UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA

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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA SCUOLA DI SCIENZE AGRARIE, FORESTALI, ALIMENTARI ED AMBIENTALI CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE VITICOLE ED ENOLOGICHE TESI DI LAUREA SPERIMENTALE Il vitigno Aglianicone: una risorsa per la produzione di un vino innovativo nell area Cilento Vallo di Diano Alburni RELATORE: Dott. Giuseppe Celano CORRELATORE: Dott.ssa Assunta Maria Palese CANDIDATO: Dott. Ciro Macellaro Matr

2 Sommario Premessa Introduzione I numeri della viticoltura campana Storia della viticoltura Campana e Cilentana L Aglianicone Diffusione dell Aglianicone nel Cilento L ampelografia e la sua storia Caratteri ampelografici descrittivi Ampelografia Aglianicone Apice Aperto Foglia Giovane Grappolo Acino Materiali e Metodi Fenologia Ampelografia del vitigno locale Aglianicone Uso dell elettromagnetismo indotto in viticoltura Strumentazione e metodologia di acquisizione Determinazione della granulometria per setacciatura ad umido e sedimentazione (Metodo Della Pipetta) Principio Reagenti Apparecchiatura Procedimento Determinazione del ph Misurazione del ph del terreno Determinazione della conducibilità elettrica Principio Strumentazione e materiali: Reagenti: Procedimento: La caratterizzazione genetica (I marcatori Molecolari) I Microsatelliti I Microsatelliti in viticoltura Caratterizzazione molecolare delle accessioni viticole con metodica SSR Estrazione del DNA Quantizzazione del DNA estratto Amplificazione dei loci SSR Elettroforesi Rilevamento dei frammenti marcati Risultati e Discussione Fenologia dell Aglianicone Fenologia dell Aglianicone in Cilento Immagini delle Fasi Fenologiche dell Aglianicone Analisi ampelografica delle foglie Grappoli I profili micro satellite ottenuti Valutazioni EMI e relazioni con le caratteristiche permanenti del suolo Microvinificazioni CONCLUSIONI... 78

3 10 RINGRAZIAMENTI BIBLIOGRAFIA

4 Premessa La presente tesi è stata svolta nell ambito del progetto di trasferimento dal titolo Tecnologie avanzate in viticoltura ed enologia per un vino innovativo ottenuto dal vitigno Aglianicone (AGLIANICONE), finanziato dalla Regione Campania nell'ambito del programma PSR Misura 124. Tale progetto ha avuto l obiettivo di rappresentare un modello di integrazione di competenze multidisciplinari e di metodi di indagine avanzati per una certificazione e definizione completa del terroir del vino da vitigni autoctoni. I risultati del progetto hanno visto l'integrazione dello studio delle proprietà geochimiche e geofisiche del suolo su cui cresce il vitigno di Aglianicone con la valutazione e zonazione del metaboloma delle uve e del vino prodotti, la tracciabilità genetica del materiale vegetale e le conoscenze enologiche. Le ricadute sulle aziende e sul comparto viti-vinicolo sono estremamente importanti. Il modello proposto concorre a valorizzare un nuovo prodotto in termini di tracciabilità e riconoscibilità inequivocabile sul mercato nazionale e soprattutto internazionale. Lo stesso modello di indagine e valutazione proposto può avere un'elevata trasferibilità in molte aziende campane collocate sul mercato internazionale ed alla ricerca di avanzate metodologie di tracciabilità del loro vino di pregio.

5 1. Introduzione 1.1 I numeri della viticoltura campana Il 6 Censimento realizzato da Istat con l attiva collaborazione della Regione Campania ed in particolare dell Assessorato all Agricoltura, consente di descrivere la struttura delle aziende viticole della regione e cogliere i cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni. Figura 1 Percentuale di copertura delle aree vitate (Fonte: Regione Campania Guida alle aziende vitivinicole 2013 I dati fanno affermare che in Campania, alla data del 24 ottobre 2010 e con riferimento alla campagna viticola , le aziende attive che hanno nel proprio ordinamento colturale la vite sono unità, il 30,4% del totale delle aziende agricole regionali ( unità). Le superfici utilizzate per tale coltivazione sono ,4 ettari distribuite tra le province: 2.076,3 a Caserta, ,3 a Benevento, a Napoli, ad Avellino, 3.324,8 a Salerno. Nel grafico 1 è indicata la ripartizione percentuale. Rispetto al Censimento del 2000, si è registrata per la vite una riduzione di circa il 52% in termini di aziende ( unità) e di poco più del 20% in termini di superficie: quest ultima è infatti passata da ,3 ettari del 2000 a ,4 ettari del 2010; nello stesso periodo la riduzione della superficie che in Campania è destinata all agricoltura (SAU) è stata 5

6 pari al 6,3%. In Campania, in linea con il dato nazionale (grafico 2), la diminuzione maggiore del numero di aziende con vite rispetto alla superficie vitata ha determinato un aumento della SAU media destinata alla coltivazione, passando da 0,34 a 0,56 ettari (+64%), il primato appartiene alla provincia di Benevento (0,92 ettari). Analizzando le serie storiche dei dati censuari, dal 1982 al 2010, le aziende che avevano nel proprio ordinamento colturale la coltivazione della vite in Campania sono passate da a riducendosi del 73% in numero (76,1% il valore Italia) e del 52% (42,0% il dato nazionale) in termini di superficie vitata. Il dettaglio provinciale fa affermare che la maggiore riduzione della SAU a vite, con riferimento all ultimo trentennio, ha interessato le province di Napoli e Salerno (poco più del 74%), segue Caserta con meno 68%. Le due province campane, Benevento e Avellino, vedono diminuire la loro superficie rispettivamente del 22,5 e del 40%; il differente comportamento è dovuto sia al maggiore legame che ha la coltivazione della vite con questi territori che al riconoscimento, attraverso marchi a Denominazione di Origine, di vini di qualità prodotti da uve coltivate nell intero territorio amministrativo delle due province. La vite è presente in 521 dei 551 comuni della Campania a dimostrazione che la coltivazione è molto legata al territorio regionale. In Campania la vite è coltivata per il 70% nella zona altimetrica collina interna,( ettari), per il 17% (ettari ) in montagna, per il 9% (ettari 2.186) in territori ricadenti nella collina litoranea e solo per il 4% nei territori di pianura. Le superfici vitate della collina interna e della montagna ricadono rispettivamente per il 78% e per l 88% nei territori delle province di Benevento e Avellino, areali che trovano nelle loro caratteristiche orografiche un enorme vantaggio per la produzione di uva di altissima qualità. La vite della collina litoranea ricade nel territorio della provincia di Napoli (il 60% del totale regionale), mentre quella di pianura è ubicata soprattutto nelle province di Caserta (47 % del totale regionale) e Napoli (36%). A fronte del calo generalizzato della superficie a vite nel complesso che si è verificato nel periodo la superficie a Uva per la produzione

7 di vini a Denominazione di Origine (DO) è cresciuta grazie al progressivo aumento del numero e dell estensione delle DO. Lo studio sulla distribuzione della superficie a vite per tipologia di uva prodotta Uva per la produzione di vini a Denominazione di Origine Controllata (vini DOC) e Denominazione di Origine Controllata e Garantita (vini DOCG) e Uva per la produzione di altri vini ci permette di affermare che la viticoltura regionale, sempre con riferimento all ultimo trentennio ha avuto come principale obiettivo la produzione di uva da destinare a vini di qualità. Le superfici investite a vite con impianti realizzati antecedentemente al 1982 erano caratterizzate prevalentemente dalla presenza di vitigni per la produzione di uva destinata ad ottenere vini comuni, a partire dagli anni novanta tali vitigni cominciano ad essere sostituiti da vitigni per la produzione di uva da destinare a vini DOC e DOCG. Grazie a un intensa attività di riconversione varietale dei vigneti che si è realizzata in Campania nel decennio il settore vitivinicolo è stato interessato da una rapida ristrutturazione. Tale ristrutturazione ha riguardato la modernizzazione dei vigneti in un ottica di salvaguardia ambientale e nel rispetto delle politiche di qualità tradizionali e consolidate. Nell ambito di Agenda 2000 numerosi viticoltori hanno beneficiato delle compensazioni finanziarie riconosciute dai Regolamenti comunitari, n.1493 del 1999 e n. 479 del 2008, relativi all Organizzazione Comune di Mercato (OCM) per il settore vitivinicolo, pertanto nel decennio , e soprattutto nel periodo , si è registrato il valore più alto di ettari impiantati con vitigni per la produzione di uva destinata a vini a marchio. A tale aumento ha contribuito anche l effetto positivo del bando dell Assessorato all Agricoltura che ha concesso ai viticoltori delle aree a marchio la possibilità di impiantare a vite più di 400 ettari di nuova superficie. Con riferimento alla vendemmia 2010 (Fonte AGEA - Dichiarazione di vendemmia e produzione) la quantità di uva in complesso, raccolta in Campania è stata pari a quintali di cui il 48% destinata alla produzione di vini da tavola, il 19%a vini IGP e la restante quota per la produzione di vini DOP. 7

8 Nel grafico 3a si riporta la ripartizione percentuale tra le province dell uva raccolta in Campania nell anno 2010 e destinata alla produzione di vino IGP. Come si può notare la provincia che contribuisce con il massimo valore è Benevento(186,942 q.li) seguono nell ordine: Caserta ( q.li), Avellino ( q.li), Salerno (5863 q.li) e Napoli con quintali. La quantità di uva raccolta e destinata alla produzione divini DOP vede ancora il primato della provincia di Benevento ( q.li) anche secon una percentuale minore rispetto a quella per vini IGP. Il grafico 3b mette in evidenza la quota significativa della provincia di Avellino ( q.li) e quella della provincia di Napoli ( q.li). 1.2 Storia della viticoltura Campana e Cilentana La Campania ha sicuramente rappresentato uno dei primi e più rilevanti centri di insediamento, di coltivazione, di studio e di diffusione di questa coltura. Non si può, quindi, considerare un caso che proprio i grandi vini dell antichità, come il Falerno, il Greco, il Faustiniano, il Caleno, fossero prodotti in Campania. I vitigni campani, pertanto, devono essere considerati a tutti gli effetti i discendenti degli antichi vitigni denominati come Vitis Hellinica, Alinea Gemina, Vitis Apiana, tanto per citare i più importanti. I migliori vini dell antichità i vini degli imperatori per intenderci venivano prodotti in Campania, dove si sviluppò la cultura del vino, come dimostrano molteplici reperti ritrovati nei siti archeologici disseminati in ambito regionale. La più interessante zona del mondo, quella di Ercolano e Pompei, è stata la più completa fonte di testimonianze circa gli usi e i costumi dell epoca, ed i simboli ed i riferimenti enoici sono sicuramente fra i più ricorrenti. I vitigni campani venivano studiati, descritti, classificati e selezionati in modo da diffonderne solo le varietà migliori, quelle in grado di produrre vini di pregio. Incantevoli sono le descrizioni dei vitigni campani compiute da Plinio, Columella, Virgilio, Catone, quelli che possono essere considerati i primi esperti di vitivinicoltura dell umanità.

9 Il Cilento, zona molto ampia il cui nome d origine latina sta ad indicare: Cis Alentum, interessa numerosi comuni della costa e dell'entroterra, da Agropoli a Sapri e poi ancora verso l'interno, al confine con la Basilicata. Oltre a tanti luoghi di interesse paesaggistico, come il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, il monte Gelbison, i fiumi Alento, Calore e l'oasi di Persano, si trovano anche testimonianze archeologiche, artistiche e culturali di rilievo, dagli scavi di Paestum e di Novi Velia, al Museo del mare di Pollica, dai luoghi di culto come il Santuario di Capaccio ai mulini ad acqua di Vibonati. Inoltre è una delle zone più ricche di bellezze naturali, caratterizzata da terreni di difficile coltivazione, che ben si prestano alla coltura della vite. I terreni sono prevalentemente poveri, argillosi, ricchi di scheletro marnoso e di scisti, sprovvisti di materia organica. Il Cilento è drenato da pochi bacini idrografici: l'alento, il Lambro e Mingardo, il Solofrone, il Testene, la Fiumarella, il Bussento verso il Tirreno, il Calore, il Sammaro ed il Tanagro verso il Sele. E una zona povera ma bella, lontana dai centri urbani importanti però meta di turismo anche internazionale. Nell area cilentana il sistema tradizionale di allevamento della vite è ilguyot o il cordone speronato. In provincia di Salerno la vite è coltivata complessivamente su circa 3324 Ha, solo il 12,84% della superficie è dichiarata per la produzione di vini DOC/DOCG. Mentre le uve coltivate nella quota restante della superficie (87,16%) sono destinate alla produzione di altri vitigni (IGT o quotidiani) La zona di produzione della DOC Cilento è inclusa nei comuni: Agropoli, Alfano, Ascea, Camerota, Campora, Capaccio, Cannalonga, Casaletto Spartano, Casalvelino, Castellabate, Castelnuovo Cilento, Celle di Bulgheria, Centola, Ceraso, Cicerale, Cuccaro Vetere, Futani, Gioi Cilento, Giungano, Ispani, Laureana Cilento, Laurito, Lustra,Magliano Vetere, Moio della Civitella, Montano Antilia, Montecorice, Monteforte Cilento,Morigerati, Novi Velia, Ogliastro Cilento, Omignano, Orna, Perdifumo, Perito, Pisciotta, Pollica, Prignano Cilento, Roccagloriosa, Rofrano, Rutino, Salento, S. Giovanni a Piro, S. Mauro Cilento, S.Mauro la Bruca, Santa Marina, Sapri, Serramezzana, Sessa Cilento, Stella Cilento, Stio,Torchiara, Torraca, Torre Orsaia, Tortorella, Trentinara, Vallo della Lucania, Vibonati. 9

10 Figura 2 Gli areali vitivinicoli a denominazione (Fonte: Regione Campania Guida alle aziende vitivinicole 2013) L Aglianicone non è presente nella base ampelografica dell area Cilento- Alburni; l unica specifica presente e quella della DOC Castel San Lorenzo che prevede l utilizzo di questa varietà. Negli ultimi anni però alcune aziende dell area Cilento-Alburni hanno intrapreso un azione di valorizzazione dell Aglianicone n. Successivamente si fornisce una descrizione ampelografica dell Aglianicone n. tratta dal Registro nazionale delle varietà di vite (RNVV) e reperibile sulla pagina del Ministero delle Politiche Agricole: all indirizzo e sulla pagina della Regione Campania e.htm

11 2. L Aglianicone Aglianicone o Aglianico femminile, così da sempre è denominata questa varietà che in passato era la più diffusa nei vigneti dell area Cilento-Alburni e può rivestire notevole interesse per l economia vitivinicola della zona. La prima citazione di una varietà con questo nome risale all Acerbi, nel 1825 che descrive una varietà Aglianicone nel Successivamente viene annoverata tra i vitigni della provincia di Napoli da Froio. Un confronto comparativo basato sulle descrizioni dello stesso autore e di Cauri ha permesso di stabilire che la varietà Aglianicone (foglia glabra, denti acuti ed acino grande ovale rossiccio) è identifica per la provincia di Salerno (sinonimo Aglianico bastardo). L Aglianicone preso in considerazione in questo lavoro di tesi è attualmente presente in alcune zone del Salernitano Il vitigno mostra diversità genetica rispetto a molte varietà campane ma ha una certa vicinanza con l Aglianico pur differenziandosi per diversi caratteri morfologici e fisiologici. In ambito produttivo ed agronomico l Aglianicone si presenta come un vitigno non molto vigoroso anche se molto influiscono il portainnesto utilizzato, e i fattori pedoclimatici. Esso presenta una discreta fertilità delle gemme. Presenta fenomeni di acinellatura del grappolo a volte marcate, forse per difetti di morfologia floreale. Questo è uno dei fenomeni che ha portato nel passato all abbandono di questo vitigno e sostituzione con varietà nazionali e internazionali più produttive. Il tipo di acinellatura è di tipo dolce e tutti gli acini arrivano alla maturazione completa. Mostra un buon 11

12 adattamento all allevamento a spalliera, buona resistenza all Oidio e alla Botrytis. La gradazione zuccherina dell uva Aglianicone èquasi sempre superiore a 21,00 Brix (media = 22,10 Brix). Pertanto tale varietà di uva fornisce vini dalla gradazione alcolica potenziale media superiore a % vol. L acidità totale titolabile, compresa tra 6,10 e 7,60 g/l e il ph (tra 3,28 e 3,68) sono caratteristici di uve in grado di fornire un vino rosso secco molto equilibrato al gusto. La tipologia Aglianicone si distingue per i valori più bassi di acidità totale titolabile e acido malico. I valori rilevati per la concentrazione zuccherina, l acidità totale titolabile e il ph sono tali da permettere l ottenimento di un vino rosso caratterizzato da un buon equilibrio gustativo. Dal punto di vista enologico la varietà si comporta in modo eccellente dando vita a prodotti di qualità, la particolarità che lo differisce dall aglianico è quella di avere dei tannini poco aggressivi, riducendo di molto il tempo di affinamento e, allo stesso tempo possedere dal punto di vista aromatico tutti i descrittori dell aglianico ma con un intensità superiore. I vini ottenuti da uva Aglianicone sono caratterizzati da un ottimo contenuto alcolico, compreso tra 12,02 e 13,50 % vol. I vini risultano caratterizzati da livelli di acidità totale inferiori a causa del minore contenuto di acido malico. Pertanto, nel caso dei vini prodotti da uva Aglianicone, a fine fermentazione il vino si presenta più equilibrato al gusto e più predisposto alla stessa fermentazione malo-lattica. Con queste caratteristiche il vino ottenuto, può essere destinato al consumo sia nell anno successivo alla vinificazione quale vino fruttato e particolarmente armonico, sia all affinamento in acciaio e/o botte/barrique/bottiglia, in relazione alle differenti scelte aziendali, per essere consumato dopo un adeguato periodo d invecchiamento.

13 Tabella 2.1 Caratteristiche organolettiche del vino Aglianicone Descrizione Colore Odore Sapore Aglianicone Rosso rubino molto carico Sentori netti di: marasca, violetta, fragola, mora, lampone liquirizia Intenso, asciutto, caldo, corposo, armonico, tannico. 2.1Diffusione dell Aglianicone nel Cilento Al fine di avere un quadro completo dello scenario dell azione di trasferimento sono state raccolte tutte le informazioni disponibili relative alle aziende dove sono state rinvenute le accessioni di Aglianicone studiate. Le informazioni sono state organizzate in tabelle sintetiche e i risultati sono di seguito riportati. Tabella 2.2 Caratteristiche geografiche dei vigneti studiati Azienda Comune Località Coordinate Altitudine geografiche (UTM) (m) Viticoltori De Conciliis Agropoli Gorgo Azienda Valentino Gnarra Campora Lemmo Cantina Rizzo Laurino Donna Rosa Felitto San Martino Azienda agricola Castel San Piano della Scairato Lorenzo Macchia Tenuta Mainardi Aquara Mainardi Tenute del Sant'Angelo del Fasanella srl Fasanella Lupinelle Tenuta Macellaro Postiglione Canneto Azienda Silvio Trama Pisciotta Corvo Azienda Agricola "Silvaplantarium" Torre Orsaia Cerreto

14 Tabella 2.3 Orientamento, sistema di allevamento ed esposizione dei vigneti studiati Azienda Comune Orientamento Sistema di filari allevamento Esposizione Viticoltori De Nord Nord-Est, Sud Agropoli Conciliis Sud-Ovest Gouyot doppio Sud, Sud-Ovest Dott. Valentino Gnarra Campora - Alberello 0 Cantina Rizzo Laurino Nord Sud Gouyot doppio Sud Felitto Nord Sud Gouyot doppio Sud Azienda agricola Castel San Scairato Lorenzo Est Ovest Gouyot singolo Est Tenuta Mainardi Aquara Nord Nord-Ovest, Sud Sud-Est Gouyot doppio Nord-Est Tenute del Sant'Angelo del Fasanella srl Fasanella Sud Sud-Ovest Gouyot singolo Sud Sud-Ovest Tenuta Macellaro Postiglione Est-Ovest Gouyot singolo Ovest Azienda Silvio Trama Pisciotta Est-Ovest Gouyot doppio Est Azienda Agricola "Silvaplantarium" Torre Orsaia Nord-Ovest Sud-Est Cordone speronato Sud-Ovest Tabella 2.4 Caratteristiche agronomiche dei vigneti studiati Comune Sesto Gestione Portinnesto Origine accessione Gestione suolo (mxm) campo Agropoli 2,20x0,90 P1103 Monteforte Inerbimento naturale Biologico con mulching Campora 4,00x4,00 Franco di piede Campora lavorazione Integrato Laurino 2,30x1, Castel San Lorenzo lavorazione Integrato Felitto 2,30x1,40 Kober 5BB Castel San Lorenzo lavorazione Integrato Inerbimento Castel San 1,10x2,20 SO4 - P1103 Castel San Lorenzo naturale Integrato Lorenzo con mulching Aquara 2,10x1,50 SO4 Castel San Lorenzo lavorazione Integrato Sant'Angelo del Fasanella 2,20x0, Castel San Lorenzo Postiglione 0,90x2,20 SO4 - Kober 5BB Castel San Lorenzo, Castelcivita, Postiglione Pisciotta 1,10x2,50 420A - P1103 Campora Torre Orsaia 2,40x0,80 420A - Gravesse Castel San Lorenzo, Rofrano Inerbimento artificiale con mulching Inerbimento artificiale con mulching lavorazione e sovescio lavorazione Biologico In conversione a Biologico Biologico Biologico

15 2.2 L ampelografia e la sua storia Dal greco 'ampelos' (viti) e 'graphia' (descrizione), l ampelografia è una branca della viticoltura che studia, identifica e classifica le varietà dei vitigni, sulla base delle diverse caratteristiche della pianta e della morfologia delle foglie e dei frutti. Già nel I secolo d.c. autori quali Columella, Plinio e Virgilio danno, nei loro scritti, nozioni ampelografiche legate principalmente alla produttività della pianta e alla qualità del vino, ma l ampelografia ha iniziato ad acquisire rigore scientifico soltanto nell Ottocento, e il primo trattato in cui viene usata questa parola risale al 1661, con Ampelographia del medico Philipp Jacob Sachs. Dal 1800 lo studio dell ampelografia si sviluppa in tutti i paesi, ed il conseguente moltiplicarsi di ampelografie nazionali, porta di desiderio di uniformare i vari lavori: nel 1872 venne istituita la prima Commissione Ampelografica Internazionale, incaricata di redigere un catalogo ampelografico generale. È il periodo dell invasione della fillossera, un insetto parassita che colpisce l apparato radicale della Vite europea, causandone la morte e che minacciò seriamente la distruzione del patrimonio viticolo europeo. Con la ricostruzione post fillosserica crebbe l interesse per l ampelografia, e quindi nel conoscere le attitudini agronomiche e produttive delle diverse varietà: la vitis vinifera, infatti, è una pianta che si adatta a vivere in suoli e climi molti diversi, attraverso continue mutazioni. Una mole di dati che vengono sintetizzati nella scheda ampelografica, l atto finale dell ampelografia; la più diffusa è quella approvata dalla commissione internazionale dell OIV (Office International de la Vigne et du Vin) che per ogni varietà di vitigno ne evidenzia il nome e i sinonimi, le caratteristiche vegetative, le attitudini colturali e i terreni più idonei. Attualmente, le nuove tecniche di indagine introdotte comprendono strumenti sempre più sofisticati come l ampelografia computerizzata e l analisi del DNA, ma l ampelografia è chiamata oggi a svolgere una funzione nuova e diversa, per evitare, in un epoca caratterizzata dalla globalizzazione e dalla omologazione dei mercati, un appiattimento del 15

16 prodotto su poche caratteristiche ritenute di pregio, e con l impoverimento colturale e culturale che ne deriva. Per questa serie di fattori, l ampelografia rappresenta un valido strumento di tutela della biodiversità e dell immenso valore del patrimonio varietale del territorio, per garantire la salvaguardia e il recupero di vitigni minori che possono contribuire a integrare e migliorare le caratteristiche organolettiche dei vini, ma che sono anche storia e patrimonio culturale Caratteri ampelografici descrittivi L identificazione di una cultivar di vite si può realizzare attraverso l attento esame degli organi della pianta: l aspetto del germoglio e del tralcio erbaceo, della foglia adulta, del grappolo e dell acino sono descritti nelle schede ampelografiche di questo volume seguendo la terminologia diseguito illustrata. La tomentosità, cioè la presenza più o meno accentuata di peli sulla superficie degli organi della pianta, ha importanza nella vite per la descrizione del germoglio e della foglia adulta, ed è un carattere distintivo di particolare rilevanza. Se il tomento è costituito da peli diritti, o setole,perpendicolari alla superficie dell organo, si utilizzano gli aggettivi di setoloso nel caso di scarsapeluria e vellutato quando la peluria è invece abbondante. Se il tomento è formato da pelistriscianti, che si dispongono paralleli alla superficie, l organo si definisce aracnoideo, lanuginoso o cotonoso, rispettivamente nel caso di presenza scarsa, media o abbondante. Alcune parti della foglia adulta sono indicate come segue: 1. lobo principale mediano 2. lobi laterali 3. seno peziolare (dove si inserisce il picciolo) 4. seno laterale superiore 5. seno laterale inferiore 6. nervature principali 7. denti fogliari

17 La forma della foglia può essere definita come: Il profilo della foglia, determinato osservando la sezione trasversale nella parte mediana del lembo, può essere: PIANO A COPPA A MARGINI INVOLUTI A MARGINI REVOLUTI ONDULATO TORMENTATI A MARGINI 17

18 Ondulato tra le nervature significa che il lembo forma delle ampie gobbe tra le nervature principali e secondarie di primo ordine. La bollosità del lembo fogliare si definisce invece come la presenza di gobbe minute tra le nervature secondarie di terzo e di quarto ordine. Depressioni sul lembo si hanno al contrario quando compaiono su di esso (generalmente intorno alle nervature principali nella loro parte basale)degli incavi rotondi, come se si trattasse del segno lasciato dalla pressione di un pollice. La forma della base del seno peziolare e quella dei seni laterali è stata definita come segue: av au Lira Lira bordi a Graffa sovrapposti Inoltre il seno peziolare é detto sguarnito quando è delimitato dalla base della nervatura principale almeno per uno dei due lati o per entrambi. I margini dei denti fogliari sono definititi come: Concavi Convessi Rettilinei Concavo/Convessi Gli aggettivi usati per descrivere il grappolo sono i seguenti:

19 L acino, per la sua forma, è stato descritto come: A p p Appiattito Sferoidale Ellissoidale Ovoide Tronco-ovoide Obovoide Infine, dimensione e forma dell acino sono definite dai valori del diametro equatoriale e longitudinale dell acino stesso e dal loro rapporto. 19

20 2.3. Ampelografia Aglianicone Apice Aperto Intensità antociani peli striscianti apice: Nulla Intensità peli striscianti dell'apice :fortissima colore dorso internodi: rosso colore fascia ventrale internodi: verde intensità antociani perule gemme: forte distribuzione viticci germoglio: discontinua

21 2.3.2 Foglia Giovane Colore pagina superiore foglioline: verde Colore pagina superiore foglioline verde Densità peli striscianti pagina inferiore: fortissima Aglianicone, Tenuta Macellaro Postiglione. Foglia giovane di 20giorni Grappolo Forma del grappolo: conico piramidale Presenza di ali: un ala Aglianicone, Tenuta Macellaro Postiglione. Grappolo appena allegato, si nota la presenza delle ali. Sesso del fiore ermafrodita, femminile a stami reflessi 21

22 2.3.4 Acino Forma bacca: arrotondata Colore epidermide: blu nero Colore della polpa: leggermente colorata Particolarità del sapore: nessuna Presenza dei semi: rudimentali, presenti

23 2.3.5 Foglia adulta Forma del lembo: pentagonale Numero dei lobi: pentalobata Pigmenti antociani nervature principali pag.sup.assenti Depressioni lembo tra le nervature principali assenti Profilo lembo: a gronda Bollosità lembo: media Forma seno peziolare: aperto Forma base seno peziolare a V Presenza di un dente sul seno peziolare assente Seno peziolare delimitato dalla nervatura assente Forma della base dei seni laterali super: assente Presenza di un dente sei seni laterali super.: assente Densità peli striscianti pagina inferiore: forte Densità peli diritti sulle nervature pagine inferiore :Forte 23

24 3 Materiali e Metodi 3.1 Fenologia L indagine genetica relativa alle accessioni Aglianicone trovate nel Cilento, condotta in collaborazione con l Università di Pisa, ha individuato 6 diversi genotipi: Aglianicone di Monteforte, Aglianicone di Castel San Lorenzo A, Aglianicone di Castel San Lorenzo B (Aglianicone Amaro), Aglianicone di Campora (Aglianicone del Corvo), Aglianicone di Postiglione, Aglianicone di Rofrano (risultato uguale all Aglianicone di Castel San Lorenzo). Lo studio della fenologia è stato condotto sulle accessioni Aglianicone di Monteforte, Aglianicone di Castel San Lorenzo A, Aglianicone di Castel San Lorenzo B (Aglianicone Amaro), Aglianicone di Campora (Aglianicone del Corvo), nei diversi vigneti, dalla ripresa vegetativa alla caduta delle foglie, su scala spesso settimanale, sono state effettuate osservazioni sulle piante in accordo alla metodologia riportata da Eichhorn e Lorenz che fornisce sia i criteri sia lo schema di valutazione di ogni singolo stadio fenologico. Nel corso dello studio delle fasi fenologiche delle diverse accessioni di Aglianicone si è proceduto ad etichettare diverse piante per ciascun impianto. Le etichette riportavano il numero di filare, il numero della pianta sullo stesso e il numero di gemme sul/sui cordone/i.l attività si è svolta nel corso della stagione vegetativa Essa ha consentito di valutare la variabilità spaziale nell ambito aziendale e tra le diverse aziende (10 siti) del comportamento delle piante di Aglianicone.

25 Figura 3.1. Stadi di crescita della vite secondo Coombe (1995) 3.2 Ampelografia del vitigno locale Aglianicone Il termine ampelografia, introdotto da Philipp Jacob Sachs nel 1661, per descrivere la specie Vitis vinifera L., deriva dal greco ampelos (vite) e grafo (scrivo), quindi significa descrizione della vite. Alla fine del XIX secolo, dopo le prime infestazione di fillossera1 nei vigneti d Europa, l ampelografia ha iniziato ad essere una vera e propria disciplina scientifica applicando alla semplice descrizione degli organi epigei (foglie, steli, viticci, grappoli, acini e semi) della pianta il rigore del metodo scientifico per descrivere, identificare le molteplici varietà di vite 2 (o La fillossera, Daktulosphaira vitifoliaefitch, e un afide che svolge parte del suo ciclo biologico sulle radici della Vitis vinifera L. e sulle foglie di specie americane quali ad esempio: Vitis rupestris Scheele, Vitis riparia Michx e Vitis berlandieri Planch. da cui derivano i principali portinnesti della viticoltura moderna. In biologia il genere rappresenta un insieme di specie. Una specie e rappresentata da individui che incrociandosi tra loro danno origine ad una prole illimitatamente feconda. Una specie puo essere formata numerose varieta (o cultivar o vitigni) ed ogni varieta puo avere diverse accessioni o cloni. Ad esempio all interno della specie Vitis vinifera L. vi sono molte varieta tra cui il Sangiovese e che a sua volta presenta diversi cloni o accessioni. 25

26 vitigni) studiare le relazioni parentali della loro evoluzione e valutare il loro comportamento negli areali di coltivazione. Fino a non molto tempo fa, l ampelografia si è basata esclusivamente sull osservazione delle caratteristiche fenotipiche, morfologiche qualitative, quali forma, colore, dimensioni, aspetto e modalità di sviluppo della foglia, apice del germoglio, infiorescenza e frutto; l architettura del grappolo e del tralcio, il sapore e profumo del frutto. Tutti questi elementi sono stati ampliamente documentati secondo le metodologie indicate dalle prime schede ampelografiche dell Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV, 1983). I caratteri organografici sono considerati nella loro espressione fenotipica, come determinata dall interazione tra il genotipo (caratteri ereditari) e l ambiente3 in cui la pianta si sviluppa e si accresce. Esistono metodi statistici che consentono di determinare la stabilità genetica dei caratteri. Alcuni caratteri presentano un ampia variabilità, ad esempio la grandezza degli organi (dipendente dal vigore del ceppo), la fittezza del tomento e la sua lunghezza, il colore e la larghezza del seno peziolare della foglia, strettamente dipendenti dall esposizione alla luce. La variabilità non solo si manifesta sui ceppi dello stesso clone, ma anche sullo stesso individuo, per cui diventa difficile dare una precisa definizione dei caratteri morfologici. Oltre all osservazione degli aspetti morfologici, grande importanza è stata assunta nel corso degli anni secoli dalle misurazioni biometriche che hanno dato origine agli studi che vanno sotto il nome di ampelometria. L evoluzione dell ampelometria è molto simile e segue gli sviluppi dell ampelografia, fin dall inizio fu chiara l importanza di utilizzare grandezze oggettivamente misurabili piuttosto che utilizzare caratteri qualitativo-morfologici e ottenere valori numerici dei parametri caratteristici di determinati vitigni (o anche di cloni di un vitigno), con la possibilità di confrontare questi mediante analisi statistica. A tal fine sono stati inizialmente utilizzati caratteri inerenti la foglia (angoli, denti, Nel presente lavoro il termine ambiente ha un ampio significato ed include sia le variabili climatiche (temperatura, precipitazioni, vento, ecc.), sia quelle biologiche (ad esempio presenza di infezioni virali, fungine, insetti, nematodi) che possono modificare ad esempio: la forma e la grandezza della foglia, la forma della sezione del germoglio, ecc.

27 nervature, ecc.), che fanno capo alla fillometria, presa in considerazione per la prima volta da Goethe nel 1876, che propose di ricorrere alla misura dell angolo che le nervature laterali formano con quella mediana. In seguito, nel 1902, Ravaz propose la possibilità di distinguere tra le diverse varietà di vite sulla base del rapporto tra lunghezza e spessore a metà dell internodo del tralcio e del rapporto tra lunghezza della foglia e lunghezza dell internodo medio; prese inoltre in esame la profondità dei seni (rapporto tra la misura della rientranza e la lunghezza della nervatura principale corrispondente) ed il rapporto tra altezza e larghezza delle basi dei denti. Successivamente, ulteriori metodi vennero proposti per la caratterizzazione delle differenti specie e cultivar. Tra le variabili comunemente misurate si trovano gli angoli ampelografici (alfa, beta, tau, gamma, delta), la lunghezza, la larghezza, la distanza dalla base del picciolo al punto peziolare, la distanza dal punto peziolare all estremità distale della nervatura principale mediana e i rapporti tra tali misure (vedi figure 3.2 e 3.3). 27

28 Figura 3.2.Angoli misurabili tra le diverse nervature di una foglia di vite. Figura 3.3. Distanze misurabili tra le diverse parti di una foglia di vite. Per ogni accessione sono state prelevate più di dieci foglie adulte nella zona mediana del tralcio, poste tra due lastre di vetro trasparenti ed immediatamente digitalizzate mediante fotocamera digitale. Le misurazioni fogliari sono state effettuate mediante il software SuperAmpelo (Soldavini et al.,2009) sulle immagini acquisite. I valori misurati consentono poi di definire gli indici GENRES e OIV riportati di seguito in Tabella 3.1.

29 Tabella 3.1 Descrittori GENRES e OIV utilizzati nel corso del presente studio Descrizione Campo lunghezza della nervatura N nervatura N3, lunghezza dal seno peziolare alla nervatura N4 067 forma del lembo 068 numero dei lobi 070 pigmentazione antocianica della nervature principali della pagina superiore del lembo 072 depressioni del lembo 074 profilo 075 bollositá della pagina superiore del lembo 076 forma dei denti 079 grado di apertura del seno peziolare apertura/sovrapposizione del seno peziolare 080 forma della base del seno peziolare presenza del dente sul bordo del seno peziolare Fondo del seno peziolare delimitato dalla nervatura Presenza di denti sul fondo dei seni laterali superori 084 densità dei peli striscianti tra le nervature principali (pagina inferiore) 087 densità dei peli eretti sulle nervature principali (pagina inferiore) 092 Lunghezza del picciolo 093 Lunghezza del picciolo in rapporto alla nervatura mediana (N1) 601 Lunghezza della nervatura N1 602 Lunghezza della nervatura N2 603 Lunghezza della nervatura N3 604 Lunghezza della nervatura N4 605 Distanza dal seno peziolare al seno superiore 606 Distanza dal seno peziolare al seno inferiore 607 Angolo tra N1 e N2 misurato alla prima biforcazione 608 Angolo tra N2 e N3 misurato alla prima biforcazione 609 Angolo tra N3 e N4 610 Angolo tra N3 e la tangente tra il punto peziolare e l'estremità di N5 612 Lunghezza dei denti N2 613 Larghezza dei denti N2 614 Lunghezza dei denti N4 615 Larghezza dei denti N4 616 Numero di denti tra il dente all'estremità di N2 e il dente all'estremità della prima nervatura secondaria di N2, inclusi i denti principali 617 Distanza tra l'estremità di N2 e l'estremità della prima nervatura secondaria di N2 29

30 4 Uso dell elettromagnetismo indotto in viticoltura Le indagini elettromagnetiche in dominio di frequenza (FEM) consentono di ottenere, in modo speditivo, profili e mappe dei valori della variazione di fase e dell intensità del campo elettromagnetico secondario rispetto ai valori del campo primario. Il metodo di prospezione EM consiste nel passaggio di corrente alternata in una bobina trasmittente dando origine ad un campo magnetico (campo EM primario) variabile nel tempo; il flusso di tale campo magnetico genera in tutti i conduttori sui quali esso agisce (suoli, rocce) delle correnti indotte (correnti di Foucault) che, a loro volta, danno luogo ad un campo EM secondario. Tale campo elettromagnetico secondario, insieme a quello primario, si propaga direttamente attraverso l aria provocando il passaggio di corrente alternata in una bobina ricevente. L ampiezza delle correnti indotte in un corpo conduttore nel sottosuolo dipende principalmente da dimensione, forma, profondità dal p.c. e proprietà elettriche del conduttore stesso, nonché dalla frequenza del campo primario generato. La conduttività elettrica dei suoli e delle rocce dipende inoltre dal grado di saturazione in acqua, dalla salinità dell acqua contenuta nei pori della roccia, dalla composizione mineralogica e dalla presenza di metalli o contaminati organici (benzina, gasolio, nafta ecc.). L'indagine elettromagnetica prevede quindi l'analisi della variazione in termini di ampiezza e fase che un segnale (onda sinusoidale) subisce nell attraversare mezzi a diversa conduttività.

31 4.1 Strumentazione e metodologia di acquisizione L'acquisizione dei dati avviene trasportando l'elettro magnetometro lungo linee equi spaziate e disposte secondo una maglia quanto più possibile regolare, compatibilmente alla morfologia del sito in esame ed alla presenza di eventuali ingombri in superficie. E' evidente che la presenza di campi elettromagnetici nella zona del rilievo possono essere fonte di disturbo. La misura elettromagnetica, in particolare, risulta fortemente disturbata dalla presenza di strutture interrate e non (fabbricati, solette in cemento armato, ecc.), tubazioni (elettrodotti, gasdotti, ecc.), motori elettrici di grosse dimensioni ed accumuli di rottami metallici nonché, nel caso del vigneto, di tutor in cemento armato o ferro e fili metallici. La procedura di acquisizione dati può essere suddivisa in quattro fasi fondamentali: 1) tracciamento dell'area di acquisizione che, opportunamente referenziata rispetto ad un sistema di coordinate note, viene suddivisa in subaeree (possibilmente rettangolare) costituite da serie regolari di linee di misura con interasse costante pari a 1.4 m, in funzione del dettaglio richiesto; 2) impostazione, da parte dell'operatore, dei parametri di acquisizione; 3) posizionamento sul primo punto di acquisizione (con coordinate x = 0, y =0): l'operatore, attivato lo strumento, cammina con passo quanto pi. possibile regolare lungo la prima linea di misura; 4) dopo aver registrato i dati acquisiti lungo la prima linea, l operatore passa alla successiva e ripete le procedure di cui al punto 3) fino a coprire l'intera area in esame. Al termine dell acquisizione il data-logger genera un file output costituito da una serie di punti a cui vengono attribuite le coordinate rispetto al sistema di riferimento locale, le componenti in quadratura e fase 31

32 del segnale elettromagnetico, la conducibilità elettrica (funzione della quadratura) e la suscettività magnetica (funzione della componete in fase) per ogni frequenza impostata. La componente in fase risulta sensibile ad oggetti metallici (fusti sepolti, tubazioni interrate ecc., mentre la componente in quadratura di fase. proporzionale alla conducibilità del mezzo indagato. Tutti i parametri che vengono ottenuti sono definiti apparenti, in quanto risultanti dalla media delle proprietà dei materiali che costituiscono l'intero spessore di terreno investigato (generalmente 1,7 m di profondità). L'utilizzo di più frequenze contemporaneamente consente di individuare anomalie diverse prodotte da target di diversa natura. La profondità d indagine. funzione della frequenza, della conducibilità del mezzo e della geometria e disposizione dell anomalia da indagare. Per le indagini presentate in questo lavoro di tesi è stata utilizzata la strumentazione elettromagnetica PROFILER EMP-400 prodotta dalla GSSI (USA). Si tratta di un conduttimetro multifrequenza che rientra nella categoria delle strumentazioni elettromagnetiche in dominio di frequenza di tipo GCM. Il Profiler può utilizzare simultaneamente fino a 3 frequenze definite dall utente, in un range compreso tra 1 e 16 khz, registrando le componenti in fase ed in quadratura del campo magnetico secondario, normalizzate rispetto al campo magnetico primario. Il sensore dello strumento è costituito da una bobina trasmittente e da una ricevente, poste ad una distanza pari a m. Tale geometria, chiamata configurazione bistatica, contiene anche una terza bobina accoppiata bucking coil che rimuove (avendo polarità opposta) il campo magnetico primario registrato alla bobina ricevente, di intensità molto superiore a quello indotto. Il data-logger, un palmare dotato di GPS integrato è collegato al conducivimetro via blue-tooth

33 4.2 Le Analisi chimiche del suolo Al fine di individuare le relazioni tra segnale EMI e caratteristiche del suolo dei vigneti esaminati sono state condotte le analisi del suolo relativamente ai parametri permanenti (scheletro, granulometria, ph, conducibilità) sui campioni (7x2 prof. =14) prelevati in posizioni caratterizzate da valori di ECa estremamente variabili. Le posizioni di campionamento sono riportate sulle mappe ECa corrispondenti alle diverse date (figura 6.3). I risultati relativi alle caratteristiche esaminate dei campioni di suolo sono, invece, riportate in tabella xx. L individuazioni delle relazioni con le caratteristiche del suolo è fondamentale per la spazializzazione dei dati e per la precisa formalizzazione delle aree con caratteristiche diverse (es. argillose, sabbiose, con accumulo di sali, ecc.). I risultati spesso, individuano, ma con estrema precisione, aree con diverso comportamento agronomico già conosciute dal viticoltore in modo però approssimativo. I risultati rivestono particolare interesse operativo in quanto, se ben interpretati, orientano le tecnologie produttive determinandone anche una spazializzazione delle stesse (es. apporti di 33

34 ammendanti, uso di diversi portinnesti, ricchezza della potatura, raccolta in relazione alla distribuzione del segnale EMI). 4.3 Determinazione della granulometria per setacciatura ad umido e sedimentazione (Metodo Della Pipetta) Principio La determinazione si basa sul prelievo della sospensione di particelle con diametro inferiore a 200 µm a diverse altezze ed a tempi prestabiliti. Per separare le diverse frazioni di particelle è necessario fissare il tempo di prelevamento che è influenzato dalla temperatura, dalla profondità e dalla massa volumica reale delle particelle ed è ricavabile dalla legge di Stokes in cui si sostituisce la velocità (v) con il rapporto spazio diviso tempo (h/t) Reagenti Soluzione (50 g x L -1 ) di sodio esametafosfato. Trasferire in un bicchiere di vetro da 500 ml, contenente circa 250 ml di H2O, 40 g di sodio esametafosfato [(NaPO3)6] e 10 g di sodio carbonato (Na2CO3 x H2O). Agitare su agitatore elettromagnetico fino a completa solubilizzazione dei reagenti e trasferire la soluzione in un matraccio tarato da 1000 ml. Portare a volume con H2O. Determinare l'esatta concentrazione, essiccando a 105 C dopo aver evaporato su bagnomaria un volume noto della soluzione. La concentrazione (g x L -1 ) sarà data dal rapporto tra la massa pesata dopo l'essiccamento (M in g) e il volume prelevato (V in ml), moltiplicato per Apparecchiatura Attrezzatura di laboratorio di uso comune.

35 In particolare: - agitatore ad asta (asta di ottone di circa 50 cm fissata al centro di una piastra circolare perforata di ottone o di plastica) - bagnomaria; - bagno termostatico; - pipetta per campionamento da 10 ml con relativo supporto - pesafiltri di vetro, (ø 80 mm x h 40 mm; ø 60 mm x h 35 mm); - setacci metallici a maglie da 200 µm, 50 gin e 20 µm; stufa a ventilazione Procedimento Per avere una massa sufficiente delle diverse particelle con diametro inferiore a 2000 µm, utilizzare una quantità dei campione di terra fine pari a 10 g per i suoli argillosi, g per i suoli a tessitura equilibrata e g per i suoli sabbiosi. Al campione trattato, con tutti o solamente alcuni dei metodi riportati (Metodo II.4), aggiungere 10 ml della soluzione di sodio esametafosfato. Dopo aver eseguito le dispersioni chimico-fisica e fisica, trasferire la sospensione nel sedimentatore (cilindro da 1000 ml), facendola passare per setaccio a maglie da 200 µm. Lavare con H2O (precedentemente portata alla temperatura a cui deve avvenire la sedimentazione) il frullatore o la bottiglia e aggiungere le acque di lavaggio al cilindro facendole passare sempre attraverso il setaccio. Continuare a lavare accuratamente il materiale trattenuto dal setaccio finché le acque di lavaggio risultano limpide. Trasferire il materiale in un pesafiltro di vetro. Far evaporare su bagnomaria, essiccare in stufa a 105 C e pesare dopo raffreddamento. Registrare la massa (S). Portare la sospensione, raccolta nel cilindro, al volume di 1000 ml (Vt) con H2O. Agitare con l'agitatore e sistemare il cilindro o in un bagno termostatato o in ambiente termostatato (per esempio a 20 C). Al tempo previsto per ogni frazione di particelle, prelevare con una pipetta di volume noto (Vp) un campione della sospensione e trasferirlo in una capsula tarata. 35

36 Dopo evaporatone dell'acqua su bagnomaria, essiccare la capsula in stufa a 105 C, raffreddarla in essiccatore e pesarla. Nella Tabella 1 si riportano i tempi di sedimentazione previsti per particelle di diametro diverso. Tabella 4.1 Descrittori Diametro delle Particelle non sedimentate Tempo di sedimentazione Profondità di prelevamento <50µm 1'55' B <20µm 4'48 C <2µm 8h D <2µm 4h D Espressione dei risultati La quantità delle diverse frazioni di particelle viene espressa in g x kg-1, senza cifre decimali della terra fine (dalla quale sono state eliminate tutte o parte delle sostanze flocculanti o cementanti) essiccata a 105 C e sottoposta a dispersione. Per il calcolo vengono utilizzate le espressioni Sabbia grossa in g x kg-1 = S x 1000/M Sabbia fine in g x kg-1 si calcola detraendo da 1000 la massa totale di tutte le altre frazioni Limo grosso in g x kg-1 = (B - C) x r x 1000/M Limo fine in g x kg-1 = (C - D) x r x1000/m Argilla in g x kg-1 = (D - E) x r x 1000/M dove S = massa della frazione sabbia grossa (ø > 200 µm) B = massa della frazione limo grosso (ø < 50 µm) C = massa della frazione limo fine (ø < 20 µm) D = massa della frazione argilla (ø < 2 µm) E = quantità di sodio esametafosfato presente nel volume della sospensione prelevato

37 M = massa della terra fine (dalla quale sono state eliminate tutte o parte delle sostanze flocculanti o cementanti) essiccata a 105 C (Metodo II.4, paragrafi 4.5 e 4.6) e sottoposta a dispersione r = Vt/Vp. 6. Note Dalla massa della frazione argilla deve essere sottratta la quantità di sodio esametafosfato presente nel volume della sospensione prelevato. Per il calcolo viene utilizzata l'espressione E = Ce x (Vd/Vt) x Vp dove Ce = concentrazione della soluzione di sodio esametafosfato in g x L-1 Vd = volume della soluzione di sodio esametafosfato usata per la dispersione (10 ml) Vt = volume totale della sospensione di terra fine (1000 ml) Vp = volume della sospensione prelevato con la pipetta (10 ml). Per un valore di Ce pari a 50 g x L-1 si ottiene E = Vp x 5 x 10-4 e per un volume della sospensione prelevato con pipetta di 10 ml si ha E = 0,005 g Utilizzare pesafiltri di vetro perché quelli di plastica resistenti alle temperature di 105 C sono attaccati dalla soluzione alcalina di esametafosfato. La profondità del prelevamento con la pipetta è calcolata dalla superficie della sospensione. Dopo ogni prelevamento la profondità si calcola dalla nuova superficie. 37

38 In alternativa all'utilizzazione della pipetta per il prelevamento della sospensione (paragrafo 3) si possono impiegare i levigatori di Esenwein o di Andreasen. Sono state proposte numerose versioni modificate del metodo della pipetta per ridurre i tempi di analisi. Indorante et al. (1990) prelevano automaticamente la sospensione del campione a 5 cm di profondità per la sola frazione argilla (ø < 2 µm) e con successivo setacciamento (setaccio a maglie con ø <50 µm) determinano la frazione sabbia, calcolando per differenza la frazione limo. Moshrefi (1993) preleva dalla sospensione le frazioni limo e argilla utilizzando siringhe inserite orizzontalmente a diverse altezze attraverso strisce di silicone che coprono fessure longitudinali del cilindro di sedimentazione. 4.4 Determinazione del ph taratura dell'apparecchio e lettura dei campioni - Accendere l'apparecchio e lasciarlo stabilizzare per circa 10 minuti - togliere l'elettrodo dal beckerino contenente la soluzione tampone in cui è immerso, lavarlo con H 2 O deionizzata e asciugarlo. - tarare l'apparecchio immergendo l'elettrodo in due soluzioni tampone rispettivamente a ph 4.0 e a ph 7.0 (o a ph 7.0 e a ph 10.0), regolando la lettura dell apparecchio tramite l opportuna procedura. Ricordarsi di lavare ed asciugare l'elettrodo tra una misurazione e l'altra - procedere alle letture dei valori sull'apposita scala dell'apparecchio immergendo l'elettrodo nel campione. Dopo le misurazioni, chiuso il tappo ed effettuata la pulizia dell'elettrodo con H 2 O deionizzata, immergere nuovamente quest'ultimo nell'apposito beckerino e spengere l'apparecchio.

39 Il beckerino normalmente contiene una soluzione di KCl 3M, mentre all'interno dell'elettrodo abbiamo una soluzione di KCl 4M: controllare sempre che il livello delle soluzioni sia quello ottimale. 4.5 Misurazione del ph del terreno - Aggiungere al terreno, preventivamente setacciato a 2 mm, H 2 O deionizzata in rapporto 1:1 (tenendo conto dell'umidità del terreno stesso) - agitare 15 minuti su agitatore meccanico e lasciar riposare per una mezz'ora - effettuare le letture dei campioni sul surnatante. (Nel caso di suoli torbosi può essere necessario utilizzare una quantità maggiore di liquido che, in tal caso, deve essere specificata). Tabella 4.2 Valori di ph Valori di riferimento del ph in acqua dei suoli Minore di 5.3 Molto acido Acid Subacido Neutro Subalcalino Alcalino Maggiore di 8.9 Molto alcalino 39

40 4.6 Determinazione della conducibilità elettrica Per determinare la conducibilità elettrica specifica in estratti acquosi del terreno, abbiamo utilizzato un metodo applicabile a tutti i tipi di suolo; questo metodo è descritto di seguito Principio Il metodo consiste nella determinazione diretta (strumentale) della conducibilità elettrica specifica in estratti acquosi del terreno che possono essere nel rapporto suolo/acqua 1:1, oppure a saturazione (nel nostro caso sono state utilizzate una parte di terreno in una di acqua).la conducibilità elettrica è un parametro globale per sostanze disciolte e dissociate; essa è rappresentata dal valore reciproco della resistenza elettrica in Ohms relativa ad un centimetro cubo di acqua a 25 C. I vari parametri dai quali essa dipende sono: l. carica e concentrazione degli ioni; 2. grado di dissociazione degli ioni; 3. temperatura; 4. velocità di migrazione degli ioni nel campo elettrico Strumentazione e materiali: Conduttimetro Crison 525 (Crison, Barcelona) Reagenti:. acqua deionizzata;. soluzione di KCl 0,1 N per la taratura del conduttometro Procedimento: Dopo aver effettuato la taratura dello strumento, sullo stesso campione utilizzato per la misura del ph effettuiamo la misura della conducibilità.

41 5 La caratterizzazione genetica (I marcatori Molecolari) Ampelografia ed ampelometria, i metodi utilizzati tradizionalmente per l identificazione e caratterizzazione delle cultivar di vite e del materiale di propagazione, si basano su caratteri morfologici e impongono delle restrizioni: 1. poiché le osservazioni riguardano prevalentemente foglie adulte, il metodo può essere applicato solo durante il ciclo vegetativo su organi e piante pienamente sviluppati; 2. nel caso dei portinnesti, non potendo osservare la parte epigea, le osservazioni risultano pienamente impossibili; 3. il commercio del materiale di propagazione avviene sotto forma legnosa, impossibile quindi da valutare correttamente sulla base dei tratti morfologici; 4. il fenotipo delle piante è fortemente influenzato dalle condizioni ambientali così come dallo stato sanitario, che causa alterazioni nelle analisi ampelografiche; 5. il numero di varietà di vite esistenti nelle collezioni di tutto il mondo si stima attorno a 15000, molto alto è anche il numero dei cloni; non è facile quindi distinguere tale quantità di genotipi sulla base dei soli tratti morfologici; 6. infine, l impiego dell ampelografia richiede personale altamente qualificato che raramente è in grado di conoscere un tale elevato numero di individui. Per queste ragioni sono stati esplorati nuovi metodi per l identificazione varietale. Bartels e Bergaman nel 1971 svilupparono la tecnica dell elettroforesi degli enzimi, primi veri marcatori genetici che, fino a non molto tempo fa, hanno consentito importanti progressi negli studi di popolazione di specie forestali. Essi proposero in particolare l impiego di isoenzimi, le varianti separabili elettroforeticamente di un sistema di enzimi. La tecnica si basa sulla 41

42 separazione di enzimi funzionalmente equivalenti, ma differenziabili, mediante separazione elettroforetica, in base alla loro differente carica elettrostatica, peso e conformazione molecolare. Le differenze sono generalmente dovute ad una alterazione della catena amminoacidica che compone l enzima (e conseguentemente della sequenza nucleotidica che lo ha generato). Tale fenomeno è piuttosto frequente nel caso in cui gli enzimi sono prodotti da una famiglia multigenica. In alcuni casi la conformazione molecolare può subire modificazioni post-traslazionali, verificabili quindi elettroforeticamente. Tuttavia, l espressione degli enzimi dipende dallo stadio di sviluppo della pianta e dalle condizioni ambientali, quindi solo i sistemi enzimatici che non hanno dimostrato variazioni in tal senso sono impiegabili come marcatori, riducendo molto il numero di sistemi applicabili così come il polimorfismo ed il grado di differenziazione riscontrabili. Un altro svantaggio di tipo pratico consiste nel fatto che le analisi devono essere eseguite su materiale fresco e assolutamente allo stesso stadio di sviluppo. Negli ultimi 25 anni sono stati presi in considerazione, ed oggi hanno sostituito l utilizzo dei marcatori morfologici, i marcatori genetici basati sui polimorfismi riscontrati a livello del DNA. 5.1 I Microsatelliti I microsatelliti o Simple Sequence Repeat (SSR) sono sequenze uniche che si ripetono volte e che sono composte da 1-6 nucleotidi; a seconda del ripetersi delle sequenze i microsatelliti si suddividono in imperfetti (con interruzioni), perfetti (se le ripetizioni non hanno interruzioni) e compositi (se accanto ad un motivo ripetuto se ne ha uno diverso e pure ripetuto). La presenza dei microsatelliti nel DNA nucleare delle piante fu scoperta da Delseny et al. nel 1983; successivamente fu messo in evidenza che i microsatelliti sono ubiquitari nella maggior parte degli organismi come anche nel genoma degli organelli cellulari. I microsatellliti sono importanti perché appaiono come una sorgente di variabilità genetica utile nelle piante. Il polimorfismo di un microsatellite è dovuto al diverso numero di ripetizioni delle semplici sequenze nucleotidiche e si manifesta

43 con la presenza di diversi alleli in un definito locus che si diversificano per la lunghezza (paia di basi). Questo tipo di polimorfismo può essere rilevato utilizzando l amplificazione per mezzo di PCR e successiva determinazione della lunghezza della sequenza amplificata per mezzo di elettroforesi ad alta risoluzione. E stato dimostrato che l unione del polimorfismo di alcuni loci microsatelliti permette di trovare univocamente il genotipo di una certa varietà; inoltre i microsatelliti, possedendo un eredità codominante, permettono di distinguere tra eterozigoti e omozigoti, ricostruire il pedigree, condurre studi filogenetici ed anche analisi della paternità. Infine, i primers avuti in una specie sono spesso fruibili anche per ottenere il profilo di specie tassonomicamente vicine appartenenti allo stesso genere ed anche a generi differenti nella stessa famiglia, come accade nella vite. 5.2 I Microsatelliti in viticoltura In virtù della loro natura codominante e dell elevato polimorfismo, i microsatelliti sono diventati in poco tempo i marcatori di elezione per il riconoscimento varietale, lo studio delle relazioni genetiche dei vitigni e la ricostruzione del pedigree,. Caratteristiche, storia e diffusione I primi ad utilizzare i microsatelliti per l identificazione varietale della vite furono Thomas et al. nel 1993; in particolare Thomas e Scott, nel 1993, dimostrarono che gli alleli dei microsatelliti hanno un eredità mendeliana di tipo codominante e che i primers per l amplificazione di alcuni loci microsatelliti da loro delineati funzionavano anche per altre specie del genere Vitis e Muscadinia. Con il passare del tempo altri gruppi di ricercatori dimostrarono lo straordinario potenziale dei microsatelliti come marcatori nel distinguere le varietà di vite. Dopo i lavori pionieristici degli anni 90 molti altri gruppi di ricerca (Botta et al. 2000; Bowers et al. 1996; Cipriani et al. 2000; Crespan 2004) hanno utilizzato i microsatelliti per identificare la varietà della vite; i gruppi si sono incrementati a tal punto che nel 1997 è stato fondato il Vitis Microsatelite Consortium di cui 43

44 fanno parte 21 laboratori internazionali di ricerca e la compagnia francese privata Agrogene. Nell ambito dei progetti europei GenRes081 e GrapeGen06 sono stati sezionati 9 loci microsatellite che al momento costituisco il profilo molecolare di riferimento a livello internazionale per l identificazione varietale e che rappresenta la classe principale di dati nei vari database viticoli tra cui il Database Viticolo Italiano amministrato dal Dott. D Onofrio Claudio del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentarie Agro-ambientali dell Università di Pisa e realizzato grazie ai finanziamenti concessi dalla Colle Massari e dalla Fondazione Bertarelli. 5.3 Caratterizzazione molecolare delle accessioni viticole con metodica SSR Per le accessioni di aglianicone in studio è stato analizzato il polimorfismo dei 9 loci microsatelliti (SSR) suggeriti a livello internazionale. La tecnica prevede una reazione di PCR (Polymerase Chain Reaction) su DNA genomico, utilizzando dei primer marcati con fluorescenza, una corsa dei prodotti di amplificazione su un gel di agarosio per verificare l avvenuta amplificazione dei loci ed una seconda corsa con sequenziatore a capillare per ottenere la dimensione del frammento di PCR. L analisi è stata effettuata seguendo il procedimento descritto in seguito Estrazione del DNA E stato utilizzato il protocollo ideato da Mulcahy et al. (1993) e modificato da Vignani et al. (2002)

45 -Prelevare giovani foglioline apicali del diametro di circa 2cm. Figura 5.1: Esempio di giovane germoglio -Triturare 0.3g di materiale vegetale in un mortaio sterile, precedentemente refrigerato con azoto liquido, fino ad ottenere una polvere finissima. -Trasferire la polvere in provette da 15ml ed aggiungere circa 3ml di tampone di estrazione (CTAB buffer con l aggiunta dello 0.4% di b- mercaptetanolo), preriscaldato a 60 C. -Incubare le provette in bagno caldo a 60 C per 60 minuti. -Raffreddare a temperatura ambiente i campioni ed aggiungere un ugual volume di cloroformio/ottanolo (24:l). -Votexare la provetta fino ad ottenere una fase unica e centrifugare per 10 minuti a 7000g a 20 C. -Recuperare la fase acquosa ed aggiungere un volume di isopropanolo freddo (-20 C) e lasciare incubare i campioni per 30 minuti a -80 C, oppure a -20 C per tutta la notte. -Centrifugare i campioni a 7000g per 10 minuti a 4 C, eliminare il surnatante e lavare il pellet con 1.5ml di etanolo al 76%/acetato di sodio 0.2M e lasciare ad incubare in ghiaccio per 30 minuti. -Centrifugare i campioni a 7000g per 10 minuti a 4 C, eliminare il surnatante e lavare il pellet con 1.5ml di etanolo al 76%/acetato di ammonio 0.01M e lasciare il campione in ghiaccio per 30 minuti. 45

46 -Centrifugare i campioni a 7000g per 10 minuti a 4 C, eliminare il surnatante ed asciugare bene il pellet, solubilizzarlo in un volume pari a 500μl di TE a ph 8, aggiungere RNAsi nella misura di 10μg per ml ed infine incubare a 37 C per 30 minuti. -Estrarre con un ugual volume di fenolo/cloroformio (1:l v/v), omogeneizzare le due fasi, centrifugare a 15000rpm per 10 minuti a 4 C. -Recuperare la fase acquosa e aggiungere 1/10 di volume di NaCl 3M e 2 volumi di etanolo assoluto freddo (-20 C). -Miscelare delicatamente per inversione e far precipitare il DNA per almeno 30 minuti a -80 C, oppure tutta la notte -20 C. -Centrifugare il campione a 15000rpm per 30 minuti a 4 C. -Lavare il pellet con etanolo al 70%, centrifugare a 15000rpm per 10 minuti a 4 C, asciugare il pellet e solubilizzarlo in un volume di acqua sterile pari a μl. Controllo della qualità del DNA estratto Per valutare la qualità del DNA estratto è stata effettuata una misurazione dell assorbanza allo spettrofotometro. Il DNA genomico di ogni campione è stato diluito nel rapporto di 1:20 con acqua deionizzata, per un volume finale di 100μl, ed è stato analizzato l andamento della curva corrispondente ai valori di assorbanza del DNA nell ultravioletto. In particolare si è valutato il valore corrispondete alla lunghezza d onda dei 260nm (assorbanza del DNA), dei 280nm (assorbanza delle proteine) e 270nm (assorbanza del fenolo). Al termine è stato calcolato il rapporto tra l assorbanza a 260nm e quella a 280nm, poiché per un valore maggiore o uguale a 1,7 si ha una preparazione pura di DNA, priva da una contaminazione proteica Quantizzazione del DNA estratto E stato preparato un gel sciogliendo polvere di agarosio in acqua distillata (1% p/v); alla miscela è stato poi aggiunto TAE alla concentrazione finale di 1x e Bromuro di Etidio alla concentrazione finale di 1μg/ml. Nelle tasche del gel sono stati caricati 2μl di ogni DNA estratto, ad ognuno dei quali sono stati aggiunti 2μl del tampone di caricamento (ORANGE). Assieme ai DNA estratti inoltre, sono state caricate quantità scalari di

47 DNA marker lambda a concentrazione nota. La corsa è stata effettuata a 50V per circa 15 minuti,sufficienti per far entrare appena i DNA in esame nel gel di agarosio. Alla fine della corsa il gel è stato visualizzato su un transilluminatore ai raggi UV (302nm) ed `e stata valutata l intensità delle bande date dai campioni con quelle date dai markers a concentrazione nota: in base a tale paragone, abbiamo potuto stabilire la concentrazione dei campioni. I DNA estratti sono stati infine diluiti con acqua sterile in modo da ottenere per tutti i campioni concentrazioni finali simili Amplificazione dei loci SSR In particolare la reazione di PCR è stata ottenuta utilizzando dei primer (forward e reverse) costruiti sulle regioni fiancheggianti il locus di un noto SSR di vite ed una Taq non ricombinante (Promega). Un totale di 9 loci sono stati analizzati in questo lavoro: VVS2, VVMD5, VVMD7, VVM27, VrZAG62, VrZAG79, VVMD25, VVMD32, VVMD28. La fluorescenza è stata introdotta all estremità 5 dei primer forward, mentre ai primer reverse in posizione 5 è stata aggiunta la sequenza nucleotidica -GTTT- oppure -GTT- se T è la prima base azotata, come suggerito da Rampling et al. (2001). Il fluorocromo utilizzato per ciascun primer è specificato di seguito. 47

48 Tabella 5.1: Descrizione del tipo di marcatura a fluorescenza utilizzata per i primers dei loci SSR adoperati nell analisi dei micro satelliti PRIMERS (forward) VVS2 VVMD5 VVMD7 VVMD27 ssrvrzag62 ssrvrzag79 ssrvvmd25 ssrvvmd32 ssrvvmd28 SEQUENZA (5 3 ) TIPO MARCATURA (5 ) F: CAGCCCGTAAATGTATCCATC R:AAATTCAAAATTCTAATTCAACTGG F:CTAGAGCTACGCCAATCCAA R:TATACCAAAAATCATATTCCTAAA F:AGAGTTGCGGAGAACAGGAT R:CGAACCTTCACACGCTTGAT F:GTACCAGATCTGAATACATCCGTAAGT R:ACGGGTATAGAGCAAACGGTGT F:GGTGAAATGGGCACCGAACACACGC R:CCATGTCTCTCCTCAGCTTCTCAGC F:AGATTGTGGAGGAGGGAACAAACCG R:TGCCCCCATTTTCAAACTCCCTTCC F: TTCCGTTAAAGCAAAAGAAAAAGG R: GTTTGGATTTGAAATTTATTGAGGGG F: TATGATTTTTTAGGGGGGTGAGG R: GTTTGGAAAGATGGGATGACTCGC F:AACAATTCAATGAAAAGAGAGAGAGAGA R:GTTTCATCAATTTCGTATCTCTATTTGCTG 6-FAM NED HEX NED HEX 6-FAM HEX NED PET La mix di reazione utilizzata per l amplificazione consiste in 1x Taq polimerasi Mg free Buffer, 1.8 mm MgCl 2, 100 µm di ciascun dntps, 0.5 µm di ciascun primer (Forward e Reverse), 0.5 UTaq polimerasi (Promega) e 10 ng di DNA stampo. Le dosi utilizzate per la reazione di amplificazione dei loci microsatellitari sono riportare in tabella 2. Tabella 5.2: Dosi utilizzate per la reazione di amplificazione SSR REAGENTI VOLUMI (µl) DNA genomico (2.5 ng /µl) 4 Taq polimerasi Mg free Buffer (5 x) 4 MgCl 2 ( 25 mm ) 1.5 Mix nucleotidica (conc. dntp 10 mm) 0.2 primer forward ( 10 pmol/µl) 1 primer reverse ( 10 pmol/ µl) 1 Taq polimerasi (Promega, 5U/ µl) 0.1 H 2 O sterile Dnasy-free 8.4 Volume Totale 20

49 La reazione di PCR in questione è costituita da 35 cicli, preceduti da una fase di denaturazione del DNA a 94 C di 2 minuti e seguiti alla fine da un intervallo di 5 minuti a 72 C. Ogni ciclo è composto da tre step: un primo passaggio di denaturazione della doppia elica a 94 C della durata di 30 secondi, un secondo di appaiamento degli oligonucleotidi a 52 C per 30 secondi, ed infine un terzo di polimerizzazione del DNA a 72 C della durata di l minuto Elettroforesi 6μl di ogni prodotto di amplificazione sono stati caricati su un gel al 2% p/v di agarosio per verificare la presenza del prodotto di amplificazione. Alla miscela è stato aggiunto TAE alla concentrazione finale di 1x e bromuro di etidio alla concentrazione finale di l μg/ml. Prima del caricamento, ad ogni campione è stato aggiunto un volume pari a 2μl di tampone di caricamento (ORANGE). La corsa è stata effettuata a 80V per circa 30 minuti. Alla fine della corsa il gel è stato visualizzato su un transilluminatore ai raggi UV (302nm) per verificare il successo dell amplificazione del frammento. Figura 5.2: Esempio di gel ottenuto dopo corsa elettroforetica 49

50 5.3.5 Rilevamento dei frammenti marcati L analisi della lunghezza dei frammenti di PCR marcati con fluorescenza è stata effettuata presso i laboratori del C.I.B.I.A.C.I. dell Università di Firenze. Per ogni genotipo sono state fatte due sole corse, riunendo in un unica miscela i prodotti di PCR dei loci VVS2, VVMD5, VVMD7, VVMD27, ssr-vrzag62 e ssrvrzag79, per una corsa, mentre per l altra i prodotti di PCR dei loci VVMD25, VVMD32 e VVMD28. In ogni miscela è stata aggiunta della formammide ed un marcatore di corsa interno di lunghezza nota (Genescan 350-ROX) nel rapporto di 1:12:0.5, in seguito la soluzione è stata denaturata a 95 C per 5 minuti ed analizzata sul sequenziatore automatico a singolo capillare ABI 310 (PE Biosystems). L elaborazione dei dati è stata effettuata con il programma GeneScan 3.7. Figura 5.3: Picchi ottenuti con il programma GeneScan 3.7.

51 6 Risultati e Discussione 6.1 Fenologia dell Aglianicone I risultati salienti relativi allo studio della fenologia sono di seguito riportati. Le immagini mostrano una pianta allevata con sistema a Guyot singolo. Nel corso dello studio delle fasi fenologiche delle diverse accessioni di Aglianicone si è proceduto ad etichettare diverse piante per ciascun impianto. Alle immagini segue didascalia indicante data di osservazione e fasi delle gemme osservate.. Foto 6.1: 17 aprile Fasi delle 7 gemme presenti: 9, 11, 9, 7, 4, 7, 5. Foto 6.2: 24 aprile Fasi delle 7 gemme presenti: 11, 13, 12, 11, 9, 11, 9. Foto 6.3: 4 maggio Fila1 Pianta7 Gemme7. Fasi: 15, 17, 16, 15, 13, 15, 13. Foto 6.4: 20 maggio Fila1 Pianta7 Gemme7. Fasi: 18, 20, 19, 18, 16, 18,

52 Foto 6.5: 21 giugno Fasi: (Germoglio, num.grappoli e fase): 1G- 2g-2f29; 2G-1g-1f31; 3G-2g-1f31-1f29; 4G-2g-1f31-1f29; 5G-2g-1f29-1f31; 6G- 2g-1f29-1f31; 7G-2g 2f31; Foto 6.6: 21.giugno Grappolo prodotto dal germoglio 4, fase31: il grappolo è rivolto verso il basso ed ha prodotto acini che presentano un diametro >7mm. 6.2 Fenologia dell Aglianicone in Cilento La descrizione che segue considera la successione cronologica delle fasi di crescita del vitigno Aglianicone registrate nei dieci siti monitorati in Cilento. Sotto sono riportati due grafici dell andamento fenologico del vitigno nei dieci siti oggetto di studio. Il Grafico 6.1 considera l evoluzione fenologica dalla fase di germogliamento alla fioritura, il Grafico 6.2 dalla fase di fioritura alla maturazione.

53 Tabella Fasi fenologiche principali dell Aglianicone nell anno 2013 GERMOGLIAMENTO PIENA FIORITURA INVAIATURA Prima decade di Aprile Tra la seconda e la terza decade di maggio Tra la prima e la seconda decade di agosto il 50% delle gemme presenti in campo sono in fase cotonosa il 50% delle caliptre si è staccato dal ricettacolo Viraggio colore degli acini MATURAZIONE Ottobre Raccolta SENESCENZA Novembre Caduta delle foglie 53

54 Grafico 6.1: andamento fenologico del vitigno Aglianicone, dalla fase di dalla fase di germogliamento alla fioritura, osservato in dieci siti oggetto di studio. Grafico 6.2: andamento fenologico del vitigno Aglianicone, dalla fase di fioritura alla maturazione, osservato in dieci siti oggetto di studio. Durante l inverno la vite cessa le sua attività vegetativa, le foglie sono cadute e le gemme sono ricoperte dalle perule. Nella seconda decade di marzo i siti visitati erano sono popolati da piante ancora in uno stato di dormienza e le gemme invernali presentavano per lo più forma appuntita e colore scuro. Nella prima decade di aprile l impianto sito in Campora risultava ancora dormiente rispetto agli impianti viticoli di

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