Appunti di Logistica. F. Mason E. Moretti F. Piccinonno

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1 Appunti di Logistica F. Mason E. Moretti F. Piccinonno

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3 1 Introduzione La Logistica è una disciplina molto vasta che, in prima approssimazione, si suddivide in logistica interna (alle aziende) e logistica esterna, cioè ambientale. Quest ultima, che si interessa di problemi di viabilità (strade, ponti, gallerie, ferrovie, infrastrutture in genere) e di modalità di trasporto (aereo, terrestre, navale, ecc.) è sicuramente di grande interesse sociale ed economico ed è oggetto di numerosi studi matematico-statistici, ma non si intende trattare tali argomenti in questa sede. Parlando di Logistica noi qui intenderemo la logistica aziendale, cioè quella che riguarda interessi microeconomici. Essa viene generalmente suddivisa a sua volta in materials management e distribution management ed è la scienza che segue i flussi fisici delle merci e delle relative informazioni dall acquisto delle materie prime fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita. Questa definizione è ulteriormente ampliata per comprendere anche la gestione dei flussi presso i clienti e i fornitori. In ogni caso la Logistica è un settore del management ben definito che riguarda la gestione integrata di varie attività ed è finalizzato a conseguire obiettivi di efficienza globale. In questi appunti ci occuperemo innanzitutto di logistica distributiva. Il distribution manager si interessa, come è noto, di far giungere ai clienti i prodotti finiti perseguendo i tradizionali obiettivi di efficacia (il servizio alla clientela) e di efficienza (i costi devono essere minimi). Il suo successo è legato proprio alla capacità di comporre questi obiettivi apparentemente conflittuali. Nel seguito saranno presentati modelli matematici utili per la risoluzione di alcuni problemi decisionali del distribution manager. Per far questo sono necessarie delle premesse matematiche descritte nei capitoli 2 e 3, relative alla complessità computazionale e alla teoria dei grafi. Il capitolo 4 affronterà quindi i problemi di logistica distributiva. Nel conclusivo capitolo 5 saranno affrontati invece i problemi di gestione delle scorte e del magazzino.

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5 2 Problema, modello, algoritmo. Complessità computazionale Un processo decisionale può essere decomposto nelle seguenti fasi: 1. individuazione del problema; 2. analisi della realtà e raccolta dei dati; 3. costruzione di un modello matematico che descriva gli aspetti essenziali del problema; 4. sviluppo di metodologie matematiche efficienti (algoritmi risolutivi) per determinare una soluzione; 5. analisi dei risultati ottenuti, confronto con la realtà e validazione del modello. Individuazione del problema Analisi della realtà e raccolta dati Costruzione di modello matematico Sviluppo algoritmi risolutivi Analisi dei risultati e validazione del modello Sono tutte fasi sequenziali anche se a volte può capitare che una di queste fasi richieda modifiche dei risultati ottenuti in fasi precedenti. In particolare, dopo aver analizzato i risultati ottenuti (fase 5), può succedere che ci sia la necessità di ritoccare il modello costruito nella fase 3. I punti 3) e 4) sono quelli più interessanti dal punto di vista matematico.

6 2.1 Costruzione di un modello matematico Il modello è una descrizione logico-matematica della porzione di realtà interessante ai fini del processo decisionale. Una volta descritto il sistema attraverso relazioni matematiche tra variabili che rappresentano gli elementi del sistema stesso, si tratta di cercare valori per tali variabili che soddisfino i vincoli imposti e che ottimizzino (massimizzino o minimizzino) una funzione obiettivo opportunamente definita. Non va mai dimenticata la diversità esistente tra problema reale e rappresentazione dello stesso tramite il modello: la soluzione di un problema è sempre la soluzione della rappresentazione del problema reale che è stata costruita, cioè del modello. Il modello è dunque in generale una descrizione molto limitata della realtà; nel formularlo si dovrà cercare di rappresentare in modo accurato gli aspetti che interessano ai fini della soluzione del problema decisionale che si sta affrontando. Per problema si intende una domanda espressa in termini generali, la cui risposta dipende da un certo numero di parametri e variabili. Esso viene definito per mezzo di: una descrizione dei suoi parametri; una descrizione delle proprietà che devono caratterizzare la risposta o soluzione che si desidera. (ES.: trovare il percorso più breve tra due città) Un istanza del problema P è una domanda specifica che si ottiene attribuendo un valore assegnato a ciascun parametro di P. (ES.: trovare il percorso più breve tra Venezia e Padova) Spesso un problema viene definito fornendo l insieme F delle possibili risposte o soluzioni. Tale insieme viene detto regione ammissibile e i suoi elementi soluzioni ammissibili. Sulla regione ammissibile viene definita una funzione obiettivo c : F R che fornisce il costo o il beneficio associato ad ogni soluzione. Un problema di ottimizzazione è un problema in cui, date la regione ammissibile F e la funzione obiettivo c, si cerca una soluzione ammissibile (elemento di F) che renda minima oppure massima la funzione obiettivo. Un problema di ottimizzazione verrà indicato usando la seguente notazione: a) (F, c; min) [min{ c( x) x F} : ], b) (F, c; max) [max{ c( x) x F} : ]. Un problema di esistenza (o problema decisionale) è un problema in cui si richiede di determinare una soluzione ammissibile e quindi di verificare se la regione ammissibile è vuota oppure no. Un problema di esistenza verrà indicato usando la seguente notazione: 4

7 c) (F; ) [determinare, se esiste, x F ]. I problemi a), b) e c) sono equivalenti nel senso che possono essere considerati rappresentazioni alternative di uno stesso problema. Di seguito si dimostra infatti che ciascuna rappresentazione può essere trasformata nelle altre. a) b): min { c( x) : x F} max { c( x) x F} :. a) c): b) c): * a) c) sia F = { x F : c( x) c( y), y F} allora (F, c; min) ( F ; ), * cioè determinare un punto di minimo per la funzione c * nell insieme F equivale a determinare un elemento di F ; a) c) sia : F { 0,1} c, F F, così definita c ( x) 0, se x F, = 1, altrimenti; allora (F; ) ( F, c ; min), cioè determinare (se esiste) un elemento di F equivale a determinare un punto di minimo per la funzione c in F : se il valore minimo dic è 0 significa che x F, se invece il valore minimo di c è 1 significa che / x F. segue da a) c) e da a) b). Dato un problema di ottimo del tipo (F, c; min) [(F, c; max)], si dice problema decisionale ad esso associato, o sua versione decisionale, il problema ( F k ; ), dove F k = { x F : c( x) k} [ F k = { x F : c( x) k} ], con k intero prefissato. Facendo variare il parametro k e risolvendo ogni volta un problema di esistenza è possibile determinare il valore ottimo della funzione obiettivo. Dato un problema decisionale (F; ) si dice problema di certificato ad esso associato il problema seguente: dato x, determinare se esso è soluzione di (F; ), cioè se, x F. 5

8 2.2 Esempi Il problema dello zaino = un insieme di oggetti che si vorrebbero caricare nello zaino. Siano a i e i. Si tratta di determinare un sottoinsieme di elementi di E che abbia utilità totale massima e il cui peso totale non superi la capacità dello zaino, b. Ovviamente, affinché il problema non sia Sia E { 1,...,n} c rispettivamente il peso e l utilità dell elemento i, i { 1,...,n} banale deve necessariamente valere la relazione seguente: n a i i= 1 0 < b <. Il problema dello zaino si può formulare come problema di programmazione matematica come segue: max i= 1 x n i i= 1 n i c x, a i x i i b, { 0,1 }, i = 1,..., n, dove x i 1, se l' elemento i viene inserito nello zaino, = 0, altrimenti. Il problema si può formulare come (F, c; max), dove F = S E a i S b : i e ( S) = c i i S c. La versione decisionale del problema è la seguente: ( S)? S E : a b e c k i S Il problema di certificato associato è il seguente: dato i S E, verificare che a b e che c( S ) k. i S i Ordinamento di lavori su macchine: minimizzazione del tempo di completamento Siano dati n lavori e m macchine. Il lavoro i, i=1,..,n, può essere svolto su ciascuna macchina e richiede un tempo di lavorazione d i, indipendente dalla macchina su cui viene svolto. Si tratta di assegnare i lavori alle macchine in modo da completare i lavori nel minor tempo possibile. 6

9 Il problema si può formulare come (F, c; min), dove, dato E { J { 1,..., n } F = I E =, J1, J 2 I J1 J =, J = { 1,.., n}, I m, J I : 2 c( I ) = max di. J I i J Il problema del commesso viaggiatore (TSP) Dato un grafo completo, simmetrico e ad archi pesati, ( N E, w) N insieme dei nodi, E insieme degli archi, N = n, ( n 1) n E =, 2 w : E R + funzione che associa ad ogni arco un peso,,, con si tratta di determinare un circuito hamiltoniano, cioè un circuito che passa per tutti i nodi del grafo una e una sola volta, di costo minimo. Il problema si formula come (H, w; min), dove H = { I E : I individua un circuito hamiltonia no} e ( I ) = w( e) w. e I Soddisfacibilità (SAT) Siano proposizione P 1, P2,..., P delle proposizioni logiche. Si indichi con ± Pj la n P j o la sua negazione Pj, per j=1,2,..,n. Siano C i = ± P1 ± P2... ± P r, per i=1,..,m e sia A = C1 C2... Cm. Si tratta di determinare, se esiste, una valore di verità per le proposizioni renda vera la formula A. Come problema di esistenza: ( F, ), dove 1, P2 Pn che P,.., F è l insieme degli assegnamenti di verità alle proposizioni che rendono vera la A. 7

10 Come problema di ottimo: (F, ν, min), dove = { falso vero} n e { vero} n F, cartesiano di { falso, vero} per n volte; falso, indica il prodotto ν è la funzione che conta il numero di clausole non soddisfatte. Ovviamente una formula è soddisfacibile se e solo se il valore ottimo del problema di ottimo associato (F, ν, min) è zero. 8

11 2.3 Algoritmi e complessità Una volta che è stato formulato un problema, si tratta di risolverlo e quindi di mettere a punto strumenti di calcolo che, data una qualsiasi istanza, siano in grado di fornire la soluzione in un tempo finito. Tali strumenti si dicono algoritmi. Un algoritmo che risolve un dato problema P è una sequenza finita di istruzioni che, applicata ad una qualsiasi istanza p di P, si arresta dopo un numero finito di passi fornendo una soluzione dell istanza p o indicando che l istanza p non ha soluzioni ammissibili. Dato un problema P, una sua istanza p e un algoritmo A che risolve P, si dice costo (o complessità) di A applicato a p una misura delle risorse utilizzate dall esecuzione di A su una macchina per determinare la soluzione di p. Le risorse più interessanti sono di due tipi: la memoria occupata e il tempo di calcolo. Poiché generalmente è il tempo di calcolo la risorsa più critica, è usuale utilizzare il tempo di calcolo come misura della complessità degli algoritmi. Supponendo che tutte le operazioni elementari (operazioni algebriche e confronti) abbiano la stessa durata, si esprime il tempo di calcolo come numero di operazioni elementari effettuate dall algoritmo. Dato un algoritmo è utile disporre di una misura di complessità che consenta di valutare la bontà dell algoritmo stesso ed eventualmente di confrontare questo con algoritmi alternativi. Ovviamente non è possibile conoscere la complessità di un algoritmo A per ognuna delle istanze di P, poiché queste in generale sono in numero non limitato. Si cerca allora di esprimere la complessità come una funzione g(n) che rappresenta il costo necessario per risolvere la più difficile tra le istanze di dimensione n. Si parla in tal caso di complessità nel caso peggiore. Per dimensione di un istanza p si intende una misura del numero di bit necessari per rappresentare su calcolatore i dati che definiscono p, cioè una misura della lunghezza del suo input. In realtà, più che la conoscenza esatta della funzione g(n) interessa il suo ordine di grandezza; si parla in tal caso di complessità asintotica. Data una funzione g(x), si dice che g(x) è O(f(x)) se esistono due costanti c 1 e c 2 tali che g ( x) c1 f ( x) + c2. Sia g(x) il numero di operazioni elementari che vengono effettuate da un algoritmo A applicato alla più difficile istanza, tra tutte quelle che hanno lunghezza di input x, di un dato problema P. Si dice che la complessità di A è O(f(x)) se g(x) è O(f(x)). Per avere un esempio dell utilizzo della teoria della complessità, si descrivono di seguito due diversi algoritmi per l ordinamento di un insieme di numeri. Esempio Dato un insieme di numeri I { a a,..., } = a due a due diversi (non è un ipotesi 1, 2 restrittiva), si vogliono ordinare gli elementi di I in senso crescente. Si presentano di seguito due diverse tecniche: l algoritmo degli scambi e l algoritmo di ordinamento per sottoinsiemi. Algoritmo degli scambi Si confrontano a 1 e a 2. Se a 1 < a 2, si lascia invariata la loro posizione, altrimenti si scambiano tra di loro. Si confronta poi a 3 con l elemento che si trova in seconda posizione e se serve con l elemento che si trova in prima posizione, per trovare la giusta collocazione di a 3 rispetto ad a 1 e a 2. In generale, al k-esimo passo si tratterà di trovare la a n 9

12 giusta collocazione per a k+1 rispetto ai primi k elementi già ordinati; siano essi b 1,, b k. Si tratta quindi di confrontare a k+1 con b k, poi se occorre con b k-1, e così via fino a che si individua j tale che b j < a k+1 < b j+1. Ma quanti confronti occorrono complessivamente? Ovviamente questo numero dipende da come gli n numeri sono ordinati inizialmente. Volendo, come è usuale fare, valutare il numero di operazioni elementari che occorrono nel caso peggiore, bisogna supporre che gli n numeri da ordinare dal più piccolo al più grande siano inizialmente ordinati dal più grande al più piccolo. In questo modo ogni elemento sarà costretto a cambiare posizione con tutti gli elementi alla sua sinistra prima di trovare la giusta collocazione rispetto a questi: al k-esimo passo a k+1 subirà k confronti e altrettanti scambi. In totale i confronti sono (l uguaglianza si dimostra per induzione): n ( ) ( n 1) n 1 =. 2 Quindi il numero di operazioni elementari da fare nel caso peggiore è un polinomio di grado 2 in n, dove n è il numero di elementi da ordinare e quindi la dimensione 2 n. dell i stanza. Si dice allora che questo algoritmo ha complessità O ( ) Algoritmo di ordinamento per sottoinsiemi (Merge) Si intende illustrare questa seconda procedura mediante un esempio. Si consideri l insieme I costituito da 16=2 4 elementi da ordinare: I = {20, 8, 11, 3, 15, 7, 30, 2, 18, 31, 4, 25, 9, 40, 10, 35}. Sia I 1 l insieme che ha come elementi le 8 coppie consecutive ordinate di due elementi consecutivi di I (primo e secondo, terzo e quarto, ): I 1 = {8, 20, 3, 11, 7, 15, 2, 30, 18, 31, 4, 25, 9, 40, 10, 35}. Sia I 2 l insieme che ha come elementi i 4 insiemi consecutivi ordinati formati ciascuno da 4 elementi consecutivi di I 1 : I 2 = {3, 8, 11, 20, 2, 7, 15, 30, 4, 18, 25, 31, 9, 10, 35, 40}. Sia I 3 l insieme che ha come elementi i 2 insiemi consecutivi ordinati formati ciascuno da 8 elementi di I 2 : I 3 = {2, 3, 7, 8, 11, 15, 20, 30, 4, 9, 10, 18, 25, 31, 35, 40}. Infine sia I 4 l insieme che si ottiene da I 3 ordinando tutti i 16 elementi: I 4 = {2, 3, 4, 7, 8, 9, 10, 11, 15, 18, 20, 25, 30, 31, 35, 40}. È evidente che se I contiene 2 k elementi (nell esempio I contiene 2 4 = 16 elementi) si dovranno costruire k insiemi, I 1, I 2,, I k (nell esempio I 1, I 2, I 3, I 4 ). Quindi con n = 2 k elementi si costruiscono k = log 2 n insiemi (nell esempio n=16, k=4). Per costruire I h+1 a partire da I h si fondono a due a due dei sottoinsiemi adiacenti formati da 2 h elementi, ciascuno già ordinato in precedenza. Questa fase richiede al più tante operazioni quanti sono gli elementi da fondere ( n), infatti per fondere a 1, a 2,, a t con b 1, b 2,, b t si costruisce un elenco di 2t elementi e si procede come segue: si confrontano a 1 e b 1 e se a 1 < b 1 si trascrive a 1 e si confrontano a 2 e b 1, altrimenti, se a 1 > b 1 si trascrive b 1 e si 10

13 confrontano a 1 e b 2. In generale, quando si confrontano a i e b j, se a i < b j si trascrive a i e si confrontano a i+1 e b j, altrimenti, se a i > b j si trascrive b j e si confrontano a i e b j+1. Poiché ad ogni confronto si trascrive sempre almeno un elemento, I h+ 1 si ottiene da I h dopo non più di n confronti. Di conseguenza l algoritmo richiede non più di n log 2 n operazioni. Si noti che la tecnica non cambia se il numero di elementi da ordinare n è un intero qualunque e non una potenza di 2; si tratterà eventualmente di fondere gruppi aventi numerosità diversa. Tra le due tecniche descritte è generalmente preferita la seconda in quanto presenta una complessità inferiore. Si dicono trattabili i problemi per i quali esistono algoritmi la cui complessità è O(p(x)), con p(x) un polinomio in x, e intrattabili i problemi per i quali un tale algoritmo non si conosce. La Tabella 1 mostra, per diverse funzioni di complessità, come aumentano i tempi di calcolo all aumentare della dimensione dell istanza, nell' ipotesi che il tempo richiesto per effettuare una operazione elementare mediante calcolatore sia 10-6 sec. Si noti che le funzioni di complessità esponenziali, pur avendo tempi di calcolo confrontabili con quelli polinomiali per dimensione bassa dell istanza, presentano tempi di calcolo molto elevato all aumentare della dimensione dell istanza. n=10 n=20 n=40 n=60 G(n)=n 10-5 sec sec sec sec G(n)=n sec sec 6, sec 2, sec G(n)=n sec 3,2sec 102,4sec (1,7min) 777,6sec (13min) G(n)=2 n 1, sec 1,049sec sec G(n)=3 n 5, sec 3486,8sec (0,97ore) (12,7gg) 1, sec (3, anni) Tabella 1: tempi di calcolo con diverse funzioni di complessità e diverse dimensioni dell' istanza, nell' ipotesi che il tempo richiesto per una operazione elementare sia 10-6 sec 1, sec (36500anni) 4, sec (1, anni) Si definisce classe NP l insieme di tutti i problemi decisionali il cui associato problema di certificato può essere risolto in tempo polinomiale. Ad esempio il problema del commesso viaggiatore è un problema della classe NP in quanto il problema di certificato associato ad esso può essere risolto con un algoritmo che ha complessità O(n) ovvero in tempo lineare. Nella classe NP è contenuta la classe P, cioè l insieme di tutti i problemi decisionali per i quali esistono algoritmi risolutivi di complessità polinomiale. I problemi per i quali esistono algoritmi risolutivi di complessità polinomiale si dicono problemi facili. 11

14 Dati due problemi decisionali P e Q, si dice che P si riduce in tempo polinomiale a Q, e si scrive P Q, se, supponendo che esista un algoritmo A Q che risolve Q in tempo costante (indipendente dalla lunghezza dell' input), allora esiste un algoritmo che risolve in tempo polinomiale P utilizzando come sottoprogramma A. Si parla in tal caso di riduzione polinomiale di P a Q. La relazione ha le seguenti proprietà: i) è riflessiva, cioè P P ; ii) è transitiva, cioè P Q e Q R P R. Un problema Q è detto NP-completo (o difficile) se Q NP e se per ogni P NP si ha che P Q. È possibile dimostrare (teorema di Cook, 1971) che ogni problema P NP si riduce polinomialmente al problema della soddisfacibilità (SAT), quindi la classe dei problemi NP-completi è non vuota, poiché SAT è un problema NP-completo. Se esistesse un algoritmo polinomiale che risolve un problema NP-completo, allora tutti i problemi in NP sarebbero risolubili in tempo polinomiale e si avrebbe P = NP. A tutt oggi non si sa se esistono problemi in NP che non appartengano anche a P, cioè se P NP. Si ritiene che sia molto probabile che P NP. Q NP-completi P Classe NP Un problema che abbia come caso particolare un problema NP-completo ha la proprietà di essere almeno tanto difficile quanto i problemi NP-completi. Un problema di questo tipo si dice NP-hard. Ad esempio sono NP-hard i problemi di ottimo la cui versione decisionale è un problema NP-completo. In molti casi, a causa della complessità del problema, può risultare troppo oneroso (se non addirittura impossibile) determinare una soluzione ottima del problema. Ci si accontenta allora di cercare delle buone soluzioni ammissibili. Un algoritmo che risolve un problema senza garantirne l ottimalità della soluzione trovata è detto algoritmo euristico. È evidente che un buon algoritmo euristico deve avere bassa complessità e deve essere in grado di fornire una soluzione che approssima bene la soluzione ottima. 12

15 3 Elementi di teoria dei grafi. 3.1 I grafi come metodologia di rappresentazione di sistemi. La rappresentazione di un sistema mediante un grafo è assai comune ed è a volte utilizzata in maniera inconsapevole. Gli esempi stessi che sono portati per dimostrare come nella storia si sia fatto ricorso a tale rappresentazione lo mettono in evidenza. Dal classico caso di Eulero, che rappresentò con un grafo i quartieri di Koenigsberg e i ponti che li collegavano, alla rappresentazione delle molecole con le formule di struttura o alla descrizione dell organigramma di un azienda, si vede come il ri corso a caselle o nodi o punti collegati tra di loro da linee o frecce riguardi ambiti disciplinari molto diversi e tra loro relativamente indipendenti. Gli esempi sopra riportati possono essere anche utilizzati per introdurre problematiche che facendo ricorso a risultati della teoria dei grafi hanno avuto interessanti sviluppi. Ciò per dire che le rappresentazioni mediante grafi descritte sopra non sono fini a se stesse, ma sono servite o possono servire per risolvere problemi o mettere in evidenza proprietà nell ambito della disciplina interessata. In particolare Eulero con la sua rappresentazione dimostrò che non era possibile individuare un percorso che partendo da uno dei quartieri della città vi ritornasse transitando una ed una sola volta per ognuno dei sette ponti che collegavano i quartieri tra di loro. L interesse attuale sta nel fatto che vari problemi di igiene urbana (ad es., la raccolta rifiuti, lo spazzamento delle strade ecc.) si possono risolvere sviluppando i ragionamenti di Eulero. Nel caso delle formule chimiche, note proprietà dei grafi portano a escludere l esistenza di sostanze con molecole formate da determinati numeri di atomi. Infine, la codifica mediante un grafo dell organigramma di un azienda mette in evidenza aspetti relativi alla tipologia della organizzazione aziendale, alle modalità del flusso di informazioni e/o degli ordini all interno della struttura ecc. Un grafo viene di solito visualizzato mediante un insieme (finito) di punti (in pratica, cerchi o quadrati) collegati tra di loro in vari modi mediante linee o frecce. Questa concezione, tuttavia, fa perdere di vista il fatto che la rappresentazione mediante una figura (un disegno), in quanto tale, non è il grafo: lo stesso grafo può essere rappresentato in maniere diverse, anche se equivalenti. Da un punto di vista matematico, un grafo G consiste in una coppia di insiemi, l insieme N dei nodi (o vertici) e l insieme A degli archi. In questa esposizione, per semplicità, useremo i termini nodi e ve rtici come sinonimi; così pure intenderemo come sinonimi i termini archi, spigoli e linee. In letteratura, viceversa, a volte si utilizzano tali concetti con riferimento a contesti diversi (ad es. si parla di archi solo per grafi orientati ecc.), ma il vantaggio che se ne ricava è dubbio. In effetti la teoria dei grafi è relativamente recente e quindi manca ancora di definizioni universalmente accettate. Spesso un articolo o un contributo scientifico che utilizzi i grafi come strumento inizia specificando le definizioni adottate, e ciò è indispensabile elemento di chiarezza nella lettura.

16 Si scrive simbolicamente G = (N, A). Spesso si utilizzano anche i simboli V (per vertici) ed E (per gli archi). Inoltre il grafo stesso viene a volte denominato rete. L insieme N è non vuoto: esso è rappresentativo di entità tra le quali si intendono evidenziare dei legami a coppie. Gli elementi di N potranno essere indicati con le lettere a, b, c,... u, v, w, z oppure con v 1, v 2,..., v n. L insi eme A (che, viceversa, può essere anche vuoto) è formato da coppie di elementi di N: se si tratta di coppie ordinate, il grafo si dice orientato o digrafo (directed graph); se le coppie non sono ordinate, il grafo si dice non orientato. Vi sono poi casi in cui alcune coppie sono ordinate mentre altre non lo sono (ad esempio, raffigurando una rete stradale, le strade a senso unico sono rappresentabili con archi orientati, le altre non richiedono orientamento): si ha allora un grafo misto. Tornando all osservazione precedente, in base alla quale un grafo è una coppia di insiemi, e non tanto la figura che può servire a rappresentarli, si dice che due raffigurazioni sono isomorfe se rappresentano lo stesso grafo, ma risultano graficamente differenti: evidentemente tra le due si può stabilire una corrispondenza biunivoca (ad ogni nodo della prima figura corrisponde un nodo della seconda e viceversa in modo tale che l arco che collega due nodi esiste nella prima rappresentazione se e solo se figura anche nella seconda). Gli elementi di A rappresentano, come si è detto, i legami tra elementi di N. Sulla natura degli elementi di N non si fanno particolari ipotesi: in pratica, in problematiche di trasporto è frequente associare ai nodi gli incroci di una rete stradale e quindi gli archi corrispondono ai tratti stradali che connettono gli incroci stessi, e in questo caso ogni arco rappresenta un entità fisica. Ma, sempre in relazione a problemi connessi ai trasporti, può succedere che i nodi rappresentino le corse che un azienda di trasporto pubblico deve effettuare, mentre un arco orientato tra due corse esprime il fatto che uno stesso autobus, dopo aver effettuato la prima corsa può effettuare anche la seconda. In altri casi, i nodi possono rappresentare persone (e gli archi rapporti di parentela) oppure compiti da eseguire (e gli archi precedenze tra compiti) e così via. Un arco che collega i nodi u e v si può rappresentare come coppia (u, v) o anche soltanto con la scrittura uv (a meno che non gli si dia una denominazione, in genere mediante una lettera minuscola: arco a ). Se il grafo è non orientato è evidente che lo stesso arco si potrà rappresentare anche con (v, u) oppure vu. Dato l arco a = (u, v), si dice che - u e v sono i due estremi dell arc o; - a congiunge u con v: - u e v sono adiacenti; - l arco è incidente in u ed in v; - u e v sono incidenti nell arco a. Se il grafo è orientato, e quindi necessariamente la coppia (u, v) è ordinata, u è il primo estremo o origine dell arco, mentre v è il second o estremo o nodo finale. 14

17 Due archi come h = (u, v) e g = (v, w), aventi un estremo in comune, sono adiacenti. Oltre a ciò, se il grafo è orientato, h e g considerati nell ordine sono consecutivi e si dice anche che h precede g e che u è un antenato di w, mentre w si dice discendente di u. In situazioni particolari occorrono rappresentazioni in cui vi sono più archi paralleli che collegano la stessa coppia di nodi: si parla allora di multigrafo. Un multigrafo potrebbe essere rappresentato indicando per ogni arco (coppia di nodi) la sua molteplicità. A volte occorre considerare anche archi per i quali i due estremi coincidono: si hanno allora i loop o cappi, archi del tipo (u, u). un multigrafo un cappio In un grafo orientato, due archi del tipo (u, v) e (v, u) si dicono opposti. Se in un grafo orientato per ogni arco è presente anche l opposto il grafo si dice simmetrico, mentre se ciò non accade mai il grafo si dice antisimmetrico. Un grafo non orientato nel quale esiste un arco per ogni coppia di nodi si dice completo. Un grafo orientato è completo se per ogni coppia di nodi u e v esistono sia l arco (u, v) che l arco (v, u) (e quindi si trat ta anche di un grafo simmetrico). Non vi è denominazione particolare per indicare la presenza o meno in un grafo, altrimenti completo, di loop: ciò è detto esplicitamente caso per caso. Si osservi infine che in un grafo completo orientato comprensivo di loop avente n nodi vi sono n 2 archi, mentre un grafo non orientato completo privo di cappi contiene n(n-1)/2 archi. A volte, poi, serve dare un indicazione del fatto che un grafo ha un numero relativamente piccolo di archi oppure, al contrario, che ne contiene molti: si parla rispettivamente di grafo sparso e grafo denso. I due concetti hanno carattere qualitativo (sono termini sfumati o fuzzy!): è eccessivo pensare ad un grafo sparso come ad uno che ha meno della metà degli archi di un grafo completo! 15

18 3.1.1 Sottografi, sottografi indotti e sottografi di supporto. Dato un grafo G = (N, A), siano N' N e A' A sottoinsiemi di nodi e archi, rispettivamente, e supponiamo che A' contenga solo archi aventi estremi in N'. Diremo allora che G' = (N', A' ) n è sottografo u di G. In pratica, per costruire un sottografo di un grafo assegnato G, è sufficiente cancellare da G alcuni nodi e alcuni archi, con l accortezza di eliminare tra questi ultimi anche tutti gli archi che hanno uno o entrambi gli estremi tra i nodi cancellati. Come caso limite, è possibile cancellare solo alcuni archi. D altra parte, si può ritenere ogni grafo come sottografo (improprio) di se stesso. Si parla di sottografo indotto dai nodi di N' quando il sottografo G' contiene tutti gli archi di A che collegano nodi in N' ; si parla invece di sottografo di supporto quando N' coincide con N (mentre, in generale, A' è un sottoinsieme proprio di A). Infine un concetto che risulta utile in alcune applicazioni pratiche è quello di grafo di sostegno non orientato di un grafo orientato o di un grafo misto. Con tale definizione si intende il grafo (non orientato) che si ottiene eliminando l orientamento degli archi (in un grafo misto, solo di quelli che lo sono!), eventualmente eliminando le duplicazioni dovute ad archi opposti. Quelli delle figure che seguono sono esempi, rispettivamente, di un grafo non orientato G, di un sottografo e di un sottografo indotto di G stesso. u v w p q grafo G u v w p q un sottografo di G il sottografo di G indotto da u, v, w, p, q. 16

19 3.1.2 Percorsi in un grafo; connessione. In un grafo non orientato si dice cammino o catena una successione di archi e 1, e 2,, e k, che si possano scrivere nella forma e 1 = (u 1, u 2 ), e 2 = (u 2, u 3 ),..., e k = (u k, u k+1 ). Per comodità diremo che sia gli archi e j che i loro estremi appartengono al cammino. Poiché il grafo è stato supposto non orientato, si ha lo stesso cammino della definizione se in alcuni degli archi si scambiano tra loro i due estremi. Pertanto, ad esempio, si ha lo stesso cammino della definizione scrivendo gli archi come e 1 = (u 1, u 2 ), e 2 = (u 3, u 2 ), e 3 = (u 4, u 3 ), ecc. Tuttavia non è corretto definire un cammino come successione di archi che hanno un estremo in comune ciascuno con quello che segue nell insieme stesso, perché in tale definizione rientrerebbero altre strutture come la seguente: e 1 = (u 1, u 2 ), e 2 = (u 1, u 3 ), e 3 = (u 1, u 4 ),, e k = (u 1, u k+1 ), che è un grafo particolare (una stella) avente centro u 1 e k raggi. Tornando alla definizione data sopra, partendo dal nodo u 1, è spontaneo pensare al cammino come ad un entità che è possibile percorrere, attraversando via via tutti gli archi e 1, e 2, ecc., sino ad e k, incontrando successivamente i nodi u 2, u 3, ecc., e giungendo in u k+1. Da questo punto di vista viene spontaneo anche definire u 1 l origine del cammino ed u k+1 come il termine dello stesso ma, essendo il grafo non orientato, si possono capovolgere i concetti e definire u k+1 come origine e u 1 come nodo finale. Un cammino è semplice se gli archi che contiene sono a due a due diversi, mentre è elementare se sono a due a due differenti i nodi u 1, u 2,, u k, u k+1. Un cammino prende il nome di circuito o ciclo se i vertici u 1 ed u k+1 coincidono. Anche un circuito può essere semplice o elementare. Un cammino (circuito) elementare è anche semplice, ma non necessariamente viceversa. Si osservi poi che in un grafo non orientato i due termini cammino e catena sono sinonimi, così come sono considerati sinonimi circuito e ciclo. Si vedrà tra poco come invece nei grafi orientati la cosa non sia più valida. In un grafo orientato si definisce cammino o sentiero una successione e 1 = (u 1, u 2 ), e 2 = (u 2, u 3 ),..., e k = (u k, u k+1 ), nella quale u 1 è nodo iniziale del primo arco, u k+1 è nodo finale dell ultimo, mentre ogni altro nodo u j, per j = 2, 3, k, è estremo finale di un arco e iniziale per l arco successivo. Pertanto, in un cammino di un grafo orientato l orienta mento degli archi è concorde. Il concetto di catena è più generale, non richiedendo che l orientamento degli archi sia sempre concorde: una catena è una successione di archi che inducono un cammino nel corrispondente grafo non orientato di sostegno. 17

20 In pratica, una catena può essere vista come una successione di archi, analoga a quella che individua un cammino, ma nella quale certi archi siano del tipo e j = (u j+1, u j ), cioè orientati in senso opposto a quello naturale che va da u 1 a u k+1. Il concetto di catena comprende come caso particolare quello di cammino. Un cammino nel quale u 1 e u k+1 coincidono si dice circuito. Una successione di archi alla quale nel grafo non orientato di sostegno corrisponde un circuito si dice ciclo. Analogamente a quanto evidenziato sopra, in un ciclo è possibile percorrere qualche arco contromano, fermo restando che i circuiti sono casi particolari di cicli. I concetti precedenti consentono di classificare i grafi in conformità a una proprietà, detta di connessione, come segue: - un grafo orientato per il quale, data una qualunque coppia ordinata di nodi, esiste sempre un cammino che li unisce, si dice fortemente connesso; - un grafo orientato per il quale tra ogni coppia orientata di vertici esiste sempre almeno una catena, ma non un cammino, si dice semplicemente connesso. In un grafo non orientato, non si distingue tra connessione semplice e forte: - un grafo non orientato è connesso se esiste un cammino tra qualsiasi coppia di nodi. Se un grafo non orientato G non è connesso si possono ripartire i nodi in classi di equivalenza sulla base di una proprietà detta di raggiungibilità e individuando dei sottografi di G detti componenti connesse di G stesso. Operativamente, dato un nodo u 1, si tratta di determinare tutti gli altri nodi, u 2, u 3,, u h, collegabili mediante un cammino con u 1, cioè raggiungibili da u 1 : il sottografo indotto da tali nodi costituisce una prima componente connessa G 1 di G. Successivamente, considerato uno dei nodi non compresi in G 1, che diciamo u h+1, si possono individuare i nodi u h+2,, u k raggiungibili da u h+1 che formeranno una seconda componente connessa G 2. Se vi sono nodi non ancora compresi nelle componenti connesse sinora individuate, se ne potrà determinare una terza e così via. Se il grafo G è orientato, si dicono sue componenti connesse i sottografi corrispondenti alle componenti connesse del sostegno non orientato di G. Sulla rilevanza del concetto di connessione si tornerà in un paragrafo successivo, insieme con alcune considerazioni legate ai grafi misti Gradi. In un grafo non orientato G si dice grado di un vertice v il numero di archi incidenti in v; se G è orientato si distinguono il grado interno (numero di archi che terminano in v) e grado esterno (numero di archi uscenti da v). 18

21 Il concetto di grado è importante per alcune problematiche - ad esempio quella relativa alla organizzazione dello sgombero dalla neve di una rete di strade - perché in relazione al grado dei singoli nodi si può stabilire se è possibile attraversare con un circuito tutti gli archi del grafo ciascuno una ed una sola volta, senza ripassare quindi più volte per lo stesso arco, cosa che garantisce il costo minimo. Un nodo di grado 1 si dice pendente; se ha grado 0 si dice isolato. In qualunque grafo non orientato, la somma dei gradi di tutti i nodi è un numero pari ed è eguale al doppio del numero degli archi. Infatti, ogni arco contribuisce al grado di due nodi, i suoi due estremi. Di conseguenza il numero dei nodi aventi grado dispari è un numero pari. Infatti, poiché la somma S di tutti i gradi è pari, detratti da S i gradi dei nodi a grado pari anche la somma dei gradi dei soli nodi a grado dispari è un numero pari e questo richiede necessariamente che i nodi a grado dispari siano in numero pari. In un grafo orientato, la somma dei gradi interni è eguale alla somma dei gradi esterni e tale somma coincide con il numero degli archi del grafo stesso. 19

22 3.2 Alberi e loro proprietà. Un albero è un grafo (non orientato) connesso e privo di cicli; un grafo privo di cicli ma non connesso si dice invece una foresta (e sono alberi le sue componenti connesse). Per gli alberi si può dimostrare la seguente proprietà caratteristica: Proprietà P: un albero con n nodi ha n-1 archi. Tale proprietà è condizione necessaria e sufficiente affinché un grafo connesso sia un albero oppure perché sia un albero un grafo privo di circuiti e può anche essere usata per dare la stessa definizione di albero, nel senso che un albero può alternativamente essere definito come: - un grafo connesso che ha un arco in meno del numero di nodi; - un grafo privo di circuiti con un arco in meno del numero di nodi. Partendo comunque dalla definizione data in apertura, ci si può rendere conto della validità della proprietà P considerando il fatto che un albero può essere disegnato progressivamente tracciando dapprima un nodo e poi aggiungendo alla struttura esistente, uno per volta, un arco ed un altro nodo terminale dell arco stesso, sino ad esaurire tutti gli archi. I nodi utilizzati sono tanti quanti gli archi, oltre al nodo da cui il procedimento è partito. Anche se a rigore il concetto di albero si introduce per grafi non orientati, a volte si indica con lo stesso termine un grafo orientato (o anche misto) privo di cicli e (semplicemente) connesso. Per i grafi orientati si definisce il concetto di arborescenza: è tale una struttura nella quale esiste un nodo r, detto radice, che è origine (comune) di un certo numero di cammini che raggiungono tutti gli altri nodi e non vi sono cicli. In un albero non esiste, a rigore, una radice. Tuttavia in varie applicazioni può tornare utile attribuire il ruolo di radice ad un particolare nodo a partire dal quale poi individuare dei cammini che congiungano la radice stessa a tutti o parte dei nodi restanti. Caratteristica comune di alberi ed arborescenze è la presenza di un unico cammino (o di una unica catena) tra ogni coppia fissata di nodi, e quindi il problema di individuare il percorso più breve tra due nodi in un albero è banale. Sistemi di trasporto che hanno struttura ad albero (o ad arborescenza) sono piuttosto rari: una rete fluviale può essere di questo tipo, ma in genere la presenza di canali navigabili o diramazioni nel delta introducono circuiti. Ha in genere struttura ad albero l insieme dei tratti autostradali che è possibile percorrere a partire da un dato casello di entrata sino ad incontrare un altro casello o una barriera : qui acquista importanza proprio il requisito della unicità del percorso tra due nodi, in modo che si abbia con certezza un unico pedaggio da pagare. Gli alberi sono uno strumento utile in algoritmi risolutivi di alcuni problemi (in particolare, per gli scopi di questa esposizione, nel Problema del Commesso Viaggiatore). 20

23 Un albero di k+1 nodi (con k>1) dei quali uno ha grado k mentre tutti gli altri sono pendenti (di grado 1) si dice stella. In un grafo orientato, l insieme degli archi uscenti da un vertice v si dice stella uscente (forward star) da v, mentre l insieme degli archi entranti in v si dice stella entrante (backward star) in v Grafi bipartiti. Si dicono bipartiti i grafi in cui è possibile ripartire l insieme N dei nodi in due sottoinsiemi (disgiunti), U e V, in modo tale che gli archi del grafo collegano solo nodi del primo sottoinsieme U con nodi del secondo sottoinsieme V. Un grafo bipartito, di conseguenza, si indica anche con una scrittura del tipo G = (U, V, A). Il concetto è formulato per grafi non orientati. Spesso si rappresenta un grafo bipartito evidenziando i nodi dei due insiemi su due colonne e gli archi collegano solo nodi della colonna di sinistra con nodi della colonna di destra. Ciò, comunque, non deve trarre in inganno perché può essere bipartito anche un grafo con una rappresentazione differente: ad es., sono bipartiti entrambi i grafi della figura che segue (nella figura di destra, come sottoinsiemi U e V si possono assumere, rispettivamente, i nodi bianchi e neri). Se ogni nodo di U è adiacente ad ogni nodo di V allora il grafo bipartito si dice completo (e se U = m, mentre V = n, allora A = m n). È immediato constatare che è bipartito ogni albero. Nel caso di grafi non connessi, essi sono bipartiti se e solo se lo sono tutte le loro componenti connesse. In genere, in un grafo bipartito i due insiemi di nodi rappresentano due gruppi di elementi di natura diversa, tra i quali vi sono dei legami di natura logica. Ad esempio, il primo insieme può rappresentare dei compiti che devono essere svolti, mentre il secondo delle persone che devono svolgere tali compiti. Un arco che collega un nodo u U con un altro nodo v V esprime allora il fatto che il compito u può essere svolto dalla persona v. Il concetto di grafo bipartito sarà utilizzato nel problema di assegnazione. 21

24 Si può dimostrare che vale il teorema seguente: I circuiti di un grafo bipartito hanno un numero pari di archi. Si tratta di una condizione necessaria e sufficiente Grafi misti e connessione. Si è visto in precedenza come un grafo misto sia caratterizzato dalla presenza simultanea di archi orientati e archi non orientati ed è la rappresentazione più ovvia di una struttura quale una rete stradale in cui alcuni tratti sono non orientati (strade a doppio senso di circolazione) mentre altre vie sono dei sensi unici. In alcuni problemi è possibile sostituire a un grafo misto G un grafo orientato G' sostituendo ad ogni arco non orientato di G una coppia di archi opposti in G'. Diremo grafo orientato di sostegno del grafo misto il grafo così ottenuto. Occorre prestare attenzione al fatto che questa operazione non deve cambiare la natura del problema che si sta studiando. Ad esempio, nel caso della raccolta dei rifiuti, una strada a doppio senso di circolazione in cui vi sono contenitori di rifiuti deve essere percorsa ma non necessariamente più di una volta (un unico passaggio può bastare per raccogliere i cassonetti posti su entrambi i lati): solo se vi è uno spartitraffico, o se il mezzo effettua caricamento laterale sul lato destro, si rende necessario un passaggio in entrambi i sensi di marcia. Questo doppio passaggio diverrebbe comunque un obbligo se nella rappresentazione mediante grafo all arco non orientato si sostituisse una coppia di archi orientati opposti. Un discorso analogo vale per la distribuzione della posta: vi sono casi nei quali l agente può ripetutamente attraversare la strada e percorrerla in definitiva solo in una delle due direzioni, mentre in altri casi occorre seguire il flusso consentito del traffico. In problemi di organizzazione del traffico occorre a volte decidere quali tratti stradali rendere a senso unico per agevolare alcuni itinerari o, viceversa, per scoraggiarne altri. L operazione in ogni caso d eve mantenere la completa raggiungibilità reciproca tra tutte le coppie di nodi della rete stessa. Questo richiede che rimanga fortemente connesso il grafo di sostegno orientato corrispondente al grafo misto alla fine della operazione. In effetti, gli uffici del traffico considerano anche un problema di raggiungibilità più ristretta, nel senso che spesso si cerca di evitare che, con l introduzione di sensi unici e svolte obbligate, determinati punti della rete (vicini fisicamente) siano troppo distanti tra di loro per un qualsiasi veicolo. In pratica ci si avvale di vari accorgimenti, quali ad es. l inserimento di raccordi o bretelle per consentire inversioni di marcia. Da un punto di vista teorico, si possono studiare problemi di raggiungibilità entro un fissato numero di archi e la cosa può essere risolta utilizzando le matrici di adiacenza tra nodi (o matrici nodi-nodi) che saranno introdotte nel prossimo paragrafo. Infine va segnalato il fatto che, per modellizzare situazioni di emergenza, anziché sostituire ad un grafo misto il corrispondente sostegno orientato, si può effettuare l operazione inversa di cancellazione dell orientamento degli archi che lo presentano, nella misura in cui dei mezzi di soccorso li possono attraversare anche contromano (ovviamente con tutte le cautele del caso!). 22

25 3.2.3 Grafi pesati: lunghezze e distanze. Nei problemi di ottimizzazione su rete il grafo rappresentativo di un sistema è generalmente pesato o valutato, nel senso che ai suoi elementi, nodi e/o archi, sono associati dei coefficienti o dei pesi: il significato di questi (utilità, penalità o importanza) dipende dal contesto in cui il problema stesso sorge. Indicheremo con w u il peso associato al (generico) nodo u e con c ij o l ij il peso associato all arco (i, j). Il peso associato ad un arco, in problemi di minimo, è detto costo dell arco stesso oppure, anche senza particolari riferimenti a problemi di percorso, lunghezza. La lunghezza di un arco può anche essere un numero 0. Il peso associato ad un nodo v può rappresentare l importanza del nodo stesso: la popolazione residente in una località; la frequenza con cui il nodo esprime una certa domanda di beni o di servizi, ecc. Il peso associato ad un arco, può rappresentare la lunghezza di un tratto stradale che gli corrisponde, il numero di utenze distribuite lungo lo stesso tratto, il tempo necessario per percorrerlo o il guadagno che se ne può ricavare. Non è escluso, infine, che ad uno stesso arco siano associati più pesi. In un grafo si introducono due differenti concetti di lunghezza di un cammino e di conseguenza di distanza tra due nodi. I due concetti fanno riferimento rispettivamente solo alla struttura di adiacenze del grafo oppure ad un sistema di pesi associati agli archi. In un grafo (non pesato) si dice lunghezza di un cammino il numero di archi che lo compongono. Si dice poi distanza tra due nodi la lunghezza del cammino che li collega avente lunghezza minore. Si vede come con queste definizioni si prende in considerazione solo la struttura algebrica del grafo: ciò è utile specialmente nei casi in cui gli archi indicano solo dei legami che non sono altrimenti quantificabili (non corrispondono a realtà passibili di una misurazione fisica). In un grafo ad archi pesati si dice lunghezza di un cammino la somma delle lunghezze degli archi che lo compongono; distanza tra due nodi u e v è la lunghezza del cammino più breve (se esiste) tra i nodi stessi. Indicheremo la distanza dal nodo u al nodo v con una delle due scritture d(u, v) oppure d uv. Ovviamente il concetto di lunghezza è trasferibile anche ai cammini chiusi, cioè ai circuiti. Tuttavia è il caso di osservare che, con archi di lunghezza negativa, può risultare negativa la somma delle lunghezze degli archi che compongono il circuito stesso e ciò può avere forti ripercussioni pratiche, come sarà evidenziato tra poco. In presenza di archi con lunghezza negativa, il cammino più breve tra due nodi u e v può non essere definito. Infatti, se vi è un circuito di lunghezza negativa e questo, in un percorso da u verso v, può essere attraversato almeno una volta, ripetendo il circuito stesso un numero adeguato di volte, si ottiene un cammino di lunghezza negativa, arbitrariamente grande in valore assoluto Ovviamente, in problemi di massimo, sono i circuiti di lunghezza positiva che rendono la soluzione ottima non definita. 23

26 Situazioni concrete che portano a rappresentazioni con queste proprietà (cammini di lunghezza infinita) sono rare e comunque, in genere, risultato di situazioni anomale e instabili. Un esempio è dato dall arbitraggio spaziale nei cambi tra valute. Rappresentando con nodi un insieme di valute e associando agli archi i logaritmi dei tassi di cambio tra due monete, non è difficile che in un determinato istante, per le inevitabili approssimazioni nelle cifre decimali dei tassi stessi, un cambio a circuito di una moneta (ad es., con lire acquistare dollari, con questi marchi e poi riconvertire il ricavato in lire) dia luogo a un guadagno rispetto alla cifra iniziale. Allora immettendo nel circuito una somma di denaro che lo percorra un numero adeguato di volte, si può pervenire a un risultato grande a piacere. (Si noti che il ricorso a pesi logaritmici è l accorgimento che consente di mantenere come definizione di lunghezza del circuito quella di somma delle lunghezze degli archi che lo compongono). In realtà, a parte la difficoltà di individuare il circuito e la presenza dei costi di transazione, non appena l operazione diventa rilevante provoca essa stessa le inevitabili reazioni per cui il circuito di guadagno illimitato è distrutto. Quello che segue è un esempio in cui il cammino di lunghezza minima tra la coppia di nodi u e v non esiste. y 1-7 u 8 t 5 w 3 v Infatti, nel grafo in figura, il circuito formato dagli archi (t,w), (w,y), (y,t) ha lunghezza negativa e quindi non esiste il cammino più breve da u sino a v. Nei grafi in cui sono stati introdotti pesi sia per i nodi che per gli archi si definisce anche il concetto di distanza pesata. Supponiamo che le lunghezze degli archi siano numeri non negativi. La distanza pesata da un nodo u ad un altro nodo v è definita come il prodotto della distanza da u a v moltiplicata per il peso w(v) del nodo v. Se indichiamo la distanza pesata con d w (u, v), si pone: d w (u, v) = d(u, v) w(v). Il concetto di distanza pesata è utilizzato quando un percorso da un nodo ad un altro deve essere valutato un numero di volte proporzionale ad un coefficiente (peso) del nodo di arrivo. Ad esempio, se da una centrale telefonica si vuole collegare via cavo una località (ad es., una frazione di un comune) oltre che calcolare la distanza chilometrica occorre considerare il numero di utenti da raggiungere, perché ciascuno di questi richiede una propria coppia di cavi: nella determinazione della lunghezza complessiva dei cavi 24

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