Il quadro normativo sulla ripartizione del patrimonio dei Fondi Pensioni
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- Faustina Antonini
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1 Il quadro normativo sulla ripartizione del patrimonio dei Fondi Pensioni I Fondi Pensione, come noto, sono regolati dalla normativa speciale in materia, ovvero principalmente il Decr. Leg.vo 124/93 (vigente fino al 31/12/2006) ed il successivo Decr. Leg.vo 252/05 (in vigore dal 1 gennaio 2007). Questa normazione primaria va integrata con la normazione secondaria emanata da parte della COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione). Nei singoli Fondi è poi vincolante lo Statuto vigente, nonché gli accordi fra gli associati in base al codice civile. La legge speciale non indica alcun criterio per stabilire i criteri di ripartizione del patrimonio nel caso di scioglimento di un Fondo Pensioni. Non lo indica l art. 11 del Decr. Leg.vo 124/93 e neppure lo indica il successivo art. 15 del Decr. Leg.vo 252/05. Neppure lo indica la COVIP in qualche suo provvedimento. Il codice civile all art. 31 stabilisce con molta chiarezza che I beni della persona giuridica, che restano dopo esaurita la liquidazione, sono devoluti in conformità dell'atto costitutivo o dello statuto. Qualora questi non dispongano.se trattasi di associazione, si osservano le deliberazioni dell'assemblea. Gli artt. 20 e 21 del cod. civ. contengono le norme sull assemblea degli associati. Nei Fondi Pensione, però, in tema di assemblea degli iscritti, la legge contiene una norma speciale (D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 20, comma 9), che così recita: 9. Le deliberazioni assembleari delle forme di cui al comma 1 continuano a essere validamente adottate secondo le procedure previste dai rispettivi statuti, anche con il metodo referendario, non intendendosi applicabili ad esse le modalità di presenza previste dall' art. 20 e dall' art. 21 del codice civile. Su tale norma speciale relativa ai Fondi Pensione si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza del 2 settembre 2010 n , relativa al Fondo Pensioni della Banca di Roma. In tale sentenza la Cassazione ha ribadito l applicabilità del metodo referendario ai Fondi Pensione. Inoltre la sentenza della Cassazione, osserva esattamente che non va neanche trascurata la particolare idoneità funzionale del sistema referendario rispetto all'attività specifica dei fondi pensione, analogamente a quanto avviene nell'ambito delle società finanziarie di grandi dimensioni. Anche la dottrina societaria è dello stesso parere. Si aggiunge ancora nella sentenza, con riferimento ai Fondi Pensione, che La Corte ritiene che la natura "intermedia" e "peculiare"di tali istituzioni è quella che meglio si attaglia alla fattispecie iniziale in quanto gli artt. 20 e 21 c.c. (espressamente riguardanti la convocazione dell'assemblea delle associazioni) possono ben subire il temperamento derivante da una diversa manifestazione dell'autonomia negoziale, consacrata oltretutto in un atto la cui conformità all'ordine pubblico è stata appositamente vagliata attraverso il decreto presidenziale di approvazione. Lo Statuto del Fondo Pensioni Comit (doc. 26 del Fondo), che è pacificamente tutt ora in vigore, prevede all art. 14, il referendum tra gli iscritti al Fondo ( Il Consiglio, in caso di
2 rilevanti modifiche statutarie, sottoporrà le relative deliberazioni a referendum consultivo tra tutti gli iscritti al FONDO ). Nel Fondo Comit mancava infatti un organo collegiale assembleare, quale quello previsto dall art. 21 cod. civ., atteso il numero rilevantissimo degli iscritti, ma tale organo era appunto sostituito dalla possibilità statutaria di referendum. Si tratta oltretutto della modalità con cui lo Statuto attuale del fondo ha garantito agli iscritti il diritto inderogabile di partecipazione di cui alla Decr. Leg.vo 252/05 (art. 3, comma 3) e prima ancora dal Decr. Leg.vo 124/93 (art. 3, comma 4). D altra parte anche secondo la normativa codicistica ordinaria si deve dare prevalenza agli accordi degli associati (artt. 16 e 36 cod. civ.). Si vedano in proposito in dottrina le considerazioni di Basile ( Le persone giuridiche, Giuffrè, 2003), secondo cui: La devoluzione va effettuata, in primo luogo, in conformità dell atto costitutivo e dello statuto ovvero, qualora questi non dispongano, secondo quanto abbiano eventualmente deliberato gli associati superstiti con il voto favorevole di almeno tre quarti di essi (applicando analogicamente l art.21 c.c., o altrimenti secondo le modalità per le modifiche dell atto costitutivo, EROLI 1990, 260, nt. 69). [.] In mancanza di clausole statutarie o deliberazioni dell assemblea provvederà al riguardo l autorità governativa (arg. dal secondo comma, art. 31 c.c., cfr anche l art. 42 c.c., sulla devoluzione da parte dell autorità governativa dei fondi raccolti dai comitati). La vincolatività del referendum Applicando questi principi giuridici esplicitamente stabiliti nelle norme speciali in tema di Fondi Pensione, e chiariti altresì nella loro portata dalla Cassazione, è ovvio che il referendum fra tutti gli iscritti interessati (opponenti, intervenuti in giudizio, e semplici interessati al Piano di Riparto), dall esito larghissimamente maggioritario (95%), rende giuridicamente vincolante la modifica del Piano di Riparto operata a seguito dell accordo fra ANPECOMIT e UNP. La vincolatività erga omnes Tale vincolatività sussiste per la generalità degli associati, essendosi ampiamente superata perfino la più severa maggioranza codicistica dei tre quarti richiesta dall art. 21, comma 3, del codice civile ( Per deliberare lo scioglimento dell'associazione e la devoluzione del patrimonio occorre il voto favorevole di almeno tre quarti degli associati ). Peraltro lo Statuto del Fondo Pensioni Comit, all art. 14, neppure richiede per il referendum tale speciale maggioranza, prevista solo per le associazioni riconosciute, e va ricordato che la legge speciale in materia di Fondi Pensione (il già richiamato D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 20, comma 9) esplicitamente esclude in materia applicabilità dell art. 21 cod. civ., rinviando alle procedure previste dai rispettivi statuti, anche con il metodo referendario, non
3 intendendosi applicabili ad esse le modalità di presenza previste dall' art. 20 e dall' art. 21 del codice civile. La vincolatività quantomeno per gli attuali ricorrenti incidentali In ogni caso la vincolatività dell accordo è sicura quantomeno per gli attuali esponenti. La difesa degli esponenti ha prodotto in giudizio per ciascuno di essi - in un voluminoso allegato - la esplicita adesione individuale all importo indicato dai Liquidatori: si tratta del doc. e) prodotto in grado di appello dagli allora appellati e oggi controricorrenti incidentali unitamente alla comparsa conclusionale. Cade quindi l affermazione della sentenza che nega tale vincolatività. La natura giuridica dell accordo fra l ANPECOMIT e l UNP Associazioni. E bene chiarire altresì la natura giuridica dell accordo stipulato fra le due 1.La natura sindacale delle Associazioni stipulanti Preliminarmente va ricordato che le Associazioni dei Pensionati sono considerate dalla giurisprudenza di carattere sindacale ex art. 39 Cost., sia pure tenendo conto del fatto che non vi è più un rapporto di lavoro in essere. Nei casi in cui la giurisprudenza ha dovuto porsi il problema, lo ha risolto in questo senso, proprio in tema di Associazioni dei Pensionati delle Banche. È da qualificare come organizzazione sindacale, in quanto ha come fine la tutela di interessi collegati a pregressi rapporti di lavoro, l'associazione che rappresenta esclusivamente lavoratori pensionati (Pretura Napoli, 19 febbraio 1991, Unione nazionale pensionati Banco Napoli c. Banco Napoli, in Foro it. 1991, I,2929). Il principio è stato poi testualmente confermato dallo stesso Legislatore in tema di previdenza complementare, all art. 59, comma 3, della legge 449/97, laddove menziona più volte le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale dipendente. Tale ultima espressione ( personale dipendente ) non viene mai usata dal Legislatore in tema di rapporti di lavoro, ma solo in tema di previdenza complementare per ribadire che - in difetto di specificazione - potrebbe porsi il problema di quali siano i sindacati dei lavoratori (se quelli in servizio o quelli in quiescenza). Va ulteriormente precisato che l accordo fra di loro stipulato ha indubbiamente natura collettiva, atteso il fatto che mira a regolare le posizioni collettive degli interessati. 2.La natura di Fonti Istitutive degli accordi fra lavoratori Esaminiamo analiticamente i due aspetti in base ai loro riferimenti normativi.
4 L art. 3 del Decr. Leg.vo 252/05 stabilisce espressamente che sono da considerarsi Fonti Istitutive non solo gli accordi con i datori di lavoro, ma anche gli accordi fra soli lavoratori (anche autonomi) o fra soli soci di cooperative di lavoro; testualmente la legge menziona contratti e accordi collettivi, anche aziendali, limitatamente, per questi ultimi, anche ai soli soggetti o lavoratori firmatari degli stessi, ovvero, in mancanza, accordi fra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro; accordi, anche interaziendali per gli appartenenti alla categoria dei quadri. omnes. Per comodità di lettura trascriviamo in nota la norma di legge nella sua interezza ( 1 ). Le Fonti Istitutive hanno poteri speciali stabiliti dalla legge, con efficacia erga Sul punto è si è ripetutamente pronunciata anche la magistratura di merito proprio sulla vicenda del Fondo Comit. Si veda ad esempio l ordinanza ex art. 700 c.p.c. del Tribunale Milano 18 maggio 2005, Est. Attanasio, nella causa promossa da Pozzi e altri contro il Fondo Pensioni della Banca Commerciale Italiana, in Riv. it. dir. lav. 2005, II, 714 (nota di Sandulli), come si legge a pag. 723: occorre osservare come la facoltà per le OO.SS di incidere, in qualità di Fonti istitutive, in senso modificativo, nello Statuto disponendo lo scioglimento e la messa in liquidazione del Fondo, costituisca espressione dell ampio potere riconosciuto alla contrattazione collettiva in materia di istituzione e disciplina dei Fondi di previdenza complementare dal Decr. Leg.vo 124/93. 1 ) 3. Istituzione delle forme pensionistiche complementari. 1. Le forme pensionistiche complementari possono essere istituite da: a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali, limitatamente, per questi ultimi, anche ai soli soggetti o lavoratori firmatari degli stessi, ovvero, in mancanza, accordi fra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro; accordi, anche interaziendali per gli appartenenti alla categoria dei quadri, promossi dalle organizzazioni sindacali nazionali rappresentative della categoria, membri del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro; b) accordi fra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi da loro sindacati o da associazioni di rilievo almeno regionale; c) regolamenti di enti o aziende, i cui rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi, anche aziendali; d) le regioni, le quali disciplinano il funzionamento di tali forme pensionistiche complementari con legge regionale nel rispetto della normativa nazionale in materia; e) accordi fra soci lavoratori di cooperative, promossi da associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo legalmente riconosciute; f) accordi tra soggetti destinatari del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 565, promossi anche da loro sindacati o da associazioni di rilievo almeno regionale; g) gli enti di diritto privato di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e al D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, con l'obbligo della gestione separata, sia direttamente sia secondo le disposizioni di cui alle lettere a) e b); h) i soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, limitatamente ai fondi pensione aperti di cui all'articolo 12; i) i soggetti di cui all'articolo 13, limitatamente alle forme pensionistiche complementari individuali. 2. Per il personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le forme pensionistiche complementari possono essere istituite mediante i contratti collettivi di cui al titolo III del medesimo decreto legislativo. Per il personale dipendente di cui all'articolo 3, comma 1, del medesimo decreto legislativo, le forme pensionistiche complementari possono essere istituite secondo le norme dei rispettivi ordinamenti ovvero, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi da loro associazioni. 3. Le fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari stabiliscono le modalità di partecipazione, garantendo la libertà di adesione individuale.
5 prevedeva che All epoca era vigente il Decr. Leg.vo 124/93, il cui art. 18, comma 7, esplicitamente In presenza di squilibri finanziari delle relative gestioni le fonti istitutive di cui all'art. 3 possono rideterminare la disciplina delle prestazioni e del finanziamento per gli iscritti che alla predetta data non abbiano maturato i requisiti previsti dalle fonti istitutive medesime per i trattamenti di natura pensionistica. All epoca quindi le Fonti Istitutive soffrivano ancora di alcuni limiti, poichè non potevano regolamentare la posizione di coloro che avevano già maturato la loro posizione previdenziale al 28 aprile 1993 (data di entrata in vigore del Decr. Leg.vo 124/93). Il nuovo Decr. Leg.vo 252/05, che ha abrogato e sostituito il precedente Decr. Leg.vo sopra indicato, ha rimosso anche tale limite, ed ora - come esattamente rilevato in dottrina - le Fonti Istitutive non soffrono più di tale limitazione. Si veda sul punto in dottrina quanto osservato da Occhino, in Commentario al Decr. Leg.vo 5 dicembre 2005 n. 252, in Le Nuove Leggi Civili Commentate, 2007, n. ¾, pag. 856: La sua scomparsa [dell art. 18, comma 7, del Decr. Leg.vo 124/93] segna la fine di un regime provvisorio che lascia il posto all applicazione dei principi generali, e dunque, in punto di successione delle regole nel tempo, al potere delle fonti di ridefinire le condizioni di finanziamento e di prestazione, anche in pejus. Nello stesso senso si veda Canadesi, in La Previdenza Complementare, in Commentario al Codice Civile, Giuffrè, 2010, pag La mancata sottoscrizione del datore di lavoro Nessun rilevo potrebbe poi eventualmente avere il fatto che alla stipulazione del suddetto accordo non ha partecipato il datore di lavoro, o anche solo i Liquidatori del Fondo. Nelle norme di legge specifiche sulla previdenza complementare si stabiliscono infatti esplicitamente due principi molto chiari e perfettamente condivisibili: 1. Gli accordi stipulati fra soli lavoratori, senza la partecipazione del datore di lavoro, hanno natura giuridica di Fonti Istitutive di un Fondo Pensione, a rilevanza pubblicistica, con ogni conseguente potere per le Fondi Istitutive medesime; 2. Nei Fondi Pensione in cui manca un versamento contributivo datoriale, la gestione del Fondo (e quindi anche la ripartizione del patrimonio residuo) spetta ai soli lavoratori. Il mancato versamento dei contributi datoriali è previsto dalla legge come motivo per il quale debbono essere i soli lavoratori a gestire e regolare il Fondo (art. 5 del Decr. Leg.vo 252/05) e la composizione degli organi collegiali risponde al criterio rappresentativo di partecipazione delle categorie e raggruppamenti interessati. Il criterio di legge delle categorie e raggruppamenti interessati è quello che ha posto di fronte le due Associazioni dei pensionati che si erano fronteggiate anche giudizialmente (ANPECOMIT per gli opponenti e UNP per gli intervenuti) e che oggi chiedono alla Ecc.ma Corte d Appello l accoglimento delle stesse conclusioni.
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