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1 A T T I D E L C O N V E G N O L ETICA E LA LEGALITA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E NELLE SOCIETA A PARTECIPAZIONE PUBBLICA, ALLA LLUCE DELLA LEGGE ANTICORRUZIONE Bologna, 16 gennaio Sede Carisbo, Sala dei 100 Dott. Riccardo Patumi Magistrato sezione controllo Corte dei Conti della Regione Emilia-Romagna IL NUOVO CODICE DI COMPORTAMENTO DEI DIPENDENTI PUBBLICI: ASPETTI PROBLEMATICI 1- INTRODUZIONE Una delle principali novità introdotte dalla c.d. legge anticorruzione è costituita dalla radicale modifica dell art. 54 del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, rubricato testo unico sul pubblico impiego, dedicato al codice di comportamento dei dipendenti pubblici 1. Mediante il nuovo codice di comportamento il legislatore ha normativizzato alcuni principi etici, cioè ha reso giuridicamente obbligatorie regole il cui rispetto era precedentemente rimesso alla coscienza dei dipendenti pubblici. La valenza giuridica delle norme del codice di comportamento è passata, nel tempo, attraverso tre distinte fasi. Prima della c.d. riforma Brunetta, avvenuta nel , si riteneva che le norme del codice di comportamento fossero canoni comportamentali dotati di mero valore interno. A seguito della riforma Brunetta la dottrina ricostruì le previsioni del codice di comportamento come aventi carattere integrativo del codice di disciplina, nonché rispetto alla responsabilità dinanzi alla Corte dei conti, in quanto si disse che tali previsioni, pur non avendo una diretta rilevanza giuridica, contribuivano ad integrare l obbligo di servizio violato 3. 1 Nel 1993 il programma sulla base del quale il Governo Ciampi ottenne la fiducia dal Parlamento prevedeva l elaborazione di un codice di comportamento anche per i politici; tale intenzione non ebbe, tuttavia, seguito. 2 Con d. lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni. 3 Auriemma S. La terza riforma del pubblico impiego e i riflessi sul sistema della responsabilità amministrativa, Rivista della Corte dei conti, 2010, 1. 1

2 Il processo di progressiva giuridicizzazione delle regole etiche 4 si è concluso con la legge anticorruzione, mediante la previsione secondo la quale La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento è fonte di responsabilità disciplinare ed è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile amministrativa e contabile. Abbiamo parlato di progressiva giuridicizzazione di regole etiche, quindi di un passaggio di tali principi dal campo dell etica a quello del diritto, conseguente alla necessità di imporre, attraverso un sistema di precetti la cui violazione è sanzionata, l osservanza di regole che, in realtà, dovrebbe essere spontanea. Ovviamente, su un piano strettamente etico, la circostanza che si sia reso necessario giuridicizzare queste regole dev essere considerata una sconfitta. Ulteriore novità prevista dalla legge anticorruzione è costituita dall obbligo, per le singole amministrazioni, di definire un proprio codice di comportamento finalizzato ad integrare e specificare il codice di primo livello; precedentemente, infatti, l adozione da parte delle singole amministrazioni di un codice di comportamento era solo eventuale. In attuazione della delega contenuta nella legge anticorruzione, mediante D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, è stato emanato il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Successivamente, l Autorità nazionale anticorruzione, con delibera n. 75 del 24 ottobre 2013, ha pubblicato le linee guida relative ai codici di comportamento che devono essere emanati dai singoli enti pubblici. 2- L ESTENSIONE DEGLI OBBLIGHI DI CONDOTTA L art. 2, comma 3 del nuovo codice di comportamento prevede la c.d. estensione degli obblighi di condotta, in quanto stabilisce che le pubbliche amministrazioni estendono, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo (ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere a favore dell amministrazione) A tale fine, negli atti di incarico o nei contratti le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal presente codice. Quindi, l estensione degli obblighi di condotta opera per quanto gli stessi siano compatibili, rispetto ai soggetti che collaborano con gli enti pubblici. 4 Marino F. e Iacovino A. Etica pubblica e amministrazione tra senso e consenso, ed. Aracne,

3 Nelle linee guida l Autorità nazionale anticorruzione, circa la compatibilità degli obblighi, ha stabilito che, nell applicare la norma, le amministrazioni dovranno individuare in modo specifico le ipotesi da prevedere nelle clausole di risoluzione e decadenza del rapporto che dovranno essere inserite nei contratti di acquisizione delle collaborazioni, delle consulenze e dei servizi. Il problema è che i singoli enti si trovano in oggettiva difficoltà nel distinguere gli obblighi di condotta compatibili e, conseguentemente, nella quasi totalità dei casi stanno impostando le clausole di risoluzione e decadenza del rapporto sulla base della violazione degli obblighi di condotta previsti dal codice di comportamento e stabilendo che l estensione opera in quanto gli obblighi siano (appunto) compatibili. In realtà, sembra arduo pensare che potrà essere giudicato risolto un rapporto (o ritenere un soggetto decaduto dallo stesso) per la violazione di obblighi non che non siano stati preventivamente individuati con esattezza: è facile, quindi, attendersi un contenzioso notevole, e dall esito prevedibilmente sfavorevole per l amministrazione. 3- DISCIPLINA DEI REGALI La norma del precedente codice di comportamento 5 in materia di regali era caratterizzata da una formulazione particolarmente infelice. Il primo comma dell art. 3 stabiliva che Il dipendente non chiede né accetta regali salvo quelli d uso di modico valore, da soggetti che abbiano tratto o comunque possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all ufficio ; il secondo comma regolamentava la dazione di regali da subordinati ai sovraordinati. Pertanto, stando alla lettera della legge, un pubblico dipendente avrebbe potuto legittimamente chiedere un regalo d uso purché di modico valore, ad un soggetto che avesse tratto (o che avrebbe potuto trarre) benefici da attività inerenti l ufficio! La disciplina introdotta in materia dal nuovo codice di comportamento è, invece, più rigorosa e dettagliata, anche se sembra essere migliorabile. I divieti previsti sono tre: 1- divieto di accettare regali o altre utilità, salvo quelli d uso di modico valore effettuati occasionalmente nell ambito delle normali relazioni di cortesia. 5 D.M , Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. 3

4 La norma si riferisce esclusivamente all accettare regali, quindi il nuovo codice ha finalmente distinto la condotta consistente nell accettare regali da quella concretizzantesi in un chiedere. Il legislatore chiarisce che per modico valore deve intendersi, in via orientativa, il valore non superiore a 150 euro, ma è fatta salva la possibilità, per le singole amministrazioni, di fissare limiti inferiori, fino ad escludere la possibilità di ricevere regali; 2- il dipendente in ogni caso non chiede regali o altre utilità a titolo di corrispettivo per compiere o aver compiuto un atto del proprio ufficio; 3- il dipendente non accetta da un proprio subordinato regali (e, parallelamente, il dipendente non li offre), salvo quelli d uso di modico valore. L Autorità nazionale anticorruzione, ha altresì stabilito che i codici di secondo livello dovranno prevedere criteri per la valutazione dei casi di cumulo di più regali con un valore inferiore ai 150 euro. Da rilevare, inoltre, come l art. 4 abbia stabilito che i regali ricevuti fuori dai casi consentiti sono dal dipendente che li abbia ricevuti messi a disposizione dell amministrazione per la restituzione, o per essere devoluti a fini istituzionali. La normativa, seppur apprezzabile per l aver disciplinato una materia delicata in modo dettagliato ed anche per non essersi sottratta alla difficoltà di definire il modico valore, non è del tutto convincente, quantomeno sotto due aspetti. Il primo concerne proprio l aver individuato il modico valore in 150 euro. Per completezza, ricordiamo che lo schema di D.P.R. recante il codice di comportamento aveva fissato detto valore in 100 euro, pur ammettendo la possibilità, per i piani triennali di prevenzione della corruzione, di rimodulare l importo fino al valore di 150 euro. Chi vi parla ritiene che la possibilità di accettare un regalo costato oltre 100 euro (ma il discorso ben potrebbe estendersi ad ogni utilità quantomeno superiore ai euro) non possa essere giustificata, in quanto incompatibile con il corretto rapporto che sempre dovrebbe instaurarsi tra pubblica amministrazione ed utenza, giacché la dazione di un regalo d importo di superiore ai sembra andare al di là della mera cortesia e, quindi, in grado di creare aspettative da parte del donante circa un conseguente successivo trattamento di favore nei suoi confronti. Pertanto, nei codici di comportamento di secondo livello sarebbe bene rideterminare il modico valore in un importo sensibilmente più basso. Il secondo aspetto che desta perplessità consiste nella previsione che i regali ricevuti fuori dai casi consentiti (nella maggior parte dei casi si tratterà di regali il cui valore sia andato 4

5 oltre il modico ) possano essere devoluti a fini istituzionali. Alla base della perplessità si pone la medesima riflessione svolta in merito al modico valore. La disciplina dei regali, infatti, dovrebbe avere come scopo quello di assicurare la correttezza del rapporto tra pubblica amministrazione ed utenza, nonché di preservare l immagine dell amministrazione. Tutyavia, nel momento in cui un regalo ricevuto fuori dai casi consentiti è devoluto dall amministrazione a fini istituzionali, il corretto rapporto tra amministrazione ed utenza non viene assicurato, in quanto la situazione, dall ottica del donante, è comunque quella di un regalo che è stato dato all ente pubblico, con un conseguente costo e, in ultima analisi, con l aspettativa che a quel costo, come ad ogni altro, in qualche modo conseguirà un vantaggio, sotto forma di trattamento di favore. Pertanto, sarebbe opportuno che i codici di comportamento prevedessero esclusivamente la restituzione dei regali ricevuti fuori dai casi consentiti. 4- PREDETERMINAZIONE DELLE SANZIONI L art. 16 del nuovo codice di comportamento stabilisce che Ai fini della determinazione del tipo e dell entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento e all entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, escluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli (segue un elencazione delle norme la cui violazione può dar luogo anche all applicazione del licenziamento). Facciamo un passo indietro. La Sezione lavoro della Corte di cassazione nel corso degli anni ha mutato giurisprudenza in merito alla problematica relativa al grado di specificità che i codici disciplinari devono raggiungere nella predeterminazione delle sanzioni 6, cioè circa il problema di quanto occorre che la tipologia di sanzione applicabile, in conseguenza della commissione di una data condotta, sia preventivamente predeterminata. La Corte Suprema è passata dalla ricostruzione secondo la quale sarebbe necessaria la predeterminare la sanzione applicabile per ciascuna infrazione 7, alla più recente teoria per la quale è sufficiente che i codici disciplinari individuino, con chiarezza, le ipotesi di 6 Zambelli A., Risoluzione rapporto di lavoro, le Guide pratiche de Il sole 24 ore, Corte di cassazione, 15 gennaio 1987, n

6 infrazione indicando, in corrispondenza, le previsioni sanzionatorie, anche se in maniera ampia e suscettibile di adattamento alle effettive e concrete inadempienze 8. In altre parole, la Cassazione in un primo momento ha ritenuto che per ogni infrazione fosse necessario specificare la conseguente sanzione, in un secondo momento ha richiesto che fossero necessariamente individuate le sanzioni conseguenti alle infrazioni, ma aggiungendo che l indicazione può legittimamente essere operata in maniera ampia e suscettibile di adattamento ai casi concreti. In tal modo, nella giurisprudenza vi è stato un arretramento di tutela per i soggetti sottoposti a un procedimento disciplinare, poiché nel corso degli anni è stata superata la precedente posizione più garantista. La linea di pensiero sulla quale si è attestato il giudice del lavoro lascia perplessi, se consideriamo che la mera tassatività delle sanzioni disciplinari (cioè il numero predeterminato e chiuso delle sanzioni infliggibili) e la gradualità sanzionatoria (cioè la previsione che a fronte di comportamenti più gravi siano aggravate le sanzioni) non sembrano sufficienti a garantire il soggetto passivo di un procedimento disciplinare, a fronte della troppo ampia discrezionalità riconosciuta al datore di lavoro nell individuare la sanzione applicabile. La giurisprudenza, nel considerare sufficiente che le sanzioni siano indicate in maniera ampia, ha comunque riconosciuto la legittimità del codice di disciplina del comparto Regioni ed Autonomie locali, il quale prevede condotte tipizzate che comportano una sanzione disciplinare che può andare da un minimo del rimprovero orale, al rimprovero scritto, al massimo della multa pari a 4 ore di retribuzione (detto codice, inoltre, individua condotte alle quali si applica la sospensione dal servizio fino a 10 giorni, altre da 11 giorni a 6 mesi, altre ancora il licenziamento con preavviso ed, infine, comportamenti che possono determinare il licenziamento senza preavviso). La scelta del codice di condotta di individuare alcune fattispecie che danno luogo alla possibilità, per il datore di lavoro, di comminare una sanzione che può consistere in un rimprovero orale, o scritto, o in una multa, non è del tutto convincente (per i motivi già visti) e, tuttavia, come già accennato, non contrasta con il dettato della Cassazione, secondo la quale le previsioni sanzionatorie possono essere indicate in corrispondenza alle ipotesi di infrazione, anche se in maniera ampia e suscettibile di adattamento alle concrete inadempienze. 8 Corte di cassazione, 8 giugno 2001, n

7 Quindi, secondo la Cassazione devono essere indicate sanzioni in corrispondenza delle ipotesi di infrazione, anche se in maniera ampia. Torniamo al nuovo codice di comportamento dettato per tutti i pubblici dipendenti il quale, dopo aver tipizzato gli obblighi ed avere stabilito che la relativa trasgressione è fonte di responsabilità disciplinare, prevede che ai fini della determinazione del tipo della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento e all entità del pregiudizio, salvo limitarsi ad indicare le norme la cui violazione può dar luogo al licenziamento Pertanto manca del tutto l individuazione delle sanzioni in corrispondenza delle ipotesi di infrazione, in contrasto con quanto richiesto dalla Cassazione. Le linee guida in materia di codice di comportamento delle pubbliche amministrazioni, emesse dall Autorità nazionale anticorruzione, si sono limitate a prevedere che i singoli enti pubblici, in sede di disposizione dei codici di secondo livello, possono specificare, in corrispondenza di ciascuna infrazione, il tipo e l entità della sanzione applicabile, individuata tra quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi. Lo sforzo richiesto agli enti locali è, tuttavia, non di poco conto, soprattutto in considerazione della circostanza che i codici di comportamento devono essere adottati in un periodo denso di scadenze. Il prevedibile risultato è stato che, per quanto consta a chi vi parla, nessun ente sta tentando di tipizzare le sanzioni applicabili per le singole infrazioni. Qualche attento dirigente di Ufficio procedimenti disciplinari ha rilevato il problema e sta pensando di ovviarvi proponendosi di indicare sempre, parallelamente alla violazione di una norma del codice di comportamento, una inosservanza del codice di disciplina. Il tentativo di soluzione è senza dubbio apprezzabile, tuttavia non sempre sarà possibile individuare una violazione del codice di disciplina correlativa alla violazione del codice di comportamento; inoltre, la stessa intenzione di utilizzare un espediente dimostra l esistenza del problema. La conseguenza è che la mancata predeterminazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dei precetti dei codici di comportamento determinerà un deficit di garanzia per i soggetti passivi dei procedimenti disciplinari, unitamente ad un probabile contenzioso, stante la dubbia legittimità costituzionale della disciplina. 5- CONCLUSIONI Concludiamo questo breve intervento con qualche riflessione. 7

8 L auspicio è che l Autorità nazionale anticorruzione quanto prima emetta nuove linee guida in materia di codice di comportamento o, in alternativa, cerchi almeno di risolvere le problematiche che abbiamo succintamente analizzato, mediante pareri. Allargando il discorso, è forse utile evidenziare come il complessivo sistema di responsabilità che grava sui dipendenti pubblici, soggetti a responsabilità penale, civile, ammnistrativo-contabile, dirigenziale e disciplinare, dopo la previsione della vincolatività degli obblighi contenuti nei codici di comportamento, rischi di essere percepito come eccessivamente penalizzante. Soprattutto nell attuale momento storico, in cui il legislatore ha inciso sul pubblico impiego sia a livello retributivo, sia per quanto concerne il carico di lavoro, è evidente il pericolo che la categoria degli impiegati pubblici possa sentirsi costantemente nell occhio del ciclone, soprattutto a livello locale, e demotivarsi. In realtà, ragionando in positivo, la giuridicizzazione delle regole etiche e la nuova attenzione al tema etico potrebbe, al contrario, costituire un opportunità di rilancio del pubblico impiego, rilancio ormai non più rinviabile se solo consideriamo la scarsa fiducia riposta dai cittadini nei confronti dell apparato pubblico. Peraltro, in questa fase di crisi, in cui l Italia ha l assoluta esigenza di agganciare la ripresa, il rilancio del pubblico impiego sarebbe importantissimo, stante la consapevolezza che la globalizzazione rende necessario, per invogliare gli investitori ad assumersi rischi, un sistema pubblico moderno, efficiente, trasparente e in grado di operare al di fuori di qualsivoglia conflitto di interessi, tale da garantire cittadini ed operatori economici. Non vi sono dubbi che il nostro pubblico impiego abbia la le potenzialità necessarie per vincere questa sfida. Bologna 11 febbraio

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