I PRIMI 20 ANNI DELLA LEGGE QUADRO PER LE AREE NATURALI PROTETTE DOSSIER WWF

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1 I PRIMI 20 ANNI DELLA LEGGE QUADRO PER LE AREE NATURALI PROTETTE DOSSIER WWF

2 Indice 1 I primi 20 anni della Legge Quadro 394/ Un cammino lungo e difficoltoso 1.2 La 394/91: contesto normativo e obiettivi 1.3 Lo Stato dei Finanziamenti: i parchi al verde 1.4 Aree Protette e Strategia Nazionale per la Biodiversità 1.5 Efficacia e Standards 1.6 Le cenerentole: Aree Marine Protette 1.7 Turismo e Parchi 1.8 Agricoltura e Aree naturali protette 1.9 La Rete Natura Le Oasi WWF, il 25 Parco Nazionale italiano 1.11 Le Fattorie del Panda 1.12 Gli italiani e i parchi, Indagine ISPO: scheda di sintesi 2 Viaggio nell Italia dei Parchi nazionali: il verde e il nero 2.1 I Presidenti e i Commissari dei Parchi nazionali 2.2 La mappa della protezione della natura in Italia 2.3 Il Parco nazionale dello Stelvio 2.4 Il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi 2.5 Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi 2.6 Il Parco Nazionale dell Appennino Tosco-Emiliano 2.7 Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini 2.8 Il Parco Nazionale dell Arcipelago Toscano 2.9 Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga 2.10 Il Parco nazionale della Majella 2.11 Il Parco Nazionale d Abruzzo, Lazio e Molise 2.12 Il Parco Nazionale del Circeo 2.13 Il Parco Nazionale del Gargano 2.14 Il Parco Nazionale dell Appennino Lucano e della Val d Agri 2.15 Il Parco Nazionale del Pollino 2.16 Il Parco Nazionale del Vesuvio 2.17 Il Parco Nazionale del Cilento 2.18 Il Parco nazionale del Gennargentu

3 3 Viaggio nelle Regioni dei Parchi 3.1 Trentino Alto Adige 3.2 Friuli Venezia Giulia 3.3 Lombardia, il caso del Ticino 3.4 Emilia Romagna 3.5 Toscana 3.6 Umbria 3.7 Marche 3.8 Lazio 3.9 Abruzzo 3.10 Basilicata 3.11 Sicilia

4 1 - I primi 20 anni della Legge Quadro 394/ : un cammino a ostacoli La legge n. 394/91 viene giustamente considerata una delle migliori leggi di carattere ambientale del nostro Paese Il cammino per giungere ad una legge quadro sulle aree naturali protette in Italia è stato lungo e difficoltoso, nonostante il nostro sia stato uno dei primi Paesi europei ad istituire parchi naturali: tra la fine del 1922 e l inizio del 1923, infatti, videro la luce il Parco Nazionale del Gran Paradiso ed il Parco Nazionale d Abruzzo, entrambi sorti su territori in precedenza individuati come riserve reali di caccia. Ma a queste prime iniziative non seguì la nascita di un vero e proprio sistema di aree protette, come invece accadde in altri Paesi, e si scelse di proseguire sulla strada dell istituzione di singole aree: nel 1934 nacque così il Parco Nazionale del Circeo, seguito l anno successivo dal Parco Nazionale dello Stelvio. Questi quattro parchi rimasero esperienze isolate per moltissimi anni, vivendo periodi di grandi difficoltà durante i quali furono pressoché abbandonati al bracconaggio ed alla speculazione edilizia. Solo nel 1964 fu presentata la prima proposta di legge organica sui parchi nazionali che però non giunse mai all approvazione. Nel 1968 fu invece costituito il quinto parco, il Parco Nazionale della Calabria (oggi ricompreso nel Parco Nazionale della Sila). Ma se mancava una legge quadro, nel Paese la discussione sulle aree naturali protette era molto intensa. Un altro disegno di legge, presentato nel febbraio del 1980 dall allora Ministro dell Agricoltura, Sen. Giovanni Marcora, giunse perfino alla calendarizzazione in aula, ma si arenò per la fine anticipata dell ottava legislatura. Il percorso era però oramai segnato. Nell ottobre del 1980 l Università di Camerino aveva ospitato il convegno Strategia 80 per i parchi e le riserve d Italia, promosso da WWF, ProNatura e Comitato parchi e riserve analoghe, dove era stata lanciata la sfida del 10%: ci si poneva, infatti, l ambizioso obiettivo di proteggere un decimo del territorio italiano entro la fine del XX secolo. Si Trattava di una sfida quasi temeraria, tenuto conto che in quell anno la superficie protetta nel nostro Paese era ancora inferiore all 1%. E se il Parlamento non riusciva a dotare l Italia di una legge quadro sulle aree naturali protette, la nascita delle Regioni aveva comunque dato un forte impulso alla creazione di parchi regionali. Dalla fine degli Anni 70 agli Anni 80 le Regioni italiane crearono oltre 60 parchi regionali e molte riserve naturali. A questo attivismo da parte delle regioni, lo Stato rispose creando oltre un centinaio di riserve naturali statali, ma nessun parco nazionale. La nascita del Ministero dell Ambiente nel 1986 fornì però nuovi impulsi all azione di conservazione e così nel 1989, con la legge n. 305, furono istituiti, dopo più di 30 anni dalla nascita dell ultimo parco nazionale, 6 nuovi parchi naturali statali: Parco Nazionale dell Arcipelago Toscano, il Parco Nazionale dell Aspromonte, il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterone e Campigna, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini ed il Parco Nazionale del Pollino. L obiettivo, così a lungo inseguito, era ormai a portata di mano. Durante la decima legislatura, in Parlamento, si andò via via definendo un testo sottoscritto da deputati appartenenti ai vari schieramenti tra cui spiccava per impegno e costanza l On. Gianluigi Ceruti. Una commissione di esperti (alla quale partecipano, tra gli altri, alcuni padri dell ambientalismo italiano come Fabio Cassola, Antonio Cederna, Mario Fazio, Arturo Osio, Franco Pedrotti, Carlo Alberto Pinelli, Fulco Pratesi e Franco Tassi) fornì ulteriori contributi e finalmente, il 20 novembre 1

5 1991 il Parlamento approvò in via definitiva quella che verrà indicata come la Legge 6 dicembre 1991, n. 394 recante Legge quadro sulle aree naturali protette. La legge, oltre ad istituire sei nuovi parchi nazionali (Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, Parco Nazionale del Gargano, Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, Parco Nazionale della Majella, Parco Nazionale della Val Grande e Parco Nazionale del Vesuvio), ha creato le condizioni per l avvio di un vero e proprio sistema di aree naturali protette in Italia. Raccogliendo le migliori esperienze delle precedenti legislazioni e delle aree naturali esistenti, in un buon equilibrio tra tendenze regionalistiche e stataliste, la legge ha introdotto una normativa organica applicabile a tutte le aree protette di competenza statale, fornendo anche principi di riferimento per un esercizio uniforme da parte delle Regioni delle proprie competenze legislative in materia, nonché elementi per l istituzione e la gestione delle aree marine protette. E così, negli anni a seguire, il numero dei parchi nazionali è ulteriormente cresciuto: nel 1994 viene istituito il Parco Nazionale dell Arcipelago della Maddalena, nel 1997 il Parco Nazionale dell Appennino Tosco-emiliano ed il Parco Nazionale dell Asinara, nel 1999 il Parco Nazionale delle Cinque Terre, nel 2004 il Parco Nazionale dell Alta Murgia, nel 2007 il Parco Nazionale dell Appennino Lucano Val d Agri Lagonegrese. La legge n. 394/91 viene giustamente considerata una delle migliori leggi di carattere ambientale del nostro Paese, ma questo non l ha sottratta a continui tentativi di modifica e stravolgimento. Tentativi che sono stati fino ad oggi bloccati grazie ad una forte resistenza da parte del mondo ambientalista, dell opinione pubblica e di buona parte delle stesse forze politiche, sociali ed imprenditoriali che vivono ed operano all interno delle aree protette e che hanno scelto di puntare sulla protezione e sullo sviluppo sostenibile. Così le poche modifiche che fino ad oggi sono state apportate alla legge non ne hanno intaccato le parti fondanti. Ad oggi si contano nel nostro Paese 23 parchi nazionali a cui si aggiunge il Parco Nazionale del Gennargentu, il cui iter istitutivo non è mai stato completato. Ma il quadro complessivo delle aree naturali protette italiane è molto più ampio e variegato. Secondo l ultimo Elenco ufficiale delle aree protette, pubblicato nel 2010 ( ), in Italia ci sono anche 27 Aree Marine Protette, 147 Riserve Naturali Statali, 3 altre Aree Protette di carattere nazionale, 134 Parchi Naturali Regionali, 365 Riserve Naturali Regionali ed altre 171 Aree Protette Regionali. A questi numeri si aggiungono le 130 Oasi gestite dal WWF per circa ettari di territorio protetto. In tutto in Italia si contano 871 aree naturali protette (ma il numero è costantemente in crescita) per un totale di oltre di ettari di superficie protetta a terra e di oltre di ettari di superficie protetta a mare. A distanza di 30 anni dal Convegno di Camerino ed a 20 anni dall approvazione della Legge quadro sulle aree naturali protette, l Italia ha sicuramente vinto la sfida quantitativa dei parchi e delle riserve: la sfida qualitativa della conservazione si combatte invece ogni giorno con i tanti progetti e le tante azioni che, tra mille difficoltà, le aree protette italiane portano avanti. 2

6 1.2 La legge n. 394 del 1991: contesto normativo e obiettivi La disciplina delle Aree Protette è forse il più significativo esempio di quanto affermato dalla Giurisprudenza costituzionale, ossia della necessità per la tutela dell ambiente dell integrazione dei vari livelli di tutela, nazionali e locali La legislazione italiana in tema di ambiente, dall inizio del 1900 agli anni ottanta, è stata caratterizzata da un approccio settoriale, spesso collegato alla tutela della salute umana (come la legge Merli sull inquinamento delle acque) o all aspetto percettivo dell uomo nei confronti dell ambiente (Legge sul Paesaggio 1497/39). Il tutto con evidente riferimento agli artt. 9 e 32 della Costituzione. Dagli anni ottanta ad oggi, soprattutto con la legge 349/86, si è passati ad un approccio organico alla tutela ambientale, iniziando a considerare il valore intrinseco riconosciuto alle risorse naturali. La materia delle Aree Protette rientra tra gli strumenti per la protezione della natura ricollegabili alla previsione Costituzionale tutela dell ambiente e dell ecosistema (art.117, comma III lettera s) di competenza esclusiva dello Stato. Come altri temi attinenti la protezione dell ambiente, il settore delle aree protette non può essere incasellato in una rigida griglia di materie poiché va ad interessare una serie di competenze riferibili a vari livelli istituzionali. La disciplina delle Aree Protette è forse il più significativo esempio di quanto affermato dalla Giurisprudenza costituzionale, ossia della necessità per la tutela dell ambiente dell integrazione dei vari livelli di tutela, ossia Stato, Regioni, Enti locali La legge 6 dicembre 1991, n. 394, ha dettato i principi per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese. Finalità: conservazione di specie animali o vegetali, applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali; promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici La Legge quadro sulle Aree Protette prevede che il perseguimento delle finalità istitutive avvenga anche attraverso l integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali Classificazione: Le Aree Protette sono classificate in Parchi Nazionali, Parchi naturali regionali, Riserve Naturali Statali e Regionali e Aree protette marine. L elenco ufficiale delle Aree protette viene redatto dal ministero dell Ambiente ed emanato con Decreto pubblicato in gazzetta ufficiale. Misure di salvaguardia: dall istituzione dell area protetta e fina all adozione di un suo piano e regolamento, vigono alcune misure di salvaguardia, quali divieto di nuove edificazioni, mutamento dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalità istitutive dell'area protetta. Operano inoltre i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'articolo 11 e precisamente: la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali; la raccolta e il danneggiamento delle specie vegetali, salvo nei territori in cui sono consentite le attività agro-silvo-pastorali; l'introduzione di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l'equilibrio naturale; l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali; la modificazione del regime delle acque; lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate dall'ente parco; l'introduzione e 3

7 l'impiego di qualsiasi mezzo di distruzione o di alterazione dei cicli biogeochimici; l'introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati; l'uso di fuochi all'aperto; il sorvolo di velivoli non autorizzato, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo. Il regolamento del parco stabilisce altresì le eventuali deroghe ai divieti. La legge prevede anche incentivi legati alla priorità di accesso ai finanziamenti regionali, statali e comunitari per chi vive ed opera all interno dell area protetta. Istituzione. I parchi nazionali sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni interessate. Le riserve naturali statali sono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni. Ente Gestore. L ente Gestore del Parco è composto da un presidente, un consiglio direttivo, una giunta esecutiva, un collegio dei revisori e una Comunità del Parco. Tali Organi hanno competenze diverse soprattutto nell approvazione degli strumenti di pianificazione e regolamentazione, nonché del bilancio. Gli enti durano in carica 5 anni Il direttore è a capo del personale e viene nominato, con decreto, dal Ministro dell'ambiente, scelto tra tre candidati proposti dal consiglio direttivo tra soggetti iscritti ad un albo istituito presso il Ministero dell'ambiente, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli. Il contratto non può superare i 5 anni Il regolamento. Viene approvato dal Ministro dell Ambiente, e disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio del Parco ed in particolare: la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti; lo svolgimento delle attività artigianali, commerciali, di servizio e agro-silvopastorali; il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto; lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative; lo svolgimento di attività di ricerca scientifica e biosanitaria; i limiti alle emissioni sonore, luminose o di altro genere, nell'ambito della legislazione in materia; lo svolgimento delle attività da affidare a interventi di occupazione giovanile, di volontariato, con particolare riferimento alle comunità terapeutiche, e al servizio civile alternativo; l'accessibilità nel territorio del Parco attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di handicap e anziani Il piano del parco suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo: a) riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità; b) riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'ente parco. c) aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'ente parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. d) aree di promozione economica e sociale, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori. Approvazione del Piano: deliberato dal Consiglio, deposito per osservazioni presso enti locali,approvazione da parte della Regione d intesa con il Parco Nulla osta Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'ente Parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro 60 giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato. Avverso il rilascio del nulla osta è ammesso ricorso giurisdizionale anche da parte delle associazioni di protezione ambientale 4

8 1.3 Lo stato dei finanziamenti delle aree protette: i parchi al verde La difesa della Patria è sacro dovere di ogni cittadino recita la Costituzione. Mentre si spendono valanghe di soldi per la Difesa da improbabili aggressioni esterne, si lesinano i fondi per la difesa dalle aggressioni interne (sempre più gravi e dirompenti). Fulco Pratesi FOTO:manifestazione contro i tagli ai parchi, estate 2010 Nel Ddl sulla Legge di Stabilità 2012, trasmesso alle Camere erano stati inizialmente destinati a programmi riguardanti le aree protette (Tabella C, l. n. 549/1995) euro nel 2012, di euro nel 2013 e nel Il WWF, sostenendo la richiesta dell allora Ministro dell Ambiente e della tutela del territorio e del mare Stefania Prestigiacomo aveva ricordato che nella Legge di Stabilità 2011 erano stati destinati a questo scopo per il 2011 e 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e Nell ultima versione, ufficiosa, della Legge di Stabilità 2012, in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, per l anno 2012 risulta che siano destinati ai programmi/interventi delle aree protette 5,721 milioni di euro per il 2012 e 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e C è da precisare che in Tabella C del Ministero risultano iscritte per il 2011 le sole risorse destinate a spese diverse da quelle di funzionamento delle aree protette, mentre le spese per il funzionamento e per il personale dei parchi terrestri sono state allocate su appositi capitoli di spesa della tabella di legge di bilancio (Tabella n. 9) e ammontano a poco più di 70 milioni di euro per l anno 2012, una cifra ritenuta adeguata a garantire l operatività dei parchi terrestri e che è più o meno invariata dal Ciò che risulta è al momento è, quindi, che mentre si riuscirà a garantire l ordinaria amministrazione e quindi l operatività delle 25 aree protette terrestri, c è il rischio concreto, ed è questo l aspetto più rilevante, che nel delle 27 aree marine protette debbano essere condannate all inoperatività, visto il taglio di 1/3 delle risorse previste per il loro funzionamento nel Infatti, l ammontare delle risorse destinate al funzionamento dei parchi marini è stato in media, dal 2008 ad oggi, di 5,5 milioni di euro l anno mentre nel 2012 a questo scopo il Bilancio di previsione del Ministero - a seguito dei tagli lineari, voluti dall ex ministro dell Economia e delle Finanze Tremonti - presenta uno stanziamento di 3,659 milioni di euro (1,9 milioni di euro rispetto alla cifra annuale considerata necessaria), mentre per gli anni successivi si tornerebbe alla normalità con 5,489 milioni di euro per ognuno degli anni 2013 e A questa già grave situazione dal punto di vista economico-finanziario si aggiunge un ulteriore grave handicap operativo: si ricorda che con la Legge di Stabilità 2012 non s è colta l occasione per correggere la norma della manovra estiva correttiva 2010 (art. 6, c. 2 del dl 78/2010, convertito nella legge 122/2010) nella quale si stabilisce che i presidenti (e quindi anche i commissari) dei parchi debbano svolgere gratuitamente un ruolo pubblico di alta responsabilità. Ciò avviene quando si doveva uscire dai numerosi commissariamenti in atto e quando sono in scadenza le nomine ministeriali, d intesa con le Regioni, di numerosi presidenti di parco, carica per la quale, 5

9 vista la gratuità, sarà difficile trovare persone competenti che si assumano delicate responsabilità amministrative di gestione delle aree protette, principale presidio per la tutela della natura nel nostro Paese. 1.4 Aree protette e Strategia Nazionale per la biodiversità Ad oggi nessun Piano del Parco, definito in base all art.12 della Legge quadro 394/1991, ha definito obiettivi chiari, concreti e misurabili per la conservazione della biodiversità Il 7 ottobre 2010 la Conferenza Stato Regioni ha adottato la Strategia Nazionale per la Biodiversità, in attuazione dell art. 6 della Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica (CBD). Un documento atteso nel nostro Paese dal 1994, anno di ratifica da parte del Parlamento italiano della CBD, che costituisce il presupposto essenziale per la creazione di un efficace sistema delle aree naturali protette istituite in base alla Legge quadro 394 del La creazione di un sistema ha infatti come presupposto la volontà da parte di soggetti diversi di operare nell ambito della propria autonomia gestionale, perseguendo obiettivi strategici comuni di area vasta e di medio e lungo termine. La definizione di obiettivi concreti, coerenti e misurabili è pertanto essenziale per fare sistema, ma è altrettanto indispensabile per definire modelli di gestione che siano verificabili in termini di efficacia. La Strategia Nazionale per la Biodiversità (SNB) ha confermato l importanza delle aree naturali protette come uno degli strumenti fondamentali ed irrinunciabili per le strategie di conservazione della biodiversità e dei processi ecologici del Pianeta. Una delle 15 aree di lavoro della SNB è dedicata alle aree naturali protette ed individua specifici obiettivi ed azioni prioritarie da attuare entro il 2020, ma le aree naturali protette possono svolgere un ruolo trasversale in molte delle 15 aree di lavoro identificate dalla Strategia stessa Negli ultimi anni, le politiche internazionali in materia di tutela della natura si sono arricchite di nuovi riferimenti concettuali ed operativi, di esigenze e di strategie, frutto di esperienze culturali, scientifiche e politiche che hanno aggiornato la missione delle aree protette, rendendola più funzionale e moderna rispetto ai target di conservazione della biodiversità a cui si aggiungono e si integrano altri importanti obiettivi quali la lotta alla povertà ed un reale sviluppo sostenibile. Le aree protette debbono quindi unire al loro obiettivo primario ed irrinunciabile della conservazione della biodiversità, servizi aggiuntivi ed integrativi attraverso lo sviluppo di attività sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Il Programma di Lavoro sulle Aree Protette (POWPA) approvato nel 2004 con decisione VII/28 nell ambito della COP 7 della CBD, da 118 Stati tra cui l Italia, rappresenta un importante ed ambizioso documento strategico basato sui risultati del V Congresso Mondiale dei Parchi della IUCN. Il Programma prevedeva - entro il 2010 per le Aree Protette terrestri e entro il 2012 per le Aree Marine Protette - di stabilire sistemi di aree protette nazionali e regionali completi, efficacemente gestiti ed ecologicamente rappresentativi. L obiettivo strategico al 2010 è stato fallito e sarà compito del VI Congresso Mondiale dei Parchi previsto in Australia nel 2014 ridefinire e rilanciare le sfide globali per il sistema delle aree naturali protette. L area di lavoro della SNB sulle aree naturali protette ha identificato alcune significative criticità che possono essere sintetizzate come segue: carenza nell approccio strategico, sistemico e sinergico nella gestione delle aree protette, sia a livello centrale che locale; carenza e non omogenea disponibilità delle conoscenze naturalistiche e socioeconomiche di base da utilizzare quali punti di riferimento per le scelte operative e gestionali; 6

10 carenza nell azione formativa per il raggiungimento di un omogeneo livello professionale del personale delle aree protette, con riferimento a tutti i ruoli; mancanza della percezione delle opportunità e delle potenzialità di sviluppo economico e sociale offerte dalle aree protette e diffuso atteggiamento teso ad evidenziare i soli obblighi e divieti, da parte di amministrazioni, comunità locali e portatori di interesse; lentezza degli iter approvativi degli strumenti di pianificazione e di sviluppo socioeconomico; lentezza nell iter istitutivo e nell effettivo decollo del sistema delle aree marine protette, mancanza di modelli condivisi di verifica ambientale ed economica dell efficacia e dell efficienza di gestione delle singole aree protette, da utilizzare sia a livello centrale che regionale e provinciale; carenza di figure professionali tecniche con spiccato profilo curriculare di settore negli enti di gestione, con inevitabili ripercussioni sul raggiungimento di adeguati obiettivi di conservazione e di sviluppo sostenibile; scarsità di finanziamenti sia a livello statale che regionale, in relazione alla qualità ed alla quantità dei servizi offerti ed utilizzo non sempre coerente ed efficace dei fondi disponibili in riferimento agli obiettivi di conservazione discendenti dalla normativa nazionale. La Strategia Nazionale per la Biodiversità ravvisa la necessità di dare un forte impulso alla gestione delle aree protette, nella direzione del fare sistema, mettendo in comune e condividendo obiettivi di conservazione e di sviluppo sostenibile, investendo significative energie e risorse, e prevedendo l avvio di una fase programmatica e progettuale speciale che veda nella stessa Strategia Nazionale il necessario punto di riferimento. La SNB identifica pertanto alcuni obiettivi specifici, da conseguire entro il 2020: 1. promuovere un efficace politica nazionale per le aree protette, organicamente inserita nelle strategie per la conservazione della natura e in quelle per lo sviluppo economico e territoriale del Paese, basata sull individuazione di obiettivi comuni e differenziati, lungimiranti ed ambiziosi e sulle strategie da adottare per la loro realizzazione; 2. porre le basi per un reale approccio sistemico delle aree protette favorendo, in particolare, la nascita e il potenziamento ove esistenti, di strutture tecniche a livello statale, regionale e provinciale in grado di garantire, attraverso l assistenza e la fornitura di servizi qualificati, lo sviluppo del sistema delle aree protette in termini di performance ecologiche, sociali ed economiche; 3. concludere al più presto l iter di approvazione degli strumenti di pianificazione, gestione e sviluppo socio-economico delle aree protette nazionali e regionali, che comprendano specifiche misure di conservazione per gli habitat e le specie di interesse comunitario se presenti, e ne monitorino l efficacia per la conservazione della biodiversità; 4. rendere le aree protette effettive punti focali delle reti di ricerca e monitoraggio sul territorio per i temi inerenti la biodiversità e sede privilegiata di collaborazione con il mondo della ricerca; 5. colmare i ritardi nell istituzione e nello start up delle aree marine protette; 6. supportare il sistema delle aree protette con finanziamenti adeguati. Le priorità di intervento individuate dalla specifica area di lavoro della SNB sono le seguenti: a) colmare le lacune conoscitive naturalistiche e socio-economiche di base, da utilizzare quali punti di riferimento per le scelte operative e gestionali; b) dotare le aree protette di un set comune, discusso e condiviso, di indicatori che consentano la verifica dell efficacia e dell efficienza di gestione, al fine di monitorarne e misurarne i progressi e le criticità, nell ottica della gestione adattativa; c) intensificare programmi di formazione del personale delle aree protette e di condivisione delle conoscenze e delle buone pratiche; 7

11 d) sviluppare programmi e progetti di sensibilizzazione, informazione, divulgazione, interpretazione ed educazione sui temi della biodiversità e della sua conservazione, anche in un ottica globale; e) adottare criteri di scelta, basati su specifici contenuti curriculari di settore, nell individuazione delle figure da inserire negli enti di gestione; f) sviluppare concreti progetti di conservazione su specie, habitat, processi ecologici e servizi ecosistemici, all interno di un programma organico discusso e condiviso; g) adottare la Carta Europea del Turismo Sostenibile e Responsabile da parte dei parchi nazionali e realizzare di azioni per la promozione di nuove attività imprenditoriali sul territorio finalizzate alla valorizzazione sostenibile della biodiversità; h) favorire programmi e progetti di valorizzazione dei saperi tradizionali delle comunità locali coinvolgendole nella gestione del territorio e dei servizi dell area protetta, con riferimento all approccio ecosistemico. Un problema della Strategia Nazionale per la Biodiversità è la modalità di declinazione nelle diverse aree di lavoro degli obiettivi specifici e delle priorità d intervento. Obiettivi ed azioni sono declinate in modo troppo generico e risultano per questo poco concrete e difficilmente misurabili. In alcune aree di lavoro si riscontra una migliore declinazione degli obiettivi ed una maggiore coerenza delle priorità d intervento, in altre restano obiettivi specifici con indicazioni troppo generali per i quali risulterà oggettivamente difficile associare indicatori misurabili in grado di valutarne con efficacia lo stato di attuazione. Per tracciare un efficace strategia di conservazione è fondamentale partire dalla definizione di obiettivi chiari e ragionevoli formulati in maniera da poter essere strumenti fondanti ed efficaci della successiva pianificazione ed implementazione della strategia stessa. Considerando questo uno degli elementi di maggiore criticità della SNB è indispensabile la definizione di un Piano di Azione per il Sistema delle Aree Naturali Protette che identifichi pochi obiettivi strategici ed operativi declinati però con il necessario dettaglio e funzionali alla verifica dell efficacia delle azioni che ogni singolo Parco o Riserva Naturale riuscirà ad attuare come proprio specifico contributo all interno del sistema. Proponiamo per questo alcuni suggerimenti metodologici utili per la formulazione di obiettivi efficaci e funzionali. Gli obiettivi rappresentano l elemento centrale di qualsiasi processo di conservazione in quanto condizionano ogni altra azione e influenzano la sua applicabilità. Obiettivi vaghi o troppo ambiziosi, producono risultati insoddisfacenti o non valutabili dal punto di vista dell efficacia. Gli obiettivi devono esprimere intenzioni chiare e nette di ciò che si vuole raggiungere, devono determinare gli ambiti in cui le azioni di gestione saranno applicate e devono fornire le basi per un idoneo programma di monitoraggio. L obiettivo deve essere: - realistico (raggiungibile con le risorse a disposizione), - specifico (rispetto alle condizioni desiderate), - misurabile (rispetto ai risultati). La descrizione degli obiettivi al livello più definito permette di misurare il loro raggiungimento usando degli indicatori (dimensione delle popolazioni di interesse, estensione degli habitat, riduzione percentuale di un fattore di minaccia, ecc.) nonché la loro quantificazione temporale. Gli obiettivi dovrebbero essere definiti sulla base di questi sei elementi chiave: 1. - Specie o Fattore: rappresenta ciò che sarà monitorato 2. - Attributo: parametro che è oggetto della misura (numero, densità, peso,ecc.). 8

12 3. - Ambito geografico: area geografica di intervento Azione: è il verbo che esprime l obiettivo (incrementare, mantenere, eliminare etc.) Quantità/Stato: la grandezza, misurabile, di variazione attesa del parametro scelto Tempi: ambito temporale fissato per raggiungere o monitorare i risultati. In questo modo la misurabilità dell'obiettivo appare immediata, così come è immediata la percezione delle azioni che devono essere messe in atto al fine di perseguire tali obiettivi. Ad oggi nessun Piano del Parco, definito in base all art.12 della Legge quadro 394/1991, ha definito obiettivi chiari, concreti e misurabili per la conservazione della biodiversità privilegiando un approccio essenzialmente basato sulla pianificazione territoriale ed urbanistica dei territori delle aree naturali protette. In relazione alla ridotta disponibilità di risorse per gli investimenti nella gestione dei parchi e delle altre aree naturali protette è urgente e necessario focalizzare l attenzione su pochi obiettivi strategici ed operativi declinati nel modo corretto e funzionale alla verifica dell efficacia di gestione rispetto alla prioritaria finalità della conservazione della biodiversità. Partendo dagli obiettivi e dalle azioni declinate nelle 15 aree di lavoro della SNB è possibile predisporre in tempi brevi un Piano di Azione per il Sistema delle aree naturali protette con l intento comune di aumentare l efficacia e l efficienza di gestione dell insieme dei Parchi nazionali e regionali, delle Riserve naturali dello Stato e regionali, delle aree marine protette come consegnate oggi dai venti anni di applicazione della Efficacia e standards Alla luce di una situazione di crisi della biodiversità, una delle priorità dei biologi della conservazione in tutto il mondo, deve essere rappresentata dalla ricerca di strumenti atti a migliorare l efficacia degli interventi Per fronteggiare la crisi che oggi minaccia di portare a fenomeni di estinzione e degrado della biodiversità di intensità crescente, è necessario progettare e realizzare piani di conservazione su scale spaziali e temporali maggiori rispetto al passato. Tutto ciò richiede una rinnovata sinergia tra la pianificazione di attività a carattere sovra-nazionale e l intervento a carattere locale. Partendo da queste considerazioni e dal fatto che le risorse economiche e le capacità di intervento in favore della conservazione della biodiversità sono limitate, il WWF Internazionale ha lanciato un grande e ambizioso progetto volto a rendere più efficaci e efficienti gli sforzi di conservazione: la Strategia di Conservazione su Base Ecoregionale. Per quanto riguarda l Italia, nel periodo è stato compiuto dal WWF Italia un processo senza precedenti, ovvero lo sforzo di costruire una Strategia di conservazione secondo i principi della Conservazione Ecoregionale, per le due Ecoregioni italiane : Alpi e Mediterraneo. L applicazione della Conservazione ecoregionale ha richiesto uno sforzo culturale e applicativo di notevole rilievo, perché per la prima volta il WWF Italia si è confrontato con un centinaio di esperti esterni all Associazione per definire la propria strategia, basandosi su una visione a lungo termine, un analisi approfondita delle cause profonde alla radice della perdita di biodiversità, adottando un atteggiamento pro-attivo e con un nuovo spirito di partecipazione. I risultati sono contenuti nelle due Biodiversity Vision presentate ufficialmente in occasione del 40ennale del WWF Italia e poi utilizzati, sia per quanto riguarda la metodologia sia i risultati, 9

13 per orientare la Strategia Nazionale della Biodiversità, realizzata nel 2010 dal Ministero dell Ambiente con il contributo determinante del WWF Italia. Nell ambito della strategia ecoregionale, le aree protette e la Rete Natura 2000 hanno un ruolo cruciale e fondamentale, tanto che uno degli obiettivi prioritari è stato declinato con particolare attenzione ad assicurare la conservazione dei valori ecoregionali di biodiversità attraverso il ruolo efficace della rete delle aree protette e con il contributo della Rete Natura In altri termini occorre che i Piani di Gestione e le attività di gestione (anche ordinaria) delle aree protette (compresi i siti Natura 2000) siano segnatamente in sintonia con le indicazioni gestionali definite, nell ambito della Strategia Nazionale per la Biodiversità, con particolare riferimento al mantenimento e recupero delle condizioni ecologiche ottimali per le zone umide di interesse ecoregionale, i sistemi dunali e le Aree marine protette (AMP). Le aree protette contribuiscono, in forma coordinata e partecipata, al raggiungimento di obiettivi generali (a scala ecoregionale). Il raggiungimento di questo obiettivi operativi che prevedano: la creazione di un sistema di gestione efficace dei siti Natura 2000 (individuazione degli enti di gestione; sviluppo dei piani di gestione, sviluppo di una strategia di rete, ecc.); l elaborazione e l attuazione (riconoscimento normativo) dei piani di azioni per le specie di interesse comunitario presenti nell ecoregione; l adozione da parte delle Aree Protette di Standard gestionali internazionali la promozione di progetti di conservazione, sviluppati a livello di Area prioritarie vaste veda la partecipazione di tutte le aree protette presenti sul territorio. Il WWF Italia sta adottando e promuovendo la metodologia standard (WWF Standard) definita con un network di organizzazioni internazionali per la pianificazione e gestire i programmi e i progetti di conservazione. In questi anni la metodologia è stata applicata: Riserva Naturale Regionale Ripabianca di Jesi (AN) Oasi WWF Monumento Naturale Palude di Torre Flavia Provincia di Roma Oasi WWF di Macchiagrande e Vasche di Maccarese (RM) Riserve dello Stato della Laguna di Orbetello e del Lago di Burano (GR) In collaborazione con il MATTM in tutte le Aree Marine Protette ASPIM (Miramare, Torre Guaceto, Plemmirio, Tavolara, Portofino). In relazione ai siti in questione sono attivate due tipologie di intervento: A) Utilizzo della metodologia degli Standard di conservazione a supporto alle attività gestionali; B) Formazione e trasferimento di know-how sull utilizzo degli Standard di Conservazione. Inoltre sono stati sviluppati corsi di formazione e collaborazioni per diffondere tale metodologia, in particolare una serie di seminari sono stati sviluppati con il Formez (Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle P.A.). Il WWF a livello internazionale, in collaborazione con The Nature Conservancy (TNC), la FOS (Foundation of Success) e molti altri soggetti che hanno costituito la Conservation Measures Partership, CMP ( ), ha prodotto gli standard per la gestione di azioni di conservazione, detti Conservation Standards. 10

14 Il WWF Italia si è formato sia nell applicazione dei medesimi, sia nelle azioni di formazione e tutoraggio della loro applicazione (valutazione dello stato delle minacce, l analisi degli stakeholders, piani d azione e di monitoraggio basati su indicatori di efficacia di gestione o indicatori di performance), sia nella realizzazione di interventi di gestione nelle modalità individuate dagli Standards. Indicatori peraltro già applicati alla gestione in una selezione di Aree Marine Protette italiane in un progetto MATTM-FederParchi-WWF Italia. Gli Standards si basano su un processo che prevede una serie di fasi con un approccio prettamente sistematico (scientifico ovvero standardizzato) nelle azioni di gestione. Questa serie di azioni agisce secondo un processo circolare (vedi figura) che va dalla determinazione dei target di conservazione, all analisi delle minacce, alla determinazione delle azioni, al piano di monitoraggio delle stesse, all analisi dell efficacia delle azioni, a processi di comunicazione e di gestione adattativa, fino alla rivalutazione dello stato delle minacce e al ricominciare del ciclo secondo un processo quantificabile e tangibile, che vuole essere virtuoso. L applicazione di tali standard ha portato in molte realtà ad un notevole aumento dalla efficacia ed efficienza di gestione. Si tratta di una metodologia elaborata nel corso degli ultimi 20 anni dalle maggiori organizzazioni internazionali che si occupano di conservazione. Dal confronto tra le diverse metodologie e approcci è nato l Open Standard For the Pratice of Conservation, che è la risultante dei vari modelli. Tale modello prevede 5 fasi, che vanno dalla definizione dei target al monitoraggio, passando per l intero ciclo di gestione. Si tratta di un modello che tenta di semplificare un percorso molto articolato e complesso, e ha l ambizione di porsi come approccio completo, che prevede ad es. anche le fasi di team building, raccolta fondi, creazione relazioni, comunicazione, gestione amministrativa, rendicontazione, oltre a molte altre. Viene inoltre messo a disposizione un programma informatico per la costruzione e gestione di un progetto o programma di conservazione denominato Miradi. 1.6 Le cenerentole: Aree marine protette E con questa sindrome di Cenerentola, mai curata, che sopravvive una rete che ad oggi conta 32 aree istituite per una superficie totale di circa ettari di mare protetto Ventinove anni fa, nel 1982, veniva varato in Italia uno strumento normativo, allora avveniristico, ed oggi ancora attuale. Si trattava della la legge per la Difesa del Mare, che introduceva il concetto di limitazione dell inquinamento marino e dell applicazione di sistemi organizzati per la tutela del mare e delle coste in Italia. Inventava, anche, le aree marine protette, e lo faceva ben nove anni prima delle legge quadro sulle aree protette. La legge che introdusse, poi, ulteriori finalità e modalità generali di gestione del mare, non previste nel Legge che generò, specialmente dopo l abrogazione del Ministero della Marina Mercantile, un sistema di aree marine protette (AMP) che mai, di fatto, si integrò e si parificò a quello delle sorelle terrestri e dei parchi nazionali. E con questa sindrome di Cenerentola, mai curata, che sopravvive a tutt oggi una rete che ad oggi conta 32 aree istituite (della cinquanta previste), per una superficie totale di circa ettari di mare protetto. Questo caso italiano sorprende e meraviglia tutto il Mediterraneo, l Europa ed anche i gestori di oltreoceano della National Ocean and Atmospheric Administration (NOAA) sia per i modelli di gestione che sono stati implementati nei diversi contesti socio-economici italiani sia per i numeri 11

15 dichiarati di mare e coste protette. 27 Aree Marine Protette, 2 parchi nazionali con perimetrazione a mare, 2 parchi archeologici subacquei ed il santuario internazionale dei Cetacei determinano un computo totale di ettari di mare e fondali protetti.. Il perimetro costiero ammonta invece a 957 Km di costa tutelata pari al 12,7 % dell estensione complessiva delle coste italiane. Tuttavia, a livello globale siamo ben lontani dal raggiungere quella soglia del 10 % attesa per il 2012, essendo in Italia appena poco sopra all 1%. Aldilà dei numeri, sempre facilmente contestabili e di difficile dimostrare dimostrazione, è evidente che si sia svolta una decisa azione di protezione (sebbene ancora insufficiente). All ultima Conferenza delle parti della Convenzione sulla Diversità Biologica, è stata ratificata la sconfitta del 10% di mare protetto entro il 2012, ma è stato rilanciato il concetto dell importanza delle reti di aree protette ecologicamente rappresentative, ben interconnesse, integrate con il paesaggio costiero e terrestre, e in particolare gestite efficacemente. Anche il WWF Italia punta sul consolidamento della rete attuale di Aree Marine italiane che rappresenta oggi nella sua interezza un laboratorio diffuso ed avanzato per il governo e la tutela del mare del mare e delle coste, ben radicato nelle comunità locali, e che svolge spesso un ruolo di supporto agli enti istituzionali. Occorre pertanto stabilizzare e potenziare le risorse finanziarie pubbliche di contributo alla rete di AMP italiane andando contemporaneamente a supportare i soggetti gestori con innovativi sistemi di gestione, riconosciuti ed utilizzati a livello internazionale. E questa la finalità del Progetto ISEA (Interventi Standardizzati di Gestione Efficace per le aree marine protetta) svolto con la collaborazione del Ministero dell Ambiente e con 8 AMP, Portofino, Tavolara, Plemmirio, Torre Guaceto, Porto Cesareo, Capo Caccia, Punta Campanella, e Miramare, identificate all interno della rete ASPIM (Aree Speciali di Importanza Mediterranea) secondo la Convenzione di Barcellona. Queste aree hanno elaborato ed utilizzano un piano di gestione standard, adattato alle proprie esigenze, in cui rispetto ad obiettivi dichiarati di conservazione possano essere misurati i risultati di gestione attraverso specifici indicatori. Uno strumento chiaro, semplice e trasparente per chi ha la responsabilità della gestione, del controllo e della modifica in corso d opera azioni della gestione, ed utile per testimoniare alle popolazioni locali e pubblico generico i risultati raggiunti. Ed i casi di successo sono diversi, vanno consolidati, analizzati nei processi e pratiche di gestione, che poi devono essere trasferiti ed applicati a tutte le AMP della rete. Devono essere anche pubblicizzati in maniera opportuna per permettere a tutte le AMP di uscire dal loro contesto locale dimostrando a livello nazionale che la rete, figlia delle 979/82 e della 394/91, è un laboratorio di blue economy in attivo. Produce, economicamente parlando, servizi eco sistemici (benefici economici e qualità della vita). Basti pensare alla pesca, alla promozione turistica, alle ricadute locali ed alla qualità dell immagine MARE del Bel Paese. Poi a livello occupazionale per via diretta ed indotta, si pensi alle numerose cooperative di lavoro che sono sorte a supporto dei servizi offerti delle AMP, ed altri occasioni di sviluppo locale che devono essere misurate e fatte, a questo punto, conoscere al grande pubblico e alla governance nazionale. Non va poi dimenticato che il WWF stesso opera in questo network, in qualità di gestore di due Aree Marine Protette, Miramare e Torre Guaceto, ed è impegnato nella gestione diretta di oltre 100 Oasi in tutta Italia. E questo serve a dimostrare che l investimento in natura è sempre in attivo. 12

16 1.7 Turismo ed Aree Naturali Protette Il patrimonio naturale conservato e valorizzato dalle aree naturali protette genera e sostiene l economia reale del Paese La natura ed il paesaggio, insieme alla cultura e alla ricchezza dell offerta enogastronomica, rappresentano un attrattore importante per il turismo interno ed internazionale. La conferma arriva dall edizione 2011 del Rapporto Ecotur su turismo e natura, pubblicazione realizzata dall Osservatorio Ecotur, composto da Istat, Enit (Agenzia Nazionale del Turismo), Università degli Studi dell'aquila e Regione Abruzzo, che da nove anni raccoglie dati statistici, conduce analisi ed indagini, per definire contenuti e dinamiche dell offerta turistica legata alla natura in Italia. Secondo i dati del 9 rapporto sul turismo natura i parchi e le aree protette sono il segmento più rappresentativo del turismo natura in Italia, con oltre 99 milioni di presenze totali negli esercizi ricettivi. Dal 2006 al 2010 le presenze totali nelle strutture recettive ufficiali delle aree naturali protette italiane sono in costante aumento con un incremento di quasi 5 milioni di presenze in cinque anni. La percentuale d incremento risulta essere minore tra il 2009 e 2010 (+ 0,51%) rispetto al passato (l incremento del 2008 rispetto al 2007 è stato + 1,97%) ma resta comunque positivo in un momento di flessione generale del turismo nel nostro Paese. Il turista alla ricerca della natura in Italia premia i Parchi e le Aree naturali protette (34%), segue la montagna (22%), il turismo rurale (12%), il mare-riserve marine (10%) e i borghi più belli d Italia (9%). Nel 2010 quasi un turista su quattro (il 23,5%) ha scelto gli hotel per le proprie vacanze in natura, rispetto al 20,8% dei B&B e al 20,7% degli agriturismi. La presenza negli alberghi è però in calo negli ultimi cinque anni mentre il B&B e l agriturismo risultano essere in lieve crescita costante nel tempo. Le strutture tipiche del turismo rurale e la recettività diffusa tipica del B&B rappresentano insieme il 41,4% dei soggiorni delle vacanze in natura. Tornano a crescere, dopo 6 anni di calo costante, le case private, che pesano per l 11,5% contro il 10,8% del 2009 e i campeggi, 8% (+0,3). In aumento anche i camper, che arrivano al 6,5% (+1%). La vacanza in natura è comunque breve, il 41,2% dei turisti ha una presenza giornaliera, il 25,6% trascorre il weekend, 14,4% soggiorna per almeno 3 notti, 11,4% una settimana e il 7,4% oltre. La crescita complessiva del turismo legato alla natura si riflette in positivo anche sul fatturato degli operatori e delle strutture recettive, che ammonta complessivamente a circa 10,75 miliardi di euro a livello nazionale, con un incremento nel 2010 del +0,34%. Nel 2010 i Parchi Nazionali più graditi dai clienti dei Tour Operator italiani sono stati il Parco Nazionale d Abruzzo, Lazio e Molise (24%), il Parco Nazionale del Gran Paradiso (22%), le Cinque Terre (23%), lo Stelvio (16%), il Pollino (15%), il Circeo (11%), l Arcipelago Toscano (9%), la Maiella (8%), la Sila (7%). I clienti dei Tour Operator stranieri hanno preferito, invece, il Parco Nazionale delle Cinque Terre (23,1%), le Dolomiti Bellunesi (17,4%), l Appennino Tosco- Emiliano (10,4%), l Arcipelago Toscano (10,3%), il Vesuvio (10,1%), l Abruzzo,Lazio e Molise (5,3%), il Gran Paradiso (5,2%), l arcipelago di La Maddalena (2,4%), lo Stelvio (2,3%) il Cilento Vallo di Diano (2,3%), Monti Sibillini (2,2%), il Gargano (1,8%), il Gran Sasso Monti della Laga (1,8), Appennino Lucano Val d Agri Lagonegrese (1,2%), Aspromonte (0,6%), Alta Murgia (0,6%). Sono premiati i Parchi Nazionali storici e le località turistiche comunque privilegiate dai turisti italiani e stranieri per l insieme del loro patrimonio naturale e culturale. Potrebbe sorprendere in parte la performance del Parco Nazionale di carta del Gennargentu meta prescelta dal 13

17 2,9% dei turisti dei Tour Operator stranieri. In realtà il dato sottolinea l elevato valore del patrimonio naturale della Sardegna che un Parco Nazionale operativo avrebbe sicuramente valorizzato maggiormente. I turisti italiani scelgono le loro vacanze nella natura per le attività sportive (42%), l enogastronomia (19%), il relax (16%) e la riscoperta delle tradizioni (13%), mentre i turisti stranieri prediligono le attività sportive (36,7%), le visite nei borghi (20,5%), le passeggiate nella natura (19,2%), l osservazione di flora e fauna (12,8%) e il benessere in centri specializzati (10,8%). 1.8 Agricoltura e Aree naturali protette Il WWF Italia ha individuato l aspetto della gestione multifunzionale dell azienda agricola quale elemento di forza per promuovere una gestione sostenibile del territorio rurale Tra le finalità della Legge quadro sulle aree protette, n. 394 del 1991, figura anche la applicazione di metodi di gestione ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale anche mediante la salvaguardia delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali. È insito in questa definizione normativa un abbozzo del concetto di sviluppo sostenibile capace di valorizzare l'attività agro-silvo-pastorale come metodo di azione per la gestione dell area naturale protetta, con un attenzione anche al reddito dell'agricoltore che sul territorio vive ed opera. La stessa prioritaria finalità della conservazione del patrimonio naturale per i parchi chiama in causa direttamente il ruolo degli agricoltori sul territorio. Sempre di più infatti la "conservazione" corrisponde alla custodia, alla manutenzione e al mantenimento del patrimonio naturale che per il suo straordinario valore ha giustificato l'istituzione dell'area protetta. In particolare perseguire l'obiettivo strategico della "conservazione" significa oggi operare attivamente per assicurare il mantenimento di campioni rappresentativi delle principali unità biotiche, il mantenimento degli ecosistemi in funzionamento perpetuo, il mantenimento della diversità biologica, il mantenimento delle risorse genetiche, il mantenimento delle bellezze paesaggistiche e dell'ambiente fisico. L importanza del territorio rurale per la conservazione della biodiversità è testimoniata dal 92% del territorio europeo occupato da aree rurali e da circa il 50% delle specie animali minacciate o in declino in varia misura dipendente dagli ambienti agricoli. In Italia le aree agricole di elevato valore naturale interessano circa 6 milioni di ettari, il 32% della superficie agricola totale e si trovano soprattutto nelle aree naturali protette. La definizione di Elevato Valore Naturale (HNV) viene utilizzata per descrivere vasti tipi di coltivazioni che, grazie alle loro caratteristiche, sono particolarmente ricchi in biodiversità. Si tratta generalmente di sistemi di coltivazione a bassa intensità. A partire dagli anni 90 si è assistito ad un crescente riconoscimento del fatto che la conservazione della biodiversità in Europa dipenda dal mantenimento di questi sistemi di coltivazione in vaste aree rurali. Il WWF Italia ha individuato l aspetto della gestione multifunzionale dell azienda agricola quale elemento di forza per promuovere una gestione sostenibile del territorio rurale. La multifunzionalità viene definita come diversificazione delle funzioni svolte dall imprenditore agricolo: produttiva, ambientale, paesaggistica, ricreativa, educativa, culturale, ecc.). Il WWF Italia sostiene che l azienda agricola multifunzionale sia una via preferenziale per promuovere e realizzare pratiche di lavoro basate sulla tutela e la valorizzazione dell ambiente, definendo e realizzando nuovi servizi, focalizzati su azioni nel settore della tutela e della fruizione dell ambiente e valorizzando il ruolo dell aziende agricole multifunzionali nel mercato del turismo di qualità e dei servizi pubblici. Anche la Legge di orientamento in agricoltura (D. Lgs n. 14

18 228) conferisce all agricoltore peculiarità relative alla multifunzionalià del suo ruolo sul territorio che lo caratterizzano e lo qualificano come possibile custode dell ambiente e del paesaggio. Negli atti propedeutici alla genesi di questo provvedimento (L.57/2001, art. 7) si chiarisce come la normativa sull orientamento in agricoltura dovesse promuovere il sostegno e lo sviluppo economico e sociale dell agricoltura assicurando la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale, ed inoltre favorire lo sviluppo rurale.. comprese quelle relative alla gestione ad ella tutela ambientale e paesaggistica, anche allo scopo di creare fonti alternative di reddito. Il 10,42% circa del territorio del nostro Paese risulta oggi protetto da aree naturali protette conformi alla Legge 394, un territorio sottoposto ad un regime straordinario di gestione che vede frequentemente l esistenza di una diffusa attività agricola con tutte le problematiche che talora si palesano, ma anche con tutte le potenzialità di sviluppo sia di tipo territoriale, che economicoimprenditoriale, talora espresse in altri casi allo stadio di embrione. L'Unione Europea, d altro canto, ha disegnato un ruolo nuovo per l agricoltore, più incisivo sulla gestione diretta del territorio e partecipe anche dei processi che su questo intervengono. L introduzione della eco-condizionalità piuttosto che il greening previsto dalla proposta di riforma della Commissione UE per la PAC post 2013 sono segnali importanti sull indicazione di una strada intrapresa che non lascia adito a dubbi interpretativi. Altresì l esperienza di campo mostra il permanere di problematiche tuttora da risolvere che con l adozione di idonei strumenti potranno essere affrontate e gestite. L attività agricola nei parchi, o meglio la presenza di un uomo agricoltore è, comunque, spesso elemento fondante e sinonimo di tutela, gestione attenta all ambiente ed indispensabile ausilio alla conservazione della natura. Al fine di assicurare un sempre maggiore coinvolgimento delle attività agricole nelle aree naturali protette è necessario identificare un elenco di questioni che, attraverso tavoli di confronto diretti con i detentori d'interessi generali e particolari possano essere condotte a soluzione. Va forse meglio sottolineato il ruolo che la categoria agricola oggi riveste, in quanto gestendo quotidianamente il territorio, cioè il supporto fisico sul quale è costituito il Parco o l area naturale protetta, essa è considerata una categoria solamente economica ignorandone o sottovalutandone il ruolo svolto o il ruolo che potenzialmente potrebbe svolgere per la gestione di attività direttamente e indirettamente connesse alle finalità delle stesse aree naturali protette. Nella politica comunitaria, infatti, si stanno valorizzando sempre di più le esigenze di tutela e promozione del territorio, in modo particolare in quelle zone dove più difficile è svolgere un attività produttiva, cercando di trasformare vincoli e limitazioni in opportunità. Fissato e condiviso perciò il prioritario ruolo di tutela, talora anche rigorosa, che le aree naturali protette rivestono per un paese come il nostro, deve essere attentamente considerato che la conservazione di molti habitat all interno delle aree naturali protette dipende direttamente dallo svolgimento dell'attività agricola o di allevamento. E inoltre importante evidenziare come la tutela delle attività agricole maggiormente soggette a danneggiamento da parte del patrimonio faunistico non debba servire a giustificare l'apertura dell'attività venatoria all'interno del sistema nazionale delle aree naturali protette. La difesa delle colture maggiormente interessate da tali fenomeni ha bisogno comunque di risposte efficaci e puntuali. Ogni provvedimento di controllo delle popolazioni delle diverse specie di fauna selvatica non può prescindere da valutazioni tecnico scientifiche dalle quali si deve partire per l'individuazione di quelle misure di gestione del patrimonio faunistico in grado di eliminare con efficacia il problema del danno alle produzioni agricole e zootecniche. Tali indicazioni tecnico scientifiche non possono essere disconosciute per favorire una delegittimazione del valore delle aree naturali protette. Riconoscendo che una severa tutela ambientale può comportare, nelle aree di maggiore interesse, una non eludibile compressione dell attività agricola esercitata con modalità non sempre sostenibili è parimenti necessario riconoscere all agricoltore forme di compensazione economiche collegate ad un suo coinvolgimento attivo nella gestione di servizi ambientali e sociali per il territorio dell area naturale protetta valorizzando modelli di gestione multifunzionali delle aziende agricole. 15

19 Alcuni argomenti sui quali sarà opportuno approfondire il dibattito attraverso un costruttivo confronto con le Associazioni agricole dovranno essere i seguenti: attivazione dei Tavoli di consultazione tecnica, nazionali e regionali con le Associazioni Professionali Agricole e le Associazioni ambientaliste; promuovere tra le Amministrazioni pubbliche coinvolte nella gestione delle aree naturali protette, le Organizzazioni Professionali Agricole e le aziende agricole singole o associate operanti sul territorio delle opportune specifiche convenzioni in base agli art. 14 e 15 del Dlgs 228/2001 al fine di valorizzare la multifunzionalità a servizio dell area naturale protetta; aprire un rapporto diretto tra Organizzazioni Professionali Agricole ed i singoli Presidenti e Direttori dei Parchi e delle aree naturali protette attraverso l attivazione di tavoli tematici di confronto e collaborazione nei singoli Enti parco; per quanto riguarda i finanziamenti, è necessario definire e promuovere con gli Enti preposti progetti di sviluppo che prevedano una concreta collaborazione, partecipazione, crescita e ricaduta economica sugli agricoltori; prevedere modalità per il coinvolgimento e la partecipazione delle Organizzazioni Professionali Agricole, almeno a livello tecnico, alla stesura dei piani di gestione ed eventuali regolamenti della "Rete Natura 2000"; coinvolgere le Organizzazioni Professionali Agricole nella predisposizione, ideazione, realizzazione e verifica dei progetti e delle azioni per la costruzione sul territorio della Rete Ecologica Nazionale attraverso la promozione di accordi agro-ambientali d area vasta per la conservazione della biodiversità. Dal 2007 il WWF Italia ha promosso e coordina un gruppo di lavoro nazionale proprio sul tema della multifunzionalità dell azienda agricola per la conservazione della biodiversità al quale hanno al momento aderito le seguenti Associazioni ed Enti: Agriturist, Azienda Romana Mercati, AIAB, CIA, Coldiretti, Federbio, Federparchi, INEA, ISMEA, ISPRA, LIPU, S.I.E.P., Terranostra, Turismo Verde, WWF Italia Onlus, Società WWF Oasi, Società WWF Ricerca & Progetti. Il gruppo di lavoro ha condiviso la realizzazione di alcune attività per la promozione della multifunzionalità ed organizzato vari momenti di confronto nell ambito del salone nazionale dell agriturismo Agri&Tour di Arezzo. L importanza strategica del coinvolgimento degli imprenditori agricoli nell azione di conservazione del WWF Italia è testimoniato inoltre dalla realizzazione di alcuni specifici progetti come le Fattorie del Panda, progetto nato per promuovere una rete di agriturismi, localizzati all interno o in prossimità di aree naturali protette (Parchi, Riserve Naturali, Oasi) o dei siti Natura 2000 che perseguono l obiettivo della sostenibilità ambientale e promuovono modelli di gestione multifunzionale dell impresa agricola. Il progetto rappresenta l adattamento italiano di una iniziativa analoga già realizzata dal WWF in Francia ed in Belgio ed è promosso in Italia con la Federparchi e le tre principali Associazioni dell Agriturismo italiano, Terra Nostra, Agriturist e Turismo Verde. 16

20 1.9 La Rete Natura 2000 Ciò che ha reso questo lembo di terra circondato da isole, un patrimonio immenso di vita animale e vegetale per il mondo intero, va salvato dalla capillare distruzione di ogni giorno Si sente spesso parlare di Rete Natura 2000, senza riuscire a dare una chiara identità a questa sigla apparentemente scarna, ma che di fatto racchiude uno scrigno preziosissimo di biodiversità. La Rete Natura 2000 è composta da siti individuati in base alla presenza di invertebrati, mammiferi, rettili, anfibi, pesci, uccelli, ed ancora: piante annuali, arbustive, arboree ed infine habitat che secondo precisi criteri scientifici rivestono particolare importanza e/o vulnerabilità nell ambito del territorio dell Unione Europea. La nascita di questo insieme di siti finalizzato a comporre una Rete che consentisse ad habitat e specie animali e vegetali di sopravvivere, è stata prevista nella Direttiva 92/42/CE, meglio nota come Direttiva Habitat e andava oltre i confini della stessa Rete: l ambizione era quella di salvaguardare la biodiversità anche al di fuori di questo sistema di siti, prevedendo misure di tutela mirate anche per alcune specie di interesse comunitario a prescindere dalla Rete. La presenza di specie animali e/o vegetali e/o habitat elencati negli allegati alla Direttiva Habitat, portò all individuazione dei siti, con un lungo percorso di verifica, perimetrazione, formulari contenenti i motivi dell individuazione di questi territori denominati Siti di Importanza Comunitaria che, per molti anni furono proposti, fino al riconoscimento definitivo da parte dell Unione Europea, a partire dal 2006 e per gruppi climatici (mediterranei, alpini, continentali). Si aspetta ora il riconoscimento di Zone Speciali di Conservazione (ZSC), come previsto dalla Direttiva Habitat. Prima di questa importante Direttiva, un altra prese forma nel lontano 1979, la numero 409 (ora sostituita con la 2009/147/CE), che focalizzava esclusivamente sugli uccelli, individuando già allora le IBA Important Bird Area territori che rivestivano importanza per le specie incluse nell allegato I, nelle diverse fasi del loro ciclo biologico: migrazione, riproduzione, svernamento, spesso accavallandosi nei diversi e affascinanti momenti di vita per molte di queste specie tutelate a livello comunitario. Le IBA rimasero a lungo prive di alcun riconoscimento, tanto da portare l Italia ad una procedura di infrazione che si protrasse nel tempo, fino al 2005, quando quasi tutte furono finalmente e integralmente riconosciute come Zona a Protezione Speciale (ZPS), godendo di identità anche per la legge italiana. Infatti, solo nel 1997 il governo si dotò di un decreto che normava la rete Natura 2000 pur trovando difficilissima applicazione, ancora oggi all interno del quale le IBA però erano escluse. Ben SIC, 601 ZPS (che includono 323 SIC), sono disseminate su tutto il territorio nazionale per tutelare l immensa, fantastica biodiversità del paese Italia: singole specie di anfibi, anche solo poche pozze ma vitali per la loro sopravvivenza, si uniscono ad aree anche mille volte più ampie, dove si tutela la rara aquila del Bonelli o il lupo, la lontra o la trota. Saline ancora attive dalla Sicilia all Emilia Romagna, includendo la splendida Sardegna, per salvare siti di nidificazione di cavalieri d Italia, fraticelli, luoghi di sosta per milioni di uccelli in migrazione da e per l Africa che necessitano, per sopravvivere al duro e pericoloso volo, di cibo e rifugio; boschi di abeti e tassi e Galli cedroni. Le dune, le abetine relitte dell Appennino, falesie, praterie di posidonia oceanica, intere isole dove si concentrano colonie di uccelli marini o di rapaci, come il Falco della Regina, sono alcuni dei tantissimi esempi di siti tutelati per una o più presenze importanti di ciò che compone la straordinaria biodiversità del nostro paese, particolarmente ricca per la sua altrettanto 17

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