critica portatile al visual design

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1 Introduzione In un giorno imprecisato del 1524, Marcantonio Raimondi, forse il piú grande incisore dei suoi tempi, viene arrestato dalle guardie di papa Clemente vii e rinchiuso nelle carceri vaticane. È coinvolto in un crimine spaventoso e sporchissimo. Non si tratta di omicidio o furto, non è magia nera e neppure eresia. A quanto ci risulta, si tratta di un crimine nuovo, mai commesso prima. È accusato di quello che, con un termine moderno, chiamiamo «design». Facciamo un salto indietro. Federico ii marchese di Mantova commissiona a Giulio Romano brillante allievo di Raffaello una serie di dipinti erotici, per adornare il Palazzo Te appena costruito. Si tratta di immagini amorose con satiri, ninfe e divinità varie, e se l esplicitezza è il criterio per distinguere erotismo e pornografia, allora i soggetti in questione sono pornografici: vi figurano falli eretti, amplessi e posizioni (sedici per la precisione). La commissione di pittura pornografica non è però una novità tra cerchie ristrette e facoltose. Nuova è l idea di ricavare da quelle figure delle matrici incise e stamparne delle copie rivolgendosi a un pubblico piú ampio. E qui entra in scena Marcantonio, pare che l idea sia sua. Il lavoro è superbo e anche per questo il papa vede bene di arrestarlo seduta stante. Le copie recuperate sono immediatamente bruciate. Giulio Romano non viene invece perseguito, vuoi perché si trova a Mantova, vuoi perché dipingere pornografia per un ricco committente 6 1 2

2 4 critica portatile al visual design 4 5 non è il vero reato. È credibile invece che l aspetto criminoso venga riconosciuto nella pericolosità della prassi produttiva: e cioè la velocità e l ampiezza di diffusione che le copie stampate permettono. Da quando la stampa ha cominciato a essere sempre piú capillare, la Chiesa ha imparato che ci sono pericoli nuovi, piú grandi e piú dannosi degli infedeli o degli eretici. In quegli stessi mesi, infatti, l Europa è invasa dalle molte copie dei testi luterani e da volantini in cui il papa è raffigurato come l anticristo. Il pericolo non sono piú le voci dissidenti, ma la loro diffusione; e per la prima volta il potere deve fare i conti con il consenso di quella che sarà poi battezzata società di massa. Perché la massa non la fa solo il numero, ma, appunto, la gestione del consenso. Il crimine di Marcantonio non è la pornografia, ma aver permesso la sua circolazione. Una delle caratteristiche principali del design, che lo distingue dall arte o dall artigianato comunemente inteso, è questa: un artefatto di design non esiste in un originale, ma nelle sue copie. E non si tratta solo di una necessità produttiva, ma di un orizzonte estetico, funzionale e di senso. Nel mondo contemporaneo il design è ovunque: può essere usato, abitato, fruito, maneggiato, goduto, sfruttato, sprecato, distrutto, riciclato; ma soprattutto il design può essere visto. Questo è l argomento del nostro libro: i linguaggi e i saperi del visual design, cioè di tutte quelle cose progettate anzitutto per lo sguardo. Il design è un insieme di pratiche molto diverse, e difficilmente lo si costringe dentro un unica interpretazione. Dobbiamo quindi procedere per pezzi, per brandelli, per ragionamenti ora circoscritti ora trasversali, per dubbi e apparenti incoerenze, cercando man mano di tirare fila possibili. Non possiamo tenere il visual design in una frase, ma possiamo girargli intorno elencando alcune sue caratteristiche in determinate condizioni. dorfles, 2001

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4 6 critica portatile al visual design L assunto di questo libro è che il visual design non sia una disciplina, ma una serie di discorsi che riguardano ambiti diversi della produzione e della conoscenza. Il campo è quindi molto vasto: contiene oggetti, informazioni, racconti, eventi, aziende e persone Il visual design ci circonda. E in molti hanno imparato a riconoscerlo: nella grafica delle grandi aziende, nelle pubblicità, nelle interfacce del computer o del telefonino, nelle copertine dei libri o nei video musicali. Ma il visual design non riguarda solo gli ambiti piú evidenti della comunicazione, ad esempio vi rientra a pieno titolo l etichetta di un paio di mutande. Si tende a trascurare che anche quelle righe stampate su due centimetri di fettuccia sono state progettate da qualcuno, cioè sono un piccolo progetto grafico fatto di codici, simboli e font appropriate. Pensando al visual design si pensa infatti alle opere piú estetiche e non agli oggetti quotidiani: si pensa al poster della Tate Gallery e non alla bolletta dell Enel, si pensa alla pubblicità dell alta moda e non alla biancheria dell Upim. Quando qualcuno scopre che mi occupo di design, la sua prima esclamazione di solito è: «Che bello, un mestiere creativo!» Non c è dubbio che il design abbia molti aspetti per cosí dire artistici, ma sono solo una parte, spesso non principale, di ragionamenti e problemi molto piú articolati: documentarsi su un tema preciso; risolvere una questione tecnica; ottenere i diritti di un immagine; fare un preventivo; rapportarsi ai clienti e cosí via. Tutte queste pratiche fanno parte dei saperi del design e ne determinano le forme e la fortuna. La maggioranza di quelli che vorrebbero fare il designer però, specie tra i piú giovani, ha in testa quasi esclusivamente gli aspetti espressivi o spettacolari; anche perché libri e giornali preferiscono parlare non del design ma dei suoi grandi autori, come Philippe Starck, Frank Gehry, Giorgio Armani o Chip Kidd. potter, 2010

5 introduzione 7 Nella moda, il vestito di cui piú si parla è quello di haute couture; bello, immaginifico quanto si vuole, ma risolto anzitutto sul piano espressivo, come fosse una scultura. Saper progettare le magliette del supermercato, invece, richiede di padroneggiare ambiti e competenze ben piú ampi: uno stesso disegno deve infatti funzionare su taglie diverse; ci sono valutazioni anatomiche e antropologiche che investono la scelta dei materiali e delle cuciture; ci sono i problemi relativi al colore sia sul piano igienico sia su quello simbolico; per non parlare della resistenza dei tessuti e delle tinte; delle finiture e degli elastici; della tenuta ergonomica e della sostenibilità in rapporto al prezzo. Una delle ragioni per cui alcuni stilisti sono una spanna sopra agli altri è forse perché nei loro abiti, anche nei piú artistici, si vede la capacità sartoriale di fronteggiare problemi diversi e complessi. Gli aspetti artistici dànno indubbiamente fama e visibilità, ma per stanare il bravo designer chiedetegli di ideare una maglietta comune o la sua etichetta. Per essere grandi progettisti bisogna prima essere artigiani con competenze profonde. Certo, sul piano espressivo, un libro di Bruno Munari non è pari a un bugiardino farmaceutico, ma per capire il design dobbiamo partire da un campo piú largo, e non livellarlo ai semplici parametri dell arte, della creatività o del talento che sono solo gli aspetti «purificati» di attività piú sfaccettate. Rientrano nel visual design: la scatola di un surgelato, il tabellone ferroviario, lo scontrino della farmacia, un fumetto, un libro di analisi matematica, il biglietto dell autobus, il bollettino di conto corrente, la font del passaporto, il manuale di istruzioni del mobile componibile, il piccolo adesivo sopra il pompelmo, una pagina di romanzo, una carta geografica, l indicazione stradale, il pattern di una piastrella, il marchio a fuoco su una coscia 7 8 9

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7 introduzione 9 hollis, 2001 / meggs, 2011 di prosciutto, una foto di moda, il cartamodello di una camicia, un illustrazione scientifica, e il viso del presidente degli Stati Uniti. Insomma: tutto ciò che si vede fa parte del visual design? Non tutto. Tutto quello che è progettato per essere visto secondo certe intenzioni: per informare, raccontare o sedurre gruppi di persone all interno della società di massa. È visual design l interfaccia dell ipad cosí come il volantino della pizzeria di quartiere. Parliamo di visual design ogni volta che qualcuno ha serializzato e diffuso un discorso visivo: tante copie di un volantino o di un libro, tante scatole di pasta, tanti schermi su cui compare una pagina web, tanti cinema in cui vedere uno stesso film. Se un insieme che contiene troppi elementi può apparire poco proficuo ai fini del ragionamento, allo stesso tempo è impossibile parlare di visual design (e capirne qualcosa) senza considerarlo un fenomeno trasversale che investe campi diversi: dalla fotografia all intrattenimento, dalla semiotica al marketing. Questi contesti e le loro attività si influenzano a vicenda: una certa procedura genera una certa forma; una forma viene scelta da una certa società; una tecnologia viene soppiantata da un altra e condiziona altre procedure e altre forme. Un artefatto visivo è infatti sempre calato in un flusso culturale, economico, sociale, ed è sempre connesso con altri artefatti e linguaggi. Ragionarne al di fuori di un epoca e di una società precisa è quindi infruttuoso. Eppure questo è ciò che fa la maggior parte dei libri e dei siti Internet dedicati alla grafica e alla visualità, riducendo tutto a elenchi, piú o meno mascherati, di cose belle. L unico giudizio diventa cosí il «mi piace», come negli infiniti post dei social network. La storia del visual design è al contrario molto piú complessa, attraversa discorsi e pratiche molteplici, e non può essere ridotta a una galleria di figure, di manifesti o di loghi. 10

8 10 critica portatile al visual design Visual design è un termine diffuso, usato quasi sempre come sinonimo di graphic design. Graphic sarebbe in senso stretto il sistema dei layout, dei marchi, delle impaginazioni, dei lettering e delle font * ; mentre visual, il piú generale ambito della comunicazione visiva. L aggettivo visual dichiara che abbiamo a che fare prima di tutto con il vedere ** ; ma anche una scarpa è pensata per essere vista, eppure appartiene al product design; e anche una carta da parati è pensata per esser vista, ma la consideriamo interior design. Il malinteso non è concettuale, ma burocratico: nel sistema della cultura esistono tanti nomi quante sono le discipline di cui hanno bisogno le università o gli albi professionali. Queste tassonomie sono sopportabili (e spesso utili) negli aspetti pratici della vita, ma possono essere di intralcio per comprendere il mondo. Perché nel lavoro reale e nella percezione del pubblico i confini tra le diverse attività sono piú fluidi. Per capire il visual design non dobbiamo dividerlo in categorie o in tipi di merci, altrimenti il risultato sarà solo un elenco di forme. Il modo migliore per capire il design è chiedersi cosa aveva in mente chi l ha progettato, chi è il committente, qual è il contesto sociale e quali tecnologie l hanno permesso. Parafrasando un noto slogan *** potremmo dire che nel visual design la forma non segue la funzione ma l intenzione. Dobbiamo allora investigare non solo quello che si sa sull argomento (la cultura del design) ma pure quello che si crede (le idee comuni esterne al mondo dei designer). * Font è una parola femminile anche se è molto diffuso l uso maschile come sinonimo di «caratteri»: viene dal francese del Cinquecento e si riferisce a un unica colata di piombo, stagno e antimonio. ** Tradurremo visual con «visivo» per riferirci ai fenomeni legati alla visione; useremo invece «visuale» per riferirci alla cultura a cui appartengono questi fenomeni. *** «Form follows function», la forma segue la funzione.

9 introduzione 11 Ovvero dobbiamo tener conto accanto alle voci ufficiali dei luoghi comuni, dei miti, degli stereotipi che circolano nella società. L uomo della strada ritiene che il designer sia un tipo moderno di artista, come crede che il visual design abbia a che vedere con la creatività e col saper usare il computer. Anche queste convinzioni fanno parte dei discorsi sul design e vanno considerate con attenzione. Molti artefatti di design, anche quelli migliori, non sono però sempre il frutto del lavoro dei designer, ma di matematici, ingegneri o filosofi. Come vedremo, Isotype, il sistema da cui nasce l infografica moderna, fu ideato da Otto Neurath, economista e sociologo; Worldmapper, una delle invenzioni statistiche piú brillanti degli ultimi anni, è frutto del lavoro di matematici; e una delle collane editoriali piú eleganti in Italia, la biblioteca Adelphi, fu disegnata dai redattori della casa editrice in aperta polemica con il gusto in voga tra i grafici. In questo libro, quindi, il termine designer verrà usato prevalentemente come participio presente: è «colui che progetta». Matematici, orefici, redattori, fotografi, disegnatori e imprenditori, figure diverse per formazione e cultura, senza nessun riferimento obbligato ai designer come categoria professionale. 276, , 272