JACOPO DELLA TORRE. Dottorando di ricerca in Scienze Giuridiche Università degli Studi di Udine IL CASO

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1 Processo penale e giustizia n JACOPO DELLA TORRE Dottorando di ricerca in Scienze Giuridiche Università degli Studi di Udine L assenza di una disciplina intertemporale o transitoria per la messa alla prova degli adulti: uno spinoso problema tra lex mitior e tempus regit actum The absence of intertemporal or transitory discipline for adult s probation: a complex issue between lex mitior and tempus regit actum La Suprema Corte nega, ancora una volta, la possibilità di accedere alla messa alla prova per adulti nei procedimenti che, all entrata in vigore della l. 28 aprile 2014, n. 67, si trovino pendenti in cassazione. L Autore, preso spunto dalla pronuncia segnalata, ricostruisce il dibattito giurisprudenziale sull applicabilità della nuova ipotesi di probation processuale ai processi in corso, in cui i termini per accedere all istituto siano scaduti prima dell entrata in vigore della novella. The Supreme Court denies, once again, the possibility to access to probation for adults in the processes that were pending before the Court of Cassation when the law 28 April 2014, n. 67 came into force. After the description of the judgment, the author reconstructs the jurisprudential debate about the applicability of the new hypothesis of probation in the pending processes, in which the terms for access to the institute have expired before the new law came into force. IL CASO Con la decisione qui segnalata la Cassazione si pronuncia sulla possibilità di accedere all istituto della messa alla prova per adulti, recentemente introdotto nell ordinamento con il capo II della l. 28 aprile 2014, n. 67 1, nei giudizi che, al momento dell entrata in vigore della novella, si ritrovino pendenti di- 1 Per uno sguardo d insieme sul nuovo istituto si vedano, tra i tanti, R. Bartoli, La sospensione del procedimento con messa alla prova: una goccia deflattiva nel mare del sovraffollamento?, in Dir. pen. proc., 2014, p. 661 ss.; V. Bove, Messa alla prova per gli adulti: una prima lettura della l. 67/2014, in Dir. pen. cont., 25 giugno 2014; M. Chiavario, Diritto processuale penale, VI, Torino, 2015, p. 626 ss.; C. Conti-A. Marandola-G. Varraso (a cura di), Le nuove norme sulla giustizia penale, Padova, 2014; G.L. Fanuli, L istituto della messa alla prova ex lege 28 aprile, n. 67. Inquadramento teorico e problematiche applicative, in Arch. n. proc. pen., 2014, p. 427 ss.; M.L. Galati-L. Randazzo, La messa alla prova nel processo penale. Le applicazioni pratiche della legge n. 67/2014, Milano, 2015; F. Giunchedi, Probation italian style: verso una giustizia riparativa, in A. Leopizzi, La sospensione del procedimento con messa alla prova. Considerazioni a caldo sul prevedibile impatto della riforma e qualche riflessione de iure condendo, in Giust. pen., III, c. 606 ss.; G. Mannozzi, Il legno storto del sistema sanzionatorio, in Dir. pen. proc., 2014, p. 781 ss.; A. Marandola, La messa alla prova dell imputato adulto: ombre e luci di un nuovo rito speciale per una diversa politica criminale, ivi, 2014, p. 674 ss.; C. Morselli, I paralipomeni della sospensione del procedimento e messa alla prova: analisi dell esoscheletro dell apparato applicativo della L. 67/14 che fa avanzare il processo penale oltre il giusto processo, in Giust. pen., III, c. 641 ss.; R. Piccirillo, La nuove disposizioni in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, in R. Piccirillo-P.Silvestri, Prime riflessioni sulle nuove disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili -Rel. dell Ufficio del Massimario della Corte di cassazione n. III/07/2014, Novità legislative: legge 28 aprile 2014, n. 67, in L. Pulito, Messa alla prova per adulti: anatomia di un nuovo modello processuale, in Proc. pen. giust., 2015, n. 1, p. 97 ss.; A. Sanna, L istituto della messa alla prova: alternativa al processo o processo senza

2 Processo penale e giustizia n nanzi alla Suprema Corte o, più in generale, in fase d impugnazione. Nel caso di specie, la difesa di un imputato, dopo aver proposto ricorso in cassazione per altri motivi, presentava una memoria difensiva, in cui chiedeva che l assistito fosse ammesso ad accedere alla sopravvenuta ipotesi di messa alla prova. Dal canto suo, la quarta Sezione rigetta tale richiesta, motivando la decisione sul punto tramite il solo richiamo testuale alle argomentazioni già sostenute in una pronuncia della Sezione Feriale di fine luglio Già questo aspetto permette di intuire come la sentenza qui segnalata faccia parte di un quadro giurisprudenziale in realtà assai articolato, che si coglie, quindi, l occasione di analizzare nella sua compiutezza. LA PROBLEMATICA DI FONDO: UN ISTITUTO IBRIDO PRIVO DI NORME INTERTEMPORALI O TRANSITORIE È trascorso oramai un anno da quando il legislatore ha introdotto nel sistema della giustizia penale ordinaria la sospensione del procedimento con messa alla prova, già in precedenza previsto per la giustizia penale minorile 2. In questo breve arco temporale, la questione che ha provocato maggiori discussioni in dottrina e giurisprudenza concerne proprio la problematica affrontata dalla decisione qui pubblicata, ovvero la possibilità di applicare il nuovo istituto ai giudizi pendenti che, all entrata in vigore della novella (17 maggio 2014), avessero già superato i termini, previsti dal nuovo art. 464-bis, comma 2, c.p.p. 3 per presentare la richiesta di messa alla prova 4. Com è noto, tale problematica si è posta in quanto il legislatore, nell introdurre questa nuova forma di probation processuale, pur creando un istituto di natura ibrida 5 in parte disciplinato all interno del codice penale, come nuova causa di estinzione del reato e in parte nel codice di procedura penale, come nuovo procedimento speciale, non ha dettato 6 alcuna disposizione di diritto intertemporale o transitorio 7, diretta a regolare chiaramente l applicazione della messa alla prova ai giudizi in corso. garanzie?, in Cass. pen., 2015, p ss.; G. Tabasco, La sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati adulti, in N. Triggiani (a cura di), La deflazione giudiziaria. Messa alla prova degli adulti e proscioglimento per tenuità del fatto, Torino, Si ricordino anche i vari commenti di F. Fiorentin contenuti in Guida dir., 2014, 21, p Un esaustiva rassegna bibliografica sulla messa alla prova minorile si ritrova in N. Triggiani, Dal probation minorile alla messa alla prova degli imputati adulti, in Id. (a cura di), La deflazione giudiziaria, cit., p. 18 s. 3 Tale articolo dispone che «la richiesta può essere proposta [ ] fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422 o fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabiliti dall articolo 458, comma1. Nel procedimento per decreto, la richiesta è presentata con l atto di opposizione». 4 Sull argomento cfr., tra i tanti, R. Bartoli, La sospensione del procedimento, cit. p. 672; V. Bove, Messa alla prova per gli adulti, cit., p. 25 ss.; A. Diddi, La fase di ammissione alla prova, in N. Triggiani (a cura di), Messa alla prova degli adulti, cit., p. 137 ss.; G.L. Fanuli, L istituto della messa alla prova, cit., p. 440 ss.; M.L. Galati-L. Randazzo, La messa alla prova nel procedimento penale, cit., p. 76 ss.; F. Giunchedi, In nome della nomofilachia. La Cassazione cerca di prevenire i fenomeni di overruling, in F. Martella, Messa alla prova per adulti : la questione della (assenza di) disciplina intertemporale, in M. Miedico, Sospensione del processo e messa alla prova per imputati maggiorenni: un primo provvedimento del Tribunale di Torino, ivi, 25 giugno 2014; N. Pascucci, Sospensione del procedimento con messa alla prova e assenza di una disciplina transitoria: alle omissioni del legislatore si aggiunge la scure dei giudici di legittimità, in Cass. pen., 2015, p ss.; C. Pecorella, Il Tribunale di Genova ammette la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova presentata nella prima udienza utile dopo l entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, in Dir. pen. cont., 29 ottobre 2014; G. Pecorella, La messa alla prova alla prova delle sezioni unite, in Cass. pen., 2014, p ss.; S. Perelli, L impatto della messa alla prova e del processo in absentia sui processi in corso e, in particolare, sul giudizio di appello, in F. Picciché, Alle Sezioni Unite la questione dell applicabilità del nuovo istituto della messa alla prova ai processi in corso, in R. Piccirillo, Le nuove disposizioni in tema di sospensione del procedimento, cit., p. 30 ss.; L. Pulito, Messa alla prova per gli adulti, cit., p. 102 s. 5 N. Triggiani, Dal probation minorile alla messa alla prova degli imputati adulti, cit., p Secondo V. Bove, Messa alla prova per gli adulti, cit., p. 27, l art. 464 bis svolgerebbe anche la funzione di norma transitoria (rectius intertemporale) «nonostante non ne abbia il nomen iuris». 7 Sulla distinzione si vedano, per tutti, M. Gambardella, Lex mitior e giustizia penale, Torino, 2013, p. 30 ss.; O. Mazza, La norma processuale penale nel tempo, Milano, 1999, p. 91 ss.

3 Processo penale e giustizia n Tale scelta si differenzia rispetto a quanto a suo tempo previsto al momento dell introduzione della messa alla prova a carico degli imputati minorenni. In quell occasione, infatti, l art. 30, comma 2 del d.lgs., 28 luglio 1989, n. 272 aveva configurato una specifica disciplina intertemporale, secondo cui le nuove disposizioni dovevano applicarsi ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del nuovo rito penale a carico dei minorenni. E tale previsione era stata interpretata nel senso dell applicabilità dell istituto «alla generalità dei procedimenti in corso, quale che fosse lo stato o il grado in cui essi si trovavano» 8. La mancanza di una specifica indicazione legislativa volta a regolare la presentazione della richiesta di messa alla prova per i procedimenti pendenti impone, quindi, di fare applicazione dei criteri generali di diritto intertemporale previsti dall ordinamento. Peraltro, per individuare l esatto criterio da utilizzare, risulta essenziale chiarire se il nuovo istituto indipendentemente dalla sua collocazione formale abbia natura prevalentemente sostanziale o processuale 9, in quanto, a seconda della diversa risposta data a tale quesito, andranno applicate norme intertemporali differenti. Difatti, ove si ritenesse che la messa alla prova abbia natura essenzialmente processuale 10, bisognerebbe fare riferimento all art. 11, comma 1, disp. prel. c.c., la cui «portata precettiva viene sintetizzata in ambito processuale mediante la locuzione tempus regit actum» 11. In tale caso, quindi, dovendo le nuove norme essere applicate solo per l avvenire, «gli effetti preclusivi derivanti dal superamento di quegli stati del processo che [ ] costituiscono il limite per la presentazione di una efficace domanda di messa alla prova, [dovrebbero mantenere] pienamente i loro effetti» 12, con la conseguenza che non potrebbe accedersi all istituto in tutti i giudizi che avessero già superato i termini di cui all art. 464 bis c.p.p. 13. Al contrario, ove si considerasse che le nuove norme abbiano introdotto un istituto sostanziale di favore 14, si potrebbe richiamare il principio di retroattività della lex mitior 15, il quale, com è noto, trova fondamento sia nel codice penale 16, sia nella Carta costituzionale 17, sia in numerose fonti internazionali 18. In tal caso, quindi, si potrebbe fare riferimento anzitutto all art. 2, comma 4, c.p. 19, con la conse- 8 Cfr. R. Piccirillo, La nuove disposizioni in tema di sospensione del procedimento, p. 30, che richiama anche Cass., sez. I, 23 marzo 1990, n. 5399, in CED Cass. n ; Cass., sez. IV, 9 gennaio 1990, n. 1510, ivi, n La dottrina è divisa anche per quanto riguarda la natura sostanziale o processuale della messa alla prova minorile. Sul punto si veda, per tutti, C. Cesari, sub art. 28, in G. Giostra (a cura di), Il processo penale minorile, commento al D.p.r. 448/1988, III ed., Milano, 2009, p. 344 s. 10 Cfr. ad esempio, G. Fanuli, L istituto della messa alla prova, cit., p. 440 ss.; C. Pecorella, Il Tribunale di Genova ammette la richiesta di sospensione, cit. 11 A. Diddi, La fase di ammissione alla prova, cit., p A. Diddi, La fase di ammissione alla prova, cit., p Nessun problema si pone invece nei procedimenti pendenti in cui i termini dell art. 464 bis non siano ancora spirati, in quanto, per tali fattispecie, il nuovo istituto sarà applicabile -in base al principio del tempus regit actum -anche se si ritenga che lo stesso abbia natura processuale. 14 Così, tra i tanti, R. Bartoli, La sospensione del procedimento, cit. p. 672 s.; A. Marandola, La messa alla prova dell imputato adulto, p In giurisprudenza Cass., sez. IV, 8 aprile 2015, n , inedita, che considera il nuovo istituto una lex mitior in quanto la buona riuscita della messa alla prova determina l estinzione del reato. 15 Cfr. R. Bartoli, La sospensione del procedimento, cit. p Per i dovuti riferimenti bibliografici sul tema della retroattività in mitius cfr. M. Gambardella, Lex mitior e giustizia penale, cit., passim; C. Pecorella, L efficacia nel tempo della legge penale favorevole, Milano, 2008; F. Viganò, Retroattività della legge penale più favorevole, in Id., Sullo statuto costituzionale della retroattività della legge più favorevole, ivi, 6 settembre Il riferimento è, ovviamente, all art. 2 commi 2, 3 e 4 c.p. 17 La Consulta ha riconosciuto il fondamento costituzionale della retroattività in mitius nell art. 3 Cost., cfr. tra le tante, C. cost., sent. 12 marzo 2008, n. 72, in C. cost., sent. 8 novembre 2006, n. 394, in C. cost., sent. 23 ottobre 2006, n. 393, in Con la nota pronuncia C. cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in il Giudice delle leggi ha affermato che, dopo la sentenza Corte e.d.u., 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia (n.2), tale canone riceve copertura ex art. 117 Cost., grazie al parametro interposto dell art. 7 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo. Per un analisi della giurisprudenza costituzionale in tema di retroattività della norma penale più favorevole cfr. V. Manes, Il giudice nel labirinto. Profili delle intersezioni tra diritto penale e fonti sovranazionali, Roma, 2012, p. 155 ss.; F. Viganò, Retroattività della legge penale più favorevole, cit., passim; Id., Sullo statuto costituzionale della retroattività della legge penale più favorevole, cit., passim. 18 In particolare il canone è riconosciuto dall art. 15 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e dall art. 49, par.1 della

4 Processo penale e giustizia n guenza che potrebbe ritenersi proponibile la richiesta di messa alla prova in tutti i «procedimenti in corso, senza limiti di tempo, se non il passaggio in giudicato della sentenza» 20. Del resto, come ha chiarito la Corte costituzionale, l ambito di operatività del canone di retroattività della lex mitior «non deve essere limitato alle sole disposizioni concernenti la misura della pena, ma va esteso a tutte le norme sostanziali che, pur riguardando profili diversi dalla sanzione in senso stretto, incidono sul complessivo trattamento riservato al reo» 21. E la stessa Consulta ha precisato che l art. 2, comma 4, c.p. va interpretato nel senso «che la locuzione disposizioni più favorevoli al reo si riferisce a tutte quelle norme che apportino modifiche in melius alla disciplina di una fattispecie criminosa, ivi comprese quelle che incidono sulla prescrizione» 22. Peraltro, stabilire la natura prevalente dell istituto è particolarmente difficile non solo per ragioni topografiche, posto che, come accennato, esso è collocato in parte nel codice di rito e in parte nel codice penale, ma soprattutto tenuto conto che la messa alla prova presenta sia caratteristiche propriamente sostanziali quali il suo inquadramento tra le cause di estinzione del reato 23, oppure la natura fortemente sanzionatoria 24 a essa attribuibile, sia aspetti tipicamente processuali quali l inserimento all interno dei riti speciali e l effetto deflativo che la contraddistingue. Ciò premesso, non stupirà, quindi, che la pronuncia qui segnalata faccia parte di un quadro giurisprudenziale articolato, in cui vanno analizzate distintamente le posizioni assunte dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. Né stupirà che siano state presto presentate anche le prime questioni di legittimità costituzionale, aventi a oggetto la ritenuta impossibilità di applicare retroattivamente il nuovo istituto ai processi in cui i termini per presentare la richiesta siano spirati prima del 17 maggio LE SOLUZIONI (INSODDISFACENTI) OFFERTE DALLA PRIMA GIURISPRUDENZA DI MERITO Un esegesi favorevole all applicazione della messa alla prova anche ai giudizi in cui i termini di cui all art. 464 bis siano spirati, ma si trovino pendenti in primo grado, è sostenuta da alcune pronunce della giurisprudenza di merito 25. In proposito, va ricordata un ordinanza del Tribunale di Torino, nella quale si dà particolare risalto alla natura sostanziale dell istituto, ritenendo che lo stesso concerna il «trattamento sanzionatorio» 26. Da tale premessa preliminare ne consegue secondo il Tribunale la necessità di fare applicazione del principio di retroattività in mitius e la conseguente opportunità di concedere la misura anche ai procedimenti pendenti, in attuazione dell art. 2, comma 4, c.p. Peraltro, affermano i giudici torinesi, essendo stato superato il termine per presentare la domanda, la posizione delle richiedenti «non può che essere Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea. A partire dalla sentenza Corte e.d.u., 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia (n. 2) la Corte di Strasburgo ha fatto rientrare la retroattività della legge più favorevole nell alveo dell art. 7 Cedu. Si ricordino anche, tra le tante, Corte e.d.u., 18 marzo 2014, Öcalan c. Turchia (n.2); Corte e.d.u., 21 ottobre 2013, Del Río Prada c. Spagna; Corte e.d.u., 12 febbraio 2013, Previti c. Italia; Corte e.d.u., 24 gennaio 2012, Mihai Toma c. Romania; Corte e.d.u., 27 aprile 2010, Morabito c. Italia. La letteratura sull argomento è sconfinata, in questa sede non può che rinviarsi, per i dovuti richiami dottrinali e giurisprudenziali, a C. Conti, La preclusione nel processo penale, Milano, 2014, p. 263 ss.; M. Gambardella, Lex mitior e giustizia penale, cit., p. 59 ss.; E. Lamarque-F. Viganò, Sulle ricadute interne della sentenza Scoppola, in Dir. pen. cont., 31 marzo Per un analisi della giurisprudenza della Corte e.d.u. si veda V. Manes, sub art. 7 Cedu, in S. Bartole-P. De Sena-V. Zagrebelsky, (diretto da), Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell uomo, Padova, 2012, p. 283 s. V. anche G. Borgna, Retroattività in mitius e norme sulla prescrizione: profili critici della giurisprudenza CEDU sul regime transitorio della legge ex-cirielli, in Dir. pen. proc., 2014, p ss. 19 Così, R. Bartoli, La sospensione del procedimento, cit., p Così G. Pecorella, La messa alla prova, cit., p V. A. Diddi, La fase di ammissione della prova, cit., p. 138, che richiama così le già citate sentenze Corte cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in Corte cost., sent. 23 ottobre 2006, n. 393, in 22 Così, C. cost., sent. 23 ottobre 2006, n. 393, in 23 Cfr. Cass., sez. IV, 8 aprile 2015, n , cit. 24 Cfr. F. Caprioli, Due iniziative di riforma nel segno della deflazione: la sospensione del procedimento con messa alla prova dell imputato maggiorenne e l archiviazione per particolare tenuità del fatto, in Cass. pen., 2012, p. 9 la definisce cripto-condanna. Cfr. anche le considerazioni di R. Bartoli, La sospensione del procedimento, cit., p Trib. Genova, sez. I, ord. 7 ottobre 2014, in Trib. Torino, ord. 21 maggio 2014, ivi. 26 Trib. Torino, ord. 21 maggio 2014, cit.

5 Processo penale e giustizia n garantita mediante l istituto processuale della restituzione nel termine, ex art. 175 c.p.p., posto che il rispetto del termine non è stato possibile per causa di forza maggiore (il c.d. factum principis)». Tale soluzione, pur nella comprensibile intenzione di voler garantire l accesso a uno strumento (ritenuto di favore) prima non disponibile, non pare veramente convincente. Infatti, anche ove si condividesse la tesi secondo cui la mancata entrata in vigore della legge possa costituire una causa di forza maggiore 27, sarebbe allora necessario fare totale applicazione della disposizione di cui all art. 175 c.p.p. e quindi anche del preciso limite temporale da esso previsto per richiedere la restituzione in termini, ovvero dieci giorni dal momento del venire meno della causa di forza maggiore, identificabile in questo caso nell entrata in vigore della legge. Com è evidente questa soluzione non può essere ritenuta idonea a risolvere il problema, posto che tutti gli imputati, per usufruire della lex mitior, si sarebbero dovuti attivare in un lasso temporale estremamente stringato, a conferma che, in questo caso, «l istituto della restituzione nel termine ex art. 175 c.p.p. sembra piegato a risolvere situazioni diverse da quelle che gli sono proprie» 28. Pochi mesi dopo, anche il Tribunale di Genova ha ritenuto ammissibile un istanza di messa alla prova avanzata in un procedimento in cui, al momento dell entrata in vigore della l. 67/2014, il dibattimento di primo grado era già aperto, fondando tale soluzione sulla premessa per cui l istituto sarebbe fondamentalmente sostanziale, in quanto lo stesso, «in caso di esito positivo della prova, prevede l estinzione del reato» 29. Il decidente ritiene quindi necessario valutare la possibilità di applicare nel caso di specie l art. 2 c.p. 30 e richiama il fondamento costituzionale e convenzionale della retroattività in mitius, affermando che tali canoni impongano «una applicazione retroattiva dell istituto disciplinato dagli artt. 464 bis e ss. c.p.p.». Ciò premesso, il giudice prospetta comunque la necessità di effettuare un operazione di bilanciamento e ricorda che il principio di retroattività della norma penale più favorevole non risulta senza eccezioni: limitazioni al principio di retroattività della norma di favore sono consentite dalla necessità di preservare «interessi [contrapposti] di analogo rilievo» 31. Per quanto riguarda la fattispecie concreta, il Tribunale considera che l accesso alla messa alla prova non possa essere negato nel giudizio di primo grado solo perché al momento dell entrata in vigore della novella i termini siano oramai decorsi. D altra parte, però, continua il Tribunale, al fine di garantire il canone della ragionevole durata, «non si può consentire che nel regime transitorio l imputato abbia in qualsiasi momento la facoltà di optare per la richiesta di messa alla prova». Di conseguenza, viene proposta un interpretazione secondo cui «la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova può essere formulata solo nel primo momento processualmente utile immediatamente successivo alla data di entrata in vigore dell istituto di favore», identificato nella prima udienza successiva a tale data. Anche la soluzione offerta da tale pronuncia non pare soddisfacente. Difatti, posto che la mancanza di una disciplina intertemporale specifica per la messa alla prova, secondo la dominante giurisprudenza di legittimità, è il frutto di una precisa volontà politica 32, l esegesi proposta dal Tribunale di Genova pare eccessivamente creativa, perché, in assenza di alcun appiglio legislativo, ha l effetto di aggirare la chiara lettera del 464-bis, stabilendo in via interpretativa un nuovo termine per accedere all istituto. Inoltre, la strada dell applicazione della messa alla prova in via meramente esegetica mediante il solo richiamo all art. 2, comma 4, c.p. ai giudizi in cui il termine per accedere all istituto sia scaduto 27 Predilige tale tesi N. Pascucci, Sospensione del procedimento, cit., p Contra, G. Fanuli, L istituto della messa alla prova, cit., p. 441; C. Pecorella, Il Tribunale di Genova ammette la richiesta di sospensione, cit. 28 C. Pecorella, Il Tribunale di Genova ammette la richiesta di sospensione, cit. 29 Trib. Genova, sez. I, ord. 7 ottobre 2014, cit. La stessa tesi è sostenuta da Cass., sez. IV, 8 aprile 2015, n cit. 30 In dottrina, ammette la possibilità di applicare l art. 2, comma 4, c.p. al nuovo istituto R. Bartoli, La sospensione del procedimento, cit., p. 672 s. Cfr. anche G. Tabasco, La sospensione del procedimento con messa alla prova, cit., p Cfr., sul punto, C. cost., sent. 12 marzo 2008, n. 72, in C. cost., sent. 23 ottobre 2006, n. 393, in 32 Cfr. ad esempio, tra le tante, Cass., sez. VI, 22 ottobre 2014, n , in CED Cass., n , la quale trova conferma del fatto che il legislatore non abbia avuto alcun ripensamento sull individuazione del termine finale per la presentazione dell istanza di cui all art. 464 bis c.p.p., comma 2, nel fatto che lo stesso abbia introdotto con la l. 11 agosto 2014, n. 118 una disciplina intertemporale espressa solo per la sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili.

6 Processo penale e giustizia n pare difficilmente percorribile soprattutto perché, per usufruire concretamente della nuova probation, è indispensabile individuare uno strumento processuale che permetta di (ri)mettere il richiedente nelle condizioni di accedere al rito 33. Difatti, anche ove si consideri l istituto fondamentalmente sostanziale, esso non può essere totalmente scollegato dalle norme processuali che ne consentono la concreta utilizzazione 34, non operando lo stesso mediante meri calcoli quantitativi e automatismi 35. LA RIMESSIONE DELLA QUESTIONE ALLE SEZIONI UNITE E LA MANCATA DECISIONE DA PARTE DELLE STESSE La questione dell applicabilità della messa alla prova ai giudizi che abbiano superato le fasi entro le quali può essere presentata richiesta di accesso all istituto non ha tardato a essere proposta alla Suprema Corte. Peraltro, vista la possibilità di soluzioni interpretative opposte, non stupirà che, in una prima occasione, la quarta Sezione 36 abbia deciso di rimettere la problematica alle Sezioni unite, in modo simile rispetto a quanto recentemente accaduto per la rescissione del giudicato 37. In verità, con provvedimento di poco successivo, il Primo Presidente della Cassazione ha cancellato la questione dal ruolo del massimo Collegio, poiché il termine di prescrizione del reato sarebbe spirato poco dopo 38. Nonostante, quindi, l ordinanza abbia perso di rilevanza pratica, essa costituisce comunque un primo arresto della Suprema Corte, in cui la Cassazione non scarta neppure l ipotesi di un annullamento con rinvio della pronuncia impugnata, per individuare il giudice competente a effettuare gli accertamenti di merito richiesti dalla messa alla prova. In tale pronuncia, infatti, il Collegio si sofferma sugli effetti di carattere sostanziale dell istituto, che «potrebbero deporre per una interpretazione estensiva della norma anche [ ] ai procedimenti pendenti, sia per l applicazione dell art. 2, comma 4, c.p., sia per coerenza con la significativa evoluzione della giurisprudenza sul principio di retroattività della lex mitior, alla luce delle fonti internazionali e comunitarie e dei principi affermati dalla Corte di Strasburgo». D altra parte, però, ricordano i giudici, la Consulta ha già affermato che la Corte di Strasburgo nella sentenza Scoppola, pur stabilendo il principio secondo cui l art. 7 Cedu sancisce il canone della retroattività in mitius, «non ha escluso la possibilità che, in presenza di particolari situazioni, [ ] la lex mitior possa subire deroghe o limitazioni» 39. Del resto, lo stesso Giudice delle leggi ha anche ricordato che il principio di retroattività della legge penale più favorevole, per la Corte di Strasburgo, «riguardi esclusivamente la fattispecie incriminatrice e la pena» 40 e non invece le norme che modificano la prescrizione, che in ottica convenzionale risultano estranee dall ambito di applicazione dell art. 7 Cedu 41. In tale modo, quindi, i giudici rimettenti sembrano perlomeno dubitare che la messa alla prova rien- 33 Sembra essere di tale opinione R. Piccirillo, Le nuove disposizioni in tema di sospensione del procedimento, cit., 33. Cfr. anche A. Diddi, La fase di ammissione alla prova, cit., p. 139; A. Sanna, L istituto della messa alla prova, cit., p s. Contra N. Pascucci, Sospensione del procedimento, cit., p A. Diddi, La fase di ammissione alla prova, cit., p. 139; A. Sanna, L istituto della messa alla prova, cit., p Cfr. R. Piccirillo, Le nuove disposizioni in tema di sospensione del procedimento, cit., p Cass., sez. IV, ord. 9 luglio 2014, n , in 37 Il riferimento è a Cass., sez. un., 17 luglio 2014, n , in Dir. pen. proc., 2015, p. 291 ss. con nota di F. Alonzi, Le Sezioni Unite sulla rescissione del giudicato. 38 F. Giunchedi, In nome della nomofilachia, cit., p Il riferimento è a C. cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in sulla quale si veda l ampio commento di F. Viganò, Sullo statuto costituzionale della retroattività, cit., passim. Tale pronuncia ha subito numerose critiche in dottrina, si veda, ad esempio, V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p. 165 s. 40 Corte e.d.u., 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia (n.2), 110. Sui diversi livelli di tutela che presidiano il principio della lex mitior, a seconda che si rientri all interno dell ambito di applicazione dell art. 49 CDFUE, 7 Cedu o puramente nazionale, v. F. Viganò, Retroattività della legge penale più favorevole, cit., p. 9 ss. 41 Corte e.d.u., 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia (n.2), 110. Cfr. anche Corte e.d.u., 12 febbraio 2013, Previti c. Italia; Corte e.d.u., 22 giugno 2000, Coeme e altri c. Belgio. Sul punto v. G. Borgna, Retroattività in mitius e norme sulla prescrizione, cit., p ss.

7 Processo penale e giustizia n tri nel più ristretto ambito di applicazione dell art. 7 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo. Inoltre, la Corte afferma che è possibile prospettare pure «una soluzione interpretativa diversa, potendosi legittimamente sostenere la tesi che il novum normativo, riguardando anche l ambito processuale [ ], non determini di per sé l applicazione dell istituto della messa alla prova ai fatti pregressi e per i procedimenti pendenti, pregiudicando tale interpretazione il canone tempus regit actum». Peraltro, continua la Corte, tale ultima soluzione sarebbe contrastante con l art. 2 c.p. che disciplina il principio di retroattività in mitius nella sua accezione interna all ordinamento italiano, il quale, a sua volta, ha un fondamento costituzionale nel canone di eguaglianza-ragionevolezza e ha una portata più ampia rispetto a quella dell art. 7 Cedu, non dovendo «essere limitato alle sole disposizioni concernenti la misura della pena, ma [ ] esteso a tutte le norme sostanziali che, pur riguardando profili diversi dalla sanzione in senso stretto, incidono sul complessivo trattamento riservato al reo» 42. La soluzione che il Collegio ritiene più garantista e che sembra implicitamente preferire è quella dell immediata applicabilità della messa alla prova ai giudizi pendenti giunti anche in Cassazione, venendosi, però, in tal modo a creare il problema dell individuazione del giudice competente a vagliare la richiesta. In ogni caso, posta l assoluta delicatezza della materia, come anticipato, i giudici si limitano a rimettere la questione alle Sezioni Unite senza scegliere tra le due soluzioni. IL FILONE GIURISPRUDENZIALE DELLA SENTENZA IN ESAME: LA RICHIESTA NON PUÒ ESSERE PRESENTATA IN CASSAZIONE Non si è dovuto attendere molto affinché la questione dell applicabilità della messa alla prova ai giudizi pendenti in cassazione venisse riproposta alla Suprema Corte. In tale seconda occasione la Sezione Feriale, con una motivazione articolata, ha statuito che «la sospensione del procedimento con messa alla prova [...] non può essere richiesta dall imputato nel giudizio in cassazione, né invocandone l applicazione in detto giudizio, né sollecitando l annullamento con rinvio al giudice di merito» 43. Il Collegio è giunto a tale conclusione seguendo un ragionamento duplice: per un verso, soffermandosi sull importanza delle norme processuali che regolano la messa alla prova nella struttura dell istituto e sull inscindibilità del beneficio estintivo rispetto alla procedura delineata dal legislatore; per un altro, verificando se l eventuale applicazione del canone della lex mitior dovesse comportare necessariamente l ammissione della messa alla prova anche nel giudizio di legittimità. In particolare, la Corte rileva che il nuovo istituto «è stato costruito dal legislatore come opportunità possibile esclusivamente in radicale alternativa alla celebrazione di ogni tipologia di giudizio di merito, già dal primo grado», in quanto esso richiede ripetuti apprezzamenti fattuali che solo il giudice di prime cure è in grado di compiere. Dalla necessaria presenza di penetranti accertamenti di merito, alternativi rispetto al giudizio ordinario, la Corte fa desumere che la messa alla prova costituisca un rito «assolutamente incompatibile con ogni giudizio di impugnazione». Oltretutto, sostengono ancora i giudici, il fatto che il beneficio estintivo della messa alla prova non consiste in automatismi di cui il giudice possa fare applicazione in qualunque fase ostando a ciò la natura anche deflativa dell istituto, ma è collegato in modo inscindibile alla disciplina dettata dalle norme processuali, «comporta che l attuale assenza di una positiva e specifica disciplina transitoria [ ] imponga, per sé, l applicazione del generale principio [ ] tempus regit actum (secondo la previsione generale dell art. 11 disp. gen.), con la conseguente inammissibilità di ogni richiesta che intervenga in sede di giudizio di legittimità». Né, afferma il Collegio, la natura di causa estintiva del reato della messa alla prova rende per forza applicabile la nuova disciplina ai processi che si trovino dinnanzi al giudice di legittimità. Infatti, rileva la Corte, «appare in proposito assorbente la condivisa analisi che ha condotto la Corte costituzionale a dichiarare non fondata la questione relativa all inapplicabilità dei più favorevoli termi- 42 C. cost., sent. 23 ottobre 2006, n. 393, in 43 Cass., sez. fer., 31 luglio 2014, n , in CED Cass., n

8 Processo penale e giustizia n ni di prescrizione, introdotti dalla l. n. 251/2005, ai processi già pendenti in grado di appello o avanti la Corte di cassazione» 44. Il pensiero del Supremo Collegio è chiaro: i limiti espressi dalla Consulta, con la più volte richiamata sentenza 236 del 2011, al principio di retroattività della legge più favorevole, vanno ritenuti pienamente trasponibili nel caso di specie. Difatti, come già rilevato, in tale occasione il Giudice delle leggi ha sostenuto che anche dopo la sentenza Scoppola il principio di retroattività della lex mitior non è assoluto, ma può essere derogato in caso di valide giustificazioni. Del resto, secondo la Consulta, l applicazione della retroattività in mitius «presuppone un omogeneità tra i contesti fattuali o normativi in cui operano le disposizioni che si succedono nel tempo, posto che [ ] il principio di eguaglianza, così come ne costituisce un fondamento, può rappresentare anche il limite dell applicabilità retroattività della legge penale più favorevole» 45. Proprio queste considerazioni fungono da base per il ragionamento della Suprema Corte, secondo cui «i contesti processuali del processo che non sia giunto a sentenza in primo grado e di quelli che si trovano in fase di impugnazione [sono] assolutamente [ ] del tutto differenti e non permett[o]no pertanto, di dare applicazione retroattiva alla nuova disciplina». In sostanza, la profonda diversità tra il contesto per il quale il legislatore ha ideato l istituto (la prima fase del procedimento di primo grado) e quello in cui si richiede l applicazione dello stesso (la fase d impugnazione) sembra costituire per i giudici la ragione giustificatrice della deroga all operare del principio di retroattività della lex mitior 46. A una soluzione diversa, afferma la Corte, si sarebbe potuti giungere solo mediante un esplicita disciplina intertemporale o transitoria stabilita dal legislatore. Come accennato, questa pronuncia della Sezione Feriale è stata accolta con assoluto favore dalla giurisprudenza di legittimità, tanto che, non solo le motivazioni in essa contenute non sono più state poste in dubbio, ma essa è diventata la sentenza capostipite di un filone di decisioni, sviluppatosi in tutto il e anche nei primi mesi del , che ha ripreso testualmente le stesse argomentazioni, ritenute definitivamente risolutive della questione per i giudizi pendenti in fase di impugnazione. In questo preciso contesto si inserisce la decisione qui pubblicata, che, come accennato, riprende letteralmente sia le argomentazioni della pronuncia del 31 luglio 2014, sia il principio di diritto dalla stessa enucleata. Anche in questa sentenza, quindi, la messa alla prova viene considerata come un istituto radicalmente alternativo alla celebrazione di ogni giudizio di merito e incompatibile con ogni tipologia di impugnazione, senza che, per le ragioni già esaminate, venga configurata una concreta lesione del canone della lex mitior. LE QUESTIONI DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE Visto il diritto vivente teso a negare la possibilità di adire la messa alla prova nei giudizi d impugnazione, non stupirà che, dopo breve tempo, si sia tentato di percorrere la strada dell incidente di costituzionalità. Dal canto suo, la Sezione VI della Cassazione, con una pronuncia di fine ottobre del 2014, ha ritenuto infondata tale questione, chiarendo numerosi punti cruciali 49. Innanzitutto, i giudici, rilevano che nella fattispecie della mancata applicazione retroattiva della 44 La Cassazione richiama, quindi, C. cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in C. cost., sent. 12 marzo 2008, n. 72, in C. cost., sent. 23 ottobre 2006, n. 393, in 45 C. cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in 46 Condivide tale tesi L. Pulito, Messa alla prova per adulti, cit., p Cass., sez. IV, 19 dicembre 2014, n. 3470, inedita; Cass., sez. V, 17 dicembre 2014, n , inedita; Cass., sez. IV, 15 dicembre 2014, n. 5986, inedita; Cass., sez. II, 4 novembre 2014, n , inedita; Cass., sez. VI, 22 ottobre 2014, n , cit.; Cass., sez. fer., 9 settembre 2014, n , in CED Cass. n Cass., sez. VI, 18 marzo 2015, n , inedita; Cass., sez. IV, 10 marzo 2015, n , inedita; Cass., sez. VII, 17 febbraio 2015, n , inedita; Cass., sez. VI, 13 febbraio 2015, n. 8344, inedita; Cass., sez. IV, 10 febbraio 2015, n. 7968, inedita; Cass., sez. IV, 6 febbraio 2015, n. 9170, inedita. 49 Cass., sez. VI, 22 ottobre 2014, n , cit.

9 Processo penale e giustizia n messa alla prova non viene in rilievo l art. 7 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, in quanto quest ultimo concerne le sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li reprimono, tra cui non si ritiene rientri l istituto in esame. In seguito, il Collegio precisa ancora che la norma convenzionale non ha lo stesso ambito applicativo dell art. 2, comma 4, c.p., che, come già osservato, riguarda ogni norma penale che modifichi in modo favorevole una fattispecie criminosa incidendo sul complessivo trattamento sanzionatorio. Chiarita così l ampiezza del parametro di riferimento, il Collegio ritiene comunque la questione infondata, «atteso che il tema dell individuazione del termine finale di proponibilità della richiesta di ammissione al nuovo istituto involge all evidenza scelte rimesse alla discrezionalità del legislatore». Difatti, continuano i giudici, proprio il carattere di rito alternativo del procedimento di messa alla prova rispetto all «accertamento giudiziale», non rende irragionevole la fissazione del termine finale di presentazione della richiesta. Non è tutto, nella parte conclusiva della pronuncia, la Cassazione sostiene ancora che «la possibilità di presentare la richiesta alla prima udienza successiva all entrata in vigore della l. n. 67/2014 tesi che il sollevamento della questione di costituzionalità dovrebbe [ ] implicare significherebbe [ ] collegare l esercizio della facoltà ad un termine in realtà mobile», posto che tale udienza potrebbe avere luogo sia all inizio dell istruzione dibattimentale, sia quanto la stessa sia conclusa, venendosi a verificare così una grave compromissione del canone di economia processuale e di ragionevole durata. Con tali argomentazioni, quindi, la Suprema Corte sembra prendere posizione anche sulla possibilità di presentare una questione di legittimità costituzionale anche nei giudizi pendenti in primo grado, ritenendo pure in tale caso giustificata la scelta legislativa, in ottemperanza al canone di economia processuale e di ragionevole durata. Nonostante queste affermazioni, la frizione tra retroattività della norma più favorevole (intesa nella sua accezione interna) e la mancanza di una disciplina processuale che permetta di accedere all istituto, pare più forte nei procedimenti in cui, all entrata in vigore della novella, si sia sì superato il termine di cui all art. 464-bis, ma non si sia ancora giunti a una pronuncia di primo grado. In tali fattispecie, infatti, non si potrebbe più ritenere così differente il contesto per cui il legislatore ha ideato la messa alla prova, rispetto a quello in cui si richiede l accesso al rito, tale che si possa pensare di avere individuato una ragionevole giustificazione a una deroga alla retroattività della lex mitior. Né, in realtà, si correrebbe sempre il rischio di vanificare una grande quantità di attività processuali già svolte (si pensi a un soggetto semplicemente rinviato giudizio), tale da poter richiamare il canone di economicità processuale e di ragionevole durata come parametri di bilanciamento. Di conseguenza, potrebbero avere un altro spessore le ordinanze di rimessione alla Consulta presentate dai Tribunali di Torino 50 e di Brindisi 51, per l impossibilità di accedere alla messa alla prova nei giudizi pendenti in primo grado. Dal canto loro, i giudici torinesi, partendo dall opinione per cui il legislatore abbia volontariamente omesso una disciplina intertemporale per la messa alla prova, hanno ritenuto inapplicabile in via interpretativa l art. 2, comma 4, c.p., posto che «in tal modo [ ] il giudice di merito fini[rebbe] con il sostituirsi al Giudice delle leggi, introducendo in via giurisprudenziale un regime transitorio non voluto dal legislatore». Nell impossibilità di un interpretazione costituzionalmente orientata, il Tribunale, ponendo in rilievo la natura anche sostanziale della messa alla prova, propone questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 24, 111 e 117 Cost., dell art. 464-bis c.p.p. «nella parte in cui, in assenza di una disciplina transitoria [ ] preclude l ammissione all istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati di processi pendenti in primo grado, nei quali la dichiarazione di apertura del dibattimento sia stata effettuata prima dell entrata in vigore della l. n. 67 del 2014». In particolare, il rimettente, poiché considera che il legislatore abbia stabilito, «in modo chiaro ed espresso», un limite alla possibilità di accedere alla messa alla prova, ritiene che spetti alla Consulta operare una verifica di ragionevolezza, ai sensi dell art. 3 Cost., «del differente trattamento di soggetti che versando nelle medesime condizioni sostanziali si trovino al momento dell entrata in vigore della nuova legge in diverse fasi del processo di primo grado». 50 Trib. Torino, sez. V, ord. 28 ottobre 2014, in Gazz.Uff., 4 febbraio 2015, n Trib. Brindisi, ord. 17 dicembre 2014, in

10 Processo penale e giustizia n Dal canto suo, il Tribunale ritiene la questione non manifestamente infondata in quanto il legislatore, individuando un termine unico valido sia per i nuovi processi sia per quelli già in corso, avrebbe disciplinato in modo uguale situazioni nettamente difformi, consentendo di accedere all istituto più favorevole solo agli imputati dei procedimenti in cui non siano state superate le soglie del 464-bis. Il limite così fissato contrasterebbe, secondo i rimettenti, anche con il parametro interposto dell art. 7 Cedu, per violazione del canone di retroattività della legge penale più favorevole, posto che non vengono individuati, quantomeno per i processi pendenti in primo grado, «interessi di rilevanza almeno pari a quelli sottesi dalla regola della retroattività della lex mitior» tali da fungere da ragione giustificatrice della deroga a tale canone. Poco tempo dopo, anche il Tribunale di Brindisi ha proposto una questione di legittimità costituzionale dell art. 464 bis, con riferimento al solo parametro degli artt. 117 Cost. e 7 Cedu, nella parte in cui esso «prevede che la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova può essere proposta fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio direttissimo». Il Tribunale giustifica la necessità di un intervento della Consulta anzitutto ricostruendo il cammino giurisprudenziale svolto dalla Corte costituzionale e dai giudici di Strasburgo in materia di retroattività della lex mitior, soffermandosi anche sulla facoltà della Corte e.d.u. di rivalutare autonomamente, al di là di indici formali, se una norma abbia natura sostanziale o processuale 52. Fornito un quadro della problematica, il Tribunale sostiene, a differenza di quanto opinato dalla Cassazione, che, nel caso di specie, la messa alla prova rientri all interno dell ambito di protezione dell art. 7 Cedu, le cui norme, com è noto, fanno parte di quelle non derogabili dagli ordinamenti interni neppure nelle situazioni di emergenza (art. 15 Cedu). Ciò chiarito, il Tribunale richiama la più volte citata sentenza 236/2011 della Consulta, nella quale, come già rilevato, la Corte ha riconosciuto che dopo la sentenza Scoppola il principio di retroattività in mitius ha assunto una propria autonomia, poiché esso «ha ora, attraverso l art. 117, primo comma, Cost., acquistato un nuovo fondamento con l interposizione dell art. 7 Cedu, come interpretato dalla Corte di Strasburgo» 53. Di conseguenza, proprio dal nuovo rango convenzionale e costituzionale assunto da tale canone il Tribunale fa discendere la conseguenza che «eventuali deroghe a detto principio po[ssano] giustificarsi solo in ragione della tutela di controinteressi di rango omogeneo al diritto fondamentale che si intende eccettuare» 54. In sostanza, secondo il rimettente, che richiama anche la giurisprudenza della Consulta secondo cui «il confronto tra tutela convenzionale e tutela costituzionale dei diritti fondamentali deve essere effettuato mirando alla massima espansione delle garanzie» 55, il principio della retroattività in mitius, alla luce del nuovo fondamento convenzionale e costituzionale, godrebbe oggi di «una copertura più intensa e, quindi, potrà sopportare deroghe ed eccezioni solo in funzione della tutela di antagonisti diritti fondamentali della persona riconosciuti a livello convenzionale». Il giudice, quindi, afferma «che istanze quali l efficienza del processo, la tutela dei destinatari della giurisdizione, la dispersione delle attività processuali già compiute, la ragionevole durata del processo, non possano considerarsi sovraordinate semmai del tutto recessive rispetto al fondamentale diritto dell imputato di accedere, in ogni momento, ad un sopravvenuto istituto idoneo a determinare l estinzione del reato a lui ascritto». 52 Cfr. sul punto Corte e.d.u., 21 ottobre 2013, Del Río Prada c. Spagna; Corte e.d.u., 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia (n.2). Si ricordi anche la corrente giurisprudenziale sviluppatasi a seguito della sentenza Corte E.d.u., 8 giugno 1976, Engel c. Paesi Bassi. Cfr. in merito a tale pronuncia F. Viganò, Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una diretta applicazione del art. 50 della Carta?, in 53 C. cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in 54 Il Tribunale cita così testualmente le affermazioni di V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p Cfr., innanzitutto, C. cost., sent. 30 novembre 2009, n. 317, in V. anche, tra le molte, C. cost., sent. 23 giugno 2014, n. 191, in C, cost., sent. 3 luglio 2013, n. 202, in C. cost., sent. 1 luglio 2013, n. 170, in C. cost., sent. 19 novembre 2012, n. 264, in Sul punto cfr., per tutti, V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p. 165; F. Viganò, Sullo statuto costituzionale della retroattività, cit., p. 9.

11 Processo penale e giustizia n CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Con la l. 28 aprile 2014, n. 67 il legislatore è riuscito a portare a termine un percorso di riforme sul quale si discuteva, oramai, da numerosi anni. Non si può dire, quindi, che sia mancato il tempo per riflettere sull introduzione dei nuovi istituti. Ciò nonostante, in prima battuta, si è deciso di non prevedere alcuna norma intertemporale o transitoria volta a regolare il passaggio verso le nuove discipline. Alla luce del complesso dibattito giurisprudenziale che si è venuto a creare in tema di messa alla prova tale scelta si è dimostrata certamente azzardata. Difatti, come si è visto, i generali canoni intertemporali del tempus regit actum e dell art. 2 c.p. si dimostrano particolarmente difficili da utilizzare quando ci si trova di fronte a istituti ibridi quali la messa alla prova, in assenza, oltretutto, di alcuna precisa indicazione legislativa riguardante la natura prevalente da attribuire alle nuove disposizioni. In sostanza, il legislatore così facendo ha abdicato al suo fondamentale compito di individuare il punto di equilibrio tra caratteristiche sostanziali e processuali della messa alla prova e ha caricato così l interprete di un operazione di bilanciamento tra interessi contrapposti particolarmente impegnativa. In ogni caso, per i procedimenti pendenti in grado d impugnazione, anche ove si ritenga che la messa alla prova abbia natura sostanziale e che l ordinamento non preveda uno strumento processuale per accedere al rito, la soluzione offerta dalla giurisprudenza di legittimità pare effettivamente in linea con gli insegnamenti della Consulta operati con le sentenze 393/2006, 72/2008 e 236/2011 e quindi non sembrano esserci spazi per proporre incidente di costituzionalità. Difatti, ove il procedimento si trovi in appello o in cassazione, pare difficile che, nell ammettere l accesso alla messa alla prova, non sia individuato il rischio di una lesione di quegli «interessi di analogo rilievo» 56 quali «l efficienza processuale» o il pericolo di «dispersione delle attività processuali già compiute», individuati direttamente dalla Consulta come idonei a resistere al vaglio positivo di ragionevolezza necessario per derogare al principio della lex mitior, inteso nella sua più lata accezione interna (art. 3 Cost). Certo, la situazione sarebbe più delicata ove si ritenesse che effettivamente la messa alla prova possa essere considerata una norma materiale più favorevole rientrante nell alveo di copertura dell art. 7 Cedu, posto che, come accennato, tale disposizione è ricompresa nel nucleo duro di quelle per cui non è ammissibile alcuna limitazione o deroga, nemmeno in situazioni di guerra (art. 15 Cedu), con la conseguenza che la stessa potrebbe essere considerata almeno «prima facie chius[a] a possibili bilanciamenti» 57. Difatti, se è pur vero che, anche in tale caso, la Corte costituzionale potrebbe ribadire il percorso esegetico operato con la sentenza 236 del 2011, sarebbero comunque riproponibili le critiche sollevate da autorevole dottrina a tale decisione, secondo cui la Consulta, nell individuare deroghe al canone della lex mitior, dovrebbe fare riferimento a «controinteressi di rango omogeneo al diritto fondamentale cui si intendeva eccettuare» 58, difficilmente riscontrabili nella semplice «efficienza processuale» o nella «dispersione delle attività processuali già compiute» 59. Peraltro, far rientrare la messa alla prova all interno della ristretta accezione di norma materiale secondo l art. 7 Cedu non pare un operazione esegetica semplice e costituisce, forse, il maggiore punto debole delle ordinanze di rimessione 60. Del resto, come ha ricordato anche la Consulta, la Corte e.d.u. nella pronuncia Scoppola ha chiarito «la nozione di pena cui fa riferimento la citata norma convenzionale, specificando che si tratta della misura che viene imposta a seguito di una condanna per un reato, e non di qualsiasi elemento incidente sul trattamento penale» 61. Com è evidente, nel caso di specie, non si è di fronte a una misura imposta in seguito a una condanna, posto che, al contrario, la nuova probation si pone all interno del procedimento penale ed è volta a estinguere il reato. Né si può dimenticare, come già osservato, che Corte costituzionale 236 del 2011 ha precisato che sono estranei dall ambito di operatività del principio della lex mitior, inteso nella più ristretta accezione 56 Cfr. C. cost., sent. 23 ottobre 2006, n. 393, in da cui sono riprese le citazioni immediatamente successive. 57 F. Viganò, Sullo statuto costituzionale della retroattività, cit., p V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p Così, V. Manes, Il giudice nel labirinto, cit., p Tenendo conto, oltretutto, dei nuovi «steccati contro il diritto di Strasburgo» (F. Viganò, La Consulta e la tela di Penelope, in posti con la recente pronuncia C.cost., sent. 26 marzo 2015, n. 49, in 61 C. cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in

12 Processo penale e giustizia n propria della Corte di Strasburgo, «le ipotesi in cui non si verifica un mutamento favorevole al reo, nella valutazione sociale del fatto, che porti a ritenerlo penalmente lecito o comunque di minore gravità» 62. Con la conseguenza che non sembra rientrare in tale ristretta definizione l istituto in esame, che non incide in alcun modo sulla valutazione sociale del fatto criminoso. In ogni caso, una soluzione parzialmente diversa si potrebbe forse raggiungere valorizzando gli aspetti sanzionatori di cripto-condanna 63, nonché le finalità rieducative 64 e specialpreventive, che certamente caratterizzano la messa alla prova. In sostanza, mediante l enfatizzazione di tali caratteristiche, la misura della messa alla prova potrebbe essere letta come vera e propria pena con caratteri fortemente risocializzanti a cui sarebbero assoggettati, a richiesta, gli imputati dei reati indicati dall art. 168 bis c.p., risultando in tal modo maggiormente prospettabile il suo inquadramento all interno della materia penale ex art. 7 Cedu. Del resto, si è già osservato che proprio nella sentenza Scoppola la Corte di Strasburgo ha precisato che «per rendere efficace la tutela offerta dall articolo 7, la Corte deve rimanere libera di andare oltre le apparenze e di valutare essa stessa se una particolare misura si traduca nel merito in una pena» 65. Questa operazione, però, aumenterebbe le frizioni già rilevate da autorevole dottrina 66 tra messa alla prova e presunzione d innocenza, posto che, tra l altro, si eseguirebbe una pena nei confronti di un imputato prima di avere un provvedimento definitivo idoneo a limitarne i diritti fondamentali. La situazione appare oggettivamente diversa per i procedimenti pendenti in primo grado. Infatti, per tali fattispecie, per giungere a dubitare della presenza di una ragionevole giustificazione alla deroga del canone della lex mitior non è necessario richiamare l art. 7 Cedu, ma è sufficiente fare riferimento alla più lata accezione di legge sostanziale propria dell ordinamento interno, nella quale viene pacificamente ricompresa anche la prescrizione, ovvero una causa di estinzione del reato come la messa alla prova. Del resto, questa tesi trova oggi conferma nella citata decisione della Suprema Corte che, pur avendo a oggetto una fattispecie in cui non si poneva la problematica specifica dell applicazione della nuova probation nel giudizio di legittimità, dopo aver richiamato la giurisprudenza costituzionale secondo cui la retroattività in mitius ha nell ordinamento interno un ambito di operatività più ampio rispetto all art. 7 Cedu, ha affermato testualmente che «l istituto della messa alla prova [ ], si configura come lex mitior [ ] considerato che l esito positivo della messa alla prova determina l estinzione del reato» 67. Per i giudizi di primo grado, inoltre, potrebbe richiamarsi il favorevole precedente della sentenza 393 del 2006 della Consulta, che ha dichiarato l illegittimità costituzionale dell art. 10, comma 3 della legge ex Cirielli «nella parte in cui derogava alla retroattività dei nuovi e più favorevoli termini di prescrizione rispetto ai processi in corso di svolgimento in primo grado per i quali fosse già stato aperto il dibattimento» 68. Come anticipato, infatti, in questa decisione la Corte ha ritenuto che ogni deroga al principio di retroattività in mitius debba superare un «vaglio positivo di ragionevolezza», non essendo sufficiente che la norma derogatoria non sia manifestamente irragionevole. Tutto il problema, quindi, si riassumerebbe nel verificare se per i procedimenti pendenti in primo grado sussistano «interessi di analogo rilievo» idonei a giustificare una limitazione della lex mitior. Per tali fattispecie, peraltro, come ha rilevato il Tribunale di Brindisi, pare difficile poter richiamare fondatamente controinteressi quali l efficienza del processo o il rischio di dispersione delle attività processuali. A un rigetto delle questioni sollevate, però, potrebbe giungersi per altre vie. Innanzitutto la Consulta potrebbe risolvere alla radice il problema ritenendo che l istituto abbia natura prevalentemente processuale, posto che l effetto estintivo della messa alla prova, a differenza della prescrizione, non opera automaticamente, ma perviene solo all esito del percorso regolato dalle norme processuali. Di conseguenza, sarebbe obbligato, anche in primo grado il riferimento al generale canone del tempus regit actum C. cost., sent. 22 luglio 2011, n. 236, in 63 Cfr. F. Caprioli, Due iniziative di riforma nel segno della deflazione, cit., p In giurisprudenza v. Cass., sez. II, 12 marzo 2015, n , inedita. 65 Corte e.d.u., 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia (n.2), F. Viganò, Sulla proposta legislativa in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, in Riv. it. dir. proc. pen., 2013, p Cass., sez. IV, 8 aprile 2015, n , cit. 68 F. Viganò, Sullo statuto costituzionale della retroattività, cit., p Cfr. Cass., sez. fer., 31 luglio 2014, n , cit.

13 Processo penale e giustizia n Un ulteriore argomento a favore dell infondatezza, inoltre, potrebbero trarsi dal fatto che, a ben vedere, nella sentenza 393 del 2006 la Consulta ha ritenuto irragionevole il discrimine temporale dell apertura del dibattimento per l applicazione dei nuovi termini di prescrizione, in quanto ha considerato che tale fase processuale non sia «in alcun modo idonea a correlarsi significativamente ad un istituto di carattere generale come la prescrizione, e al complesso delle ragioni che ne costituiscono il fondamento» 70. Nel caso di specie, invece, i termini attualmente previsti dall art. 464 bis sono esattamente tarati sui riti alternativi, dei quali fa parte anche la messa alla prova. Di conseguenza, la Corte potrebbe considerare non irragionevole il fatto che il legislatore abbia limitato l accesso alla nuova probation riferendosi agli stessi termini generalmente previsti per accedere ai riti speciali. In tal modo, sarebbe valorizzata proprio la natura ibrida e processuale della messa alla prova, che diverrebbe così il vero limite idoneo a circoscrivere l operare della stessa quale istituto sostanziale. 70 C. cost., sent. 23 ottobre 2006, n. 393, in

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