I gruppi di Bonding Psychotherapy nell elaborazione del Lutto indicazioni e limiti

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1 I gruppi di Bonding Psychotherapy nell elaborazione del Lutto indicazioni e limiti Relatore Renato Decarli Tesina del corso di alta formazione L intervento psicologico di base nelle situazioni di lutto naturale o traumatico Prof. Francesco Campione Anno 2006

2 Premessa: Da svariati anni collaboro come cooterapeuta nella conduzione di gruppi di Bonding Psychotherapy (che nel testo verranno successivamente citati con la sigla B.P.)organizzati dal centro di Solidarietà di Belluno. Non di rado mi sono trovato di fronte a persone che portavano in gruppo una loro esperienza di perdita e lutto tale da condizionare significativamente la loro vita. Per molti, partecipare a uno o più gruppi di B.P. ha portato dei benefici che hanno contribuito a rendere possibile un processo di elaborazione del lutto. In questi gruppi non vengono trattate solo ed esclusivamente esperienze di lutto, ma quelle legate a disagio o crisi personale in generale. Esperienze e vissuti, in cui la percezione del soggetto della propria parte emotiva risulta essere in disarmonia con la parte razionale, gli atteggiamenti o modelli comportamentali. Queste diversità di vissuti presenti nel gruppo potrebbero far sembrare il modello come non in grado di rispondere alle esigenze o aspettative dei partecipanti, visto che non tratta vissuti o esperienze simili fra loro. Il risultato terapeutico dei gruppi di B.P. sta proprio nel fatto che, considerando la persona nelle sue tre parti fondamentali - razionale, emotiva e comportamentale 1, offre una visione allargata della persona, e di conseguenza facilita una soluzione positiva del suo disagio. Nella maggior parte dei gruppi conosciuti, il lavoro si basa sulla condivisione fra soggetti che hanno in comune vissuti o esperienze simili. Considerando questo un approccio terapeutico di gruppo basato esclusivamente su un lavoro sulle emozioni, la loro espressione e 1 Casriel D., Ad un grido dalla felicità, Centro Italiano di solidarietà Roma

3 condivisione, lo si ritiene utilizzabile dalla maggior parte delle persone ad esclusione di soggetti borderlyne o con disturbi psichici gravi. Sonia Stevens, nel suo articolo pubblicato sul sito della società internazionale di B.P., pone l accento su una considerazione decisamente valida nella nostra società moderna: La società occidentale incoraggia le persone a soffrire in modo silente e introverso, nella convinzione che l autocontrollo sia più accettabile e appropriato. La razionalità è diventata più desiderabile della sensibilità e della capacità di percezione. La Bonding Psychotheraphy incoraggia e supporta un aperta espressione del lutto in una situazione di gruppo terapeutica e sicura. Attualmente nella società occidentale, le perdite e i lutti sono considerati come situazioni razionalizzabili alle quali dover dare solo temporaneamente la giusta considerazione; sono spesso sottovalutate nella loro intensità e non viene dato il giusto spazio personale e ancor meno collettivo per elaborarne i vissuti. Se i soggetti manifestano dei disturbi, vengono spesso trattati in maniera inadeguata, come se il disturbo fosse solo una malattia da curare con qualche psicofarmaco. Il risultato per la persona è che il suo problema non si risolve positivamente, ma anzi rischia di trasformarsi in una vera e propria patologia cronica. Valutando fino a qui il tutto, si potrebbe pensare che tali gruppi siano da considerarsi come un offerta valida per aiutare in gran parte tutti coloro che si trovano in situazione di lutto patologico 2. Un lutto si complica nel divenire e non é spesso definibile in anticipo. Aiutare una persona in questa situazione, significa innanzitutto valutare tutto il suo percorso del lutto e della perdita, per valutare e smontare quello che non funziona. L obiettivo è di aiutarla a funzionare meglio per poter uscire dal lutto e vivere una vita migliore. 2 Francesco Campione., Il deserto e la speranza, Armando editore, Roma

4 I gruppi di B.P. concentrano la loro attenzione non tanto sui processi cognitivi dell`accettazione della perdita, ma sulla conoscenza, espressione e accettazione delle emozioni legate alla perdita. Questa metodologia di lavoro sulle emozioni è nata nelle comunitá terapeutiche americane negli anni 50e si è sviluppata ad opera del Dott. Dan Casriel 3. Successivamente si è sperimentato che poteva essere proposta come modello anche per dare un aiuto a svariati gruppi di persone. In particolare si è notato che la B.P. facilita una sana espressione emotiva in un sistema gruppale che dà sia sicurezza che accudimento. Per questo il gruppo potrebbe offrire un valido sostegno alla persona in lutto spesso in balia di un forte carica emozionale. Una cosa importante potrebbe essere l aiuto che darebbe il gruppo nella ricerca di una sua ricollocazione all interno di una nuova realtà di vita, modificata dalla perdita di una persona cara, cosicché il mutamento non sia vissuto come invivibile ma sia motivo di vivere nuove relazioni significative. Benché questo modello possa apparire come una modalitá adattabile e proponibile per tutti i soggetti in lutto, ci si dovrebbe chiedere e porre alcuni quesiti in merito ad una sua validitá in generale e ai criteri di inserimento dei soggetti in tali gruppi. La mia intenzione è di analizzare tali aspetti a fronte di nuove conoscenze sul tema del lutto. 1. I gruppi di B.P. possono essere un modello valido per tutti o solo per alcuni soggetti. Analogamente ai gruppi di mutuo aiuto, molto piú conosciuti, i gruppi di B.P. nascono per dare una risposta specifica ad una problematica o ad un 3 Casriel D., Ad un grido dalla felicità, Centro Italiano di solidarietà Roma

5 disagio sociale e si pongono il fine di aiutare le persone a superare una situazione di crisi della loro vita. Arnaldo Pangrazzi, esperto di gruppi di auto mutuo aiuto, indica come questi siano in grado di offrire a coloro che vi partecipano, sostegno emotivo, supporto sociale, informazione ed educazione reciproca e si pongano l obiettivo comune di potenziare le capacità personali di affrontare e risolvere i problemi della vita 4. Su questo punto l accordo con tali realtá appare evidente e chiaro. Una differenza sostanziale con i gruppi di auto mutuo aiuto, è che sono gestiti esclusivamente da persone che hanno già attraversato le stesse esperienze, mentre nei gruppi di B.P. la conduzione del gruppo è lasciata a conduttori con una formazione personale e accademica qualificata. Avere dei conduttori di gruppo qualificati offre un adeguato sostegno ai partecipanti e garantisce una conduzione che basa le sue linee di intervento su teorie ben radicate e non solo sulla condivisione e sull esperienza personale. Un punto critico a tale proposta è che tali gruppi mancano o sono carenti di un lavoro di analisi della tipologia di personalitá che il soggetto porta con sé, antecedente il lavoro in gruppo. Se nei gruppi di auto mutuo aiuto, la selezione dei partecipanti è dettata dalla condivisione di esperienze e vissuti comuni, nei gruppi di B.P. i partecipanti si ritrovano accomunati da un lavoro di espressione e condivisione delle proprie emozioni. La persona viene inserita in questi gruppi, spesso senza aver fatto preventivamente dei colloqui di conoscenza e analisi al fine di capire oltre alla situazione di disagio e crisi in cui si trova, la sua personalitá e i suoi bisogni esistenziali. Il rischio è che la persona in gruppo puó trovarsi a trarre beneficio nel lavorare sulle proprie emozioni, ma può rischiare anche di sentirsi a disagio trovandosi a contatto con un clima emotivamente molto carico e di aver 4 Pangrazzi A., Aiutami a dire addio in Pangrazzi A., (a cura di), il mutuo aiuto nel lutto e nelle altre perdite, Erickson, Trento,

6 paura di non riuscire a gestire le proprie e altrui emozioni profonde fino ad allora tenute sotto controllo. Considerando il lutto, come una crisi indotta da un evento critico scatenante, vediamo che il soggetto per uscire dalla crisi, sviluppa delle reazioni di tipo emotivo, razionale e comportamentale spesso in disaccordo fra loro. Pertanto senza nulla togliere alla validitá dello strumento, sarebbe necessario prevedere che la persona in lutto, prima di essere indirizzato al gruppo, segua un percorso di consulenza e orientamento svolto da un professionista. Fondamentale per riuscire ad aiutarla a trovare il suo percorso nel lutto è di capire innanzitutto quale posizione esistenziale è prevalente in lei. 2. Alcune teorie e processi di elaborazione del lutto Pur considerando che una perdita o un lutto non necessariamente portano la persona a vivere un disagio altamente invalidante per la propria vita, è altrettanto vero che la mancata o distorta elaborazione del lutto può spesso portare a una profonda crisi di vita - spesso irreversibile - con tutti i disagi e disturbi che questo comporta. Vediamo ora di prendere in considerazione alcuni approcci psicologici adottati nei casi di crisi dovute alla perdita di una persona cara e nei processi d elaborazione del lutto. In una parte della letteratura di riferimento, il lutto è visto e interpretato come un processo di riconoscimento e di elaborazione del dolore dovuto alla perdita di una persona cara e delle reazioni emotive e psichiche vissute nel dirle addio. Secondo Burgeois 5, l elaborazione del lutto comporta tre processi distinti: 5 Bourgeois M.L., Le denil clinique et pathologie, (a cura di), Prosses Universitaires de France, Paris,

7 1. l accettazione cognitiva della perdita; 2. l accettazione emotiva della morte; 3. il cambio di identità tra il Sé del passato e il Sé attuale. Il cambio è interno ed esterno, intrapsichico e interpersonale. L attenzione è posta principalmente agli aspetti esclusivamente cognitivi dell accettazione della perdita e poco a quelli emozionali. La nostra società non incoraggia e sostiene l espressione delle emozioni, che viene relativamente vista e trattata come un bisogno personale e temporaneo della persona, una sorta di sfogarsi, per riuscire successivamente a parlare del lutto. Le teorie sul lutto si possono ricondurre a tre approcci: la teoria biologica, la teoria psicoanalitica e la teoria esistenziale. La teoria biologica, i cui esponenti principali sono J. Bowlby e C.M. Parkes, considera il lutto come un processo, nel quale la perdita della persona cara è visto come il recidersi di un legame di attaccamento che mette in questione la stessa sopravvivenza del soggetto. Ritiene che, in un normale processo del lutto, in una prima fase acuta il soggetto ricerchi la persona cara per accertarsi che sia realmente morta, per rendersi conto che non è più realmente possibile recuperarne il rapporto. Successivamente, preso atto della perdita, il soggetto lascia libero sfogo ai sentimenti inevitabili di rabbia, di colpa, con fasi di depressione tipici di chi si sente minacciato e frustrato nella sua sopravvivenza; dopodiché segue un allentamento dei legami con chi, essendo morto, non è più disponibile per gli scopi della propria sopravvivenza, e un riadattamento alla nuova situazione. Alla fine il soggetto modifica consapevolmente il proprio atteggiamento e ridefinisce la propria identità, rendendosi nuovamente disponibile a nuovi legami di sopravvivenza. In questo caso il processo del lutto avviene per sostituzione dell attaccamento biologico perduto con - 7 -

8 un altro altrettanto puramente biologico. Questa teoria tralascia tutta una serie d altri aspetti, che vengono considerati non determinanti ma piutzosto marginali. La teoria psicoanalitica interpreta gli stessi passaggi in maniera diversa. La ricerca spasmodica della persona perduta ha un carattere difensivo di negazione della perdita subita; la rabbia, la colpa e la depressione sarebbero in questo caso solo dei sistemi e modelli difensivi diversi, adottati dalla persona per proteggersi dalla consapevolezza della perdita. Il legame con il perduto oggetto d amore è possibile quando il soggetto concepisce la possibilità di riparare alla perdita subita; riparazione che consisterebbe nel farlo rivivere dentro di sé. Solo allora la libido liberata dal legame con l oggetto perduto si rende disponibile ad altri investimenti oggettuali. Il fine è l introiezione positiva del soggetto scomparso, che diventa parte del sé rimanendo presenza. Questa teoria non considera che proprio questa presenza è spesso la fonte di una crisi profonda per il soggetto in lutto, la cui realtà soggettiva si scontra con un passato ancora presente. Nella teoria esistenziale si sottolinea, come per De Martino 6, che nel lutto è importante considerare la relazione tra il morto e chi resta soprattutto come una relazione sociale e storica, piuttosto che come una relazione esclusivamente d amore fra un Io e un Tu. Secondo questo autore, la morte della persona cara mette in crisi il senso della vita della persona in lutto, il lutto diventa crisi della presenza che egli ha costruito culturalmente con la sua storia. Per questo, non si tratta di far rivivere in noi i morti come vuole la concezione psicologica, ma di farli morire in noi culturalmente. 6 De Martino E., Morte e pianto rituale, Boringhieri, Torino,

9 Lo stesso autore, nell opera citata dichiara che è proprio il venir meno nella nostra società di quei rituali collettivi del lutto che avevano la funzione di lasciar morire i nostri morti, superando la crisi del senso della storia che essi determinano, che produce un sempre maggior disagio e crisi nei soggetti. È la contraddizione attuale fra una cultura animata da una concezione biologica o pulsionale, tendente a non porsi più il problema del senso della vita, e l individuo che, se vuole vivere, con la perdita si scontra proprio con quella ricerca di senso. Nei casi in cui un normale processo d elaborazione del lutto si blocca, si possono sviluppare nel soggetto delle crisi che condizionano la qualità di vita dello stesso, seguendo un percorso patologico che li rende lutti impossibili. Come sottolinea F. Campione 7, i problemi nell elaborazione del lutto sorgono quando nel soggetto non si ha un passaggio da una crisi iniziale acuta, normale e necessaria nel momento in cui viene a mancare la persona cara, a una fase di normalizzazione, in cui il soggetto, rielaborando il lutto, pone le basi per la ristrutturazione della propria vita. Nei casi in cui questo processo si blocca, o nella fase acuta o in quella di normalizzazione, si sviluppa nel soggetto una crisi cronica, rendendogli la vita invivibile e meno fornita di senso riprendendo quello che Campione indica come fondamentale nell aiuto alle persone nelle situazioni di lutto, l individuazione della posizione esistenziale prevalente in esse. Ogni posizione esistenziale, biologica, personale e umana ha le sue caratteristiche; la possibilita di usare il gruppo un gruppo di B.P. per ognuna di queste persone, andrebbe valutata attentamente. 7 Campione F., Rivivere l aiuto psicologico nelle situazioni di crisi, Clueb, Bologna,

10 2. L essere biologico, personale e umano e il gruppo di B.P. Le tre posizioni esistenziali proposte da Campione sono quella biologica, personale e umana che vengono riassunte nelle tre variazioni della classica frase ama il prossimo come te stesso 8. L essere biologico è identificabile se egli la percepisce come: ama il prossimo tuo pensando a te stesso. In questo caso l altro, vale in quanto utilizzabile per la soddisfazione dei propri bisogni. L essere personale è identificabile quando egli la intende come: ama il prossimo tuo in quanto te stesso. In questo caso l altro deve perdere la sua esteriorità e diventare un proprio oggetto interno. L essere umano è identificabile infine se la sua intenzione prevalente é ama il prossimo tuo in quanto se stesso. In questo caso l altro rimane sempre sé stesso in un legame di approssimazione che non ha mai fine neanche di fronte alla morte. L identificazione biologica Nell essere biologico vi è la prevalenza di legami di attaccamento esclusivi, per cui la perdita della persona amata viene vista come la perdita di qualcuno che soddisfa i propri bisogni. L altro è lo strumento per stare bene. L essere biologico di fronte alla perdita va alla ricerca del sostituto della persona che manca, infatti l altro è strumentale e pertanto sostituibile. Nella concezione biologica, la morte è ritenuta accettabile se avviene alla fine del ciclo vitale e senza sofferenza e dolore fisico, altrimenti diviene tragica perché porta con sé la paura del dolore e della sofferenza personale. 8 Francesco Campione., Perpatire Armando editore, Roma,

11 Trovare in un gruppo di B.P. una persona con un identificazione biologica significa avere di fronte qualcuno con il bisogno di poter sciogliere 9 il legame di attaccamento col defunto ed essere cosí libero di sostituirlo con uno nuovo. Questo significa che in gruppo costui tenderá prima di tutto a liberarsi delle emozioni dolorose che gli impediscono di costruire nuove relazioni e a riempire il vuoto lasciato dall altro attraverso una ricerca di vicinanza fisica e contatto con gli altri. In questo caso un approccio di gruppo che lavori sulle emozioni e sul contatto e vicinanza fisica potrebbe apportargli dei benefici. In un caso che ho avuto modo di seguire, è possibile individuare molti tratti di quanto detto in precedenza. Si trattava di una madre a cui era morto il figlio in un incidente stradale con la moto. Lei aveva 38 anni quando le era morto il figlio, un ragazzo di 18 anni. La famiglia èra composta antecedentemente al fatto da madre, padre e tre figli: un maschio di 18 anni (defunto) e due femmine di 12 e 10. Altro fatto significativo, dopo circa un anno dalla morte del primogenito la madre ha un altro figlio maschio. Il morto era nato all inizio del rapporto di coppia, quando la madre era ancora giovane, solo dopo sei anni circa era nata la secondogenita. Il rapporto di coppia denotava giá prima dell incidente una situazione di crisi che si è poi ulteriormente arcuita. La madre aveva già in precedenza fatto esperienze in gruppi di B.P., lavorando sul rapporto conflittuale con il figlio, che a quel tempo presentava dei comportamenti devianti legati a una dipendenza da sostanze psicotrope. Relativamente all evento luttuoso, la madre non riusciva però ad esprimere liberamente il dolore e la sofferenza per la perdita di suo figlio: il dolore si tramutava costantemente in rabbia contro di lui. Questo continuo alternarsi di dolore e rabbia la bloccava e la 9 Lynne Ann Depelder Albert Lee Strickland., The Last Dance (a cura di Francesco Campione) cap. 8 Clueb, Bologna,

12 riportava in una situazione ciclica di malessere, che innescava una serie di difese e di atteggiamenti ambivalenti di accettazione e rifiuto nelle relazioni affettive. Il rapporto con il figlio deceduto, oltre che un rapporto affettivo madre-figlio molto intenso, era in parte fonte di compensazione di quei bisogni affettivi non soddisfatti nel rapporto con il proprio partner. Attraverso comportamenti ambivalenti di attaccamento e di ribellione (accentuati dall uso di sostanze), il figlio adolescente metteva in crisi la madre che viveva un sentimento di tradimento affettivo da parte sua. Il passaggio fondamentale per uscire da questo legame ambivalente èra iniziato con il riconoscere che lei, per soddisfare i suoi bisogni affettivi cercava nel figlio quello che non aveva con il marito. La morte prematura e tragica del figlio ha reso impossibile per lei chiarire e risolvere il suo problema e quindi chiudere alcuni conti sospesi - cosa che ha prodotto un blocco nel lavoro d elaborazione del lutto. Attraverso l espressione delle emozioni di dolore e rabbia in un contesto di condivisione di gruppo, si è potuto peró lavorare sul far riconoscere alla madre il tipo di relazione affettiva di attaccamento esclusivo che aveva instaurato con il figlio defunto, e di conseguenza ridimensionarne la perdita. La morte del figlio è stata per lei l evento che ha messo in crisi il suo modello biologico dei rapporti affettivi ed ha potuto chiarire la sua personale identificazione prevalente e riorganizzare i suoi rapporti affettivi. L identificazione personale Nel caso dell essere personale, vi è la prevalenza di legami in cui l altro deve poter essere inserito dentro di me e non deve contrastare con coloro che esistono dentro di me. È un legame di assimilazione in cui il soggetto si rapporta al mondo non cercando di adattarvisi, ma di adattarlo a sé

13 Nelle situazioni di lutto, la persona percepisce la perdita dell altro come angosciosa, perché l altro è unico e irripetibile ma solo per sé. La morte diviene un male innanzitutto per sé stessi, come fosse legato ad un destino in cui c è un peccato di fondo di cui bisogna espiare la colpa. L altro è parte di sé e pertanto non puó essere sostituito ma solamente interiorizzato. Nel percorso del lutto l essere personale cerca di trasformare l assenza esterna in una presenza interna. Riuscire a fare questa trasformazione non è cosí facile come si pensa. Spesso la persona non riesce a trovare un posto adeguato dentro di sé dove poter inserire l altro perché la sua presenza contrasta con altre presenze e ció diventa fonte di disagio. In questo momento la persona è spesso in conflitto fra i sensi di colpa e la rabbia verso la persona morta, che le impedisce di attuare il processo di idealizzazione dell altro. Un caso che ho trattato in un gruppo B.P. potrebbe in parte dare delle indicazioni ed essere collegato a questa tipologia di identificazione. Si tratta della sorella maggiore del ragazzo defunto, nel caso presentato precedentemente. Arriva in gruppo dopo quasi quattro anni dalla morte del fratello, soffre di un disagio sociale dovuto alla sua tendenza ad essere introversa e chiusa sia nelle relazioni in famiglia sia con gli altri coetanei e avere una bassa stima di sé. Emerge un bisogno di lavorare sul lutto determinato dalla morte del fratello. La sua morte le ha fatto mancare un punto di riferimento affettivo e relazionale importante. L improvvisa e prematura morte non le ha reso possibile soddisfare il suo bisogno di dirgli addio consapevolmente, cosí il rapporto con lui era rimasto pertanto aperto e doloroso. La sua assenza esterna contrastava con una presenza interna. Un lavoro guidato di espressione delle emozioni di rabbia e di dolore per la perdita del fratello ha consentito di sciogliere questo nodo. Importante per lei è stato un abbraccio intenso, scambiato con un altro

14 partecipante con cui lei aveva fisicamente identificato il fratello. Quello che è avvenuto è paragonabile ad una catarsi emotiva, che ha permesso di risolvere il blocco che la legava a un processo di lutto rimasto emozionalmente sospeso e irrisolto. È risultato allora fondamentale un lavoro sull emozione della rabbia come emozione positiva che rafforzasse la sua consapevolezza di avere diritto al proprio posto in famiglia. Importante è stato il suo riconoscersi come persona unica e irripetibile e come la figlia secondogenita di quel nucleo famigliare. Anche per lei, il punto di partenza del lavoro terapeutico è stato una elaborazione sia emotiva sia razionale del lutto, ma di importanza fondamentale è stato il riuscire a trovare e riconoscere la propria posizione all interno della famiglia, specialmente nella relazione con i genitori. Per persone con una prevalente posizione personale, un lavoro in questo tipo di gruppo potrebbe essere di aiuto per sbloccare blocchi emozionali e poter riparare la relazione con la persona. L identificazione umana Nella persona con una prevalente identificazione umana prevale una concezione della relazione con l altro come infinita, tendente a dare sempre per l altro a prescindere da come e cosa egli rappresenti per sé. Coloro che si identificano con tale concezione danno valore all altro non subordinandolo ai propri bisogni (quindi ai criteri di oggettivazione di sé e dell altro) né al valore che dá a se stesso 10. Pertanto, la sofferenza determinata dalla perdita, è non tanto per sé quanto per l altro. La tragedia del morire è per chi è morto e non per chi resta. 10 Francesco Campione., Perpatire Armando editore, Roma,

15 La morte porta via solo la dimensione biologica e quella personale, non quella umana, perché finché qualcuno ama un altro lo fa esistere. Valutando tali presupposti, possiamo dire che per una persona con una identificazione umana partecipare ad un gruppo di B.P. non avrebbe un gran significato, visto che si svolgerebbe in funzione non di chi resta ma sarebbe solo in funzione di chi è morto. Conclusioni A conclusione possiamo dire che per persone con una identificazione sia biologica che personale, un gruppo di B.P. potrebbe essere visto come una possibilitá di aiuto. In ogni caso la partecipazione andrebbe vista come complementare e non esclusiva per il percorso di risoluzione del lutto. Per quanto riguarda invece quelle con una identificazione umana, un tale gruppo non apporterebbe nessun beneficio significativo. Alle persone in lutto che chiedono di essere aiutate, è assolutamente necessario proporre attraverso una consulenza professionale un percorso di individuazione della propria posizione esistenziale e dei propri reali bisogni. Questo prima di indirizzarle alle varie possibilitá di interventi terapeutici qualunque essi siano. Dr. Decarli Renato Bolzano

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