Istituto MEME. associato a. Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles UNA FAME DA MORIRE

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1 Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles UNA FAME DA MORIRE Dal vuoto esistenziale al nutrimento creativo di Sé Scuola di Specializzazione: Relatore: Contesto di Project Work: Arti Terapie Dott.ssa Roberta Frison Ospedale Privato Accreditato Villa Maria Luigia Monticelli Terme (PR) Tesiste specializzande: Patrizia Savani Daniela Vecchi Anno di corso: primo Modena, 06/09/2008 Anno accademico

2 INDICE DEI CONTENUTI 1. Introduzione 1.1 La Fame malata Breve descrizione dei contenuti della tesi 6 2. Il contesto di riferimento 2.1 Aspetti culturali, psicologici e sociali Descrizione dei Disturbi del Comportamento Alimentare Un modello di approccio terapeutico: la Terapia Cognitivo-Comportamentale Altri modelli di intervento Il percorso terapeutico 3.1 Le diverse fasi della riabilitazione clinica Il ruolo dell Arte terapeuta L esperienza La storia della Ricerca Qualitativa e il metodo dell Osservazione Partecipante Il percorso Seguendo un filo della tela: la Ricerca di Manuela Nutrire l anima 4.1 Prima di apparecchiare la tavola Ingredienti creativi: cinema, pittura, psicodramma Il pranzo è servito! Bibliografia

3 CAPITOLO 1. - INTRODUZIONE 1.1 La fame malata Ci sono due tipi di fame: c è la fame sana dello stomaco e quella malata. La prima nasce dal vivere e riesce a saziarsi, la seconda nasce dal mal di vivere ed è insaziabile. [P. Cadonici] Si parla tanto di cibo nella nostra epoca: è emergenza sociale nel sud del mondo dove migliaia di persone muoiono di fame perchè non hanno condizioni idonee per nutrirsi o perchè vivono in megalopoli ipercivilizzate ma non dispongono di mezzi economici sufficienti per il sostentamento. Il mondo occidentale, industrializzato, invece, soffre di un eccesso di cibo; non vi è più distinzione di stagione o di ricorrenza: ogni momento dell anno e della giornata è l occasione giusta per gustare qualunque tipo di alimento. Si organizzano manifestazioni e Fiere sul cibo, di pubblico e specializzate, per stuzzicare anche i palati più ritrosi; c è il turismo eno-gastronomico che propone interessanti itinerari in cui le bellezze dei luoghi vengono assaporate insieme ai prodotti tipici; ogni cosa sembra glorificare il binomio cibo-benessere. Ma c è anche chi, in questa società opulenta, muore di fame perchè non vuole mangiare e rifiuta il cibo. La fonte del nostro sostentamento, il simbolo per eccellenza del piacere più istintivo diventa improvvisamente il mostro che uccide allora, che altro è il cibo, che cosa rappresenta? Quali significati si nascondono nelle pieghe della sofferenza di un anoressica che contempla il proprio 2

4 corpo magro? Quale voragine vorrà colmare una bulimica con la sua insaziabile voracità? Ragionando su questi temi, ci viene spontaneo proporre alcune riflessioni. Innanzitutto tutto perché oggi anoressia e bulimia sono così diffuse? Cosa si cela dietro questi terribili disturbi? È indubitabile che esse rispecchiano due differenti ma complementari aspetti della società in cui viviamo. Da un lato la corsa sfrenata che caratterizza il nostro modus vivendi: tutto è accelerato, tutto si consuma in un attimo. Non c è più tempo per se stessi, per pensare, per centellinare le esperienze; la vita non si svolge più al ritmo naturale e saggio del nostro respiro: normalmente si è in affanno, sempre alla rincorsa di qualcosa che è più veloce di noi. In alternativa ci lasciamo trascinare da un eccesso di mentalizzazione, e il pensiero corre avanti, molto più avanti rispetto al nostro corpo, rispetto alla percezione del nostro essere concretamente nel qui e ora. In questo stile di vita non ci sono più spazi, non ci sono più momenti di non-azione, di fermo immagine che sono una risorsa inestimabile, l essenza stessa della vita. È infatti in quell attimo di sospensione che tutto avviene; è il percepire la mancanza di qualche cosa la molla che fa nascere nuovi desideri che alimentano il fare creativo finalizzato alla loro realizzazione. Nella nostra epoca lo spazio creativo non si trova quasi più, si è trasformato in un vuoto da riempire, da colmare al più presto, con qualunque cosa: un consumismo iperfagico che non conosce sazietà e rappresenta, con estrema chiarezza, la metafora del pensiero bulimico e dell obesità. D altro canto l anoressica rappresenta l altro lato della medaglia, facendo di quel vuoto esistenziale l icona del suo essere; in esso si identifica, lo rappresenta svuotando il suo corpo fino allo stremo, assottigliandolo fino alla morte, facendolo diventare paradossalmente un pieno. Mitizzando così il suo corpo magro essa riflette l altro aspetto patologico della società contemporanea, il culto estremo dell immagine che 3

5 appiattisce ogni individualità e tutto trasforma in gadgets, in oggetti da esibire. Un altro spunto di riflessione nasce dal constatare chi sono i soggetti colpiti: prevalentemente soggetti femminili in giovane età. Dunque, i disturbi alimentari sono una malattia delle donne. Perche? La risposta più ovvia è che le donne sono diverse dagli uomini. Sono diverse perché differenti sono i valori culturali di riferimento: per la donna l immagine, la bellezza per l affermazione sociale contano più che per l uomo in cui invece prevale la dimostrazione del potere e della forza nell azione, e in un contesto come è quello attuale, il culto dell immagine impone regole molto rigide, come analizzato in precedenza. Sono diverse nel modo in cui concepiscono le relazioni con gli altri, in primis la relazione amorosa. Il mondo femminile è quello dell essere, del mettersi in gioco a tutto campo, con tutta se stessa o niente. La logica maschile è dominata dall avere, con più fatica si abbandonano alla relazione, forse mai del tutto, non sono disposti a rischiare oltremodo. Forse in queste fondamentali differenze troviamo le chiavi di lettura del manifestarsi di questi disturbi così invalidanti. Le donne individuano nel rapporto conflittuale con il cibo il mezzo elettivo per esprimere l angoscia della relazione; esso è, da sempre, un modo al femminile per esprimere il dolore psichico che deriva dai traumi di una relazione affettiva importante, tanto più amplificato dalle dinamiche sociali attuali. L eccessiva magrezza e l obesità sono due modi differenti di distruggere un sé corporeo che non riesce a specchiarsi in un sé interiore. (Cadonici 2005 ) La conclusione che ci viene spontaneo trarre da queste riflessioni è che i disturbi alimentari, dunque, non sono solo una malattia del corpo e 4

6 dell appetito, sono prima di tutto una malattia dell amore ed è forse da qui che bisogna partire per una riabilitazione a tutto campo della persona. Il desiderio di comprendere più a fondo le dinamiche di una patologia così devastante, ci ha portato ad intraprendere questa esperienza che seppur breve, ci ha consentito per un attimo di immedesimarci nella situazione e di elaborare dal di dentro un progetto di arteterapia che siamo convinte possa aprire una strada, una fra le tante, da percorrere insieme per aiutare queste persone a ritrovare la stella polare della propria esistenza; soprattutto per condurle alla scoperta di un cibo molto appetitoso i cui ingredienti base sono la creatività e le emozioni, con il quale nutrire la loro anima affamata e saziare, finalmente, quella terribile, incolmabile, straziante fame d amore. Se si ha davvero fame si mangia di tutto. Il semplice masticare e ingoiare qualcosa, anche se non nutre il corpo, nutre i sogni. E sognare del cibo è proprio come qualunque altro sogno: puoi nutrirtene finché non muori. [Savage 2008] 5

7 1.2 Breve descrizione dei contenuti della tesi Dopo aver introdotto le principali motivazioni che ci hanno ispirato nell affrontare lo studio in oggetto, nel secondo capitolo ci proponiamo di offrire al lettore un chiarimento sui vari aspetti che concorrono a definire i disturbi alimentari, soprattutto dal punto di vista sociale e culturale, per meglio comprendere le dinamiche con cui si manifestano e le difficoltà che i terapeuti devono affrontare per calarsi nelle maglie di una patologia estremamente complessa e non facilmente omologabile. Segue uno schema per l inquadramento clinico diagnostico e la descrizione degli approcci terapeutici più utilizzati con un approfondimento sul metodo cognitivo comportamentale definito da vari autori uno dei più efficaci nell ottenimento di risultati duraturi. Nel terzo capitolo abbiamo contestualizzato la ricerca nella Clinica Villa Maria Luigia, la struttura che ci ha ospitato per l esperienza di Project Work, descrivendo le fasi di accoglimento e cura che ricevono i pazienti in essa ricoverati. Ci siamo soffermate particolarmente nell analisi delle attività svolte nel Laboratorio Espressivo che ha costituito il nucleo principale attorno a cui si è svolta la nostra esperienza che per volere esplicito dello staff della clinica, è stata solo di osservazione e non di pratica diretta. A tale proposito, abbiamo ritenuto utile fare un approfondimento sul metodo dell Osservazione Partecipante inserendo anche una interessante digressione sulla Ricerca Qualitativa che ne costituisce il contesto di sviluppo. Il quarto capitolo illustra la nostra proposta progettuale che nasce dall osservazione e dalla discussione critica di quanto integrato in questo primo anno di corso e che, non potendo contare sulla verifica esperienziale, 6

8 viene consegnata ai nostri colleghi come tema aperto sul quale confrontarci e per il quale attendiamo suggerimenti. Ci auguriamo altresì che possa essere apprezzata dall équipe terapeutica di Villa Maria Luigia e considerata come un possibile progetto da approfondire e sviluppare insieme. 7

9 CAPITOLO 2 - IL CONTESTO DI RIFERIMENTO 2.1 Aspetti culturali, psicologici e sociali I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) rappresentano un campo di grossa complessità per i terapeuti in quanto non sono completamente note le cause scatenanti. Di certo non è mai una sola; una mescolanza di fattori individuali, sociali e famigliari favoriscono il formarsi di un humus problematico che a contatto con un particolare evento scatenante origina la patologia. L idealizzazione e il culto della magrezza sono uno degli indizi di maggior consistenza. La sua ascesa alla ribalta ha coinciso con il raggiungimento di una maggiore libertà politica e personale da parte della donna. Il corpo concepito snello e flessuoso, è sexy e desiderabile e si contrappone al corpo formoso, materno, passivo della donna-madre del passato. I nuovi valori di indipendenza e autonomia trovano nell ideale del corpo magro la loro massima espressione simbolica. A questo si accompagna il mutato ruolo sociale della donna che da persona tutta dedita alla casa e alla famiglia ha conquistato nuovi spazi per sé nel mondo del lavoro e nella società, senza tuttavia rinunciare al suo ruolo tradizionale. Questa chiamata a compiti così numerosi e importanti può causare la sensazione della perdita del controllo della propria vita per arginare il quale si intraprende molto spesso una dieta che consente di tenere sotto controllo la forma corporea, emblematico simbolo della riuscita e del successo, testimonianza tangibile e misurabile del proprio valore personale. La dieta è, dunque, una condizione necessaria ma non sufficiente a spiegare la diffusione di queste patologie. Sono disturbi insidiosi, sommersi, che prosperano nelle pieghe occulte della sofferenza, di una sofferenza che è soprattutto al femminile. I 8

10 dati statistici, infatti, confermano che solo una piccolissima percentuale di individui che soffre di DCA è maschile. È nell età dell adolescenza che prevalentemente compaiono questi disturbi, nel momento più delicato dell esistenza in cui il corpo e l individuo si preparano a compiere una grande trasformazione che non è solo fisica ma che coinvolge tutto il mondo interiore, la sfera degli affetti e delle relazioni con l Altro. È il momento in cui si inizia a sperimentare una nuova autonomia, un diverso e, se ben gestito, più adulto rapporto con il mondo; è l ingresso nel territorio della femminilità. Ci si confronta con la società e i modelli che essa propone (o talvolta impone ) relativamente all immagine di sé, all amore, al sesso. È in questa fase, in questa delicata operazione di creazione dei nuovi equilibri propri del diventare adulta che nascono i conflitti interiori: il non sentirsi adeguata, all altezza dei modelli dilaganti che coniugano la bellezza con la forma fisica, l essere magre con il rendersi attraenti, seducenti; non trovare il proprio spazio, la propria collocazione nel mondo. Ho cominciato a ingrassare a 13 anni. Non volevo accettare quella che era una normale metamorfosi dell età. Mi sentivo gonfia e la certezza che non avrei mai più smesso di lievitare mi creava una tale ansia che solo il cibo, paradossalmente, riusciva a colmare. Ero stata fino a poco prima una bambina normale e, tutt a un tratto, dovevo convivere con un corpo che non riconoscevo (F. De Clercq, 1994 ) È tanta la fragilità in questa tappa della vita ed è altrettanto facile rispondere con atteggiamenti di reazione e di sfida; per adeguarsi agli standards richiesti le ragazze iniziano la prima dieta e se il proposito si concretizza nel successo della perdita di chili si instaura una sensazione di benessere fisico e psicologico che subito migliora le prospettive relazionali con se stesse e gli altri. 9

11 Alcuni autori definiscono il periodo successivo ad una dieta riuscita luna di miele (Dalle Grave, 2007) intendendo con esso uno stato di euforia che compare a seguito di un periodo di restrizione alimentare, accompagnato sovente da una leggerezza fisica e da una lucidità mentale notevole. Questo meccanismo si autoalimenta: la restrizione alimentare migliora il tono dell umore e la propria autostima e difficilmente tale pratica viene abbandonata. L evoluzione normale, naturale, di questa fase consiste nel rendersi conto che, dopo una perdita di chili talvolta rapida e consistente, l organismo invia segnali di disagio che convincono la ragazza a desistere dal perseguire a oltranza la dieta, accontentandosi dell obiettivo in quel momento raggiunto e volgendo le proprie energie ad altre modalità di valorizzare se stessa. Nell ipotesi alternativa, distorta, la ragazza identifica il senso di benessere, magari intenso e smisurato, sperimentato durante la luna di miele come la soluzione ai propri disagi esistenziali. Incominciai con un digiuno totale ( ) dopo un mese ero dimagrita di dodici chili! Vedendo il mio corpo trasformarsi così velocemente ero presa da un esaltazione indescrivibile. Di colpo mi sentivo a mio agio, felice di vivere e piena di nuovi entusiasmi. Il mio umore era cambiato, per nessuna ragione pensavo di smettere quella che si stava rivelando la soluzione magica di ogni problema. Attraverso questa metamorfosi corporea riuscivo a modificare il mondo esterno (F. De Clercq, 1994) Ma il corpo, provato da questa restrizione inesorabile, affamato, reclama cibo; la mente ostinata persiste nel continuare la dieta ferrea: il conflitto esplode. La sensazione di vuoto nello stomaco aumenta progressivamente fino ad invadere ogni spazio, ogni momento della giornata; si trasforma in un vuoto esistenziale che chiede prepotentemente di essere riempito. Di fronte a questa guerra devastante le risposte sono di 10

12 due tipi. La ragazza reagisce di testa esercitando un controllo ossessivo dei pensieri inerenti il cibo, stroncando ogni richiesta del corpo, in una sorta di delirio narcisistico di onnipotenza controlla ogni bisogno, ogni esigenza fisica. La paura di ingrassare subentra al desiderio di dimagrire e diventa il fulcro del pensiero anoressico. La magrezza diventa la metafora della purezza, dell essenzialità, dell astensione dai bisogni. Snellire, assottigliare, limare ogni sporgenza, ogni forma del corpo fino ad annullarne la differenza sessuale, fino ad annullarne la sua concretezza: Volevo ridurre al minimo il mio corpo per non intralciare, per non trovarmi a invadere lo spazio altrui, per non farmi vedere, per dissolvermi lentamente. (testimonianza di una ragazza anoressica) L ipertrofia della volontà sostiene lo sforzo immane che l anoressica deve costantemente compiere per mantenere il controllo integrale, ascetico del proprio corpo. Ma quando è il corpo che prende il sopravvento reagendo con uno sforzo disperato al regime di negazione imposto, allora la diga anoressica si rompe e l onda bulimica invade e travolge ogni cosa; ogni volontà di resistenza è sopraffatta, ogni sforzo negato: la ragazza inizia a mangiare e continua fino allo sfinimento, per colmare una fame insaziabile, per soffocare quel grido di sofferenza che, non più trattenuto, erompe dentro il suo essere: "Mangia mangia mangia ": quante volte sono risuonate dentro la mia testa queste parole, quante volte mi hanno assicurato che era questione di volontà. Un giorno lo feci, mangiai: non mi sono più fermata! Solo dopo capii che la cosa era normale, visto che tutte le volte che mangiavo poi vomitavo. Quantità enormi di cibo, neanch'io riuscivo ad immaginare dove andasse tutta quella quantità di biscotti, di focacce, di pane, di dolci 11

13 ( ) alle volte era talmente forte e doloroso il desiderio di mangiare che mi sembrava di impazzire, potevo farmi male, e alle volte l'ho fatto (Testimonianze di ragazze anoressiche) È l esperienza dell abbuffata compulsiva che segue di frequente le crisi bulimiche. La sensazione predominante è quella di sprofondare in un abisso di vergogna per non aver saputo resistere, per avere ceduto il controllo; l immagine del sé ideale si è infranta sul muro del bisogno irrefrenabile di cibo. Per questo motivo spesso la bulimica cade in uno stato di grande depressione, di senso di colpa divorante sostenuto dalla propria fragilità e inadeguatezza. Non mangia per assaporare il gusto del cibo, ma è l atto del mangiare in sé che scatena una sorta di godimento delirante in cui qualunque cibo va bene, un miscuglio di sapori e di cose che viene ingoiato con grande rapidità, talvolta in uno stato di trance. All episodio dell abbuffata possono far seguito diverse reazioni. Quando clinicamente si parla di Bulimia Nervosa la ragazza utilizza delle tecniche di compenso per eliminare le calorie ingurgitate in eccesso: il più frequente è il vomito autoindotto, altre volte utilizza lassativi e diuretici. Il vomito diventa il compagno inseparabile che scandisce i ritmi della giornata; è compagno amico nel momento in cui consente di buttare fuori insieme al cibo anche tutte quelle emozioni dolorose, di rabbia che accompagnano o, si può meglio dire, scatenano le crisi. Ma il vomito è anche odiato poiché rappresenta tangibilmente il proprio fallimento, l infrangersi dei propri ideali di magrezza e perfezione così tanto inseguiti. È pensiero comune di vari autori che anoressia-bulimia siano in realtà fasi diverse di un unico disturbo, i due volti opposti della stessa 12

14 realtà. L una non mangia nulla, l altra mangia tutto; il rigore anoressico, essendo contrario alla vita, quasi sempre sfocia, prima o poi, nella voragine bulimica. In questi termini si può dire che la bulimia è una sorta di fallimento del progetto anoressico (Recalcati-Zuccardi Merli, 2006). Ne consegue un alternarsi vorticoso di episodi anoressici e bulimici che trascina la ragazza in una spirale di sofferenza in cui il comune denominatore è un senso di vuoto incolmabile. Parafrasando le parole di un amica psicologa e grande conoscitrice dell animo umano: l anoressica chiude la bocca, la bulimica non la chiude mai; esse rappresentano due modi differenti di distruggere un sé corporeo che non riesce a specchiarsi in un sé interiore. (P. Cadonici, 2005). Quando nel buio della disperazione di fa strada un piccolo lume di speranza, quando in quell isola di solitudine e di vuoto sulla quale la ragazza si è confinata appare l alba della consapevolezza di non riuscire più a vivere come lei avrebbe desiderato, quando la situazione diventa pesantemente insostenibile, è in quel momento che matura il desiderio di guarire, di ritrovare se non tutto almeno parte di ciò cui si è rinunciato. La strada della guarigione è molto faticosa, significa tornare a confrontarsi con la vita, essere a tu per tu con se stessi e con gli altri; significa rinunciare alla malattia e allo scudo protettivo che essa offriva. Vuol dire rimettersi in gioco affrontando la paura di perdere la propria identità distorta per acquistarne una nuova, autonoma, più libera. Vuol dire accettare la mancanza nella propria esistenza, nutrendola con la propria creatività e la voglia di sperimentare, non sostituendola con un vuoto che mai nessun cibo potrà riempire. 13

15 2.2 - Descrizione dei Disturbi del Comportamento Alimentare Di seguito riportiamo brevemente quali sono e che caratteristiche hanno i Disturbi del Comportamento Alimentare così come definiti dal DSM IV TR. ANORESSIA NERVOSA Fu descritta la prima volta nel 1964 dal dott.richard Norton. È un disturbo che porta ad avere un eccessiva preoccupazione per il peso corporeo al punto di volerlo mantenere al di sotto della soglia minima relativa all età e alla statura; una grande paura di ingrassare e una visione distorta delle proprie forme corporee. La prognosi è variabile, caratterizzata da un decorso spesso non lineare che può portare alla guarigione o vedere alternarsi episodi di ricadute e successive remissioni, fino alla morte. I criteri diagnostici sono 4 e precisamente: 1. Severa perdita di peso. Il dimagramento comporta un calo ponderale al di sotto dell 85% del peso standard accompagnato dal desiderio di rimanere sottopeso. 2. Paura di ingrassare. Paura intensa che si manifesta anche se si è sottopeso con la sensazione che il peso non smetterà di aumentare se ci si alimenta normalmente. 3. Disturbi nella percezione del peso e delle forme corporee. Le persone anoressiche sono insoddisfatte del proprio peso e del corpo, lo giudicano in modo abnorme e fanno dipendere da esso la propria autostima. La maggior parte non si rende conto della propria condizione sottopeso. 4. Amenorrea. La mancanza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi. 14

16 Attualmente si classificano due tipi di anoressia nervosa: - con restrizioni: sono le persone che non perdono mai il controllo restrittivo dell alimentazione e non ricorrono mai a sistemi di compenso - con abbuffate/condotte di eliminazione: periodicamente hanno crisi in cui si abbuffano o utilizzano sistemi di controllo del peso quali vomito, purganti, ecc. Di norma compare tra i 10 e i 30 anni d età, e sembra colpire circa il 3% delle persone comprese in questa fascia di età. Il 90-95% di esse appartiene al sesso femminile. È una patologia che riguarda prevalentemente il mondo occidentale; è rara nei paesi in via di sviluppo in cui non esiste la magrezza come valore sociale; è distribuita in modo omogeneo fra le diverse classi sociali; è egosintonica pertanto con difficoltà le persone colpite chiedono aiuto. Il termine anoressia ha radici etimologiche greche e significa mancanza di appetito. In realtà il cibo è un pensiero costante della ragazza anoressica ma ne viene negato il bisogno BULIMIA NERVOSA Compare negli anni Settanta, nel 1979 viene pubblicato un articolo dal Prof. Russell che la propone per la prima volta come variante dell Anoressia Nervosa. Colpisce circa l 1-3% della popolazione prevalentemente femminile nell adolescenza o nella prima età adulta. Come l anoressia anch essa prevale nel mondo occidentale ed è distribuita omogeneamente fra le classi sociali. La diagnosi di Bulimia Nervosa prevede la presenza contemporanea di 5 elementi: 15

17 1. Abbuffate ricorrenti. Sono caratterizzate dall assunzione in un tempo ristretto (circa 2 ore) di una quantità di cibo maggiore di quella la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e dalla sensazione della perdita di controllo sull atto del mangiare. 2. Comportamenti di compenso. Dopo le abbuffate vengono utilizzati mezzi compensatori per eliminare il cibo introdotto in eccesso. I più frequenti sono: il vomito auto indotto, i lassativi; altri: diuretici, enteroclismi, digiuno, attività fisica eccessiva. 3. Frequenza delle abbuffate e dei comportamenti di compenso. Devono verificarsi almeno 2 volte a settimana per almeno 3 mesi 4. Valutazione di sé indebitamente influenzata dal peso e dalla forma del corpo. Sono terrorizzate dalla possibilità di aumentare il peso e sono costantemente a dieta. 5. Il disturbo non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa. Il criterio discriminante è il peso corporeo: se è al di sopra dell 85% del peso ottimale si tratta di Bulimia Nervosa. La Bulimia Nervosa presenta due tipologie: - con condotte di eliminazione: vomito auto indotto, lassativi, diuretici. - senza condotte di eliminazione: i comportamenti di compenso sono il digiuno e l esercizio fisico eccessivo. BINGE EATING DISORDER È una nuova categoria di disturbi alimentari introdotta di recente per individuare quelle persone che presentano i sintomi della Bulimia Nervosa ma non adottano comportamenti di compenso dopo le abbuffate. In italiano 16

18 viene definita: Disturbo da Abbuffate Compulsive; colpisce più le donne che gli uomini; la sua prevalenza aumenta con il crescere del peso corporeo e compare di norma nella tarda adolescenza o all inizio dell età adulta. A differenza della Bulimia Nervosa è più difficile classificare le abbuffate in quanto, non avendo sistemi di compenso, risulta difficile definire quando essa ha termine. Inoltre si differenzia anche per l assenza di pensieri quali: dieta ferrea (non viene praticata), valore estremamente positivo attribuito alla magrezza. 2.3 Un modello di approccio terapeutico: la terapia cognitivocomportamentale Il trattamento dei DCA attualmente ha registrato molti risultati positivi, soprattutto per quanto riguarda la bulimia nervosa e il binge eating disorder. Resta ancora molto da fare nella cura dell anoressia nervosa in quanto gli esiti non sono ancora statisticamente confermati. Le strutture più accreditate tendono, tuttavia, a trattare il paziente non più con terapie che si basano su una singola teoria bensì si utilizzano diversi modelli terapeutici che offrono risposte appropriate nei confronti dei vari aspetti biologici, psicologici e sociali che sono gli elementi caratterizzanti di questi disturbi. La Clinica Villa Maria Luigia a Monticelli Terme in provincia di Parma offre questo tipo di aiuti. È una struttura ospedaliera privata cui il paziente arriva spesso con una storia già molto difficile alle spalle. Affronteremo nel capitolo successivo come avviene, nel dettaglio, l ingresso e la presa in carico della paziente. Di seguito daremo un cenno sugli aspetti teorici relativi al contesto di riferimento e le metodiche riabilitative utilizzate nella struttura. L approccio terapeutico che sottende l operato dell equipe di Villa Maria Luigia nel trattamento di questi disturbi è quello cognitivo- 17

19 comportamentale che nel corso degli ultimi decenni di studi si è rivelato essere quello che garantisce risultati più stabili nel tempo. In particolare si fa riferimento al modello elaborato dal professor Christopher Fairburn (Università di Oxford) alla fine degli anni 70. Il trattamento fa usi di tecniche che si ispirano a quelle utilizzate nell allora recente terapia cognitiva della depressione e nella terapia comportamentale per l obesità. Utilizzando questo modello, si è riscontrata una diminuzione notevole della abbuffate e delle azioni di compenso alla fine del trattamento; una minor preoccupazione per l aspetto corporeo e il peso; un aumento significativo dell autostima e della funzionalità sociale. Inoltre il follow up ha evidenziato risultati stabili fino a sei anni soprattutto per la bulimia nervosa. È una metodica che ben si adatta ad affrontare questi disturbi; di norma è accettata attivamente dalle pazienti, prevede un trattamento a breve-medio termine e può essere praticata anche senza ricovero ospedaliero. Dal punto di vista cognitivo offre gli strumenti adeguati per rispondere ai problemi cognitivi legati a questa patologia: la preoccupazione per la forma fisica e il peso corporeo, la scarsa autostima, il pensiero dicotomico del tutto-nulla, il perfezionismo. Dal punto di vista comportamentale offre spunti e tecniche per trasformare le abitudini alimentari distorte. Le fasi di intervento Il programma terapeutico è formulato per sradicare progressivamente il disturbo attuando una sequenza di interventi rigorosamente pianificata che prevede 3 fasi: 18

20 I FASE - Inizia con un programma volto a stabilire l alleanza terapeutica con la paziente, a valutare insieme le motivazioni che spingono al trattamento e a rafforzarle; - fornire una conoscenza di base delle relazioni tra sintomi e disturbo, valutare insieme le eventuali complicanze mediche; - ristabilire il controllo sull alimentazione da parte della paziente mediante automonitoraggio e pianificazione dei pasti; - creare il coinvolgimento con la famiglia II FASE - Per consolidare i passi ottenuti nella fase precedente si procede ad individuare i pensieri disfunzionali relativi al peso e alle forme del corpo e ad iniziare la loro trasformazione; - aumentare l autostima modificando lo schema di autovalutazione; - sviluppare le abilità di ristrutturazione cognitiva; - riconoscere e gestire le emozioni; - gestire le relazioni affettive. III FASE - Individuazione delle vulnerabilità e approntamento di idonee risposte per affrontare eventuali ricadute; - valutazione dei progressi fatti e progettazione del futuro Il programma riabilitativo adottato nella Clinica prevede la multidisciplinarietà, ossia la paziente è seguita da un équipe formata da figure professionali diverse ma coerenti nell impostazione terapeutica seguita, che collaborano e si integrano fra di loro per affrontare i diversi 19

21 aspetti del problema. Tali figure sono: medico, psicologo, dietista, tecnico della riabilitazione psichiatrica, psicomotricista. Il modello cognitivo-comportamentale ha fra i suoi assunti di base il concetto che il paziente elabora una sua propria rappresentazione della realtà ed a questa sono riconducibili tutte e le sue azioni e reazioni ed inoltre che eventi cognitivi, emotivi e comportamentali sono strettamente legati fra di loro e i diversi sistemi si influenzano reciprocamente. Nella fase di sviluppo e nel comportamento dell uomo giocano fattori ambientali e sociali; l uomo è quindi il prodotto, relativamente stabile, della relazione tra questi elementi; ma altresì la sua esistenza si svolge in relazione diacronica e costante con gli stessi. La modifica, trasformazione, eliminazione o conservazione di uno di questi fattori agisce inevitabilmente anche sugli altri; tale processo avviene tramite l apprendimento. È per questo che l intervento terapeutico si focalizza nel presente, nel qui e ora ove si hanno grosse probabilità di far attecchire un cambiamento stabile. Il ruolo delle emozioni Cosa muove il paziente a richiedere un intervento terapeutico? Spesso sono le emozioni negative e la sofferenza che raggiungono un limite intollerabile Si riconosce un malfunzionamento emozionale nei disturbi alimentari; nelle pazienti con DCA esse sono spesso tra gli eventi scatenanti le crisi; ad esempio, alla base di un abbuffata ci può essere il trasferimento di un emozione spiacevole sul bisogno di cibo: quest ultimo diventa il mezzo per diminuirne l intensità e renderla sopportabile. Le emozioni giocano un ruolo rilevante nella vita dell uomo, spesso sono il motore di 20

22 molti comportamenti; esercitano una forte influenza sulla ragione poiché ne accrescono o dominuiscono il potere decisionale. Secondo la teoria di Marsha Linehan si individua una delle cause dell incapacità di regolazione emotiva nell ambiente invalidante, vale a dire un contesto che dà risposte inappropriate, non accoglienti o imprevedibili alla comunicazione delle proprie esperienze emotive; un ambiente che non riconosce gli stati emotivi di sofferenza della persona. La ristrutturazione cognitiva Obiettivo della terapia cognitivo-comportamentale è favorire il processo di presa di coscienza dei meccanismi di pensiero disfunzionali del paziente, modificare i comportamenti e le emozioni che hanno creato il disagio e ristrutturare la sua attività cognitiva in generale. I caratteri cognitivi più evidenti nelle persone con DCA sono: - la valutazione negativa di sé, un livello di autostima estremamente basso che si manifesta nel non avere fiducia nelle proprie capacità personali, in una grande insicurezza nelle relazioni, nel sentirsi inadeguate; l identificazione del proprio valore con il peso corporeo. - la mancanza di autoconsapevolezza nel riconoscere ed esprimere le emozioni che si provano; la difficoltà ad ascoltare le sensazioni corporee che può condurre ad imporre un controllo rigido anche sui processi biologici naturali che pertanto acquisiscono un significato negativo: la fame, il cibo sono percezioni sbagliate anziché essere fonte di piacere e quindi sono disprezzate e ignorate. - perfezionismo estremo che condiziona ogni obiettivo da raggiungere e alimenta un senso di fallimento derivante dal non raggiungere gli standard elevati prefissati per ogni prestazione. 21

23 - pensiero dicotomico del tutto o nulla che viene esteso ad ogni ambito della vita. - impulsività che si manifesta con frequenza nelle persone bulimiche e si caratterizza per la perdita di controllo sui propri impulsi durante le abbuffate. La presa di coscienza di quali schemi, inconsci o automatici, hanno agito nel paziente per costruire la propria esperienza è una tappa fondamentale, propedeutica ad un cambiamento strutturale più radicato e, come sostenuto prima, nell ottica cognitiva è indispensabile che questo passo venga compiuto dal paziente in prima persona e non comunicato dal terapeuta. A tale scopo diverse sono le tecniche utilizzate, soprattutto diversi sono i linguaggi in funzione del canale conoscitivo più sensibile del paziente. Infatti, il legame che c è tra pensiero, emozione ed azione consente di individuare il percorso migliore e più diretto per raggiungere l obiettivo del cambiamento. Il metodo maieutico, utilizzato nei tempi antichi da Socrate per aiutare i suoi discepoli a partorire la verità, prevede che il terapeuta conduca il paziente nel tortuoso cammino della scoperta di sé e della propria verità interna attraverso l osservazione dei meccanismi inconsci che determinano l agire e l influenza che essi hanno sui comportamenti: una sorta di moviola atta a fermare l attenzione del paziente su fotogrammi di vita non consapevoli al fine di portarli alla luce ed integrarli nel sistema di conoscenza attuale ristrutturandone, se necessario, il significato. Un altra metodica efficace è il lavoro sulle emozioni. Si dà come assunto di base che esse rappresentino un sistema di conoscenza autonomo, con proprie modalità di manifestazione, interagente con il sistema cognitivo della mente e con un ruolo strategico nella spinta motivazionale dell individuo. Lo scopo è attivare la conoscenza emotiva del paziente 22

24 riproponendo nel qui e ora del setting terapeutico le sensazioni che fanno risuonare le corde emozionali fondamentali che caratterizzano il vissuto del paziente, calarsi totalmente in esse e, tramite la relazione empatica del terapeuta, focalizzarsi su quello che si prova cercando un modo, non necessariamente verbale, per esprimerlo. Una tecnica di grande efficacia è rappresentata proprio dalle arti terapie, strumento elettivo per lavorare sulle emozioni e sulla loro regolazione. 2.4 Altri modelli di intervento terapeutico La terapia interpersonale Nata anch essa come terapia breve per curare la depressione, è stata estesa negli ultimi anni al trattamento della bulimia nervosa. La sua finalità è di aiutare il paziente a risolvere i suoi problemi interpersonali mediante un trattamento non direttivo e non interpretativo articolato in tre fasi: analisi dei problemi interpersonali che caratterizzano la vita del paziente; focalizzazione su uno di essi per risolverlo e infine riflessione sui risultati ottenuti. Gli studi di controllo hanno evidenziato che, pur ottenendo buoni risultati, l efficacia di questo metodo è minore rispetto al modello precedente. Esso è pertanto indicato per quei pazienti che non accettano o non ottengono risultati con la terapia cognitivo-comportamentale. La terapia psicodinamica L approccio psicodinamico pone a fondamento della sua teoria l interpretazione dei sintomi dei DCA come manifestazioni d ansia derivante da conflitti profondi inconsci la cui risoluzione può avvenire mediante la presa di coscienza della loro esistenza. Con un lungo lavoro di 23

25 analisi si cerca di riportarli alla luce; la relazione col terapeuta, che ha un ruolo di ascolto, comprensione e interpretazione, rispecchia quella avuta dal paziente con i genitori e questo permette di lavorare sulle sue capacità relazionali. I sintomi del disturbo alimentare sono interpretati come simboli di problematiche esistenziali, di dipendenza o di negazione delle figure affettive di riferimento. È un trattamento piuttosto lungo, del quale non si hanno a disposizione studi che attestino con sufficiente certezza l esito positivo nel trattamento dei DCA. È consigliato preferibilmente in associazione con altri trattamenti comportamentali. La terapia famigliare È indicata soprattutto nelle paziente anoressiche di età inferiore ai 18 anni oppure in pazienti più adulti in abbinamento alla terapia individuale quando i conflitti famigliari rappresentano un nodo problematico fondamentale. Secondo questa impostazione, infatti, i DCA riflettono dinamiche relazionali distorte all interno della famiglia; in alcune pazienti, ad esempio, può costituire lo strumento per distogliere l attenzione della famiglia da altri conflitti interni o legati all autonomia e all indipendenza. I risultati documentano che questa terapia funziona al meglio nelle forme di anoressia nervosa lievi o in abbinamento con altri metodi. Talvolta si preferisce usare, in alternativa, gruppi di sostegno psicoeducazionale rivolti ai genitori per informarli e per coinvolgerli attivamente nella risoluzione dei problemi. L intervento psicoeducativo e gruppi di auto-aiuto Nelle forme meno gravi si sono ottenuti buoni risultati attivando dei gruppi finalizzati a fornire informazioni rivolte ad eliminare convinzioni erronee che le pazienti affette da DCA possedevano. La miglior conoscenza 24

26 ha consentito di produrre cambiamenti significativi dei comportamenti alimentari disfunzionali. I gruppi di auto-aiuto possono essere utilizzati dalle pazienti da sole oppure assistiti da un professionista medico o psicologo. Sono manuali di provata sperimentazione che contengono, oltre ad una parte informativa, prescrizioni e programmi da seguire rigorosamente per intraprendere in modo graduale un percorso di auto guarigione. È un metodo rivolto a persone sinceramente motivate, che non vogliono prendere in considerazione un aiuto esterno. I risultati dimostrano una buona percentuale di esiti positivi fra coloro che li hanno utilizzati. Fra gli antesignani ricordiamo i manuali del Professor C. Fairbourn e del Dott. P. J. Cooper. 25

27 Capitolo 3. Il percorso terapeutico 3.1 Le diverse fasi della Riabilitazione clinica I pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare accedono alla Clinica Villa Maria Luigia di Monticelli Terme su invio del medico di base, oppure su pressione della famiglia, o, seppur raramente, in modo autonomo. Il programma di cura offerto dalla Clinica prevede di norma 90 giorni di ricovero e 60 di Day Hospital e, nei casi meno gravi, due mesi in regime di Day Hospital. Il programma personalizzato di presa in carico e di intervento multidisciplinare, èpreceduto da una serie di incontri con i/le pazienti, al fine di operare un analisi della domanda ed un attento inquadramento diagnostico dei DCA. Tali incontri sono strutturati in tre fasi: 1. Visita medica generale, che ha l obiettivo di monitorare le condizioni fisiche del soggetto con DCA, spesso accompagnate da varie complicanze organiche a carico degli organi fondamentali. Tale fase, comprende la valutazione dei parametri biomedici(peso, altezza, BMI, pressione arteriosa, frequenza cardiaca),esami ematochimici di laboratorio per accertare eventuali condizioni mediche di urgenza, elettrocardiogramma, consulenza della dietista ed eventualmente visita endocrinologica, cardiologica o ginecologica. 26

28 2. Assessment psichiatrico, che ha lo scopo di raccogliere ogni tipo di informazione sulla vita della paziente che possa essere utile per l inquadramento del caso. L assessment si articola su tre diversi livelli: Anamnesi generale psichiatrica, volta ad indagare l anamnesi familiare e personale del soggetto, il suo temperamento e carattere, l eventuale compresenza di patologie psichiatriche, il livello di insight utile ai fini della motivazione al trattamento, i trattamenti farmacologici o psichiatrici pregressi; Formulazione della diagnosi psichiatrica di DCA (Anoressia, Bulimia o Binge Eating Disorder); Valutazione della motivazione al trattamento e della situazione biopsicosociale del soggetto. 3. Valutazione psicometrica, allo scopo di indagare eventuali aspetti psicologici o psicopatologici associati al DCA che possano ostacolare il percorso terapeutico. Al termine dei colloqui sopra descritti, l équipe multidisciplinare costituita da medici psichiatri ed internisti, dietiste, psicologi psicoterapeuti, infermieri professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e psicomotricista, si riunisce per valutare l analisi dei bisogni e decidere la presa in carico, proponendo al/alla paziente la sottoscrizione di un contratto terapeutico che ha l obiettivo di strutturare la relazione terapeutica in un lavoro di alleanza in un clima di fiducia. Nel contratto vengono esplicitati sia il percorso proposto, che le regole di comportamento basilari da seguire all interno del processo di cura, 27

29 inclusa la partecipazione obbligatoria alle varie attività del programma riabilitativo. A questo punto i/le pazienti sono divise in tre gruppi, coordinati da un medico e da uno psicologo di riferimento e partecipano ad una visita ed a una round table con cadenza settimanale, per la condivisione del percorso ed il follow up dei risultati raggiunti. Il percorso ospedaliero prevede tre livelli di riabilitazione: 1. Riabilitazione psiconutrizionale: volta ad ottenere il recupero ponderale con un programma riabilitativo che aiuti la/il paziente ad assumere naturalmente il cibo. Se questo risulta impossibile, si interviene con una alimentazione meccanica (enterale o parenterale), in cui il cibo viene somministrato al paziente in qualità di medicina, favorendone al contempo il recupero funzionale. La riabilitazione psiconutrizionale si prefigge lo scopo di interrompere i principali fattori di mantenimento del disturbo attraverso una efficace psicoterapia, che affronti gradualmente i conflitti che lo sostengono e che intervenga a gestire gli inevitabili momenti di crisi. 2. Intervento psicoeducazionale, volto a sensibilizzare ed educare progressivamente i/le pazienti sui seguenti temi: - Significato dei DCA ed i problemi psicologici che li alimentano; - Le complicanze fisiche conseguenti al perdurare della patologia; - I mezzi di compenso ed i rischi ad essi legati; 28

30 - Le tecniche di auto-aiuto per mantenere la motivazione al cambiamento attraverso lo scambio emozionale con gli altri pazienti e la compilazione di un diario alimentare; - Educazione sessuale. 3. Trattamento motivazionale individuale e di gruppo: per aumentare la motivazione dei pazienti al percorso di cura, riducendo l importanza attribuita al peso ed all aspetto fisico per giudicare se stessi e migliorando al contempo il concetto di Sé e le relazioni interpersonali e familiari disturbate. Nei colloqui motivazionali il terapeuta attua un ascolto riflessivo per aumentare l insight del paziente, rotolandosi e facendo judo psicologico (per usare termini in gergo) con la sua resistenza al cambiamento, suggerendogli sempre nuove prospettive, ma senza imporle e coinvolgendolo direttamente nella risoluzione dei problemi. Contemporaneamente, lo psicoterapeuta aiuta il paziente ad alimentare la propria percezione di autoefficacia (self-efficacy), aumentando il senso di responsabilità personale nel processo di guarigione. Durante il percorso terapeutico, l équipe ricerca le strategie più efficaci per la gestione dei sintomi, la cui eliminazione non dipende unicamente dalla forza di volontà manifestata individualmente, ma soprattutto dalla acquisizione di specifiche abilità (squills), comportamentali e cognitive. 29

31 Tra le varie strategie utilizzate dall équipe di Villa Maria Luigia per la gestione dei sintomi, citiamo: Tecnica del decentramento dai pensieri rivolti al cibo, imputandoli ad eventi mentali collegati al disturbo. Tecnica del distanziamento dei comportamenti dai pensieri, per imparare a riconoscere le ideazioni devianti suggerite dalla malattia e a non seguirle. Diario emotivo, strumento utile per favorire il cambiamento attraverso l acquisizione della consapevolezza del legame esistente tra situazioni, emozioni, sensazioni corporee, pensieri e comportamenti. Gestione di situazioni ad alto rischio prevedibili, attraverso tecniche di evitamento del rischio o di attivazione di risposte di coping programmate. Attività di auto-nutrimento volte a sostituire i comportamenti disfunzionali di controllo ossessivo del peso, con altri più piacevoli, che siano in grado di migliorare il tono dell umore, aumentare la motivazione e diminuire il rischio di perdita di controllo. Si parte dal presupposto che per saziare la fame malata occorra anzitutto nutrire il proprio Sé. Le attività di auto-nutrimento permettono dunque di sperimentare un atteggiamento auto-confortante e di sostegno nei confronti di se stessi. Le principali attività di autonutrimento del Sé delle/dei pazienti programmate all interno della Clinica, avvengono prevalentemente in gruppo e sono gestite dai tecnici della riabilitazione psichiatrica e dalla psicomotricista. 30

32 Tali attività si svolgono soprattutto dopo i pasti, dal lunedì al venerdì, e si prefiggono il raggiungimento dei seguenti obiettivi: 1. distrazione dalle sensazioni corporee spiacevoli postprandiali; 2. riduzione del perfezionismo e dell ossessività; 3. socializzazione; 4. riconoscimento di attività piacevoli; 5. miglioramento dell autostima. Le attività previste all interno del processo di cura sono: 1. Rilassamento ed attività corporea, con incontri settimanali di psicomotricità, che permette una integrazione armonica tra capacità cognitive, emotive, intellettive e motorie del paziente,consentendogli di sperimentarsi nella propria globalità. Gli obiettivi di tale intervento sono: - permettere l interiorizzazione dell immagine fisica e la conoscenza del Sé corporeo; - percepire il proprio corpo come strumento di piacere; - permettere di alimentare la fiducia in se stessi e negli altri, grazie all accettazione del proprio corpo ed al suo ascolto profondo; - ridurre la somatizzazione dell ansia; - gestire l iperattività. 2. Sviluppo delle abilità sociali e regolazione delle emozioni per migliorare la capacità di relazione con sé e con l altro. 31

33 Tali sedute sono condotte dai tecnici della riabilitazione psichiatrica. La gestione delle emozioni viene promossa attraverso un programma di Skill Training che prevede la sperimentazione di quattro abilità: - abilità di mindfulness, ossia aumento della consapevolezza di sé - abilità di efficacia interpersonale - abilità di regolazione emozionale per imparare a riconoscere, identificare e poi ridurre le emozioni negative e la sofferenza a loro legata. - abilità di tolleranza della sofferenza mentale o dell angoscia, per accettare se stessi e le situazioni problematiche nelle quali il paziente si dibatte,in modo non giudicante. 3. Laboratori di espressività grafico-pittorica, condotti dal tecnico di riabilitazione psichiatrica, in staff con la psicologa di reparto e con la supervisione dell équipe medica. Tali laboratori di gruppo vengono proposti obbligatoriamente con sedute bisettimanali di un ora, a tutti i pazienti DCA ricoverati in Clinica o in regime di Day Hospital. L obiettivo di tali sedute di attività espressiva è di aiutare i pazienti ad esprimere, riconoscere, trasformare ed infine accettare le proprie emozioni ed i propri vissuti, riducendo il perfezionismo ossessivo tipico della patologia AN. L équipe della Clinica valorizza moltissimo le attività di gruppo post-prandiali, che consentono di distrarre l attenzione dal pensiero fisso del cibo, impedendo la messa in atto di meccanismi di compenso, quali vomito e iperattività, o di atti autolesionistici. 32

34 La produzione artistica migliora inoltre l autostima e promuove la conoscenza di sé, aumentando nel contempo la capacità di socializzare e di riconoscere le proprie emozioni anche negli altri partecipanti. Tali attività distolgono l attenzione ossessiva su di sè, a favore del riconoscimento delle esigenze e degli spazi altrui. Gli elaborati prodotti nel corso di tali laboratori espressivi vengono conservati dal tecnico di riabilitazione psichiatrica, che li mostra successivamente ai colleghi di équipe o in occasione delle round table alla presenza dei pazienti ed in tutti i casi in cui siano eventualmente emersi spunti considerati interessanti da approfondire o da segnalare. Si parte dal presupposto che un solo disegno non possa essere significativo in sé e per sé per valutare le tappe raggiunte, ma sempre in rapporto con i suoi potenziali trasformativi espressi nel corso dell esperienza. Pertanto, si ritiene che solo l analisi del percorso complessivo possa offrire spunti di crescita per il paziente. Èper questo che la restituzione dei vissuti degli elaborati viene prevalentemente proposta al termine del percorso terapeutico dei cinque mesi, nel momento delle dimissioni dalla Clinica. Solo saltuariamente e laddove il tempo a disposizione sia giudicato idoneo, si promuove la restituzione in ambito gruppale al termine della singola attività; di norma, si preferisce tuttavia il colloquio individuale con il paziente od eventualmente si propone l esternazione dei propri vissuti emotivi attraverso una piccola elaborazione scritta su foglietti di carta da allegare alla produzione artistica. 33

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