Ebrei in Italia UNIONE DELLE COMUNITÀ EBRAICHE ITALIANE. Oltre duemila anni di storia apertura e partecipazione.

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1 brochure gce 08 C :08 Pagina 1 Ebrei in Italia Oltre duemila anni di storia apertura e partecipazione UNIONE DELLE COMUNITÀ EBRAICHE ITALIANE

2 Gli ebrei italiani: apertura e partecipazione Cosa fa l'unione delle Comunità Ebraiche Italiane 2 Ostia antica, Sinagoga I secolo e. v. Trieste, Sinagoga 1912 EBREI IN ITALIA Gli ebrei italiani sono eredi di una tradizione bimillenaria che con tenacia e fedeltà ha donato e continua a offrire contributi insostituibili alla società civile. La storia degli ebrei italiani, che risale ai tempi dell antica Roma, è unica nel suo genere anche per le conseguenze culturali e religiose che ha prodotto nell intera Europa. Le Comunità Ebraiche Italiane non si sono mai chiuse in se stesse, né si sono mai rassegnate a dispiegare un azione volta a celebrare un passato straordinario. Ma hanno sempre testimoniato la propria vitalità partecipando al progresso generale del Paese verso il quale hanno sviluppato un profondo processo di integrazione e un forte sentimento di appartenenza. L apertura del mondo ebraico verso coloro che vogliono conoscerlo e studiarlo facilita la comprensione, il confronto, il dialogo. La cultura è la chiave che apre le porte, che avvicina tra loro persone di tradizioni diverse e che, spesso, consentendo la riscoperta di lontane radici comuni, crea le condizioni per percorrere insieme sentieri vecchi e nuovi e per accettare le sfide di fronte alle quali ci pone una società in continua e sempre più rapida evoluzione. Nel corso dell anno abbiamo festeggiato con emozione il sessantesimo anniversario della fondazione dello Stato d Israele. L augurio migliore che possiamo formulare a questo Paese che concentra in sé tanta storia, tanti significati, tante speranze è che la pace conquisti i cuori di tutte le genti. Renzo Gattegna Presidente dell Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Unione delle Comunità Ebraiche Italiane L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rappresenta gli ebrei d'italia nei confronti delle istituzioni e delle autorità italiane ed estere, coordina le Comunità ebraiche e l'ebraismo italiano, sovrintende e promuove l'istruzione e le attività culturali, religiose e sociali degli ebrei in Italia.

3 Come sono organizzate le comunità ebraiche in Italia La vita ebraica nelle nostre città In Italia esistono oggi 21 Comunità ebraiche: ciascuna con propri rabbini o ministri di culto, con una o più sinagoghe, con scuole o corsi di cultura ebraica, con differenti servizi comunitari (attività culturali, educative, museali, assistenziali). Le dimensioni di queste comunità sono molto diverse: dopo Roma e Milano che sono le più grandi, vi sono comunità di media grandezza come Trieste, Venezia, Torino, Firenze e Livorno, e vi sono molte comunità di piccole dimensioni come Napoli, Bologna, Pisa, Ancona, Modena, Ferrara, Padova, Casale Monferrato, Parma, Merano, Genova, Verona, Mantova, Vercelli. Ciascuna Comunità è organizzata autonomamente con un Consiglio, una Giunta e un Presidente scelti dagli iscritti attraverso periodiche elezioni. Le Comunità sono Enti senza scopo di lucro che si finanziano attraverso l autotassazione dei propri iscritti. Tutte le Comunità sono tutelate e rappresentate dall Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI), che ha il ruolo di interlocutore con il mondo politico e istituzionale. Nel 1987 l UCEI ha firmato, secondo quanto previsto dall art. 8 della Costituzione italiana, le Intese, lo strumento giuridico attraverso cui vengono regolati i rapporti tra lo Stato e l ebraismo italiano. Dal 1997 l Unione delle Comunità partecipa alla ripartizione dell 8 per 1000 che i contribuenti indicano al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. Con tali fondi l UCEI svolge attività culturali, per la salvaguardia del patrimonio artistico ebraico, opera nel campo dell assistenza e dell aiuto ai bisognosi. ANCONA Via M. Fanti, 2 bis tel BOLOGNA Via Gombruti, tel CASALE MONFERRATO Vicolo S. Olper, tel FERRARA Via Mazzini, tel FIRENZE Via Farini, tel GENOVA Via G. Bertora, tel LIVORNO Piazza Benamozegh, tel MANTOVA Via G. Govi, tel MERANO Via Shiller, tel MILANO Via S. Mayer, tel MODENA Piazza Mazzini, tel Firenze, Sinagoga 1924 Livorno, Sinagoga1962 Le Comunità ebraiche in Italia NAPOLI Via Cappella Vecchia, tel PADOVA Via S. M. e Solferino, tel PARMA Vicolo Cervi, tel PISA Via Palestro, tel ROMA Lungotevere Cenci (Tempio) tel TORINO Piazzetta Primo Levi, tel TRIESTE Via S. Francesco, tel VENEZIA Cannaregio, tel VERCELLI V. Foà, tel VERONA Via Portici, tel

4 Religione, cultura, popolo, etnia? Gli ebrei tra storia e leggenda 4 Ebrei, israeliti, giudei, cittadini di fede mosaica. Sono molti i termini usati nell arco della storia, a volte in senso spregiativo, per indicare un popolo nato nel deserto migliaia di anni fa e primo testimone della fede monoteista. Ma chi sono gli ebrei? Una domanda che nasconde una risposta apparentemente semplice: per la Halakhà (la legislazione rabbinica) è ebreo chi nasce da madre ebrea o chi si converte (attraverso il bagno rituale e per i maschi la circoncisione). Ma gli ebrei come possono essere definiti? Una religione? Una cultura? Un popolo? Una etnia? Una risposta semplice non basta. Da un punto di vista sociale si parla di popolo quando una comunità di individui parla una stessa lingua, vive in uno stesso territorio e adotta lo stesso sistema giuridico-normativo. Per oltre duemila anni gli ebrei sono stati un popolo unito solo da una comune fede nel monoteismo e da una stessa pratica religiosa, ma sparso in gruppi più o meno numerosi in ogni parte del mondo. L interazione e l integrazione tra cultura ebraica e culture dei Paesi che nel corso dei secoli hanno ospitato (ma a volte anche violentemente perseguitato) gli ebrei, hanno dato vita a gruppi sociali ebraici con differenti caratteristiche culturali, linguistiche, sociali e persino liturgiche. Esistono due grandi gruppi: gli ebrei sefarditi originari della Spagna (in ebraico Sefarad) nel quale rientrano parte degli ebrei dell Europa occidentale e dei Paesi arabi; gli ebrei aschenaziti (dall ebraico Aschenaz, Germania) presenti in tutta l Europa dell Est. Esistono poi altri piccoli gruppi con specifiche caratteristiche: i Falascià, ebrei etiopi dalle caratteristiche spiccatamente tipiche delle popolazioni africane; gli ebrei yemeniti; gli ebrei cinesi di Kaifeng. Un posto a parte spetta alla piccola comunità degli ebrei italiani (circa persone) che è la comunità più antica della Diaspora e la cui storia risale a prima della distruzione del Santuario di Gerusalemme (70 e.v.). L ininterrotta presenza degli ebrei a Roma ha fatto si che in questa città si sviluppasse un minagh (tradizioni e consuetudini locali come per esempio le melodie sinagogali) assolutamente originale, autonomo dalla divisione tradizionale tra minagh sefardita e minagh aschenazita. Rispetto al grado di osservanza e al rispetto delle pratiche religiose, l ebraismo si divide in tre grandi aree: ebraismo ortodosso, conservativo e riformato. L ebraismo italiano è tradizionalmente un ebraismo ortodosso che segue l insieme dei precetti etici, religiosi, morali e comportamentali indicati nella Halakhà (613 mitzvot, precetti), interpretati e aggiornati dai Maestri. CHI SONO GLI EBREI

5 Storia e princìpi La religione ebraica: il primo monoteismo La storia ebraica ha inizio con il patriarca Abramo, il primo uomo ad avere l intuizione che esiste un solo Dio creatore del mondo, riceve la promessa che dalla sua discendenza nascerà un popolo che risiederà in perpetuo nella terra di Canaan. Si tratta di un vero e proprio patto che Dio stipula con il Patriarca, suggellato dall obbligo per ogni ebreo maschio di essere circonciso alla nascita, quale segno del Patto. Il corpo legislativo completo (la Torà) si ha solo con Mosè, che sul Monte Sinai riceve direttamente da Dio i Dieci Comandamenti, e li riceve nel deserto terra di nessuno e quindi di tutti, perché fosse chiaro che il Decalogo appartiene all umanità e non è patrimonio esclusivo degli ebrei. La missione particolare che i discendenti di Abramo hanno assunto ( Siate santi poiché sono Santo Io, il Signore Dio vostro ), comporta per gli ebrei una serie più ampia di precetti (mitzvoth): 613 obblighi (divisi in 248 azioni positive da compiere e in 365 azioni vietate) che regolano la vita di relazione, i rapporti con il prossimo e con l ambiente naturale e i rapporti con Dio. Fra gli obblighi che competono a ciascun ebreo: lo studio, l istruzione religiosa dei figli, la purità familiare, le regole alimentari (kasherut), la zedakà (beneficenza), l onestà e la giustizia, l aiuto alle vedove, agli orfani e ai più deboli, il rispetto dei genitori e l onore agli anziani, l ospitalità, l assistenza ai malati e alle persone in lutto, il rispetto del sabato e delle feste. Il codice che raccoglie tutti gli insegnamenti orali che sono stati consegnati sul Sinai e successivamente arricchiti dalla tradizione rabbinica è la Mishnà, redatta nel 3 secolo (220 e.v.). L altro testo fondamentale della cultura ebraica è il Talmud (vi sono due versioni, il Talmud Bavli e il Talmud Yerushalmì) che contiene discussioni e insegnamenti dei Maestri. Tra i princìpi fondamentali dell Ebraismo, un aspetto rilevante riveste il concetto di Messia (la traduzione della parola ebraica Mashìach, che significa unto, in riferimento all usanza antica con cui venivano unti i re o i sommi sacerdoti). Col suo avvento, cesseranno le sofferenze, le distruzioni, le guerre; il malvagio sarà punito e il giusto premiato. Dimorerà il lupo con l agnello; si coricherà il leopardo con il capretto, e il vitello e il leone staranno assieme e un piccolo ragazzo li guiderà. La mucca e l orso pascoleranno, assieme giaceranno i loro piccoli e il leone come il bue mangerà paglia (Isaia). Una risposta, tante domande Dal Talmud alla Kabbalah, dalla Bibbia alla cucina, passando per la Storia e le storie di tante famiglie. Anche se la tradizione ebraica pone più attenzione alle domande piuttosto che alle risposte (e ad una domanda spesso si risponde ponendo un altra domanda), questa pubblicazione curata dall Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è un tentativo di dare alcune risposte alle tante domande che ruotano intorno agli ebrei. Solo attraverso la conoscenza l uno dell altro, potremo combattere l ignoranza, la diffidenza e il pregiudizio. 5

6 La magia della parola Le lettere della creazione 6 NNell umile sinagoga della mia città natale di Aïn Témouchent, in Algeria, i dieci Comandamenti erano scritti a lettere d oro su due tavole di legno di quercia appese sopra l armadio che conteneva i rotoli della Torah. Come tutti gli altri bambini ebrei, imparavo a memoria le dieci Parole centrali, le cui 620 lettere ebraiche, disposte su due colonne allineate, danzavano davanti ai miei occhi, affascinandomi. Rimanevo estasiato di fronte a quelle dieci Parole che riassumono tutto ciò che l uomo può comprendere e auspicare per l universo.(1) I dieci comandamenti, retaggio di tutta l umanità, sono la testimonianza per eccellenza che l ebraismo ha lasciato nelle culture con le quali ha interagito nel corso dei secoli. Nell Esodo (20:1) il termine usato per presentare i comandamenti è Davar, parola. In ebraico i dieci Comandamenti sono quindi le dieci parole. Il testo biblico non possiede vocali, e non vi è punteggiatura. Le vocali sono quindi una aggiunta successiva. Tutti i termini generalmente sono composti. La radice DVR (alla base della parola davar ) è costituita dalle consonanti daleth, beth e resh. I maestri hanno insegnato che la Torah ha settanta volti ( Shivim panim latorah ); ogni parola può avere settanta significati: la parola può essere trattata come una roccia da cui, al solo colpirla, scaturiscano infinite scintille. Più la si batte, più scintille scaturiranno. E, a furia di essere battuta, la radice DVR, con una diversa combinazione di suoni vocalici, quasi come per magia, può assumere un significato del tutto diverso: davar, la parola, quando non viene ascoltata può divenire dever, la peste, una delle dieci piaghe bibliche. O una scintilla remota può tramutare la radice DVR fino a farla diventare Dvir, il luogo più interno del Bet HaMikdash, il Tempio di Gerusalemme sulle cui vestigia ancora oggi si prega e ci si commuove, e tra le cui pietre si infilano biglietti di preghiera e di supplica, recanti le diverse parole degli uomini. La parola viene data da Dio nel luogo per definizione in cui non viene udita alcuna voce: il deserto, in ebraico midbar, formato sulla base della stessa radice DVR, con un M che non appartiene alla radice, e che evoca in genere, in inizio di parola, la preposizione da. Dal luogo preposto al silenzio, proprio da lì la parola scaturisce, ed il silenzio di Dio si interrompe, e la Sua Parola si manifesta. (1) André Chouraqui, I dieci comandamenti, Mondadori LA PAROLA CHE CREA

7 Storia e idee Un alfabeto, tanti significati L ebraico (che si legge da destra a sinistra) è la lingua della Bibbia. Dopo la Diaspora degli Ebrei e la loro dispersione per quasi due millenni, l ebraico postbiblico rimase relegato nelle sinagoghe, oppure usato come lingua letteraria nelle opere rabbiniche. Gli ebrei sparsi per il mondo cominciarono a utilizzare le parlate locali, creando anche nuovi linguaggi (come l yiddish, il ladino, il giudeo-spagnolo, il giudaico-romanesco). La lingua ebraica cominciò però a risorgere con il movimento sionista. Il principale fautore della rinascita fu Eliezer ben Yehuda ( ). Trasferitosi dalla Lituania in Palestina, introdusse l ebraico nella sua casa, rendendo quotidiano l uso di una lingua morta e destinata allo studio dei testi sacri. Imitato da una cerchia di amici e conoscenti, diede così origine alla rinascita della lingua ebraica che fu progressivamente usata dalle diverse e differenti ondate migratorie che a partire dai primi del 900 giungevano in Palestina. Caso praticamente unico nella storia umana, l ebraico è tornato ad essere lingua viva e in continua trasformazione, ed è oggi la lingua ufficiale dello Stato d Israele. L alfabeto ebraico consta di 22 lettere, tutte consonanti. I suoni vocalici sono indicati da puntini o linee (nekudot) tracciati sopra o sotto la consonante. L ebraico attribuisce alle lettere anche un valore numerico. Il fatto di poter convertire le lettere in numeri e viceversa ha portato, nella mistica ebraica, all importante metodo interpretativo chiamato ghematria, dove si cercano relazioni tra parole e nomi della Bibbia, correlandone i valori numerici e viceversa. Si tratta di un campo d indagine affascinante, che presenta molti addentellati con le più complesse teorie cabalistiche. Essere o avere In ebraico il verbo avere non esiste e per esprimere il concetto di possesso occorre utilizzare il verbo essere (per esempio, io ho si dice c è per me, esiste per me ). Ogni proprietà è una benedizione temporanea. Il nome di Dio, il celebre tetragramma (yod, heh, vav, heh), non si pronuncia e viene sostituito con espressioni come Hascem (Il Nome), o come Adonai (Signore), o con Akadosc Baruch Hu (Il Santo Benedetto Egli Sia). 7

8 Le stagioni e l'anno Le feste di un calendario che segue la luna 8 Le principali festività del calendario ebraico (che è lunare, con anni di 12 o 13 mesi) sono: SHABBAT: Il termine Shabbat deriva dalla radice ebraica Shavat, cessare; il sabato ebraico, infatti, implica la cessazione di qualsiasi attività lavorativa. Lo Shabbat rende ogni uomo uguale all altro: nessuno può avvalersi dell opera di un suo simile. Il riposo settimanale è un concetto dato per acquisito nella nostra epoca, ma assolutamente rivoluzionario nei tempi in cui fu proposto. La tavola sabbatica, intorno alla quale si riunisce la famiglia non risplende solo perché preparata in maniera diversa e molto più accurata rispetto agli altri giorni, ma anche perché lo spirito che pervade questa giornata dovrebbe donare una spiritualità sufficiente per l intera settimana. ROSH HA-SHANA :Il Capodanno ebraico ha un carattere e un atmosfera assai diversi da quelli normalmente vigenti quando inzia un anno civile. Infatti è considerato giorno di riflessione, di introspezione, di autoesame e di rinnovamento spirituale. E il giorno in cui, secondo la tradizione, il Signore esamina tutti gli uomini e tiene conto delle azioni buone o malvagie che hanno compiuto nel corso dell anno precedente. è chiamato anche Yom Ha Din, il giorno del giudizio. In questo giorno viene suonato lo Shofar (corno d ariete o di montone). Questo suono serve a suscitare una rinascita spirituale e a portare verso la Teshuvà, il pentimento, il ritorno verso la giusta via. A Rosh Ha-Shanà si usa mangiare cibi il cui nome o la cui dolcezza possa essere ben augurante per l anno a venire. KIPPUR: Il giorno dell espiazione, totalmente dedicato alla preghiera e alla penitenza, l ebreo, consapevole dei propri peccati, chiede perdono al Signore. E il giorno in cui - secondo la tradizione - Dio suggella il suo giudizio verso il singolo. E un giorno di digiuno totale, in cui ci si astiene dal mangiare, dal bere e da qualsiasi lavoro o divertimento e ci si dedica solo al raccoglimento e alla preghiera; il digiuno, che affligge il corpo, ha lo scopo di rendere la mente libera da pensieri e di indicare la strada della meditazione e della preghiera. Kippur è forse la più sentita tra le ricorrenze e anche gli ebrei meno osservanti in questo giorno sentono con più forza il loro legame con la propria identità. SUKKOTH: La festa delle capanne (Sukkoth). Sono queste costruzioni provvisorie a caratterizzare una festa gioiosa che ricorda la permanenza degli ebrei nel deserto dopo la liberazione dalla schiavitù dall Egitto: quaranta anni in cui abitarono in dimore LE RICORRENZE EBRAICHE

9 precarie, accompagnati però, secondo la tradizione, da nubi di gloria. La capanna deve avere come tetto del fogliame. E uso adornare la sukkà con frutta, fiori e lavori creativi. CHANUKKA : La festa delle luci, tra tutte le antiche ricorrenze ebraiche, è l unica che non affondi in qualche modo le sue radici nella Bibbia e nei suoi racconti; è una festa stabilita dai Maestri del Talmud e ricorda un avvenimento accaduto in terra di Israele: il miracolo avvenuto nel 165 a.e.v. nel Santuario. L olio puro che poteva bastare per accendere i lumi del Santuario per un solo giorno, fu sufficiente per otto giorni, dando così la possibilità ai Sacerdoti di prepararne dell altro nuovo. In ricordo di questo nel periodo del solstizio d inverno, quando le giornate si fanno più buie, si accendono dei lumi per otto giorni. PURIM: La festa delle sorti (Purim), la più gioiosa tra le festività ebraiche, è una festa molto amata dai bambini, che in questo giorno si mascherano e si divertono insieme agli adulti. Ricorda il sovvertimento delle sorti e il conseguente scampato pericolo per il popolo ebraico. La storia di Purìm accaduta circa 2500 anni fa, ci viene raccontata nella Meghillàth Estèr, il Libro di Ester, libro che fa parte del canone biblico e che in questa occasione si legge pubblicamente. PESACH: La Pasqua ebraica commemora la liberazione dalla schiavitù d Egitto, evento che diede origine alla vita indipendente del popolo d Israele e che fu il primo passo verso la promulgazione della Legge divina. In ricordo del fatto che quando furono liberati dalla schiavitù gli Ebrei lasciarono l Egitto tanto in fretta da non avere il tempo di far lievitare il pane, per tutta la durata della ricorrenza è vietato cibarsi di qualsiasi alimento lievitato o anche solo di possederlo. I giorni precedenti la festa di Pesach sono dedicati a una scrupolosa e radicale pulizia di ogni più riposto angolo della casa per eliminare anche i piccoli residui di sostanze lievitate. La prima sera viene celebrato il Seder, in ebraico ordine, suggestiva cena nel corso della quale vengono rievocate e discusse secondo un ordine prestabilito le fasi dell Esodo, rileggendo l antico testo della Haggadah. SHAVUOT: La festa delle settimane è chiamata anche Tempo del dono della nostra Torà. La Torà è per gli ebrei il dono più grande fatto da Dio all uomo, il legame con il Libro è fortissimo e ha un valore di sacralità. Le Leggi contenute nella Torà sono la base e l elemento di coesione del popolo ebraico. A Shavuot ci si reca alla Sinagoga, dove vengono utilizzati addobbi particolarmente sontuosi e il profumo dei fiori che vengono portati per l occasione rende particolarmente gradevole l atmosfera. Per approfondire giornatadellacultura 9

10 La musica delle azioni Studiare il testo per imporre un ritmo alla vita 10 L ebraismo ha un legame preferenziale con la musica tra tutte le arti in generale. Perché questo legame? E come possiamo andare oltre il puro e semplice dato statistico, che riscontriamo immediatamente aprendo l ultima edizione dell «Enciclopedia Judaica» dove compare un fittissimo e sorprendente elenco di musicisti, musicologi ed esecutori ebrei? Si dice da più parti che ovviamente ciò è dovuto al ben noto divieto ebraico di farsi immagini per non cadere nell idolatria, dunque a fronte dell impossibilità di sviluppare un arte figurativa come gli altri popoli gli ebrei si sarebbero rifugiati nella musica quale unico mezzo artistico ed espressivo loro consentito. Spiegazione tanto ovvia quanto insufficiente nella sua banalità a spiegare il fatto musicale ebraico in tutta la sua portata. Anzitutto ci si chiede perché proprio quel determinato tipo di musica, che non ha nulla a che vedere con la musica quale viene comunemente intesa nella tradizione occidentale, cioè come arte, prodotto artistico parallelo all arte pittorica, statuaria...? Va sottolineata per prima cosa come la musica ebraica, nel senso proprio del termine, sia un tipo di musica radicalmente diverso da quello che siamo abituati a concepire, e ad ascoltare, nella tradizione occidentale: è la realizzazione di un altra idea di musica, in quanto priva di qualsiasi aspirazione ad un autonomia estetica ma piuttosto legata alla parola da un vincolo complesso e comunque totalmente altro rispetto a quello della musica occidentale. Si può così azzardare un altra ipotesi, riguardo le relazioni in qualche modo privilegiate tra musica ed ebraismo che superi il divieto della figurazione, un ipotesi meno dimostrabile, meno documentabile, forse troppo fantasiosa per alcuni. È stato osservato più volte come l ebreo abbia una particolare relazione con il tempo, dimensione nettamente prioritaria nella cultura ebraica rispetto allo spazio. Tutta la vita ebraica è scandita da ritmi ben precisi che ne costituiscono in qualche modo l essenza, l anima, il significato. Sarebbe ancora una banalità ricordare come anche la musica sia essenzialmente temporalità, memoria, ritmo: in verità i parallelismi sono tanto più facili quanto più i ragionamenti in connessione corrono lontano, perché la fantasia può liberamente muoversi e spaziare tra le metafore più ardite. Un ipotetico parallelismo tra l ebraismo e la musica merita dunque di essere approfondito perché acquisti plausibilità. La musica nell ebraismo non è vista tanto come un prodotto dell uomo o come creazione artistica nel senso consueto; la musica sta nell uomo, è la sua stessa vita, è il ritmo interiore ed esteriore che regola il suo comportamento, è legge liberamente assunta che modula dall interno ogni ora della vita ebraica, è il tempo MUSICA E TRADIZIONE EBRAICA

11 che prende forma e che non viene lasciato fluire senza argini, o che viene arginato, con il suo potere devastante e distruttivo. Forse che sotto questo profilo la legge ebraica non presenta più di una qualche somiglianza con la musica? Per questo un pensatore ebreo del nostro tempo, Abraham Jeoshua Heshel, parla giustamente di «musica delle azioni»: ma come non sentire allora che tra la musica e l ebraismo c è un affinità profonda che va ben al di là della metafora. Si potrebbe forse affermare che tutto l ebraismo, la sua stessa essenza sia una musica, o quanto meno una forma di musica, un tentativo di imporre una forma al tempo. Quindi l idea che il prevalere della musica rispetto alle altre arti nella tradizione ebraica derivi dal divieto della figurazione potrebbe anche essere rovesciabile: la scelta radicale contro l idolatria, che sta all origine del pensiero ebraico, è infatti una scelta che privilegia l interiorità del tempo contro l esteriorità dello spazio e della figura. Il divieto della figurazione non è dunque la causa del prevalere della musica ma semplicemente la conseguenza. La scelta del D-o Unico significa l accettazione di una legge sotto il cui dominio si ponga il tempo, interiorizzato come forma e come sostanza stessa della vita del popolo ebraico. Rifiutare l idolatria peraltro significa rifiutare la figurazione come forma di esteriorizzazione radicale, come proiezione ed irrigidimento nello spazio della propria storia: rifiuto di un tempo che si fa spazio, che si fa figurazione; in questo caso la storia diventerebbe oggetto di contemplazione statica poiché si ritrova imprigionata nelle figure che la rappresentano. La musica dunque, sempre in senso metaforico, come scelta primaria per un modello di concezione storica e non come conseguenza di un divieto. Può sembrare questa una conclusione per lo meno azzardata ma una ricerca nell intricato e vario percorso di questa costante, la musica, all interno della plurimillenaria storia ebraica convalida questo assunto. Così come l ebraismo ha privilegiato il tempo rispetto allo spazio, la dimensione del ricordo, del percorso nel tempo piuttosto che il viaggio e lo spostamento nello spazio, così ha privilegiato la musica e la parola rispetto alle arti figurative, cioè alle arti dello spazio quali la pittura, la scultura e l architettura. Tali arti in un certo senso sono soggette al tempo, lo subiscono, ne sono modificate ed intaccate sino ad esserne distrutte. La musica, invece, benché sia arte nel tempo, non lo subisce né gli si sottomette. In questo senso anzi la musica crea il tempo, gli conferisce un ritmo, crea forme temporali prima inesistenti. Così anche l ebraismo può essere concepito come un modo di forgiare il tempo anzitutto attraverso il comando di ricordare, sottraendo così la vita all effetto devastante e distruttore del tempo storico: studiare, interpretare e reinterpretare il testo significa imporre un ritmo alla vita nella scansione sacra dei giorni, dei sabati, delle feste, tutti diretti verso una fine del tempo storico nella promessa di un tempo messianico. 11

12 Vedi alla voce scrivere Comunicare emozioni e valori Tante lingue, o una lingua universale? 12 Il popolo ebraico come Popolo del Libro, una definizione che attribuisce agli ebrei la responsabilità di aver ricevuto e di aver trasmesso all umanità i valori etici e morali del libro per eccellenza, la Bibbia. Ma questa definizione si può estendere anche alla letteratura in genere? Gli ebrei possono pensare di avere fra tutte le arti espressive una particolare sensibilità per l arte della scrittura? Domande che possono apparire ingiustificate se si pensa quanto sia difficile rintracciare nel popolo ebraico disperso, frammentato in differenti società, sottoposto al confronto e allo scontro con diverse e opposte influenze sociali, un comune denominatore culturale. Eppure, se esiste la categoria degli scrittori ebrei vi deve essere una ragione. Forse per la capacità di saper elaborare e trasformare in letteratura un pensiero di matrice religiosa ed etica, che nasce dalle grandi tragedie personali, familiari e di un intero popolo; la scrittura come una forma di religione che aspira a trasformare il particolarismo delle proprie esperienze in valori universali. Solo una narrazione che affonda le radici nel dolore, può infatti avere la forza e l autorevolezza di esprimersi non solo come voce di un popolo, ma in nome e in difesa dell intera umanità. Oscillando tra particolarismo e universalismo, scrittori ebrei lontani nel tempo, geograficamente distanti persino nell uso della lingua, hanno trasformato le proprie differenti esperienze nel bisogno di comunicare emozioni, sentimenti, valori, spinti dal bisogno di domandarsi chi erano e dove erano diretti. Una esigenza nata agli inizi dell Ottocento quando, sotto la potente spinta dell assimilazione e dell integrazione, sono andati sciogliendosi i presupposti che fino a quel momento avevano assicurato l unità del popolo ebraico: una comunità, una religione, una lingua. Con l Ottocento nasce il prototipo dello scrittore ebreo, a prescindere dalla sua stessa consapevolezza e dalla sua religiosità, a volte persino rinnegata. Poco importa se si scrive in ebraico, in yiddish, in inglese, in italiano o in tedesco; poco importa se gli autori si possano catalogare nella letteratura israeliana. Essi appartengono all umanità. Il tradizionale rifiuto dell ebraismo per qualsiasi espressione figurativa, se da un lato ci ha così privato di grandi pittori e scultori (con qualche rara eccezione), dall altro ci ha però fornito grandi artisti dell estetica della parola. Un certo tipo di umorismo, il senso di responsabilità individuale, l ingiustizia sociale, la consapevolezza della propria unicità, l elaborazione del dolore dell esperienza delle persecuzioni, sono alcuni tratti che ricorrono nei racconti di questi scrittori. Una capacità di essere nello stesso tempo testimoni ma anche protagonisti oggi raccolta da una nuova e ricchissima generazione di scrittori israeliani che hanno saputo affermarsi a livello mondiale. ARTE E SCRITTURA

13 Modigliani, Chagall e gli altri Dagli oggetti di culto alla crisi spirituale Dal momento in cui la storia ebraica, allineata con il messaggio biblico si incarna nella fisionomia di un popolo alla ricerca di un identità culturale, appare chiaro che l espressione artistica e la rappresentazione visibile del costume sociale e del senso della rappresentazione della realtà, trovino una nuova fisionomia espressa soprattutto attraverso opere tangibili. Ne sono esempio gli oggetti legati al culto, manufatti di materiali decorati o lavorati da artefici dotati di ispirazione divina in quanto ad abilità, in quanto a sapienza e ad assennatezza e in quanto a qualsiasi arte, come scritto nella Bibbia (Esodo 31:1,5 e 35:30,33). Da queste descrizioni, passeranno nell iconografia dell arte rituale ebraica una serie di immagini legate agli stessi oggetti di culto, come ad esempio l Arca o il candelabro rituale (la Menorah). E chiaro che ogni discorso sull arte ebraica debba offrire una visione legata alla sua memoria, cresciuta geograficamente e culturalmente con la storia della Diaspora, attraverso l esigenza estetica legata al culto e quindi all abbellimento dei luoghi. Ne sono esempio le sinagoghe di Venezia, di Pesaro, di Conegliano Veneto, di Casale Monferrato e di Roma. Con l avvento della Rivoluzione industriale e con lo svilupparsi di nuove ideologie politiche e sociali anche l arte ha mutato i suoi statuti e i suoi atteggiamenti religiosi. Si diffonderà allora un diverso sentire che avvicinerà l estetica ebraica uscita dai vincoli sociali imposti, verso una professionalità autonoma, moderna, in cui nascerà la figura dell artista ebreo. Ne sono esempio le figure di Vittorio Amedeo Corcos, Ulvi Liegi, Amedeo Modigliani. L ebraismo, aperto uno spiraglio sul mondo dell arte, sarà impegnato nel XX secolo in un sottile dialogo che vedrà sorgere l espressionismo di Soutine, l arte di Kisling, o l arte allucinata di Schönberg, ispirata dalla crisi spirituale dell arte di Edward Munch e del suo celebre Urlo. E il momento culturale delle avanguardie in cui matura il seme ebraico di Chagall, complesso episodio di ritmi figurativi che scavalcano lo spazio per divenire memoria dell essere ebraico errante attraverso diverse culture. Sarà importante ricordare come la sconfinata memoria ebraica si sia depositata nella tragedia della Shoàh solcando gli animi di artisti come Victor Brauner, Felix Nussbaum e Zoran Music. Ma un debito grande in Italia va riconosciuto ad artisti come Antonietta Raphael Mafai, artista vulcanica e sorgivamente ebrea, Carlo Levi sensuale nel colore pastoso, Corrado Cagli misterioso e moderno, Aldo Di Castro indimenticabile autore delle vetrate della sinagoga romana all Isola Tiberina, o Lele Luzzati il mago mozartiano del racconto figurato del Midrash, la parabola ebraica. 13

14 Saperi e sapori La cucina ebraica: molti divieti, ma anche tanta fantasia 14 La challà Il pane del sabato Ingredienti: 500 grammi di farina, 20 grammi di lievito di birra, un cucchiaino di zucchero, sale, tre cucchiai di olio, un rosso d'uovo, semi di anice o di papavero. Preparazione: Far sciogliere il lievito in un po' di acqua tiepida, un cucchiaino di zucchero e un cucchiaio di farina, in modo che si formi un impasto. Coprire il recipiente e conservarlo in un posto caldo per circa mezz'ora. Quando il lievito cresce e assume una consistenza spumosa, mettere tutto su una spianatoia infarinata e lavorare l'impasto finché non abbia una consistenza liscia e morbida. Lasciare riposare ancora mezz'ora e quindi dividere in due parti. Preparare due trecce, spalmare la parte superiore col rosso d'uovo e cospargere con i semi di anice, quindi infornarle nel forno molto caldo per cinque minuti. Abbassare la temperatura e lasciate cuocere ancora per circa 40 minuti. La famiglia che si riunisce intorno alla tavola ben preparata e imbandita il venerdi sera e nelle festività è un incanto che si tramanda nelle generazioni. Di madre in figlia vengono trasmessi i segreti che rendono un cibo diverso e lo trasformano da pietanza a una magia di sapori. Ricette che sovente utilizzano ingredienti poveri e di stagione: quello che poteva essere facilmente reperito nello shtetl, o nel ghetto o nel souk, a seconda della zona in cui la famiglia in quel momento si trovava. La tradizione ebraica utilizza gli ingredienti delle cucine locali adattando le ricette alle norme ebraiche e regalando sapori unici alle pietanze, preparate mescolando sapientemente culture e cibi, spezie e tradizioni in un abile e incredibile intreccio fatto di fantasia applicata alle regole. La preparazione dei cibi, infatti, deve rispondere a diverse regole perché essi siano kasher, cioè idonei, adatti. Le regole alimentari rappresentano uno degli aspetti più distintivi dell identità ebraica, perché alla tavola si conferisce lo stesso significato simbolico e lo stesso rispetto che si attribuiva all altare del Santuario. La Torah classifica gli animali permessi in gruppi e spiega anche come debbano essere macellati. La macellazione, in ebraico shechità, deve essere effettuata in modo da arrecare la minor sofferenza all animale ed in modo da eliminare tutto il sangue. Tra i quadrupedi è consentito mangiare quelli che presentano lo zoccolo spaccato e l unghia divisa, e siano ruminanti. La Torah si occupa anche dei volatili riportando solo la lista di uccelli proibiti: in special modo tutti i rapaci. Tra i pesci sono permessi solo quelli che hanno pinne e squame, mentre sono proibiti molluschi e crostacei. Non possono essere mangiati infine i rettili, insieme a tutti gli animali che strisciano e brulicano. Ma vi sono anche altre norme importanti che regolano la cucina e che nascono dall imperativo divino (Esodo 23,19) non far cuocere il capretto nel latte di sua madre. Il divieto assoluto di nutrirsi del sangue e di mischiare alimenti a base di carne con alimenti a base di latte, durante la cottura, ma anche sulla tavola, con una separazione che si estende anche all uso delle pentole e delle stoviglie. Pur in presenza di tanti divieti e limitazioni, anzi forse grazie a questi, l estro, la fantasia, l arte di arrangiarsi hanno prodotto un ricettario della cucina ebraica praticamente infinito nelle variazioni e nelle elaborazioni: da quella europea, a quella tipicamente romana, fino ai gusti forti, ma altrettanto affascinanti delle cucine arabe e aschenazite.

15 Glossario essenziale Ashkenaziti - Ebrei provenienti, direttamente o indirettamente, dalla Germania, caratterizzati da un autonoma tradizione culturale, spesso dall uso della lingua yiddish e da una particolare pronuncia dell ebraico. Bar-mitzvà - (Bat-mitzvà per le bambine) è un termine per indicare il momento in cui gli adolescenti raggiungono l età della maturità (12 anni per le femmine, 13 anni per i maschi) e diventano responsabili nei confronti della legge ebraica. Berakhà - Benedizione. La berakhà accompagna e sottolinea molte azioni della vita quotidiana. Esistono benedizioni specifiche per i diversi cibi che si mangiano e per le azioni che si compiono. Chassidim - Sono chiamati così gli aderenti al chassidismo, un movimento di massa, sorto nell Europa orientale nella metà del XVIII secolo, che tradusse in forme popolari la mistica della Kabbalà. Halakhà - Deriva dalla radice ebraica che significa procedere, andare ed è la normativa ebraica. Si deduce dai testi della tradizione ebraica. Kabbalah - Designa un insieme di dottrine mistiche e teosofiche, basate su audaci interpretazioni di alcuni capitoli della Bibbia. L approccio alla Kabbalah richiede un adeguata preparazione ed è quindi appannaggio di pochi studiosi. Kaddish - E un esaltazione del Nome di Dio e un implorazione per la redenzione del popolo ebraico. Esiste in diverse forme e viene recitato dall ufficiante in sinagoga e anche da chi è in lutto. Kasher - Idoneo. Il termine si riferisce in particolare alla preparazione degli alimenti e delle bevande per i quali vigono norme rigorose. Kippà - Piccolo copricapo rotondo che si usa portare in segno di rispetto verso il Signore gli Ebrei pregano solo a capo coperto. Maghen David - Scudo di Davide. Si chiama così la stella a sei punte che è diventata un simbolo dell ebraismo e dello Stato d Israele. Menorà - Lampada a sette bracci di antichissima tradizione. Già descritta nella Torah appartiene agli arredi del Santuario. Oggi è un oggetto simbolico che fa parte dello stemma dello Stato d Israele. Milà (o Brit Milà) - Circoncisione. E obbligatorio per ogni ebreo circoncidere i propri figli maschi all ottavo giorno dalla nascita. Parashà - Brano settimanale di lettura della Torah. Seder - Ordine. Si riferisce all ordine dei riti e della cena per la sera della Pasqua. Sefarditi - Ebrei provenienti dalla penisola Iberica dalla quale furono cacciati dopo il Presentano tradizioni culturali proprie. Sefer Torah - Libro della legge. Il rotolo manoscritto dei primi cinque libri della Bibbia. Viene utilizzato in particolare nella lettura pubblica dei sabati e delle feste. Shemà - E la più conosciuta preghiera ebraica. Comincia con le parole Ascolta Israele. Recitata al mattino, alla sera e prima di coricarsi, questa preghiera si compone di tre passi della Torah. Shofar - Corno di montone, il cui suono caratteristico chiama a raccolta il popolo. Tallit - E un mantello di forma quadrata ai cui angoli sono apposte quattro frange e viene indossato dagli uomini nella preghiera mattutina e in particolari occasioni solenni. Nella pronuncia ebraico- italiana talled. Talmud - Costituito da due versioni, una babilonese e l altra palestinese (o di Gerusalemme), è il testo sul quale si basa la normativa ebraica. Tefillin - Filatteri. Sono due astucci di cuoio che gli uomini legano, l uno sulla fronte e l altro sul braccio sinistro durante la preghiera del mattino dei giorni feriali. In entrambi i contenitori sono contenuti alcuni versetti della Torah. Torah - Insegnamento, Legge. Si designa specificamente con questo nome il Pentateuco, costituito dai primi cinque libri della Bibbia, ma viene più genericamente inteso come tutti gli insegnamenti dati da Dio al popolo ebraico. 15 Realizzato a cura del Dipartimento Informazione e Relazioni Esterne - DIRE Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

16 Unione delle Comunità Ebraiche Italiane 8 PER MILLE CONTANO LE PERSONE, NON I REDDITI. Firma anche tu per l'unione delle Comunità Ebraiche Italiane

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