UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Infermieristica Presidente del CdL: Prof.

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Infermieristica Presidente del CdL: Prof. Antonio Azara IL DONATORE DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE: RUOLO EDUCATIVO ED INFORMATIVO DELL INFERMIERE RELATORE: Prof. Claudio Fozza TESI DI LAUREA DI: Silvia Saba ANNO ACCADEMICO 2014/2015

2 Introduzione 2 1. Cellule Staminali Emopoietiche e principi trapiantologici 1.1 Le Cellule Staminali Emopoietiche (CSE) Trapianto di CSE Graft versus Host Desease Le indicazioni al trapianto di CSE Donazioni e donatori 2.1 Il Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (RDMO) RDMO Sardo A.D.M.O I donatori nel Registro La selezione del donatore La tutela del donatore Assistenza infermieristica nella donazione di CSE 3.1 Corretta informazione e gestione del donatore Ruolo dell infermiere nel prelievo di CSE midollare Ruolo dell infermiere nel prelievo di CSE da sangue periferico Donatore e ricevente un unica persona La donazione di CSE e i giovani: uno studio empirico 4.1 Introduzione allo studio Materiale e metodi Risultati 50 Conclusioni 59 Bibliografia 60

3 INTRODUZIONE Il trapianto di midollo osseo o di Cellule Staminali Ematopoietiche (CSE) è una terapia potenzialmente curativa per molte forme di leucemie, linfomi ed altre malattie del sangue; solo il 30% dei malati che necessitano di un trapianto trova fra i familiari un donatore compatibile. Tra non consanguinei la probabilità di trovare un donatore compatibile arriva ad essere di 1: , maggiore è il numero di donatori più alte saranno le probabilità di individuarne uno compatibile. Di fronte ad un paziente candidato al trapianto il primo passo è ricercare all interno del database internazionale una serie di possibili donatori compatibili, una volta individuati scatta una procedura che porta, nel giro di un brevissimo periodo, ad avere cellule disponibili da infondere. Il donatore viene chiamato e sottoposto ad esami e se tutto viene confermato si procede al prelievo e il malato, in contemporanea, inizia la chemioterapia per poter ricevere il trapianto: un sistema che consente di ottenere il midollo compatibile anche se si trova a migliaia di chilometri di distanza. Tutto ciò è possibile, oltre ad una perfetta organizzazione, grazie a migliaia di persone che spontaneamente decidono di diventare donatori. Uno dei più preoccupanti problemi che la donazione di midollo osseo e CSE sta vivendo in questi ultimi anni è il progressivo e costante invecchiamento del Registro donatori, associato ad una sempre maggiore riduzione delle nuove iscrizioni. I potenziali donatori che negli anni passati si erano iscritti all IBMDR (Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo) stanno inesorabilmente avvicinandosi al limite di età per la donazione, comportando una naturale dimissione dal Registro, per questo motivo è fondamentale sensibilizzare le nuove generazioni sull argomento in questione. Nel seguente elaborato verranno trattate le principali procedure riguardanti la donazione, rispondendo ai dubbi maggiormente riscontrati tra i giovani. Grazie allo studio da me condotto ho potuto constatare l effettivo grado di conoscenza, le principali carenze e difficoltà nella comprensione dell argomento; i giovani sono e saranno i donatori del futuro ed è nostro compito occuparci di una corretta e giusta informazione incentivando la sensibilizzazione ed evidenziando la reale importanza di tale gesto. 3

4 1. CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE E PRINCIPI TRAPIANTOLOGICI 1.1 Le Cellule Staminali Emopoietiche (CSE) Tutte le cellule prodotte nel midollo osseo e immesse nel sangue periferico hanno origine da particolari cellule progenitrici denominate, per la loro funzione, Cellule Staminali Emopoietiche (CSE). L emopoiesi è sostenuta dalle CSE; sono cellule indifferenziate con capacità di autorinnovamento, di differenziazione in tutte le serie emopoietiche e di ripopolare un midollo letalmente irradiato. Per emopoiesi si intende il processo di formazione, sviluppo e differenziazione degli elementi figurati del sangue: gli eritrociti, leucociti (granulociti neutrofili, basofili, eosinofili, linfociti e monociti) e le piastrine; anche i macrofagi, le cellule dendritiche, le plasmacellule e i mastociti, cellule presenti nel connettivo, derivano dal processo di emopoiesi. La cellula staminale embrionale è pluripotente, in grado di dare origine a tutti i tipi cellulari. La CSE deriva dalla cellula staminale adulta che è presente nei vari tessuti e quindi anche nel midollo osseo. La cellula staminale adulta è multipotente e ha la capacità di autorinnovarsi e di differenziare ma, diversamente da quella embrionale pluripotente, darà origine solo alle cellule del tessuto di provenienza. L aggettivo staminale descrive la capacità di una cellula di dare origine a tutti i tipi cellulari, come è in grado di fare la cellula staminale embrionale ma descrive anche una potenzialità evolutiva propria delle cellule staminali adulte, che sono in grado di originare solo i tipi cellulari del tessuto dal quale provengono. Le CSE midollari possono dare origine sia a cellule emopoietiche sia a cellule appartenenti ad altri organi od apparati. Questa caratteristica delle cellule staminali è definita plasticità delle CSE, fondamentali ai fini della cosiddetta 4

5 medicina rigenerativa. Le cellule staminali emopoietiche possono duplicarsi e automantenersi, duplicarsi e differenziare o andare incontro ad apoptosi, cioè alla morte programmata delle cellule stesse. La duplicazione cellulare delle CSE può essere simmetrica o assimetrica. La prima dà origine a due cellule figlie identiche con capacità immutata di autorinnovamento o di differenziazione; nella seconda una delle due cellule figlie mantiene la staminalità, mente l altra cellula si differenzia o va incontro ad apoptosi. Le cellule staminali emopoietiche si distinguono funzionalmente in Long Term Repopulating Hematopoietic Stem Cell (LTR-HSC), in Short Term Repopulating Hematopoietic Stem Cell (STR-HSC) e, infine, in Multi Potent Progenitors (MPP), quindi si dividono essenzialmente in tre sottopopolazioni in grado di originare emopoiesi a lungo termine o a consentire l empoiesi solo transitoriamente. La staminalità, intesa nel senso più letterale del termine è quindi esclusiva delle LTR-HSC. La capacità di autorinnovamento delle CSE è essenziale per consentire un emopoiesi efficiente per tutta la durata della vita. Queste caratteristiche funzionali sono fondamentali nel trapianto di CSE, perché solo queste ultime potranno dare origine a un emopoiesi efficiente e duratura, mentre le STR-HSC e le MMP potranno servire esclusivamente per un emopoiesi transitoria, utile nella gestione dell aplasia post-chemioterapica convenzionale. A tutt oggi non è possibile identificare morfologicamente la CSE multipotente, che è poco rappresentata, infatti meno dello 0,01 % delle cellule midollari è costituito da CSE. Mediante citometria a flusso con immunofenotipo è possibile identificare una popolazione di cellule caratterizzate dall espressione, sulla loro superficie, dell antigene CD34. Le cellule CD34+ sono una popolazione cellulare eterogenea ma contentente al proprio interno, CSE utilizzabili a fini di trapianto per ripopolare un midollo osseo reso aplastico dalla chemio- e/o radioterapia. Le sorgenti di CSE utilizzabili per il trapianto possono essere il midollo osseo o il sangue periferico. Le CSE midollari possono essere ottenute direttamente dal sangue midollare e, più recentemente, anche dal sangue periferico infatti con la disponibilità di fattori di crescita ricombinati è possibile ottenere CSE da sangue periferico direttamente o dopo mobilizzazione preceduta da chemioterapia. Nel 5

6 particolare ambito del trapianto autologo, attualmente le CSE da sangue periferico mobilizzate con G-CSF preceduto o meno da chemioterapia, rappresentano l unica sorgente di CSE utilizzata in clinica. Nel trapianto allogenico le sorgenti di CSE utilizzate sono sia le periferiche sia le midollari, e anche quel particolare tipo di cellule periferiche contenute nel sangue placentare. Il midollo osseo è un tessuto essenzialmente emopoietico ed immunopoietico, in quanto la sua attività è dedicata in maniera nettamente prevalente alla produzione delle cellule del sangue e del sistema immunitario, cellule che derivano tutte da un unica cellula madre che è la CSE. Il midollo osseo è contenuto nelle cavità midollari delle ossa, si distingue in midollo rosso o emopoietico (che produce le cellule del sangue) e in midollo giallo, costituito da cellule adipose. Nel neonato tutto il midollo è rosso, ma con gli anni esso viene progressivamente sostituito da midollo giallo. Nell adulto solo le ossa spugnose (bacino, corpi vertebrali, coste, sterno e scapole) e le epifisi prossimali degli omeri e dei femori contengono midollo rosso. Il midollo giallo è una vasta area di riserva per l emopoiesi che deve adeguarsi alle necessità dell organismo, infatti, se l emopoiesi è fortemente stimolata, il midollo giallo si riduce e quello rosso si espande. Il midollo osseo è, nell insieme, un tessuto molto voluminoso che rappresenta nell adulto il 3,5-6% del peso corporeo (cioè da 1700 a 4500 gr.). Nel giovane di sesso maschile il midollo osseo ha un volume totale medio di ml con ml di midollo emopoietico. L attività riproduttiva del midollo osseo è enorme, poiché deve garantire il mantenimento pressoché costante del numero di cellule ematiche delle diverse serie. In condizioni normali, l attività riproduttiva dipende quindi dalla durata media della vita di ciascun tipo di cellula e dal suo numero fisiologico nel sangue. In un adulto normale vengono prodotti ogni giorno in media miliardi di globuli rossi, miliardi di piastrine e miliardi di globuli bianchi, che vengono immessi nel sangue in sostituzione dei globuli rossi, delle piastrine e dei globuli bianchi che esauriscono il loro ciclo vitale. Il sistema impegna fisiologicamente solo in piccola parte le riserve di cui dispone come capacità riproduttiva. In condizioni di emergenza (emorragia, crisi emolitica,infezioni), può rispondere rapidamente allo 6

7 stimolo aumentando fino a 5-10 volte la produzione giornaliera di ciascun tipo di cellula. Le CSE si trovano normalmente nel sangue periferico in piccolissime quantità (0,05-0,04% delle cellule nucleate) ma possono essere indotte a emigrare in alto numero dal midollo osseo al sangue periferico. Questo fenomeno, detto mobilizzazione è di comune osservazione nei pazienti trattati con chemioterapia antiblastica, durante la fase di ricostituzione emopoietica. Specialmente se questa è sostenuta con la somministrazione di alcuni fattori biologici, noti per la loro attività stimolante sulla proliferazione e differenziazione delle CSE, denominati genericamente fattori di crescita. Due di questi, fisiologicamente presenti nell organismo, si sono dimostrati particolarmente efficaci per la mobilizzazione delle CSE: il GM-CSF, che favorisce la sopravvivenza delle CSE e dei progenitori quando sono ancora capaci di prendere diverse vie differenziative verso differenti linee cellulari; è dunque un fattore senza specificità di linea cellulare o linea nonspecifico. Il G-CSF, che stimola la proliferazione delle CSE e la loro differenziazione verso una determinata linea cellulare: la linea granulocitaria; è dunque un fattore linea-specifico. Il fattore di crescita comunemente usato per la mobilizzazione delle CSE a scopo di trapianto è il G-CSF nella forma glicosilata per la sua buona tollerabilità ed efficacia. Rispetto al midollo osseo, il sangue periferico dopo mobilizzazione presenta un maggior grado di maturazione delle cellule emopoietiche, con una maggiore proporzione di progenitori. Nel 1988 è stato dimostrato che il sangue placentare, che può essere prelevato alla nascita dal cordone ombelicale, è ricco di CSE e può essere utilizzato per ricostruire il patrimonio cellulare del midollo osseo e del sangue periferico in casi di aplasia midollare. Da allora, l impiego del sangue placentare (o del cordone ombelicale), in alternativa al midollo osseo, per scopo di trapianto allogenico, si è esteso progressivamente a tutte le patologie ematologiche genetiche ed acquisite, immunologiche e neoplastiche, nelle quali è indicato il trapianto di midollo osseo. 7

8 Facendosi però preferire a questo in alcune categorie di pazienti per i minori rischi che comporta in termini di Graft versus Host Desease (GvHD). Il sangue di cordone ombelicale (SCO) contiene mediamente una quantità di CSE di 0,1-1,0% di tutte le cellule nucleate. La composizione cellulare del sangue cordonale, alla nascita, presenta delle peculiarità sia emopoietiche che immunologiche, dovute alle particolari caratteristiche anatomofunzionali del circolo feto placentare. Rispetto alle CSE midollari, le CSE del sangue cordonale mostrano un minore grado di maturazione e una maggiore capacità proliferativa. 1.2 Trapianto di CSE Il trapianto di CSE è una procedura entrata da anni nella pratica clinica per il trattamento di molte malattie ematologiche e può essere eseguito sia con midollo osseo, sia col sangue periferico dopo mobilizzazione, che col sangue del cordone ombelicale. I tre tipi di trapianto hanno la stessa finalità, le stesse indicazioni, seguono gli stessi criteri di idoneità e di sicurezza, le stesse modalità di preparazione del paziente e di infusione della sospensione contenente le CSE. Il trapianto di cellule emopoietiche consiste nel prelievo di cellule staminali da midollo osseo o da sangue periferico da un donatore sano o di un unità di cellule emopoietiche da sangue cordonale, e nella loro successiva infusione in un paziente sottoposto a radioterapia e/o chemioterapia. I regimi di condizionamento rappresentano la condizione necessaria per l impianto stabile delle cellule del donatore e dunque definiscono i protocolli di trattamento che precedono il trapianto. L attecchimento e l autoperpetuazione delle cellule emopoietiche del donatore sono definiti chimerismo, piattaforma sulla quale si basa l effetto terapeutico del trapianto. Il periodo successivo all infusione delle cellule staminali è caratterizzato dal trattamento con farmaci ad azione immunosoppressiva, i quali favoriscono l attecchimento delle cellule del donatore e prevengono il conflitto immunologico fra donatore e ricevente tuttavia espongono il paziente a un notevole rischio 8

9 infettivo, solo parzialmente mitigato dall isolamento in stanze a bassa carica microbica. Vi possono essere danni d organo legati al regime di condizionamento, infezioni opportunistiche e reazioni tossiche immunologiche tra ospite e ricevente (GvHD/rigetto). Altro grosso limite è rappresentato dalla ricaduta della malattia di base. La guarigione del paziente si ottiene solo per quei soggetti che mantengano la bilancia del trapianto in perfetto equilibrio evitando sia la tossicità del trapianto sia la recidiva della malattia di base del paziente. In funzione del tipo di donatore si distinguono: trapianto sinergico, trapianto autologo e trapianto allogenico. Nel trapianto sinergico, il donatore è il fratello gemello monocoriale del paziente; questo tipo di trapianto, poco praticato per la rarità di gemelli monocoriali, ha pecurialità assolute per l identità genotipica e quindi per la mancanza di conflitto immunologico donatore- ricevente. Le alti dosi di chemioterapia seguite da rescue di cellule autologhe sono definite trapianto autologo; questa metodica sfrutta esclusivamente l azione potente del regime di condizionamento senza che vi sia, ovviamente, un azione terapeutica delle cellule reinfuse e quindi non appartiene effettivamente alle procedure di tipo trapiantologico in senso stretto. Esistono alcuni tipi di leucemie e di tumori solidi che hanno mostrato un aumento delle risposte in funzione della quantità di farmaci o di radiazioni ionizzanti somministrate. I farmaci antitumorali e le radiazioni però non possono essere somministrate al di sopra di una certa dose, pena la distruzione totale del midollo con conseguente morte del paziente. Per tale motivo, prima si espiantano le cellule staminali del paziente, poi il paziente viene ricoverato in un reparto idoneo, in camera singola o doppia, e sottoposto a trattamento radio e/o chemioterapico a dosi molto elevate, infuse attraverso un catetere venoso centrale inserito in succlavia (un piccolo tubo di gomma inserito chirurgicamente in una vena nella parte superiore del torace), allo scopo di distruggere tutte le cellule malate dell organismo. Questa fase viene chiamata condizionamento; durante questa fase che può durare da 3 a 9 giorni, oltre ai farmaci antiblastici il paziente è sottoposto ad idratazione (flebo) allo scopo di eliminare i prodotti di degradazione dei farmaci e le sostanze tossiche. Dopo 48-9

10 72 ore dal termine del condizionamento, ma sempre con paziente sottoposto ad idratazione, vengono re-infuse le cellule staminali emopoietiche precedentemente prelevate, allo scopo di riformare il midollo osseo. Nel trapianto allogenico, il donatore è un fratello, un familiare o un non familiare compatibile completamente o parzialmente al paziente quando non è possibile effettuare l autotrapianto. Sia per una forte riduzione del numero delle cellule staminali emopoietiche che per una loro alterazione patologica acquisita (leucemia) o congenita (talassemia major), si effettua l allotrapianto, cioè il midollo osseo viene prelevato da un donatore sano. Per poter infondere il midollo osseo di un donatore occorre che questo sia compatibile con il ricevente. Poiché ognuno di noi ha un sistema di istocompatibilità specifico, la ricerca del donatore, in genere viene fatta nell ambito familiare, dove esiste la possibilità del 25% che ogni fratello o sorella sia compatibile. Per aumentare questa percentuale si è tentato in questi ultimi anni, di infondere midollo osseo non perfettamente identico e si è visto che quando la disparità si limita ad un solo antigene di istocompatibilità i risultati sono accettabili. Per questo motivo sono state costituite in Europa e in Nord America delle banche di midollo osseo, dove ci sono i dati di moltissimi donatori volontari disponibili a sottoporsi ad un espianto di cellule staminali emopoietiche. In questo tipo di trapianto una conseguenza temibile è la cosiddetta reazione da trapianto contro l ospite: Graft versus Host Disease. Ciò avviene perché insieme alle cellule staminali emopoietiche del donatore vengono infuse cellule responsabili della sorveglianza immunitaria (linfociti). Queste cellule, anche quando il donatore e il ricevente sono perfettamente compatibili, riconoscono sempre qualche differenza, con il risultato che, attaccando tessuti che riconoscono come estranei, provocano l infiammazione dell organo interessato. Questa reazione compare in genere entro 30 giorni dal trapianto (reazione acuta), ma può comparire anche dopo 3 mesi (reazione cronica). Tale reazione si presenta con rossore del palmo delle mani e della pianta dei piedi, ma può estendersi a tutto il corpo. Può interessare il fegato con ittero (colorazione gialla della pelle) e l intestino con diarrea profusa. Per evitare o ridurre il fenomeno della reazione da trapianto contro l ospite, vengono solitamente somministrati dei farmaci che 10

11 hanno lo scopo di ridurre le difese immunitarie del paziente. Per questa ragione, anche dopo le dimissioni il paziente trapiantato dovrà seguire una vita riservata per diversi mesi, in quanto possono sopraggiungere delle infezioni, soprattutto a livello polmonare, causate da virus o batteri. Oggi la principale fonte di CSE utilizzate nel trapianto del donatore è rappresentata da non familiari. Poiché il trapianto allogenico di CSE rappresenta l unica opzione terapeutica con possibilità di guarigione per numerose malattie ematologiche neoplastiche e non neoplastiche, e poiché meno del 30% dei pazienti con indicazione al trapianto dispone effettivamente di un fratello istocompatibile, sono state messe a punto tecniche di trapianto che utilizzano donatori alternativi come il trapianto di CSE midollari o periferiche da donatori volontari da registro, trapianto di CSE da sangue cordonale da banca e il trapianto di CSE da donatore aploidentico (incompatibile 3/6 loci HLA). I trapianti da donatore volontario o non familiare sono i più praticati e oltre la metà dei pazienti identifica un donatore adeguato al trapianto. La caratteristica principale è quella di potere disporre di donatori molto ben tipizzati, con compatibilità comparabile a quella dei fratelli HLA identici. Purtroppo l identificazione di donatori adeguati impegna tempi lunghi, il fattore tempo è fondamentale nella possibilità di effettuare il trapianto inoltre più tempo viene impiegato nella ricerca e maggiore è il rischio che la malattia progredisca verso una fase più avanzata. Nel caso del trapianto di CSE di sangue cordonale, l unità di SCO selezionata per il trapianto è conservata in una banca di sangue cordonale, in condizioni di criocongelamento; è importante sottolineare che con questo tipo di trapianto allogenico, il rischio di GvHD è molto ridotto, sia come incidenza che come intensità tuttavia l aspetto negativo è rappresentato dalla maggiore lentezza in termini di attecchimento e dalla più lenta ricostituzione immunologica. 11

12 1.3 Graft versus Host Desease La GvHD è la più frequente e temibile complicanza immunologica del trapianto di CSE allogeniche. Ci sono due tipi di GvHD: acuta e cronica. La forma acuta della GvHD avviene di solito entro i primi 6 mesi dopo un trapianto. I sintomi acuti comuni includono: dolori o crampi addominali, nausea, vomito e diarrea; ittero (colorazione gialla della pelle o degli occhi) o altri problemi al fegato; rash cutaneo, prurito, rossore sulla aree della pelle; La forma cronica della GvHD di solito inizia più di 3 mesi dopo il trapianto, e può durare per il resto della vita. I sintomi cronici comuni includono: cambiamenti della vista; secchezza delle fauci, macchie bianche all'interno della bocca, sensibilità a cibi piccanti; stanchezza, debolezza muscolare, e dolore cronico; dolore articolare o rigidità; eruzione cutanea, aree scolorite, così come la pelle di serraggio o ispessimento; mancanza di respiro; secchezza vaginale; perdita di peso; Le cause principali di insorgenza sono: a) Il grado di soppressione del sistema immunitario del paziente. Una immunosoppressione pre-trapianto insufficiente impedisce la GvHD e favorisce il rigetto. b) Il grado di immunocompetenza della sospensione cellulare trapiantata. La presenza in questa di linfociti T maturi del tipo CD4+ CD25- e CD8+ CD25- e di cellule APC (cellule dendritiche o DC, macrofagi e linfociti B), deputate alla presentazione degli antigeni estranei ai propri linfociti T, il loro numero e la loro capacità di essere attivati, è essenziale per la comparsa di GvHD. Una T 12

13 deplezione parziale del midollo osseo, prima di un trapianto allogenico, riduce il rischio di GvHD. Una T deplezione profonda lo annulla, ma crea un rischio elevato di rigetto. c) Il grado di compatibilità HLA tra donatore e ricevente. In un trapianto allogenico, con profonda immunosoppressione del paziente e senza T deplezione della sospensione di midollo osseo, la frequenza e la gravità della GvHD sono significativamente maggiori se il donatore è HLA incompatibile. Tuttavia, in assenza di un adeguata profilassi, la GvHD è molto frequente anche nei trapianti allogenici HLA identici. 1.4 Le indicazioni al trapianto di CSE Il trapianto allogenico di CSE è un trattamento efficace per un gran numero di malattie gravi; queste includono emopatie maligne, insufficienze midollari primitive e secondarie, emopatie genetiche, immunodeficienze gravi e malattie congenite del metabolismo. Le indicazioni per il trapianto allogenico di midollo osseo sono, in un certo senso, quelle di riferimento per tutti i trapianti allogenici di CSE, essendo basate sulla 13

14 esperienza di alcune centinaia di migliaia di trapianti effettuati nel mondo, di cui oltre da donatori non familiari. Ma negli ultimi anni, l impiego delle CSE da sangue periferico ha superato quello del midollo osseo, sia nel trapianto dal donatore familiare che in quello da donatore non familiare. Anche il trapianto di CSE di sangue cordonale viene utilizzato sempre di più, in gran parte in pazienti di età pediatrica, ma anche in adulti. Le indicazioni sono, in linea di massima le stesse del trapianto di midollo osseo. 14

15 2. DONAZIONI E DONATORI 2.1 Il Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (RDMO) Il Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (RIDMO o IBMDR) è stato istituito il presso l Ospedale Galliera di Genova su indicazione del Gruppo Collaborativo per la Tipizzazione Tissutale (GCTT), oggi Associazione di Immunogenetica e Biologia dei Trapianti (AIBT). All atto della costituzione del Registro Italiano fu deciso che: 1. Ogni regione d Italia avrebbe dovuto provvedere a realizzare un Registro regionale di donatori di midollo osseo. 2. Il Registro nazionale sarebbe stato ottenuto dalla convergenza di tutti i Registri regionali. 3. La responsabilità dei Registri regionali sarebbe stata affidata di norma ai Centri di Riferimento Regionali per i Trapianti, in quanto coincidevano nella maggioranza dei casi con i Centri di Tipizzazione Tissutale di maggiore esperienza. 4. La responsabilità del Registro nazionale veniva affidata al Centro Trasfusionale dell Ospedale Galliera di Genova. 5. La partecipazione di nuovi laboratori di tipizzazione tissutale dei donatori da iscrivere nel Registro doveva essere sottoposta preliminarmente a opportuni controlli di qualità. 6. Il Registro nazionale doveva dotarsi di: Una rete telematica di connessione con il Registro Europeo (Leiden), con i Registri regionali, e con i Centri di TMO italiani affiliati al GITMO (Gruppo Italiano Trapianti Midollo Osseo). Solo nel 2001 che lo Stato ha riconosciuto formalmente il Registro italiano (Legge n 52 del 6 marzo 2001) col nome di IBMDR (Italian Bone Marrow Donor Registry), ne ha precisato il ruolo e le funzioni, ed ha stabilito che al Registro italiano afferiscono i Registri regionali di tutte le regioni d Italia. 15

16 Il Registro italiano ha saputo far fronte efficacemente a tutti gli impegni, ha incrementato progressivamente il numero di donatori, anche se non tutte le regioni d Italia hanno potuto contribuire in eguale misura. Il Registro italiano conta oggi circa donatori, pari a 5,8 donatori per 1000 abitanti. Oggi in Italia circa 15 pazienti vengono trapiantati ogni mese da donatori non familiari e la possibilità di trovare nel Registro italiano un donatore HLA identico per un paziente è mediamente superiore al 60% RDMO Sardo Sono oltre i potenziali donatori di midollo osseo in Sardegna. Un dato record a livello nazionale, grazie al quale la Sardegna resta saldamente in testa alla classifica. L indice è altissimo: 22,98% ogni mille abitanti rispetto alla popolazione residente di età compresa fra i 18 e i 55 anni In Italia, sono presenti oltre potenziali donatori facenti capo a 77 centri e 17 registri regionali. Proprio il registro dell Isola, che ha come sede centrale nell ospedale Binaghi di Cagliari, è stato il quarto nato a livello mondiale nei primi anni 90. Dal 1992 ad oggi 196 volontari sardi hanno già donato il midollo osseo a favore di pazienti, anche ricoverati in strutture nazionali, europee, del Nord America e dell Australia. Nel 2015 si sono iscritti oltre nuovi donatori e sette hanno già donato le cellule staminali. Il 75% delle donazioni avviene attraverso il prelievo di sangue periferico (una sorta di lunga donazione di sangue) e non attraverso il prelievo diretto nella zona lombare. Nella banca del sangue cordonale, nata nel 2010, sono stati effettuati, invece, circa 2000 prelievi nei punti nascita della Sardegna. Per molti pazienti affetti da malattie ematologiche neoplastiche, come le leucemie, e non neoplastiche, come la talassemia, il trapianto di midollo rappresenta una valida possibilità di trattamento e guarigione. 16

17 I pazienti che hanno bisogno di un trapianto di midollo osseo trovano un donatore HLA identico fra i familiari mediamente nel 30% dei casi. Il 70% dei pazienti deve cercare un donatore al di fuori della famiglia. In questo caso la probabilità statistica di trovare un donatore HLA identico è molto variabile da un caso all altro, a seconda dei caratteri HLA del paziente. Se questo ha un fenotipo HLA frequente nella popolazione, la probabilità di trovare un donatore HLA identico è relativamente alta. All inverso, se il paziente ha un fenotipo HLA raro nella popolazione, la probabilità che egli trovi un donatore HLA identico è piccola. Naturalmente, la probabilità di trovare un donatore HLA identico per un dato paziente, fuori della famiglia, aumenta col numero di possibili donatori, tipizzati per HLA, oggetto della ricerca, a condizione che questi non siano imparentati tra loro. Se il paziente e i potenziali donatori appartengono alla stessa popolazione, la probabilità di trovare un donatore HLA identico cresce col livello di omogeneità genetica della popolazione. Non è materialmente possibile cercare un donatore per ogni singolo paziente, tipizzando ogni volta dei volontari in numero così elevato, occorrerebbero molti anni. La soluzione razionale consiste nel predisporre un elenco molto numeroso di possibili donatori già tipizzati per HLA (Registro), tra i quali cercare, per ogni paziente quello compatibile. Il 16 maggio 1987, presso la Cattedra di Genetica Medica dell Università di Cagliari, con l obiettivo di andare incontro ai pazienti privi di un donatore familiare, ha preso avvio il Registro Sardo dei Donatori di Midollo Osseo (RSDMO), con l iscrizione dei primi due donatori volontari di midollo osseo, disposti a donare il midollo a qualunque malato, in modo gratuito, anonimo e senza alcuna discriminazione: era il primo Registro d Italia. A questo ha fatto seguito, due anni dopo, la costituzione del Registro Italiano dei Donatori di Midollo Osseo (RIDMO). Purtroppo nel Settembre 1987, dopo 4 mesi di vita, i donatori iscritti, nel Registro Sardo erano appena 38. Questo dimostrava la necessità di supportare il RSDMO con un attività di informazione, di promozione e reclutamento di volontari disposti a donare il midollo osseo. 17

18 Per realizzare in tempi ragionevolmente rapidi un Registro regionale di donatori di midollo osseo, tanto numeroso da poter rispondere adeguatamente alle esigenze dei malati, era necessaria in realtà un organizzazione regionale integrata costituita da diverse componenti: una componente tecnico-sanitaria finalizzata all esecuzione delle tipizzazioni HLA dei volontari disposti a diventare donatori di midollo osseo. In pochi anni sono stati attivati dei laboratori di Tipizzazione Tissutale nei Centri Trasfusionali degli Ospedali Brotzu di Cagliari, S. Giovanni di Olbia e SS. Annunziata di Sassari, realizzando così una rete di 5 Centri di Tipizzazione HLA nei quali i volontari poteva essere direttamente iscritti nel Registro Regionale dei Donatori di Midollo Osseo; una componente informatica, col compito di inserire nel Registro, appena avviato, tutti i dati immunogenetici (HLA) e anagrafici, compresi i recapiti (indirizzo e telefono), relativi ai donatori selezionati, indispensabili per poterli contattare in ogni momento per eventuali informazioni, controlli e/o richieste di donazione; un coordinamento dei Centri di Tipizzazione Tissutale della Regione, partecipanti all attività di iscrizione dei donatori nel Registro. Tale funzione era già di pertinenza del Centro di Riferimento Regionale per i Trapianti d Organo (CRRT), presso la Cattedra di Genetica Medica dell Università di Cagliari; infine una componente promozionale per l informazione e la promozione relativa alla donazione e al trapianto di midollo osseo, al Registro e alle sue finalità, il reclutamento di donatori da iscrivere nel Registro, eventualmente il prelievo di sangue da inviare ai laboratori per la Tipizzazione Tissutale e l iscrizione nel Registro. Questa componente non esisteva ed era indispensabile. Così nel Novembre 1987 è stata costituita l Associazione Donatori di Midollo Osseo (A.D.M.O). 18

19 2.2 A.D.M.O L attività dell A.D.M.O. e delle altre componenti ha prodotto rapidamente i suoi frutti. L indispensabile supporto promozionale in favore della donazione di midollo osseo e per il reclutamento dei donatori viene svolto in Sardegna principalmente, anche se non esclusivamente, dall Associazione Donatori di Midollo Osseo (A.D.M.O.). L A.D.M.O. ha un direttivo regionale a Cagliari, che ne coordina le attività, e dei bracci operativi (le sezioni comunali) distribuiti su tutto il territorio regionale. Le sezioni all atto dell istituzione devono avere almeno 15 soci, un Consiglio Direttivo e un Presidente. I loro compiti principali sono: reperire le persone interessate alla donazione di midollo osseo nel comune di appartenenza e nei comuni vicini; informarle di tutte le problematiche mediche, giuridiche, etico-sociali ed organizzative concernenti la donazione del midollo osseo (e oggi anche la donazione di CSE da sangue periferico), il trapianto e l appartenenza al Registro dei donatori di midollo osseo; eseguire se possibile, un prelievo di sangue di 10 ml, previo consenso informato, e inviarlo al più vicino Centro di Tipizzazione regionale. Se quest ultima attività non è possibile, bisogna indirizzare la persona interessata al più vicino centro medico disposto ad eseguire il prelievo e inviarlo a un Centro di Tipizzazione, o in alternativa, indirizzare direttamente l interessato al più vicino Centro Trasfusionale. L A.D.M.O. non ha scopi di lucro, è apartitica e laica. Si propone unicamente di promuovere la cultura della solidarietà, del dono di sé e del servizio in favore dei malati. Più specificamente l A.D.M.O. è nata per incentivare la donazione di midollo osseo e di CSE in generale, e contribuire alla realizzazione e alla crescita del Registro dei Donatori di Midollo Osseo. Ciò attraverso un azione continua e capillare di informazione mirata al reclutamento dei donatori. L azione dell A.D.M.O. è stata determinante per il successo ottenuto in Sardegna nella realizzazione del RSDMO. Il Registro Sardo è infatti da molti anni il miglior registro regionale d Italia, per numero di donatori in rapporto alla popolazione e per proporzione di donatori tipizzati completamente. Finora più del 90% dei 19

20 donatori iscritti nel Registro Sardo è stato ottenuto grazie all azione promozionale intensa svolta dal Direttivo Regionale e dalle Sezioni comunali dell A.D.M.O. Un contributo importante è stato comunque fornito dai Centri Trasfusionali, dai 5 Centri di Tipizzazione HLA (Centri donatori), e da alcune organizzazioni di volontariati come, in particolare, l A.V.I.S (Associazione Italiani Volontari Sangue). 2.3 I donatori nel registro I familiari di un paziente candidato al trapianto di midollo osseo possono sottoporsi al prelievo di midollo osseo per il proprio congiunto a qualunque età, da 1 anno e anche meno fino a 60 anni e più, a giudizio del medico responsabile; è necessario il preliminare rilascio di un libero consenso informato da parte del donatore che, per i minorenni, deve essere dato dai genitori o da chi li può sostituire a termini di legge. A differenza dei donatori familiari, chi vuole diventare donatore del Registro regionale (e quindi nazionale) deve avere un età non inferiore a 18 anni (come per i donatori di sangue) e non superiore a 45 anni anche se negli ultimi anni il limite massimo è aumentato. Il Registro nazionale indica, come limite per l iscrizione nel Registro, l età di 35 anni, ma poiché questa è una scelta basata su motivazioni economiche, e non mediche, tale limite non è assoluto, e il Registro nazionale accetta i donatori iscritti nel Registro Sardo fino all età di 45 anni. Infatti, una volta iscritti nel Registro, i donatori vi rimangono e possono essere chiamati per la donazione, fino al compimento di 55 anni. In ogni caso, prima del prelievo di midollo osseo, si verifica per ogni donatore, che siano rispettati tutti i criteri di inclusione e di esclusione, momentanea o definitiva, previsti per la donazione e si procede quindi a una serie di controlli medici che hanno lo scopo di accertare le condizioni di salute e, in particolare, di eliminare tutti i possibili rischi per il donatore e per il paziente. 20

21 Per diventare donatori prima di tutto bisogna prendere contatto per telefono, o di persona, con la sede più vicina dell A.D.M.O., oppure con il Centro di Riferimento Regionale per i Trapianti, o con il più vicino Centro di Tipizzazione Tissutale. Tutte le sezioni A.D.M.O. e tutti i centri operativi elencati potranno dare subito all interessato le informazioni necessarie per procedere nel modo più conveniente, indicandogli, in particolare, il centro più vicino al quale rivolgersi. Le operazioni successive, indispensabili per l iscrizione nel Registro sono: 1. Il colloquio informativo Questo è un passaggio molto importante e delicato della procedura preliminare all iscrizione nel Registro, deve essere fatto da personale esperto o comunque ben informato. Il colloquio informativo ha due finalità: a) Fornire all interessato tutte le informazioni relative alla donazione di midollo osseo e di CSE da sangue periferico. Compresi gli aspetti tecnici, i criteri di inclusione e di esclusione dal Registro, i criteri di ammissione e di esclusione dalla donazione, le condizioni di rischio per il donatore e per il ricevente, le possibili conseguenze, le finalità della donazione, gli impegni che i donatori assumono nei confronti dei malati, il carattere gratuito e anonimo della donazione, nonché le informazioni essenziali sul trapianto di midollo osseo e di CSE da sangue periferico, sulle indicazioni e sui risultati. b) Valutare l affidabilità del richiedente, indagando in particolare sulle circostanze e sulle motivazioni che lo hanno portato a voler diventare donatore di midollo osseo. E molto importante avere un Registro di donatori affidabili, pronti a donare il midollo osseo (e eventualmente le CSE di sangue periferico) quando vengono chiamati. In un buon Registro i casi di rifiuto (sempre possibili per situazioni imprevedibili) devono essere eccezionali e seriamente motivati. Per un malato la cui vita dipende dal trapianto il rifiuto di un donatore è drammatico e può essere fatale. 2. Il consenso informato Il rilascio preliminare da parte dell interessato di un libero consenso informato sottoscritto, è un obbligo di legge nella procedura di iscrizione nel Registro dei donatori di midollo osseo. Il documento deve contenere l autorizzazione del 21

22 candidato al prelievo di sangue, all esecuzione su questo della tipizzazione HLA, all iscrizione nel Registro regionale (e quindi nazionale) del suo fenotipo HLA con il codice individuale d identificazione, la data di nascita e il sesso, e, in un registro riservato, del nome, cognome, comune di residenza, indirizzo dell abitazione e recapito telefonico. Il consenso informato implica l accordo per la donazione di midollo osseo e di tutte le procedure che questo presuppone, qualora il donatore venga chiamato per controlli e/o per la donazione. Al momento della donazione il donatore dovrà comunque firmare un consenso finale. Per la donazione di CSE da sangue periferico al donatore è richiesto di sottoscrivere un consenso specifico che include tutta la procedura di mobilizzazione delle CSE e di aferesi. Il donatore che si iscrive nel Registro può sottoscrivere il consenso per uno solo dei due tipi di donazione o per entrambi. Il donatore che è già iscritto nel Registro come donatore di midollo osseo, può essere interpellato per un eventuale accordo alla donazione di CSE periferiche. In questo caso, se d accordo, dovrà sottoscrivere uno specifico modulo di consenso informato, che sarà sottoscritto anche dal medico responsabile dell aferesi. Resta in ogni caso al donatore la libertà di rifiutare la donazione in qualunque momento, anche se iscritto al Registro. 3. Il prelievo di sangue periferico Dopo la firma da parte dell interessato del consenso informato, si procede al prelievo di 10 ml circa di sangue in ACD o in eparina, da una vena del braccio, per la tipizzazione HLA. Questo prelievo non potrà ovviamente essere usato per nessun altro esame senza il consenso esplicito del donatore. Allo scopo di poter effettuare dei controlli successivi sulla tipizzazione HLA, a livello molecolare, possono essere prelevati 3-5 ml aggiuntivi di sangue in EDTA, da cui sarà estratto il DNA e conservato a 80 C. Le tre operazioni sopra riportate (colloquio informativo, consenso informato e prelievo di sangue) possono essere eseguite, oltreché nei 5 Centri di tipizzazione operanti in Sardegna, anche nei 5 Centri Trasfusionali che collaborano con le sezioni A.D.M.O. delle stesse aree di 22

23 competenza, e nelle altre 18 sezioni A.D.M.O. che possono effettuare direttamente i prelievi. Se il prelievo di sangue è stato eseguito in una delle sezioni A.D.M.O. o in uno dei Centri Trasfusionali sprovvisti di laboratori di tipizzazione HLA, questi dovranno provvedere ad inviare il campione di sangue, previo accordo con il responsabile, al più vicino Centro di Tipizzazione Tissutale, (unitamente al modulo di consenso informato sottoscritto) per la tipizzazione HLA e la successiva iscrizione del donatore nel Registro. Se il prelievo è stato invece eseguito in uno dei 5 Centri di Tipizzazione o Centri Donatori, questi effettueranno direttamente la tipizzazione HLA e l iscrizione del donatore nel Registro regionale. In tutti i casi le persone che dopo il colloquio informativo e la firma del consenso informato, sono state sottoposte al prelievo di sangue e alla tipizzazione HLA, vengono iscritte nel Registro regionale e nel Registro nazionale dei donatori di midollo osseo La selezione del donatore La ricerca di un donatore compatibile per trapianto di CSE viene fatta prima nel Registro nazionale e, se questa non ha successo, può esser fatta, dietro richiesta specifica, nei Registri internazionali. E stato già ricordato che al 30 giugno 2006, su 2419 malati italiani trapiantati con CSE non familiari, 1403 (cioè il 58%) hanno avuto la donazione da Registri esteri. Quindi più della metà dei pazienti italiani che hanno avuto bisogno di un donatore non familiare l ha trovato all estero. La ricerca nei Registri internazionali può essere attivata solamente dall IBMDR. I Centri Trapianto (CT) che intendono fare tale ricerca devono passare per l IBMDR. La ricerca nel Registro nazionale può essere attivata dai CT italiani ospedalieri e universitari, a condizione che siano autorizzati dal GITMO (Gruppo Italiano Trapianto di Midollo Osseo) ad eseguire trapianti allogenici, e certificati ad 23

24 utilizzare volontari non familiari del Registro per trapianto di CSE. Per l autorizzazione iniziale, si richiede ai CT l esecuzione di almeno 20 trapianti allogenici negli ultimi due anni. Quando si cerca un donatore nel Registro, la tipizzazione HLA del paziente candidato al trapianto viene confrontata, mediante un apposito programma, con la tipizzazione HLA dei donatori iscritti nel Registro nazionale. Poiché una parte dei donatori del Registro è tipizzata per i loci HLA-A, B, C e DR, e una parte (45 % circa) è tipizzata solamente per i loci A e B (da gennaio 2005, tutti i nuovi donatori iscritti nell IBMDR sono tipizzati anche per DR), mentre il malato ha sempre una tipizzazione completa molecolare (per i loci A B C a bassa o intermedia risoluzione, e per i loci DRB1, B3, B4, B5 e DQB1 ad alta risoluzione) estesa a livello familiare, ci sono tre diverse situazioni possibili: 1. non si trova alcun donatore identico col paziente; 2. si trova un donatore identico col paziente per i loci HLA-A e B, ma il donatore non è stato tipizzato per il locus DR; 3. si trova un donatore identico col paziente per i loci HLA-A, B e DR. Nel primo caso, la ricerca sul Registro italiano termina. Ma se è stata richiesta, va avanti la ricerca sui Registri internazionali. Nel secondo caso (identità per HLA-A e B), il Registro regionale e il Centro Donazioni al quale afferisce il possibile donatore prescelto, sono invitati a provvedere alla tipizzazione HLA-DR, con metodo sierologico o molecolare a bassa risoluzione. Il donatore sarà contattato dal Centro Donazioni di afferenza, informato della situazione, e invitato a dare conferma della propria disponibilità a donare le CSE, su un modulo apposito, prima di sottoporsi al nuovo prelievo di sangue per la tipizzazione DR; L eventuale irreperibilità o non disponibilità del donatore deve essere notificata al Registro nazionale entro 20 giorni dalla data di selezione e comporta l interruzione della ricerca su quel donatore. L IBMDR darà eventualmente una nuova comunicazione, se permane la richiesta da parte del Centro Trapianti che assiste il paziente, se invece il donatore conferma la disponibilità a donare le CSE e a proseguire l iter delle indagini 24

25 necessarie, il Centro Donazioni di afferenza lo convocherà subito per un nuovo prelievo di sangue sul quale eseguirà la tipizzazione DR sierologica o molecolare a bassa risoluzione. Il risultato sarà trasmesso entro 20 giorni all IBMDR. Purtroppo nella maggioranza dei casi il donatore risulterà DR incompatibile con il paziente, e questo chiuderà l iter della ricerca. Il Centro Donazioni dovrà informare subito il donatore della non compatibilità. Qualora però il donatore dovesse risultare DR identico col paziente, allora la procedura successiva sarà uguale a quella prevista per il terzo caso; si dovrà quindi verificare, su un nuovo campione di sangue, la reale identità HLA tra il donatore e il paziente, e la condizione del donatore, attraverso: 1. tipizzazione molecolare ad alta risoluzione degli alleli HLA-DRB1, DRB3, B4, B5 e preferibilmente DQB1; 2. determinazione del fenotipo AB0 ed Rh (per l estero solo se richiesto); 3. accertamento della situazione immunologia per CMV (per l estero solo se richiesto); 4. determinazione del peso del donatore. Non è ammessa la donazione di CSE da parte di volontari il cui peso corporeo è < 40 Kg. I risultati dovranno pervenire all IBMDR entro 30 giorni dalla richiesta. A questo punto, l IBMDR invia al Centro Donazioni la richiesta di invio di un campione di sangue del donatore al Centro Trapianti, per l esecuzione dei test di compatibilità finale, e determinazione dei markers infettivologici sul donatore inoltre provvede all invio al Centro Trapianti del campione di sangue, secondo le modalità previste, e all esecuzione dei test infettivologici richiesti. Se il donatore risulta positivo ai markers infettivologici, viene interrotto l iter della selezione e il donatore viene escluso dal Registro. Se invece i markers sono negativi, l iter continua. I test di compatibilità finale, con la verifica dei caratteri HLA del donatore, vengono eseguiti a cura del Centro Trapianti che dovrà comunicare all IBMDR entro 40 giorni dall arrivo del campione di sangue, i risultati dei test e la decisione di accettazione o rifiuto del donatore. 25

26 Se il donatore non è dichiarato idoneo entro 90 giorni, decade la selezione e il donatore è reinserito come donatore attivo nel Registro. E compito del Centro Donazioni informare il donatore dello stato della selezione (compatibilità persistente o no). Se il donatore è definitivamente accettato dal Centro Trapianti, la selezione è conclusa, e l IBMDR deve essere informato, per poter passare alle fasi successive della donazione e del trapianto. Al donatore selezionato per la prima volta per una donazione di CSE, devono essere date tutte le informazioni sugli ulteriori accertamenti che si dovranno eseguire, sulle procedure del prelievo di midollo osseo e, se previste, sulle procedure di raccolta delle CSE da sangue periferico. Queste informazioni devono esser date da un medico responsabile del servizio che eseguirà il prelievo, possibilmente in presenza del medico personale e/o di un familiare del donatore. Il candidato alla donazione dovrà essere informato in particolare su: 1. le possibili complicanze connesse con la donazione; 2. la durata presumibile dell impegno; 3. la possibile necessità di un ulteriore donazione, oltre quella programmata, sia di CSE che di linfociti dal sangue periferico per lo stesso paziente; 4. sul dovere di mantenere l anonimato nei confronti del ricevente e di terzi non coinvolti. Il Centro Donazioni ha la responsabilità primaria sulla tutela del donatore e sull individuazione delle affezioni che potrebbero essere trasmesse al ricevente con l infusione delle CSE. Nel caso di donazione di midollo osseo, un medico del Centro Donazioni, dopo aver visto gli esiti delle comuni analisi di laboratorio, degli esami strumentali, e della visita medica generale, previsti per il donatore di midollo osseo, deve scrivere la sua valutazione sull idoneità del donatore e, qualora questa sia positiva, deve procedere con il Centro Prelievo del midollo osseo alla verifica della prescrizione di CSE midollari, ed inviare il relativo modulo compilato al Centro Trapianti e all IBMDR, prima che si dia inizio al condizionamento pretrapianto del paziente. 26

27 2.3.2 La tutela del donatore Il donatore è libero di ritirare il suo consenso in qualunque momento, anche se è consapevole delle possibili conseguenze di tale decisione. In particolare il donatore deve essere informato che il ritiro del consenso, quando è già iniziato il condizionamento pre-trapianto del paziente, espone quest ultimo a rischio di morte. Il donatore non deve subire pressioni per la donazione in nessun momento, e può essere sottoposto al prelievo di CSE per un solo malato. L identità del donatore deve essere nota solo al personale del Centro Donazioni, del Registro regionale e del Centro Prelievi coinvolto nella procedura, ma deve essere protetta con l anonimato nei confronti del paziente e di terzi estranei alla procedura, per impedire di collegare fra loro il donatore e il paziente. Il vincolo dell anonimato è inestinguibile e deve essere mantenuto sia per il paziente che per i terzi. In tutte le procedure di ricerca e in tutte le comunicazioni fra Centro Donazioni, Registro regionale, IBMDR e Centro Trapianti riguardanti il donatore, i dati anagrafici di questo devono essere sostituiti con il codice di identificazione individuale. I dati anagrafici del donatore, che permettono di collegarlo con i dati genetici e il relativo codice individuale, devono essere conservati in un archivio separato, protetto e accessibile solamente al personale autorizzato del Centro Donazioni e/o del Registro regionale. I donatori con rapporto di lavoro dipendente hanno diritto a permessi retribuiti per il tempo necessario all espletamento delle seguenti preparazioni: 1. prelievo di sangue per la determinazione dei dati genetici; 2. prelievi di sangue per l accertamento della compatibilità con i malati in attesa di trapianto; 3. accertamento dell idoneità alla donazione; 4. eventuale somministrazione di fattori di crescita per la mobilizzazione delle CSE; 27

28 5. ricovero ospedaliero per il tempo necessario al prelievo delle CSE e per quello successivo alla donazione fino al completo recupero del suo stato fisico, secondo la certificazione dei medici del Centro Prelievo che ha effettuato il prelievo delle CSE. Nessun onere economico può essere imputato al donatore per le prestazioni sanitarie di cui sopra. La certificazione al datore di lavoro è rilasciata dai servizi sanitari che le hanno espletate. Tutti i volontari iscritti nel Registro nazionale come potenziali donatori hanno una copertura assicurativa che riguarda tutti i danni che possono essere correlati con le varie fasi delle procedure previste per la donazione. Il rischio considerato è il cosiddetto rischio in itinere cioè dal momento della partenza dal proprio domicilio fino al rientro. Il consenso può essere ritirato in qualsiasi momento tranne dopo la firma del modulo CD103 Consenso definitivo alla donazione di CSE. Tale modulo viene fatto firmare al donatore in presenza di testimoni nel corso della sessione informativa finale dopo la dichiarazione di completa idoneità. Solo dopo questa firma finale è possibile iniziare la terapia di condizionamento pre-trapianto del ricevente. Il donatore ha il diritto di essere controllato per i dieci anni dopo la donazione e di poter fare riferimento al Centro Donatori per qualsiasi problema successivo alla donazione La legge 6 marzo 2001, n. 52 "Riconoscimento del Registro nazionale italiano dei donatori di midollo osseo" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 15 marzo 2001 tutela il donatore in molti aspetti. Due sono gli articoli di importanza rilevante: 1. Art. 4: tutela del donatore nel mantenimento dell anonimato. Il donatore ha il diritto ed il dovere di mantenere l'anonimato sia nei confronti del ricevente sia nei confronti di terzi. 2. Art. 5: diritti e doveri dei donatori, permessi retribuiti e attività lavorativa. 28

29 I donatori di midollo osseo con rapporto di lavoro dipendente hanno diritto a permessi retribuiti per il tempo occorrente all'espletamento dei seguenti atti: a) prelievo finalizzato all'individuazione dei dati genetici; b) prelievi necessari all'approfondimento della compatibilità con i pazienti in attesa di trapianto; c) accertamento dell'idoneità alla donazione. Il donatore ha altresí diritto a conservare la normale retribuzione per le giornate di degenza necessarie al prelievo di sangue midollare, eseguito in regime di ospedalizzazione, e per quelle successive alla donazione, per il completo ripristino del suo stato fisico, secondo quanto certificato dall'équipe medica che ha effettuato il prelievo di midollo osseo. 29

30 3. ASSISTENZA INFERMIERISTICA NELLA DONAZIONE DI CSE 3.1 Corretta informazione e gestione del donatore Parlare di comunicazione sul tema della donazione di CSE non significa pubblicizzare un prodotto o raccogliere fondi, bensì cercare di utilizzare nel modo giusto i media per diffondere una cultura della solidarietà, per aiutare ogni cittadino ad essere più consapevole della situazione attuale e per aumentare il numero di donatori. Occorre sapere, tuttavia, che la pura e semplice informazione non è sufficiente a spingere le persone nel fare qualcosa. La differenza fra informare e comunicare è pari alla differenza che c è tra convincere e persuadere. Convincere implica una forma di adesione razionale del soggetto, mentre la persuasione implica necessariamente un adesione differente, legata non solo agli aspetti cognitivi, ma anche a quelli emotivi e comportamentali. La caratteristica fondamentale del convincimento è che non sprona all azione, ma partendo dall informazione, contribuisce alla comprensione delle argomentazioni proposte e alla memorizzazione del messaggio. Quando al processo di convinzione si aggiunge la variabile emotiva, questo si trasforma in un processo di persuasione, ovvero qualcosa in grado di influenzare il comportamento. L emozione che si aggiunge al discorso sia attraverso ciò che viene detto sia attraverso il come viene detto, gioca un ruolo determinante nella comunicazione. La donazione è un tema per molte ragioni non facile da comunicare. La persistente disinformazione all interno della nostra società è una delle cause principali di resistenza alla donazione; inoltre si è più volte riscontrato che gli effetti negativi di una scorretta diffusione dell informazione o di un singolo fatto, anche a livello locale, sono immediatamente percepibili attraverso un calo delle donazioni riducendo così la possibilità, per i pazienti in attesa, di accesso all unica 30

31 cura per loro possibile. Quello della donazione è un tema che necessita di una comunicazione fatta con cura e competenza. Il primo diritto di un donatore e quello di essere correttamente informato. Informare l aspirante donatore di midollo osseo e CSE è un dovere da parte di tutto il personale coinvolto nella gestione. L informazione fornita deve essere in funzione delle competenze di ciascuno. Un donatore correttamente informato è un donatore che se richiamato difficilmente ritirerà il suo consenso. Nel processo di donazione, affrontare i problemi emotivi e psicologici, significa confrontarsi con sentimenti quali paura del dolore, ansia e generosità. L infermiere gioca un ruolo fondamentale nella relazione con i donatori. La normativa stessa riconosce che la comunicazione è uno degli aspetti caratterizzanti la professione infermieristica. Con il D.M 739 del 1994 Regolamento concernente l individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell infermiere il legislatore per la prima volta sottolinea il peculiare carattere relazionale ed educativo della professione infermieristica. Anche nel Codice Deontologico dell infermiere abbiamo alcuni articoli che sottolineano questo importante aspetto: Articolo 2 L'assistenza infermieristica è servizio alla persona, alla famiglia e alla collettività. Si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari di natura intellettuale, tecnico-scientifica, gestionale, relazionale ed educativa. Articolo 20 L'infermiere ascolta, informa, coinvolge l assistito e valuta con lui i bisogni assistenziali, anche al fine di esplicitare il livello di assistenza garantito e facilitarlo nell esprimere le proprie scelte. Articolo 40 L'infermiere favorisce l informazione e l educazione sulla donazione di sangue, tessuti ed organi quale atto di solidarietà e sostiene le persone coinvolte nel donare e nel ricevere. 31

32 Nell incentivazione, la figura infermieristica deve possedere doti comunicative ed intellettuali, tali da consentirgli di rispondere ad ogni domanda o dubbio del donatore. Dunque il ruolo dell infermiere è duplice occupandosi sia di incentivare la donazione sia di lavorare con professionalità. La figura infermieristica in medicina trasfusionale è investita di tante responsabilità assistenziali, organizzative e amministrative; inoltre è sostanziale apportare tutte quelle informazioni che possono essere utili al donatore: dalle motivazione di ordine solidaristico alle implicazione che la scelta comporta e alle possibili complicanze. L infermiere assiste il donatore sia nella donazione che nel post- donazione, controllando costantemente che non insorgano complicanze o reazioni avverse e in questi casi essere pronto a trattarle con sicurezza, per evitare tensioni che possano influenzare negativamente anche gli altri donatori. Nei casi più gravi si deve allertare il medico per una eventuale prescrizione farmacologica. L infermiere inoltre deve assicurare una corretta igiene degli ambiente ossia correttamente illuminati, areati, con una confortevole temperatura ed umidità; farmaci e presidi siano essi di routine o di emergenza non devono essere scaduti o mancare, occupandosi per cui della loro cura e approvvigionamento, nonché della loro corretta conservazione; infine deve garantire che tutta la documentazione clinica del paziente, tra cui esami fatti all atto del ricovero, esami precedenti, consenso informato, sia riposta nella cartella personale del paziente. L infermiere deve essere a conoscenza del materiale informativo e della modulistica per l iscrizione, deve conoscere sommariamente il percorso successivo ad una domanda di iscrizione ed infine conoscere le modalità con cui avviene la donazione di cellule staminali, le tappe che la precedono e quelle che la seguono. Nella gestione del donatore possiamo distinguere varie fasi: 1. fase di accettazione e di iscrizione del nuovo donatore; 2. fase di richiamo del donatore per approfondimenti diagnostici e/o per spedizione di campioni ematici; 3. fase del work-up e della donazione di CSE; 4. fase successiva alla donazione: follow up a breve e lungo termine. 32

33 Al ricevimento della richiesta di work-up da parte dell IBDMR il medico responsabile del Centro Donazioni deve: - avvertire il donatore concedendogli il tempo necessario per decidere (2/3 gg) ed informarlo sul tipo di donazione richiesta e sulla tempistica da rispettare; - concordare le modalità della donazione ( CSE midollari o periferiche ); - specificare gli esami laboratoristici e strumentali da eseguire; - ottenuto il consenso, organizzare in tempi velocissimi tutte le fasi preparatorie all evento che differiscono a seconda che la donazione richiesta sia di CSE midollari o CSE periferiche. Considerati i tempi molto stretti di questa fase il donatore deve essere in condizione di poter prendere velocemente la decisione definitiva questo è possibile solo se le informazioni sono state date nei modi e nei tempi corretti. 3.2 Ruolo dell infermiere nel prelievo di CSE midollare Il midollo osseo può essere prelevato per scopi diagnostici o per scopi terapeutici (donazione per trapianto). In entrambi i casi il prelievo viene eseguito mediante agoaspirato generalmente dalle ossa del bacino e in particolare dalle creste iliache. Nel primo caso la spina iliaca posteriore superiore viene localizzata e l area cutanea sovrastante viene pulita e disinfettata con una soluzione antisettica. Si pratica anestesia locale dell area prescelta mediante infiltrazione fino al periostio di 10 ml di anestetico (xilocaina 2% o altro prodotto analogo). Dopo 5 minuti circa si infigge l ago da aspirato midollare nella cresta iliaca fino a penetrare nella cavità midollare. Si estrae dall ago il mandrino, si inserisce una siringa di vetro o di plastica monouso da 10 ml contenente 0,2 ml di eparina (1000 unità/ml) e si aspirano pochi ml di midollo osseo (frustoli di midollo con sangue 33

34 sinusoidale) ritirando indietro con forza lo stantuffo della siringa. Il prelievo generalmente è molto rapido e provoca dolore locale moderato che scompare rapidamente. Infine sarà necessario eseguire una medicazione compressiva e aiutare il paziente ad alzarsi e se necessario trattenerlo a letto per 10, in caso di paziente non ricoverato consigliare di trattenersi in ospedale per almeno 2 h e osservare attentamente le sedi di puntura. Importante è il corretto smaltimento dei rifiuti in modo differenziato nei vari contenitori secondo protocolli vigenti in reparto e registrare in cartella i dati raccolti e l avvenuta tecnica. Infine rimuovere la medicazione dopo 48 ore. Nel secondo caso, il procedimento è molto simile ma la quantità di midollo da prelevare è molto maggiore (fino a ml, e anche di più, a seconda del peso corporeo del donatore e del paziente). Per ottenere sospensioni midollari ricche in cellule staminali e progenitori emopoietici, bisogna prelevare pochi ml di midollo con ogni agoaspirato, evitandone una diluizione eccessiva e inutile col sangue periferico. Perciò si devono praticare numerose punture e aspirazioni in punti diversi delle creste iliache. Ciò impone per il donatore un anestesia generale o spinale al momento della donazione, un pre-deposito di sangue autologo una/due settimane prima (verrà reinfuso al termine del prelievo del midollo osseo), e una serie di indagini preliminari da eseguire sul donatore di midollo osseo, prima della donazione. Queste sono: 1. visita medica con anamnesi ed esame obiettivo; 2. esame emocromocitometrico completo, con formula leucocitaria e conteggio piastrine; 34

35 3. esami ematochimici: azotemia, glicemia, creatininemia, bilirubinemia totale e frazionata, transaminasi, γgt, fosfatasi alcalina, protidemia totale e elettroforesi della sieroproteine, colinesterasi, elettroliti sierici (Na, K, Cl, Ca e Mg), dosaggio delle IgG, IgA, IgM, sideremia e ferritinemia; 4. VES e titolo anti-streptolisine; 5. test della coagulazione: PT, PTT, fibrinogenemia, proteina C e anti-trombina III; 6. virologia: anticorpi anti-hvs, EBV, HbsAg, HCV; 7. toxotest e sierodiagnosi per tifo, paratifo A e B, e brucellosi; 8. diagnosi sierologica e molecolare di HIV1 e 2, e CMV; 9. esame urine; 10. test allergologici per anestetici; 11. valutazione anestesiologica; 12. valutazione cardiologica con ECG; 13. radiografia del torace; 14. ecografia addome. Questi sono esami preliminari volti ad accertare le sue condizioni di salute, in modo da escludere rischi significativi sia per il paziente che riceverà il midollo (infezioni, neoplasie), sia per lo stesso donatore. Il prelievo di midollo osseo per trapianto dura mediamente minuti e non comporta danni o menomazioni al donatore solo un indolenzimento di breve durata nella sede del prelievo, il rischio è estremamente raro legato all anestesia generale (1:10.000) e il fastidio di due giorni di ricovero in ospedale sono comunque da considerare. La quantità di midollo da prelevare per un trapianto di midollo osseo è calcolata come numero di cellule nucleate per kg di peso del paziente; per un trapianto autologo ne sono sufficienti 2,0 x 108/kg di peso del ricevente; per un trapianto allogenico da donatore familiare HLA-identico occorrono almeno 3,0x108 cellule nucleate/kg di peso del ricevente; infine, per un trapianto di midollo osseo da donatore non familiare, o non del tutto HLA identico occorre un numero maggiore di cellule nucleate/kg. 35

36 Il midollo prelevato si ricostruisce nel donatore in 7-10 giorni spontaneamente. Dopo il prelievo il midollo osseo viene filtrato per rimuovere eventuali microcoaguli, piccoli frammenti ossei, ed altre possibili impurità, e viene quindi raccolto in apposite sacche di plastica simili a quelle trasfusionali; è importante sottolineare che l incompatibilità AB0 tra donatore e ricevente non è un impedimento al trapianto di midollo osseo. I principali criteri di esclusione dalla donazione di midollo osseo sono: 1. comportamenti a rischio di infezioni trasmissibili con l infusione di midollo e derivati del sangue: assunzione di droghe; agopuntura, tatuaggi, piercing; rapporti omosessuali promiscui; rapporti sessuali con sconosciuti; trasfusioni ricevute fino a 5 anni prima; 2. presenza di epatite o ittero; 3. presenza di malattie veneree; 4. positività per: test della sifilide, test dell a.i.d.s., test dell epatite B, test dell epatite C (anti-hcv); 5. rapporti sessuali con persone incluse in quest elenco. Preparazione dell ambiente: stanza di degenza, ambulatorio, DH; assicurare la sanificazione dell ambiente; verificare l adeguato microclima; assicurare la privacy; Preparazione del paziente: illustrare la procedura; ottenere il consenso informato; è consigliata una colazione leggera; 36

37 tricotomia se necessaria; praticare sedazione su prescrizione medica, per ridurre lo stato d ansia e il dolore. Preparazione del materiale: guanti non sterili; mascherine; arcella reniforme; telini non sterili; telino sterile; garze sterili; disinfettante cutaneo iodopovidone al 10% e clorexidina al 2%; sirighe con luer con ago da 10ml,20ml; anestetico locale; aghi per biopsia endomidollari Jashmidi di varia dimensioni e lunghezza da 9G-11G,da 10cm a 15cm; cerotto anallergico; forbici; cuscino; traversa monouso; contenitore di plastica per frustolo osseo da etichettare con richiesta; Preparazione del paziente: Aiutare il paziente ad assumere e mantenere la posizione: Posizione sul decubito laterale, far assumere la posizione fetale posizionando un cuscino fra le ginocchia e i gomiti mantenendo la colonna in asse con la superficie del letto. Posizione seduta, far assumere la posizione seduta sul bordo del letto mantenendo un cuscino tra addome e cosce, far appoggiare gli arti inferiori su uno sgabello. 37

38 Preparazione campo sterile e disinfezione: Indossare guanti sterili Preparare il campo sterile usando tecniche asettiche: 1. stendere il telino sterile su un adeguato piano d appoggio; 2. aprire le confezioni e far cadere le garze sul telino; 3. versare il disinfettante sulle garze; 4. aprire e far cadere sul telino l ago prescelto; 5. aprire la confezione e far cadere sul telino la siringa da 20ml; 6. disinfettare la cute con movimento centrifugo dal repere verso l esterno e permettere allo iodiopovidone di rimanere sulla cute per 2 minuti o più a lungo se non è ancora asciutto Vantaggi del prelievo di CSE midollari: Procedura unica solitamente esaustiva Nessun pretrattamento farmacologico Svantaggi del prelievo di CSE midollari: Necessità di ricovero ospedaliero ( ore ) Opportunità di autodonazione Rischio anestesiologico ( anestesia epidurale e/o generale ) Anemizzazione conseguente al significativo volume di sangue Midollare espiantato ( di solito compreso tra ml ) dolore e indolenzimento nelle sedi di prelievo Astensione dal lavoro per 5/7 gg 38

39 3.3 Ruolo dell infermiere nel prelievo di CSE da sangue periferico Il prelievo di CSE da sangue periferico prevede un preliminare trattamento del donatore con dei fattori biologici fisiologicamente presenti nel nostro organismo, allo scopo di mobilizzare le CSE dal midollo al sangue periferico. I fattori sperimentati a questo scopo sono due: il GM-CSF che induce il reclutamento nel ciclo cellulare sia delle CSE che dei progenitori più primitivi e il G-CSF che agisce invece sulle CSE, indirizzandone la differenziazione in CFU-G e inducendone la proliferazione e la maturazione fino alla tappa di granulociti maturi. Entrambi i fattori devono essere somministrati a dosi molto più alte di quelle fisiologiche per ottenere una buona mobilizzazione delle CSE midollari e questo può comportare degli effetti collaterali indesiderati. Per la sua efficacia e per una migliore tollerabilità, il preparato comunemente usato è il G-CSF. Il donatore viene collegato al separatore cellulare programmato per la raccolta di cellule staminali; la procedura di raccolta di solito è unica ma in alcuni casi è necessario ripeterla. I criteri di ammissione alla procedura di mobilizzazione e di aferesi delle CSE sono i seguenti: non presentare nessuna delle condizioni che controindicano la donazione di sangue e di midollo osseo; non essere in gravidanza o in periodo di allattamento; non essere in terapia con aspirina o antiaggreganti piastrinici, anticoagulanti, ace-inibitori, o litio; avere un emocromo normale, incluso il conteggio delle piastrine; non avere splenomegalia; non avere nella storia clinica personale e familiare episodi di alterazione della coagulazione (specialmente di trombosi arteriosa o venosa); avere un profilo coagulativo normale ai test di laboratorio specie per trombofilia; 39

40 avere una situazione cardiovascolare normale; avere buoni accessi venosi periferici; Prima di essere ammesso alla procedura di mobilizzazione il donatore deve essere attentamente valutato, deve essergli richiesto di firmare un consenso alla procedura di mobilizzazione e di aferesi, dopo aver avuto informazioni chiare e complete su: 1. modalità e protocollo di somministrazione del G-CSF; 2. medico responsabile della somministrazione e della procedura di aferesi; 3. effetti previsti del G-CSF, effetti collaterali e possibili effetti indesiderati e rischi che la somministrazione del G-CSF può causare, particolarmente in rapporto all insorgenza di splenomegalia e di fenomeni trombotici; 4. modalità della procedura di aferesi e sue possibili complicazioni. Il modulo di consenso dovrà essere controfirmato dal medico incaricato dell aferesi o da un altro medico del servizio di aferesi. Gli effetti collaterali da G-CSF in procedure di mobilizzazione e prelievo di CSE da sangue periferico possono essere: dolori ossei diffusi, mialgie, e/o artralgie lievi o moderati; cefalea lieve o moderata; sindrome simil-influenzale; insonnia; nausea e anoressia; febbricola o febbre; anemia e/o piastrinopenia; splenomegalia e/o epatomegalia non pre-esistente; reazioni allergiche cutanee lievi; ipotensione arteriosa ( 90/60 mm hg); iper-leucocitosi ( leucociti/mm3); dolori ossei, artralgie e/o cefalea intensi, o insopportabili, che necessitano di potenti analgesici 40

41 reazioni allergiche cutanee gravi (orticaria. edemi facciali) e/o respiratoria (dispnea); incidenti vascolari ischemici; vasculite cutanea; rottura di milza. Vantaggi del prelievo di CSE da sangue periferico: assenza di anestesia; ricovero ospedaliero non necessario; utilizzo di accessi venosi periferici; assenza di anemizzazione e di dolore post operatorio; recupero post donazione immediato. Svantaggi del prelievo di CSE da sangue periferico: pretrattamento farmacologico con G-CSF nei 4 giorni precedenti la raccolta; effetti collaterali del G-CSF ( simil influenzali ); variabilità nella mobilizzazione delle CSE; eventualità di dovere eseguire più di una procedura aferetica o dover ricorrere all espianto di midollo se la raccolta risulta inadeguata. 3.4 Donatore e ricevente un unica persona Il trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche (TCSEa), una terapia ad alte dosi supportata dall infusione di cellule staminali emopoietiche, è diventato una procedura medica che consente di somministrare elevate dosi di farmaci con tossicità emopoietica e organica tollerabile. L infusione di cellule staminali autologhe in seguito ad un trattamento a dosaggio sovramassimale è in grado di recuperare il midollo osseo attraverso la ricostituzione della normale emopoiesi. Una volta ripresa la funzione del midollo osseo, i pazienti possono guarire dalla malattia o essere sottoposti a ulteriori terapie antitumorali. 41

42 Tra i contributi più importanti apportati dal personale infermieristico durante la procedura del TCSEa è necessario menzionare la formazione dei pazienti e l assistenza psicosociale dei pazienti e delle relative famiglie. Le opportunità di formazione sono numerose, a partire dalla presentazione dei protocolli di ricerca fino alla spiegazione delle terapie e delle procedure mediche: grazie alle diverse posizioni ricoperte, gli infermieri dispongono dell esperienza adeguata per guidare i pazienti nelle varie fasi del processo. La formazione relativa al TCSEa deve essere avviata prima del consulto iniziale per il trapianto, per poi essere protratta durante il periodo di follow-up indicato dopo il trapianto. Le informazioni fornite a pazienti e prestatori di assistenza non hanno solo lo scopo di rassicurare fugando timori e preoccupazioni, ma anche quello di permettere ai singoli soggetti di sentirsi in grado di prendere la decisione migliore per loro stessi o per i propri cari. La formazione impartita ai pazienti passa attraverso diversi metodi, tra cui le spiegazioni e le dimostrazioni, e viene ripetuta molto spesso per garantirne la totale comprensione. Pazienti e prestatori di assistenza vengono supportati in questo percorso da strumenti quali materiali stampati, video e gruppi di formazione pratica. Le principali fonti di preoccupazione per pazienti e prestatori di assistenza durante il TCSEa sono: capacita del paziente di tollerare le procedure necessarie per il TCSEa; capacita del paziente di raccogliere una quantità sufficiente di cellule staminali necessaria per procedere al trapianto; probabilità di recidiva della malattia dopo il TCSEa; risposta a trattamento aggiuntivo nei casi di recidiva della malattia o scarsa mobilizzazione; aspettativa di vita del paziente; capacita di sottoporsi regolarmente a visite mediche e procedure diagnostiche in base a un programma di appuntamenti stabilito; complicanze secondarie dovute al TCSEa e relativo trattamento; cambiamenti richiesti nello stile di vita e relativi impatti; 42

43 possibilità di pagare procedure, trattamenti e spese ausiliarie (ad es. sistemazione temporanea, trasporto casa-centro di cura, assistenza ai bambini); capacita di mantenere il posto di lavoro durante il trattamento o di riprendere l attività lavorativa dopo la terapia; capacita di gestire rapporti sociali, fisici o emotivi con gli altri; benessere psicologico con se stessi e con i propri cari; Gli infermieri che operano in un reparto o in centro ematologico/oncologico hanno il compito di aiutare i pazienti a comprendere il ruolo di un eventuale TCSEa nel loro percorso terapeutico. Dopo essere stati valutati in un centro di trapianto, i pazienti incontreranno gli infermieri incaricati nello scolamento di funzioni diverse all interno del programma di trapianto. L infermiere coordinatore (nurse coordinator) è responsabile della gestione della preparazione pre-trapianto per la quale coordina le attività di valutazione e i test medici. L infermiere coordinatore collabora con gli altri infermieri della struttura per educare i pazienti e i relativi familiari, fornendo loro un quadro generale delle attività del centro e spiegazioni dettagliate sulle procedure necessarie per il processo di trapianto. Una volta che il paziente è stato giudicato idoneo al trapianto, gli infermieri del centro contribuiranno a coordinare la terapia insieme al centro di aferesi, comprese le attività di programmazione per l inserimento di un catetere appropriato e di formazione sull argomento. Gli infermieri offrono assistenza anche nell ambito psicosociale e possono richiedere, se necessario, il consulto di altri membri dell equipe (ad es. assistenti sociali). Compito degli infermieri è l incoraggiamento dei pazienti e dei relativi prestatori di assistenza a raggiungere i propri obiettivi formativi, incoraggiandoli a rivolgere ai membri dell equipe qualsiasi tipo di domanda prima di iniziare una procedura. Durante la mobilizzazione e l aferesi, gli infermieri restano a stretto contatto con i pazienti e le loro famiglie e forniscono le informazioni relative al follow-up per le procedure di aferesi, sulla conta post-aferesi delle cellule CD34+ totali e la fase successiva prevista dal piano di cura. Prima di iniziare l aferesi, vengono spiegate sia le reazioni avverse di tale procedura che le modalità di gestione dei cateteri venosi centrali, è importante che gli infermieri sappiano riconoscere i pazienti a 43

44 più alto rischio di scarsa mobilizzazione. In questi casi, gli infermieri devono conoscere gli aspetti generali delle strategie di rimobilizzazione, le modalità necessarie per procedere con il trattamento, nonchè l eventualità di considerare il TSCEa come un opzione terapeutica. Nei casi in cui l infermiere si mostri sicuro nell illustrare le varie opzioni, il paziente e i suoi familiari acquistano maggiore fiducia nei confronti dell infermiere che tendono a considerare come un interlocutore su cui poter contare: è cosi che si può evitare l insorgere di ulteriori timori e fattori di stress. Le prestazioni mediche relative al trapianto di cellule staminali effettivo, comprese la somministrazione del regime di preparazione e l infusione di cellule staminali e all assistenza al paziente nella fase di attecchimento e recupero offrono agli infermieri continue opportunità di impartire ai pazienti un educazione intensiva particolarmente dettagliata durante i molteplici processi necessari per il TCSEa. In questa fase vengono utilizzati numerosi medicinali, la maggior parte dei quali presentano il rischio di potenziali interazioni tra farmaci o reazioni avverse gravi. Non è raro che i pazienti attraversino periodi di estrema debilitazione fisica e esaurimento emotivo; ci si aspetta che gli infermieri siano in grado di gestire le reazioni avverse attraverso l utilizzo di terapie di supporto, ma che siano altrettanto attenti nel riconoscere le preoccupazioni e le ansie dei pazienti e dei prestatori di assistenza. Dopo la fase di recupero che segue il trapianto, gli infermieri continuano ad assistere i pazienti nel processo di dimissione, preparandoli al passaggio dal centro di cura all ambiente domestico. Il ruolo educativo del personale infermieristico continua anche dopo la fase di recupero che segue il trapianto; i pazienti hanno ancora bisogno di consigli e linee guida sui cambiamenti necessari nel loro stile di vita e sui tempi da rispettare per il ritorno alle normali attività svolte prima del trapianto. La comprensione dell importanza di regolari visite di follow-up e controlli medici è essenziale per ottenere esiti positivi nei pazienti. La descrizione delle conseguenze a lungo termine dovute alla chemioterapia e ad altre modalità di trattamento deve essere parte integrante del processo formativo durante il periodo che segue il trapianto. 44

45 Inoltre è bene discutere con i pazienti la possibilità di recidiva della malattia e le relative modalità di gestione nell eventualità che questa si verifichi. L educazione impartita dal personale infermieristico ai destinatari dei trapianti è un processo complesso e dinamico, che deve essere personalizzato in funzione della malattia del paziente, del piano terapeutico, del livello cognitivo e delle esigenze psicosociali. 45

46 4. LA DONAZIONE DI CSE E I GIOVANI: UNO STUDIO EMPIRICO 4.1 Introduzione allo studio L aspetto educativo dell operato infermieristico nel processo di donazione assume un importanza rilevante nel contesto sociale e culturale. L articolo 40 del Codice Deontologico dell infermiere stabilisce che L infermiere favorisce l informazione e l educazione sulla donazione di sangue, organi e tessuti ( ), infatti l infermiere collabora con associazioni del settore nella divulgazione della cultura della donazione, partecipando a campagne di sensibilizzazione nelle scuole, nelle associazioni sportive ed enti pubblici, nei luoghi di aggregazione, trasmettendo il suo sapere tecnico-scientifico e promuovendo la donazione quale atto di estremo altruismo e solidarietà. Importante è citare un concetto descritto nell articolo 19 del Codice Deontologico: L infermiere attraverso l informazione e l educazione, promuove stili di vita sani e la diffusione del valore e della cultura della salute ( ), con l obiettivo di prevenire malattie la cui unica cura è il trapianto di CSE e dunque ridurre quell enorme squilibrio fra domanda ed offerta. Purtroppo però il numero di donatori è ancor insufficiente e la sensibilizzazione deve essere fatta costantemente. Per avere la disponibità di CSE, serve un sistema sociale che supporti l intera comunità. Facendo riferimento specialmente all articolo 19 del Codice Deontologico e considerando la rilevanza dell argomento trattato, l obiettivo di questo studio è nato dall esigenza di far conoscere l importanza della donazione di CSE come gesto di enorme responsabilità e solidarietà ed analizzando l effettivo grado di conoscenza dell argomento trattato ponendo quesiti sugli aspetti più rilevanti e sottolineando il fondamentale ruolo educativo ed informativo della nostra professione. Si può essere donatori dai 18 anni, dunque ritengo sia necessaria ed 46

47 importante la creazione e l incentivazione di una cultura riguardante la seguente tematica. 4.2 Materiale e metodi Il campione da me analizzato è composto da 120 studenti appartenenti a tutte le classi quinte del Liceo Scientifico G. Spano di Sassari, ottenendo un range di età compresa fra i 17 e i 21 anni. Per la conduzione dell indagine sono stati somministrati 120 questionari cartacei formati da 20 domande a risposta multipla e 1 domanda a risposta aperta. Il tempo a disposizione per la compilazione è stato di 15 minuti, dunque meno di un minuto a domanda per evitare influenze o possibili confronti tra i ragazzi. Le risposte ai questionari sono state successivamente analizzate attraverso l utilizzo di Excel e con la creazione di appositi istogrammi e diagrammi a torta per l analisi dei risultati. Riporto qui di seguito il questionario somministrato: Sono Silvia Saba, laureanda del Corso di Laurea in Infermieristica dell Università di Sassari. Il seguente questionario è stato elaborato al fine della mia tesi di Laurea riguardante la donazione del midollo osseo e il vostro contributo è veramente fondamentale. Vi invito a dedicare dieci minuti del vostro tempo, 47

48 compilando il questionario che segue e a riflettere sulle varie tematiche in modo spontaneo e personale. I dati saranno gestiti garantendo la riservatezza e l anonimato. Il supervisore del progetto è il Dott. Fozza, docente di ematologia dell Università di Sassari e relatore della tesi. Vi ringrazio anticipatamente per il vostro tempo. 1. Sesso o M o F 2. Anno di nascita: 3. Sai da dove viene prelevato il midollo osseo? o Spina dorsale o Zona lombare o Zona addominale 4. Si può essere compatibili pur avendo un diverso gruppo sanguigno? o Si o No o Dipende 5. Sai come viene prelevato il midollo osseo? o Si o No 6. Sai come ci si iscrive al registro donatori? o Si o No 7. La registrazione prevede dei costi? o Si 48

49 o No 8. Trapianto midollare e trapianto spinale sono sinonimi? o Si o No o Dipende 9. E obbligatorio donare, ove necessario, ad un parente prossimo? o Si o No 10. Hai mai sentito parlare del Registro Donatori Midollo Osseo? o Si o No 11. Sai qual è l età minima per poter donare? o 14 o 16 o 18 o Quanti diverse tecniche di prelievo esistono? o Una sola o Più di una 13. E necessario sostenere delle spese per la donazione? o Si o No 14. Saresti disposto a diventare donatore di midollo osseo? o Si o No 49

50 15. Se no, perché? o Paura del dolore o Indifferenza o Poca informazione 16. Quanti tipi di trapianto esistono? o Una sola o Più di una 17. Secondo te, il prelievo di cellule staminali può essere effettuato anche da una vena periferica? o Si o No 18. La donazione di midollo osseo è anonima? o Si o No 19. Secondo te, quanto è la probabilità di trovare un donatore compatibile? o 1 su 10 o 1 su 100 o 1su o 1 su o 1 su Secondo te, perchè molte persone hanno paura di donare il proprio midollo osseo?. 50

51 4.3 Risultati Sesso e anno di nascita M F Sai da dove viene prelevato il midollo osseo? SPINA DORSALE ZONA LOMBARE ZONA ADDOMINALE SPINA DORSALE ZONA LOMBARE ZONA ADDOMINALE 51

52 Sai come viene prelevato il midollo osseo? SI 44% NO 56% Si può essere compatibili pur avendo un diverso gruppo sanguigno? SI NO DIPENDE 27% 38% 35% 52

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