Diritti e giustizia dall Unità d Italia alla Seconda guerra mondiale
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- Silvano Franchi
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1 Diritti e giustizia dall Unità d Italia alla Seconda guerra mondiale Lo Stato italiano ha una storia di 157 anni. Il Regno d Italia nasce nel 1861 per l effetto combinato di una favorevole congiuntura nelle relazioni europee, della spinta espansionistica del Regno di Sardegna, della debolezza politica dei governi degli altri piccoli stati italiani e della volontà innovatrice dei movimenti liberali, democratici e nazionali presenti nei diversi centri della penisola italiana
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3 La storia d Italia si può dividere In tre periodi: 1. L Italia liberale ( ) 2. La dittatura fascista ( ) 3. La Repubblica italiana democratica (1946-)
4 L Italia liberale: Il conte di Cavour
5 L Italia liberale: Giovanni Giolitti, per 5 volte presidente del consiglio fra il 1892 e il 1921
6 La dittatura fascista
7 2giugno 1946: L Italia democratica
8 La classe dirigente dell Italia liberale era costituita da grandi proprietari terrieri, banchieri, pochi grandi industriali. Obiettivo di quegli uomini era mantenere unito e indipendente il nuovo Regno d Italia, risanarne le finanze che si trovavano in condizioni assai difficili, tenere sotto controllo i ceti popolari, formati soprattutto da contadini, artigiani e ancora pochi operai, di cui diffidavano e, sul piano politico, reprimere socialisti, anarchici e clericali, definiti sovversivi. La grande massa degli italiani, dopo l unificazione, era costituita da contadini poveri, molti erano gli analfabeti, che nelle regioni meridionali costituivano il 70-80% della popolazione. Lo Stato nato nel 1861 era uno stato di diritto e uno stato costituzionale. Le leggi e la costituzione (che allora si chiamava Statuto del Regno) erano quelle della Stato piemontese, cioè del Regno di Sardegna, che era stato protagonista dell unificazione nazionale. Dunque, una classe dirigente molto ristretta, con una visione centralistica, preoccupata dei pericoli esterni e delle spinte centrifughe interne, oltre che dei gravi problemi delle finanze pubbliche, si dedicò poco alla cura dei diritti individuali e di creare una maggiore equità sociale.
9 IL DIRITTO DI VOTO 1848: la legge elettorale emanata da Carlo Alberto per il Regno di Sardegna e modificata in modo marginale nel 1859, garantiva il diritto di voto esclusivamente agli uomini con più di 25 anni d età, che sapessero leggere e scrivere e che pagassero 40 lire di imposta diretta. Al voto erano ammessi, anche non pagando l imposta stabilita, i cittadini che rientravano in determinate categorie: magistrati, professori, ufficiali. Nel 1871, in Italia, su una popolazione di 25 milioni, gli elettori iscritti erano 530 mila, cioè l 1,98%. Erano esclusi dal voto nelle campagne tutti i giornalieri e quasi tutti i piccoli proprietari, mezzadri e fittavoli, e nelle città tutti gli operai, quasi tutti gli artigiani e lo strato inferiore delle classi intellettuali.
10 1882: La sinistra salita al potere nel 1876 estese il diritto di voto ai cittadini che avessero compiuto 21 anni o che avessero superato con buon esito i primi due anni della scuola elementare. Alle elezioni del 1886 gli elettori per censo furono (25, 56% sul totale degli aventi diritto al voto) mentre gli elettori per capacità furono (74,44%). Il corpo elettorale arrivò al 9,8%, ma dato il dislivello di analfabetismo tra Nord e Sud, nel 1890 gli elettori erano 10,4% della popolazione dell Italia settentrionale, l 8,2 dell Italia centrale, il 7,7 dell Italia meridionale e il 7,6 delle isole. Rimasero escluse nel nord e nel centro Italia vaste zone della popolazione artigiana, operaia e rurale, ancora analfabete, e nell Italia meridionale la quasi totalità dell artigianato, dei piccoli coltivatori e del proletariato rurale. Crebbe l influenza politica delle città, meglio provviste di scuole elementari in confronto a quella delle campagne. Crebbe il peso del Nord alfabeta rispetto al Sud analfabeta.
11 1912: fu introdotto il suffragio universale maschile. L elettorato attivo fu esteso a tutti i cittadini maschi di età superiore ai 30 anni senza alcun requisito di censo né di istruzione, restando ferme per i maggiorenni di età inferiore ai 30 anni le condizioni di censo o di prestazione del servizio militare o il possesso di titoli di studio già richiesti in precedenza. Il corpo elettorale costituiva il 23,2% della popolazione. Questa legge rimase in vigore solo per una legislatura e fu sostituita nel 1919, in un contesto profondamente mutato e provato dalla prima guerra mondiale. L indennità parlamentare Un importante novità introdotta dal Testo unico del 1913 è costituita dalle indennità parlamentari, vale a dire di un compenso economico legato all attività di deputato. L introduzione delle indennità favorì l allargamento dell elettorato passivo, poiché consentì anche a coloro che facevano parte dei ceti meno abbienti di candidarsi alle elezioni. Fino a quel momento, infatti, l esercizio dell attività parlamentare era gratuito, così da restringere le candidature al Parlamento solo a coloro che potevano contare su altri tipi di rendita: di fatto, agli esponenti delle classi sociali più ricche
12 Una svolta importante si ebbe con la legge n. 1985/1918, con la quale furono ammessi al voto: tutti cittadini maschi di età superiore ai 21 anni; i cittadini di età superiore ai 18 che avessero prestato il servizio militare durante la Prima Guerra mondiale
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14 1924. Il Fascismo al potere modificò il sistema elettorale con la cosiddetta Legge Acerbo, dal nome del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giacomo Acerbo Il sistema delineato dal disegno di legge Acerbo andava a modificare il sistema proporzionale in vigore dal 1919, integrandolo con un premio di maggioranza pari ai 2/3 dei seggi, a beneficio del partito più votato qualora questo avesse superato il quorum del 25%. La legge permise al partito nazionale fascista e ai suoi alleati nella cosiddetta «Lista nazionale» di avere il pieno controllo della Camera dei Deputati. Nelle due elezioni successive (1929 e 1934), la dittatura fascista cancellò, di fatto il principio della libera elezione dei rappresentanti da parte del popolo, imponendo un voto plebiscitario su liste di candidati presentate dal governo.
15 Elezioni del Roma, Palazzo Braschi, sede della Federazione fascista
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