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2 A mia mamma

3 Indice 3

4 Indice INTRODUZIONE... 6 I. Ruolo dell'attivazione immune nella patogenesi dell'infezione da HIV... 7 o 1. Conseguenze dell'infezione da HIV sul sistema immunitario innato... 7 o 2. Elevato turnover T linfocitario e marker di immunoattivazione... 9 II. Traslocazione microbica in corso di infezione da HIV o 1. TLR: alterazioni in pazienti HIV+ e HIV o 2. Traslocazione microbica in corso di infezione da HIV e nell' immunoricostituzione in corso di HAART III. Reservoir virali in corso di infezione da HIV o 1. Come si instaura e mantiene la latenza o 2. Strategie terapeutiche per l'eradicazione dei reservoir virali IV. Ruolo della HAART nell'infezione da HIV o 1. Immunoricostituzione in corso di HAART o 2. Risposte discordanti alla HAART SCOPO DELLO STUDIO PARTE I. Studio della composizione della flora traslocante Materiali e Metodi o Reclutamento pazienti o Misurazione livelli plasmatici di LPS e scd o PCR 16S panbatterica o Clonaggio e sequenziamento o Analisi statistiche Risultati o Caratteristiche dei pazienti in studio o I pazienti HIV-infetti che iniziano la HAART con una grave linfopenia mostrano livelli di traslocazione microbica persistentemente elevati o I pazienti Immunological Non Responders mostrano una maggiore presenza in circolo di frammenti genomici di origine batterica o I pazienti HIV-infetti che iniziano la HAART con una grave linfopenia si caratterizzano per una composizione polimicrobica della flora circolante Discussione... 4 PARTE II. Studio della stimolazione dei Toll-like Receptors (TLR) Materiali e Metodi o Reclutamento pazienti o Isolamento e coltura di monociti primari o Stimolazione di PBMC e MDM o Citofluorimetria o Saggio ELISA per la rilevazione dell'antigene p24 di HIV o Misurazione dei livelli di LPS e scd o Analisi statistiche

5 Indice Risultati o Caratteristiche dei pazienti in studio o Nei soggetti naive alla terapia antiretrovirale la stimolazione dei TLR si traduce in un debole effetto sull'attivazione e sulla produzione virale o La stimolazione dei TLR determina una diversa attivazione T-cellulare in accordo al grado di immuno-ricostituzione in corso di HAART o La stimolazione virale, ma non quella batterica, determina una maggiore attivazione degli MDM in pazienti in corso di HAART con un diverso recupero immunitario o La stimolazione dei TLR aumenta il rilascio/produzione di p24 nei pazienti con una risposta viro-immunologica completa alla HAART... 5 Discussione PARTE III. Studio dei reservoir virali Materiali e Metodi o Reclutamento pazienti o Citofluorimetria o Separazione linfociti T CD o Quantificazione HIV-DNA totale, integrato e 2-LTR o Saggio di riattivazione virale o Estrazione HIV-RNA o Quantificazione HIV-RNA o Misurazione livelli plasmatici di Interleuchina (IL)-2 e Interleuchina (IL) o Analisi statistiche Risultati o Caratteristiche dei pazienti in studio o I LTNP mostrano un fenotipo più attivato rispetto ai pazienti in croso di terapia antiretrovirale o I soggetti in terapia con diversa risposta immunologica e i LTNP non mostrano differenze nella distribuzione dei diversi subset T-linfocitari... 6 o L'entità dei reservoir di HIV sembra essere diversa nei pazienti in terapia rispetto ai LTNP o La quantità di DNA totale di HIV correla con l'attivazione delle cellule T CD4 e con la loro capacità di riattivare il virus dopo stimolazione Discussione CONCLUSIONI GENERALI BIBLIOGRAFIA FIGURE E TABELLE

6 Introduzione 6

7 Introduzione I. RUOLO DELL ATTIVAZIONE IMMUNE NELLA PATOGENESI DELL INFEZIONE DA HIV 1. Conseguenze dell infezione da HIV sul sistema immunitario innato Per molti anni, gli studi scientifici si sono concentrati sull immunità specifica benché HIV danneggiasse inizialmente il sistema immunitario innato, quest ultimo rivalutato dalla scoperta nel 1998 del TLR4 sui fagociti mononucleati, recettore specifico per il lipopolisaccaride o LPS. In questa linea di difesa un ruolo centrale è svolto dalla famiglia dei fagociti mononucleati, che comprende tre importanti sottogruppi [1]. i fagociti o macrofagi fissi presenti nei vari tessuti e presentanti fenotipi tra loro variabili. le cellule dendritiche distinte in cellule di Langherans a livello epiteliale e cellule interdigitate o cellule dendritiche interstiziali nei tessuti non epiteliali; i loro precursori prendono il nome di cellule dendritiche mieloidi e cellule dendritiche plasmacitoidi o linfoidi; i monociti di derivazione midollare presenti nel sangue in grado di differenziarsi in macrofagi una volta raggiunto il tessuto bersaglio oppure in cellule dendritiche qualora stimolate da GM-CSF e da IL-4. È importante sottolineare, che cellule dendritiche e macrofagi sono delle vere e proprie cellule presentanti l'antigene (APC) professionali, come anche i linfociti B, tuttavia tra i primi due sottogruppi vi è almeno una differenza sostanziale: le prime presentano l Ag prevalentemente a linfociti T CD4 vergini (naive) che a loro volta si polarizzano in Th1; i secondi invece comunicano prevalentemente con linfociti T CD4 di memoria amplificando la risposta immunitaria locale. I ceppi M affini utilizzano come porta di ingresso proprio i membri della famiglia dei fagociti mononucleati in quanto essi si localizzano anche nei vari liquidi biologici come per esempio sperma, liquido vaginale e secrezioni cervicali. HIV è stato isolato infatti dalle cellule dendritiche del sangue periferico, dalle cellule di Langherans ed in alte percentuali dai macrofagi tissutali, ovvero nella maggioranza degli organi [2]. A conferma di ciò, mutazioni di CCR5 rendono i soggetti immuni alla trasmissione di HIV. All interno dei fagociti mononucleati la diffusione virale è favorita a seguito dell interazione diretta con i linfociti T CD4, presenti nel mezzo locale, attraverso il contatto CD4-CD4L [1]. Anche le cellule dendritiche possono co-adiuvare la trasmissione virale, a prescindere se 7

8 Introduzione siano infette, attraverso la presentazione di HIV sul DC-SIGN [3]: recettore di membrana CLR, C-type lectin receptor, espresso dalle cellule dendritiche immature e dalle cellule di Langherans. Infine HIV può essere isolato anche in monociti sebbene solo in piccole subpopolazioni [1]. Per queste ragioni i macrofagi e gli altri fagociti mononucleati rappresentano un vero serbatoio proteggendo il virus dalla risposta immunitaria e veicolandolo in santuari come il sistema nervoso [1]; inoltre, durante le fasi finali della storia naturale dell'infezione di HIV, a causa del numero ridotto di linfociti CD4 i macrofagi diventano il vero ed importante sito di replicazione di HIV. In modo interessante, i monociti sono considerati ottimi marcatori per la misura del DNA provirale anche in soggetti con carica virale negativa sotto HAART [1]. HIV può danneggiare il sistema immunitario sia in modo indiretto che diretto (in quest ultimo caso un ruolo importante è giocato da Nef, Tat, Vpr e Vpu). Danni indiretti possono essere legati al rilascio di sostanze in grado di influenzare l attività delle cellule limitrofe oppure, a seguito di stimolazione di cellule infettate, attraverso il rilascio di fattori che agiscono sulle cellule immunitarie non infette limitrofe. Compatibilmente a questo modello le gp12 e gp41 inibiscono la chemiotassi monocitaria da chemochine nonché la fusione dei fagolisosomi dei macrofagi, il rilascio di IL-12 e l attività delle cellule dendritiche di derivazione monocitaria [1]. Tra gli innumerevoli danni diretti bisogna ricordare: le alterazioni di espressione di molecole di superficie, quali CD14, MHC di classi I e TLR4 [1]; una riduzione della produzione di citochine, quali IL-12, TNFα [4, 5]; un aumento della produzione di chemochine [6]; un'inibizione di NFkB [7]; un danno nella risposta alla produzione di INF di tipo I e II dopo stimolazione con CpG e una marcata alterazione della maturazione delle cellule dendritiche (successivamente al danno dei TLR) con diminuzione nell espressione di molecole di superficie di membrana come MHC di classo I e II ma anche CD4, CD8 e CD86 oltre che produzione di citochine [8]. Altre anomalie riguardano le cellule dendritiche plasmacitoidi o linfoidi. Esse, che insieme alle cellule dendritiche mieloidi costituiscono i precursori delle cellule dendritiche, sono la fonte di produzione di INF di tipo I e IL-12 più importante dell organismo [9]. Dopo interazione CD4-CD4L sono in grado di far differenziare i linfociti CD4 naive in Th2; in presenza di Ag virali invece sono in grado di guidare una forte risposta di tipo T helper I. Sotto stimolazione, attraverso la via dei TLR7 e TLR9 le cellule dendritiche plasmacitoidi rilasciano una enorme quantità di INFα, TNFα, IL-6 ed IL-8. Questa loro abilità è legata alla 8

9 Introduzione presenza costitutiva dell IRF7: il danneggiamento di questa via porta ad un danno per il sistema immunitario [1]. Uno studio ha riportato una diminuzione di numero delle cellule dendritiche plasmacitoidi (CD11c - CD123 + ) ed un aumento del loro grado di attivazione, maturazione e conseguente circolazione cellulare [1]. Si è visto come il mancato recupero delle cellule dendritiche plasmacitoidi fosse presente in quello stesso 2% di popolazione di HIV+ trattati che non recupera pienamente la conta dei CD4: in molti studi questo gruppo prende il nome di immunological non responders, INR [9]. L altra popolazione di cellule dendritiche studiata è quella delle cellule dendritiche mieloidi (CD11c + CD123 - ). Esse sono distinte in due sottogruppi: quelle di tipo I (poco conosciuta), e quelle di tipo II secernenti IL-12, IL-15 ed IL-18. Le seconde quindi hanno un ruolo per l attivazione del braccio immunitario acquisito ma anche per il reclutamento delle NK. Entrambe queste ultime due sottopopolazioni, al contrario delle plasmacitoidi, recuperano numericamente sia negli INR che in tutti gli altri pazienti. Si può far risalire alle alterazioni del sistema immunitario innato anche il coinvolgimento, pertanto non trascurabile, del sistema nervoso centrale, soggetto ad alterazioni di cui non si conosce bene la causa ma che sembrano essere legate all infezione virale delle cellule della microglia; fattori solubili infatti possono essere rilasciati in maggiore quantità quali IL-1, TNF-α ed IL-6. Gp41 può inoltre stimolare i neuroni a produrre NO. Nel danno neuronale sembrano implicati gli ioni Ca 2+ con un eccesso di ingresso dai canali ionici attivati da glutammato. 2. Elevato turnover T linfocitario e marker di immunoattivazione La disfunzione immunitaria con la deplezione dei CD4 è alla base della progressione clinica dell infezione da HIV [2]. Il deficit della conta linfocitaria porta anche ad un conseguente deficit di cloni e questo spiega l aumento di infezioni opportunistiche, direttamente per effetto citopatico del virus o indirettamente per i meccanismi spiegati precedentemente [2]. Tuttavia le anomalie riscontrate nella linea T linfocitaria vanno al di là delle semplici alterazioni numeriche: oltre a subire un danno quantitativo si registrano alterazioni di tipo qualitativo che sono oggetto di studio da alcuni anni. Il dato che emerge è la diretta conseguenza dell elevato turnover delle cellule T, del rilascio citochinico, delle anomalie in sede linfonodale nonché dei corrispettivi stati morbosi di malessere generale e/o infezioni opportunistiche unite ad una anergia cellulare che predisponga a tali condizioni morbose. Tutto corrisponde ad un quadro di iperattivazione immunitaria ed il suo studio può aiutare a trovare una terapia in grado di 9

10 Introduzione migliorare la qualità di vita dei pazienti e di superare anche problemi quali per esempio il pieno recupero della conta dei CD4 + durante la HAART. L'iperattivazione immunitaria può essere una diretta conseguenza della carica virale di HIV o della riattivazione di altri virus quali EBV-CMV (entrambi accompagnati da una iperattività T-cellulare e da una diminuzione delle difese dell ospite precedentemente alla fase di latenza) oppure di meccanismi immunopatologici indipendenti da cariche virali. L iperattivazione immunitaria sfocia in una anergia funzionale dei linfociti in quanto le cellule preattivate sono anche anergiche e non sono in grado di rispondere agli antigeni esterni. Inoltre l iperattivazione può condurre ad un aumento di morte per apoptosi e quindi essere direttamente correlabile con la linfopenia più di quanto lo sia il virus con i suoi effetti citopatici diretti. Per queste ragioni si intuisce come essa sia responsabile indirettamente e direttamente della comparsa delle infezioni opportunistiche. L'iperattivazione, unita alla conta della linfopenia e della carica virale rappresenta una delle tre caratteristiche peculiari e rilevanti che caratterizzano l infezione da HIV. Per studiare tale fenomeno è necessario tuttavia cercare dei marcatori di espressione cellulare che correlino con il grado di attivazione o proliferazione; il passaggio successivo è analizzare la distribuzione di tali marcatori, tra le differenti sottopopolazioni linfocitarie e non, in diversi gruppi clinici per giungere ad identificare la causa e quindi alla possibilità di una terapia. Tra i marcatori di attivazione di superficie cellulare più studiati vi sono CD38, HLA-DR e Fas (CD95). E' stato dimostrato che nei soggetti HIV-positivi vi sia un aumento dell espressione di CD38 e HLA-DR sui CD4 e ancor di più sui CD8 rispetto al gruppo di controllo [11]; Fas aumenta invece soprattutto sui CD4 rispetto ai CD8 ma risulta invece fortemente elevato nei CD8 con fenotipo CD45R+CD38+ (memory/effector). A questi valori si aggiunge la diminuzione delle cellule T con fenotipo CD45RA+ CD62L+, naive, sia CD4 che CD8 e l aumento relativo, ma non assoluto, delle memory attivate, CD45R+ CD4, rappresentando quest ultimo un quarto marcatore di attivazione confermando i lavori precedenti. Gli stessi autori hanno descritto come la conta dei doppi negativi, CD38- e HLA-DR-, sia direttamente proporzionale alla sopravvivenza di un soggetto HIV+ e che correli fortemente con l evoluzione della patologia. Tra questi quattro marcatori di attivazione quello che meglio correla con una sopravvivenza breve, in assenza di trattamento, è CD38, sia sui CD4 che sui CD8 [11, 12]. Viceversa, un marcatore di lenta progressione corrisponde proprio ai singoli positivi per l HLA-DR nei CD8 [11, 12]. Questi dati sono più affidabili nel prevedere la progressione della malattia se confrontati soprattutto con la sola conta dei CD4 oppure con la 1

11 Introduzione carica virale: quest ultima, tuttavia, è correlata con l attivazione dei CD8 ma non dei CD4 [13]. In sintesi, non vi è alcuna correlazione tra la velocità di progressione della malattia e la conta dei naive CD4; la carica virale è correlata con l attivazione dei CD8 ma non dei CD4; il fenotipo dei CD8 con HLA-DR+ CD38- è associato ad un basso grado di progressione e l attivazione dei CD8 è correlata con una alto grado di progressione. Un altro studio ha confermato, in soggetti HIV+, la diminuzione a livello linfonodale della sottopopolazione CD4 con inversione del rapporto e con aumento del fenotipo di CD8 e CD4 effector, senza riscontrare differenze per quanto concerne i fenotipi naive e memory [14]; tuttavia lo studio ha confermato una differenza significativa nell espressione di Fas (CD95), ovviamente aumentato negli HIV+, ed un calo numerico delle cellule dendritiche mieloidi e plasmacitoidi [14]. Steven G Deeks e coll. hanno riscontrato una correlazione negativa tra i livelli di RNA plasmatico e la conta cellulare di CD4 in soggetti HIV+ non trattati; una correlazione positiva tra la carica virale e l attivazione dei CD8 ma anche dei CD4; quindi una correlazione negativa tra tali attivazioni e la conta cellulare dei CD4 [15]. A questi dati bisogna aggiungere che è stata trovata una soglia, pari a 1. copie di RNA/ml, sotto la quale i CD8 dei pazienti non risultano particolarmente attivati ma superata la quale il grado di attivazione subisce un aumento significativo [15]. Tale attivazione declina in presenza di HAART essendo quest ultima in grado di abbattere la carica virale a valori non rilevabili dal laboratorio [15]. Nonostante questo, il recupero della conta dei CD4 non è completo in tutti i pazienti probabilmente per via del grado di attivazione residuale con conseguente compromissione della proliferazione linfocitaria a livello timico [15]. Un passo successivo è stato compiuto da Jason M Brenchley e coll. i quali hanno ipotizzato che il continuo reclutamento di linfociti con successiva attivazione e morte per apoptosi comprometta maggiormente i linfociti CD4 rispetto i CD8, concordando con gli studi precedenti, e che vi fosse almeno un altro marcatore che rafforzasse tale tesi: Ki-67 [16]. I livelli di Ki-67, che indicano proliferazione, non ritornano ai livelli bassi dei soggetti HIV+ nemmeno durante HAART, per quanto, tuttavia, si registri un forte calo durante il trattamento farmacologico. Questo giustifica la tesi secondo la quale anche in assenza di carica virale, esattamente come avviene nei pazienti HIV+ sotto regime HAART, un livello di iperattivazione basale è sempre mantenuto. Giulia Marchetti e coll. hanno riscontrato valori di Ki-67 più alti in un gruppo di soggetti HIV+ INR (Immunological Non-Responders) caratterizzati da CD4 2/µL e HIV RNA <5 copie/ml rispetto altri 2 gruppi dello studio quali i VNR, Virological Non-Responders, con 11

12 Introduzione CD4 35/µL e HIV RNA 1. copie/ml e i FR, full responders, con CD4 5/µL e HIV RNA 5 copie/ml. Nello stesso studio si è visto come nonostante la carica virale sia soppressa negli INR vi siano valori di CD38/8 e di apoptosi sui CD4 simili a quelli dei VNR [17]. Anche qui i dati portano a conclusione che l iperattivazione presente negli INR non è correlata alla carica virale ma ad altri fattori. Un altra importante differenza che ha caratterizzato il gruppo degli INR è la presenza di un serbatoio più grande di CD4 memory [17]. Ki-67 si è dimostrato in diversi studi, tra cui quello più recente di Mette D. Hazenberg e coll. un importante marcatore di proliferazione; i suoi valori sono diverse volte più elevati nei linfociti dei soggetti HIV+ rispetto un gruppo controllo. Tali valori sono da 1 a 2 volte più elevati e riguarda tutte le popolazioni linfocitarie con la sola eccezione delle cellule CD8 effector per quanto anche in queste vi sia un trend a rialzo. La conta delle cellule naive CD4, e in misura minore anche dei naive CD8, risulta essere inversamente correlata con il valore di Ki-67 ma non con la carica virale. La conta dei CD4 memory risulta anch essa inversamente proporzionale a quella del Ki-67 ma nel caso dei CD8 memory ed effector avviene esattamente l opposto. In quest ultimo caso infatti la proliferazione invece di accelerare le mitosi cellulari e portare le cellule verso uno stadio finale di apoptosi sembra aumentare il numero delle cellule mantenendole funzionali. Nello stesso studio si è dimostrato come il recupero cellulare più importante avvenga dopo sole quattro settimane di HAART. I pazienti trattati per un anno hanno mostrato un significativo recupero delle popolazioni CD4 memory e delle naive sia CD4 che CD8 ma assestandosi a livelli più bassi rispetto i controlli e comunque dipendendo in parte anche dal livello di base prima della terapia. I livelli delle memory e delle effector CD8 al contrario si sono abbassati pur soffermandosi su valori più alti rispetto i controlli. Parallelamente anche i valori elevati di Ki-67 han mostrato un cambiamento, in questo caso, in negativo: una rapida diminuzione nell espressione di questo marcatore sui CD4 non accompagnata prontamente e simultaneamente però da un corretto recupero della conta cellulare. Integrando questi dati con quelli degli studi precedenti emerge come la carica virale non sia necessaria per l iperattivazione dei pazienti HIV per quanto essa stessa, da sola, possa determinarla. Tuttavia è anche possibile che i livelli di citochine, prodotte dai fagociti mononucleati in risposta o non all infezione, contribuiscano al mancato recupero numerico dei CD4 o eventualmente li mantengano ad un grado di inattività funzionale. Interessante è la scoperta di una correlazione positiva tra la traslocazione microbica della flora batterica dal tratto gastroenterico al sangue, così come il passaggio di alcuni componenti come l LPS, e 12

13 Introduzione l iperattivazione [18]: oggi si ritiene che quest ultimo ne sia un marcatore affidabile. I TLR anche in questo caso sembrano coinvolti nella patogenesi da HIV, e quindi anche nell iperattivazione [18, 19]: in uno studio è stato correlato un incremento di superficie di espressione del TLR2 sui monociti di pazienti HIV+ con aumento del TNFα [2]; un altro ha mostrato l incremento di citochine quali IL-8, Mip-1α e RANTES in seguito a stimolazione del TLR2 in PBMCs da soggetti HIV-infetti [6]; un altro ancora, l aumentata espressione di TLR8 dopo stimolazione con ssrna4, che mima HIV, con conseguente produzione di TNFα e IL-1 [4]. Tutte queste ipotesi non si escludono a vicenda e possono coesistere in un unico complesso quadro di iperattivazione. 13

14 Introduzione II. TRASLOCAZIONE MICROBICA IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV 1. TLR: alterazioni in pazienti HIV+ e in HIV- Richard T. Lester e coll. hanno dimostrato come nei soggetti HIV positivi, non trattati, non vi siano differenze, nei PBMC, in termini di espressione di mrna dei TLR 1, 5, 9 e 1 rispetto i soggetti non infetti suggerendo un probabile non coinvolgimento di questi recettori e quindi escludendo un eventuale ruolo nella eziopatogenesi dell HIV [4]. L espressione dell mrna dei TLR 6, 7 e 8 è incrementata sia nel gruppo dei soggetti definiti cronici, aventi CD4>2, che in quelli definiti AIDS, con CD4<2, rispetto un gruppo controllo [4]; il TLR6 ha avuto la peculiarità di essere significativamente più espresso nel sottogruppo AIDS [4]. I TLR7 e 8 quindi si mostrano marcatori aspecifici per tutti soggetti HIV rispetto ai negativi e questo è perfettamente concorde con la responsività a frammenti virali quali quelli di HIV [4]. L mrna dei TLR2, 3 e 4 invece è aumentati soltanto nel sottogruppo AIDS mostrandosi quindi come marcatori specifici per stadi avanzati di malattia a cui si può aggiungere il TLR6 che tuttavia, come riportato precedentemente, risulta espresso, seppure in misura minore, anche nei cronici [4]. Questi ultimi tre marcatori, essendo correlati con risposte innate contro altri patogeni, mostrano un'interessante relazione con lo stadio avanzato di malattia e quindi con le infezioni opportunistiche: il loro aumento potrebbe rappresentare una risposta a continui stimoli infettivi non legati ad HIV. L aumento dei TLR6 e 7 fu positivamente correlato alla carica virale, ma anche quella del TLR4 aveva un orientamento in senso positivo[4]. Correlazioni positive sono state trovate anche per i TLR2, 3 e 8 seppure non con differenze statisticamente significative [4]. Questo ci porta a concludere che la carica virale ha, in questo caso, un ruolo nel mantenimento di questo quadro fenotipico. Studiando in particolar modo i TLR8 e il TLR4, con i loro ligandi immunologici, si è mostrato come la stimolazione con un analogo di HIV nei soggetti non infetti determini un aumento di espressione importante sia del TLR8 che del TLR4 (soprattutto per il TLR8 che è il suo recettore immunologico naturale) mostrando un'interessante cross-espressione fisiologica, mentre negli HIV+ si è registrato un aumento del TLR8 ma non del TLR4 (anche se non si conosce a quali dei 2 sottogruppi rientrino i soggetti infetti) [4]. Tale mancata risposta deve essere ancora analizzata e compresa; è probabile che il virus, stimolando continuamente la via del TLR8, determini indirettamente un'alterazione della via del TLR4 essendoci vie di trasduzione del segnale in comune; in alternativa è possibile che vi siano meccanismi 14

15 Introduzione indipendenti da HIV che portino ad una mancata attivazione. Stimolando gli stessi recettori con l LPS si è visto che i soggetti HIV- mostravano una diminuzione dell mrna del TLR4 ed una sostanziale assente risposta del TLR8 (con un leggero trend a rialzo) confermando il non coinvolgimento della via del TLR8 in un soggetto sano che risponde normalmente all LPS mentre, questo stesso stimolo, nei soggetti HIV+ ha mostrato un'assente risposta del TLR4 (o comunque una non diminuzione) ed un interessante aumento significativo del TLR8 [4]. Il fatto che l LPS stimoli indirettamente l espressione dell mrna del TLR8 è un ulteriore segnale di una alterazione nel signaling. La diminuzione dell espressione dell mrna contrasta con uno studio fatto sui topi in cui invece non si evidenziavano alterazioni quantitative [21]. Quindi in sintesi: analoghi di HIV: stimolano l espressione di superficie di entrambi i recettori (cross-espressione) nei positivi; solo TLR8 nei negativi. l LPS riduce l espressione del TLR4 (TLR8 invariato) nei negativi ma stimola il TLR8 (mentre resta invariato sul TLR4) nei positivi. Per capire se l aumento dell espressione dell mrna del recettore sia correlato con la perdita e/o difetto di trasduzione del segnale si è andati a valutare l induzione di citochine, in soggetti HIV+ e soggetti HIV-, misurando il TNF-α e IL-1 stimolati con LPS e frammenti virali simil-hiv. Per entrambi i ligandi c è stato un aumento di TNF-α e IL-1 rispetto i soggetti HIV-, con valori più alti per il TNF-α indicando un aumento dell attività dei TLR, quindi della trasduzione del segnale, e delle citochine prodotte soprattutto TNF-α [4]. I soggetti trattati avevano, sui PBMC, normali espressioni dell mrna per i TLR e 8 sebbene il TLR7 restasse elevato nei soggetti trattati rispetto i non infetti per quanto stabilizzandosi ad un setpoint più basso. Tale calo è verosimilmente correlabile con la diminuzione della carica virale ma non con la ricostituzione immunologica in quanto i pazienti che avevano cominciato la terapia da un anno erano partiti da uno stadio avanzato [4]. In uno studio che ha analizzato e confrontato dati provenienti da tre gruppi differenti, monoinfetti HIV/monoinfetti HCV e co-infetti, si è indirettamente confermato il funzionamento della risposta della via TLR4 sotto stimolo delle PBMC con LPS soprattutto nel primo gruppo [22]; l attività secretoria citochinica della via del TLR4, come anche del TLR3, è risultata, sotto stimolo, persino superiore rispetto gli altri due gruppi e ovviamente rispetto i controlli negativi [22]. Questo dato è stato inaspettato in quanto la secrezione basale spontanea nel surnatante di PBMC nei pazienti HIV monoinfetti di citochine, quali IL-6, è 15

16 Introduzione stata più bassa rispetto i monoinfetti HCV e i co-infetti anche se più alta rispetto gli HIV - [22]. Comportamento analogo per l IL-1β ma meno pronunciato: valori elevati riscontrati soltanto nel gruppo dei monoinfetti HCV[22]; lo stesso dicasi per TNFα: valori superiori e statisticamente significativi nei co-infetti rispetto il gruppo controllo e i monoinfetti HIV [22]: questi ultimi non mostravano alcuna differenza con il gruppo controllo [22]. Da questo studio si deduce come nei soggetti HIV + non vi siano enormi differenze in termini di secrezione basale di citochine rispetto gli HIV - fatta eccezione per un leggero trand a rialzo per l IL-6; resta invece il dato saliente sulle differenze in termini di produzione di citochine dopo risposta con rispettivi ligandi dei TLR, in particolare TLR4, che evidenzia come vi sia una alterazione almeno dal punto di vista qualitativo e che quindi HIV sia responsabile, in modo diretto o indiretto, di tale condizione [22]. Funderburg e coll. tra i primi, hanno lavorato sul funzionamento dei TLR nei linfociti. A cosa servano i TLR sui linfociti non è stato ancora completamente chiarito; resta certa la loro presenza anche a livello linfocitario con un possibile ruolo, quindi, in merito all immunità acquisita; con conseguenti alterazioni in HIV. Lo studio di Funderburg riporta come nei linfociti di soggetti HIV - la stimolazione dei TLR con i loro corrispettivi ligandi ha portato ad una attivazione cellulare con conseguente aumento di CD38 dopo 24h di coltura cellulare sia per i CD4 + che per i CD8 + : nel caso specifico con l LPS, dopo stimolazione con tale ligando, dai valori basali di espressione di CD38 intorno al 4,3% per i CD4 + e al 2,1% per i CD8 + si è giunti a valori, rispettivamente, di 26% e 31,3% [23]. Dopo sette giorni di stimolo (T7) con i vari ligandi dei TLR si è andati a valutare l espressione di due importanti marker: Ki-67, sinonimo di proliferazione già discusso nei capitoli precedenti; CD69, marker implicato nella ritenzione a livello linfonodale dei linfociti T attivati e quindi di attivazione T linfocitaria precoce [23]. A T7 si sono presentati due pattern di citofluorimetria: un aumento di Ki-67 prevalentemente sui CD4 con quasi tutti i ligandi (con un trend a rialzo anche per l LPS anche se non significativo) ed un aumento meno accentuato nei CD8 (soprattutto per i TLR2-1-6, TLR3, TLR5, TLR7/8 e TLR9): questi dati portano a conclusione che i CD4 entrano più facilmente in ciclo, se stimolati con i ligandi dei TLR, rispetto i CD8 [23]. un aumento di CD69 prevalentemente sui CD8 con tutti i ligandi ma con risposte pronunciate, soprattutto, per TLR3 e per TLR7/8 ed un inconsistente trend a rialzo per i CD4 con significatività per soli due TLR (TLR5 e TLR7/8): questi dati 16

17 Introduzione portano a conclusione che i CD8 permangono a livello linfonodale più frequentemente dei CD4 [23]. Valutando le tre sottopopolazioni, naive/memory/effector: per quanto riguarda i CD4 si è osservato una scarsa espressione di Ki-67 per la prima sottopopolazione rispetto alle altre due con la sola eccezione del TLR3 [23]; per i CD8 il fenotipo effector è stato quello più coinvolto nell espressione di CD69 con le sole eccezioni dei TLR3 e TLR7/8 che invece hanno mostrato un coinvolgimento totale [23]. È importante sottolineare come questi risultati, in vitro, siano stati ricavati da soggetti HIV - in salute: sarebbe utile valutare, con gli stessi parametri, le risposte dei linfociti di pazienti HIV + ed eventualmente scoprire anche eventuali differenze nei vari gruppi subclinici, Advanced naive, naive, INR e FR. Alla luce di questi studi sul funzionamento dei TLR è possibile riepilogare quanto segue: HIV inibisce l NF-kB determinando un alterazione importante al sistema immunitario innato, attraverso i TLR, sia nella integrità del sistema dei fagociti con il danno del burst ossidativo, sia nella maturazione delle cellule dendritiche e quindi danneggiando la loro funzione di APC professionali con potenziale deficit di attivazione della risposta immunitaria acquisita [8, 19]. HIV determina, in altri studi, un aumento dell espressione dell RNAm dei TLR dei PBMC nei soggetti non trattati con diversificazione a seconda delle condizioni cliniche: vi è aumento dei TLR6, TLR7/8 in tutti i soggetti infetti rispetto il gruppo controllo [4, 24]; vi è aumento dei TLR2, TLR3 e TLR4 soltanto in quelli con stadi avanzati e aumento del TLR6 anche rispetto i soggetti non in stadio avanzato; nessuna variazione per i TLR1, TLR5, TLR9 e TLR1 [4, 24]. Correlazioni strette con la carica virale per i TLR6, TLR8 e in parte per il TLR4; legami meno forti con la carica virale per gli altri tre TLR [4]. Ritorno alla normalità in caso di trattamento con la sola eccezione per TLR7. Altri dati emersi sull mrna: aumento del TLR8 nei soggetti sani, aumento del TLR4 e del TLR8 nei soggetti HIV + se stimolato con analoghi di HIV [4]; diminuzione del TLR4 nei soggetti sani, diminuzione del TLR8 nei soggetti HIV + se stimolati con LPS (non si conoscono le dinamiche degli altri TLR con gli altri ligandi) [4]. Aumento del TNF-α e dell IL-1 rispetto il gruppo controllo se stimolati con analoghi di HIV e con LPS dai PBMC; aumentata produzione citochinica di importante rilievo, sotto stimolo con ligandi dei TLR3 e TLR4 (LPS), dai PBMC (con lieve aumento di produzione di IL-6 al basale) nei soggetti HIV + rispetto il gruppo controllo[4]. 17

18 Introduzione Aumento dell espressione di CD38 sia per i CD4 + che per i CD8 + : nel caso dell LPS dai valori basali di 4,3% per i CD4 e 2,1% per i CD8 si è giunti a valori, rispettivamente, di 26% e 31,3% in modello HIV- [23]. Aumento dell espressione di Ki-67 prevalentemente sui CD4 con quasi tutti i ligandi (con un trend a rialzo anche per l LPS anche se non significativo) ed un aumento meno accentuato nei CD8 (soprattutto per i TLR2-1-6, TLR3, TLR5, TLR7/8 e TLR9) in modello HIV - [23]. Aumento dell espressione di CD69 prevalentemente sui CD8 con tutti i ligandi ma con risposte pronunciate, soprattutto, per TLR3 e per TLR7/8 ed un inconsistente trend a rialzo per i CD4 con significatività per soli due TLR (TLR5 e TLR7/8): questi dati portano a conclusione che i CD8 permangono a livello linfonodale più frequentemente dei CD4 in modello HIV - [23]. Quindi per i CD4 si analizza il seguente pattern in modello HIV - : attivazione (CD38), proliferazione (Ki-67) con scarso coinvolgimento delle naive e bassa permanenza a livello linfonodale (CD69). Per i CD8: attivazione (CD38), scarsa proliferazione (Ki-67) ed elevata permanenza a livello linfonodale (CD69) [23]. 2. Traslocazione microbica in corso di infezione da HIV e nell immunoricostituzione in corso di HAART Nello studio di Jason M. Brenchley e coll. i soggetti HIV+ cronici e quelli con CD4<2/µL AIDS hanno registrato livelli di LPS ematico più alti rispetto gli individui non infetti ma anche quelli infetti da sole 4 settimane [18]. Si pensa che l LPS crei un danno immunologico che possa giustificare o essere la concausa sia dell iperattivazione, negli stadi avanzati e non, che nella mancata risposta alla HAART degli INR. Essendo i valori di LPS elevati, la fonte non può che includere batteri commensali, patogeni (ma che non determinano manifestazioni cliniche) e infezioni opportunistiche: bisogna specificare che le discussioni sull LPS contemplano soltanto quello di origine intestinale ovvero l LPS enterobatterico tralasciando volutamente quello di origine non enterobatterico. Dopo trattamento antibiotico di durata 2 settimane la carica batterica nelle feci era diminuita e così anche la concentrazione di LPS dimostrando la provenienza intestinale dell LPS [18]; tuttavia il calo era evidente dopo una settimana ma a partire da questa, e durante il trattamento, si è registrato un aumento di LPS proveniente da altre specie batteriche. Non è necessaria la presenza di batteri nel sangue: l LPS può superare direttamente la barriera gastrointestinale come frammento singolo. Il passaggio dal lume intestinale al torrente ematico di LPS o di batteri G- è chiamato 18

19 Introduzione traslocazione microbica. Nello studio, comunque, sono stati esclusi pazienti in AIDS e/o quelli che superavano soglie di batteriemie importanti vicine a quadri di sepsi. Per spiegare questo anomalo aumento ematico di LPS si è giunti a due ipotesi: la prima contemplava l idea di un danno mucosale che inizi dopo le prime 4 settimane di infezione [18]; la seconda che vi sia un cambiamento dei fattori che controllano l LPS. I livelli di scd14 e di LBP sono aumentati già fin dalle primissime fasi (con un aumento maggiore nei cronici), rispetto i non infetti [18]; tale aumento è lineare: sembra che l LPS stimoli i monociti a rilasciare i scd14; i dati in vitro, rispetto quelli in vivo, sono comunque contrastanti in quanto c è una correlazione inversa tra l attività dei monociti e il grado di risposta all LPS. Il CD14 solubile dei monociti, scd14, lega l LPS, TNF-α e IL-1 sotto stimolo dell LPS stesso; vi è tuttavia anche l LBP che lega l LPS e che è prodotto dalle cellule epatiche e gastrointestinali in risposta all LPS. In condizioni normali, nei soggetti non infetti ed in salute, ci sono anticorpi, IgM, IgG ed IgA, che neutralizzano il core dell LPS detti EndoCAb. Tali anticorpi durante la fase acuta di endotossinemia si legano all LPS, che è in concentrazione normale nell intestino ma con una elevata traslocazione dovuta all aumento dei CD14 solubili, per neutralizzarlo per poi ritornare allo stato naturale alla fine dello stimolo. Tuttavia nelle fasi precoci dei soggetti infetti ci sono titoli più bassi di tali anticorpi rispetto i soggetti non infetti e tali titoli diminuiscono ancor più nei cronici [18]. Vi è una correlazione inversamente proporzionale tra LPS e anticorpi nel sangue [18]; inoltre l assenza di anticorpi, che sono presenti anche negli individui affetti da malattie croniche infiammatorie intestinali, potrebbe essere spiegata dalla disfunzione dei linfociti B. Vi è anche una correlazione positiva tra LPS plasmatico e INFα la cui fonte sono le cellule dendritiche plasmacitoidi [18]; tuttavia l LPS non sembra la causa di questo aumento. Non sono stati osservati livelli aumentati di TNF e IL-1 tranne che in alcuni studi e soltanto nei soggetti in AIDS o con sole infezioni opportunistiche. L iporesponsività riscontrata in vitro è determinata dalla cronica stimolazione dei TLR e non da altre vie perché i monociti hanno risposto al TNF e all INFα. HIV potrebbe stimolare direttamente i TLR quali TLR7 dei pdc ma non vi è correlazione tra la carica virale e i livelli di INFα. È stata trovata una correlazione positiva tra i livelli di LPS e la frequenza di circolazione dei CD8+ che avevano un fenotipo HLA-DR+CD38+ in una coorte di HIV- e HIV+ cronici e tale aumento è stato trovato anche unendo i due sottogruppi di HIV cronici e in AIDS ma partendo, ovviamente, da valori più alti [18]. È stato possibile indurre bassi livelli di attivazione di cellule T, B e monociti da colture di linfociti di HIV non infetti con plasma di HIV infetti con LPS elevato. La HAART decrementa l iperattivazione T linfocitaria sebbene con risultati meno brillanti rispetto all azione svolta sulla carica virale. La ricostituzione delle 19

20 Introduzione difese potrebbe permettere un loro aumento anche a livello mucosale: questo spiegherebbe la diminuzione dell LPS dopo inizio di terapia parallelamente all aumento dei CD4 [18]. Tuttavia questi parametri non sono correlati linearmente ponendo un problema in termini di interpretazione dell intero sistema traslocazione microbica/ricostituzione immunologica/replicazione di HIV. Infatti i valori di LPS restano al di sopra nei soggetti HIV anche se trattati rispetto ai non infetti suggerendo che la traslocazione microbica potrebbe ancora avvenire sebbene a valori più ridotti probabilmente per una non completa ricostituzione mucosale [18]. A conferma di questi valori di LPS che persistono più elevati vi sono i CD14s non modificati dopo 48 settimane di terapia nonostante la carica virale fosse negativa [18]; inoltre gli EndoCAb rimangono più bassi nonostante una parziale diminuzione delle anormalità B cellulari. I livelli di LPS sono più bassi nei soggetti non progressor long term : essi presentano un grado di attivazione immunologica più basso ma più alto rispetto ai non infetti [18]. Quindi anche tali individui hanno traslocazione microbica e danno mucosale con deplezione dei CD4 mucosali e danno epiteliale intestinale però i livelli dei CD14s e di LBP sono più bassi e gli anticorpi più alti rispetto i cronici, tuttavia tali anticorpi non diminuiscono all aumentare dell LPS. 2

21 Introduzione III. RESERVOIR VIRALI IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV 1. Come si instaura e si mantiene la latenza L'introduzione della terapia antiretrovirale ha ridotto drasticamente la replicazione di HIV nella maggior parte degli individui HIV-infetti, con una conseguente diminuzione di morbilità e mortalità [25, 26]. Tuttavia l'entusiasmo seguito a questa scoperta è stato smorzato verso la metà degli anni '9 in seguito alla pubblicazione di tre diversi studi indipendenti in cui è stata dimostrata la persistenza di un piccolo ma comunque rintracciabile gruppo di cellule infettate in modo latente (CD4 resting) in grado di promuovere e sostenere la replicazione di HIV proprio in quei pazienti in cui la HAART era risultata efficace da un punto di vista virologico [27-29]. Un certo numero di studi ha poi dimostrato una rapida ripresa della replicazione virale poco tempo dopo la sospensione della terapia [3, 31], mettendo in discussione la capacità della HAART da sola di eradicare il virus. Ad un primo studio del 1995 in cui veniva dimostrata per la prima volta la presenza di cellule infettate in modo latente (CD4 resting) in grado di mantenere al loro interno HIV-DNA integrato, ne seguirono altri volti ad analizzare in modo più dettagliato la frequenza di tali cellule e la loro capacità di produrre virus in seguito ad attivazione cellulare nel sangue e nei tessuti linfoidi di soggetti infetti non trattati [32]. I CD4 resting infettati in modo latente hanno un fenotipo prevalentemente di memoria (CD45R+), indicando che tali cellule infettate posso vivere a lungo, e possono trasportare un virus infettivo senza esprimere sulla superficie antigeni virali, per sfuggire al riconoscimento da parte del sistema immunitario [32]. Sebbene l'infezione dei CD4 resting sia difficoltosa in vitro, a causa dei molteplici blocchi del ciclo vitale del virus, ad oggi sono state proposte due principali teorie sull'instaurarsi della latenza: (i) le cellule latentemente infette si originano a seguito della sopravvivenza di cellule infettate attivate che revertono ad uno stato di quiescenza [33]. (ii) la latenza si stabilisce dopo un'infezione diretta delle cellule CD4 resting, in assenza di attivazione delle cellule T [34]. E' stato dimostrato che HIV si integra principalmente all'interno di geni attivi da un punto di vista trascrizionale [35]. Lo stato trascrizionale del genoma di HIV integrato è controllato in parte dalle modificazioni della struttura cromatinica delle regioni circostanti alle LTR. In particolare, gli istoni acetilati possono reclutare attivatori trascrizionali, mentre la rimozione dei gruppi acetili da parte delle iston de-acetilasi (HDAC) favorisce la formazione di strutture 21

22 Introduzione cromatiniche repressive più compatte [35]. Azione analoga è svolta dalle metil-transferasi (HMT) che reprimono la trascrizione a livello delle LTR di HIV. Il virus si localizza all'interno di reservoir quali: Cellule T di memoria: le cellule di memoria centrale e le cellule di memoria di transizione sono state recentemente descritte come le principali cellule infettate che persistono in circolo in soggetti in corso di HAART [36] Cellule T naive: HIV-DNA è in grado di persistere all'interno di cellule CD4 naive di pazienti in terapia, sebbene la frequenza dell'infezione sia approssimativamente 1-2 log meno rispetto alle cellule di memoria [32] Progenitori ematopoietici: studi recenti hanno dimostrato che HIV persiste all'interno di cellule progenitrici ematopoietiche, CD34+ [37] Astrociti: in studi in vitro, l'infezione di linee cellulari astrocitarie hanno portato ad un'integrazione, ma una produzione virale marginale, a conferma di un modello di infeziona latente. HIV-DNA integrato è stato trovato all'interno di astrociti de pazienti HIV-infetti e si associa a demenza [38, 39] Tratto Gastrointestinale (GI): GI rappresenta sicuramente un importantissimo reservoir di HIV nei pazienti infetti in corso di HAART. In tale sito anatomico sono state trovate concentrazioni di HIV-RNA unspliced e HIV-DNA 5-1 volte maggiori rispetto a quelle ritrovate nelle PBMC [4, 41]. La distribuzione varia lungo il tratto GI, con concentrazioni più alte di HIV-DNA nel retto e concentrazioni più alte di HIV-RNA unspliced nell'ileo [41]. Sistema Nervoso Centrale (SNC): il SNC rappresenta un serbatoio di HIV nei pazienti in terapia, poichè la barriera ematoencefalica limita l'accesso dei farmaci delle cellule dell'immunità specifiche per HIV. Gli astrociti infettati in modo latente e i monociti infetti rappresentano potenziali reservoir virali nel cervello e bassi livelli di HIV-RNA sono stati riscontrati nel 1% dei pazienti in corso di HAART [42]. Tessuti linfoidi:i CD4 resting contenenti HIV-DNA integrato circolano attraverso i vasi sanguigni fino ai linfonodi, facendo dei tessuti linfoidi un importante, sebbene poso studiato, reservoir virale nei pazienti in terapia. Le cellule follicolari dendritiche o altre cellule mieloidi residenti nei centri germinativi potrebbero fornire una risorsa stabile di virus[43]. Tratto genito-urinario. HIV-RNA è stato rintracciato nel seme dell'8-1% della popolazione maschile e nelle secrezioni genitali del 54% della popolazione femminile in trattamento antiretrovirale [44], suggerendo che anche il tratto genitale è un 22

23 Introduzione reservoir di HIV, sebbene non sia chiara l'esatta fonte di provenienza del virus. Come per il SNC, la penetrazione della HAART in questo sito è limitata [45] e nel tratto genito-urinario maschile, soprattutto nei testicoli, la barriera presente limita l'ingresso delle cellule del sistema immunitario [46]. Studi in vitro hanno dimostrato che il tessuto testicolare è in grado di supportare l'infezione produttiva del virus [47]. La vita media dei reservoir era stata inizialmente stimata intorno ai 44 mesi [48], pensando che fosse conseguenza della lunga vita media delle cellule T di memoria quiescenti. Recenti evidenze, tuttavia, sembrano suggerire che altri fattori contribuiscono alla persistenza di cellule latentemente infette, tra cui la soppressione dell'attivazione T-cellulare, la proliferazione omeostatica e/o l'immuno-attivazione. Proprio la mancanza di consenso sulla durata temporale di tali reservoir ha suscitato negli ultimi anni un intenso dibattito riguardo la possibilità che bassi livelli di replicazione di HIV in un sottogruppo di CD4 all'interno dei tessuti linfoidi possa contribuire alla ricostituzione delle cellule CD4 latentemente infette [49, 5]. Tramite questo meccanismo la complessiva vita media dei reservoir virali sarebbe pressochè infinita. 2. Strategie terapeutiche per l'eradicazione dei reservoir virali Uno degli obiettivi principali della ricerca sull'hiv degli ultimi anni è stato lo sviluppo di strategie cliniche volte ad eliminare il virus negli individui infetti in corso di HAART. La ricerca di una cura per il virus HIV è cominciata più di un decennio fa con strategie che direttamente o indirettamente stimolavano le cellule infettate in modo latente, cioè i CD4 resting. Questi studi si basano sull'ipotesi secondo cui l'attivazione dei reservoir virali comporterebbe una morte cellulare rapida dovuta agli effetti citopatici di HIV e il virus rilasciato da queste cellule attivate sarebbe controllato dalla concomitante somministrazione di HAART. A tal proposito, numerosi sono gli studi atti ad identificare agenti in grado di riattivare il virus e quindi di eradicare la malattia. Le principali strategie di eradicazione si basano su approcci farmacologici per eliminare le cellule latentemente infette o sulla terapia genica per rendere le cellule resistenti al virus HIV [51]. Gli approcci farmacologici maggiormente studiati sono i seguenti: o Inibitori delle iston-deacetilasi (ihdac) Il primo ihdac, usato per il trattamento del linfoma cutaneo a cellule T (CTCL), vorinostat (suberoilanilide idrossamico acido, SAHA), ha una grande capacità di 23

24 Introduzione riattivare in vitro cellule latentemente infette e in vivo i CD4 quiescenti di pazienti HIV-positivi in terapia virologicamente efficace [52]. Attualmente ci sono due studi clinici di vorinostat in pazienti HIV-infetti che mirano a determinare la capacità di tale composto nell'attivare il virus in vivo [52, 53]. Molti altri ihdac sono in fase 2 o 3 per il trattamento del cancro, tra cui panobinostat, entinostat, e gavinostat. In modo interessante, comparando la capacità delle molecole di indurre attivazione del virus, è visto che sia i pan-ihdac (vorinostat e panobinostat) sia gli inibitori specifici di HDAC1 (entinostat) potrebbero riattivare HIV con un'efficacia simile, ma con gradi di tossicità differenti [48]. Molti nuovi ihdac, che attivano il virus in vitro, non sono ancora stati valutati in studi sugli uomini; tra questi vi sono CG5 e CG6 [54], oxamflatina, MCT-1 e MCT-3 [55], una gamma di composti Merck (designati MRK 1, ecc) [56], e NCH-51 [57]. È importante però tenere presente quando si valuta lo sviluppo pre-clinico di questi composti, che i diversi ihdac agiscono in modo differente a seconda della linea cellulare usata in vitro [58]. o Inibitori della metilazione Le estremità 5' delle regioni LTR di HIV contengono motivi CpG che sono metilati durante l'infezione latente e contribuiscono al mantenimento della latenza mediante il silenziamento trascrizionale. Gli inibitori delle DNA metiltransferasi (idnmt) sono quindi potenzialmente in grado di riattivare l'infezione latente di HIV. Studi sull'idnmt 5-aza-2'deoxycitidina (5-aza-dC) in vitro hanno mostrato effetti variabili a seconda della linea cellulare [59], tuttavia, si è visto un effetto sinergico di 5-azadC e vorinostat nel riattivare l'hiv ex vivo in cellule CD4 di pazienti in sottoposti a terapia soppressiva. o Modulatori della proteina chinasi C (PKC) L'attivazione della PKC, tramite prostratina, ha un potente effetto attivatorio su HIV latente in vitro [6]. Utilizzando tale molecola in combinazione con vorinostat, tricostatina A (TSA), o sodio butirrato si è visto un effetto sinergico [61, 62]. Tuttavia, poiché prostratina è agente attivatore aspecifico e non è mai stata somministrata agli uomini, non è chiaro se tale molecola verrà effettivamente testata in studi clinici. Recentemente, è stato dimostrato un effetto di bryostatina nel riattivare HIV mediante l'attivazione delle vie di trasduzione del segnale di PKC e di 5'adenosine monofosfato chinasi attivata (AMPK) [63]. 24

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