Sezione Articoli di servizio sociale Integrazione socio sanitaria nelle RSA (Carmen Iadevaia)

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1 Sezione Articoli di servizio sociale Integrazione socio sanitaria nelle RSA (Carmen Iadevaia) L evoluzione storica, gli atti di indirizzo a livello nazionale e gli strumenti dell integrazione socio sanitaria in RSA. L espressione RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) rappresenta la sintesi di un concetto estremamente complesso: essa vuole indicare un luogo dove risiedono persone portatrici di bisogni di carattere sia sanitario che assistenziale. Se ci soffermiamo un attimo sul concetto di residenza ci viene immediatamente in mente il concetto di abitazione, di casa, inteso come luogo intimo e familiare all interno del quale ci sentiamo protetti rispetto alla soddisfazione di bisogni come sicurezza, appartenenza, amore ecc. Bisogni questi, di importanza tale da essere collocati ai vertici della piramide di Maslow, tanto per fare un esempio. Il termine assistenziale invece fa riferimento ai bisogni della sfera del sé, alla capacità di rispondere autonomamente o meno ai propri bisogni primari e a tutto ciò che ad essi è correlato. Normalmente la soddisfazione di questi bisogni avviene all interno del proprio ambiente di vita e, qualora ci fossero difficoltà nell espletare autonomamente le proprie attività di vita, l appoggio più spontaneo e naturale sarebbe quello dei propri familiari. Con sanitario invece si fa normalmente riferimento a tutto ciò che riguarda la salute fisica e l eventuale compromissione della stessa. E un termine che evoca ambienti ospedalieri spesso impersonali, sofferenza, incertezza, criticità Riflettendo sulla terminologia viene spontaneo chiedersi: come è possibile conciliare in un unico ambiente concetti che richiamano vissuti tanto differenti? La necessità, sempre crescente, di strutture che accolgano persone con compromissione di bisogni sia di carattere sanitario che assistenziale nasce in epoca remota. A partire dalle Istituzioni di Assistenza e dagli Ospizi sorti nel Medioevo all interno o nei pressi dei conventi, fino alle Opere Pie, sviluppatesi nel periodo dal Rinascimento all Illuminismo e per la maggior parte espressione del mondo cattolico. Queste istituzioni non rientravano in alcun modo nella gestione dello Stato, che non le fondava, non le regolava, non ne rivendicava la proprietà e, soprattutto, non le identificava come rappresentative di proprie finalità istituzionali. Solo nel 1890 con la legge Crispi si è avuta una vera e propria rivoluzione delle Opere Pie che hanno subito la trasformazione da enti di diritto privato a Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza 1. Si è reso necessario successivamente aspettare il 2000 con la legge 8 novembre 2000, n. 328 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali per la trasformazione da IPAB ad ASP, sancita dall articolo 10 che recita: prevedere, nell'ambito del riordino della disciplina, la 1 Fonte: Consiglio Regionale della Lombardia, Note informative sull attuazione delle politiche Regionali n 3, novembre

2 trasformazione della forma giuridica delle IPAB al fine di garantire l'obiettivo di un'efficace ed efficiente gestione, assicurando autonomia statutaria, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica compatibile con il mantenimento della personalità giuridica pubblica e inoltre prevedere l'applicazione ai soggetti di cui alla lettera b): 1) di un regime giuridico del personale di tipo privatistico e di forme contrattuali coerenti con la loro autonomia;. In maniera del tutto parallela, nel 1862, a seguito dell unificazione nazionale, furono istituite le Congregazioni di carità, per rispondere alla necessità da parte del Regno d Italia di curare l amministrazione dei beni destinati all erogazione di sussidi e di benefici per i poveri. La legge 3 agosto 1862 n. 753 Sull amministrazione delle Opere Pie, con lo scopo di realizzare organismi efficienti, prevedeva tra l altro la soppressione di alcune Opere Pie, l istituzione di una Congregazione di carità per ciascun comune, la gestione delle stesse da parte di un Consiglio di Amministrazione eletto dal Consiglio Comunale e compiti di vigilanza sui bilanci delle Opere Pie 2. Con l avvento del fascismo le Congregazioni di carità furono soppresse e istituiti gli ECA ( Enti Comunali di Assistenza). Sulla base dello statuto, gli ECA avevano il compito di assistere coloro che si trovassero in condizioni di particolare necessità, promuovendo contemporaneamente il coordinamento delle varie attività assistenziali esistenti nel comune 3. Nel 1978, in risposta ad un progressivo processo di de-pubblicizzazione, con lo scopo di favorire la separazione tra le attività sanitarie e quelle assistenziali, tali istituzioni furono sottratte alla disciplina pubblica in favore di soggetti privati. Con il trasferimento dell assistenza sanitaria alle Regioni si ebbe quindi la soppressione degli ECA e il trasferimento ai comuni dei beni residui e del personale. Si noti quindi come l esigenza dello Stato di farsi carico dei propri cittadini sia andata progressivamente consolidandosi a partire dall Unità d Italia fino agli anni Settanta, quando ha avuto inizio un graduale processo di de pubblicizzazione, il passaggio dell attribuzione delle competenze dallo Stato centrale alle Regioni, l aziendalizzazione dei servizi, l attenzione alla qualità come risultato di processi produttivi. Non ultime tra le motivazioni di questi cambiamenti l esigenza della razionalizzazione dei costi, e la necessità di garantire ai cittadini servizi efficienti ed interventi di provata e documentabile efficacia. I passaggi normativi che hanno garantito tali cambiamenti in ambito sanitario sono la legge 23 dicembre 1978 n 833, Istituzione del servizio sanitario nazionale che ha sancito il superamento dell organizzazione mutualistica della sanità e degli enti nazionali di assistenza per categoria, estendendo a tutti l assistenza sanitaria. Il Dlgs 30 dicembre 1992, n 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell articolo 1 della legge 421 del 1992, imprime invece un significativo cambiamento gestionale, utilizzando criteri aziendalistici. L obiettivo è il superamento dell autoreferenzialità del sistema sanitario e della mancanza di verifiche sostanziali, in particolare sul piano tecnico e organizzativo. Con la riforma bis della sanità viene conferita personalità giuridica alle Usl che diventano quindi Aziende sanitarie locali dotate di autonomia organizzativa, amministrativa, gestionale, contabile e tecnica. Le Asl, in base al Dlgs 502/92 sono tenute ad assicurare, secondo quanto previsto nel proprio ambito territoriale, i livelli di assistenza contenuti nei Piani Regionali in coerenza al Piano Nazionale. Il Piano Sanitario Nazionale ha durata triennale ed indica, tra l altro, i livelli essenziali di assistenza da assicurare per il triennio, i progetti obiettivo da realizzare anche mediante l integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio assistenziali degli enti 2 Testo integrale Legge 3 agosto 1862 n 753, Sull amministrazione delle Opere Pie. 3 Legge 3 giugno 1937, n. 847 Istituzione in ogni Comune del Regno dell'ente comunale di assistenza. 2

3 locali, i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in relazione a quelli previsti 4. Infine il Decreto Ministeriale 15 ottobre 1996 ha previsto un complesso sistema di indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie per rilevare l orientamento delle strutture nei confronti del cittadinoutente. Gli indicatori definiti riguardano le aree della personalizzazione, del diritto all informazione e del comfort del settore alberghiero 4. In questo quadro, ad oggi, la residenzialità extraospedaliera realizza le prestazioni residenziali e semiresidenziali come risposta ai bisogni dei portatori di handicap fisico e psichico, degli anziani e dei soggetti non autosufficienti, non assistibili a domicilio. L assistenza residenziale extraospedaliera, conseguentemente, si concretizza in una gamma di residenze che offrono diversi gradi di assistenza sanitaria accompagnata da prestazioni di tipo socio-assistenziale. Le caratteristiche delle residenze sono correlate alla tipologia degli ospiti, al loro grado di dipendenza, alle potenzialità ed ai tempi per il loro recupero psico-fisico. In tal senso la residenzialità extraospedaliera può essere suddivisa in: 1) Strutture di riabilitazione dei soggetti affetti da minorazione fisica, psichica e sensoriale; 2) Residenze sanitarie assistenziali (RSA). Le strutture di riabilitazione dei soggetti affetti da minorazione fisica, psichica e sensoriale sono finalizzate alla cura e al recupero del paziente attraverso un alto livello di tutela sanitaria con prestazioni diagnostiche e terapeutiche-riabilitative. Tali strutture si avvalgono in maniera interdisciplinare di apporti clinici, psicologici, pedagogici e sociali. In genere proseguono e completano il ciclo dell assistenza sanitaria iniziata, in fase acuta, in ospedale oppure attuano la fase della prevenzione dell aggravamento. Questo tipo di strutture, che possono essere Istituti o Centri di riabilitazione, sono descritte in apposite linee guida: Linee guida n. 2/1994 del 5/4/1994: Indirizzi sugli aspetti organizzativi e gestionali degli istituti e centri per il recupero e la riabilitazione funzionale. La RSA, invece, realizza un livello medio di assistenza sanitaria (medica, infermieristica e riabilitativa), integrato da un livello alto di assistenza tutelare ed alberghiera. La RSA si differenzia dalla struttura di riabilitazione per la minore intensità delle cure sanitarie e per i tempi più prolungati di permanenza degli assistiti che, in relazione al loro stato psico-fisico, possono trovare nella stessa anche ospitalità permanente. Alle due tipologie di residenzialità extraospedaliera si aggiunge poi la residenza assistenziale. Questa, a differenza delle altre due, si pone al di fuori delle strutture del Servizio sanitario nazionale, per cui i costi dell ospitalità non gravano su di esso. Essa si esprime attraverso diverse forme di residenzialità collettiva (case di riposo, case albergo, comunità alloggio ecc.). Nella residenza assistenziale le prestazioni di medicina generale e le attività infermieristiche e riabilitative sono assicurate dai servizi sanitari distrettuali 5. Alla luce di queste considerazioni una definizione di RSA appare più chiara. Le RSA sono presidi che offrono a soggetti non autosufficienti, anziani e non, con esiti di patologie fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio, un livello medio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un livello alto di assistenza tutelare e alberghiera, modulate in base al modello assistenziale adottato dalle 3 Dlgs 30 dicembre 1992, n 502 Riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell articolo 1 della legge 421 del 1992 Successivamente modificato dal Dlgs 19 giugno 1999 n. 229 Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n Decreto Ministeriale 15 ottobre 1996, Approvazione degli indicatori per la valutazione delle dimensioni qualitative del servizio riguardanti la personalizzazione e l'umanizzazione dell'assistenza, il diritto all'informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché l'andamento delle attività di prevenzione delle malattie. 5 Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità 3

4 regioni e province autonome 6. Le residenze sanitarie assistenziali sono strutture residenziali extraospedaliere caratterizzate dalla integrazione funzionale ed organica dei servizi sanitari e di quelli socio-sanitari 7. Dal punto di vista della collocazione istituzionale la RSA è quindi una struttura propria del Servizio Sanitario Nazionale di tipo extraospedaliero che fa parte della rete dei servizi territoriali di primo livello 8. La R.S.A. è una struttura extra-ospedaliera per anziani disabili, prevalentemente non autosufficienti, non assistibili a domicilio, abbisognevoli di trattamenti continui e persistenti, finalizzata a fornire accoglienza ed erogazione di prestazioni: sanitarie, assistenziali, di recupero funzionale e sociale; essa va intesa come la struttura residenziale, della rete dei servizi territoriali, in cui deve realizzarsi il massimo della integrazione degli interventi sanitari e sociali. (P.O. Anziani1992) 9. Il D.P.C.M. 22 dicembre 1989 Atto di indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle regioni e province autonome concernente la realizzazione di strutture sanitarie residenziali per anziani non autosufficienti non assistibili a domicilio o nei servizi semiresidenziali, fornisce le direttive sull organizzazione delle RSA stabilendo tra l altro l organizzazione per nuclei ogni 15 o 20 ospiti, gli standard dimensionali, la localizzazione tale da prevenire ogni forma di isolamento degli anziani ed ogni difficoltà di rapporti con le famiglie. L intento del Legislatore è chiaramente quello di favorire l umanizzazione degli ambienti di soggiorno e cura della persona, attraverso la creazione di un rapporto privilegiato tra personale dipendente e persone residenti, la non esclusione dalla comunità territoriale di appartenenza e l interazione costante con i propri familiari. A questo proposito, può sembrare banale sottolineare come gli anziani residenti in RSA non siano solo fruitori di servizi ma soprattutto persone con bisogni propri, individuali, soggettivi e non standardizzabili. I criteri per l accesso alla RSA, invece, vengono definiti da un apposita commissione detta UVG (Unità Valutativa Geriatrica Territoriale 10 ) con funzioni di valutazione dei bisogni dell utente sia di natura socio assistenziale che sanitaria, al fine di formulare un progetto personalizzato di intervento. La commissione è composta da figure professionali differenti sia di area sociale che di area sanitaria (medico di medicina generale, assistente sociale, medico specialista, infermiere ecc), che si avvalgono dello strumento della Scheda di Valutazione Multidimensionale. La scheda si compone fondamentalmente di tre aree: sanitaria, cognitivo- funzionale e sociale, mirate a formulare un quadro globale della situazione dell utente 11. Il fine è proprio quello dell attenzione alla persona nella sua unicità attraverso progetti personalizzati favoriti da un approccio olistico all individuo. Una volta realizzato l ingresso in RSA, lo strumento principe dell integrazione socio sanitaria, previsto dal già citato D.P.R. 14 gennaio 1997, è costituito dal PAI (Piano Assistenziale Individualizzato), che consente sia un costante rimando all UVG sulla situazione della persona, sia la focalizzazione di tutti gli obiettivi del progetto, non solo di quelli specifici delle diverse aree, ma anche dell obiettivo trasversale a tutti gli ambiti. 6 D.P.R. 14/1/1997 Approvazione dell atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private. 7 D.M. n.321 del 29 agosto1989 Regolamento recante criteri per programmazione interventi e coordinamento enti competenti in edilizia sanitaria in riferimento al piano pluriennale di investimenti, ai sensi art.20, commi 2 e 3, della legge finanziaria , n Linee guida n.1/1994 del Min. Sanità 9 Pesaresi Franco, Le Residenze Sanitarie Assistenziali. Il quadro normativo nazionale, in Agenzia sanitaria italiana n. 22/1997, Roma Edizioni A.S.I., Min. Sanità Schema di Linee Guida per le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA)per anziani Provincia Autonoma di Trento, Informazioni al cittadino, Le cure domiciliari, Unità Valutativa Multidimensionale,

5 Nel tempo quindi, l evoluzione dei servizi ha favorito lo spostamento del focus dal bisogno compromesso alla persona nel suo complesso: bisogni di carattere sociale e sanitario non possono essere analizzati singolarmente, proprio in quanto la persona non si compone di singoli segmenti a sé stanti, ma è costituita da un insieme di dimensioni interagenti che interessano la sfera psicologica biologica e sociale. L approccio metodologico principalmente utilizzato fa riferimento alla teoria dei sistemi richiamando concetti quali complessità, multifattorialità, cambiamento, equilibrio. L approccio sistemico relazionale pone quindi l accento sulla relazione, sulla comunicazione e sugli errori che da essa possono derivare (Scuola di Palo Alto), sull ambiente che circonda la persona e sul contesto di lavoro del professionista. Assistiamo al graduale passaggio da una visione antropocentrica al riconoscimento della persona come soggetto inserito in un contesto, che realizza il proprio progetto di vita nell incontro relazionale con il contesto stesso. L ambiente di cura quindi non è più avulso dalla realtà territoriale, il professionista non è un riferimento freddo e distaccato le cui espressioni sono di difficile comprensione, un problema fisico non può non interessare anche la psiche e le relazioni. In quest ottica una Residenza Sanitaria Assistenziale è una casa, casa propria, in cui bisogni che non è possibile affrontare in ambito familiare vengono presi in carico da persone esperte con le quali si costruisce una relazione di fiducia e di scambio. Carmen Iadevaia 5

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