Direzione Sanitaria Aziendale FONDAZIONE IRCCS POLICLINICO SAN MATTEO

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1 PERCORSO DIAGNOSTICO TERAPEUTICO PER IL PAZIENTE ONCOLOGICO IN STADIO AVANZATO CON SINTOMATOLOGIA DOLOROSA CRITICA CHE ACCEDE ALLA MACROATTIVITA DI CURE PALLIATIVE PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 1/46

2 1 BACKGROUND E RAZIONALE In Italia l'incidenza dei tumori e' in drammatica crescita, tanto che da una ricerca condotta dall Istituto Scientifico per la Prevenzione Oncologica della Regione Toscana, presentata nel Giugno del 2006, si stima che un uomo su tre e una donna su quattro svilupperanno una patologia oncologica nel corso della vita. Usando le informazioni ricavate dai Registri Tumori attivi sul territorio nazionale, si può stimare che nel nostro paese siano diagnosticati circa nuovi casi di tumore per anno. Si stima inoltre che l'incidenza media annuale, standardizzata per età, per tutti i tumori (esclusi i tumori non melanomatosi della pelle), e per tutte le età, è pari a 463,7 casi/ negli uomini e a 371,9 casi/ nelle donne con un forte gradiente geografico nord-sud, essendosi registrati tassi di incidenza di circa 1,7-1,6 volte più alti negli uomini e nelle donne del nord rispetto al meridione. Per quanto riguarda la mortalità, in Italia, ogni anno muoiono circa persone: di queste morti, circa (44%) sono dovute alle malattie cardiovascolari e circa (27%) ai tumori. I risultati ottenuti in Oncologia negli ultimi anni, con i progressi conseguiti nella diagnosi precoce e nelle terapia antineoplastiche integrate, hanno consentito un incremento della sopravvivenza per quasi tutte le neoplasie. All incremento quantitativo della sopravvivenza è necessario si accompagni però uno sforzo sostanziale per il miglioramento della qualità di vita dei pazienti portatori di patologia oncologica. Alla luce di quanto sopra riportato, è diventata urgente la necessità di creare Centri che si prendano cura di questa tipologia di pazienti in tutte le fasi della malattia (dall esordio fino alla fase terminale). I sofferenti di tumore in fase avanzata (con metastasi) e avanzatissima (i cosiddetti malati terminali) necessitano di assistenza continuativa per periodi di tempo molto variabile da caso a caso, mediamente dai 3 ai 24 mesi. Arrivati ad una certa fase della malattia, quando sopraggiungono limitazioni fisiche sempre PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 2/46

3 più importanti e tali da rendere difficoltoso anche il recarsi presso una struttura ambulatoriale, l unica alternativa è il ricovero in strutture assistenziali dedicate in grado di coprire in modo completo le necessità cliniche e sociali dei sofferenti e delle loro famiglie (coinvolte fortemente nella vicenda del congiunto e costrette a subire i condizionamenti che la malattia comporta), evitando l abbandono in termini di assistenza specialistica (rivolta specificamente ad alcuni aspetti della malattia: dolore, dispnea, anoressia ). I reparti di Cure Palliative nascono proprio sulla scorta di questo bisogno ed erogano le terapie rivolte al trattamento dei sintomi e delle problematiche psicosociali ed assistenziali dei pazienti, con un approccio di tipo globale, volendo soprattutto prendersi cura e non solo curare il malato. I Centri di Cure Palliative sono una struttura socio-sanitaria che risponde ai bisogni specifici dei pazienti non guaribili provvedendo in particolare al supporto fisico ed emozionale non solo dei pazienti stessi, ma anche dei loro familiari. Empatia e alleanza medico-paziente-famiglia sono i fondamenti delle Cure Palliative. Si tratta in genere di piccoli reparti di degenza dove i famigliari possono stare per il tempo che desiderano, senza alcuna limitazione di orari né di altro genere. La filosofia delle Cure Palliative è infatti quella di consentire ai pazienti di poter restare il più possibile accanto ai propri parenti ed amici, in un ambiente comunque familiare e meno spersonalizzante di quello dell Ospedale tradizionale, garantendo comunque una continua assistenza medico-infermieristica. In particolare il ruolo di questi Centri di Cura Palliativa è quello di provvedere al supporto medico, prevalentemente volto a controllare i sintomi rilevanti dei pazienti, così da migliorare la loro qualità di vita e da andar incontro ai bisogni sociali, emozionali e spirituali di ciascun paziente e della rispettiva famiglia. Centri di Cura Palliativa sono nati storicamente agli inizi degli anni Sessanta, sviluppandosi dapprima in Gran Bretagna (nel 1967 fu fondato, per iniziativa di Cecily Saunders, il St. Christopher Hospice di Londra), poi negli Stati Uniti, in Australia quindi in altre parti del mondo con un modello assistenziale di tipo ospedaliero, con medici e infermieri disponibili in PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 3/46

4 qualunque momento a rispondere alle richieste d aiuto, realizzando quella continuità terapeutico-assistenziale così tanto auspicata e reclamata dai pazienti e dai loro famigliari. Alla base di questi progetti c è la volontà di dare ascolto e risposte operative ai bisogni del singolo paziente. Senza la passione medico-scientifica di ricerca e aggiornamento, che si espliciti in competenza clinica, emerge in questo ambito di cure il rischio di un buonistico paternalismo assistenziale di scarso spessore e privo di strutturazione. Un elemento irrinunciabile è quindi per noi la formazione degli operatori che, per la complessità del settore, richiede continua crescita delle competenze (con aggiornamento e formazione), delle capacità non solo tecniche, ma anche relazionali e un adeguato apporto di consulenza da parte di personale specializzato. Sicuramente centrale in questo contesto è la terapia del dolore. Il dolore rappresenta infatti uno dei sintomi più comuni nel paziente con patologia tumorale; inoltre tale sintomatologia molto spesso, se non correttamente trattata, determina un netto peggioramento della qualità della vita del paziente, la perdita dell autosufficienza e un peggioramento dell outcome. Il dolore oncologico rappresenta un serio problema di salute pubblica a livello mondiale, se si tiene presente che si stimano annualmente 10 milioni di nuove diagnosi di cancro e 6 milioni di decessi per tale patologia. Il sintomo dolore ha una incidenza elevata in tutti gli stadi della malattia tumorale attiva (variando dal 30% alla diagnosi al 65-85% nelle fasi avanzate di malattia) ed è presente anche in fase di remissione. La terapia antalgica nei pazienti con tumori prevede non solo l utilizzo di numerosi farmaci (non solo oppioidi e analgesici non oppioidi), ma anche tecniche più recenti come la possibilità di rotazione degli oppioidi e, qualora anche la rotazione degli oppioidi non sia sufficiente, la rotazione della via di somministrazione con l utilizzo di vie più specifiche quali la via parenterale, peridurale e/o spinale. Una adeguata gestione del dolore in un reparto di cure palliative, richiede una specialistica formazione del personale infermieristico e medico del reparto (con aggiornamento continuo), PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 4/46

5 un adeguato apporto di consulenza da parte di personale specializzato in terapia del dolore (il nostro Reparto di Cure Palliative prevede la possibilità di usufruire di consulenze specialistiche da parte di due anestesisti-rianimatori terapisti del dolore) e la possibilità tecnica e logistica di eseguire la maggior parte dei blocchi antalgici da parte degli specialisti della terapia del dolore. Un approccio farmacologico al dolore, basato prevalentemente sull uso corretto degli oppioidi analgesici, consente di controllare il sintomo in circa il 90% dei casi. L OMS sottolinea l importanza di attuare precocemente la terapia del dolore. Il dolore oncologico cronico è il paradigma del dolore totale. Il tema del dolore infatti in questo contesto è senz altro più complesso della mera valutazione quali/quantitativa di un fenomeno fisico; infatti vi è alla base di tale sintomo un ampia varietà di fattori fisici (sintomi della malattia neoplastica, effetti collaterali delle cure), psicologici, sociali e spirituali (ansia che scaturisce dalla paura della malattia e della morte, delle cure e degli effetti collaterali di queste, dalla perdita del controllo del proprio corpo e della mente; dalla depressione associata alla perdita del proprio ruolo in ambito lavorativo e famigliare ma anche allo sviluppo degli aspetti fisici ed estetici della malattia; dalla rabbia e frustrazione scatenata dalla perdita dei legami amicali, dalla difficoltà ad affrontare le cure o il fallimento di queste, dalle difficoltà burocratiche). Il Ministero della Salute ha recentemente introdotto, per tale tipo di dolore, la definizione di dolore inutile, raccomandando un trattamento tempestivo 1. Al momento della diagnosi è presente in circa il 30% dei pazienti oncologici. Nelle fasi avanzate di malattia, a seconda delle casistiche, è presente nel 64-80% dei pazienti 2. In fase di remissione è presente nel 45% dei pazienti 3. Il trattamento del dolore deve essere basato anche sui meccanismi patogenetici che lo determinano tenendo sempre in considerazione lo stato generale del paziente. Il dolore infatti può essere conseguenza diretta della neoplasia (infiltrazione tessutale, interessamento viscerale o delle strutture scheletriche, compressione nervosa, ipertensione endocranica) o da causa indiretta (infezioni, decubiti, polineuropatia paraneoplastica e nevralgie, stipsi, PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 5/46

6 contratture muscolari, linfedemi e manifestazioni trombo-emboliche) oppure può essere conseguenza di trattamenti antineoplastici (chirurgico, chemioterapico, radioterapico) 4. Il dolore direttamente causato dalla neoplasia rappresenta la causa più frequente di algia in una percentuale intorno all 80%. Il dolore episodico intenso (o breakthrough pain) è un dolore transitorio, che si manifesta in pazienti con un dolore cronico di base ben controllato da una terapia analgesica somministrata ad orari fissi 5,6. E presente nel 63-89% dei pazienti oncologici avanzati (range 19-95%) 5,6,7,8,9. Gli episodi dolorosi hanno frequenza variabile (1-6 al giorno) e durano mediamente minuti 6,7,8,9,10. Nella pratica corrente, una frequenza superiore a 2 episodi al giorno potrebbe indicare la necessità di modificare la terapia analgesica di base. Nell ambito del breakthrough pain va distinto il dolore acuto incidente, scatenato da eventi specifici (es. tosse, cambi postura, defecazione) e spesso legato alla presenza di metastasi ossee 6. La conoscenza del tipo di dolore (neuropatico, nocicettivo), l eziopatogenesi e la quantificazione dell intensità del dolore forniscono una guida indispensabile nella scelta della terapia farmacologia più appropriata e una valutazione più obiettiva dei risultati della terapia analgesica instaurata 11. Per quanto riguarda l intensità del dolore sono disponibili due tipologie di Scale Di Misurazione 11 : - unidimensionali: che misurano esclusivamente l intensità del dolore (analogiche visive VAS, numeriche NRS, verbali VRS) - multidimensionali: valutano, oltre all intensità del dolore, anche altre dimensioni (sensorialediscriminativa, motivazionale-affettiva, cognitivo-valutativa). La loro complessità ne consente un uso limitato nella pratica clinica quotidiana. Non esistono prove sulla superiorità di una scala rispetto ad un altra; è comunque fondamentale farne uso, scegliendone una che risulti comprensibile al paziente 11,12,13,14. Nell ottica di assicurare una adeguata gestione del problema dolore dei pazienti ricoverati presso il nostro reparto è previsto: PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 6/46

7 corsi formativi di Terapia del Dolore per il personale medico e infermieristico (alcuni nostri infermieri hanno già partecipato a un evento formativo svoltosi presso il Policlinico San Matteo tenuto dai nostri terapisti del dolore) condivisione con i terapisti del dolore dei protocolli di gestione del dolore e una consulenza fissa settimanale sia per valutare l efficacia dei protocolli sia per una valutazione di eventuali problematiche insorte durante la settimana possibilità di richiedere consulenze di terapia del dolore non programmate ( urgenti ) per problematiche non gestibili secondo i protocolli programmati possibilità di eseguire blocchi centrali (posizionamento cateteri peridurali/spinali) e blocchi neurolitici. Per il posizionamento di cateteri peridurali/spinali è previsto il trasferimento del paziente presso la sede centrale del Policlinico per poi nuovamente trasferirlo e gestirlo nel nostro reparto. per assicurarci la possibilità di dimettere il prima possibile i pazienti (tutte le linee guida internazionali evidenziano l importanza della gestione a domicilio dei pazienti con tumori sia per una miglior comfort per il paziente sia per una diminuzione dei costi sanitari) è prevista una modalità di collaborazione tra il servizio di terapia del dolore, i colleghi oncologi, il nostro reparto e l ASL per appoggiarsi a un servizio medico-infermieristico domiciliare in modo da poter garantire quella continuità assistenziale fondamentale per poter gestire tali pazienti e diminuire il numero di ricoveri dovuti solo all aumento del dolore. 2. SCOPO ED AMBITO DI APPLICAZIONE Lo scopo di questo PDT è di ordinare la gestione del paziente oncologico avanzato con sintomatologia dolorosa che afferisce alla S. C. di Oncologia Medica - Macroattività U. O. di Cure Palliative, all interno di un percorso predefinito nell intento di ottimizzare le risorse ed offrire al paziente ed alla sua famiglia le migliori cure. La Macroattività di U. O. di Cure Palliative, S. C. di Oncologia Medica, si inserisce nel programma di implementazione della rete delle Cure Palliative della zona ed è PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 7/46

8 prevalentemente dedicata ai pazienti oncologici in fase avanzata a garanzia della continuità delle cure. Ci siamo orientati su diversi fronti: costruire un ipotesi organizzativa coerente con la filosofia delle Cure Palliative che mettono al centro l interesse per la qualità della vita del malato e della sua rete affettiva. collegare tale struttura in maniera efficace ed efficiente con il contesto delle cure già esistenti (ADI, MMG, volontariato, Ospedale), individuando le modalità e gli strumenti di integrazione con la rete delle Cure Palliative, allo scopo di attuare continuità nelle cure e favorire la comunicazione tra i servizi che condividono il percorso di cura costruire un equipe di operatori motivati e qualificati, attivando una adeguata selezione delle figure e coinvolgendole in una forma specifica di formazione. E uno sforzo che richiede definizioni chiare (di competenze, di protocolli, di strumenti) e orientamento a riflessioni importanti (il rapporto con la malattia, il dolore, la morte, le emozioni ed i sentimenti nella cura, l accettazione della impossibilità della guarigione, il senso del limite e la sapienza di una presa in carico ben fatta). Il personale medico ed infermieristico dovranno apprendere nozioni tecniche e mettersi in gioco rispetto ai temi fondamentali della relazione di aiuto, della interazione del malato e la famiglia, dell accompagnamento alla morte, della qualità di vita del paziente inguaribile, ma non incurabile. scegliere un modello organizzativo coerente con la filosofia delle Cure Palliative, cercando di costruire modalità operative, relazioni di cura e ambiente di vita che rispecchino la nuova filosofia di cura delle Cure Palliative, fondata sull ascolto e sulla comprensione dei bisogni, delle aspettative dei malati e delle loro famiglie, sulla personalizzazione degli interventi, sull attenzione ai particolari per creare il più possibile un clima di calda accoglienza intorno al malato PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 8/46

9 sviluppare una cultura della qualità della vita che assicuri dignità al malato, intervenga con progetti di riduzione del dolore, presti attenzione alla morte come momento finale dell assistenza da non ignorare, negare, sottovalutare. sostenere percorsi di cura economicamente compatibili con i budget definiti aprire al contributi di diversi attori, quali ad esempio i volontari suscitare attenzione e sensibilità intorno alle Cure Palliative per ottenere comprensione e consenso al progetto, coinvolgendo nella nuova sfida culturale che oggi si impone alla nostra attenzione. Tutto ciò richiede una strategia di comunicazione pubblica, finalizzata a garantire informazione alla cittadinanza ed a fornire strumenti interpretativi circa la mission di un reparto di Cure Palliative all interno della rete delle Cure Palliative e contrastare la tendenza semplicistica e negativa che porta a ritenere il reparto di Cure Palliative solo come il reparto in cui si va a morire. uno degli obiettivi del Reparto di Cure Palliative è favorire il ritorno a domicilio dopo una valutazione accurata dei bisogni del paziente e delle difficoltà future, e la messa in atto di condizioni adeguate alle situazioni del paziente, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista medico-sociale. La lista di attesa per l accesso al reparto viene gestita secondo le modalità previste dalla IO Le scale di valutazione in uso per determinare la criticità dei sintomi sono la: - Numerical Rating Scale (NRS) per il dolore (IO 64.15) - Karnosky/ECOG per il performance status Dal punto di vista assistenziale, per eseguire un corretto triage, sono necessarie le seguenti valutazioni (IO 64.4): - valutatazione del grado di intensità assistenziale (nursing sanitario e tutelare) PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/2009 9/46

10 - valutazione dolore percepito e terapie effettuate - valutazione del grado di capacità assistenziale, autonomia del caregiver famigliare - valutazione dei sintomi prevalenti - valutazione del rischio di lesioni da pressione o presenza di lesioni cutanee in genere L approccio farmacologico a tre gradini (tabella 1) consente di controllare il dolore oncologico cronico in circa il 90% dei casi. Tale approccio, sviluppato nel 1986 da un gruppo di esperti dell Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) 15, fornisce specifiche indicazioni per la scelta della terapia antidolorifica che non va somministrata al bisogno, ma ad orari fissi. Durante eventuali attacchi di breakthrough pain è necessario utilizzare farmaci al bisogno e capirne la causa. Quando il dolore non è adeguatamente controllato, pur con l aumento delle dosi, il passaggio da un gradino all altro dovrebbe essere rapido. L approccio a tre gradini andrebbe inserito in una strategia complessiva che comprenda anche terapie non farmacologiche (anestesiologiche, radioterapiche, fisiatriche, psico-sociali e spirituali) e l uso dei bisfosfonati e dei radionuclidi per le metastasi ossee. I farmaci adiuvanti (es. cortisonici, antiepilettici, anestetici locali, antidepressivi) sono quelli che, pur avendo indicazioni differenti, hanno un effetto analgesico in alcune situazioni cliniche specifiche (es. ipertensione endocranica, dolore neuropatico, ecc). Vengono considerati farmaci adiuvanti anche quelli in grado di contrastare gli effetti indesiderati della terapia analgesica (ad esempio: antiemetici, lassativi, ecc..) 16. Gli adiuvanti sono quindi farmaci la cui azione primaria non è quella analgesica, ma vengono somministrati in associazione agli oppioidi sia per potenziarne l effetto sia per il trattamento di alcuni tipi di dolore che non rispondono agli oppioidi stessi. La scelta dell adiuvante dipende dal tipo di dolore presentato dal paziente o eventualmente dal sintomo che ad esso si PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

11 associa, tenendo presente che non sostituiscono gli analgesici nel controllo del dolore ma in alcuni casi possono avere un ruolo di primaria importanza. I farmaci adiuvanti appartengono a queste categorie: antidepressivi (es. amitriptilina), anticonvulsivanti (soprattutto indicati nel dolore neuropatico; es. pregabalin o gabapentin), anestetici locali, corticosteroidi, bisfosfonati, neurolettici, antistaminici. Tabella 1: Schema della strategia a tre gradini OSM per il controllo del dolore cronico oncologico. II gradino III gradino VAS 6-10 Dolore moderato severo Oppioidi maggiori (morfina, metadone, fentanil, buprenorfina, ossicodone, idromorfone) VAS 4-6 ± non oppioidi Dolore lieve - moderato Oppioidi minori I gradino (codeina, tramadolo) ± non oppioidi VAS 1-4 ossicodone + paracetamolo # Dolore lieve Non oppioidi (paracetamolo, aspirina, FANS) ± farmaci adiuvanti # L ossicodone a basse dosi (5 mg) + paracetamolo (325 mg) può rientrare nel II gradino, mentre a dosi superiori rientra nel III gradino Lo studio di Zech et al. 17 (Tabella 2), in un periodo di 10 anni, ha osservato 2118 pazienti ospedalizzati con dolore cronico oncologico dimostrando che l approccio a tre gradini ha PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

12 permesso il controllo del dolore nell 88% dei pazienti; il trattamento prevalente è rappresentato da oppioidi maggiori (49% dei giorni di trattamento). Tabella 2: Studio Zech et al. Gradini scala OSM I II III % giornate di terapia 11% 31% 49% in ciascun gradino Controllo del dolore: 88% dei pazienti Dosaggio medio di morfina orale: 86 mg/die (range: ) Vie di somministrazione: orale: 82% (% giorni di trattamento) parenterale: 9% spinale: 2% Numerosi studi sono stati condotti per validare l approccio metodologico a tre gradini: sono stati osservati oltre 8000 pazienti in diversi paesi del mondo ed in ambienti clinici differenziati (ospedale e domicilio) 11,12,13,14,15,16,17,18. Le varie casistiche riportano un efficace controllo del dolore nel % dei pazienti trattati 18. Tra gli studi eseguiti per validare l approccio OSM quello di Ventafridda et al 19, condotto su 1229 pazienti seguiti per 2 anni, ha evidenziato che il passaggio dal I al II gradino è dovuto in circa la metà dei casi ad effetti collaterali e nell altra metà all inefficacia analgesica, mentre il passaggio dal II al III gradino è soprattutto dovuto all inefficacia analgesica. Gli studi disponibili non dimostrano una chiara differenza nell efficacia dei farmaci del I e del II gradino e non permettono di concludere sui benefici dell aggiunta degli oppioidi minori, in particolare della codeina, soprattutto se sottodosata, rispetto al solo paracetamolo o al FANS 20. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

13 La codeina, somministrata in genere in associazione al paracetamolo, ha un effetto analgesico di 4-6 ore. Il rapporto paracetamolo/codeina nelle specialità in commercio in Italia non è ottimale; ciò non permette di raggiungere la dose massima efficace di codeina (360 mg/die) senza somministrare dosaggi tossici di paracetamolo (3-4 gr/die). In alternativa si può ricorrere alle preparazioni galeniche di codeina (compresse o capsule da 60 mg). Gli oppioidi minori hanno tutti un effetto tetto : ciò significa che aumentando la dose di un farmaco oltre una certa soglia l efficacia non aumenta (ma possono naturalmente aumentare gli effetti indesiderati). Il tramadolo non ha sostanziali vantaggi clinici rispetto agli altri oppioidi del II gradino; ha una biodisponibilità per via orale del 70% e del 100% per via intramuscolare. Sono presenti formulazioni per via orale/rettale a rapida azione (gocce, compresse, supposte), ad azione lenta (effetto analgesico di 12 e 24 ore dopo singola somministrazione) e formulazioni per via parenterale (fiale per via endovenosa, intramuscolare, sottocute). Le dosi massime consigliate per il tramadolo orale sono: - adulti: mg (20gtt = 50 mg) ogni 4-6 ore. Non superare 400 mg/die - pazienti > 75 anni: 300 mg/die (in dosi suddivise ogni 4-6 ore) - insufficienza renale: 100 mg ogni 12 ore Uno studio recente 21 condotto su 54 pazienti oncologici con dolore lieve-moderato ha confrontato una strategia a 2 gradini OMS (con passaggio diretto dal I al III ) versus i canonici 3 gradini OMS. I risultati hanno dimostrato che il salto del II gradino si associa ad una riduzione delle giornate di dolore più intenso: = 5 (22,8 vs 28,6%, p= 0,001) e = 7 (8,6 vs 11,2%, p= 0,023), ma anche ad una aumentata incidenza di effetti collaterali (anoressia e stipsi di grado III/IV). Quindi l utilizzo precoce della morfina orale risulta essere vantaggiosa; ciò potrebbe infatti favorire un maggior controllo del dolore nelle fasi iniziali così come la ricerca delle dosi ottimali nelle fasi successive della malattia. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

14 Per quanto riguarda il dolore moderato-severo, la morfina rimane il farmaco di prima scelta. La morfina è un agonista puro su tutti i recettori degli oppioidi (µ,? e k). Per via orale ha una biodisponibilità variabile (15-65%) a causa dell effetto di primo passaggio epatico: ciò spiega la necessità di individuare il dosaggio ottimale (titolazione) per ogni paziente. Produce metaboliti attivi eliminati per via renale. E un agonista completo e non presenta effetto tetto : la dose può essere aumentata fino al raggiungimento dell effetto terapeutico. La morfina, considerato farmaco essenziale dall OMS, è ancora oggi l analgesico oppioide di prima scelta nel controllo del dolore oncologico di intensità moderata-severa; il suo uso viene raccomandato da tutte le principali linee-guida e documenti di consenso 12,15,18. Una revisione sistematica di Cochrane 22 pubblicata nel 2003 (che ha analizzato 45 lavori per un totale di 3061 pazienti) evidenzia come l incidenza di effetti collaterali intollerabili dovuti all uso di morfina non superi il 4%. Riassumendo la morfina quindi risulta essere l oppioide di prima scelta perché: - permette un efficace controllo del dolore - non mostra effetto tetto - presenta un basso profilo di tossicità (incidenza di effetti collaterali intollerabili nel 4% dei pazienti) - iniziata prececemente, consente di adattare il dosaggio alle richieste analgesiche nelle varie fasi della malattia - può essere usata in modo continuativo per lunghi periodi - è disponibile in molte formulazioni e dosaggi - ha costi relativamente contenuti Morfina, i miti da sfatare: dipendenza, tolleranza e depressione respiratoria PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

15 - Dipendenza psicologica (necessità compulsiva del farmaco): ha una frequenza molto bassa (in due studi condotti su e paziente solo rispettivamente 4 e 7 pazienti hanno presentato dipendenza psicologica 23 ). - Dipendenza fisica (sintomi e segni clinici da astinenza): si può evitare attuando una riduzione a scalare del dosaggio del 50% per 2-3 giorni fino a sospensione definitiva. - Tolleranza dell effetto farmacologico (per mantenere l iniziale effetto analgesico occorre progressivamente aumentare la dose del farmaco): è limitata e lenta a verificarsi; nella maggior parte dei casi la necessità di incrementare la dose è la conseguenza della progressione di malattia. - Depressione respiratoria: nell uso terapeutico questo effetto indesiderato è sostanzialmente assente. Vi sono invece prove sull efficacia degli oppioidi, ed in particolare della morfina, nel controllo della dispnea severa, sia in pazienti oncologici che in pazienti con BPCO 24,25. - La sonnolenza diurna, il senso di instabilità e l obnubilamento mentale compaiono di norma solo all inizio del trattamento, ma si risolvono quando i pazienti si stabilizzano (in genere entro pochi giorni). Nella maggior parte dei pazienti trattati con dosi stabili di morfina gli effetti sulle funzionalità cognitive e motorie sono minime. Anche la nausea ed il vomito, che compaiono nei due terzi dei pazienti all inizio della terapia, tendono a scomparire. Il principale effetto cronico della morfina è la stipsi. Le principali linee-guida e documenti di consenso 12,18 sottolineano come, nel dolore cronico, andrebbe privilegiata la via orale per la morfina perché è efficace e agevole. La somministrazione parenterale si è però dimostrata più efficace nel breakthrough pain per una più rapida insorgenza dell effetto. Per la morfina orale, le due forme farmaceutiche orali disponibili sono due: quella a rilascio immediato (da somministrare ogni 4 ore) e quella a rilascio prolungato (da somministrare ogni 12 ore) 18. Per una gestione ottimale del dolore con morfina orale sono utili entrambe le formulazioni. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

16 Per quanto riguarda la morfina orale a rilascio immediato, il farmaco (gocce, sciroppo, fialoidi) ha una biodisponibilità che varia da paziente a paziente, è quindi necessario individuare la dose efficace per ogni singolo paziente: titolazione farmacologia. Può essere anche utilizzata come dose di salvataggio nel dolore episodico intenso (breakthrough pain): per la riacutizzazione del dolore infatti si aggiunge alla terapia di base la morfina in formulazione pronta alla dose di ¼ - 1/6 della dose giornaliera assunta. Tabella 3. Dosaggi iniziali della morfina a rilascio immediato nel dolore cronico 18 Dosaggi iniziali Pazienti Dosi Già trattati con un oppioide minore 10 mg ogni 4 ore (equivalente a 8 gocce o un fialoide da 10 mg) Che saltono il secondo gradino 5 mg ogni 4 ore (equivalente a 4 gtt o ½ fialoide da 10 mg) Anziani Con insufficienza renale cronica Già in terapia con oppiodi maggiori dosi da definire in base alle tabelle di equivalenza analgesica. E prudente ridurre prima dose del 50% PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

17 Dosaggio serale: l assunzione di una dose doppia al momento di coricarsi è un sistema semplice ed efficace per evitare di svegliare appositamente il paziente. Non esistono però evidenze consolidate a supporto di tale pratica. I metaboliti della morfina vengono eliminati esclusivamente per via renale e da questo deriva che l accumulo di queste sostanze in presenza di una funzione renale alterata può dare fenomeni di tossicità. Una volta definita la dose giornaliera efficace di morfina a rilascio immediato, è possibile somministrare la stessa dose nella formulazione a rilascio controllato ogni 12 ore 18. La mancanza di un effetto tetto consente di somministrare dosi molto elevate di morfina fino ad ottenere un soddisfacente controllo del dolore, compatibilmente con l accettabilità e la gestione degli effetti collaterali. Mediamente 2/3 dei pazienti oncologici con dolore moderato-grave hanno un buon controllo del dolore con dosi fino a 200 mg/die di morfina orale (30 mg ogni 4 ore di morfina a rilascio immediato oppure 100 mg ogni 12 ore di morfina a rilascio controllato); i restanti pazienti necessitano di dosi più elevate (sino a 1200 mg/die, eccezionalmente sono stati impiegati 4500 mg/die). Quando necessario la dose quotidiana va incrementata del 30-50% ogni 24 ore, fino ad un adeguato controllo del dolore, valutando gli effetti collaterali. In alcune situazioni cliniche caratterizzate da vomito, disfagia grave, malassorbimento, subocclusione intestinale, confusione mentale, la via orale è controindicata e devono essere considerate vie di somministrazione alternative. Dati in letteratura mostrano che circa il 50% dei pazienti con dolore oncologico necessita di cambiare più di una via di somministrazione nelle ultime 4 settimane di vita 11. Via sottocutanea. Rappresenta una efficace alternativa alla via orale ed è preferibile a quella intramuscolare perché più semplice, meno dolorosa e con assorbimento più regolare. L assorbimento intramuscolo infatti è variabile anche in rapporto al muscolo utilizzato (nel deltoide per es. è maggiore che nel gluteo). PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

18 Utilizzando la via sottocutanea la biodisponibilità della morfina aumenta fino all 80%, evitando il metabolismo epatico di primo passaggio. Con l iniezione sottocute il picco delle concentrazioni plasmatiche si raggiunge in minuti, con la conseguenza che il farmaco entra in azione più velocemente di quanto accade alla somministrazione orale. In caso si passi dalla morfina orale a quella sottocutanea la dose andrebbe divisa per 3 per ottenere un effetto equianalgesico. Via sottocutanea continua. Si correla ad una bassa incidenza di tossicità acuta (sedazione, nausea/vomito, confusione); si evitano inoltre iniezioni ripetute. Per questo tipo di infusione sono disponibili pompe di vario genere (elastomeriche monouso, pompe computerizzate, pompe peristaltiche) che si differenziano per la possibilità di somministrare boli aggiuntivi on demand da parte del paziente, capacità ed autonomia del serbatoio (1-7 giorni), possibilità di programmare l infusione e la frequenza dei boli. L utilità di questa via di somministrazione nel paziente neoplastico è stata dimostrata. Via endovenosa. La scelta della via endovenosa non dipende solo da ragioni farmacocinetiche, ma anche da considerazioni di tipo pratico come la disponibilità di sistemi impiantabili endovenosi a permanenza nel singolo paziente, la presenza di complicanze della somministrazione sottocute (ad es. eritema, irritazioni cutanee, neutropenia, piastrinopenia, edema generalizzato). Il rapporto della potenza relativa media della morfina orale rispetto a quella endovenosa è di 1:2 e 1:3. Cioè la potenza relativa della via sottocutanea è uguale a quella endovenosa. Quando si passa dalla morfina orale a quella endovenosa, la dose dovrebbe essere divisa per 3. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

19 Via spinale. Allo stato attuale delle conoscenze e secondo l opinione prevalente degli esperti, l uso della via spinale dovrebbe essere limitata ai pazienti che manifestano analgesia inadeguata o che sviluppano effetti indesiderati intollerabili, nonostante l uso ottimale della terapia analgesica per via orale e parenterale. Da un ampio studio condotto su 1205 pazienti oncologici, è stato necessario ricorrere alla via spinale nell 1,3% dei casi per la presenza di un dolore resistente alla terapia farmacologia sistemica 26. In uno studio randomizzato in doppio cieco con disegno cross-over 27 sono state messe a confronto la somministrazione per via spinale (epidurale) e quella sottocutanea continua valutandone efficacia e tollerabilità. La dose media efficace per la morfina è stata di 106 mg per via spinale e di 375 mg per via sottocutanea. La via epidurale ha però comportato maggiori problemi tecnici e gestionali. Tabella 4. Potenza equivalente della morfina in funzione delle varie vie di somministrazione Via di somministrazione Potenza Equivalente (mg) Orale 300 Endovenosa/ sottocute 100 Epidurale Spinale 1 Intra-ventricolare 0,25 Oppioidi transdermici. Fentanil TTS e OTFC. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

20 Il fentanil è un oppioide sintetico. La sua elevata liposolubilità ne consente l uso per via transdermica e transmucosale: è disponibile infatti in commercio sotto forma di cerotto con serbatoio e in formulazione orosolubili (OTFC). Non produce metaboliti attivi in grande quantità e può essere impiegato in presenza di insufficienza renale attuando però uno stretto monitoraggio del paziente. Nell uso prolungato tende ad accumularsi: la concentrazione plasmatici si riduce del 50% dopo 16 ore dall asportazione del cerotto. Non presenta effetto tetto; nella scheda tecnica del farmaco è riportato che quando la dose somministrata supera i 300 microgr/ora per alcuni pazienti potrebbe essere necessario ricorrere a metodi addizionali o alternativi di analgesia. Sono stati reperiti 5 studi che hanno valutato efficacia analgesica e sicurezza del fentanil transdermico rispetto alla morfina orale a lento rilascio nel dolore cronico. Tre di questi studi 28,29,30, tutti di piccole dimensioni (hanno valutato rispettivamente 202, 131 e 40 pazienti), riguardano il dolore neoplastico e mostrano una sostanziale sovrapponibilità di efficacia dei due farmaci e una minore incidenza di stipsi con il fentanil (Ahmedzai et al) 28. Non sono invece state dimostrate differenze complessive nella qualità di vita (misurata con questionari validati). Il citrato di fentanil transmucoso orale (OTCF) è un trattamento efficace per le riacutizzazioni dolorose in pazienti stabilizzati con morfina orale. Si tratta di una formulazione orosolubile (anche detto lecca-lecca) che consentono un rilascio rapido del farmaco. L insorgenza dell effetto analgesico si ottiene in 5-10 minuti. Il 25% del farmaco viene assorbito attraverso la mucosa orale, mentre il resto entra in circolo attraverso il tratto intestinale. La durata di azione varia da 2,5 a 5 ore. Il fentanil transmucosale è indicato esclusivamente per il trattamento del breakthrough pain in pazienti già in terapia di base con un oppioide maggiore per il dolore cronico da cancro. Rispetto alla morfina orale, il fentanil induce meno stipsi e può essere usato nei pazienti con insufficienza renale. La dose equianalgesica è 1:150, ovvero 1 mg fentanil = 150 mg di morfina. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

21 Riassumendo, il fentanil trandermico è un efficace alternativa alla morfina orale, ma andrebbe riservata ai pazienti con esigenze oppiacee stabili. E particolarmente utile per i soggetti che non riescono ad assumemere la morfina per os, in alternativa alla morfina sottocutanea. La formulazione transdermica di fentanil è ai dosaggi di microgr/ora, da sostituire ogni 72 ore, anche se ci possono essere richieste di sostituzione in tempi più brevi (48-60 ore). Dopo l applicazione, il fentanil non è individuabile nella circolazione sistemica per 1-2 ore, ma poi i livelli serici aumentano, con effetti analgesici evidenti entro 8-16 ore, mentre l equilibrio farmacocinetico si raggiunge alla settantaduesima ora. Si crea un deposito intradermico e dopo la rimozione del cerotto i livelli serici scendono al 50% solo dopo 16 ore. Una discreta esperienza clinica e sperimentale conferma che il fentanil transdermico provoca meno stipsi della morfina. Il fentanil è anche disponibile per via transmucosale (OTFC), risorsa da utilizzare nel dolore episodico intenso quando cioè è richiesto un rapido intervento, con effetto che si raggiunge in 5-15 minuti e ha una durata d azione breve (circa 2 ore). Buprenorfina. La sua elevata liposolubilità ne consente l uso transdermico. E disponibile in commercio come cerotto ai dosaggi di 35-52,5-70 microgr/ora. Viene inattivato a livello intestinale ed epatico e viene eliminato prevalentemente per via fecale. La somministrazione in corso di insufficienza renale non richiede aggiustamenti posologici del dosaggio. Nell uso prolungato la buprenorfina tende ad accumularsi: la concentrazione plasmatici si riduce mediamente del 50% dopo 30 ore dall asportazione del cerotto. Non sono ad oggi ancora disponibili studi di numerosità adeguata e metodologicamente corretti che confrontino la buprenorfina transdermica con altri oppioidi nelle formulazioni orali o transdermiche. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

22 Nell utilizzo degli oppioidi per via transdermica va considerato che lo spessore della cute, la temperatura corporea e la temperatura esterna possono far variare la biodisponibiltà del farmaco in modo sostanziale. In particolare: - alcuni studi hanno mostrato la comparsa di effetti collaterali gravi (dalla sedazione alla depressione respiratoria) in seguito all aumento della temperatura esterna o alla vicinanza di fonti di calore 31,32,33. - in alcuni casi l effetto del cerotto dura meno di 3 giorni (in un intervallo compreso tra le 48 e le 60 ore). -l effetto analgesico persiste per un tempo variabile dopo la rimozione del cerotto. L FDA e le principali linee-guida comunque evidenziano che la via transdermica non rappresenta la prima scelta per il controllo del dolore cronico oncologico severo, ma una possibile alternativa all utilizzo della morfina orale nei pazienti con dolore stabilizzato, in particolare in quelli impossibilitati ad assumere una terapia orale. Le principali linee-guida sul dolore oncologico e i documenti di consenso concordano che: - la via orale è quella da preferire nel controllo del dolore oncologico - non raccomandano l impiego della via transdermica come prima scelta. Il fentanil transdermico viene considerato una efficace alternativa alla morfina orale nei pazienti che presentano un dolore stabilizzato, risulta particolarmente vantaggioso per quei pazienti impossibilitati ad assumere morfina orale, e in alternativa all infusione sottocute. - l uso del cerotto di fentanil potrebbe complicare la gestione dei malati con dolore incostante, la cui necessità di un oppioide è fluttuante. - al cerotto di fentanil deve essere sempre associato un oppioide a breve rilascio per il breakthrough pain. Ossicodone cloridrato. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

23 L ossicodone viene metabolizzato a livello epatico ed eliminato per via renale. In presenza di importanti disfunzioni epatiche e renali l eliminazione di tale farmaco può essere compromessa. Essendo un agonista puro non presenta effetto tetto: la dose può essere aumentata fino al raggiungimento dell effetto terapeutico. L ossicodone ha una elevata efficacia, due volte più potente della morfina. Una revisione sistematica ha reperito 5 lavori 34,35,36,37,38 che hanno direttamente confrontato ossicodone a rilascio controllato con altri oppioidi nel controllo del dolore oncologico (di cui 4 vs morfina orale e 1 vs idromorfone, con casistiche da 20 a 101 pazienti e durata da 6 a 18 giorni). I risultati di questi lavori sono stati inoltre combinati in una meta-analisi 39, che non rileva differente efficacia e tollerabilità dell ossicodone rispetto a morfina e idromorfone L ossicodone è raccomandato dalla EACP come alternativa efficace alla morfina per os. Ci sono attualmente formulazioni a rapida azione (associate o meno a paracetamolo 325 mg) con effetto analgesico di 4-5 ore e formulazioni a rilascio controllato ad azione più lenta (12 ore). Raggiunge lo steady-state in 24 ore. Rispetto alla morfina crea minor nausea/vomito, meno prurito, minor secchezza della bocca, minori allucinazioni. La dose equianalgesica di ossicodone orale è compresa tra metà e due terzi di quella della morfina per os. Di particolare interesse è l associazione precostituita tra ossicodone a rilascio immediato (5-10 o 20 mg) e paracetamolo alla dose fissa di 375 mg. L aasociazione può essere somministrata ogni 4-6 ore. Resta ancora da chiarire il ruolo in terapia di questa associazione: secondo lo studio 40 più accreditato tale associazione potrebbe rappresentare, al dosaggio più basso (5 mg), una opzione terapeutica da collocare nel II gradino OMS. Ciò equivale ad utilizzare basse dosi di morfina (10 mg). Metadone. E un farmaco con cinetica complessa. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

24 Può essere somministrato in caso di insufficienza renale poiché è escreto prevalentemente per via fecale e non ha metaboliti attivi. Richiede una titolazione prudente partendo da dosi molto basse. Il metadone è una alternativa efficace, ma può essere complicato da usare rispetto ad altri oppiacei a causa di marcate differenze interindividuali in termini di emivita plasmatici, di potenza analgesica relativa e di durata d azione. EACP ne raccomanda l uso solo da parte di medici esperti. Idromorfone. Non produce metaboliti attivi; il metabolita principale viene inattivato dal fegato ed eliminato per via renale. L idromorfone è circa 5 volte (da 3 a 7,5) più potente della morfina 41. L idromorfone è uno degli oppioidi alternativi alla morfina in pazienti che hanno bisogno di alte dosi di morfina o che hanno scarsa analgesia ed effetti collaterali e scarsa compliance a somministrazioni ripetute giornaliere di oppioidi. Riassumendo, secondo le raccomandazioni EAPC: L oppiaceo di prima scelta per il dolore oncologico moderato-forte è la morfina La via di somministrazione ottimale della morfina è quella orale. Teoricamente sono richiesti due tipi di somministrazione: quella a rilascio immediato (per induzione della dose corretta) e quella a rilascio modificato (per il trattamento di mantenimento). Il metodo più semplice per calcolare il dosaggio prevede una dose di morfina a rilascio immediato ogni 4 ore e la somministrazione della stessa dose per le riacutizzazioni dolorose improvvise. Questa dose di soccorso può essere data al bisogno, secondo le necessità (anche ogni ora) ed il dosaggio totale quotidiano deve essere valutato attentamente ogno giorno. In seguito, si può aggiustare la dose regolare sommando la quantità totale di morfina di soccorso. Se il dolore ritorna consistentemente prima del momento stabilito per la somministrazione della successiva dose regolare è probabile che quest ultima vada PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

25 incrementata. Di norma, è sufficiente somministrare la morfina a rilascio normale ogni 4 ore e la morfina a rilascio modificato ogni ore. Per le dosi di soccorso l approccio più semplice è quello di utilizzare la stessa dose di morfina che si somministra ogni 4 ore. In caso di uso di morfina a rilascio controllato gli aggiustamenti della dose regolare dovrebbero avvenire a intervalli di almeno 48 ore. Per i pazienti che ricevono morfina a rilascio immediato ogni 4 ore, l assunzione di una dose doppia al momento di coricarsi è un sistema semplice ed efficace per evitare di essere svegliati dal dolore. Se il paziente non è in grado di assumere la morfina per os, la via di somministrazione più valida è quella sottocutanea. Di norma la somministrazione di morfina per via intramuscolare non è consigliata per il dolore oncologico cronico perché la via sottocutanea è più semplice e meno dolorosa. Il rapporto della potenza relativa media della morfina orale rispetto a quella sottocutanea è 1:2, 1:3 (cioè mg di morfina per os sono equianalgesici a 10 mg di morfina sottocutanea). Nei pazienti che necessitano di morfina parenterale continua, il metodo di somministrazione preferito è l infusione sottocutanea. L infusione endovenosa di morfina potrebbe essere preferibile nei seguenti soggetti: a) nei pazienti con accessi venosi a permanenza; b) nei soggetti con edema generalizzato; c) nei pazienti che sviluppano eritema, irritazioni con la somministrazione sc; d) nei pazienti con circolazione periferica compromessa. Il rapporto di potenza media della morfina orale rispetto a quella endovenosa è di 1:2, 1:3 Non è consigliabile somministrare la morfina sublinguale o aerosol perché allo stato attuale non esiste la prova di un vantaggio clinico rispetto alle vie di somministrazione tradizionale. PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

26 Il fentanil transmucosale orale (OTFC) è un trattamento efficace per le riacutizzazioni dolorose in pazienti stabilizzati con morfina orale o con un oppiaceo alternativo del III gradino. Una piccola percentuale di pazienti sviluppa effetti collaterali intollerabili con la morfina orale. In questi casi è consigliabile passare ad un oppiaceo alternativo o cambiare via di somministrazione. L idromorfone e l ossicodone, se disponibili, sono alternative efficaci alla morfina per os in entrambe le formulazioni a rilascio normale o modificato per la somministrazione orale Il metadone è un alternativa efficace, ma può essere più complicato da usare rispetto ad altri oppiacei a causa di marcate differenze interindividuali in termini di emivita plasmatici, di potenza analgesica relativa e di durata d azione. Il fentanil transdermico è un efficace alternativa alla morfina orale, ma andrebbe riservato a quei pazienti con esigenze oppiacee stabili. E particolarmente utile per i soggetti che non riescono ad assumere la morfina orale, in alternativa alla morfina sottocutanea. La somministrazione spinale (epidurale ed intratecale) di analgesici associati ad anestetici locali o a clonidina dovrebbe essere presa in considerazione in pazienti che manifestano un analgesia inadeguata o sviluppano effetti indesiderati intollerabili, nonostante l uso ottimale di oppiacei sistemici e di non oppiacei. Tabella 6. Equianalgesia; dosi raccomandate Dosi/die: mg/die Ossicodone orale mg mg 60 mg 120 mg Morfina orale mg 90 mg 120 mg 240 mg Morfina parenterale mg 30 mg 40 mg 80 mg Buprenorfina TTS 35 µgr/h 52,5 µgr/h 70 µgr/h 70x2 Buprenorfina s.l 0,4-0,8 mg 1,2 mg 1,6 mg 3,2 mg Buprenorfina parenterale 0,3-0,6 mg 0,9 mg 1,2 mg 2,4 mg PDT SC Oncologia Medica Protocollo per il paziente oncologico in stadio avanzato Rev. 1 del 31/12/ /46

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