Report WP6 SLID. Una buona pratica di progettazione professionale per il collocamento mirato delle persone disabili

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1 Report WP6 SLID Development of Innovative Good Practices of Social and Labour Inclusion Una buona pratica di progettazione professionale per il collocamento mirato delle persone disabili A cura di: Stefano Defendi (Comitato Scientifico S.L.I.D. Cooperativa Sociale Opera) Ottobe 2013 This document has been produced with the financial assistance of the IPA Adriatic Cross-Border Cooperation Programme. The contents of this document are the sole responsibility of Cooperativa Sociale Opera Onlus (ex Zanzibar) and can under no circumstances be regarded as reflecting the position of the IPA Adriatic Cross-Border Cooperation Programme Authorities. 1

2 Indice Indice pag. 2 Introduzione pag. 3 La prospettiva concettuale pag. 5 Funzionalità al mercato del lavoro pag. 5 L'importanza del lavoro pag. 7 L'intervento riabilitativo e la presa in carico pag. 9 Evitare fallimenti pag. 10 Il concetto di disabilità pag. 11 La disabilità in Italia pag. 13 Assunti metodologici pag. 16 Le fasi della progettazione professionale per soggetti disabili pag. 16 L'invio pag. 17 La valutazione e l'osservazione delle abilità pag. 18 La progettazione e l'individuazione di un obiettivo professionale per disabili pag. 21 Collocamento mirato pag. 23 Analisi e scomposizione del ruolo in abilità pag. 24 Monitoraggio e tutoraggio pag. 27 Rilascio progettuale pag. 28 La sperimentazione lavorativa WP6 SLID pag. 29 Introduzione pag. 29 Destinatari pag. 30 Settori di produzione e analisi del ruolo professionale pag. 31 -Aula del mare pag. 32 -Stampa digitale pag. 34 -Rigenerazione batterie pag. 36 -Archiviazione dati pag. 38 Andamenti lavorativi pag. 39 -Andamenti A75G pag. 40 -Andamenti LB66B pag. 43 -Andamenti M61F pag. 46 -Andamenti T76D pag. 49 -Andamenti A71S pag. 52 -Andamenti B67G pag. 55 -Andamenti F77G pag. 58 Conclusioni pag. 60 Allegati (Scheda analisi ruolo lavorativo) pag. 64 Bibliografia pag. 66 2

3 Introduzione Il Progetto S.L.I.D. (Social Labour Integration Disabled), ha nella fase WP6, denominata "Development of Innovative Good Practices of Social and Labour Inclusion", la sua componente sperimentale in riferimento agli inserimenti lavorativi delle persone disabili. L'obiettivo principale di questa fase è l applicazione e la valutazione dei modelli (buone prassi) d'integrazione al lavoro delle persone disabili afferenti nei vari contesti territoriali dei partner. La Cooperativa Sociale Opera 1 di Ancona, per la realizzazione della suddetta sperimentazione, ha preso spunto da un metodo di progettazione professionale individualizzata 2, già in uso all interno del Centro Lavoro Guidato (CLG) del Comune di Ancona 3. Questo metodo di lavoro, è orientato al concetto di collocamento mirato delle abilità (congruenza persona/ambiente) e lo stesso si basa sull'auto-valutazione delle esperienze pregresse che fungono da fondamento per la formulazione di un profilo lavorativo ed un obiettivo professionale, che viene determinato tenendo in considerazione molti aspetti, fra cui la situazione clinica del soggetto, le abilità ed il livello di competenza lavorativa posseduta dai partecipanti 4. La metodologia oggetto del presente report utilizzata per la sperimentazione prevista nella fase WP6 SLID, è stata valutata come una buona pratica utile al raggiungimento dell'inserimento lavorativo e della progettazione professionale specifica alle persone disabili, dalla Regione Marche. Quest'ultima, infatti, nell'anno 2008, in collaborazione con una commissione di esperti, facenti parti dei Centri dell'impiego, dei Comuni e degli Ambiti Territoriali Sociali, dei Servizi Sanitari (Unità Multidisciplinare Età Adulta-Dipartimento Salute Mentale- Dipartimento Dipendenze patologiche), della Medicina legale, ha realizzato delle Linee Guida conosciute come DGR 1256/08. Queste ultime hanno l'obiettivo, a livello regionale, di orientare tutti gli attori coinvolti all'argomento a nuovi modelli d'integrazione e progettazione lavorativa per soggetti disabili, inoltre le stesse rilevano l'esigenza, da parte di tutto il territorio marchigiano, di un cambiamento dell approccio al lavoro delle persone disabili attraverso l implementazione di nuove logiche di progettazione lavorativa (metodologia) a quelle esistenti, in quanto nel tempo è emersa la necessità di attuare delle politiche attive per il potenziamento delle azioni rivolte all integrazione lavorativa dei disabili, attraverso servizi di sostegno e collocamento mirato, capaci di coniugare i diversi linguaggi fra il mondo produttivo e quello dei servizi sociali e sanitari, cercando di superare l intervento assistenzialistico. In sintesi, la Regione Marche ha aperto un percorso per la condivisione, a livello regionale, di una metodologia comune d'intervento e di un linguaggio condiviso fra i vari partner coinvolti nella problematica dell'inserimento lavorativo delle persone disabili, con l'obiettivo generale di coniugare le richieste del tessuto produttivo con quelle dei Servizi Sociali e Sanitari, poiché in questi ultimi spesso afferiscono le persone più a rischio di esclusione sociale. In questo senso, il modello applicato per la realizzazione della sperimentazione lavorativa prevista dalla WP6, che è in uso presso il CLG e presso il Progetto Sollievo ATS 13 5, è stato inserito nella programmazione di due corsi, realizzati dalla Regione 1 Dal 01 Febbraio 2013 la Cooperativa Sociale Zanzibar Onlus di Ancona a seguito di una fusione con la Cooperativa Sociale Servizi Più di Urbino ha cambiato la sua denominazione diventando Cooperativa Sociale Opera Onlus. 2 Nelle pagine che seguiranno, il lettore troverà spesso utilizzate le parole metodo, metodologia, sperimentazione, esperienza come sinonimi, che identificheranno la pratica utilizzata per la progettazione dell'inserimento lavorativo delle persone disabili come previsto dalla fase WP6 SLID. Questa metodologia di lavoro quindi, deve essere intesa come la realizzazione di azioni strutturate, rivolte all'obiettivo dell'inserimento lavorativo e della progettazione professionale mirata (congruenza fra la persona e l'ambiente), sulla base di determinati principi. In questo senso parliamo di metodologia poiché la sperimentazione è stata svolta seguendo dei criteri scientifici sistematici e funzionali al raggiungimento di uno scopo. La metodologia è articolata su più fasi che sono descritte nel paragrafo:assunti metodologici. L'equipe lavoro della Cooperativa Opera ha quindi realizzato l'inserimento lavorativo previsto, utilizzando specificatamente i concetti e la strumentazione adatta alla realizzazione del collocamento mirato e del monitoraggio relativo. 3 Il Centro Lavoro Guidato (CLG), è un servizio del Comune di Ancona nato nel 2008 a carattere sperimentale, ed è tuttora gestito dalla Cooperativa Sociale Opera, che si è aggiudicata tale coordinamento attraverso bando pubblico. Le finalità generali del CLG riguardano la valorizzazione e il miglioramento delle potenzialità della persona interessata alle problematiche inerenti la disabilità, attraverso la realizzazione di percorsi educativi e formativi finalizzati all'inserimento lavorativo del soggetto debole all'interno del mercato del lavoro. 4 Per un approfondimento metodologico si rimanda il lettore alla lettura dei paragrafi "La prospettiva concettuale" e "Assunti metodologici". 5 Il progetto "La Rete del Sollievo" dell'ambito Sociale e Territoriale 13, nasce nel 2003 con l'obiettivo della promozione del benessere psichico delle persone affette da patologia psichiatrica e loro familiari, per integrare gli stessi nel tessuto sociale di riferimento. Il Progetto Sollievo ATS 13 è da considerarsi come uno strumento di lotta contro il pregiudizio e l'emarginazione sociale, che?quotidianamente lavora per la realizzazione di percorsi strutturati atti al contrasto della cronicità del paziente psichiatrico. Il Progetto Sollievo ATS 13, cerca di operare nel proprio territorio in maniera integrata in quanto la riabilitazione psicosociale della persona affetta da malattia mentale e/o da disturbi psichici significativi, non può essere delegata solamente alle strutture competenti, ma necessita di un approccio allargato a tutta la rete territoriale che si relaziona quotidianamente con la persona affetta da patologia. Da questo punto di vista quindi, un risultato rilevante è stato raggiunto attraverso la realizzazione, nel 2005, dell'associazione del Buon Umore Onlus (sapere esperienziale) che collabora fattivamente e significativamente con l'equipe degli Operatori (sapere scientifico) per la realizzazione di percorsi rivolti all'integrazione sociale della persona affetta da disturbi psichici e loro familiari. La relazione del sapere scientifico e di quello esperienziale, ha portato il gruppo lavoro ad individuare nella persona psichiatrica ed i suoi familiari, la priorità e lo scopo principale del Progetto Sollievo ATS 13, per cercare di dare alla stessa la possibilità di migliorare la qualità della propria vita attraverso esperienze di successo rivolte al riconoscimento sostanziale del potere di "saper fare" (empowerment), per provare a 3

4 Marche 6 e svolti nel biennio , per l'insegnamento della suddetta metodologia agli operatori dei Centri per l'impiego, dei Servizi Sanitari, dei Comuni, degli Ambiti Territoriali Sociali e del Cooperativismo. Concludendo, il presente report WP6 SLID, è suddiviso in quattro parti centrali, esclusa questa parentesi introduttiva. La prima parte è rivolta alla prospettiva concettuale che sottende alla metodologia specifica le persone disabili, utilizzata per la realizzazione della sperimentazione lavorativa. In questo capitolo, quindi, sono affrontati dei concetti di ordine generale, che costituiscono il punto di riferimento attraverso il quale s'intende osservare il fenomeno della disabilità e dell'inserimento lavorativo. La seconda parte è rivolta specificatamente all'approfondimento metodologico cui la sperimentazione ha fatto riferimento. In questo capitolo, si analizzeranno le fasi e i principali concetti che sorreggono la metodologia utilizzata, nella fattispecie la progettazione e la realizzazione della congruenza fra le abilità e il livello di competenza della persona disabile, con le abilità e il livello richiesto da parte dell'ambiente di lavoro. Nella terza parte, invece, sarà specificatamente analizzata, attraverso i concetti esplicitati nei capitoli precedenti, l'esperienza lavorativa realizzata. In questa parte emergeranno tutte le caratteristiche progettuali dei beneficiari, i settori di produzione e i ruoli individuati per lo svolgimento dell'esperienza, i collocamenti mirati e gli andamenti lavorativi delle persone disabili coinvolte. L'ultima parte sarà rivolta alle conclusioni che sono di notevole importanza poiché le stesse saranno confrontate con dei criteri che la letteratura in materia utilizza per definire il concetto di buona prassi. Questi criteri quindi saranno i punti di riferimento per comprendere se la metodologia impiegata per la sperimentazione lavorativa prevista nella fase WP6 SLID è aderente alla definizione di buona prassi per l'inserimento lavorativo delle persone disabili e quindi se la stessa è esportabile in altri contesti. rendere il paziente psichiatrico una persona protagonista, nei limiti del possibile, delle proprie scelte e della propria esistenza. Il Progetto Sollievo si è sviluppato negli anni grazie al contributo reale del Centro di Salute Mentale Sud di Osimo, dell'associazione del Buon Umore, dell'ambito Sociale Territoriale 13 di cui fanno parte i Comuni di Camerano, Castelfidardo, Loreto, Numana, Offagna, Osimo (Capofila), Sirolo, della Provincia di Ancona, della Regione Marche, del Cooperativismo, ma soprattutto delle persone che quotidianamente si prendono cura di loro stessi attraverso la partecipazione alle attività. Tratto dal sito: 6 La metodologia per il collocamento mirato e la progettazione professionale disabili utilizzata al CLG dall'equipe coordinata dal Dott. Stefano Defendi, è stata scelta come buona prassi metodologica da insegnare ai professionisti del settore operanti nei Servizi Sociali e Sanitari Territoriali, nei Centri per l'impiego e nelle Cooperative della Regione Marche, come previsto dalle Linee Guida DGR 1256/2008. Il Dott. Stefano Defendi, Coordinatore del CLG e autore della metodologia in essere, ha svolto il ruolo di docente formatore per conto della Regione Marche nei due corsi organizzati dalla stessa nel triennio : -Corso di formazione FP "Equipe di lavoro integrate per gli operatori impegnati nell'inserimento lavorativo delle persone disabili" -Corso di formazione "Gli Operatori della mediazione e i tutor per l'inserimento lavorativo delle persone disabili. 4

5 La prospettiva concettuale Funzionalità al mercato del lavoro L'orientamento concettuale su cui si fonda la metodologia utilizzata per la sperimentazione WP6 SLID, può essere definito di natura costruttivista, inteso come quell'impostazione teorica data dalla relazione di più discipline Queste ultime, possono essere raccolte sotto l'etichetta di scienze cognitive.(baraldi, Corsi, Esposito, 1990) "Il Costruttivismo radicale condivide l'assunto secondo il quale la conoscenza non si basa sulla corrispondenza della realtà esterna, ma sempre solo sulle "costruzioni" di un osservatore. La conoscenza non è una progressiva scoperta della realtà, bensì "invenzione " di dati esterni"(baraldi, Corsi, Esposito, 1990). Nella fattispecie, i concetti che stanno alla base del metodo oggetto di studio, prendono spunti da più materie scientifiche come la sociologia, la psicologia, la riabilitazione psichiatrica e per le disabilità intellettive, la pedagogia, la scienza dell'educazione e della formazione, la medicina legale, ecc. In questo senso, il metodo utilizzato da parte della Cooperativa Opera per la sperimentazione lavorativa inerente la fase WP6 SLID, da un punto di vista sia teorico che pratico, è da considerarsi come una "cassetta di attrezzi" dove sono riposti degli strumenti atti alla facilitazione delle scelte professionali a favore delle persone disabili, attraverso processi e dinamiche orientate alla realizzazione di un collocamento mirato alle abilità ed ai livelli di competenza possedute dalla persona coinvolta. Il modello di progettazione professionale per disabili, cui ci si è ispirato per la sperimentazione lavorativa WP6 SLID, è strutturato su più fasi rivolte all'osservazione, alla valutazione, alla progettazione, al monitoraggio dell'intero percorso lavorativo e di analisi. La metodologia è composta da più step utili alla realizzazione di un eventuale inserimento lavorativo per soggetti disabili, e la stessa comprende il coinvolgimento ponderato di tutti gli attori coinvolti in una logica di equipe multi-professionale (Ba 2003). Da questo punto di vista, il presente metodo, è orientato alla condivisione e all'avvicinamento delle esigenze del mondo del lavoro con quelle dei Servizi Sociali e Sanitari, con l'intento di contrastare efficacemente il rischio di esclusione sociale, attraverso la realizzazione di percorsi di inserimento lavorativo adatti e realizzabili 7 rispondendo in maniera concreta ai complessi bisogni che colpiscono maggiormente le fasce deboli. In questo senso, il lavoro adatto e realizzabile è progettato in maniera "lifelong" cioè riutilizzabile nel tempo, per divenire uno strumento sociale prezioso su cui poter fare affidamento e avere un progetto a lungo termine e non solo un inserimento lavorativo, per aumentare la probabilità di essere socialmente inclusi e mantenere una qualità della vita 8 soddisfacente (Ba 2003). Sicuramente, il solo inserimento lavorativo non è sufficiente per definire che una persona disabile o svantaggiata sia socialmente inclusa, perché per il raggiungimento di questa condizione subentrano molti fattori. D'altro canto, è pur vero che fra tutte le dimensioni utili per l'osservazione del fenomeno dell'inclusione/esclusione in un determinato contesto sociale e territoriale, la sfera lavorativa e produttiva è senza dubbio alcuno una dimensione significativa 9. Seguendo questa logica è interessante comprendere cosa significa essere inclusi o esclusi socialmente, in quanto la sperimentazione lavorativa relativa la fase WP6 SLID, ha insita nei suoi obiettivi la realizzazione di percorsi di inserimento lavorativo che facilitino la realizzazione e la tenuta, da parte della persona disabile, del lavoro e che quest'ultimo funga da strumento per una reale e concreta inclusione della stessa nel tessuto sociale di riferimento. Sicuramente l'argomento è vasto e soprattutto complesso e non potrà essere sviluppato in poche righe, ma fondamentalmente, il concetto d'inclusione/esclusione sociale è dinamico e può essere letto come il rapporto fra un 7 Sicuramente il lettore sarà facilitato nella comprensione del concetto di "lavoro adatto e realizzabile", per persone disabili, al termine della lettura del presente report, in quanto la definizione dello stesso è complessa ed articolata su più livelli concettuali, fra cui troviamo il collocamento mirato, la disabilità, la progettazione e l'obiettivo professionale, la funzionalità all'obiettivo di produttività. 8 Con qualità della vita si intendono le percezioni che gli individui hanno della propria collocazione nella vita in relazione al contesto culturale e al sistema di valori in cui vivono e rispetto ai propri obiettivi, aspettative, standard e interessi. Si tratta di un concetto molto ampio che ricomprende, in modo complesso, lo stato di salute fisico e psicologico di ogni singolo individuo, il livello di indipendenza, le relazioni sociali, le credenze personali e il rapporto con le caratteristiche salienti dell ambiente (World Health Organization 1998) 9 Kronauer evidenzia che a livello internazionale esiste un accordo che individua delle dimensioni centrali utili all'osservazione delle manifestazioni dell'esclusione sociale. Le dimensioni cui ci si riferisce sono: esclusione del mercato del lavoro; esclusione economica; esclusione culturale; esclusione attraverso l isolamento sociale; esclusione spaziale; esclusione istituzionale. 5

6 individuo e uno specifico sistema sociale o sotto-sistema sociale (Luhmann, De Giorgi, 1995) come ad esempio il lavoro. "Il peggiore scenario immaginabile potrebbe essere che la società del secolo entrante dovrà accettare il metacodice inclusione/esclusione. E ciò significa che alcuni esseri umani saranno persone e altri solo individui; che alcuni verranno inclusi nei sistemi di funzione per fare carriera (con o senza successo) e altri verranno esclusi da questi sistemi, rimanendo corpi che cercano di arrivare al giorno dopo; che alcuni saranno emancipati come persone e altri saranno emancipati come corpi" (Luhmann 2001). In questo senso, l'inclusione/esclusione sociale dipenderanno dal grado di funzionalità con cui la persona riesce ad adattarsi alle richieste del proprio sotto sistema di riferimento, attraverso il trarre profitto dalla comunicazione che il sistema stesso sviluppa per bonificare il proprio ambiente umano (Manfrè 2000). "Affinché il processo di autonomizzazione della comunicazione (l emergenza della società-mondo) si compia, sarà necessario costruire un nuovo ambiente umano. E ciò vuol dire: un diverso modo di essere dell equilibrio psichico e dell identità individuale"(manfrè 2000). Sintetizzando, le persone sono socialmente incluse nel momento in cui riescono a soddisfare le esigenze poste dal sotto sistema di riferimento con cui le stesse si rapportano, per dare la possibilità allo stesso di sopravvivere (Luhmann, De Giorgi 1995). La comunicazione è il "cemento" del sistema ed è il veicolo delle informazioni per la bonifica dell'ambiente umano, quindi dell'inclusione al sotto sistema sociale di riferimento. "I sistemi di funzione presuppongono l inclusione di tutti gli esseri umani ma, in realtà escludono le persone che non soddisfano le proprie esigenze"(luhmann 2001). Se prendiamo ad esempio il sotto-sistema lavoro, essere funzionali allo stesso significa avere capacità di flessibilità nella mansione ed essere disposti a cambiare rapidamente ruolo e attività, avere capacità di esecuzione e velocità nella produzione, ma soprattutto essere disposti ad interagire con il mondo del lavoro attraverso dei concetti prettamente commerciali. Da questo livello di osservazione, possiamo notare come nel tempo lo stesso abbia subito profondi cambiamenti, che a loro volta hanno agito sulle condizioni sociali e psichiche delle parti (imprese-lavoratori) del tessuto produttivo in un'accezione allargata del termine. Ai lavoratori ad esempio, per essere ogni giorno di più funzionali al sistema produttivo di riferimento, sono richieste competenze (tecniche, sociali, cognitive, ecc.) sempre più elevate e soprattutto sono richieste capacità di adattamento strutturale (elasticità di orario, contratti a termine, ruoli multifunzionali, contratti a ore, a chiamata, voucher, provvigione, ecc.) legate alla nuova organizzazione del mercato lavorativo, la flessibilità (Incagli, Rustichelli 2002). Alla stessa maniera, le organizzazioni (Luhmann, De Giorgi 1995) dei tessuti produttivi devono rispondere positivamente alle richieste del mercato del lavoro. Queste ultime sono legate alla capacità interna dell organizzazione a essere flessibile nel cambiare velocemente il tipo di prodotto al minor prezzo e all abilità esterna nel gestire le nuove assunzioni e i licenziamenti (Signorelli 2004). La flessibilità quindi, sembra essere nel moderno la conditio sine qua non per rimanere nel mercato, sia per i lavoratori sia per le organizzazioni che creano lavoro. Il concetto di flessibilità non è rivolto solamente alla relazione fra l organizzazione e il lavoratore per la produzione di merce ma chiama in causa anche aspetti di natura sociale (Gallino 2003) che coinvolgono tutti i soggetti che roteano intorno a questa dimensione. Approfondendo questo livello, si può affermare che la flessibilità diventa dannosa per l individuo nel momento in cui si trasforma in precarietà, creando insicurezza e assenza di certezza per il futuro. Questo nuovo modo di osservare il fenomeno, emerge nel momento in cui alla flessibilità del mercato del lavoro non sono adattate le dovute tutele per i lavoratori. Quest'assenza di tutele e questa trasformazione del mercato hanno creato un disagio nella forza lavoro dei tessuti produttivi, in quanto i lavoratori non vengono più considerati quale risorsa interna, ma come risorsa esterna che viene impiegata per il tempo necessario al raggiungimento dell obiettivo di produzione (Maeran 2011), per poi essere re-inseriti nell oblio della ricerca del lavoro dove i lavoratori più qualificati, sempre in riferimento alla produttività e quindi più funzionali rispetto al sotto sistema di riferimento(luhmann, De Giorgi 1995), riescono ad essere ri-collocati. Seguendo questa linea concettuale, la progettazione professionale per disabili, nel suo percorso di collocamento mirato fondato sul livello di competenza e abilità, crea la possibilità per il soggetto debole, nei limiti dettati dalla condizione clinica, di interiorizzare degli strumenti atti alla realizzazione di alcune solide basi per poter costruire e mantenere un percorso, duraturo nel tempo, fondato sulle reali capacità e competenze della persona coinvolta, per 6

7 affrontare tutta l'eventuale carriera lavorativa e gestire i momenti di cambiamento e di incertezza (flessibilità e precarietà), che sono fondanti del mercato del lavoro attuale. In questo senso, più la persona disabile riesce a interiorizzare concetti e strumenti utili all'auto-valutazione della propria persona (esperienze pregresse) attraverso un progetto "lifelong", più la stessa ha la possibilità di "gestire e sopravvivere" alla precarietà e flessibilità che il mondo del lavoro richiede, provando a contrastare, anche in autonomia, i processi di de-qualificazione (Quaranta., Quinti., Cacace., Marta,2005) che sono alla base del fenomeno dell'inclusione/esclusione sociale. L'importanza del lavoro La letteratura, ha da tempo evidenziato come il lavoro sia una esperienza fondamentale nella quotidianità della persona (O Toole, 1973), sia da un punto di vista economico, sociale, psichico. Lavorare, oltre ad essere un'attività atta alla produzione di beni e di ricchezza, è un diritto 10 e un bisogno dell'essere umano, che deve essere posto nella condizione di essere incluso in una dimensione di "sicurezza sociale", dando la possibilità allo stesso di dimostrare agli altri "chi è"(maeran 2011). Il lavoro, in passato ma ancora di più nella società moderna, ricopre un ruolo fondamentale che basa la sua forza nell'essere strumento di "certezza sociale" (Ba 2003), soprattutto per le persone che hanno delle difficoltà di natura clinica e sociale in quanto queste condizioni, a volte, pongono le stesse in una posizione di svantaggio riguardo al tessuto sociale di riferimento. Seguendo questa linea concettuale, quindi, il lavoro pone la persona nella possibilità di essere realmente autonoma nei confronti degli altri e in questo senso il ricoprire un ruolo lavorativo per un soggetto debole, non è il semplice eseguire una mansione, ma si traduce, a livello introspettivo, in un percorso di responsabilizzazione che contrasta l'assistenzialismo che a volte impera nelle situazioni di disabilità e svantaggio. "Nell area politica il concetto di empowerment fa riferimento alla possibilità, da parte dei più deboli, poveri, svantaggiati, emarginati di emanciparsi da una condizione caratterizzata da assai limitate responsabilità e altrettanto limitate opportunità nonché da una situazione di assistenza pubblica: quest ultima, infatti, consente loro l accesso a risorse sociali per la propria sussistenza ma è alla base della loro passività e dipendenza che non rendono possibile l attivazione delle loro autonome risorse potenziali (Bacharach 1993)"(Piccardo 1995). Ponendo la questione su questo piano di riflessione, il lavoro è uno degli strumenti principali per le persone di aumentare il livello di empowement inteso come il conferimento di un potere, come la possibilità quindi di poter accedere a un lavoro e assumere il ruolo che lo stesso richiede ed essere riconosciuti e inclusi per quanto l'essere umano è in grado di fare. L empowerment, cui il metodo applicato si riferisce, si configura nella relazione di potere che s'instaura, su più livelli (individuale-organizzativo-politico), fra determinati attori e implica un trasferimento e un riconoscimento del potere stesso. In questo senso, quest'ultimo è relegato attraverso il consenso e il riconoscimento degli altri (Canetti 1960). Per le persone disabili e svantaggiate, questo si traduce inserendo le stesse, in contesti lavorativi adeguati alle abilità della persona e ad un livello di competenza valutato ed analizzato, per dare loro la possibilità di essere riconosciuti come portatori di abilità e competenze, a dei livelli prestabiliti (congruenza fra persona ed ambiente), per creare un percorso di responsabilità che ponga la stessa nelle condizione di essere osservata attraverso il conferimento del potere di "saper fare". "In questi casi l empowerment rappresenta il processo attraverso il quale queste categorie sociali sono aiutate ad assumersi le loro responsabilità (Human 1990; Skelcher 1993) attraverso lo sviluppo di capacità che danno accesso a opportunità prima impensate che consentono il godimento dei risultati associati al sentimento di dominio degli eventi e di appropriazione delle situazioni"(piccardo 1995). Attraverso questo livello di osservazione, quindi, le persone sono considerate empowered, nel momento in cui hanno delle caratteristiche tali (abilità, capacità, conoscenze, consapevolezza, attitudini, formazione, ecc.) necessarie per 10 La Repubblica Italiana nella propria carta costituzionale, all'art. 1 sancisce il lavoro come fondamento della Repubblica e all'art. 4 riconosce il lavoro come diritto di tutte le persone e promuove le condizioni necessarie all'effettiva realizzazione di questo diritto. Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. 7

8 influenzare il proprio e altrui comportamento per un miglioramento qualitativo della propria esistenza (Anderson, Funnel 2000). "Concentrarsi sui vincoli, sugli ostacoli, su tutto ciò che non possiamo fare, ci rende impotenti e ci fa sentire delle vittime. Spostare l attenzione su ciò che possiamo fare ci aiuta a vivere la nostra libertà e la nostra responsabilità. Il che non vuol dire che possiamo fare o avere qualsiasi cosa vogliamo. Significa, invece, che possiamo fare qualcosa, non importa quanto drammatica sia la situazione in cui siamo". (Anderson, Funnel 2000) Seguendo questa logica, le persone coinvolte non sono state osservate e valutate come categorie sociali (disabili e svantaggiati) cui non sono dati poteri sostanziali, ma sono state valutate e osservate come lavoratori, che in un contesto adeguato, sono portatori di abilità e competenze. Approfondendo l'importanza del lavoro, è utile rilevare che la persona disabile e svantaggiata, quotidianamente, per vivere, trova gravi difficoltà da affrontare e l'essere disoccupata e senza lavoro, cosa questa non insolita per le persone disabili e svantaggiate (Michielin 2003; Defendi, Alfonsi 2010; Defendi, Giovagnoli 2013), aumenta la probabilità di coinvolgere la stessa in processi cumulativi di "de-qualificazione", con il risultato di escludere socialmente la persona. La de-qualificazione sociale è un processo rivolto alla riduzione della capacità dei soggetti di partecipare pienamente allo sviluppo della società in cui sono inseriti (Quaranta, Quinti, Cacace, Marta 2005). Da questo punto di vista e in linea molto generale, l esclusione sociale è un fenomeno che è determinato dalla cumulazione di una pluralità di processi di de-qualificazione sociale sulla stessa popolazione nelle dimensioni centrali individuate(vedi nota 9). L'attività lavorativa inoltre, risulta essere una buona pratica dell'intervento riabilitativo (Vita, Comazzi 2002) che spesso permette alle persone disabili, almeno quelle con patologia psichiatrica e problematiche cognitive, di misurarsi con il tessuto sociale di riferimento per la soddisfazione di determinati bisogni. In questo senso il lavoro è uno spazio vitale di crescita personale e di formazione dell'identità sociale della persona, che permette a quest'ultima di aumentare il proprio senso di efficacia e di autostima, dando la possibilità alla stessa di identificarsi in un ruolo lavorativo in cui servono abilità e capacità per assumerlo, in netto contrasto con la visione del disabile malato e improduttivo (Carrozza 2006). "Il posto di lavoro è uno degli ambienti che maggiormente influenzano il benessere psicologico e la salute mentale di coloro che lavorano" (Harnois, Gabriel 2000). Da questo punto di vista, il lavoro attraverso le dinamiche riguardanti il senso di appartenenza al ruolo dei lavoratori, offre l'occasione all'individuo di crearsi delle relazioni interpersonali significative, mettendo lo stesso nelle condizioni di contrastare lo stigma ed il pregiudizio che spesso aleggia nei confronti delle persone disabili. Appartenere alla categoria dei lavoratori, crea le condizioni per essere "percepiti" da parte del tessuto sociale di riferimento come normali, in quanto ad un significativo livello di pregiudizio, il lavoro è la "visibilità sociale della normalità" e mantenerlo risulta essere sinonimo di" normalità". In questo senso, è utile evidenziare che per le situazioni di disabilità e svantaggio, soprattutto per quelle relative le persone con difficoltà di natura psichiatrica, l obiettivo non è quello di normalizzare a tutti i costi le persone coinvolte nel processo, ma bensì l'obiettivo è quello di individuare e sviluppare al massimo le abilità e le risorse presenti, consentendo alla persona, nel tempo, di esprimere le stesse, attraverso stili e modalità che non sono sempre identificabili nel concetto di "normalità" (Ba 2003). Come abbiamo visto nelle righe precedenti, il lavoro è una pratica in cui sono proiettati molti significati, ma principalmente lo stesso è uno strumento per la soddisfazione di molteplici bisogni degli esseri umani su più livelli di osservazione: economico, sociale, psichico, culturale (Maeran 2011). Entrando nello specifico della definizione di cosa significhi lavorare, è interessante evidenziare che il lavoro è un'attività articolata e complessa, dove sono investite e spese energie da parte di tutti gli attori coinvolti in attività lavorative, per la produzione di beni e per la soddisfazione di bisogni. In questo senso: "Il lavoro è un attività complessa, che implica costi in termini di energia investita; esso è storicamente determinato e si attua in un contesto di regole, vincoli, pressioni culturali. Oltre a costituire lo strumento principale per ottenere le risorse materiali indispensabili per vivere, rappresenta un valore centrale nella nostra cultura." (Maeran 2011). 8

9 Lavorare non significa ripetere in automatico delle azioni per l'esecuzione o la realizzazione di un prodotto, il lavoro non è solo una routine di automatismi psicomotori, lavorare significa assumere un ruolo (Montobbio 1999) specifico determinato dall'ambiente lavorativo in cui si è inseriti. Imparare a lavorare, sia per le persone disabili sia per le altre, in un'accezione generale del termine, è un processo articolato e complesso, che necessita dei suoi tempi in quanto implica la realizzazione di una "forma mentis" in cui la persona interessata risulti abile nel rispettare le regole imposte e socializzare attraverso il proprio ruolo (Montobbio 1999). In questo senso, lavorare significa interpretare un ruolo e svolgere quindi una complessa attività di "role taking", appunto assunzione di ruolo, sopportando l'ansia generata da quest'assunzione e rispettando tutte le attese che il ruolo ha insito nel suo svolgimento. In questo senso, apprendere un lavoro significa imparare a diventare maturi (Montobbio 1999). La persona disabile, come tutti gli individui che si trovano di fronte ad un'esperienza di natura lavorativa, devono saper rinunciare alle proprie esigenze per adeguarsi al processo normativo che regola il ruolo lavorativo e centrare tutte le attività per il raggiungimento dell'obiettivo di produzione. Sicuramente, le persone che riescono in questo intento, avranno un vantaggio d'identità sociale e avranno conferiti i poteri del "saper fare" (empowerment). Un inserimento lavorativo ha successo quando la persona disabile riesce in primis a socializzare per ruoli attraverso delle relazioni mature (Montobbio 1999) e la stessa è riconosciuta come lavoratore attraverso il "saper fare" (empowerment) richiesto dalla posizione di ruolo interna all'ambiente di lavoro. Socializzare per ruoli significa anche rispondere positivamente alle richieste da parte dell'ambiente di lavoro, sia per quanto riguarda le relazioni, sia per quando riguarda la parte tecnica e produttiva ( Calkins, Walker 1994). L'intervento riabilitativo e la presa in carico Nella metodologia utilizzata per la realizzazione della sperimentazione lavorativa WP6 SLID, risulta di notevole importanza il contributo del Servizio Sociale e Sanitario inviante, che detiene la presa in carico della persona coinvolta e gestisce, da un punto di vista clinico, tutto ciò che concerne l'aspetto riabilitativo. La riabilitazione, che solitamente s'inserisce su più ambiti strettamente correlati, quali la socializzazione, la residenza e il lavoro (Carrozza 2006), può essere intesa come quell'intervento che ha come obiettivo l'identificazione, la prevenzione, la riduzione dell'inabilità dovuta dalla condizione clinica. Parallelamente, l'intervento riabilitativo deve, attraverso le componenti sane della persona, saper sostenere la stessa nello sviluppo e nell'uso delle proprie risorse (capacità, competenze, abilità, ecc.) in modo da far aumentare l'autostima e di conseguenza il livello di funzionamento sociale della stessa (Ba 2003). "La riabilitazione non può essere intesa riduttivamente come un aiuto per compensare l inabilità, essa è un metodo di trattamento che ha lo scopo fondamentale di attivare processi di cambiamento finalizzati ad aumentare il potere contrattuale della persona, le sue possibilità di scambio di risorse e affetti, la sua autonomia, il suo senso di responsabilità verso se stesso e verso gli altri. L agire riabilitativo deve pertanto pensare la persona come soggetto partecipe e presente alla propria cura in cui l attenzione è focalizzata sulle risorse prima ancora che sulla malattia. Esso si differenzia in modo sostanziale dall assistenzialismo in quanto si pone come obiettivo non solo la soddisfazione dei bisogni, ma soprattutto lo sviluppo delle risorse, perché il soggetto impari a soddisfare da sé i propri bisogni" (Ba 2003). Seguendo questo piano di ragionamento, non sembra ipotizzabile gestire la persona coinvolta in situazioni cliniche rilevanti, in maniera autonoma, in quanto la stessa rientra negli interessi e nelle competenze dei Servizi Sociali e Sanitari, che si devono adoperare per il ripristino, nei limiti del possibile, del benessere dell'individuo mediante azioni e interventi che rientrano complessivamente nel progetto vita (Buzzelli, Berarducci, Leonori, 2009). In questo senso, nel metodo utilizzato per la sperimentazione oggetto del presente report, la presa in carico è sempre del Servizio Sociale e Sanitario inviante poiché competente sulla materia clinica, e tutte le attività per la realizzazione dell'inserimento lavorativo sono inserite in un agire riabilitativo. Da questo livello di ragionamento, è utile approfondire che la presa in carico della persona, può essere osservata su tre livelli, fra cui troviamo quello psicologico, quello educativo, quello sociale. Sinteticamente, questi tre livelli non sono separati l'uno dall'altro, ma s'intersecano nel Servizio Sociale e Sanitario e in tutte le azioni che quest'ultimo mette in atto per la riabilitazione della persona assistita. Sinteticamente, la presa in carico psicologica della persona con disabilità e svantaggiata consiste nella definizione di un piano terapeutico condiviso con l utente, avente l'obiettivo di attivare un processo di cambiamento che porti lo stesso a pensare, in termini differenti il problema e inizi a lavorare per migliorare la propria situazione. La presa in carico sociale è orientata alla valutazione più globale della situazione della persona con lo scopo di redigere un intervento progettuale, che sarà monitorato e verificato nel 9

10 tempo, dove sono stabiliti degli obiettivi da raggiungere rivolti al miglioramento della condizione globale della persona interessata alla riabilitazione. La presa in carico educativa della persona disabile e svantaggiata è rivolta all'individuazione, allo sviluppo e al mantenimento, sempre su base progettuale, di più concetti relativi l'intervento riabilitativo fra cui troviamo, le capacità lavorative, le abilità cognitive, le competenze relazionali e comunicative, le autonomie, ecc. E' in questo senso che la metodologia si inserisce nell'intervento riabilitativo del Servizio Sociale e Sanitario. E' importante porre l'accento sul fatto che l'intervento riabilitativo cui si fa riferimento, non è solamente rivolto alle caratteristiche della persona, ma anche al tessuto sociale di riferimento. "Si può definire riabilitativo qualunque intervento o una costellazione di interventi che tendano a diminuire o abolire gli svantaggi sociali di un handicap e le barriere edificate dalla comunità sociale nei confronti di tale handicap" (Saraceno, Ferriani, Rossi, Sternai 1985). L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce, in linea generale, la riabilitazione come quell'insieme di azioni volte ad alleviare le disabilità e migliorare, nel limite del possibile, la vita delle persone (World Health Organization 2011). Questa definizione quindi, ci porta alla considerazione che gli indicatori di esito dell'intervento riabilitativo, fra cui troviamo la progettazione e l'inserimento lavorativo rivolto a soggetti disabili e svantaggiati, non è solo il miglioramento della qualità del comportamento della persona, ma quanto quest'ultima abbia un impatto favorevole sulla propria vita sociale nella sua complessità (Liberman 1997). Evitare fallimenti A oggi il mondo del lavoro, in relazione con il recente passato, ha subito notevoli modifiche (contratti temporanei, intensificazione del lavoro, ecc.) e questi ultimi hanno principalmente riguardato l'aspetto produttivo e i margini di profitto (Kompier 2006). Le conseguenze di questi cambiamenti, in termini di sicurezza e salute sul posto di lavoro, sono passate in secondo piano fino a quando le ricerche di natura sociologica (Siegrist 1996) e psicologica (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro 2000) hanno messo in evidenza che sono presenti molteplici situazioni di rischio che sono nate a fronte della nuova strutturazione e gestione delle organizzazioni lavorative (Cordery, Parker 2008). L'Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, nell'anno 2010 parla di nuovi rischi psicosociali facendo notare che la caratteristica di questi ultimi è quella di avere effetti peggiorativi sulla salute e la sicurezza sul lavoro attraverso il fenomeno dello stress (Fraccaroli, Balducci 2011). Non è un caso, infatti, che il decreto legislativo N 81 del 9 aprile 2008, conosciuto come il testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, riconosce, come in altre parti d'europa, che gli ambienti lavorativi sono obbligati alla valutazione dei rischi psicosociali a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, in quanto queste condizioni possono essere minacciate da fattori ambientali di natura chimica, fisica, biologica, ma anche da elementi di natura psicosociale ed organizzativa (Fraccaroli, Balducci 2011). Da questo livello di osservazione, i rischi psicosociali nascono nell'interazione fra l'ambiente di lavoro (organizzazione, contenuti, modalità, ecc.) e le risorse, intese come competenze (relazionali, tecniche, comunicative, ecc.) ed i bisogni dei lavoratori. Se in questa interazione dovessero nascere delle differenze nella richiesta e nella risposta, come ad esempio lo svolgimento di una nuova mansione, stipendi non adeguati al lavoro, conflitti di ruolo, ecc. si potrebbero creare situazioni di stress lavoro-correlato. Queste situazioni quindi potrebbero avere delle condizioni negative nei confronti della salute e della sicurezza degli individui inseriti in tali contesti sociali, portandoli, in situazioni estreme, anche a sviluppare patologie a carico della sfera fisica e mentale, oltre che avere una diminuzione della produttività (Fraccaroli, Balducci 2011). L'aspetto centrale di questa nuova osservazione dell'ambiente lavorativo e della sua organizzazione, ci conduce alla riflessione che le relazioni all'interno degli ambienti di lavoro, anche per soggetti non disabili e non svantaggiati, se non adeguatamente calibrate, possono portare a problematiche rilevanti sia a un livello individuale, sia a un livello organizzativo. Spostando l'asse concettuale ai soggetti deboli, dove sono già presenti situazioni di difficoltà, s'intuisce che il tema della progettazione professionale e dell'inserimento lavorativo delle persone disabili, è una materia complessa e articolata e che l'inserimento lavorativo necessita di adeguate azioni che tutelino in primis la salute della persona e che quest'ultima deve essere posta nelle condizioni di reggere il carico lavorativo richiesto. In questo senso, ogni azione rivolta alle persone disabili, oltre che essere valutata e ponderata adeguatamente, deve mirare alla riduzione delle probabilità di fallimento, poiché quest'ultimo è di contrasto all'intervento riabilitativo, soprattutto nei casi di patologia psichiatrica (Falloon 1992). 10

11 "è importante che i pazienti abbiano esperienze di successo ed escano dal circolo vizioso dell impotenza appresa (Seligman 1996), per cui è consigliabile all'inizio concordare obiettivi specifici anche modesti ma realizzabili e che possano utilizzare i punti di (relativa) forza che possiedono" (Morosini-Magliano-Brambilla 1998). Mettere le persone disabili nelle condizioni di crescere professionalmente attraverso delle esperienze positive e di successo, pone le stesse nelle possibilità di essere più coinvolte nel lavoro (Bray, Campbell & Grant 1974) e quindi migliorare la propria qualità della vita. In questo senso, tutte le scelte che sono state sviluppate all'interno del metodo di progettazione professionale per disabili, sono sempre state ponderate attraverso il concetto di disabilità (vedi paragrafo dedicato) espresso dall'organizzazione Mondiale della Sanità, ed hanno come principale punto di riferimento la salute della persona coinvolta. Da questo livello di osservazione quindi, non tutte le persone disabili e svantaggiate, anche per lunghi periodi, riescono ad avere le capacità di poter rispondere positivamente alle richieste di competenza degli ambienti lavorativi del mercato libero, ma le stesse devono investire il proprio tempo e le proprie risorse individuali in processi di miglioramento e di "guarigione"della condizione clinica. "...non si può affermare ad ogni costo che il lavoro è per tutti, a prescindere dalle caratteristiche individuali e dalla scelta che la persona stessa compie. La condizione di gravità e complessità di alcune persone con disabilità, infatti, a volte è incompatibile con un inserimento lavorativo così definito. A tale riguardo è importante considerare come nell'universo delle persone adulte con disabilità intellettiva ci sia una parte di esse inseribile nel lavoro in azienda, una parte che può esprimersi e realizzarsi in un contesto di lavoro protetto (ad esempio le cooperative sociali) e una terza parte che ha bisogno invece di risposte assistenziali adeguate." (Buzzelli, Berarducci, Leonori 2009) "... ci pare utile sottolineare come l'inserimento lavorativo del disabile psichico sia un obiettivo certamente da perseguire, ma non sempre raggiungibile (ad esempio nel caso in cui la disabilità conseguente alla psicopatologia sia troppo alta), oppure può esserlo solo parzialmente ed in questo caso il soggetto potrà essere inserito esclusivamente in "lavori altamente protetti"" (Ba 2003). Quanto scritto sopra, evidenzia che la condizione clinica non è l'unico problema per le persone disabili e svantaggiate di svolgere determinate mansioni, ma che gli ambienti di lavoro sono in rapida trasformazione (Soresi, Nota 2003) e che gli stessi interagiscono direttamente con fattori personali degli individui, portando a specifici influenzamenti. "Le difficoltà che sono implicite in questo compito derivano, da un lato, dalla constatazione che gli individui hanno specifiche peculiarità frutto delle loro condizioni di salute e delle esperienze maturate e, dall'altro, che gli ambienti di lavoro possono risultare talmente eterogenei da rendere particolarmente difficile e rischiosa qualsiasi operazione di previsione di successo a proposito dell'abbinamento persona-contesto professionale" (Soresi, Nota 2003). Il concetto di disabilità Dare una definizione esaustiva del concetto di disabilità è molto complesso, in quanto la stessa dipende da molti fattori. Nella quotidianità si usano impropriamente e con la stesa valenza i termini come disabile, invalido, handicappato, ecc., ma a un'analisi più approfondita notiamo che gli stessi indicano condizioni differenti e portano al riconoscimento di diritti differenti. L Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la disabilità come: "La Disabilità viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali ed ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l individuo" (Leonardi 2001). Da quanto scritto sopra, si evince che a oggi, la disabilità è osservata attraverso una classificazione delle componenti di salute (Classification of Functioning, Disability and Health ICF) della persona affetta da problematica, a differenza del periodo precedente dove l'individuazione delle capacità venivano osservate attraverso una classificazione delle componenti della malattia (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps-ICIDH) (Soresi 2007) In quest'ultima classificazione (ICIDIH), l'organizzazione Mondiale della Sanità poneva la riflessione sui concetti di menomazione intesa come la perdita o anomalia, strutturale o funzionale, fisica o psichica, del concetto di disabilità. In questo senso la stessa era interpretata attraverso una logica di normalità delle attività, che svolgevano la funzione d'indicatori per stabilire la limitazione della persona nello svolgimento di un'attività, osservata appunto con dei criteri 11

12 considerati normali per un essere umano. In questo senso l handicap era letto come uno svantaggio che limitava o impediva il raggiungimento di una condizione sociale normale, riferita all età, al sesso, ai fattori sociali e culturali. In riferimento a quanto detto, la classificazione ICIDH, nell esempio di una persona non vedente, dimostra che la menomazione è riferita ad un apparato/organo funzionale, quindi ad una menomazione oculare, pertanto la disabilità si manifesta a livello della persona e la ritroviamo nella locomozione, mentre l Handicap è rivolto invece all occupazione o nella mobilità 11. Nella classificazione ICF, invece, l Organizzazione Mondiale della Sanità compone l'osservazione sulla condizione medica e sociale della problematica, interpretando quindi l'individuo sulla dimensione biologica, individuale, sociale (approccio biopsicosociale) della disabilità. In questa logica, l'approccio sulla disabilità, supera l'analisi rivolta esclusivamente all'individuo (ICIDH) per passare a un'osservazione che si fondi sulla condizione socio relazionale del soggetto nell'ambiente quotidiano dove lo stesso si trova a interagire e relazionarsi. In conformità a questo quindi la parola handicap è tolta e vengono inseriti termini come funzioni e strutture corporee, condizioni di salute, fattori ambientali, fattori personali, attività, partecipazione, (Leonardi 2001): Funzioni e strutture corporee: funzioni fisiologiche dei sistemi corporei (incluse le funzioni psicologiche) e parti anatomiche del corpo, come gli organi, gli arti e le loro componenti. Condizioni di salute: disturbo o malattia. Fattori ambientali: fattori esterni all individuo come l ambiente ed il contesto sociale e gli atteggiamenti con cui le persone conducono la propria esistenza. Fattori personali: caratteristiche di un individuo che non sono legate alla salute (background personale della vita). Attività: esecuzione di un compito o di un azione da parte di un individuo. Partecipazione: coinvolgimento in una situazione di vita. Schema 1 Modello di funzionamento della disabilità. "L ICF correlando la condizione di salute con l ambiente, promuove un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività, che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare perché l individuo possa raggiungere il massimo della propria auto-realizzazione. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale"(leonardi 2001). In questo senso, l ICF studia la disabilità attraverso un nuovo punto di vista (componenti di salute) che osserva e raccoglie informazioni atte alla descrizione del funzionamento umano e le restrizioni che ne conseguono in un determinato ambito specifico. Da questo punto di vista quindi l ICF evidenzia un approccio di tipo relazionale fra l individuo e il contesto sociale di riferimento, in un ottica di funzionalità (Luhmann, De Giorgi 1995) legata al concetto

13 di differente abilità. Semplificando, la persona disabile se messa nelle condizioni oggettive di poter svolgere una determinata mansione, attraverso ad esempio la "manipolazione" dell'ambiente esterno (pensiamo alle rampe di accesso per le persone in sedia a rotelle) la eseguirà come chiunque altro. Dietro questo ragionamento, possiamo dedurre che l'icf, osserva le persone disabili in relazione a cosa le stesse riescono a fare in base alle loro componenti di salute, rese funzionali anche dalle modifiche al contesto sociale in cui sono inserite. In questo senso, è capovolto il livello di osservazione sulla disabilità identificando cosa la persona è in grado di fare attraverso le proprie componenti di salute e non cosa la persona non è in grado di fare attraverso le componenti di malattia. Seguendo questo concetto quindi, si può sostenere che il termine "differente abilità" non è relegabile solamente alle persone disabili, ma a tutti gli individui in quanto l'osservazione è sulla relazione fra la persona ed il contesto in un'ottica di funzionalità delle componenti di salute e non più delle componenti di malattia. Da questo quindi possiamo sostenere che tutti noi possediamo abilità differenti che emergeranno, su livelli qualitativi diversi, secondo le necessità di contesto. Questa nuova osservazione, evidenzia un dato significativo per la metodologia di progettazione professionale e per l'inserimento lavorativo delle persone disabili, cioè che risulta fondamentale una valutazione della funzionalità della persona in rapporto al contesto sociale di riferimento. Questo connubio creerà inevitabilmente una relazione unica e quindi, si può sostenere che tutte le persone coinvolte possono essere osservate come portatrici di "differenti abilità" e queste ultime sono sempre legate agli ambienti in cui devono essere utilizzate. Rendere le persone disabili funzionali al contesto professionale, presuppone un'apertura, da parte dell'ambiente lavorativo, alla possibilità per le stesse di esprimersi realmente su quanto sanno fare, ed essere valutate per questo. In questo senso, questa condizione crea la possibilità, per la persona disabile e svantaggiata di essere riconosciuta (empowerment) come lavoratore che produce, conferendole il "potere del saper fare", strutturato su un lavoro adatto e realizzabile in un'ottica di "differente abilità". Da questo livello, avere "differenti abilità" è un modo di osservare una relazione (persona/ambiente) e non un processo di categorizzazione sociale fondata sul pregiudizio. La disabilità in Italia Come accennato nelle righe precedenti, i termini come disabile, handicappato, invalido, ecc., a volte sono usati non correttamente e con la stessa valenza. Quest'aspetto però crea delle difficoltà poiché l'iscrizione ad una determinata Legge, porta al riconoscimento di un determinato diritto. In Italia ad esempio, ci sono tre Leggi cui possiamo fare riferimento per dare un significato alle situazioni personali dei soggetti direttamente coinvolti nella sperimentazione lavorativa prevista dalla fase WP6 SLID: Legge 104/92 (Riconoscimento dell handicap). Legge 118/71(Invalidità civile). Legge 68/99 (Diritto al Lavoro). Di seguito saranno brevemente esposte le principali caratteristiche delle Leggi sopra elencate. Legge 104/92 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.) In Italia, la disabilità è disciplinata dalla Legge 104/92 che detta i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona handicappata. E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. In sintesi, in Italia la persona è riconosciuta come portatrice di disabilità solo nel momento in cui la commissione valutatrice determina questa condizione e riconosca alla persona disabile la presente Legge. In linea generale, la Legge 104/92: -garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; -previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali; -persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata; 13

14 -predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata. La disabilità quindi è un concetto che fa riferimento alla capacità della persona di eseguire in autonomia le attività basilari della vita quotidiana, attraverso anche il supporto di ausili esterni e si riconduce alla legge 104 del Legge 118/71 (Nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili). L Invalidità civile rimanda a un diritto di natura economica che viene riconosciuto in conseguenza di un danno biologico. Il beneficio percepito quindi, non tiene conto dell autosufficienza o meno della persona riconosciuta invalida. L invalidità civile è riconosciuta, sempre da una commissione medica competente e presuppone un danno di natura fisica, psichica, sensoriale, che limita la persona nello svolgimento delle attività definibili come normali. La richiesta di invalidità la possono fare tutti i cittadini e sono considerate invalide tutte quelle persone che hanno avuto una valutazione, da apposita commissione medica, della riduzione della capacità lavorativa uguale e/o superiore al 33.33%. Quando la riduzione supera il 74%, le persone in questa condizione che non svolgono attività lavorativa, per tutto il periodo in cui permane questa situazione, possono usufruire di un riconoscimento economico. In sintesi la Legge sull'invalidità è un indennizzo economico riconosciuto giuridicamente per quelle persone che sono interessate da una minorazione che cronicamente gli impedisce di svolgere le funzioni quotidiane proprie alla loro età 13. Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) Il Diritto al lavoro, per le persone invalide e disabili, in Italia è riconosciuto dalla Legge 68/99 ed ha come finalità la promozione dell'inserimento e dell'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Nella suddetta Legge, per collocamento mirato s'intende: "...quella serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione". Le persone cui è stata accertata, da un'apposita commissione competente, una invalidità (Legge 118/71) che comporta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% e le persone a cui è stata riconosciuta, sempre da apposita commissione competente, una disabilità (Legge 104/92), hanno riconosciuto il diritto al lavoro attraverso la Legge 68/99. Concretamente le stesse hanno la possibilità di iscriversi alle categorie protette della suddetta legge presso i Centri Impiego Orientamento Formazione (CIOF) del territorio di competenza, ed avere un sostegno nella ricerca e nell inserimento lavorativo. In sintesi la Legge sul lavoro delle persone disabili, disciplina l'inclusione all'interno del mercato del lavoro delle persone invalide e disabili, attraverso delle quote di riserva calcolate sul numero dei dipendenti sia di soggetti pubblici sia di soggetti privati. Da questo punto di vista, l'inserimento nel mercato del lavoro dei disabili diviene, in linea generale, obbligatorio, garantendo il Diritto al lavoro delle persone interessate La presente legge ha come finalità la promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. Essa si applica: a) alle persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile in conformità alla tabella indicativa delle percentuali di invalidità per minorazioni e malattie invalidanti approvata, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 23 novembre 1988, n. 509, dal Ministero della sanità sulla base della classificazione internazionale delle menomazioni elaborata dalla Organizzazione mondiale della sanità; b) alle persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, accertata dall'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (INAIL) in base alle disposizioni vigenti; c) alle persone non vedenti o sordomute, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni; d) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all'ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni. 14

15 Agli effetti della presente legge si intendono per non vedenti coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione. Si intendono per sordomuti coloro che sono colpiti da sordità dalla nascita o prima dell'apprendimento della lingua parlata. 1 I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all'articolo 1 nella seguente misura: a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti; c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti. 2. Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti l'obbligo di cui al comma 1 si applica solo in caso di nuove assunzioni. 3. Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell'assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e l'obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova assunzione. 4. Per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, il collocamento dei disabili è previsto nei soli servizi amministrativi. 5. Gli obblighi di assunzione di cui al presente articolo sono sospesi nei confronti delle imprese che versano in una delle situazioni previste dagli articoli 1 e 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, ovvero dall'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi sono sospesi per la durata dei programmi contenuti nella relativa richiesta di intervento, in proporzione all'attività lavorativa effettivamente sospesa e per il singolo ambito provinciale. Gli obblighi sono sospesi inoltre per la durata della procedura di mobilità disciplinata dagli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, e, nel caso in cui la procedura si concluda con almeno cinque licenziamenti, per il periodo in cui permane il diritto di precedenza all'assunzione previsto dall'articolo 8, comma 1, della stessa legge. 6. Agli enti pubblici economici si applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati. 7. Nella quota di riserva sono computati i lavoratori che vengono assunti ai sensi della legge 21 luglio 1961, n. 686, e successive modificazioni, nonché della legge 29 marzo 1985, n. 113, e della legge 11 gennaio 1994, n

16 Assunti metodologici Le fasi della progettazione professionale per soggetti disabili Nel presente paragrafo, si approfondiranno in maniera sintetica le fasi che compongono la metodologia utilizzata per la sperimentazione lavorativa della fase WP6 SLID. Come possiamo notare dallo schema 2, la stessa è composta da cinque fasi, strettamente correlate fra loro che risultano essere di riferimento per tutti gli attori coinvolti nella progettazione professionale mirata rivolta a persone disabili. Schema 2 Fasi della progettazione professionale disabili. Nella parte sinistra dello schema 2, si presentano cinque fasi di riferimento che possono essere intese come quelle sequenze temporali che compongono il processo nella sua interezza. Nella parte destra invece, sono elencati, tutti gli strumenti utili (cassetta degli attrezzi) per il raggiungimento dell'obiettivo e il compimento delle attività progettuali. Essendo lo schema 2 esemplificativo anche delle sequenze temporali interne alle varie fasi, è importante evidenziare che gli operatori coinvolti nel processo di cui sopra, devono fare attenzione a non forzare il termine di una fase o il passaggio ad un'altra, in quanto questo processo si sviluppa con, sulla e per la persona disabile e svantaggiata. "E necessario rispettare i livelli e i gradi di libertà del paziente, il tempo di cui necessita per attivare il sistema motivazionale e quindi le scelte, il tempo dei percorsi per realizzare dei progressi, per raggiungere degli obiettivi" (Ba 2003) Quanto scritto sopra, comunque, non significa che il passaggio da una fase a un'altra o lo stabilire dei tempi per il termine di un sotto processo, non possa essere stabilito, in quanto così facendo si rischiano dei processi di cronicizzazione (Scala 1981), ma significa che dobbiamo cercare di comprendere quanto è utile per la persona disabile, sia a livello clinico sia di abilità e competenza, per essere messa nelle condizioni di agire positivamente riguardo alle richieste da parte di un contesto determinato. "Nella stesura di un progetto riabilitativo bisogna tenere presente che non tutto va bene per tutti e che l obiettivo non è normalizzare tout court, altrimenti si va incontro facilmente al fallimento e all insuccesso. E importante non solo sviluppare al massimo le potenzialità e le abilità di una persona, ma anche consentirle di essere come è e di potersi esprimere secondo un suo stile e una sua modalità anche se queste non si collocano all interno di una griglia categoriale di chi è normale. Un'attività lavorativa è importante ma questo non può essere l unico criterio per definire la buona qualità della vita di una persona, come, allo stesso modo, un funzionamento della vita emotiva e affettiva secondo schemi che potremmo definire regrediti non nega la bontà di una relazione e la forza di legami affettivi. Se vogliamo cogliere, comprendere e aiutare non tutto può essere letto all interno di una gestalt nella quale solo chi è normale si riconosce" (Ba 2003). In sintesi, lo schema 2 proposto in figura, è definibile come un processo che direziona la progettazione professionale rivolta a persone disabili e svantaggiate, per poter valutare se le stesse, a livello clinico, possono reggere un'attività 16

17 lavorativa e a quale livello di competenza ed abilità, onde evitare fallimenti che possono portare a recrudescenze di natura clinica. Questo significa che la procedura in oggetto, si orienta sul concetto già espresso, che non tutte le persone disabili possono lavorare (magari alcune possono svolgere delle attività occupazionali protette) e quando lo fanno, devono essere messe nelle condizioni di poterlo fare (collocamento mirato). Infatti, non è un caso che l'inserimento lavorativo non è esplicitato come fase di lavoro, ma si trova all'interno della fase di progettazione e quando la valutazione porta a esiti positivi, si realizza un inserimento lavorativo con collocamento mirato. L'invio L invio è un termine in uso nei Servizi Sociali e Sanitari ed è utilizzato quando si consiglia a una persona di rivolgersi a personale specifico con riferimento a determinate richieste, come ad esempio essere invitati ad andare dall'ortopedico quando si hanno problemi di natura ossea. Questo semplice esempio, ci porta a riflettere sul fatto che per inviare da un lato, o accettare dall'altro, un invio, ci devono essere dei criteri di selezione che dovranno essere stabiliti in collaborazione fra l'equipe lavoro e i Servizi Sociali e Sanitari che hanno la presa in carico riabilitativa sulla persona su cui s'intende lavorare. Nello schema 3, è esplicitato dove, metodologicamente, s'inserisce l'equipe per la progettazione professionale disabili in relazione ai Servizi Sociali e Sanitari. Schema 3 L'equipe lavoro all'interno dell'intervento riabilitativo. Per la progettazione professionale e l'inserimento lavorativo rivolta a persone disabili, un invio può essere considerato come una richiesta specifica, all'operatore, al servizio, all'equipe, di collaborazione per l'esecuzione di un compito e/o servizio, con riferimento a competenze lavorative specifiche. Nella fattispecie della progettazione professionale mirata, rivolta a soggetti disabili e svantaggiati, l'invio è strutturato e si orienta a un determinato ambito, quello lavorativo/occupazionale. Questo significa che la raccolta delle informazioni relative la persona su cui lavorare, verteranno su elementi utili al raggiungimento di obiettivi riguardanti l'ambito riabilitativo da un lato e lavorativo/occupazionale dall'altro. In questo senso, le attività che si andranno a svolgere, s'inseriscono su livelli di competenza differenti, quindi l'equipe per la progettazione professionale richiede la conoscenza e la traduzione d'informazioni cliniche e sociali essenziali, che sono di competenza esclusiva del Servizio Sociale e Sanitario, riguardanti la persona direttamente coinvolta. Da un livello di osservazione metodologico, la progettazione professionale per disabili, come espresso nelle righe precedenti, s'inserisce in un intervento riabilitativo, dove la presa in carico è dell'equipe del Servizio Sociale e Sanitario inviante. Da questo punto di vista, la metodologia si deve inevitabilmente sintonizzare con gli obiettivi terapeutico/riabilitativi definiti sulle persone disabili da parte dell'equipe sociale e sanitaria. In questo senso, l'equipe per la progettazione professionale disabili, intesa come uno specifico gruppo di persone con competenze differenti che opera insieme per il raggiungimento di un obiettivo comune, deve strutturare percorsi ed obiettivi che siano, in termini generali, isomorfi a tutto il progetto riabilitativo (progetto vita) della persona interessata (Montobbio 1999), altrimenti tutte le procedure ed azioni perderebbero di senso. In base a questo quindi, l'invio è di fondamentale importanza in quanto è il punto di partenza da cui ogni progettazione professionale deve partire, per orientare tutte le 17

18 scelte progettuali al sostegno e al raggiungimento dell'obiettivo terapeutico previsto sulla persona disabile e svantaggiata. In questa fase inoltre, la stessa viene presentata (primo colloquio) all'equipe professionale. L'invio è strutturato con una scheda apposita, dove nella stessa vengono approfonditi i dati della persona e del servizio inviante, se è presente un'equipe sanitaria intorno alla persona e soprattutto si specificano le aree problematiche sullo stato di salute dell'utenza inviata. Questa parte è fondamentale poiché in essa sono chiariti i punti clinici rilevanti e altri aspetti legati alla salute della persona coinvolta, assolutamente da non trascurare, onde evitare peggioramenti. La scheda d'invio è la base su cui progettare il percorso ipotizzato, in base all'obiettivo terapeutico stabilito dal servizio (Carrozza 2006) e l'obiettivo professionale da conseguire (vedi capitolo dedicato). Questo non significa che nella fase d'invio è già presente un obiettivo professionale per disabili, ma che attraverso l'approfondimento di alcune informazioni, l'equipe riesce a ipotizzare dei percorsi specifici di valutazione e di osservazione per la conoscenza delle caratteristiche delle persone inviate per arrivare a comprendere l'obiettivo professionale adatto. In questo senso, l'equipe lavoro ipotizza dei percorsi di natura lavorativa fondati su più livelli di competenza, rivolti alla persona disabile e svantaggiata. Sempre nella scheda d'invio, sono trattati, sempre se conosciuti, i livelli di competenza e le abilità specifiche possedute dalle persone disabili, percepite e/o valutate da parte degli operatori del servizio inviante e tutte le informazioni relative le esperienze formative (studi e corsi), lavorative (passate e presenti), le condizioni socio/economiche, l'iscrizione a leggi specifiche sul lavoro e sulla disabilità e tutte le informazioni della situazione personale dell'utenza coinvolta utili per la progettazione. A seguito della raccolta di tutte queste informazioni 15 l'equipe ipotizza dei percorsi di inserimento lavorativo e di valutazione delle abilità e li propone alla persona inviata. La valutazione e l'osservazione delle abilità Per poter approfondire il metodo utilizzato per la sperimentazione della fase WP6 SLID, è utile evidenziare sinteticamente alcuni concetti che sono alla base della stessa. Nella fattispecie ci si riferisce al concetto di valutazione. Quest'ultima, è utile considerarla come una parte integrante dell'intervento operativo che s'intende mettere in atto (Spaulding, Sullivan 1997), ed è definibile come la risultante di tutte le azioni e procedure rivolte alla raccolta, logicamente strutturata, delle informazioni legate all'obiettivo e all'organizzazione di tutti quei dati che sono ascrivibili come rilevanti per la realizzazione dell'intervento progettuale (Willson 1994). Nel settore disabilità, le valutazioni di natura lavorativa, spesso sono poco approfondite e si basano su idee preconcette fondate su una logica di risposta immediata ai bisogni di lavoro in generale (trovami un lavoretto). "Quando si parla di disabili in ambito lavorativo (Farina 1973, Johnson 1988, Glozier 1998) si ha di solito un immagine preconcetta: individui improduttivi, di cui la società si deve occupare a fondo perso per tenerli in qualche modo occupati in attività più o meno inutili o che quantomeno non tengono conto delle loro capacità e risorse. Ma quali sono queste capacità e risorse? Come valutarle? Fanno parte di un patrimonio già esistente, magari non utilizzato, o sono latenti e quindi necessitano di uno specifico training, oppure si tratta di intervenire per ridimensionare le aspettative in base a quelle che sono le effettive capacità?" (Ba 2003). In questo senso quindi, la valutazione è utile in quanto è l'inizio della progettazione professionale individualizzata, rivolta ad obiettivi raggiungibili (Morosini, Magliano, Brambilla 1998) per le persone coinvolte, per realizzare e formare nel tempo e nei limiti del possibile, una persona in grado di gestire la propria esistenza cercando di evitare fallimenti inutili che, spesso portano a situazioni di aggravamento clinico. Da questo livello di osservazione quindi, la valutazione deve assolutamente svilupparsi in maniera progressiva e strutturata, sia per evitare processi di cronicizzazione e di dipendenza (Scala 1998), ma principalmente per tenere in considerazione dei tempi necessari alla persona per sviluppare e interiorizzare dei cambiamenti atti all'inserimento e lavorare con la stessa nel momento in cui lei riesce ad avere il controllo sul proprio operato ed essere posta nelle condizioni di eseguire adeguatamente il ruolo lavorativo assegnato. Da questo punto di vista quindi, la valutazione intesa come il fondamento della progettazione professionale, è accompagnata dal concetto di osservazione, che per essere produttiva, deve essere guidata (Morosini, Magliano, Brambilla 1998), cioè strutturata metodologicamente. L'osservazione non è un guardare un determinato avvenimento o azione, osservare significa raccogliere, in maniera logica e congruente all'obiettivo dell'intervento progettuale, determinati dati e informazioni che saranno utili per verificare il raggiungimento dello stesso. Seguendo questa logica quindi, da un punto di vista metodologico per la realizzazione del collocamento mirato, l osservazione è sempre rivolta 15 Alcuni passaggi inclusi nella scheda di invio sono stati omessi dalla spiegazione onde evitare una tecnicizzazione troppo approfondita. 18

19 alla valutazione delle abilità e al livello di competenza, con riferimento ad una scomposizione in abilità del ruolo professionale e all individuazione del livello di competenza richiesta dall ambiente di lavoro (vedi paragrafo dedicato). Com'è noto, tutti gli esseri umani possiedono determinate attitudini che sono delle particolari predisposizioni su determinate attività fisiche e mentali. Le attitudini sono delle inclinazioni personali che risultano utili ad apprendere determinate capacità (tecniche, trasversali, trasferenti) che sono definibili come gli aspetti del saper fare e sono le risorse principali per la realizzazione delle attività fisiche e mentali (Batini 2005). L'abilità si differenzia dalla capacità poiché la stessa non è semplicemente la capacità di fare qualcosa, ma è la capacità di fare bene qualcosa osservata su più livelli. Questi ultimi sono la competenza, cioè eseguire l'abilità in maniera corretta e saper fare quanto richiesto, la consapevolezza, cioè essere coscienti del perchè si usa una determinata abilità, la frequenza, cioè capire quando è il momento di utilizzare una determinata abilità (Morosini, Magliano, Brambilla 1998). Seguendo questo piano concettuale quindi, le abilità si distinguono in cognitive che sono utili per l'utilizzo di conoscenze e capacità di comprensione, ecc., in pratiche che servono per avere tecnica nello svolgimento di determinate attività manuali, ecc., in fisiche che servono per gli spostamenti come camminare, avere forza fisica e resistenza, ecc., in relazionali come l'abilità di comunicare e sapersi relazionare con gli altri, di espressione dei sentimenti, ecc.. (Morosini, Magliano, Brambilla 1998). Per osservare un'abilità e determinarne la presenza, non è sufficiente considerare la presenza di determinati comportamenti che possono corrisponderle, ma è utile che l'abilità osservata si traduca in azioni evidenti, cioè che sia legata a un obiettivo, che sia misurabile, che sia generalizzabile ad altri contesti, che abbia delle componenti conoscitive e che sia inclusa nel repertorio della persona coinvolta e non venga usata in maniera casuale ed occasionale. Da questo livello di osservazione possiamo quindi affermare che non esistono delle abilità peggiori o migliori, ma solo delle abilità che possono essere osservate come funzionali al sistema di riferimento, cioè a un contesto determinato, in quanto si crea una relazione fra l'esecuzione dell'abilità ed il suo ambito di svolgimento. Quanto detto quindi, definisce che essere socialmente competenti in un ambiente non significa in assoluto esserlo in tutti gli altri, nel senso che le abilità sono contesto dipendenti (Morosini-Magliano-Brambilla 1998). Questa digressione sul concetto di abilità e capacità, ci porta alla considerazione che per l'adattamento delle persone con disabilità e svantaggio al mondo del lavoro, è opportuno orientarsi alla valutazione delle abilità in quanto le stesse sono considerabili ad un livello superiore delle capacità. Queste ultime, infatti, sono definibili come delle caratteristiche di chi è adatto a svolgere determinate azioni generali in un certo modo, le abilità invece, sono orientate allo svolgimento di attività specifiche, da parte di un individuo molto capace, in modo da soddisfare i criteri di competenza, consapevolezza, circostanza (Morosini-Magliano-Brambilla 1998). Il mondo del lavoro, in questo momento, non chiede lavoratori che siano in grado di svolgere delle attività, ma persone che siano in grado di eseguire adeguatamente (a un livello di competenza consono) le mansioni richieste per l'assunzione di un determinato ruolo lavorativo. Assumere un ruolo lavorativo, in un'accezione specifica del termine, significa avere delle competenze tali, che purtroppo spesso, le persone con disabilità e svantaggio non possiedono. Da questo punto di vista la salute mentale ci aiuta a chiarire questo concetto. "Una persona che è stata dimessa da un reparto psichiatrico ha maggiori probabilità di ritornare in ospedale che di riprendere il lavoro. Non sempre abbiamo aiutato gli utenti a riappropriarsi delle abilità necessarie a svolgere un ruolo lavorativo, anche se siamo stati molto bravi a insegnare loro come essere pazienti. Purtroppo, le abilità richieste a un lavoratore sono molto diverse da quelle richieste ad un paziente!" (Anthony, 1994). Questo livello di osservazione, ci porta a riflettere sulla disoccupazione che colpisce le persone disabili e svantaggiate. Nella Provincia di Ancona, il tasso di disoccupazione delle persone iscritte alle categorie protette nel periodo è mediamente collocato al 90,47% (Defendi, Giovagnoli 2013). Nello stesso periodo, il dato medio dei ruoli lavorativi disponibili che non sono stati ricoperti da parte delle persone iscritte alle categorie protette, sul totale dei posti di riserva obbligati dalla Legge 68/99, è del 74.46% (Defendi, Giovagnoli 2013). Da questo dato emerge una considerevole discrepanza fra quanto richiesto da parte del mercato del lavoro (domanda) e quanto offerto dalla forza lavoro delle persone con disabilità (offerta). Tabella 1 Provincia di Ancona iscritti,scoperture,attivazioni,ruoli non ricoperti L.68/99. Anno /x/ Iscritti 68/99 /x/ scoperture /x/ attivazioni /x/ ruoli non ricoperti (100 %) 209 (39.58%) 319 (60.42%) (100 %) 176 (24.04%) 556 (75.96%) (100 %) 130 (18.95%) 556 (81.05%) (100 %) 189 (26.36%) 528 (73.64%) 19

20 (100 %) 173 (23.89%) 551 (76.10%) (100 %) 136 (20.39%) 531 (79.61%) Questi dati, secondo quanto elaborato dagli autori nella fase WP4 SLID, fanno emergere un paradosso di rilevante importanza la cui causa non è da ricercare esclusivamente sulla mancanza di risorse economiche, tecniche, umane, dettate dal momento storico di crisi, ma anche sul concetto che le persone con disabilità non sono poste nella condizione di essere e avere competenze tali da soddisfare le richieste del mercato del lavoro (Defendi, Giovagnoli 2013). Approfondendo altri dati riguardanti l'argomento della disoccupazione di soggetti disabili e svantaggiati, nella Regione Marche il tasso di disoccupazione nel triennio , sulle persone afferenti ai Dipartimenti di Salute Mentale, coinvolte in inserimenti lavorativi con o senza possibilità di assunzione, era posizionato all'80,5% (Defendi, Alfonsi 2010). La disoccupazione dei soggetti deboli sembra essere un problema che colpisce anche altri territori. "Un'indagine condotta recentemente in Gran Bretagna (Labour Force Survey, Opportunities for Disable People) stimava in i soggetti in età lavorativa gravemente disabili per un disturbo psichiatrico, includendo anche l'alcolismo e la dipendenza da droghe; di questi (12%) risultavano occupati, (4%) cercavano attivamente un'occupazione e (84%) erano stabilmente fuori del circuito lavoro. Negli stati uniti (National Alliance for the Mental ill, 1999) si ritiene che più di 3 milioni di persone dai 18 ai 69 anni soffrano di un disturbo psichiatrico grave, che almeno l'80% di essi sia senza lavoro e che di questi ultimi più del 70 % desideri trovare lavoro" (Michielin 2003). Essere competenti per un ruolo lavorativo significa avere definito un profilo professionale spendibile in un contesto lavorativo, quindi avere le fondamenta, in linea generale, per essere maturi e socializzare attraverso un ruolo professionale determinato (Montobbio 1999). La competenza è un concetto complesso non ancora ben definito da parte della letteratura in materia (Di Fabio 2002), per alcuni la competenza è un saper fare operativamente validato per la gestione di una situazione (Le Boterf 1994), per altri la competenza indica le procedure attraverso le quali una persona esprime il proprio valore (conoscenze, capacità, attitudini, caratteristiche di personalità,ecc.) in situazioni di natura lavorativa e/o formativa (Batini 2005), per altri ancora la competenza è ogni caratteristica personale che combinata ad altre può dar luogo a una generica e buona prestazione lavorativa che la persona è in grado di svolgere secondo un livello predefinito (Evangelista 2006). Schema 4 Modello di competenze di Spencer e Spencer Come si può notare dallo schema 4, le competenze hanno due livelli di osservazione, quello superficiale (Surface area), o visibile e quello profondo (Deep area) o invisibile. Nelle competenze sono presenti molte componenti tra cui troviamo le abilità (skills) e la conoscenza (knowledge) ad un livello superficiale. Ad un livello più approfondito invece troviamo l'immagine di sè (self immage), le attitudini (attitudes) ed i valori (values), per arrivare ai tratti (traits) e la motivazione (motivations) (Gallo, Boerchi 2008). Per la metodologia utilizzata per la sperimentazione lavorativa WP6 SLID, quindi anche per la progettazione professionale su soggetti deboli, la persona è competente quando di fronte a 20

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