DI MARCO ZUCCONI PREVENIRE GLI ERRORI, IMPARARE DAGLI ERRORI

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1 16 DI MARCO ZUCCONI PREVENIRE GLI ERRORI, IMPARARE DAGLI ERRORI SUICIDIO IN OSPEDALE In questo numero affronteremo il tema del suicidio del paziente in ospedale, attraverso la presentazione di una raccomandazione pubblicata dal Ministero della Salute (Ufficio III - Qualità delle attività e dei servizi) ad ottobre Prima di esporre la raccomandazione è però opportuno introdurre il tema del suicidio nel suo inquadramento generale. stici ad un problema sociologico. Durkheim si era posto chiaramente il fine di dimostrare che le scienze sociali possono prendere in esame un importante problema sociale come il suicidio, sul quale si era fatta fino ad allora della pura filosofia, arrivando a dare una definizione sistematica dei dati di fatto, sulla base della quale è possibile arrivare a conclusioni capaci di contribuire alla soluzione pratica del problema stesso. Aveva cioè, senza saperlo, creato Il suicidio Uno degli studi più famosi di Émile Durkheim ( ), passato alla storia come il primo grande sociologo empirico, riguarda il suicidio. Pur sembrando in apparenza un atto soggettivo, imputabile a incurabile infelicità personale, Durkheim mostra come ci possano essere dei fattori sociali che esercitano un influenza determinante al riguardo, soprattutto ciò che egli chiama anomia, rottura degli equilibri della società e sconvolgimento dei suoi valori. Nel 1897 Durkheim pubblicò il libro Le suicide. Étude de sociologie, in cui, per primo, applicò metodi statiun modello di Root Cause Analysis (metodologia di indagine sistematica per la ricerca e identificazione dei fattori primari che contribuiscono al verificarsi di un evento avverso), strumento del moderno Risk Management. Egli scelse il suicidio perché su questo argomento c erano diverse statistiche disponibili e perché il suicidio era un grande problema sociale. Durkheim lo definì così: Il termine suicidio si applica a tutti i casi di morte che sono la conseguenza diretta o indiretta di un atto positivo o negativo della vittima stessa, la quale è consapevole delle conseguenze di questo atto. La definizione diretta o indiretta e positivo o negativo origina dal fatto che secondo l autore un uomo che rifiuti di mangiare e si lasci morire di fame è da considerarsi un suicida alla stessa stregua di colui che assume un veleno. Cercando di definire modernamente il suicidio, lo si può intendere, in senso stretto, come l atto con cui

2 17 ropa, perché anche nel nostro Paese i dati sono allarmanti, visto che l 8% di tutti i decessi tra i ragazzi nella fascia di età anni è determinato dalla scelta consapevole di togliersi la vita. Sul territorio italiano si registrano ogni anno 9 casi di suicidio ogni 100 mila abitanti tra i maschi e 2,6 tra le donne (dati Iss-Istat aggiornati al 2001), con tassi più alti tra gli over-65 (23 casi per 100mila abitanti). Le cause del suicidio sono: affettive (dispiaceri amorosi, perdita di congiunti, contrasti familiari, ecc.); economiche (crack finanziari, miseria, perdita del lavoro, perdite al gioco, ecc.); patologiche (malattie mentali quali sindromi depressive, alcoolismo, schizofrenia, o malattie dolorose o neoplastiche, ecc.). Tra i fattori responsabili di casi di suicidio, c è anche l imitazione, ovvero il cosiddetto «effetto Werther», che si ha quando si verifica una serie di suicidi a catena, dopo che sui media ha trovato ampio spazio la cronaca di un suicidio. All origine sta la pubblicazione, da parte di J. W. Goethe, del romanzo I dolori del giovane Werther(1774), a cui seguì una vera epidemia di suicidi. Anche se in questa sede non è possibile affrontare il problema della psicologia e della psicopatologia del suicidio, cioè della condizione psichica, nei suoi aspetti normali e patologici, della persona che ha deciso di togliersi la vita, il suicidio non è quasi mai una de- un individuo si procura volontariamente la morte, in altre parole il suicidio è l espressione finale di un anomalia dell istinto più importante, quello della conservazione; nei Paesi di lingua anglofona si preferisce sintetizzare l azione suicidaria con l espressione Intentional selfkilling = uccisione intenzionale di sé. Possiamo poi definire il tentato suicidio: è un suicidio mancato a causa dei mezzi impiegati o delle circostanze esterne che lo hanno impedito. Il tentato suicidio a volte può essere un tentativo, anche se inadeguato, di affermazione di sé e di richiesta di aiuto. Esso si presenta con una frequenza quasi doppia nelle donne rispetto agli uomini e la sua incidenza diminuisce con l aumentare dell età. È frequente nelle persone immature e fragili dove spesso rappresenta un inadeguata difesa e una protesta nei confronti di una frustrazione che si ha l impressione di non poter reggere, con l intento di indurre negli altri sentimenti di colpa o di solidarietà. A distanza di oltre un secolo dalla pubblicazione del libro Le Suicide, i dati in esso contenuti sono ancora purtroppo, per molti versi attuali, ed il suicidio continua a rappresentare un grande problema sociale. Esso rappresenta in Europa la seconda causa di morte tra i giovani dai 15 ai 24 anni. Non si tratta di un problema che riguarda solo i Paesi del nord Eucisione improvvisa. Poche persone, se non hanno qualche disturbo psichiatrico grave o si trovano a vivere in circostanze estreme, si suicidano in preda ad un raptus di disperazione. In genere, il suicidio è il punto di arrivo di un itinerario mentale lungo e tortuoso (da mesi a molti giorni), che comporta decisioni, indecisioni e decisioni contrarie a quelle prese in precedenza. La persona che sta meditando di togliersi la vita, attraversa queste fasi: la morte viene vista in chiave positiva, si valutano i pro e i contro del suicidio, si decide di porre fine alla propria esistenza e si organizza l evento. Si deve tener presente che un ripensamento è sempre possibile; in molti casi l istinto di sopravvivenza ha la meglio e all ultimo minuto l aspirante suicida torna sui suoi passi. Se in tale percorso dovesse subentrare l ospedalizzazione, la situazione può precipitare. Con l ospedalizzazione, il soggetto si trova lontano dalla sua condizione sociale e familiare, in cui bene o male si muoveva con una certa sicurezza, ed è trapiantato in una situazione, l istituzione ospedaliera, con leggi, consuetudini, strutture gerarchiche proprie, cui dovrà adattarsi. Depersonalizzato fin dal momento del ricovero, spesso indicato non più con il suo nome ma con il suo numero di letto (o la sua patologia), a volte informato poco e male sulla sua malattia e sull iter dia- professioneinfermiereumbria2/07

3 18 gnostico-terapeutico cui dovrà essere sottoposto, il malato si rende subito conto di aver perduto la sua autonomia e di essere in balia di eventi immani, che non può dominare né correggere, e così può decidere di togliersi la vita. Secondo il Ministero della Salute, il suicidio in ospedale rappresenta un evento sentinella di particolare gravità, la cui prevenzione si basa su una appropriata valutazione delle condizioni del paziente. La frase Questa frase ci ricorda come sia importante prendersi cura non solo del corpo, come accade spesso in ospedale, ma contemporaneamente anche dello spirito. Da un punto di vista assistenziale ritengo che uno dei compiti degli operatori che affiancano il paziente considerato a rischio di suicidio sia quello di accogliere la dimensione psicologica, ma più che psicologica direi spirituale, di quel particolare momento di vita di chi finisce per essere più affascinato dalla morte, che non conosce, che dalla vita che non tollera. Così cerca la morte quasi con una sensazione di piacere; la visita, la vede, la rivede, la ritualizza nei gesti mentali, fino ad occupare tutto lo spazio immaginativo, per poi compiere l atto fatale, se questo non gli viene impedito. La Raccomandazione La raccomandazione affronta, secondo il Protocollo per il monitoraggio degli eventi sentinella del Ministero della Salute, la prevenzione dell evento sentinella n.3: suicidio in paziente ricoverato, ovvero la morte del paziente per suicidio, avvenuta all interno della struttura ospedaliera. Il paziente è presente nella struttura per ricevere prestazioni di assistenza ospedaliera (ricovero, visita specialistica, controllo). la frase È errore assai diffuso tra gli umani, quello di voler intraprendere, separatamente, la cura del corpo e quella dello spirito. Platone, a. C. Sono inclusi anche i casi di suicidio di pazienti che tentano di fuggire dall ospedale e di pazienti in TSO che eludono il personale di assistenza, ma sono esclusi i pazienti che nel tentativo di fuggire muoiono accidentalmente. Il verificarsi dell evento indica una sottovalutazione delle condizioni psichiche del paziente ed una inadeguata sorveglianza dei pazienti a rischio. Le caratteristiche dell ambiente, degli spazi ospe- dalieri e le condizioni organizzative (finestre non protette, farmaci e taglienti incustoditi, disinformazione del personale sul rischio di suicidio, ecc.) possono favorire il rischio di suicidio. Numerosi dati internazionali dimostrano la rilevanza del problema, pertanto, è necessario che negli ospedali vengano adottati strumenti e misure idonee di prevenzione; in Italia alcuni ospedali hanno già intrapreso iniziative per contrastare l occorrenza di tale evento. La letteratura internazionale ha individuato una serie di fattori di rischio relativi al suicidio (predittori) e la loro conoscenza consente l adozione di strategie efficaci per la riduzione degli eventi suicidiari (compresi quelli tentati) in ospedale, con l obiettivo di ridurne il numero, agendo su: 1) strumenti di valutazione del paziente; 2) profili assistenziali per i pazienti che hanno una reazione suicidiaria o tentano il suicidio, che prevedano la continuità della cura anche dopo la dimissione; 3) processi organizzativi; 4) formazione degli operatori; 5) idoneità ambientale e strutturale. Il suicidio può avvenire in tutto l ambito ospedaliero, ma, secondo i dati disponibili, possono essere considerati a maggiore rischio le aree cliniche quali il Servizio Psichia-

4 19 trico di diagnosi e cura (SPDC), le unità operative di Oncologia, Ostetricia e Ginecologia e il Dipartimento di emergenza, nonché gli spazi comuni quali scale, terrazze e vani di servizio. Per garantire la prevenzione è fondamentale la presa in carico del paziente e perché questa sia efficace ed appropriata vanno previste almeno le seguenti attività: Anamnesi L anamnesi completa, effettuata in un clima accogliente che favorisca la comunicazione tra operatore e paziente, è uno strumento essenziale per l identificazione dei fattori di rischio da monitorare. La valutazione del rischio di suicidio si avvale di: RICOSTRUZIONE STORICA DELLA VITA DEL PAZIEN- TE (diagnosi cliniche e valutazione psicosociale), considerando in particolare pregressi atti autolesivi e familiarità per il suicidio, abusi sessuali, avversità significative anche recenti (ad esempio un lutto): è opportuno sottolineare che circa il 30-40% dei suicidi ha già tentato il suicidio; ANALISI DELLE CARATTE- RISTICHE ANAGRAFICHE E SOCIO-CULTURALI DEL PAZIENTE. Vanno considerati almeno: sesso (i maschi sono più a rischio), età (compresa tra i 15 e i 24 anni o superiore ai 65), isolamento sociale; ACCERTAMENTO DELLE CONDIZIONI CLINICHE, in particolare sindromi cerebrali organiche, patologia psichiatrica (depressione, disordine bipolare, schizofrenia ed altri disturbi psicotici, disordini di personalità con comportamento aggressivo o narcisistico o falsa autosufficienza, personalità borderline o antisociale, disturbo della condotta e disturbo oppositivo in età evolutiva), abuso/dipendenza (da alcol, stupefacenti e/o psicofarmaci, da gioco, da tabacco), eventuali diagnosi multiple, ansia, attacchi di panico, insonnia, patologia terminale; ESAME OBIETTIVO (compresa l effettuazione di esami clinici mirati) per cogliere i segni tipici dell alcolismo cronico nonché di un eventuale sindrome da astinenza; RILEVAZIONE DI ALTRI SE- GNI PREDITTORI, tra cui: difficoltà di ragionamento, commenti o battute sul suicidio, affermazioni concernenti l assenza di speranza, assenza di significato, inutilità, impotenza, disperazione, rabbia, bassa stima di sé, autodenigrazione, percezione che gli eventi siano catastrofici, ipergeneralizzazione, lettura degli eventi come fatti personali, agitazione, scarso controllo degli impulsi, ridotta capacità di giudizio, allucinazioni concernenti il suicidio, senso di colpa, mancanza di progetti per il futuro, eccessiva attenzione alla donazione degli organi, eccessivo interesse o disinteresse per la religione o recente cambio di atteggiamento nei confronti della stessa, possesso maniacale di farmaci, pensiero fisso sulla necessità di fare testamento o di sistemare i propri affari. Una migliore valutazione del rischio e la conoscenza del problema consentono di mantenere un adeguato livello di vigilanza se il paziente è turbato o, paradossalmente, se i sintomi sembrano alleggerirsi. Particolare attenzione va rivolta ai pazienti fragili sottoposti a repentini cambiamenti di vita e a coloro che: hanno avuto una reazione suicidiaria che li ha portati al ricovero in ospedale; presentano una chiara patologia psichiatrica (soprattutto depressione e schizofrenia); manifestano una sindrome organica confusionale; giungono in ospedale e manifestano tale ideazione; hanno subito o temono di subire una grave perdita (a seguito della comunicazione della diagnosi, di patologia oncologica, passaggio da terapia curativa a palliativa, decesso di neonato, depressione post parto, amputazione d arto ed altre prognosi infauste). professioneinfermiereumbria2/07

5 20 In fondo all articolo viene presentata una possibile traccia per orientare l operatore nella conduzione del colloquio con il paziente, dopo aver raccolto l anamnesi, nei casi in cui sia emerso un sospetto da approfondire o possibili fattori di rischio, elaborata sulla base delle correnti linee guida psichiatriche internazionali, nonché delle indicazioni nazionali. Si sottolinea l importanza dell infermiere come interlocutore privilegiato col paziente, in quanto costantemente presente in reparto e spesso confidente dei problemi, anche molto intimi e personali del malato. Inoltre l infermiere, nella raccolta dati del processo di nursing, qualunque sia il modello teorico di riferimento, è particolarmente portato ad indagare la dimensione psicologica e sociale del paziente. Percorso clinico assistenziale Il rischio di suicido è massimo nei primi giorni del ricovero e nella prima settimana dopo la dimissione perciò la presa in carico del paziente, oltre ad un accurata valutazione, richiede: l integrazione delle diverse competenze degli operatori sanitari e informal caregiver presenti nell unità operativa, al fine di cogliere i segni premonitori dell atto suicidiario; la possibilità di avvalersi delle consulenze specialistiche psicologiche e psichiatriche; il coinvolgimento di altri specialisti e del medico di medicina generale del paziente, sia per completare l anamnesi, sia per favorire la continuità terapeutica al momento della dimissione; il maggiore coinvolgimento possibile della famiglia e degli amici del paziente, sia nella fase di valutazione sia nella gestione dei fattori di rischio; il coinvolgimento, sulla base di protocolli concordati, di volontari preparati all uopo; una comunicazione adeguata tra gli operatori e tra questi e i pazienti; la prescrizione di terapie personalizzate per i soggetti ritenuti a rischio suicidiario, fino al TSO. All atto della dimissione di pazienti che hanno tentato il suicidio è opportuno assicurare: la disponibilità immediata di un referente ospedaliero da contattare in caso di bisogno; l integrazione con i servizi territoriali sociosanitari per fornire supporto fisico e psicologico in modo attivo e continuativo. Le caratteristiche dell ambiente e degli spazi ospedalieri ed i processi organizzativi possono contribuire ad evitare il verificarsi dell evento. È opportuno che l ospedale, nel rispetto della dignità della persona, disponga di: dispositivi di sicurezza, quali serrature di sicurezza, video a circuito chiuso, allarmi, ringhiere; infissi di sicurezza, ove possibile, assicurandone una manutenzione adeguata (con particolare riguardo ai punti luce/finestre dei piani alti, dato che in ospedale il suicidio più frequente è quello per precipitazione); strutture ed attrezzature che non suggeriscano usi impropri; misure che impediscano alla persona a rischio di accedere a mezzi per togliersi la vita (ad esempio oggetti taglienti, cinture, corde, farmaci). A tal riguardo in alcuni paesi è stata introdotta una procedura per l identificazione di tutti i possibili oggetti pericolosi da non lasciare al paziente. È necessario: informare il personale sul rischio suicidiario del paziente; predisporre procedure specifiche basate su linee guida e percorsi assistenziali da attuare per i soggetti a maggior rischio; porre attenzione ai trasferimenti di pazienti a mag-

6 21 giore rischio di suicidio (affidamento ad accompagnatori preparati); evitare di lasciare soli i pazienti a rischio ed eventualmente definire modalità per la vigilanza, sulla base della gravità del rischio, fino all assistenza continua di un operatore per paziente. Particolare attenzione deve essere prestata nelle ore serali e notturne, quando il rapporto numerico tra personale e pazienti è ridotto. Per aumentare la capacità degli operatori di rilevare la predisposizione dei pazienti al suicidio ed adottare idonee misure di prevenzione, vanno incrementate le attività di orientamento e formazione del personale rispetto a tale problematica, nonché garantiti richiami sulla comunicazione e sui rischi connessi al suicidio nelle attività formative per il conseguimento del titolo professionale. Va previsto, inoltre, un aggiornamento specifico periodico del personale operante in unità operative considerate critiche. Le Direzioni Generali, le Direzioni Sanitarie, la Direzione Medica di Presidio, i Direttori di Dipartimento sono responsabili della implementazione della Raccomandazione. Inoltre le Direzioni Aziendali devono predisporre e rendere disponibile a tutti gli operatori un protocollo operativo per la prevenzione e la gestione degli atti suicidiari. Guida per il colloquio con il paziente La presente guida vuole costituire una traccia per gli operatori per la conduzione del colloquio, partendo dalla quale è necessario sviluppare, in relazione alla specifica situazione, una propria linea operativa. Essa può essere utilizzata quando vi è un sospetto da approfondire (dopo aver quindi raccolto attraverso l anamnesi le informazioni circa i rischi). È opportuno che il colloquio avvenga in un clima di rispetto e di fiducia, è pertanto necessario scegliere una sede in cui non vi siano interruzioni e venga garantita la privacy e che consenta di porsi in costante atteggiamento empatico e di ascolto attivo nei confronti del paziente. È importante cercare di non perdere il contatto oculare con il paziente. Durante il colloquio porre attenzione alle interruzioni della comunicazione, alle affermazioni mirate a suscitare senso di colpa negli altri o a imporre comportamenti, rivolte a specifiche persone o al mondo intero. Nel seguito vengono elencate alcune domande che possono essere utilizzate per la conduzione del colloquio, che vanno scelte e adattate alla specifica situazione. Il colloquio, che va iniziato in modo graduale, è opportuno faccia riferimento a fatti, facendo precedere alcune domande sullo stato d animo, alle domande sulle intenzioni suicidarie. Esse sono utili per accertare l entità del rischio di suicidio, se la persona ha forti sensi di colpa o se prova una forte rabbia per un torto subito e spera con il suicidio di suscitare disagio e rimpianto nel colpevole, i fattori protettivi, il rischio effettivo di morte. Come si sente? Che progetti ha per quando esce dall ospedale? Si è sentito giù recentemente? Si è mai sentito così in precedenza? Che cosa era successo? C è qualcosa che la preoccupa o la turba molto? In che modo le persone (eventualmente specificare) vicine le rendono la vita più difficile? Ha avuto l impressione di non farcela più? Ha l impressione che non ci sia una via di uscita? Sente di dovere espiare qualche colpa? Alcune persone nella sua situazione penserebbero che non vale la pena continuare a vivere, è successo anche a Lei? Ha mai pensato di farsi del male (o togliersi la vita)? Come? Con che frequenza le sovvengono tali pensieri? Per quanto tempo ci ha pensato negli ultimi giorni? Che cosa l ha trattenuta dal far- professioneinfermiereumbria2/07

7 22 lo? (Ciò consente di identificare i fattori protettivi) Ha mai chiesto aiuto? A chi si è rivolto? Qualcuno le è stato particolarmente vicino? Ha mai pensato come ciò influenzerebbe la vita dei suoi cari? (Se ha famiglia) Ha mai tentato il suicidio prima? Quante volte? Quando l ultima volta? In che modo? (Chiedersi quale era il rischio effettivo di morte) Ha mai pensato a come farla finita? (Chiedersi se il piano è realistico ed è davvero potenzialmente letale) Ha progettato quando farlo? Ha il necessario per farlo? Ha pensato a chi lasciare le cose che le sono più care? Ha espresso le sue volontà a qualcuno di cui si fida o le ha lasciate scritte? Ha mai fatto impulsivamente qualcosa di cui poi si è pentito? Assistenza infermieristica È necessario che il personale infermieristico tratti il paziente considerato a rischio con adeguate cautele, quali: Il rispetto e la comprensione per la profonda sofferenza. La creazione intorno al soggetto di un clima tranquillo e sereno. L adeguamento ai ritmi ed ai silenzi imposti dal paziente. La manifestazione di un sentimento che faccia sentire il malato ben voluto. La responsabilizzare progressiva del paziente, che lo aiuti a ritrovare l autonomia perduta, rimettendo nelle sue mani e secondo le sue reali possibilità, le responsabilità e le iniziative che altri si erano assunte per lui. Il favorire un processo di risocializzazione, incoraggiando ogni suo tentativo di ripresa dei contatti umani. L attuazione di una sorveglianza attenta e continua, ma anche discreta e rispettosa, ovvero una presenza premurosa e costante, ma non un controllo carcerario. La creazione di un rapporto di confidenza con il paziente, che lo induca a comunicare i propri sentimenti e pensieri, anche se nefasti. Mi rendo conto che gli elevati carichi di lavoro, spesso derivanti dalle ridotte dotazioni organiche, non permettono di dedicare molto tempo alla personalizzazione dell assistenza, ma solo attraverso tale modalità si può riuscire a salvare una vita che vale in ogni caso la pena di essere vissuta. Occorre riuscire a non far perdere la speranza, e laddove ciò avvenga inevitabilmente, sta a noi, professionisti della salute, contribuire a recuperare la persona all istinto primario della sopravvivenza restituendole la capacità di sperare. Un esperienza personale Ricordo ancora un episodio accaduto alcuni anni or sono, quando prestavo servizio come infermiere presso il Pronto Soccorso ed in ambulanza. Un lunedì mattina contribuii a soccorrere una giovane che si era buttata dal terrazzo della propria abitazione, riportando gravi lesioni. La stessa giovane il mercoledì mattina, nonostante i postumi dell intervento cui era stata sottoposta e una trazione ossea, eludendo la sorveglianza di un familiare, si gettò dalla finestra del reparto dove era ricoverata. Cadde per oltre 15 metri e morì sul colpo. Io mi ritrovai ad essere uno dei primi ad accorrere, nonché a trasportare poi il suo corpo presso l obitorio. Nonostante avessi assistito a numerosissimi eventi traumatici, rimasi profondamente colpito dall episodio e riflettei a lungo sul perché questo fosse accaduto e se si sarebbe potuto evitare. Ora probabilmente ho qualche strumento in più per trovare delle risposte a quelle domante, rimaste allora insolute. Bibliografia DURKHEIM É., Il suicidio: Studio di sociologia, trad. it. Rizzoli, Milano MINISTERO DELLA SALUTE., Prevenzione di suicidio di paziente in ospedale, Roma Ottobre FERRUTA A., Un lavoro terapeutico, l infermiere in psichiatria, Franco Angeli, Milano NAPPELLO P., Il paziente e il suicidio, uno stretto legame, Da: ivio/aree/psichiatrica/doc.html

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