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3 Secondo una prima, favorita da chi si riconosce nella tesi dello stato sociale come stato dei trasferimenti il consumatore dei servizi di welfare è un mero utente degli stessi e pertanto un soggetto la cui unica reale opzione di scelta è quella della protesta, ovvero della voce nel senso di A. Hirschman. Una seconda posizione, di matrice liberal-individualista, è quella del consumatore come cliente: questi è un soggetto che, dotato di potere d acquisto, ha sempre ragione e ciò nel senso che, almeno in un certo ambito, esercita una vera e propria sovranità, dalla quale discende la sua possibilità di impiego dell opzione uscita. Infine, c è la posizione, di derivazione dalla teoria dei diritti, che pensa al consumatore come cittadino, il quale non si limita a consumare i servizi che preferisce, e che altri hanno deciso diprodurre, ma pretende di concorrere a definire congiuntamente con i vari soggetti di offerta, lecaratteristiche qualitative di quello di cui ha bisogno. ale%20economia%20civile.pdf 1) Gli artigiani sono orgogliosi soprattutto delle abilità che maturano. Ecco perché la semplice imitazione non procura una soddisfazione durevole: la bravura deve evolvere. Il tempo lento del lavoro artigiano è una fonte di soddisfazione, perché consente alla tecnica di penetrare e radicarsi, di diventare un abilità personale. E la lentezza favorisce le attività della riflessione e dell immaginazione, impossibili sotto la pressione per ottenere risultati veloci. Maturo significa a lungo termini; ci si assicura una padronanza durevole di quella certa abilità. Richard Sennet, [2008] L uomo artigiano Feltrinelli 3

4 È noto quale sia la storia e l evoluzione della Cooperazione Sociale in Italia e nella nostra Regione. Come dai tre ceppi, quello del lavoro, quello di utenza e quello, propriamente di solidarietà sociale (proveniente da processi di strutturazione del volontariato e dell associazionismo) vi sia stata una naturale evoluzione nell attuale forma che vede prevalere la cooperazione di lavoro. Questo mix di radici diverse ha prodotto comunque un soggetto di grande importanza e di grande rilevanza economica e sociale. e_sociale/terzaconfregionale/relazione_devinco.pdf 4

5 Che cos'è una fondazione? Inbase alla definizione coniata dall'european Foundation Centre di Bruxelles, una fondazione è un ente privato senza finalità di lucro con una propria sorgente di reddito che deriva normalmente - anzi, in Italia, necessariamente - da un PATRIMONIO. Questo ente, dotato di una propria ORGANIZZAZIONE e di propri ORGANI DI GOVERNO, usa le proprie risorse finanziarie per scopi educativi, culturali, religiosi, sociali o altri SCOPI DI PUBBLICA UTILITA', sia sostenendo persone ed enti (fondazione di erogazione), sia organizzando e gestendo direttamente i suoi programmi (fondazione operativa). Una fondazione è costituita da un fondatore - anche più persone congiutamente ovvero una persona giuridica - tramite un atto pubblico o una disposizione testamentaria; la COSTITUZIONE dell'ente deve essere sancita da un notaio tramite l'atto di fondazione, mentre per poter operare necessita di un RICONOSCIMENTO GIURIDICO che sottopone tutti gli atti della fondazione al controllo di legittimità di un'apposita autorità vigilante (art. 12 e seguenti del Codice Civile). Le principali norme organizzative per il corretto funzionamento dell'ente sono raccolte nello STATUTO, che costituisce parte integrante dell'atto di fondazione. Questa definizione, formulata dall'european Foundation Centre di Bruxelles, mette in luce i caratteri peculiari di una fondazione: - è un ente dotato di reddito, cioè è l'unione di organizzazione e finanza, di lavoro e capitale, di persone e denaro; - è un ente autonomo amministrativamente (è dotato di propri organi decisionali), finanziariamente (ha un proprio reddito) e giuridicamente (ha la PERSONALITA' GIURIDICA); - è un ente perpetuo orientato al perseguimento di uno scopo di pubblica utilità, che può avvenire sia direttamente (FONDAZIONE OPERATIVA) che indirettamente (FONDAZIONE DI EROGAZIONE). 5

6 Opere pie, IPAB, vuol dire, ora, soprattutto, istituto di ricovero; la perpetuazione di una delega della società a pochi «addetti ai lavori», perché gestiscano nel modo più indolore possibile (e, senza turbare la «pace sociale») i problemi della fascia più debole di popolazione: bambini in difficoltà, handicappati, anziani... Un intervento tradizionale: il ricovero in istituto, che si traduce in una realtà amara e drammatica per migliaia di persone: lo sradicamento dal proprio, abituale, contesto di vita, l'allontanamento in una struttura chiusa; l'emarginazione sociale (1). Le IPAB, unitamente agli istituti privati di assistenza, gestiscono oggi otto posti-letto su dieci nei ricoveri. Centoquattordicimila assistiti; trentacinquemila operatori (dei quali solo uno su cinque è rappresentato da religiosi); patrimoni per almeno ventimila miliardi, non sempre e non tutti utilizzati direttamente in attività strettamente assistenziali (2). Nella relazione allegata al progetto di legge presentato al Senato nel dicembre 1889 (5), Crispi fa riferimento ai risultati della commissione reale e annota il «disordine che si fece strada nella amministrazione delle Opere pie e che la legge era impotente a frenare», «gli abusi troppo frequenti per i quali la legge non dava né una efficace prevenzione né i mezzi di una giusta riparazione», le «rendite colossali che sispendevano senza una vera, pratica utilità per la popolazione sofferente». Alla fine del 1880, le Opere pie censite dalla commissione reale sono (9). Le più numerose sono le Opere pie elimosiniere (4109), le Opere pie di culto e beneficenza (3533), gli istituti di dotazione (2986), le congregazioni di carità (2022), le istituzioni di culto (2420), le Opere pie per cure a domicilio (2021) (10), gli ospedali (1222), gli orfanotrofi e collegi (907), gli asili infantili (778), i sussidi per istruzione (500), le scuole elementari e superiori (271), i manicomi (16), oltre adopere pie con compiti in altri settori. La statistica «non comprende le istituzioni di beneficenza che sono mantenute unicamente dalla carità privata», mediante elargizioni temporanee, né tutti i manicomi, né tutti gli asili infantili 6

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8 Il 97% degli enti ha optato per la trasformazione in persone giuridiche di diritto privato. La forma giuridica maggiormente scelta è stata quella delle Fondazioni che rappresenta il 90% del totale degli enti trasformati. Nell ambito di questa fattispecie il 56% è costituito da Fondazioni, il 33% da Fondazioni Onlus e l 1% da Fondazioni di Partecipazione. Le Associazioni costituiscono complessivamente il 7% del totale degli enti trasformati. Tra queste il 6% è costituito da Associazioni e l 1% da Associazioni Onlus. 8

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10 Art. 4. Compiti dei centri di servizio. 1. I centri di servizio hanno lo scopo di sostenere e qualificare l attività di volontariato. A tal fine erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni di volontariato iscritte e non iscritte nei registri regionali. In particolare, fra l altro: a) approntano strumenti e iniziative per la crescita della cultura della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato e il rafforzamento di quelle esistenti; b) offrono consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti per la progettazione, l avvio e la realizzazione di specifiche attività; c) assumono iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti ad organizzazioni divolontariato; d) offrono informazioni, notizie, documentazione e dati sulle attività di volontariato locale e nazionale. Decreto del Ministero del Tesoro 8 ottobre 1997 Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni. 10

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