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1 1 Master Diritto penitenziario e Costituzione venerdì 7 febbraio 2014 case law L incidenza delle regole penitenziarie europee nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell Uomo: i casi Sulejmanovic c. Italia e Torreggiani e altri c. Italia dott. Daniele Chinni Si tratta di due decisioni in tema di sovraffollamento carcerario molto simili quanto al contenuto ma assai diverse quanto ai loro effetti CASO SULEJMANOVIC ricorso di un cittadino bosniaco, detenuto a Rebibbia dal novembre 2002 all ottobre 2003, quando è rilasciato a seguito dell applicazione del c.d. indultino del 2003 (L. n. 207/2003: Sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di due anni) Fatti Il ricorrente lamentava che le condizioni cui era sottoposto (ricorso è del luglio 2003) erano contrarie all art. 3 della CEDU: «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani e degradanti». Lamentava infatti: 1) di essere stato in una cella di 16,20 m 2 fino al 15 aprile 2003 con altre cinque persone (totale: 6 persone), disponendo dunque di 2,70 m 2 2) di essere stato in altra cella di 16,20 m 2 dal 15 aprile fino al 20 ottobre 2003 con almeno quattro persone, disponendo dunque di 3,40 m 2 3) che la programmazione del carcere era tale che egli restava chiuso in cella 18 ore e 30 minuti al giorno Si sarebbe trattato di condizioni contrarie a quanto affermato dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti (CPT), secondo il quale ciascun detenuto dovrebbe

2 poter trascorrere almeno 8 ore fuori dalla cella, la quale dovrebbe essere di almeno 7 m 2 Tali regole sono state ritenute auspicabili dal CPT, ma la Corte EDU avrebbe richiamato i parametri del CPT nella sua giurisprudenza. Il fatto che fosse individuo giovane e in buona salute non poteva portare a escludere l esistenza di una violazione dell art. 3 CEDU Inoltre lamentava 4) di aver domandato invano di lavorare in carcere Il Governo, su richiesta della Corte EDU, nel luglio 2008 produceva dati circa la condotta della vita carceraria a Rebibbia e la detenzione di Sulejmanovic dai quali risulta che: 1) tra l ottobre 2002 e il novembre 2003 i detenuti a Rebibbia sono stati tra i 1456 e i 1660, a fronte di una capienza pari a ) che il Sulejmanovic era stato in una cella con altre cinque persone solo dal 17 gennaio 2003 al 5 aprile 2003; successivamente aveva diviso la cella con 4 detenuti (fino al 23 maggio 2003), 2 (fino al 5 luglio 2003), 3 (fino al 1 ottobre 2003), di nuovo 2 (fino al 20 ottobre 2003, giorno della scarcerazione). 3) che le ore che il detenuto poteva trascorrere fuori dalla cella ogni giorno erano circa 9. Quanto al merito del ricorso osservava il Governo che: 1) il Sulejmanovic, giovane e in buona salute, era stato detenuto per dieci mesi e venti giorni (un periodo relativamente breve), durante il quale non ha subito percosse, non è stato isolato, non ha subito limitazioni alla propria corrispondenza, alla visita dei familiari, all accesso a cure mediche. 2) i parametri del CPT sono più rigidi ed esigenti di quelli utilizzati nella giurisprudenza EDU e che quindi non vi sarebbe stata violazione dell art. 3 CEDU 3) il CPT aveva visitato il carcere di Rebibbia nel 1992, giudicando nel complesso le condizioni detentive accettabili; l aumento della 2

3 popolazione carceraria non avrebbe comunque raggiunto il livello critico richiesto perché potesse applicarsi l art. 3. 4) la Corte EDU ha ritenuto compatibile con la Convenzione il regime detentivo dell art. 41-bis L. ordinamento penitenziario, che prescrive condizioni carcerarie ben più severe L iter argomentativo della Corte EDU Come sempre accade nelle decisioni della Corte, si dà innanzitutto conto della normativa interna e internazionale rilevante. Per quel che riguarda quella interna vengono richiamate le disposizioni della Legge sull ordinamento penitenziario (n. 354/1975) e del Regolamento n. 230/2000 relative alle condizioni che debbono avere i locali nei quali si svolge la vita dei detenuti (in particolare: illuminazione, aerazione, servizi igienici). Per quel che riguarda quella internazionale si fa riferimento alla Raccomandazione Rec 2006 del Comitato dei Ministri agli Stati membri della Convenzione sulle regole penitenziarie europee, pure dedicata alle condizioni detentive. Tanto la normativa interna quanto quella internazionale prevedono che in linea di principio ogni detenuto deve pernottare in una cella individuale Passando al merito, la Corte EDU innanzitutto riafferma che l art. 3 sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche, proibendo in termini assoluti la tortura, le pene ovvero i trattamenti inumani o degradanti, indipendentemente dai fatti commessi dalla persona interessata. Esso impone allo Stato di sincerarsi che: 1) le condizioni detentive siano compatibili con il rispetto della dignità umana 2) le modalità di esecuzione non obblighino il detenuto a soffrire un disagio o a sopportare una prova d intensità superiore all inevitabile sofferenza che reca con sé la detenzione 3

4 3) la salute e il benessere del detenuto siano adeguatamente assicurate Quanto più precisamente alla questione sollevata dal ricorrente, la Corte afferma che non può quantificare, in modo preciso e definitivo, lo spazio personale che deve essere allocato ai singoli detenuti in ossequio alla Convenzione. Esso infatti può dipendere da diversi fattori, quali la durata della privazione della libertà, le possibilità di accesso all aria aperta o le condizioni psico-fisiche del detenuto. Questo principio, tuttavia, non ha impedito in altre occasioni di riconoscere che la mancanza di uno spazio personale inferiore ai 3m 2 è una evidente violazione della Convenzione. Quando, al contrario, lo spazio sia superiore ai 3m 2 è necessario tenere conto di altri aspetti relativi alle condizioni detentive: utilizzo privato dei servizi igienici, aerazione disponibile, accesso alla luce e all aria naturali, qualità del riscaldamento, rispetto delle primarie esigenze sanitarie. Applicando tali principi al caso Sulejmanovic la Corte EDU rileva che: 1) per il periodo in cui la cella è stata condivisa con altri cinque detenuti (17 gennaio - 5 aprile 2003) sono stati inevitabilmente cagionati disagi e inconvenienti quotidiani al ricorrente, costretto a vivere in uno spazio molto ridotto, di gran lunga inferiore alla superficie minima auspicata dal CPT, il che è di per sé un trattamento inumano e degradante. 2) per il periodo successivo non può dirsi lo stesso. Ha infatti avuto a disposizione 3,24 m 2, 4,05 m 2, 5,40 m 2, non lamentando problemi relativi al riscaldamento o alla qualità dei servizi igienici. Da quanto osservato dal Governo (che aveva allegato l ordine di servizio di Rebibbia) emerge inoltre che il detenuto aveva avuto sufficiente accesso alla luce e all aria naturale, a momenti di svago e ricreativi con detenuti diversi da quelli con cui divideva la cella. Conseguentemente: il trattamento cui era stato sottoposto il ricorrente non aveva 4

5 raggiunto il livello minimo di gravità richiesto per ricadere nella previsione dell art. 3 CEDU. 3) la circostanza per cui al Sulejmanovic non era stato consentito di lavorare non è di per sé trattamento contrario all art. 3 CEDU Interessante è l opinione concordante del giudice Sajò l inumanità della situazione è rivelata dal fatto che lo Stato non ha dimostrato di avere adottato misure compensative supplementari per attenuare le condizioni estremamente gravose derivanti dalla sovrappopolazione del carcere. 5

6 CASO TORREGGIANI Sette ricorsi proposti contro l Italia per le condizioni in cui i ricorrenti sono stati detenuti negli istituti penitenziari di Busto Arsizio e di Piacenza, che si assumono essere state in violazione dell art. 3 CEDU. Si tratta di una c.d. sentenza pilota: è istituto di origine giurisprudenziale, ora formalizzato dall art. 61 del Regolamento della Corte EDU. Quando la Corte ritiene di adottare questo genere di pronunce è perché ritiene che la violazione della CEDU derivi da cause strutturali, tant è vero che vi sono pendenti presso la Corte una pluralità di ricorsi aventi il medesimo oggetto: si ritiene allora di suggerire le misure individuali e generali che lo Stato membro dovrà adottare per adempiere all obbligo di conformazione alle sentenze definitive della Corte. A tal fine è solitamente assegnato un termine allo Stato e contestualmente è sospeso l esame degli altri casi analoghi pendenti. Fatti I detenuti nel carcere di Busto Arsizio lamentano di essere stati ristretti in celle di 9 m 2 con altre due persone, dunque con soli 3 m 2 a disposizione. Lamentano inoltre penuria di acqua calda. I detenuti nel carcere di Piacenza, oltre a lamentare di avere avuto anch essi solo 3 m 2, lamentano l assenza di acqua calda per svariati mesi e la luce insufficiente a causa delle barre metalliche apposte alle finestre. Il Governo contesta che le celle erano di 11 m 2. La Corte rileva che uno dei ricorrenti aveva fatto reclamo nell aprile 2010 al magistrato di sorveglianza per le proprie condizioni; che il magistrato di sorveglianza aveva ritenuto che le condizioni erano contrarie all art. 3 CEDU (richiamando caso Sulejmanovic) e aveva trasmesso il reclamo alle Amministrazioni competenti (direzione del carcere, Ministero di Giustizia) per le misure conseguenti; che il trasferimento in cella per due persone era avvenuta solo nel febbraio L iter argomentativo della Corte EDU 6

7 Anche qui richiamo a normativa interna e internazionale Ciò che è particolarmente rilevante: 1) si richiamano le funzioni del magistrato di sorveglianza 2) si osserva che manca strumento per la richiesta di risarcimento del danno. É infatti rimasta isolata una ordinanza di un magistrato di sorveglianza di Lecce che aveva riconosciuto il danno esistenziale per le condizioni in cui era detenuto. 3) si richiamano le misure adottate dallo Stato italiano per rimediare al problema del sovraffollamento (il cui tasso nel 2010 era pari al 151%: detenuti a fronte di una capienza massima di in 206 carceri) - gennaio 2010: dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per un anno (poi prorogato fino al 31 dicembre 2012) - marzo 2010: nomina di un commissario incaricato di elaborare un piano carceri - giugno 2010: presentazione del piano carceri (costruzione di 9150 posti in più e assunzione di 2000 nuovi agenti di polizia penitenziaria) - novembre 2010: approvazione della l. n. 199, per l adozione di misure straordinarie in materia di esecuzione delle pene Ciononostante all aprile 2012 nelle carceri italiane erano presenti detenuti, con un tasso di sovraffollamento pari al 148%. Soprattutto, il 42% dei detenuti erano sottoposti a custodia cautelare. Per quel che riguarda la normativa internazionale, sono richiamati i rapporti generali del CPT: 1) tutti i servizi e le attività in un carcere sono influenzati negativamente se occorre farsi carico di un numero di detenuti maggiore rispetto a quello per il quale l istituto è stato progettato. Il livello di sovraffollamento potrebbe essere tale da essere esso stesso inumano o degradante. 2) un programma soddisfacente di attività è di cruciale importanza per il benessere dei detenuti 7

8 3) i detenuti devono avere la possibilità di fare esercizio all aria aperta quotidianamente 4) facile accesso a strutture adeguate di bagni e mantenimento di buoni standard di igiene sono componenti essenziali di un ambiente umano è poi richiamata la Raccomandazione del 1999 del Comitato dei Ministri alla luce della quale: 1) la privazione della libertà dovrebbe essere extrema ratio 2) l ampliamento delle strutture penitenziarie non è misura adatta a offrire soluzione duratura ai problemi del sovraffollamento 3) Stati membri dovrebbero esaminare l opportunità di depenalizzare alcuni delitti prima dell esecuzione penale 4) custodia cautelare e la sua durata dovrebbero essere ridotte al minimo 5) bisognerebbe fare uso di strumenti alternativi alla custodia cautelare e valutare l uso di strumenti di sorveglianza elettronici durante l esecuzione penale 6) bisognerebbe promuovere lo sviluppo di misure alternative alla detenzione, in particolare della liberazione condizionale, anche motivando i giudici a considerare l utilità di tali misure 7) programma di trattamento deve mirare al reinserimento dei detenuti, ridurne la recidiva, garantire la sicurezza e la protezione del pubblico 8) le condizioni delle celle devono essere tali da garantire, come si è ripetutamente visto, luce, aerazione, condizioni igieniche e sanitarie standard etc. Solo dopo questo lungo richiamo a norme e prassi la Corte EDU esamina i ricorsi Innanzitutto, si esclude che il fatto che tutti i ricorrenti tranne uno siano stati scarcerati faccia venir meno la loro condizione di vittima 8

9 problema di ricevibilità dei ricorsi Governo eccepiva il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, poiché soltanto uno dei ricorrenti aveva fatto reclamo al magistrato di sorveglianza, senza peraltro successivamente chiedere che l ordinanza resa all esito del reclamo fosse eseguita. I ricorrenti, tuttavia, osservano che le decisioni del magistrato di sorveglianza non sono vincolanti per le amministrazioni penitenziarie e che dunque non possono considerarsi un rimedio al sovraffollamento. Del resto, l esito del reclamo dell unico ricorrente che lo aveva promosso è una dimostrazione di ciò. Sul punto è estremamente importante quanto afferma la Corte EDU: la regola dell esaurimento delle vie di ricorso interne mira a offrire agli Stati contraenti l occasione per prevenire o riparare le violazioni denunciate. La Convenzione prescrive però l esaurimento dei soli ricorsi che siano al tempo stesso relativi alle violazioni denunciate, disponibili e adeguati. Perché ciò accada non è sufficiente un azione risarcitoria, perché essa deve accompagnarsi a un rimedio che impedisca il protrarsi della violazione dedotta. Con riferimento al caso di specie, ovvero all adeguatezza del procedimento di reclamo dinanzi al magistrato di sorveglianza, la Corte EDU afferma che non si può pretendere che un detenuto che ha ottenuto una decisione favorevole proponga ripetutamente ricorsi al fine di ottenere il riconoscimento dei suoi diritti fondamentali (ciò perché il Governo lamentava che il ricorrente non avesse chiesto esecuzione dell ordinanza). Soprattutto, si rileva che il sovraffollamento carcerario ha assunto in Italia le dimensioni di un fenomeno strutturale, che non riguarda esclusivamente i ricorrenti, ed è pertanto facile immaginare che le autorità penitenziarie italiane non siano in grado di eseguire le 9

10 decisioni dei magistrati di sorveglianza, garantendo ai detenuti condizioni detentive conformi alla CEDU. Da tutto ciò la ricevibilità dei ricorsi, perché appunto i rimedi interni non erano adeguati a interrompere la violazione. Sul merito Vengono richiamati essenzialmente i principi che abbiamo visto già nel caso Sulejmanovic: sotto i 3 m 2 siamo in violazione dell art. 3 CEDU, sopra devono prendersi in considerazione altri elementi. Tutti i ricorrenti hanno avuto meno di 3 m 2. In più, tutti hanno subito la carenza di acqua calda e i detenuti del carcere di Piacenza hanno avuto illuminazione e ventilazione insufficiente. Conclusione: Anche se la Corte ammette che nel caso di specie niente suggerisce che vi sia stata intenzione di umiliare o di degradare i ricorrenti, l assenza di un tale scopo non può escludere una constatazione di violazione dell articolo 3. La Corte ritiene che le condizioni detentive in questione, tenuto conto anche della durata della carcerazione dei ricorrenti, abbiano sottoposto gli interessati ad una prova d intensità superiore all inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione. Sul ricorso alla sentenza pilota la violazione del diritto dei ricorrenti non è conseguenza di episodi isolati ma trae origine da un problema sistemico, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone, come confermato dalla pendenza di centinaia di ricorsi, il cui numero è inoltre in continuo aumento. C è riconoscimento degli sforzi compiuti dall Italia per affrontare il fenomeno, che però non sono sufficienti. 10

11 Osservazioni: - il 40% circa dei detenuti è sottoposto a custodia cautelare. - rimedi preventivi e rimedi compensativi devono coesistere in modo complementare: la rapida cessazione della violazione è la migliore riparazione possibile - il reclamo al magistrato di sorveglianza è accessibile ma non effettivo nella pratica, dato che non consente di porre fine rapidamente alla carcerazione in condizioni contrarie all articolo 3 della Convenzione. - l Italia deve creare senza indugio (entro un anno, 28 maggio 2014) un ricorso o una combinazione di ricorsi che abbiano effetti preventivi e compensativi e garantiscano realmente una riparazione effettiva delle violazioni della CEDU. 11

12 LA «CONSEGUENZIALE» ATTIVITÀ DELL ITALIA È evidente, credo, che non sarebbe sufficiente una mera predisposizione di rimedi cui fa riferimento la Corte EDU senza la fine del problema del sovraffollamento. Come dalla stessa sentenza emerge, l inefficacia del reclamo al magistrato di sorveglianza è in buona parte figlia del problema strutturale del sovraffollamento: anche ove si volesse dare seguito ai provvedimenti a seguito di reclamo, non sarebbe possibile Il messaggio alle Camere ex art. 87 Cost. del Presidente della Repubblica Il Capo dello Stato rileva che le istituzioni e la nostra opinione pubblica non possono e non devono scivolare nell insensibilità e nell indifferenza, convivendo - senza impegnarsi e riuscire a modificarla - con una realtà di degrado civile e di sofferenza umana come quella che subiscono decine di migliaia di uomini e donne reclusi negli istituti penitenziari Prospetta rimedi quali: 1) riduzioni del numero complessivo dei detenuti attraverso misure di carattere strutturale - la messa alla prova come pena principale - pene limitative della libertà personale ma non carcerarie - riduzione delle ipotesi di custodia cautelare in carcere - possibilità per i detenuti stranieri di scontare la pena nei loro paesi d origine - attenuazione degli effetti della recidiva quale presupposto ostativo alle misure alternative - depenalizzazione 2) aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari 3) rimedi straordinari - indulto 12

13 13 - amnistia (che non incida su reati di rilevante gravità e allarme sociale) La sentenza della Corte costituzionale n. 279 del 2013 Giudici comuni avevano sollevato questione di legittimità costituzionale dell art. 147 c.p. nella parte in cui non prevede, oltre ai casi ivi espressamente contemplati, l ipotesi di rinvio facoltativo dell esecuzione della pena quando essa debba svolgersi in condizioni contrarie al senso di umanità. Dichiarazione di inammissibilità: Il sovraffollamento non può essere contrastato con lo strumento indicato dai rimettenti, che, se pure potesse riuscire a determinare una sensibile diminuzione del numero delle persone recluse in carcere, giungerebbe a questo risultato in modo casuale, determinando disparità di trattamento tra i detenuti, i quali si vedrebbero o no differire l esecuzione della pena in mancanza di un criterio idoneo a selezionare chi debba ottenere il rinvio dell esecuzione fino al raggiungimento del numero dei reclusi compatibile con lo stato delle strutture carcerarie. Soprattutto, rileva la Corte costituzionale che non è dubbia l effettiva sussistenza del vulnus denunciato dai rimettenti e la necessità che l ordinamento si doti di un rimedio idoneo a garantire la fuoriuscita dal circuito carcerario del detenuto che sia costretto a vivere in condizioni contrarie al senso di umanità ma le questioni sollevate dai tribunali di sorveglianza di Venezia e di Milano risultano, tuttavia, inammissibili per la pluralità di soluzioni normative che potrebbero essere adottate; pluralità che fa escludere l asserito carattere a rime obbligate dell intervento additivo sull art. 147 cod. pen.

14 Il decreto-legge n. 146 del 2013 (ora approvato dalla Camera, con una sola modifica; trasmesso al Senato) Come vi ha già detto la dott.ssa Talini il provvedimento del Governo si muove secondo due prospettive combinate: 1) ridurre il numero dei detenuti 2) rafforzare la tutela dei diritti dei detenuti garantendone la giustiziabilità Per quel che riguarda la prima prospettiva - si interviene sulle modalità di controllo nell esecuzione degli arresti domiciliari e della detenzione domiciliare, favorendo l uso di strumenti elettronici di sorveglianza - si interviene sul T.U. stupefacenti, rendendo fattispecie autonoma di reato (e non più circostanza attenuante) la condotta penale di lieve entità : è intervento che dovrebbe ridurre in maniera significativa il numero dei detenuti. - si abroga l art. 94 T.U. stupefacenti, che consentiva l affidamento in prova di detenuti tossicodipendenti per massimo due volte. - si eleva a quattro anni di detenzione il limite di pena, anche residua, per la concessione della misura dell'affidamento in prova cosiddetto «ordinario» in tutti i casi in cui il condannato acceda alla misura dopo che sia stato possibile valutare, positivamente, la condotta tenuta quantomeno nell'anno precedente alla decisione della magistratura di sorveglianza, indipendentemente dal fatto che tale periodo sia decorso in espiazione di una pena detentiva, in misura cautelare ovvero in libertà. - si prevede una liberazione anticipata speciale: 75 giorni a semestre anziché 45 per due anni dalla entrata in vigore del decreto-legge, ma con effetti a far data dal 1 gennaio Quest ultima non è data casuale: è del 13 gennaio la dichiarazione dello stato di emergenza delle condizioni carcerarie. 14

15 - è stabilizzata la previsione (originariamente temporanea, fino al 31 dicembre 2013) della detenzione domiciliare per gli ultimi 18 mesi di pena - si interviene sul TU immigrazione, potenziando la misura alternativa dell espulsione Per quel che riguarda la seconda prospettiva, che è quella in certo qual modo più direttamente connessa alla sentenza Torreggiani, si distingue tra reclamo generico (art. 35 O.P.) e reclamo giurisdizionale (art. 35-bis O.P.), introdotto con il decreto-legge, sulla scia della sua introduzione giurisprudenziale in virtù della giur. cost. Il reclamo giurisdizionale è il rimedio pensato per adeguarsi alla CEDU: è infatti previsto che vi si possa ricorrere nei casi di inosservanza da parte dell amministrazione di disposizioni previste dalla LOP e dal relativo regolamento, dalla quale derivi al detenuto o all internato un attuale e grave pregiudizio all esercizio dei diritti Tale reclamo deve essere trattato dal magistrato di sorveglianza con la c.d. procedura di sorveglianza, che è quello caratterizzato dalla più accentuata garanzia dei diritti, con la possibilità però per l amministrazione penitenziaria di partecipare all udienza. Quando è accertata la sussistenza del pregiudizio il magistrato ordina all amministrazione di porre rimedio. Laddove l A.P. non provveda, è previsto un giudizio di ottemperanza, ovvero la possibilità per il detenuto di far eseguire il provvedimento reso dal magistrato di sorveglianza, che a tal fine potrà : - ordinare all amministrazione di ottemperare, anche nominando un commissario ad acta - dichiarare nulli gli eventuali atti dell amministrazione in violazione o elusione del provvedimento rimasto ineseguito - determinare la somma dovuta a titolo di riparazione, con il limite massimo di 100 euro per giorno 15

16 Due ultime questioni, molto brevemente: Una prima sul sovraffollamento carcerario. Al riguardo potrebbe a breve avere impatto significativo una decisione della Corte costituzionale, che è chiamata a pronunciarsi (camera di consiglio l 11 febbraio prossimo) sulla costituzionalità della c.d. Fini- Giovanardi. Con tale provvedimento è stata eliminata la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggeri di cui al TU stupefacenti. Lo si è fatto in sede di conversione di un decreto-legge avente a oggetto le misure di sicurezza per le Olimpiadi di Torino del Giur. costituzionale recente (sent. 22/2012) ha affermato che secondo l art. 77 della Costituzione gli emendamenti in sede di conversione debbono essere omogenei quantomeno rispetto alla ratio del decretolegge: ciò che evidentemente non è nel caso che ci interessa. La questione di legittimità costituzionale potrebbe dunque essere accolta dalla Corte, senza peraltro il rischio d essere coinvolta in diatribe solo politiche circa la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere. Una seconda è relativa invece ai rimedi approntati in risposta alla Corte EDU. Se è vero infatti che la Corte ha affermato che il miglior rimedio possibile alla violazione del diritto è la sua rapida cessazione, ha però anche ritenuto che chiunque abbia subito una detenzione lesiva della propria dignità deve poter ottenere una riparazione per la violazione subita. Ebbene, il meccanismo del reclamo giurisdizionale consente la cessazione della violazione del diritto ma non prevede altresì la riparazione del danno: la somma di 100 euro per giorno può essere infatti riconosciuta solo nel caso in cui l Amministrazione non dia esecuzione al provvedimento emanato in prima battuta in sede di reclamo. 16

17 V è allora da chiedersi se vi sia spazio per una richiesta di risarcimento del danno dinanzi al giudice civile: la Cassazione (sent. 15/30 gennaio 2003, n. 4774) ha infatti escluso che il magistrato di sorveglianza sia competente a risarcire il danno da sovraffollamento carcerario, affermando però che la tutela dei diritti soggettivi violati è, in difetto di disposizioni derogatorie ad hoc, compito della giurisdizione civile. 17

18 Link alle sentenze: Sulejmanovic c. Italia: facetnode_1=1_2(2009)&facetnode_2=0_8_1_85&previsiouspage=mg _1_20&contentId=SDU Torreggiani e altri c. Italia: facetnode_1=1_2(2013)&previsiouspage=mg_1_20&contentid=sdu

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