ (risp. m γ) tale che p M (risp. p m) per ogni p γ, si dice che M (risp m) è il massimo (resp. il minimo di γ). 1

9 2 Capitolo 1 Esempi 1.1 (i) Sia γ = {p Q : 1 p 2}. Allora 2 è il massimo e 1 il minimo di γ. (ii) Sia γ = {p Q : p < 2}. Allora γ non ha né massimo né minimo Estremo superiore e estremo inferiore Un concetto più generale di quello di massimo (risp. minimo) è il concetto di estremo superiore (risp. estremo inferiore). Sia γ un sottoinsieme non vuoto di Q limitato superiormente e sia G l insieme dei suoi maggioranti. G è ovviamente limitato inferiormente e non vuoto. Se G ha minimo (risp. massimo) uguale r, si dice che r è l estremo superiore (resp. estremo inferiore) di γ. L estremo superiore (risp. inferiore) di γ (se esiste) si indica con sup γ (risp. inf γ). Se l estremo superiore (risp. inferiore) di γ esiste, è unico. In altri termini l estremo superiore di γ è il minimo (se esiste) dei suoi maggioranti e l estremo inferiore di γ è il massimo (se esiste) dei suoi minoranti. Ad esempio se γ = {p Q : p < 1} si ha sup γ = 1. Ovviamente se m è il massimo (risp. minimo) di γ si ha m = sup γ (risp. m = inf γ) Esercizio 1.2 Provare che l insieme γ γ = {p Q : p 2 < 2}. non ha estremo superiore. Suggerimento. Sia per assurdo m = sup γ. Provare che non può essere né m 2 < 2 né m 2 > 2. Il fatto che gli insiemi limitati superiormente di Q non hanno in generale estremo superiore conduce alla definizione di numero reale. 1.2 Numeri reali Sezioni Diremo che un sottoinsieme non vuoto α di Q è una sezione se: (i) α è limitato superiormente.

10 Numeri reali 3 (ii) α non ha massimo. (iii) p α, q Q, q p q α. Per definizione un numero reale è una sezione. Indichiamo con R l insieme dei numeri reali. Esempio 1.3 Sono sezioni i sottoinsiemi seguenti di Q: mentre non sono sezioni i seguenti: α = {p Q : p < 5}, α = {p Q : p 2 < 2} {p Q : p < 0}, α = {p Q : p 3}, α = {p Q : p 2 < 5}. Si può considerare R come un estensione di Q facendo corrispondere ad ogni p Q la sezione: γ p = {q Q : q < p}. È facile vedere che questa applicazione è iniettiva. Nel seguito, se non vi è possibilità di confusione, identificheremo γ p con p. Ad esempio scriveremo: 0 = {p Q : p < 0} Relazione d ordine in R Definiamo in R una relazione d ordine. Dati α, β R scriveremo α β se α β, α β se α β. Inoltre se α β e α è diverso da β scriveremo α < β e se α β e se β è diverso da α scriveremo α > β. Proviamo ora che la relazione d ordine definita è totale. Proposizione 1.4 Dati α, β R vale almeno una delle affermazioni seguenti: (i) α β, (ii) β α.

11 4 Capitolo 1 Dimostrazione. Si ha: α β = (α \ β) (α β) (β \ α), le tre unioni a secondo membro essendo due a due disgiunte. È chiaro che se per assurdo non vale né (i) né (ii) si ha: α \ β, β \ α. Sia p α \ β e q β \ α. Se fosse p < q si avrebbe p β per la proprietà (ii) delle sezioni il che è assurdo. Analogamente se fosse q < p si avrebbe q α il che è assurdo per lo stesso motivo. 1.3 Teorema di esistenza degli estremi superiore e inferiore Si estendono in modo ovvio le nozioni di insieme limitato (superiormente e inferiormente), di maggiorante, di minorante di estremo superiore e inferiore ai sottoinsiemi di R. Lasciamo tali estensioni al lettore. Il teorema seguente è di importanza fondamentale. Teorema 1.5 Sia K un sottoinsieme di R limitato superiormente (risp. inferiormente) e non vuoto. Allora esiste unico l estremo superiore (risp. inferiore) di K. Dimostrazione. Per ipotesi esiste un maggiorante µ di K. Sia λ l unione di tutte le sezioni appartenenti a K. Verifichiamo che: (i) λ è una sezione di Q. (ii) λ è un maggiorante di K. (iii) λ è il minimo maggiorante di K. (i) È chiaro che λ. Dato che µ è un maggiorante di K si ha α µ per ogni α K. Quindi λ µ cosicché λ è limitato superiormente. λ non ha massimo, altrimenti esisterebbe una sezione di K che ha massimo, il che è assurdo. Infine sia p λ e q < p. Allora p appartiene a una sezione di α K e quindi q λ e di conseguenza q λ. (i) è provata.

12 Numeri reali 5 (ii) è evidente. (iii) Supponiamo che λ 1 λ sia un maggiorante di K. Allora α λ 1 per ogni α K. Quindi λ λ 1 il che implica λ = λ 1. Osservazione 1.6 Sia K R limitato superiormente. Allora l estremo superiore λ di K è caratterizzato dalle due proprietà seguenti: (i) Se z > λ si ha x < λ per ogni x K. (ii) Se z < λ esiste x K tale che x > λ. L estremo inferiore λ di un sottoinsinsieme di R limitato inferiormente è caratterizzato dalle due proprietà seguenti: (i) Se z < λ si ha x > z per ogni x K. (ii) Se z > λ esiste x K tale che x < z. Esercizio 1.7 Sia α R. Provare che: α = sup{γ p : p α}. Provare inoltre che se α e β sono numeri reali con α < β esiste p Q tale che α < γ p < β. Esercizio 1.8 (Proprietà archimedea di R) Siano x > 0, y > 0. Provare che esiste n N tale che nx > y. Dedurne che se x > 1, y > 0 esiste n N tale che x n > y. Suggerimento (per la seconda affermazione). Usare la disuguaglianza x n n(x 1) Operazioni con i numeri reali Estendiamo la definizione di somma a coppie α, β di elementi di R ponendo: α + β = {p + q : p α, q β}. Inoltre poniamo 0 = γ 0 = {p Q : p < 0} e se α / R, α = {p Q : p 0, p / α}, α > 0,

13 6 Capitolo 1 e α = {p Q : p 0} {p Q : p 0, p / α}, α < 0. Definiamo ora il prodotto di due numeri reali positivi α, β ponendo αβ = {pq : p α, p > 0, q β, q > 0} {p Q : p 0}. Infine si definisce il prodotto di due numeri reali di segno qualunque con le regole usuali dei segni e la potenza x n, n N, di un numero reale x. Si può poi verificare facilmente che le note proprietà delle operazioni sui numeri (1) razionali si estendono ai numeri reali. 1.4 Radici e potenze di numeri reali positivi D ora in poi identificheremo p e γ p per ogni p Q. In questa sezione vogliamo applicare il concetto di estremo superiore alla definizione della radice di un numero reale positivo. Proposizione 1.9 Sia y > 0 e n N. Esiste un unica soluzione x > 0 dell equazione: x n = y. (1.1) x è detta la radice n-ma di y ed è denotata con y 1/n. Dimostrazione. Poniamo: D = {x > 0 : x n < y}. Osserviamo che D è non vuoto. Infatti x = y D dato che 1+y xn < x < y. Inoltre D è limitato superiormente; ad esempio y + 1 è un maggiorante di D. Infatti se x n < y si ha x n < y + 1 < (y + 1) n che implica x < y + 1. Poniamo ora λ = sup D e proviamo che non risulta né λ n < y né λ n > y cosicchè λ n = y e λ è soluzione di (1.1). Se fosse λ n < y esisterebbe ɛ R con 0 < ɛ < 1 tale che (λ + ɛ) n < y il che contraddirebbe la definizione di estremo superiore. Per vedere che un tale ɛ esiste poniamo a = y λ n. Allora a > 0 e, dato che n 1 (λ + ɛ) n λ n + ɛ k=0 ( n k ) λ k = y a + ɛ((λ + 1) n λ n ), (1) Per dettagli vedi l appendice alla fine del corso oppure W. Rudin, Principles of Mathematical Analysis, Mac Graw, International Student Edition, 1976.

14 Numeri reali 7 basta scegliere ɛ tale che ɛ((λ + 1) n λ n ) < a. Se fosse λ n > y esisterebbe ɛ R con 0 < ɛ < 1 tale che (λ ɛ) n > y il che contraddirebbe la definizione di estremo superiore. Per vedere che un tale ɛ esiste poniamo a = λ n y. Allora a > 0 e dato che n 1 (λ ɛ) n λ n ɛ basta scegliere ɛ tale che k=0 ( n k ) λ k = y + a ɛ((λ + 1) n λ n ), ɛ((λ + 1) n λ n ) < a. Si è quindi provato che esiste una soluzione di (1.1). Proviamo infine l unicità. Supponiamo che x n 1 = x n 2 con x 1 > 0, x 2 > 0. Non può essere x 1 < x 2 altrimenti si avrebbe x n 1 < x n 2. Allo stesso modo non può essere x 2 < x 1. Quindi x 1 = x 2. Per ogni numero razionale positivo q = m e per ogni y n R+ definiamo y q = (y 1/n ) m. Si verifica facilmente che per ogni y > 0, p, q R +. y p+q = y p y q Potenza reale di un numero reale Siano x, y > 0 reali. Vogliamo definire x y. Per questo consideriamo l insieme: K = {q Q, q 0 : x q < y}. Si verifica facilmente che K è non vuoto e limitato superiormente. Definiamo allora x y := sup K. Esercizio 1.10 Provare che se x, y, z > 0 risulta: x y x z = x y+z. Esercizio 1.11 Sia x > 1, y, z > 0, provare che: x y x z = x y+z.

15 8 Capitolo Logaritmi Proposizione 1.12 Sia y > 0 e a > 1 (risp. 0 < a < 1). Esiste un unica soluzione x > 0 dell equazione: a x = y. (1.2) x è detto il logaritmo di y in base a ed è denotato con log a y. Dimostrazione. Poniamo: E = {x R : a x < y}. E è non vuoto dato che esiste n N tale che a n < y; inoltre E è limitato superiormente dato che esiste n N tale che a n > y (vedi Esercizio 1.8). Poniamo ora λ = sup E e proviamo che non risulta né a λ < y né a λ > y cosicchè a λ = y e λ è soluzione di (1.2). Se fosse a λ < y esisterebbe n N tale che a λ+1/n < y il che contraddirebbe la definizione di estremo superiore. Per vedere che un tale n esiste poniamo a λ = κy. Allora 0 < κ < 1 e, per ogni n N risulta a λ+1/n = a λ a 1/n = yκa 1/n. Basta quindi scegliere n in modo che a 1/n < 1 κ. Se fosse a λ > y esisterebbe n N tale che a λ+1/n < y il che contraddirebbe la definizione di estremo superiore. Per vedere che un tale n esiste poniamo a λ = κy. Allora 0 < κ < 1 e, per ogni n N risulta a λ+1/n = a λ a 1/n = yκa 1/n. Basta quindi scegliere n in modo che a 1/n < 1. κ L unicità segue dal fatto che se risulta a x 1 = a x 2 si ha x 1 = x 2. Si verificano facilmente le note proprietà del logaritmo. In particolare che per ogni y, z R + si ha: log a (yz) = log a y + log a z.

16 Capitolo 2 Successioni di numeri reali 2.1 Definizione di limite Una successione (di numeri reali) è un applicazione: N R, n a n ; la indicheremo con il simbolo (a n ) n N o più brevemente con (a n ). Data una successione (a n ) siamo interessati al comportamento di a n quando n diventa sempre più grande (scriveremo n ). Un primo caso importante si ha quando a n si avvicina sempre più a un numero l al crescere di n. A questo proposito diamo la seguente definizione. Definizione 2.1 Sia (a n ) una successione e sia l R. Si dice che (a n ) tende (o converge) a l e si scrive lim a n = l, oppure a n l, n se per ogni ɛ > 0 esiste n ɛ N tale che In tal caso si dice che l è il limite di (a n ). Evidentemente la (2.1) equivale a Esempio 2.2 Sia a n = a n l < ɛ per ogni n > n ɛ, (2.1) l ɛ < a n < l + ɛ per ogni n > n ɛ. n, n N. Si ha allora: n+1 lim a n = 1. n 9

17 10 Capitolo 2 Infatti, dato ɛ > 0, essendo a n 1 = n n = 1 n + 1, risulta a n 1 < ɛ se n > 1 ɛ 1. Quindi basta scegliere per n ɛ il più piccolo intero positivo maggiore di 1 ɛ 1. Proviamo ora l unicità del limite. Proposizione 2.3 Una successione (a n ) ha al più un limite. Dimostrazione. Supponiamo che lim a n = l, n lim a n = l 1. n Vogliamo provare che l = l 1. Dato ɛ > 0 esiste n ɛ N tale che e n ɛ N tale che Poniamo a n l < ɛ per ogni n > n ɛ a n l 1 < ɛ per ogni n > n ɛ. n ɛ = max{n ɛ, n ɛ}. Allora se n > n ɛ si ha per la disuguaglianza triangolare l l 1 a n l + a n l 1 < 2ɛ. Quindi l = l 1 per l arbitrarietà di ɛ. Esercizio 2.4 Supponiamo che a n l, b n l e che (c n ) sia una successione tale che: a n c n b n, n N. Provare che c n l. Esercizio 2.5 Supponiamo che a n l e sia k R tale che a n < k. Provare che l k.

18 Successioni Alcuni esempi notevoli Esempio 2.6 Per ogni α > 0 risulta: lim n n α = 0. Infatti, dato ɛ > 0 la condizione n α < ɛ equivale a n > ɛ 1 α scegliere n ɛ > ɛ 1 α. Esempio 2.7 Per ogni x > 0 si ha: lim n x1/n = 1. La cosa è ovvia se x = 1. Supponiamo x > 1 e poniamo Si ha y n > 0 e inoltre: Ne segue cosicché: y n = x 1/n 1. x = (1 + y n ) n 1 + ny n. y n x 1 n, x 1/n 1 = y n < ɛ, n > n ɛ, pur di prendere n ɛ > x 1 ɛ. Il caso x < 1 si tratta analogamente. quindi basta Esempio 2.8 Si ha: Poniamo infatti che implica da cui Quindi si ha: se n ɛ > ɛ 2 lim n n1/n = 1. x n = n 1/n 1 n = (1 + x n ) n x n n(n 1) 2 2 n 1. x 2 n, n 1/n 1 = x n < ɛ, n > n ɛ,

19 12 Capitolo Successioni limitate e monotone Si dice che (a n ) è limitata inferiormente o superiormente o che è limitata se tale è l insieme {a n : n N}. Proposizione 2.9 Sia (a n ) una successione convergente. Allora (a n ) è limitata. Dimostrazione. Sia a n l e sia n 1 N tale che a n l < 1, n > n 1. Si ha allora: a n a n l + l 1 + l, n > n 1. Quindi (a n ) è ovviamente limitata. Si dice che (a n ) è crescente (risp. decrescente) se a n a n+1 (risp. a n a n+1 ) per ogni n N. Se poi a n < a n+1 (risp. a n > a n+1 ) per ogni n N si dice che (a n ) n N è strettamente crescente (risp.strettamente decrescente). Una successione crescente o decrescente è detta monotona. Proposizione 2.10 Sia (a n ) una successione crescente (risp. decrescente) e limitata superiormente (risp. inferiormente). Allora risulta: Supponiamo che (a n ) sia crescente e limitata superior- Dimostrazione. mente e sia lim a n = sup a n (risp. lim a n = inf a n n n). n N n N l := sup a n. n N Per definizione di estremo superiore per ogni ɛ > 0 esiste n ɛ N tale che l a nɛ < ɛ. Dato che la successione (a n ) è crescente ne segue che da cui la tesi. l a nɛ < ɛ, n > n ɛ,

20 Successioni Operazioni con i limiti Cominciamo con il limite della somma di due successioni convergenti. Proposizione 2.11 Sia a n l, b n λ. Allora a n + b n l + λ. Dimostrazione. Per ogni ɛ > 0 esistono n ɛ, n ɛ N tali che a n l < ɛ/2 n > n ɛ, b n λ < ɛ/2 n > n ɛ. Sia n ɛ = max{n ɛ, n ɛ} allora per la disuguaglianza triangolare si ha: a n + b n (l + m) a n l + b n m < ɛ per ogni n > n ɛ. Quindi a n + b n l + m come richiesto. Consideriamo ora il limite del prodotto di due successioni convergenti. Proposizione 2.12 Sia a n l, b n λ. Allora a n b n lλ. Dimostrazione. Cominciamo con l osservare che grazie alla Proposizione 2.9 esiste M > 0 tale che Per ogni ɛ > 0 esiste n ɛ tale che: a n l < Se n > n ɛ si ha quindi: da cui la tesi. a n + b n M, per ogni n N. ɛ M + l + λ, b n λ < a n b n lλ = a n b n lb n + lb n lλ ɛ M + l + λ, n > n ɛ. b n a n l + l b n λ M a n l + l b n λ ɛ, Esercizio 2.13 Sia a n l, b n m, b n 0 per ogni n N e m 0. Provare che an b n l. m Esercizio 2.14 Sia a n l e sia K R tale che a n < K. Provare che l K.

21 14 Capitolo Punti limite di una successione limitata. Limiti superiore e inferiore Data una successione (a n ) useremo la convenzione seguente: diremo che una propietà π vale definitivamente per (a n ) se esiste n 0 N tale che π vale per tutti gli n N maggiori di n 0. Con questa convenzione a n l se e solo se per ogni ɛ > 0 risulta definitivamente a n l < ɛ. Sia (a n ) una successione limitata. Per studiarne il comportarmento asintotico al crescere di n (n ) è opportuno introdurre i concetti di sottosuccessione e punti limite di (a n ). Una sottosuccessione di (a n ) è una successione della forma (a nk ) k N dove (n k ) k N è una successione di numeri naturali strettamente crescente. Diremo che λ R è un punto limite di (a n ) se esiste una sottosuccessione di (a n ) convergente a λ. È chiaro che se a n l allora l è l unico punto limite di (a n ). Esempio 2.15 Sia Si ha allora: a n = ( 1) n, n N. a 2k = 1, k N, a 2k+1 = 1, k N. Quindi 1 e 1 sono punti limite di (a n ). Fissiamo ora una successione limitata (a n ). Indichiamo con Σ l insieme dei suoi punti limite. Vogliamo provare che Σ è non vuoto e dotato di massimo e minimo. Per questo è utile introdurre i concetti di limite superiore e inferiore. Cominciamo con la definizione del limite superiore. Poniamo: b 1 = sup n 1 a n, b 2 = sup n 2 a n,..., b k = sup a n,... n k È chiaro che (b n ) è una successione decrescente. Quindi dalla Proposizione 2.10 segue che esiste il limite lim k b k = inf k b k =: l.

22 Successioni 15 l è detto il limite superiore di (a n ) ed è indicato con lim sup a n. Si ha quindi: n l = lim sup a n = inf n sup k 1 n k a n. Esercizio 2.16 Provare che se a n l risulta l = l. Studiamo ora alcune proprietà del limite superiore. Proposizione 2.17 Sia (a n ) limitata e sia l = lim sup a n. Allora valgono n le propietà seguenti. (i) Se λ > l allora esiste n λ N tale che a n < λ per ogni n > n λ. Quindi (a n ) è definitivamente minore di λ. (ii) Se λ < l allora esiste una sottosuccessione (a nk ) tale che a nk > λ, k N. Quindi (a n ) non è definitivamente minore di λ. (iii) l è un punto limite di (a n ). (iv) l è il massimo punto limite di (a n ). Dimostrazione. (i) Sia λ > l = inf k 1 b k. Per definizione di estremo inferiore esiste k N tale che b k < λ. Ciò implica sup n k a n < λ, cioè a n < λ per ogni n > k. (ii) Sia λ < l = inf k 1 b k. Allora si ha λ < b k = sup n k a n > λ per ogni k N. Quindi per ogni k N esiste n k N tale che a nk > λ. (iii) Dato k N da (i) segue che esiste n k N tale che: a n < l + 1 k, n > n k. Inoltre da (ii) segue che esiste n k > n k tale a n k > l 1 k.

23 16 Capitolo 2 Quindi: l 1 k < a n k < l + 1 k, k N. È allora chiaro che a n k l (cfr. Esercizio 2.4), cosichè l è un punto limite di (a n ). (iv) Sia per assurdo µ > l un punto limite di (a n ) e sia a nk µ. Ciò è impossibile poiché a nk è definitivamente minore di l + 1 (µ 2 l ). Passiamo ora alla definizione del limite inferiore. Poniamo: c 1 = inf n 1 a n, c 2 = inf n 2 a n,..., c k = inf n k a n,... È chiaro che (c n ) è una successione crescente e limitata. Quindi dalla Proposizione 2.10 segue che esiste il limite lim c k =: l. k l è detto il limite inferiore di (a n ) ed è indicato con lim inf n l = lim inf n a n = sup k 1 inf a n. n k Esercizio 2.18 Provare che se a n l risulta l = l. Studiamo ora alcune proprietà del limite inferiore. Proposizione 2.19 Sia (a n ) limitata e sia l = lim inf n propietà seguenti. a n. Si ha quindi: a n. Allora valgono le (i) Se λ < l allora esiste n λ N tale che a n > λ per ogni n > n λ. Quindi (a n ) è definitivamente maggiore di λ. (ii) Se λ > l allora esiste una sottosuccessione (a nk ) tale che a nk < λ, k N. Quindi (a n ) non è definitivamente maggiore di λ. (iii) l è un punto limite di (a n ). (iv) l è il minimo punto limite di (a n ).

24 Successioni 17 Dimostrazione. (i) Sia λ < l = sup k 1 c k. Per definizione di estremo superiore esiste k N tale che c k > λ. Ciò implica inf n k a n > λ, cioè a n > λ per ogni n > k. (ii) Sia λ > l = sup k 1 c k. Allora si ha λ > c k = inf n k a n > λ per ogni k N. Quindi per ogni k N esiste n k N tale che a nk < λ. (iii) Dato k N da (i) segue che esiste n k N tale che: a n > l 1 k, n > n k. Inoltre da (ii) segue che esiste n k > n k tale a n k < l + 1 k. Quindi: l 1 k < a n k < l + 1 k, k N. È allora chiaro che a n k l, cosichè l è un punto limite di (a n ). (iv) Sia per assurdo µ < l un punto limite di (a n ) e sia a nk µ. Ciò è impossibile poiché a nk è definitivamente maggiore di l 1 (µ 2 l ). Corollario 2.20 Sia (a n ) una successione limitata in R. Allora a n l se e solo se: l = lim inf a n = lim sup a n. n n 2.6 Criterio di Cauchy Nella Sezione 2.2 abbiamo dimostrato che certe successioni sono convergenti ad un limite che prevedevamo in anticipo. Vi sono tuttavia situazioni in cui ci chiediamo se esiste il limite di una successione ma non abbiamo idea di quale possa essere tale limite. In questo caso è utile il critero di Cauchy seguente. Definizione 2.21 Si dice che una successione (a n ) è di Cauchy se per ogni ɛ > 0 esiste n ɛ N tale che: n, m N, n > n ɛ, m > n ɛ = a n a m < ɛ. (2.2)

25 18 Capitolo 2 È chiaro che se a n l allora (a n ) è di Cauchy. Infatti, dato ɛ > 0 esiste n ɛ N tale che: Allora se n, m > n ɛ si ha: cosicché (a n ) è di Cauchy. a n l < ɛ 2, n > n ɛ. a n a m a n l + a m l < ɛ, Esercizio 2.22 Sia (a n ) una successione. Provare che se (a n ) è di Cauchy allora è limitata. Teorema 2.23 Data una successione di Cauchy (a n ) esiste l R tale che a n l. Dimostrazione. Sia (a n ) una successione di Cauchy. Dall Esercizio 2.22 sappiamo che (a n ) è limitata. Siano l and l i limiti superiore e inferiore di (a n ). Basta provare che l = l (per il Corollario 2.20). Sia ɛ > 0 e sia n ɛ N tale: n, m N, n > n ɛ, m > n ɛ = a n a m < ɛ 3. Dalle Proposizioni 2.17 e 2.19 sappiamo che esistono n 1, n 2 maggiori di n ɛ tali che a n1 l < ɛ 3, a n 2 l < ɛ 3. Ne segue l l a n1 l + a n1 a n2 + a n2 l < ɛ, il che implica l = l per l arbitrarietà di ɛ Il numero e Consideriamo la successione (s n ) definita da: s n = n k=0 1 k!, n N.

26 Successioni 19 Verifichiamo che (s n ) è di Cauchy. Si ha infatti se n > m: s n s m = = n k=m+1 1 k! ( ) (m + 1)! m (m + 2)(m + 3) (n m 1) 1 (m + 1)! n m 1 k=0 1 (m + 1) = 1 1 k 1 1 m+1 (m+1) n m (2.3) < 1 (m + 1)! m+1 = 1 mm!. Dalla (2.3) segue (s n ) è di Cauchy; basta prendere n ɛ > 1 ɛ. Il limite di (s n) per n sarà indicato con e. Tale numero è detto la costante di Neper. Osservazione 2.24 Dato che (s n ) è crescente, l esistenza del limite di (s n ) segue anche provando che (s n ) è limitata e applicando la Proposizione Esercizio 2.25 Provare che la successione (v n ) definita da: v n = n ( 1) k, n N, k! k=0 è convergente. Dimostriamo ora che la costante di Neper e non appartiene a Q cioè che è irrazionale. Fissiamo m N e passiamo al limite per n in(2.3). Si ottiene (cfr. Esercizio 2.5): 0 e s m 1 mm!. Dato che (s n ) è strettamente crescente si ha ovviamente: 0 < e s m 1 mm!. (2.4)

27 20 Capitolo 2 Supponiamo per assurdo che e = p q con p, q N. Poniamo in (2.4) m = q, 0 < p q s q 1 qq!. Moltiplicando ambo i membri per q! si ottiene: 0 < (q 1)! p q! s q 1 q. Ciò è assurdo dato q!s q è ovviamente intero, cosicché (q 1)! p q! s q è intero e positivo. Proposizione 2.26 Risulta: lim n ( n) n = e. Dimostrazione. Per ogni n N poniamo: s n = ! + 1 2! n! e t n = ( n) n. Cominciamo con l osservare che (t n ) è crescente. Per questo basta sviluppare t n con la formula del binomio di Newton scrivendo: t n = n ( n ) 1 k=0 = 1 + ( ) n 1 + ( ) n ( ) n 1 k 1 n 2 n 2 n n n n n k = n(n 1) 2!n 2 + n(n 1)(n 2) 3!n n(n 1) 1 n! n n ! ( ) 1 1 n + 1 3! ( ) ( ) 1 1 n 1 2 n n! [( ) ( )] 1 1 n 1 n 1 n. Infatti è chiaro che i primi n termini nell analoga espressione di t n+1 sono maggiori dei corrispondenti termini di t n. È inoltre ovvio che risulta t n < s n per ogni n N, cosicché t := lim n t n e. Resta da provare che t e. Per questo fissiamo m N, si ha allora, sempre dalla stessa espressione di t n ( ) ( ) ( ) t n ! 1 1 n + 1 3! 1 1 n 1 2 n m! [( ) ( )] 1 1 n 1 m 1 n.

28 Successioni 21 Per n (con m fissato) si ottiene t n = s 2! 3! m! m. Quindi t s m per ogni m e per m si trova t e come richiesto. 2.7 Successioni illimitate Useremo la seguente convenzione. Se K è un sottoinsieme di R non limitato superiormente (risp. inferiormente) diremo che l estremo superiore (risp. inferiore) di K è + (risp. ) e scriveremo sup K = +, (risp. inf K = ). Definizione 2.27 Si dice che una successione (a n ) tende a + e si scrive lim a n = +, n oppure a n +, se per ogni M > 0 esiste n M N tale che a n > M per ogni n > n M. (2.5) In tal caso si dice anche che il limite di (a n ) è +. Si dice che una successione (a n ) tende a e si scrive lim a n =, n oppure a n, se per ogni M > 0 esiste n M N tale che In tal caso si dice che il limite di (a n ) è. a n < M per ogni n > n M, (2.6) Esempio 2.28 Si ha: Infatti se n > M. lim n n 2 n 1 = +. n 2 n 1 n > M

29 22 Capitolo Successioni monotone Esercizio 2.29 Provare che se (a n ) è crescente (risp. decrescente) e non limitata superiormente (resp. inferiormente) risulta: lim a n = +, n lim a n =. n Operazioni con i limiti Proposizione 2.30 Sia a n +, b n +. Allora a n + b n +. Sia a n, b n. Allora a n + b n. Dimostrazione. Proviamo la prima affermazione. Per ipotesi per ogni M > 0 esiste n M N tale che: a n > M, b n > M, n > n M. Quindi: da cui la tesi. a n + b n > M, n > n M, Osservazione 2.31 (Forma indeterminata ) Sia a n +, b n. Allora non si possono dare informazioni in generale sul comportamento della successione (a n + b n ). Consideriamo infatti gli esempi seguenti. 1) Sia a n = n 3, b n = n 2. Allora risulta a n +, b n e Quindi a n + b n +. a n + b n = n 2 (n 1) n 2. 2) Sia a n = n, b n = n Allora risulta a n +, b n e Quindi a n + b n 0. a n + b n = n 1 n = n + n Proposizione 2.32 Sia a n ±, b n ±. Allora a n b n +. Sia a n ±, b n. Allora a n b n.

30 Successioni 23 Dimostrazione. Proviamo la prima affermazione. Per ipotesi per ogni M > 0 esiste n M N tale che: a n > M, b n > M, n > n M. Quindi: da cui la tesi. a n b n > M 2, n > n M, Proposizione 2.33 Sia l > 0, a n l, b n ±. Allora a n b n ±. Dimostrazione. Supponiamo che b n +. Per ipotesi per ogni M > 0 esiste n M N tale che: a n > l/2, b n > 2M l, n > n M. Quindi: da cui la tesi. a n b n > M, n > n M, Osservazione 2.34 (Forma indeterminata 0 ) Sia a n 0, b n ±. Allora non si possono dare informazioni sul comportamento della successione (a n b n ) in generale. Considerazioni analoghe si posssono fare per il comportamento del limite del quoziente an b n e per le forme indeterminate e Punti limite di una successione qualunque. Limiti superiore e inferiore Sia (a n ) una successione di numeri reali. Si dice che λ R è un punto limite di (a n ) se esiste una sottosuccessione di (a n ) convergente a λ. Definiamo il massimo e minimo limite di (a n ) ponendo: lim sup a n = inf n sup k 1 n k Se (a n ) è limitata inferiormente definiamo il limite inferiore di (a n ) ponendo: lim inf n a n = sup k 1 a n. inf a n. n k

31 24 Capitolo 2 Se (a n ) non è limitata superiormente (risp. inferiormente) si ha: lim sup a n = +, n resp. lim sup a n =. n Osservazione 2.35 Se l (risp. l è finito) vale la Proposizione 2.17 (resp. 2.19). Infatti nella dimostrazione di tale proposizione non si è usato il fatto che (a n ) è limitata. Esempio 2.36 Sia: ( nπ a n = n sin 2 ), n N. Si ha allora: a 2k = 2k sin(kπ) = 0, k N, ( a 4k+1 = (4k + 1) sin 2kπ + π ) = (4k + 1), 2 k N ( a 4k 1 = (4k 1) sin 2kπ π ) = (4k 1), 2 k N. Quindi 0 è un punto limite di (a n ) e risulta: lim sup a n = +, n lim inf n a n =.

32 Capitolo 3 Serie 3.1 Definizioni Data una successione (a n ) in R poniamo: s n = a 1 + a a n := n a k, n N. k=1 Se la successione (s n ) converge a un numero reale s scriveremo: s = k=1 a k e diremo che la serie k=1 è convergente. Se (s n ) non è convergente diremo che la serie è divergente. La successione (s n ) è detta la successione delle somme parziali della serie. Osserviamo che ogni successione (b n ) si può scrivere come una serie ponendo: a 1 = b 1, a 2 = b 2 b 1,..., a n = b n b n 1, n N. Infatti si ha n a k = b 1 + (b 2 b 1 ) (b n b n 1 ) = b n. k=1 25 a k

33 26 Capitolo 3 Quindi il concetto di serie è equivalente a quello di successione anche se certe successioni si presentano naturalmente sotto forma di serie. Possiamo ora applicare tutti i risultati provati nel capitolo precedente alla successione (s n ). In particolare dal Teorema 2.23 segue il criterio di Cauchy. Proposizione 3.1 La serie k=1 a k è convergente se e solo se per ogni ɛ > 0 esiste n ɛ N tale che n s n s m = a k < ɛ per ogni n, m > n ɛ. (3.1) k=m+1 Dimostrazione. Infatti la (3.1) equivale a dire che la successione (s n ) è di Cauchy. Corollario 3.2 Se la serie k=1 a k è convergente risulta a k 0. Dimostrazione. Infatti, posto n = m + 1 in (3.1) si ha che per ogni ɛ > 0 esiste n ɛ N tale che a m < ɛ per ogni m > n ɛ. Osserviamo che la condizione a k 0 non è sufficiente per la convergenza della serie (vedi Esempio 3.15). Si dice che la serie k=1 a k è assolutamente convergente se la serie dei valori assoluti k=1 a k è convergente. Si verifica facilmente che una serie assolutamente convergente è convergente mentre il viceversa non vale in generale (vedi Proposizione 3.16 con a n = 1.) n Proposizione 3.3 Sia (a n ) una successione tale che: a n+1 a n c n, n N, dove la serie k=1 c n è convergente. Allora la successione (a n ) è convergente. Proof. Verifichiamo che per (a n ) vale la condizione di Cauchy. Se n > m si ha: a n a m a n a n 1 + a n 1 a n a m+1 a m da cui la tesi. c m + c m c n 1,

34 Serie 27 Esempio 3.4 (Serie geometrica) Sia x > 0. Consideriamo la serie geometrica x k. k=0 Se x 1 la serie è ovviamente divergente. Supponiamo 0 < x < 1. Si ha allora: s n = 1 + x + + x n = 1 xn+1 1 x, n N. Quindi la serie è convergente e si ha: x k 1 x n+1 = lim s n = lim n n 1 x = 1 1 x. k=1 3.2 Criteri di convergenza di una serie Criterio del confronto Per provare la convergenza di una serie un metodo spesso utile è di confrontarla con una serie di cui si conosce la convergenza o la divergenza. Proposizione 3.5 Siano S 1 = a k, S 2 = k=1 b k, serie a termini positivi e sia a k b k per ogni k N. Se S 2 è convergente allora tale è S 1. Se S 1 è divergente allora tale è S 2. Dimostrazione. È lasciata al lettore. k=1 Osservazione 3.6 Date due serie a termini positivi a k, b k, k=1 k=1 supponiamo che esista k 0 N tale che: a k b k, k k 0. Allora valgono ovviamente le conclusioni della Proposizione 3.5.

35 28 Capitolo Criterio del rapporto Consideriamo la serie k=1 a k. Proposizione 3.7 Supponiamo che a n > 0 per ogni n N. Allora valgono le seguenti affermazioni. (i) Se lim sup n a n+1 a n < 1 la serie a k è assolutamente convergente. k=1 (ii) Se esiste n 0 N tale che a n+1 a n è divergente. 1 per ogni n n 0, la serie k=1 a k Dimostrazione. (i) Supponiamo che lim sup n n 0 N tale che Ne segue a n+1 a n a n+1 < κ a n per ogni n n 0. a n < κ n n 0 a n per ogni n n 0, < κ < 1. Allora esiste da cui la tesi in virtù del criterio del confronto con la serie geometrica (vedi Osservazione 3.6.) (ii) Si ha a n0 +1 a n0 e quindi a n a n0 per ogni n n 0 cosicché non può essere a n 0. Esercizio 3.8 Provare che se lim n a n+1 a n > 1 la serie a k è divergente. k=1 Esempio 3.9 Sia x R e a n = xn, n = 0, 1,... Si ha allora se x 0: n! a n+1 a n = x n + 1, n N. Quindi la serie k=0 x k k! è convergente.

36 Serie 29 Osservazione 3.10 Il criterio del rapporto non dà informazioni sulla convergenza o divergenza della serie se lim sup 1 e a n+1 < a n defini- a n+1 n a n tivamente. Ciò accade in particolare per le serie n=1 1 n, n=1 1 n 2. Infatti nel primo caso si ha: a n+1 a n = n n + 1 1, n n + 1 < 1, n N e nel secondo a n+1 a n = n 2 (n + 1) 1, n 2 < 1, n N, 2 (n + 1) 2 mentre la prima seria è divergente e la seconda convergente (vedi Esempio Esercizio 3.11 Siano a e b due numeri positivi diversi e minori di 1. Considerare la successione (a n ): a 0, b 0, a 1, b 1,..., a n, b n,... Provare che la successione è convergente e che risulta: lim sup n a n+1 a n = Criterio della radice Consideriamo la serie k=1 a k. Proposizione 3.12 a n 1/n < 1 la serie k=1 a k è assolutamente convergente. (i) Se lim sup n (ii) Se lim sup a n 1/n > 1 la serie k=1 a k è divergente. n

37 30 Capitolo 3 Dimostrazione. Supponiamo che lim sup a n 1/n < κ < 1. Allora a n 1/n è n definitivamente minore di κ, quindi esiste n 0 N tale che a n k n per ogni n n 0. La tesi segue ora criterio del confronto con la serie geometrica (vedi Osservazione 3.6.) Sia ora lim sup a n 1/n > 1. Allora esistono infiniti interi n i tali che a ni n è maggiore di 1, quindi non risulta a n 0. Esercizio 3.13 Provare che anche il criterio della radice non dà informazioni sulla convergenza delle serie n=1 1 n, n=1 1 n Serie a termini positivi In questa sezione consideriamo la serie: k=0 con a k > 0 per ogni k N. In questo caso la successione delle somme parziali è strettamente crescente quindi la serie è convergente se e solo se è limitata. Consideriamo ora il caso in cui la successione (a n ) è decrescente. In questo caso la convergenza o divergenza della serie è equivalente alla convergenza o divergenza della serie k=0 2k a 2 k. Vale infatti il seguente criterio dovuto a Cauchy. Proposizione 3.14 Sia k=0 a k una serie a termini positivi tale che la successione (a n ) è decrescente. Allora la serie k=0 a k è convergente (risp. divergente) se e solo se la serie k=0 2k a 2 k è convergente (risp. divergente). Dimostrazione. Poniamo per ogni n N a k s n = n a k, t n = k=0 n 2 k a 2 k. k=0

38 Serie 31 Supponiamo che k=0 2k 1 a 2 k 1 sia convergente a t R. Si ha allora per ogni n N: s n = a 0 +a 1 +(a 2 +a 3 )+(a 4 +a 5 +a 6 +a 7 )+ a 0 +a 1 +2a 2 +4a t cosicchè la serie k=1 a k è anch essa convergente. Viceversa supponiamo che la serie k=0 a k sia convergente a s R. Si ha allora per ogni n N: t n = a 0 + 2a 2 + 4a n a 2 n 2a 0 + 2a 1 + 2a 2 + 2(a 3 + a 4 ) + 2(a 5 + a 6 + a 7 + a 8 ) + 2s cosicchè la serie k=1 2k a 2 k è convergente. Esempio 3.15 Consideriamo la serie 1 k=1. Si ha: k 2 k 1 a 2 k 1 = 2 k k = 1 = +. k=1 Quindi la serie k=1 k=1 1 è divergente. k Consideriamo ora la serie k=1 a k = k=1 2 k 1 a 2 k 1 = 2 k k = 2 k=1 Quindi la serie k=1 1 k 2 k=1 è convergente Serie a segni alterni k=1 1. Si ha: k 2 2 k < +. k=1 Sia (a n ) una successione a termini positivi. Poniamo: n s n = ( 1) k 1 a n, n N. k=1 Proposizione 3.16 Se (a n ) è decrescente e risulta a n 0 la serie ( 1) k 1 a n è convergente. k=0

39 32 Capitolo 3 Dimostrazione. Osserviamo che i termini di ordine dispari sono 0, quelli di ordine pari sono 0 mentre le somme parziali della serie sono 0. Per ogni n N si ha: s 2n+1 = s 2n 1 a 2n + a 2n+1 s 2n 1, (3.2) cosicché la successione (s 2n+1 ) è a termini positivi e decrescente. esiste l 0 tale che s 2n+1 l. Si ha inoltre: Quindi s 2n+2 = s 2n + a 2n+1 a 2n+2 s 2n, (3.3) cosicché la successione (s 2n ) è a termini positivi e crescente. Si ha inoltre: s 2n+1 = s 2n + a 2n+1 s 2n. (3.4) Quindi (s 2n ) è limitata superiormente cosicché esiste l 1 0 tale che s 2n l 1. Infine, passando al limite per n in (3.4) e ricordando che a n 0 segue che l = l 1, da cui la tesi. Ad esempio la serie è convergente. k=1 ( 1) n 1 1 n 3.3 Convergenza di medie Data una una successione (a n ) consideriamo la successione delle medie (p n ) definita da: p n := 1 n a k, n N. n k=1 Vedremo nella successiva proposizione che se a n l allora p n l. Il viceversa non è vero in generale come nel caso a n = ( 1) n, n N. Quindi la convergenza delle medie è un concetto più debole di convergenza, detto convergenza secondo Cesaro (1) (1) La convergenza secondo Cesaro gioca un ruolo importante nello studio delle serie di Fourier.

40 Serie 33 Proposizione 3.17 Sia (a n ) una successione convergente a l. Allora risulta 1 lim n n n a k = l. k=1 Dimostrazione. Per ogni ɛ > 0 esiste n ɛ N tale che n > n ɛ = a n < ɛ. Inoltre dalla Proposizione 2.9 segue che esiste K > 0 tale che a n K, n N. Si ha allora per ogni n > n ɛ 1 n p n l = a k l n 1 n a k l n k=1 k=1 = 1 n n ɛ k=1 a k l + 1 n n a k l n ɛ+1 2K n ɛ n + n n ɛ n Per n si ottiene lim sup p n l ɛ. n Data l arbitrarietà di ɛ ne segue ɛ. il che implica p n l. lim sup p n l = 0, n Esercizio 3.18 Data una successione (a n ) provare che a n lim n n = lim (a n a n 1 ), n nell ipotesi che i limiti suddetti esistano. Suggerimento. Considerare la successione (b n ) definita da b n = a n a n 1.

41 34 Capitolo 3

42 Capitolo 4 Funzioni reali di una variabile reale. Limiti e continuità Sia I un sottoinsime non vuoto di R e f : I R un applicazione. Si dice che f è una funzione reale di una variabile reale. L immagine f(i) di f è definita da: f(i) = {f(x) : x I}. In questo capitolo supporremo sempre che I sia un intervallo cioè un sottoinsieme non vuoto di R tale che: x, y I, 0 t 1 tx + (1 t)y I. Ciò significa che o I consiste di un solo punto, oppure se contiene due punti allora contiene il segmento che li congiunge. Sia I un intervallo limitato. Poniamo: inf I = a, sup I = b e supponiamo che a < b. I ha allora una delle forme seguenti a seconda che a e b siano o no punti di minimo o massimo di I: I = {x R : a x b} =: [a, b] I = {x R : a < x < b} =: (a, b), I = {x R : a x < b} =: [a, b), I = (a, b] = {x R : a < x b}, intervallo chiuso, intervallo aperto, intervallo aperto a destra, intervallo aperto a sinistra. 35

43 36 Capitolo 4 Sia ora I non limitato. Se inf I = a R e sup I = + si ha I = {x R : x a} =: [a, + ), oppure I = {x R : x > a} =: (a, + ), intervallo chiuso, intervallo aperto. Se inf I =, sup I = b R si ha I = {x R : x < b} =: [, b), oppure I = {x R : x b} =: (, b), intervallo chiuso, intervallo aperto. Infine se inf I = e sup I = + si ha I = R. In ogni caso i numeri a e b sono detti gli estremi dell intervallo I. 4.1 Limiti Sia I un intervallo, f : I R. Sia inoltre x 0 un elemento di I o un suo estremo e l R (1). Si dice che f(x) tende a l per x tendente a x 0 se per ogni ɛ > 0 esiste δ ɛ > 0 tale che f(x) l < ɛ x (x 0 δ ɛ, x 0 + δ ɛ ) I diverso da x 0. In tal caso si scrive lim x x 0 f(x) = l Osservazione 4.1 Il lim x x0 f(x) dipende soltanto dal comportamento di f vicino a x 0 ma non dal suo comportamento in x 0 (nel caso in cui x 0 I). Più precisamente sia J un intervallo contenuto in I tale che x 0 appartiene a J o a un suo estremo e sia f J la restrizione di f a J (2). È chiaro allora che risulta: lim f(x) = lim f J (x). x x 0 x x0 (1) Come vedremo negli esempi è utile considerare il caso in cui x 0 / I ma coincide con uno degli estremi di I. (2) f J : J R è definita da f J (x) = f(x) per ogni x J.

44 Funzioni reali 37 La proposizione seguente riconduce il concetto di limite di una funzione a quello di limite per successioni. Proposizione 4.2 Sia f : I R, x 0 appartenente a I o a un suo estremo e l R. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) lim x x0 f(x) = l (ii) Per ogni successione (x n ) I \ {x 0 } tale che x n x 0 si ha f(x n ) l. Dimostrazione. (i) (ii) è evidente. Proviamo che (ii) (i). Supponiamo per assurdo che valga (ii) ma non (i). Allora esiste ɛ 0 > 0 tale che per ogni δ > 0 esiste x (x 0 δ, x 0 + δ) I diverso da x 0 e risulta f(x) l ɛ 0. Fissato ɛ 0 > 0 scegliamo δ = 1 n e sia x n (x 0 1 n, x n ) I \ {x 0} tale che: f(x n ) l ɛ 0. (4.1) Osserviamo che x 0 x n 1 n cosicché x n x 0. Per l ipotesi (ii) ne segue allora che f(x n ) l il che contraddice (4.1). Usando la Proposizione 4.2 e i risultati sulle successioni del Capitolo 2 si ha immediatamente l unicità del limite e il risultato seguente. Proposizione 4.3 Siano f, g applicazioni di un intervallo I in R e sia x 0 appartenente a I o a un suo estremo. Supponiamo inoltre che esistano i limiti: lim f(x) = l, lim g(x) = l 1 x x 0 x x0 Valgono allora le affermazioni seguenti: (i) lim x x0 (f(x) + g(x)) = l + l 1 (ii) lim x x0 f(x)g(x) = ll 1. (iii) Se inoltre esiste λ > 0 tale che g(x) 0 per ogni x (x 0 λ, x 0 + λ), si ha lim x x0 f(x)/g(x) = l/l 1. La proposizione seguente permette di confrontare il limite di f(x) con quello di altre funzioni. La semplice dimostrazione è lasciata al lettore.

45 38 Capitolo 4 Proposizione 4.4 (di confronto) Siano f, g, h : I R, x 0 appartenente a I o a un suo estremo. Supponiamo che: Allora se esistono i limiti f(x) g(x) h(x) x I. lim f(x) = lim h(x) = l, x x 0 x x0 si ha: lim g(x) = l. x x 0 Esempi 4.5 1) Sia I = R, f(x) = x 2 per ogni x R. Si ha allora per ogni x 0 R: lim x x 0 f(x) = x ) Sia I = R, f(x) = sin x per ogni x R. Proviamo che lim sin x = 0. x 0 In virtù dell Osservazione 4.1 possiamo limitarci agli x ( π/2, π/2). In tal caso risulta: 0 sin x x e la tesi segue dalla Proposizione 4.4. In modo analogo si prova che: lim cos x = 1. x 0 3) Sia I = (0, + ), f(x) = sin x. Proviamo che x sin x lim x 0 x = 1. Ragionando come nell esempio precedente possiamo limitarci agli x (0, π/2). Si ha: sin x x tan x, x (0, π/2),

46 Funzioni reali 39 il che implica: cos x sin x 1, x (0, π/2). x La tesi segue dalla Proposizione ) Sia I = R e sia f definita da: f(x) = { x se x 0, 1 se x = 0. Allora Da notare che f(0) = 1. lim f(x) = 0. x 0 5) Sia I = R e sia H la funzione di Heavside definita da: { 1 se x > 0, H(x) = 0 se x 0. Allora è facile vedere che non esiste il limite lim H(x). x 0 Consideriamo le restrizioni H (0,+ ) e H (,0] di H a (0, + ) e (, 0] rispettivamente. Allora risulta: lim H (0,+ ) = 1, x 0 lim H (,0] = 0. x 0 Ciò ci induce a porre: lim H(x) = 1, lim x 0 + H(x) = 0. x Limiti infiniti Sia f : I R e x 0 un elemento di I o un suo estremo. Si dice che f tende a + (risp. ) per x x 0 se per ogni M > 0 esiste δ M > 0 tale che f(x) > M (risp. f(x) < M) x (x 0 δ M, x 0 + δ M ) I diverso da x 0.

47 40 Capitolo 4 In tal caso si scrive lim f(x) = + (risp. lim f(x) = ). x x 0 x x0 Si possono ora ripetere con ovvie modifiche le considerazioni precedenti. In particolare per provare che lim f(x) = + x x 0 basterà provare che per ogni successione (x n ) I \ {x 0 } convergente a x 0 risulta f(x n ) +. Esempi 4.6 1) Sia I = (0, + ), f(x) = 1 x lim f(x) = +. x 0 per ogni x > 0. Si ha allora: 2) Sia I = [0, + ) e f definita da: Si ha allora: f(x) = { 1 x se x > 0, 3 se x = 0. lim f(x) = +. x 0 3) Sia I = R e f definita da: f(x) = { 1 x 1 se x 1, 0 se x = 1. Allora non esiste il limite lim f(x). x 0 Consideriamo le restrizioni f (1,+ ) e f (,1) di f a (1, + ) e (, 1) rispettivamente. Allora risulta: Per questo poniamo: lim H (0,+ ) = +, x 1 lim f(x) = +, lim x 1 + lim H (,0] =. x 1 f(x) =. x 1

48 Funzioni reali Limiti per x ± Sia I un intervallo non limitato a destra (risp. sinistra) e f : I R. Si dice che f tende a l per x + (risp. ) se per ogni ɛ > 0 esiste M ɛ > 0 tale che f(x) l < ɛ, per ogni x (M ɛ, + ) I risp. per ogni x (, M ɛ ). In tal caso si scrive lim f(x) = l risp. lim f(x) = l. x + x In modo analogo si definisce lim x + f(x) = ± e lim x f(x) = ±. 4.2 Funzioni continue Sia I un intervallo, f : I R. Si dice che f è continua nel punto x 0 I se risulta: lim x x 0 f(x) = f(x 0 ). Se f non è continua in x 0 si dice che x 0 è un punto di discontinuità di f. Se f è continua in ogni punto di I si dice che f è continua nell intervallo I. Dalle Proposizioni 4.2 e 4.3 segue immediatamente che Proposizione 4.7 Sia f : I R e sia x 0 appartenente a I. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) f è continua in x 0. (ii) Per ogni successione (x n ) I convergente a x 0 si ha f(x n ) f(x 0 ). Proposizione 4.8 Siano f, g applicazioni di un intervallo I in R e sia x 0 I. Supponiamo inoltre che f e g siano continue in x 0 e che α, β R, allora αf + βg e fg sono continue in x 0. Il teorema seguente è di facile dimostrazione ma utile. Teorema 4.9 (Permanenza del segno) Sia I un intervallo, f : I R continua nel punto x 0 I e tale che f(x 0 ) > 0. Allora esiste δ > 0 tale che: f(x) > 0, x I (x 0 δ, x 0 + δ).

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