DOSSIER DI APPROFONDIMENTO GIURIDICO
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- Emanuele Piccinini
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1 IX LEGISLATURA AREA GIURIDICO-LEGISLATIVA Servizio per l'assistenza giuridico-legislativa in materia di attività economico produttive e di territorio e ambiente DOSSIER DI APPROFONDIMENTO GIURIDICO Argomento: LA PREVENZIONE E LA RIPARAZIONE DEI DANNI ALL AMBIENTE: DIRETTIVA 2004/35/CEE E DECRETO LEGISLATIVO 152/2006 Contenuto: - Nota Data redazione: Dicembre 2007
2 Riproduzione e diffusione ad uso interno. I testi della normativa statale e delle altre regioni sono tratti dall'opera Leggi d'italia Professionale di Wolters Kluwer Italia Professionale SpA. E' in ogni caso esclusa la possibilità di riproduzione commerciale a scopo di lucro dei testi di cui trattasi.
3 1. Premessa La direttiva 2004/35/CEE introduce un articolata disciplina delle attività volte a prevenire i danni all ambiente e delle misure da adottare per riparare al danno eventualmente verificatosi. La riparazione dovrebbe avvenire secondo le indicazioni di cui all allegato II e, comunque, in modo da riportare, ove possibile, la risorsa naturale danneggiata alle condizioni esistenti prima dell evento dannoso. Nel caso in cui tale obiettivo non sia conseguibile, la direttiva richiede che venga in ogni caso intrapresa un azione tendente ad assicurare una riparazione complementare o compensativa. 2. L attuazione della direttiva negli Stati membri L articolo 19 della direttiva fissa al 30 aprile 2007 il termine per la sua trasposizione negli Stati membri. Per quanto concerne l Italia, un tanto è avvenuto con la Parte VI 1 del decreto legislativo 152/2006, mentre i casi di contaminazione del suolo trovano una disciplina specifica nella Parte IV dello stesso decreto, relativa alla bonifica dei siti inquinati. L attuazione della direttiva negli ordinamenti nazionali implica, innanzitutto, la designazione delle Autorità competenti prevista dall articolo 11. In particolare, la direttiva indica agli articoli 5, 6 e 11 le funzioni assegnate alle suddette autorità e conferisce loro un ruolo di primo piano nell assicurare il funzionamento del regime di responsabilità ambientale, mentre spetta ai legislatori nazionali la decisione relativamente alle questioni più specifiche afferenti la natura giuridica di tali autorità e il livello di governo cui appartengano se, ad esempio, all Amministrazione dello Stato o agli Enti locali. Dall analisi delle proposte legislative di vari Stati europei si evince che, generalmente, gli Stati hanno scelto di conferire questo ruolo ad organismi pubblici già esistenti e spesso già dotati di competenze in materia ambientale. In Italia si è optato per un meccanismo molto centralizzato conferendo questo ruolo al Ministro dell ambiente che viene informato del verificarsi dell evento dannoso o potenzialmente tale, per il tramite del Prefetto della Provincia interessata dal fatto. Scopo della direttiva è di creare un regime di prevenzione e riparazione del danno ambientale basato sulla diretta applicazione del principio chi inquina paga e a tal fine è importante che l Autorità competente sia dotata dei poteri necessari a garantire che, in caso di danno all ambiente o di minaccia imminente di tale danno, il soggetto responsabile ottemperi ai relativi obblighi di informazione e sostenga i costi delle misure di riparazione o di prevenzione. La direttiva non indica, invece, le misure concrete che gli Stati devono adottare a tal fine, lasciando loro la possibilità di perseguire tale risultato anche attraverso misure sanzionatorie di carattere amministrativo o penale. In Italia, l articolo 304 del D.Lgs. 152/2006 conferisce al Ministro dell ambiente il potere di irrogare una sanzione amministrativa nei casi in cui, sussistendo una minaccia incombente di danno, l operatore responsabile non ottemperi all obbligo di adottare le 1 Recante Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all ambiente 1
4 necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza. In caso di danno ambientale, il Ministro emana un apposita ordinanza con la quale ingiunge a coloro che, a seguito di istruttoria, siano risultati responsabili dell evento dannoso, il ripristino ambientale e titolo di risarcimento in forma specifica. Tuttavia, nei casi in inerzia dell operatore, la direttiva non stabilisce un obbligo ma una semplice facoltà per le Autorità competenti di adottare le necessarie misure preventive o di riparazione. Dagli articoli 244, comma 4, e 250 del D.Lgs. 152/2006 sembra emergere, limitatamente alla contaminazione dei suoli, un obbligo per l Amministrazione competente di adottare i necessari interventi qualora il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda né il proprietario del sito, né altro soggetto interessato. La trasposizione della direttiva si attua secondo il principio generale di diritto comunitario in base al quale le direttive vincolano gli Stati membri nel raggiungimento di determinati risultati, lasciando loro discrezionalità nella scelta delle modalità con cui perseguire gli obiettivi. Gli scopi perseguiti dalla direttiva e i relativi obblighi di risultato che impone agli Stati possono, pertanto, offrire un utile chiave di lettura nell interpretazione di alcune disposizioni e nell adozione delle relative misure di attuazione. Una delle problematiche che dovrà essere affrontata dai legislatori nazionali riguarda l inciso di cui all articolo 8, paragrafo 2, ai sensi del quale, qualora le relative azioni di prevenzione o riparazione del danno siano prese dall Autorità competente, quest ultima recupera, tra l altro, attraverso garanzie reali o altre adeguate garanzie, dall operatore che ha causato il danno o l imminente minaccia di danno, i costi da essa sostenuti in relazione alle azioni di prevenzione o di riparazione adottate a norma della presente direttiva. L articolo 14 prevede, inoltre, che gli Stati promuovano lo sviluppo, da parte di operatori finanziari ed economici, di appropriati strumenti di garanzia finanziaria e altri simili meccanismi che consentano agli operatori di assolvere alle responsabilità ad essi incombenti ai sensi della direttiva medesima. La direttiva non contiene, invece, indicazioni specifiche circa la natura e le caratteristiche delle garanzie menzionate all articolo 8. Tuttavia, nell ottica del principio secondo cui chi inquina paga, questa disposizione imporrebbe agli Stati un obbligo di risultato consistente nel garantire che le Autorità competenti possano recuperare dall operatore i costi da esse eventualmente sostenuti. L articolo 8 parla, infatti, di adeguate garanzie, da intendersi nel senso garanzie finanziarie adeguate a consentire il recupero dei costi e, quindi, implicitamente, a garantire la solvibilità dell operatore. L interpretazione più plausibile sarebbe, pertanto, che tali garanzie costituiscano un requisito collegato al semplice svolgimento0 di una delle attività indicate come potenzialmente dannose e indipendentemente dall effettivo verificarsi del danno. Un altro problema emerge in relazione al rapporto tra gli articoli 5 e 6 e l articolo 8, paragrafo 3, che prevede l esonero dell operatore dalla responsabilità finanziaria in caso di danno causato da un terzo o conseguente all osservanza di un ordine impartito da un autorità pubblica. La direttiva non specifica se, anche in questi casi, permanga l obbligo dell operatore di prendere comunque azioni di prevenzione o riparazione del danno salvo poi il diritto di recuperarne i costi. Vi sono al riguardo due interpretazioni possibili: secondo una prima interpretazione basata sulla diretta applicazione del principio chi inquina paga, l operatore non dovrebbe essere tenuto ad agire e sostenere i relativi costi nei casi in cui è 2
5 comunque esonerato dalla responsabilità finanziaria. La soluzione alternativa, pone invece l accento sulle finalità di prevenzione e riparazione del danno per cui, anche nei casi in cui operano le eccezioni dei paragrafi 3 e 4 dell articolo 8, l operatore sarebbe comunque tenuto a prendere provvedimenti di prevenzione e di riparazione del danno, fermo restando il diritto a recuperare successivamente i costi sostenuti. In Italia, il D.Lgs. 152/2006 non sembra chiarire questo punto, limitandosi ad una trascrizione, pressoché letterale, dei relativi articoli della direttiva. 3. La discrezionalità del legislatore statale nella definizione dell ambito applicativo della direttiva. La scelta dell articolo 175 del Trattato istitutivo della Comunità europea quale base giuridica per l adozione della direttiva lascia emergere la volontà di lasciare agli Stati la possibilità di mantenere quelle proposte o adottare disposizioni più severe 2. Tale principio è poi confermato nell articolo 16 della direttiva stessa. La direttiva rinvia, inoltre, alla legislazione nazionale anche la regolamentazione di alcuni aspetti importanti relativi all ambito operativo o al funzionamento del regime di responsabilità. L articolo 8. paragrafo 4, lettere a) e b), rimette al legislatore statale la scelta circa la previsione di ulteriori ipotesi di esonero dai costi per l operatore che sia in grado di dimostrare l assenza di dolo o colpa, nei casi in cui l evento causa del danno ambientale sia stato espressamente autorizzato nel rispetto delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari nazionali attuative di determinate misure comunitarie, o nei casi in cui l operatore dimostri che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento del rilascio dell emissione o dell esecuzione dell attività non rendevano probabile il verificarsi dell evento dannoso. L articolo 2, paragrafo 3, lettera c), autorizza gli Stati ad estendere la nozione di danno agli habitat ed alle specie, includendovi, oltre a quelli elencati nelle rispettive direttive comunitarie, anche quelli designati dagli stessi per fini equivalenti. Infine, l articolo 9 rimanda al diritto nazionale circa la disciplina relativa all imputazione dei costi in caso di pluralità di autori del danno, mentre l articolo 2, paragrafo 6, demanda alla legislazione nazionale la possibilità di estendere la qualifica di operatore anche ai soggetti cui è stato delegato un potere economico decisivo sul funzionamento tecnico dell attività causa del danno. 2 L articolo 176 del Trattato istitutivo della comunità europea prevede espressamente che i provvedimenti di protezione adottati in virtù dell articolo 175 non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore. In generale, e soprattutto nei settori come l ambiente, il diritto comunitario non persegue una vera e propria armonizzazione, ma piuttosto si propone di raggiungere una convergenza tra ordinamenti nazionali anche molto diversi tra loro. 3
6 4. Il recepimento della direttiva 2004/35/CE in Italia: il testo unico ambientale. L esame della normativa italiana di recepimento della direttiva pone in evidenza alcune discrepanza tra la Parte Vi del D.Lgs. 152/2006 e il dettato comunitario. In primo luogo non risulta trasporto nel teso del decreto l articolo 3 della direttiva che collega la responsabilità a titolo oggettivo dell operatore all esercizio delle attività elencate nell Allegato III. Inoltre, pur avendo il nuovo decreto abrogato l articolo 18 della legge 349/1986, ha mantenuto all articolo 311, comma2, il dolo e la colpa, collegati alla violazione di leggi, regolamenti o provvedimenti amministrativi, come fondamento per l esercizio dell azione di risarcimento del danno. Dovendo leggere l articolo 311 in coordinamento con l articolo 300 che definisce la nozione di danno all ambiente ai sensi della direttiva, ne consegue che la normativa italiana non recepisce il criterio oggettivo di imputazione della responsabilità, che invece costituisce uno dei cardini del nuovo sistema comunitario di responsabilità ambientale. Una seconda questione riguarda l ambito di applicazione del regime di responsabilità istituito dal decreto rispetto al regime di cui alla legge n. 349/1986, con riferimento alla nozione di ambiente. Nel vigore della legge 349/1986, la nozione di ambiente era stata elaborata in termini molto ampi e comprensivi dalla giurisprudenza. Il decreto 152/2006 non contiene un esplicita definizione di ambiente, tuttavia gli elementi naturali tutelati dal vigente regime sono indicati all articolo 300, comma 2, che descrive le diverse tipologie di danno ambientale ai sensi della direttiva 2004/35/CE. Il dubbio interpretativo riguarda il carattere esaustivo o meno di tale disposizione e l interpretazione forse preferibile in base al comma 1 dell articolo 300, che riprende la nozione di danno di cui alla direttiva e, al comma 2 dell articolo 311, che fa riferimento in generale al deterioramento, alterazione o distruzione totale o parziale dell ambiente sarebbe nel senso di considerare le ipotesi di danno ambientale di cui all articolo 300 come un elenco non esaustivo. In tal modo si avrebbe una nozione di ambiente in linea con la consolidata giurisprudenza. Sarebbe, pertanto, auspicabile che in sede di modifiche il legislatore prendesse in considerazione l esplicazione di una precisa posizione in tal senso, pena il rischio di aprire la strada ad una soluzione interpretativa più restrittiva dell ambito di applicazione del regime di responsabilità rispetto a quanto previsto anteriormente all adozione del decreto. Un ultimo aspetto da evidenziare riguarda le disposizioni relative all accesso alla giustizia per le associazioni a tutela dell ambiente e gli altri soggetti interessati. Uno dei punti deboli della direttiva è costituito proprio dalla mancata previsione della possibilità di azione diretta dei singoli interessati o delle organizzazioni non governative contro l operatore responsabile in caso di danno all ambiente. Unico ente legittimato a tal fine è l Autorità competente, ovvero il Ministro dell ambiente, mentre resta ai privati solo la possibilità di ricorrere in giudizio contro eventuali carenze o omissioni di quest ultima 3. 3 Art. 12 della direttiva. 4
7 Al riguardo, l ordinamento italiano offriva invece una portata più ampia rispetto a quanto previsto dalla direttiva. Infatti, l articolo 9, comma 3, della legge 267/2000 autorizzava le associazioni di protezione ambientale di cui all articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, a proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al Comune e alla Provincia, conseguenti a danno ambientale, stabilendo che l eventuale risarcimento veniva liquidato in favore dell ente sostituito, mentre le spese processuali erano liquidate in favore o a carico dell associazione. Questa disposizione, che poteva costituire un utile strumento per rafforzare la tutela dell ambiente in caso di eventuale inerzia dei poteri locali, è stata abrogata dal decreto legislativo 152/ Conclusioni La trasposizione della direttiva negli Stati dell Unione può almeno potenzialmente dar origine alle differenze anche notevoli nei diversi regimi nazionali di responsabilità ambientale, sia sotto il profilo delle modalità di attuazione sia per quanto concerne l ambito concreto di applicazione. Una volta recepita negli ordinamenti statali, inoltre, la direttiva la direttiva si aggiungerà a completamento e integrazione dei regimi di responsabilità eventualmente esistenti nei vari paesi dell Unione europea. Mentre la direttiva, per espressa disposizione 4 non interferisce con le regole della responsabilità civile per quelli che vengono comunemente definiti danni tradizionali, è invece interessante considerare l impatto che la sua trasposizione avrà su eventuali discipline preesistenti relative a danni alle risorse naturali o alla contaminazione del suolo nella misura in cui i loro ambiti di applicazione coincidano, almeno in parte, con quello del regime comunitario. L effetto dell adozione della direttiva sarà pertanto positivo nei Paesi in cui non vi era nessun regime specifico per il danno ambientale. In ogni caso è auspicabile che la trasposizione della direttiva venga utilizzata dagli Stati come un opportunità per potenziare le discipline di responsabilità eventualmente già esistenti in materia. 4 Art. 3, paragrafo 3, della direttiva. 5
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