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- Rita Casagrande
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1 Osservatorio fiscale a cura di Massimo testo integrale dei provvedimenti è disponibile su: D.L. liberalizzazioni LEGISLAZIONE LE PRINCIPALI NOVITÀ IN MATERIA D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 G.U. 24 gennaio 2012, n Suppl. ord. Il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 19, del 24 gennaio 2012, Supplemento ordinario n. 18, reca tra l altro una serie di novità in materia fiscale. In particolare, l art. 57, del decreto in parola ripristina l applicazione dell IVA, con aliquota del 10% sulle locazioni e sulle cessioni di fabbricati abitativi, effettuate in attuazione di piani di edilizia abitativa convenzionata, e di fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del ministro delle infrastrutture, di concerto con il ministro della Solidarietà sociale, il ministro delle Politiche per la famiglia e il ministro per le Politiche giovanili e le attività sportive del 22 aprile Sempre in materia IVA, il successivo art. 93 del decreto in commento elimina l attuale divieto per il contribuente, previsto dall art. 60, comma 7, D.P.R. n. 633/1972, di rivalersi dell imposta o della maggiore imposta pagata in conseguenza dell accertamento o della rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi. Tale facoltà è comunque ammessa solo a seguito del pagamento dell imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa e alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione. Recependo l orientamento della Corte di Giustizia UE, espresso nella Sentenza C-371/10, depositata lo scorso 29 novembre 2011, il successivo art. 91, D.L. n. 1/2012 prevede, mediante l inserimento dei commi 2 quater e 2 quinquies, dell art. 166, D.P.R. n. 917/1986, che i soggetti esercenti imprese commerciali, che trasferiscono la residenza, ai fini delle imposte sui redditi, in Stati appartenenti all Unione europea ovvero in Stati aderenti all Accorso sullo SEE, con i quali l Italia ha stipulato un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributaria, possono, in alternativa a quanto previsto dalla disciplina generale, richiedere la sospensione del pagamento della c.d. exit tax. In altri termini, se al momento del trasferimento della residenza in uno Stato UE o aderente allo SEE, il soggetto non mantenga una stabile organizzazione in Italia, questi può chiedere che sia sospesa la tassazione sul valore normale dei componenti dell azienda trasferita, fino al momento dell effettivo realizzo degli stessi. Le modalità attuative di quanto detto troveranno collocazione in un decreto del Ministro dell economia e delle finanze di natura non regolamentare da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 1/2012 (ossia 60 giorni a decorrere dal 24 gennaio 2012), con il quale saranno individuati anche le fattispecie che determinano la decadenza della sospensione dell imposta e le modalità del suo versamento. Tale facoltà, conclude il legislatore, si applica ai trasferimenti effettuati successivamente al 24 gennaio In materia di tassazione delle rendite finanziarie, l art. 95, D.L. n. 1/2012 apporta alcune modifiche al disposto dell art. 2, D.L. n. 138/2011, convertito dalla L. n. 148/2011, il quale ha unificato al 20% l aliquota sulle rendite, tranne che per i titoli di Stato i cui guadagni restano tassati al 12,5%. Rispetto a quanto previsto dal D.L. n. 138/2011, l art. 95 in commento abroga l esclusione dei redditi da capitale e di natura finanziaria dalla equiparazione al 20% della ritenuta. Infine, l art. 97 del decreto liberalizzazioni modifica la disciplina dettata dall art. 73, D.P.R. n. 917/1986, prevedendo che sono considerati fiscalmente residenti in Italia i fondi comuni ivi istituiti in Italia. Si dispone inoltre l esenzione dalle imposte sui redditi dei redditi degli OICR istituiti in Italia, diversi dai fondi immobiliari, e quelli con sede in Lussemburgo, già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato, pura condizione che il fondo o il soggetto incaricato della gestione sia sottoposto a forme di vigilanza prudenziale. Iva PRASSI BENI AMMORTIZZABILI CONCESSI IN LEASING: ÈAMMESSO IL RIMBORSO IVA ANCHE SE IL LOCATORE È UNO IAS Risoluzione Agenzia delle Entrate 13 dicembre 2011, n. 122/E È ammesso il rimborso IVA nel caso di acquisto di beni ammortizzabili concessi in leasing anche nel caso in cui il locatore adotti per la contabilizzazione di tale operazione i principi contabili internazionali (IAS/IFRS). Così ha concluso l Agenzia delle Entrate, nella risoluzione del 13 dicembre 2011, n. 122/E fornendo risposta alle numerose richieste di chiarimenti pervenute in merito alla sussistenza o meno in capo alle società di leasing che adottano gli IAS del presupposto per la richiesta di rimborso dell IVA assolta sull acquisto di beni strumentali concessi in locazione finanziaria alle imprese utilizzatrici (art. 30, comma 2, lett. c), D.P.R. n. 633/1972). Secondo quanto previsto da tale articolo, infatti, il rimborso dell eventuale eccedenza d imposta a credito di ammontare superiore a 2.582,28 euro è ammessa solo laddove sussistano i presupposti indicati dal secondo comma dello stesso. In particolare, la lett. c), del secondo comma ammette il rimborso dell eccedenza IVA limitatamente all acquisto o all importazione di beni ammortizzabili. La ratio di tale previsione legislativa è quella di consentire un più veloce recupero dell imposta assolta con riferimento ad investimenti in beni strumentali. Le Società 2/
2 Con specifico riferimento ai beni concessi in locazione finanziaria, la stessa Amministrazione finanziaria, nella risoluzione 28 dicembre 2007, n. 392/E, aveva precisato che l intento del disposto dell art. 30, comma 2, lett. c) in commento è quello di tutelare la posizione del concedente, riconoscendo al medesimo il diritto di avere il rimborso dell IVA assolta sull acquisto dei beni ammortizzabili. Tanto premesso, quindi, condizione necessaria per poter ottenere il rimborso dell IVA relativa all acquisto dei beni in commento è che gli stessi si possano qualificare come ammortizzabili. Ai fini della corretta individuazione dei beni ammortizzabili, il cui acquisto o importazione legittimano il rimborso dell IVA, occorre fare riferimento alle norme previste in argomento dal D.P.R. n. 917/1986. Secondo quanto chiarito da ultimo dall Agenzia, nella risoluzione n. 147/E/2009, il riferimento alle disposizioni di tale decreto in materia di ammortamento ha una valenza esclusivamente ai fini della qualificazione del bene in relazione al quale è possibile chiedere il rimborso dell IVA assolta al momento dell acquisto del medesimo. A nulla, pertanto, rileva la circostanza che il costo di tale bene sia stato effettivamente sottoposto ad ammortamento da parte del concedente: come ricordato anche nella risoluzione 13 febbraio 1983, n del quello che rileva ai fini dell ottenimento del rimborso dell IVA è che il bene sia ammortizzabile, ossia suscettibile di essere sottoposto al processo di ammortamento. Inoltre, affinché l IVA possa essere richiesta a rimborso è necessario che si sia verificato l effetto traslativo della proprietà del bene in capo al cessionario (risoluzione 27 dicembre 2005, n. 179/E). Tanto premesso in termini generali, l Agenzia delle Entrate, con specifico riferimento alla determinazione della base imponibile IRES dei soggetti che redigono il bilancio in applicazione dei principi contabili internazionali (art. 83, D.P.R. n. 917/1986), ha precisato, che per effetto delle disposizioni introdotte dalla L. n. 244/2007, con decorrenza dall esercizio successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007, viene riconosciuta piena rilevanza fiscale ai criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione adottati dai predetti soggetti (c.d. principio di derivazione forzata ). Con specifico riferimento alla contabilizzazione delle operazioni di leasing finanziario, lo IAS n. 17 prevede che le stesse devono essere contabilizzate tenendo conto della loro natura sostanziale, piuttosto che della loro natura giuridica. La tecnica contabile prevista dai principi contabili internazionali prevede che il locatore, sebbene continui a mantenere la proprietà del bene locato, iscriva un credito in bilancio vantato nei confronti dell impresa utilizzatrice del bene e rilevi periodicamente i canoni di locazione a titolo di rimborso del capitale investito e di provento finanziario. Dal suo canto, l utilizzatore di detto bene, se adotta i principi contabili internazionali, deve iscrivere il bene e sottoporlo ad ammortamento, ancorché non abbia acquistato la proprietà di detto bene, rilevando le componenti finanziarie (debito in linea capitale e interessi passivi) verso la società di leasing. Alla luce di quanto detto si è posto il dubbio se una società di leasing, che non iscrive il bene concesso in locazione tra le proprie attività immobilizzate nell attivo patrimoniale, possa richiedere il rimborso dell IVA assolta all atto dell acquisto dello stesso. Secondo l Agenzia, il riconoscimento ai fini IRES della rappresentazione contabile prevista dagli IAS non influenza la disciplina IVA, dal momento che, ai fini dell applicazione del disposto dell art. 30, comma 2, lett. c), D.P.R. n. 633/1972, ciò che rileva è il passaggio della proprietà del bene e la sua ammortizzabilità. Come detto, infatti, per poter qualificare un bene come ammortizzabile ai fini IVA, quello che rileva è il fatto che lo stesso sia suscettibile di essere sottoposto ad un processo di ammortamento e che si sia realizzato l effetto traslativo della proprietà del bene in capo al cessionario. Pertanto, sebbene in ossequio del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, i principi contabili internazionali e lo IAS 17 in particolare prevedano che il locatore deve iscrivere in bilancio il bene concesso in locazione non come bene ammortizzabile, ma come credito vantato nei confronti dell utilizzatore, la proprietà di tale bene resta in capo allo stesso fino alla data del riscatto. In altri termini, nonostante i rischi e i benefici connessi all operazione in commento sono trasferiti all utilizzatore del bene, questi non ne ha comunque la titolarità giuridica del bene stesso. L Agenzia ha, pertanto, ritenuto che il rimborso dell IVA relativa all acquisto di tali beni sia comunque ammissibile in capo alla società concedente, in quanto essa è giuridicamente la proprietaria del bene oggettivamente ammortizzabile, quindi prescindendo dalla rappresentazione contabile e di bilancio prevista dagli IAS. D altra parte, una diversa interpretazione della norma sarebbe risultata non solo penalizzante per le società di leasing che adottano i principi contabili internazionali ma avrebbe violato la ratio della stessa, ossia la volontà di evitare un eccessivo aggravio finanziario per quegli operatori economici che effettuano operazioni d investimento in beni ammortizzabili. COMUNICAZIONE DELLE OPERAZIONI RILEVANTI AI FINI IVA DI AMMONTARE NON INFERIORE AD EURO 3.000: GLI ULTIMI CHIARIMENTI DELL Provvedimento Direttore Agenzia delle Entrate 21 dicembre 2011, n. Nota Agenzia delle Entrate 22 dicembre Provvedimento Direttore dell Agenzia delle Entrate 29 dicembre 2011, n. 2011/ Con il provvedimento del Direttore dell Agenzia delle Entrate n. 2011/ del 21 dicembre 2011, è stato prorogato al 31 gennaio 2012 il termine ultimo per l invio telematico della comunicazione relativa alle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo non inferiore ad euro 3.000, relative al periodo d imposta Nello specifico, si tratta della comunicazione disposta dall art. 21, D.L. n. 78/2010 avente ad oggetto gli acquisti e le cessioni di beni, nonché le prestazioni di servizi rese o ricevute di importo pari o superiore ad euro al netto dell I- VA, ovvero ad euro 3.600, ma IVA compresa, nel caso di operazioni che non prevedano l obbligo di emissione della fattura. Nuove indicazioni sono state fornite dall Agenzia anche nel documento diffuso il 22 dicembre 2011, nel quale sono state fornite risposte ai quesiti delle associazioni di categoria sull obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti IVA relative in particolare società di leasing e noleggio a lungo e breve termine. In particolare, l Amministrazione finanziaria ha precisato che: i) l identificativo del contratto è dato dal numero interno che viene ad esso attribuito; 234 Le Società 2/2012
3 ii) anche i contratti di noleggio che durano soltanto pochi giorni, o comunque meno di un mese, devono essere comunicati al Fisco, indicando il valore zero nel campo del tracciato relativo alla durata; iii) in presenza di codici fiscali errati che bloccano l invio delle comunicazioni, il contribuente deve eliminare il dato relativo alla transazione che impedisce l invio (è importante che il contribuente interessato verifichi la correttezza dei dati inseriti, dal momento che l intermediario non è sanzionabile per il mancato invio del codice fiscale legato a una comunicazione errata o rifiutata); iv) l attività di noleggio di autovetture con conducente è considerata un servizio di trasporto di persone e, non avendo le caratteristiche del contratto di noleggio, deve essere comunicata con lo spesometro; v) le operazioni di autoconsumo sono oggetto di comunicazione, qualora l importo sia non inferiore alla soglia di rilevanza. Infine, con il provvedimento del Direttore dell Agenzia delle Entrate n. 2011/ del 29 dicembre 2011 è stata data attuazione alla norma, introdotta dal D.L. n. 98/2011, che ha spostato l obbligo di comunicazione relativo allo spesometro dal venditore all operatore finanziario che emette la carta di credito, di debito o prepagata, nei casi in cui la vendita o la prestazione del servizio sia effettuata nei confronti di un consumatore finale (che, cioè, non agisce come imprenditore o professionista) che provvede poi a pagare utilizzando moneta elettronica. Entro il 30 aprile 2012, gli operatori finanziari dovranno comunicare i dati delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo pari o superiore a euro, rilevate dal 6 luglio al 31 dicembre 2011 e che hanno come acquirente un consumatore finale, che ha pagato il bene o il servizio con carta di credito, di debito o prepagata. Entro tale data, quindi, gli operatori finanziari dovranno comunicare all Anagrafe tributaria: i) i dati relativi alle operazioni rilevate nel periodo 6 luglio - 31 dicembre 2011; ii) il numero di codice fiscale dei soggetti associati (operatori commerciali) con i quali è stato stipulato un contratto di installazione ed utilizzo dei dispositivi POS per la ricezione di pagamenti effettuati con carte di debito, di credito o prepagate, comprese le eventuali cessazioni, con la specifica evidenza del codice identificativo di ciascun terminale. A decorrere dall anno solare 2012, le comunicazioni delle operazioni devono essere inviate entro il 30 aprile dell anno successivo a quello di riferimento. CONFERIMENTO D AZIENDA: IL PLAFOND IVA PUÒ ESSERE Risoluzione Agenzia delle Entrate 14 dicembre 2011, n. 124/E È ormai pacifico che nel caso di conferimento d azienda la società conferitaria ha la possibilità di acquistare beni e servizi senza l applicazione dell IVA, utilizzando il plafond trasferito dalla società conferente, purché siano rispettate specifiche condizioni formali e non come infra precisato (cfr. risoluzione n. 16/E del 15 gennaio 1996 e risoluzione n. 165/E del 21 aprile 2008). Nella risoluzione n. 124/E, diffusa il 14 dicembre 2011, è invece precisata la possibilità ripartire parzialmente il plafond maturato in capo alla conferente tra le due società coinvolte nell operazione di conferimento d azienda, nel caso in cui a seguito dell operazione entrambe le società mantengano lo status di esportatore abituale. La fattispecie oggetto d esame aveva ad oggetto una società che, oltre a realizzare macchinari destinati alle industrie petrolifere forniva ai propri clienti anche servizi aggiuntivi. In virtù delle numerose cessioni intracomunitarie e cessioni all esportazione poste in essere, la società aveva acquistato lo status di esportatore abituale, e di conseguenza effettuava acquisti senza il pagamento dell IVA, ai sensi del disposto dell art. 8, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 633/1972. Tanto premesso, la medesima intendeva separare l attività di produzione da quella di prestazioni di servizi con effetto dal 31 dicembre 2011, mediante il conferimento del ramo d azienda afferente l attività di produzione in una newco. In seguito a tale operazione, le cessioni dei macchinari all estero sarebbero avvenute con operazioni triangolari, ossia la newco avrebbe ceduto all istante che a sua volta cederà gli stessi al cliente estero, con trasporto all estero a cura della prima. Ci si è chiesti, quindi, se la società conferitaria poteva subentrare, e in che misura, alla conferente nella possibilità di acquistare senza il pagamento dell IVA i beni ed i servizi necessari per la produzione di macchinari, in virtù del plafond maturato nell anno L Agenzia ha preliminarmente ripercorso le norme in argomento, ed in particolare ha evidenziato che l art. 8, comma 2, D.P.R. n. 633/1972 consente a coloro che effettuano esportazioni di cui alle lettere a) e b) del primo comma del medesimo articolo, previa la presentazione di una lettera di intenti, di poter acquistare beni o servizi senza il pagamento dell IVA, nei limiti dei corrispettivi realizzati per l effettuazione di tali operazioni nell anno solare precedente (ovvero nei dodici mesi precedenti, come consentito dall art. 2, comma 2, L. n. 28/1997), ammontare che rappresenta il cosiddetto plafond fisso (ovvero mobile, se riferito ai dodici mesi precedenti). Tale facoltà è, comunque, subordinata al fatto che l ammontare di tali corrispettivi sia superiore al 10% del volume d affari (c.d. status di esportatore abituale ). Con specifico riferimento al trasferimento del plafond nelle ipotesi di conferimento d azienda o di ramo aziendale, la risoluzione n. 124/E in commento richiama quanto chiarito nella richiamata risoluzione n. 165/2008, ove è stato illustrato a che condizioni il conferimento d azienda o di ramo aziendale determina il subentro nella posizione di esportatore abituale da parte del conferitario che può fruire del plafond maturato dalla conferente. Il trasferimento del plafond soggiace infatti a condizioni formali e sostanziali. Le prime si identificano nell espressa menzione nell atto di conferimento che il trasferimento del plafond IVA sia stato concordato secondo la volontà delle parti e nell indicazione nell atto di conferimento che la conferitaria subentra nei rapporti obbligatori attivi e passivi relativi al ramo d azienda conferito e la presentazione della dichiarazione di variazione dati, mediante la compilazione del modello AA7/9 a cura sia della conferente che della conferitaria. Le seconde, invece, sono la prosecuzione senza soluzione di continuità da parte del conferitario dell attività svolta dal soggetto conferente, cui è collegata la posizione di esportatore abituale e, conseguentemente il diritto di utilizzazione del plafond. Inoltre, ai fini della determinazione del proprio plafond per l anno solare in corso alla data di efficacia del conferimento, la società conferitaria può tenere conto anche del volume d affari e del volume di esportazione ed operazioni assimilate effettuate dal soggetto conferente nella frazione d anno Le Società 2/
4 antecedente la data di riferimento del conferimento ed oggettivamente riferite al ramo d azienda conferito (cfr. risoluzione 18 marzo 1977, n ). Tanto premesso, venendo al caso di specie, l Agenzia, concordando con la soluzione proposta dall istante, ha chiarito che il plafond maturato dalla conferente può essere suddiviso tra conferente e conferitaria. Nell ipotesi prospettata dalla società, infatti, a seguito dell operazione straordinaria di conferimento di ramo aziendale, la conferitaria subentrerebbe alla conferente nell attività di produzione dei macchinari, mentre la conferente continuerebbe a esercitare l attività di prestazione dei servizi (montaggio, supervisione al montaggio, manutenzione) nei confronti della clientela estera. Inoltre, le cessioni di beni alla clientela estera avverranno tramite operazioni triangolari (conferitaria cede alla conferente - promotore della triangolazione - che a sua volta cede al cliente estero, con trasporto all estero a cura della conferitaria). Ne consegue, che entrambe le società (conferente e conferitaria) continueranno a effettuare operazioni che attribuiscono lo status di esportatore abituale. In relazione a tale situazione, pertanto, l Agenzia ha riconosciuto che il plafond precedentemente maturato dalla conferente possa essere suddiviso con la conferitaria, in quanto sussiste per entrambi i soggetti la continuità nelle attività connesse allo status di esportatore abituale. Ai fini della determinazione del quantum plafond maturato nell anno 2011 e trasferibile dalla conferente, l Agenzia ha precisato che lo stesso potrà essere utilizzato come segue: i) dalla Newco, in funzione del rapporto che vede al numeratore l ammontare (stimato) delle operazioni non imponibili che si presume che la stessa porrà in essere nel 2012 e al denominatore la somma di tale ammontare e dell ammontare (pure stimato) delle operazioni non imponibili che si presume che la conferente porrà in essere nel Ai fini di tale calcolo, per le operazioni in cui la società interpellante assumerà il ruolo di promotore in una operazione triangolare, si considererà come ammontare delle operazioni la differenza tra i corrispettivi praticati dalla stessa ai clienti terzi e i corrispettivi praticati dalla conferita ria; ii) dalla Società interpellante, per la restante parte. Sotto il profilo degli adempimenti connessi al trasferimento del plafond, infine, l Agenzia ribadisce la necessità che il passaggio del plafond e i criteri di attribuzione dello stesso siano espressamente indicati nell atto di conferimento e comunicati all ufficio mediante il modello AA7/10. Accertamento GIURISPRUDENZA ACCESSO PRESSO IL CONTRIBUENTE: SE LA PROROGA DELLA PERMANENZA NON È AUTORIZZATA, LA DOCUMENTAZIONE RINVENUTA NON È Commissione trib. prov. Bari, sez. XXII, 2 novembre 2011, n. 148 Premesso che l art. 12, comma 5, L. n. 212/2000 (c.d. Statuto per i diritti del contribuente ) dispone che la permanenza degli operatori civili e militari dell Amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell indagine individuati a motivati dal dirigente dell Ufficio, la Commissione tributaria provinciale di Bari, nella sentenza n. 148, depositata il 2 novembre 2011, ha concluso che, laddove detto termine di 30 giorni sia superato, e senza che sia stato rilasciato alcun provvedimento di proroga i verificatori permangano presso la sede della società, gli elementi raccolti dai medesimi oltre tale limite sono frutto di un attività posta in essere in violazione alla legge e, pertanto, non sono utilizzabili. Tale inutilizzabilità non abbisogna di un espressa previsione sanzionatoria, derivando da una regola di carattere generale, secondo la quale l assenza del presupposto di un procedimento amministrativo, infirma tutti gli atti nei quali esso si articola. RIDETERMINAZIONE INDUTTIVA DEI RICAVI: NON È LEGITTIMA SE IL COMPORTAMENTO DEL CONTRIBUENTE NON È Commissione trib. prov. Lecce, 3 novembre 2011, n. 607/2/11 Sulla base dei dati rinvenienti dalla dichiarazione dei redditi, con avviso di accertamento, l Agenzia delle Entrate procedeva a rideterminare sulla base dell art. 40, D.P.R. n , il reddito di una società esercente attività di costruzione di edifici e quella di gestione immobiliare, presupponendo il conseguimento di maggiori ricavi nell anno 2004, atteso che quelli dalla medesima dichiarati erano non in proporzione con i costi sostenuti nello stesso anno. Avvero tale avviso di accertamento, la società proponeva ricorso, eccependo i seguenti motivi: i) l illegittimità dell atto impugnato per omessa instaurazione del contraddittorio, data l insussistenza dei presupposti per procedere all accertamento induttivo; ii) l infondatezza della ricostruzione effettuata dall Amministrazione finanziaria sulla sola base dei dati relativi all anno precedente a quello oggetto di contestazione. La Commissione tributaria provinciale di Lecce ha così deciso. Ha ritenuto il primo motivo del ricorso infondato, dal momento che l instaurazione del contraddittorio non è obbligatoria prima dell emissione di un avviso di accertamento, salvo il caso in cui l accertamento venga emesso sulla base degli studi di settore. Con riferimento al secondo, i giudici di merito hanno precisato che la rettifica in via induttiva del reddito d impresa non è subordinata necessariamente all irregolare tenuta della contabilità, quando la stessa deve intendersi nel suo complesso, essenzialmente inattendibile perché in contrasto con le regole della ragionevolezza, potendo il giudizio di non affidabilità della documentazione fiscale essere determinato dall abnormità dell espressione finale. Pertanto, trattandosi di un mero giudizio, con riferimento al caso di specie, l Amministrazione finanziaria non avrebbe potuto limitarsi ad un semplice calcolo matematico per la rideterminazione del reddito, ma avrebbe dovuto approfondire la propria indagine, al fine di verificare la realtà aziendale ed individuare i motivi dell incongruenza emersa. La stessa, infatti, non avrebbe dovuto limitarsi a rideterminare i ricavi relativi all anno 2004 prendendo come parametro di riferimento l incidenza dei costi sui ricavi realizzati l anno precedente, dal momento che dalle argomentazioni fornite dalla contribuente era emerso come il sostenimento di costi di ingente entità nell anno 2004 era stato dettato da reali spese sostenute e documentate. Di talché, l Agenzia non avrebbe dovuto limitarsi, a seguito 236 Le Società 2/2012
5 della documentazione prodotta dalla ricorrente a ribadire la propria tesi, ma avrebbe dovuto esaminare la situazione contabile aziendale della stessa. Alla luce di ciò, i giudici hanno rigettato il primo motivo del ricorso, accogliendo il secondo. Exit tax TRASFERIMENTO DELLA SEDE AMMINISTRATIVA DI UNA SOCIETÀ IN UN ALTRO STATO UE: LA TASSAZIONE DEI PLUSVALORI LATENTI DA PARTE DELLO STATO DI COSTITUZIONE È LEGITTIMO, MA SOLO SE LA STESSA È AD ESIGIBILITÀ Corte di Giustizia UE 29 novembre 2011, causa C-371/10 È questo quanto ha concluso la Corte di Giustizia UE, nella sentenza causa C-371/10, depositata il 29 novembre 2011, affrontando il tema della compatibilità con il principio della libertà di stabilimento di cui all art. 49 Trattato dell UE con l applicazione della c.d. exit tax, nel caso di trasferimento da parte di una società della propria sede amministrativa in uno Stato membro UE diverso da quello di sua costituzione. La fattispecie posa all attenzione della Corte trae origine dal trasferimento da parte di una società olandese della sua sede operativa nel Regno Unito. Conformemente a quanto previsto dal diritto olandese, essendo stata costituita secondo le disposizioni dello stesso, detta società era rimasta in linea di principio soggetta ad imposizione nei Paesi Bassi, senza alcuna limitazione, sebbene dopo il trasferimento della propria sede amministrativa effettiva, la stessa doveva essere considerata residente nel Regno Unito. Dato che a seguito del trasferimento di sede, la società in questione non disponeva più di una stabile organizzazione nei Paesi Bassi, secondo quanto stabilito dalle disposizioni convenzionali, il diritto di tassare l utile e i profitti in conto capitale di tale società spettava esclusivamente al Regno Unito. In conseguenza dell applicazione di dette disposizioni era sta effettuata una liquidazione finale delle plusvalenze latenti esistenti al momento del trasferimento delle sede di tale impresa. Tale comportamento è stato posto all attenzione della Corte di Giustizia UE, la quale ha constatato che una società di diritto olandese che intenda trasferire la propria sede amministrativa effettiva fuori dal territorio dello Stato, nell ambito dell esercizio del diritto garantitole dall art. 49 Trattato UE, subisce uno svantaggio finanziario rispetto ad una società analoga che mantenga la propria sede effettiva nei Paesi Bassi. Ai sensi della normativa nazionale di cui alla causa in commento, il trasferimento della sede amministrativa effettiva di una società di diritto olandese in un altro Stato membro comporta infatti l immediata tassazione delle plusvalenze latenti relative agli attivi trasferiti, mentre siffatte plusvalenze non sono tassate qualora la società in parola trasferisca la propria sede all interno del territorio olandese. Le plusvalenze relative agli attivi di una società che effettui il trasferimento di sede all interno dello Stato membro saranno tassate solo se e nella misura in cui siano state realizzate. Tale disparità di trattamento relativa alla tassazione delle plusvalenze è tale, secondo la Corte, da scoraggiare una società di diritto olandese dal trasferire la propria residenza in un altro Stato membro. Pertanto, tale disparità di trattamento costituisce una restrizione in linea di massima vietata dalle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento. Oggetto del contendere è se tale questa restrizione possa essere di fatto giustificata da motivi imperativi, ossia se il trasferimento della sede amministrativa effettiva di una società da uno Stato membro ad un altro non può significare che lo Stato di provenienza debba rinunciare al suo diritto di assoggettare ad imposta una plusvalenza generata nell ambito della sua competenza fiscale prima di tale trasferimento. La Corte ha, quindi, statuito che uno Stato membro, sulla base del principio della territorialità fiscale, associato ad un elemento temporale, vale a dire la residenza fiscale del contribuente sul territorio nazionale durante il periodo in cui le plusvalenze latenti si sono originate, ha il diritto di tassare tali plusvalenze al momento del trasferimento all estero di suddetto contribuente. Un siffatto provvedimento mira, infatti, a prevenire situazioni tali da compromettere il diritto dello Stato di provenienza di esercitare la propria competenza fiscale in merito alle attività realizzate sul proprio territorio, e può, pertanto, essere giustificato da motivi legati alla tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri. Tuttavia, pur ammettendo che la tassazione dei plusvalori maturati siano alla data del cambiamento di residenza spetta secondo criteri di proporzionalità, allo Stato di provenienza, la Corte ha sostenuto la riscossione effettiva dell imposta solo all atto del realizzo dei beni (realizzo che chiaramente avviene nello Stato di destinazione). Pertanto, lo Stato di provenienza si dovrebbe far carico di determinare la plusvalenza all atto del trasferimento della sede, ma la tassazione effettiva della stessa si avrebbe solo in un momento successivo, secondo le regole dello stesso. Allo Stato di destinazione spetterebbe soltanto la tassazione degli eventuali maggiori valori maturati dopo il trasferimento. Questa decisione giunge provvidenziale in un momento nel quale le autorità italiane hanno reso noto alla Commissione europea che a livello ministeriale i lavori di revisione del disposto dell art. 166 TUIR (che regola l exit tax) sono in una fase avanzata. Tali lavori sono finalizzati ad evitare che l Italia sia deferita dalla Corte di Giustizia UE, anche a seguito della denuncia dell Associazione italiana dei Dottori Commercialisti del tributo in commento. Infatti, la predetta associazione ha evidenziato, al pari di quanto si legge nella sentenza della Corte in questione, che la tassazione delle plusvalenze latenti all atto del trasferimento di sede di una società italiana in un altro Stato UE si pone in contrasto con la normativa comunitaria. Non vi è dubbio, pertanto, che i lavori di modifica dell art. 166 TUIR, dopo la sentenza della Corte, debbano essere immediati, al fine di recepire il suo indirizzo, e differire il prelievo dell imposta in parola. Irpef IL CONTRIBUENTE NON PAGA SANZIONI SE LA NORMA RISULTA OGGETTIVAMENTE INCERTA, ANCHE IN PRESENZA DI ISTRUZIONI MINISTERIALI Corte di cassazione, sez. V, ord., 28 dicembre 2011, n È questo l importante chiarimento reso dalla Suprema Corte, Le Società 2/
6 sez. V civile, nell ordinanza n , depositata lo scorso 28 dicembre 2012, nell accogliere il ricorso presentato da un contribuente, al quale era stato notificato un avviso di accertamento, con il quale oltre al recupero dell IRPEF, l Ufficio irrogava anche le relative sanzioni. Di contro alla decisione dei giudici di prime cure, il contribuente aveva proposto ricorso dinanzi la competente commissione tributaria regionale, che aveva rigettato il medesimo, ritenendo applicabili le sanzioni ed escludendo la ricorrenza della fattispecie di cui all art. 8, D.Lgs. n. 546/1992, attese le precise indicazioni in ordine all indicazione delle plusvalenze, recate nelle istruzioni ministeriali per la compilazione della dichiarazione dei redditi. In altri termini, secondo i giudici di merito non ricorrevano con riferimento al caso di specie in questione i presupposti per ritenere non applicabili le sanzioni non penali previste dalla legge tributaria, dal momento che la violazione commessa non era giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull ambito di applicazione delle disposizioni alle quali essa si riferiva. La Corte di cassazione ha, invece, accolto il ricorso del contribuente, ritenendo fondata la violazione e falsa applicazione del disposto recato dal predetto art. 8, D.Lgs. n. 546/1992 da parte dei giudici di merito, laddove i medesimi hanno escluso la sussistenza di obiettive situazioni di incertezza sulla base della presenza delle sole istruzioni ministeriali necessarie per la compilazione della dichiarazione dei redditi. Infatti, secondo i giudici di legittimità, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l incertezza normativa oggettiva, la quale costituisce causa di esenzione per il contribuente della responsabilità amministrativa tributaria, postula una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull oggetto e sui destinatari della norma tributaria, in altri termini l insicurezza e l equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d interpretazione normativa, riferibile al giudice, unico soggetto dell ordinamento al quale è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. Il disposto dell art. 8 in commento è espressione di un principio giuridico generale, correlato ad altre disposizioni del sistema quali: i) l art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 472/1997 secondo il quale non è punibile l autore della violazione, quando la stessa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazioni ed il pagamento; ii) l art. 10, comma 3, L. n. 212/200 (c.d. statuto per la tutela dei diritti del contribuente ), ai sensi del quale le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito d imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. In argomento, la Corte di cassazione, nella sentenza n , depositata il 28 novembre 2007, aveva precisato che l incertezza è uno stato intellettivo del soggetto rispetto ad un dato oggetto (nel caso di specie, la norma tributaria), e pertanto, la locuzione obiettiva incertezza rappresenta un ossimoro, in quanto riunisce due termini contraddittori. All interprete quindi, il compito di individuare il significato dato dall obiettività di uno stato cognitivo. Quali fatti sintomatici dell obiettiva incertezza, la Corte di Cassazione ha ricordato: i) la difficoltà di individuare delle disposizioni normative, dovute al difetto di esplicite previsioni di legge; ii) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; iii) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; iv) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; v) la mancanza di prassi amministrativa o l adozione di prassi amministrative contrastanti; vi) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; vii) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti; viii) la formulazione di un consolidato orientamento giurisprudenziale; ix) il contrasto tra la prassi amministrativa e l orientamento giurisprudenziale; x) il contrasto tra le opinioni dottrinali; xi) l adozione di norme di interpretazione autentica o esplicative di norme preesistenti. In virtù di quanto si legge nella sentenza n /2011 in commento, secondo il consolidato orientamento dei giudici di legittimità (cfr. tra le altre, Corte di cassazione, sentenze nn /2008; 24978/2005; 14619/2000 e 11931/1995), occorre altresì precisare che l Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute e, di fronte alle norme tributarie, la stessa ed il contribuente si trovano su un piano di parità. Di talché, l interpretazione ministeriale, sia essa recata in circolari o in risoluzioni, non vincola né i contribuenti né i giudici, né costituisce fonte di diritto. Pertanto, con riferimento al caso di specie, la Corte di cassazione ha concluso che le istruzioni ministeriali per la dichiarazione dei redditi non costituiscono elemento sufficiente per escludere la ricorrenza della fattispecie di cui all art. 8, D.Lgs. n. 546/1992 in commento. Pertanto, la sentenza della competente commissione tributaria regionale, secondo i giudici di legittimità, deve essere cassata e il ricorso proposto dal contribuente accolto limitatamente, però, all irrogazione delle sanzioni. Reddito d impresa È DEDUCIBILE DAL REDDITO D IMPRESA IL COSTO RELATIVO ALL ACQUISTO DEL CAFFÈ PER IL RIFORNIMENTO DELLA MACCHINETTA INSTALLATA PRESSO LA SEDE DELL ESERCIZIO SOCIALE, SIA SE IL CONSUMO DEL MEDESIMO È DESTINATO AI DIPENDENTI CHE AI Commissione trib. prov. Alessandria, sez. V, 23 novembre 2011, n. 86 Hanno così concluso i giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria, sezione V, nella sentenza n. 86, depositata il 23 novembre 2011, nell accogliere il ricorso proposto da un autofficina, alla quale, tra gi altri, erano stati ripresi a tassazione, i costi relativi alla fornitura di caffè, ritenendo i medesimi non inerenti all esercizio dell attività d impresa. Secondo i giudici piemontesi, invece, a tali costi deve essere riconosciuta la piena deducibilità dal reddito d impresa e l integrale detrazione dell IVA, in quanto il consumo di caffè diretto al personale dell azienda è in stretta correlazione con 238 Le Società 2/2012
7 i costi aziendali e, quindi, lo stesso può considerarsi inerente. Allo stesso modo, la quota dei costi in commento destinata ai clienti deve essere ricompresa tra le spese di pubblicità e, di conseguenza, la stessa deve essere considerata al pari deducibile. In materia di determinazione del reddito d impresa, la definizione del principio di inerenza ha da sempre suscitato un vivace dibattito sia in ambito dottrinale sia giurisprudenziale a causa delle incertezze in ordine all esatta individuazione del suo ambito di applicazione, anche alimentato dall assenza di una sua definizione normativa. Tale mancanza sarebbe rinvenibile nella pleonasticità di un eventuale normativa dedicata a definire puntualmente l inerenza, in quanto è ritenuta non necessaria una disposizione per precisare che le spese sostenute dall impresa per fini personali o comunque estranei alla gestione dell impresa non sono deducibili, per carenza appunto del requisito di inerenza. In tal senso depone la scelta di fondo operata dal legislatore tributario (cfr. art. 109, D.P.R. n. 917/1986), ossia quella di delineare l inerenza solo come principio generale, fornendone un profilo alquanto elastico. Appare tuttavia evidente come, ai fini dell inerenza, debba comunque sussistere un nesso di interrelazione, e cioè un rapporto di causa-effetto tra costi e benefici, intesi come riflessi positivi sul reddito, nel senso che i costi sostenuti dall imprenditore devono essere, almeno potenzialmente, utili al conseguimento di benefici per l impresa, come conferma il trattamento tributario di molte spese ed oneri, tra cui le spese di rappresentanza. Con specifico riferimento ai costi di pubblicità si ritiene che tale principio di inerenza debba essere valutato in termini prospettici, ossia la valutazione dello stesso deve essere fatta in un ottica dinamica, non unicamente ancorata all attuale situazione aziendale. In altri termini, occorre considerare per poter accertare se determinate spese sostenute dall impresa possano o meno considerarsi inerenti, anche il potenziale sviluppo della stessa, sia in termini di ingresso di nuovi clienti che in nuovi mercati o settori di attività. Ed è proprio a seguito in tale prospettiva che acquistano fondamentale importanza le modifiche che hanno interessato la disciplina fiscale delle spese di rappresenta di cui all art. 108, comma 2, D.P.R. n. 917/1986, ad opera della L. n. 244/ 2007, e del D.M. 28 novembre Infatti, secondo quanto previsto dall art. 1, comma 5, del predetto decreto attuativo non si qualificano come spese di rappresentanza, le c.d. spese di ospitalità, vale a dire le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute per ospitare clienti, anche potenziali, in occasione, tra l altro, di visite a sedi, stabilimenti o unità produttive dell impresa. Si tratta di spese sostenute all interno di un contesto commerciale bene definito (fiere, mostre, esposizioni, eventi similari e visite all azienda) e dirette a beneficio di quei soggetti attraverso i quali l impresa consegue effettivamente i propri ricavi. In ambito IVA il criterio da utilizzare per individuare la sussistenza del requisito dell inerenza è quello della c.d. destinazione, in applicazione del quale la detraibilità dell imposta non è condizionata dall effettiva materiale utilizzazione del bene o del servizio, ma dalla semplice destinazione di essi all impresa. In tale prospettiva vanno, quindi, valutate le conclusioni alle quali è giunta la Commissione tributaria provinciale di Alessandria, nella sentenza in commento, nel considerare inerenti, e di conseguenza detraibile l IVA relativa alle stesse, le spese sostenute per l acquisto del caffè per rifornire il distributore automatico collocato presso la sede aziendale, il cui consumo può essere destinato sia ai dipendenti della società sia ai clienti. Infatti, le prime possono essere considerate inerenti all attività d impresa nell ottica del predetto principio di destinazione, da intendersi quale semplice destinazione delle stesse all impresa, non avendo rilevanza alcuna l effettivo materiale consumo del caffè da parte dei dipendenti. Con riferimento alle seconde, il principio di inerenza si realizza, invece, in re ipsa, dal momento che non vi è nulla di più inerente all attività aziendale che una politica di comunicazione con il mercato. Infatti, nella prassi commerciale, non è assolutamente anomalo il sostenimento di spese di pubblicità non strettamente collegate al lancio di un nuovo prodotto, ma semplicemente finalizzate a fornire una positiva immagine di sé. Ed è per questo che i giudici piemontesi hanno ritenuto applicabile ai fini della detrazione dell IVA inerente a tale quota di costi, la disciplina relativa alla detrazione dell IVA assolta sugli acquisti dei prodotti inseriti nei distributori collocati nei locali dell impresa è recata dall art. 19 bis1, comma 1, lett. f), D.P.R. n. 633/1972. Secondo tale disposizione, infatti, non è ammessa in detrazione l IVA relativa all acquisto o all importazione di alimenti e bevande, ad eccezione di quelli che formano oggetto dell attività propria dell impresa o di somministrazione in mense scolastiche, aziendali o interaziendali o mediante distributori automatici collocati nei locali dell impresa. Dalla lettera della norma non emerge, quindi, la limitazione del diritto di detrazione in commento all individuazione di una specifica categoria di destinatari della somministrazione di bevande attraverso distributori automatici collocati nei locali dell impresa. In altri termini la stessa non è subordinata al fatto che i destinatari del servizio in questione siano solo i dipendenti dell impresa e non anche eventuali clienti della stessa. Quello che rileva è, dunque, che si tratti di spese inerenti all attività d impresa, condizione che secondo quanto sostenuto dai giudici della Commissione tributaria provinciale di Alessandria, nella Sentenza in commento, risulta soddisfatta sia nel caso in cui il rifornimento dei distributori automatici sia finalizzato al consumo dei dipendenti cha a quello dei clienti. Dalla conclusione a cui è pervenuta la Commissione tributaria provinciale di Alessandria emerge come le spese in commento, almeno per la parte di esse relative al consumo del caffè destinato ai clienti non sono qualificabili come spese di rappresentanza, bensì quali spese di pubblicità. Infatti, laddove le stesse fossero state ricondotte tra le prime, avrebbe trovato applicazione il disposto di cui alla successiva lett. h), dell art. 19 bis1, che consente la detrazione dell IVA assolta sugli acquisti di bevande ed alimenti di costo unitario non superiore ad E 25,82, che le imprese sono solite fare in occasione di particolari ricorrenze, quali possono essere a mero titolo esemplificativo, le strenne natalizie con panettoni, vino, dolciumi e altri alimenti e bevande. In altri termini tale diritto è precluso relativamente alle spese di ammontare superiore al predetto importo. Infatti, come in argomento confermato anche dall Amministrazione finanziaria, nella circolare n. 54/E, del 19 giugno 2002 (cfr. par. 16.6), gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientrano nell attività propria dell impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza, con la conseguente detraibilità dell IVA per quelli di valore non superiore ad E 25,82. Le Società 2/
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