Provincia Autonoma di Trento - Documenti per la salute n. 26. Documenti per la Salute 26

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1 Documenti per la Salute 26

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3 La persona con malattia di Parkinson Un approccio globale EDIZIONI PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO ASSESSORATO ALLE POLITICHE PER LA SALUTE Trento 2006

4 copyright Giunta della Provincia Autonoma di Trento, 2006 Collana Documenti per la Salute - 26 Assessorato alle Politiche per la Salute Servizio Innovazione e formazione per la salute Via Gilli, Trento tel. 0461/494037, fax 0461/ sif.salute@provincia.tn.it La persona con malattia di Parkinson - Un approccio globale Atti del Convegno realizzato a Trento il 13 maggio 2005 A cura dell' Associazione Parkinson - Trento, e Unità Operativa di Neurologia, Ospedale S.Chiara - Trento Coordinamento editoriale: Vittorio Curzel Impaginazione: Giovanna Forti Stampato su carta ecologica La persona con malattia di Parkinson : un approccio globale Trento : Provincia autonoma di Trento. Assessorato alle politiche per la salute, , [2] p. : tab. ; 24 cm. (Documenti per la salute ; 26) Atti del Convegno tenuto a Trento nel 2005 ISBN Malattia di Parkinson Congressi Trento

5 Presentazione Il Convegno "La persona con malattia di Parkinson Un approccio globale", organizzato a Trento dall Associazione Parkinson di Trento, con la collaborazione dell Unità Operativa di Neurologia dell Ospedale Santa Chiara e dell'assessorato provinciale alle Politiche per la Salute, intendeva fare il punto sui risultati raggiunti e indicare le prospettive, promuovendo l'incontro fra studiosi delle diverse discipline e favorendo quella sinergia di intenti che sola può consentire il progresso della conoscenza e delle sue applicazioni nella prassi quotidiana. Il Convegno è frutto della stretta collaborazione fra Parkinson Italia, una Confederazione di Associazioni per i malati di Parkinson, che interessa circa persone fra malati, familiari e medici, e l Associazione Parkinson di Trento, che negli ultimi 15 anni è riuscita a coinvolgere oltre 400 persone, cercando di sottrarle all isolamento a cui la patologia spesso porta e dando loro informazioni sulla gestione dei problemi ad essa legati. La malattia di Parkinson colpisce non soltanto la persona, ma anche l entourage familiare, di conseguenza la presa in carico non è rivolta solo al malato, ma anche alle persone che si prendono cura di lui. Tutti gli interventi sono dunque finalizzati al coinvolgimento attivo del paziente e della famiglia, in modo da ottenere quella alleanza terapeutica che permetterà una migliore gestione della malattia. Questa pubblicazione si propone di essere anche un utile premessa per l impostazione delle scelte programmatiche future di coloro che hanno responsabilità pubbliche a livello centrale e locale, per il perseguimento della salute quale bene primo di ogni cittadino e della comunità. Remo Andreolli Assessore provinciale alle politiche per la salute

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7 Indice 9 Premessa 11 Cap. 1 La diagnosi e la comunicazione al paziente Quadro clinico, diagnosi e terapia medica della malattia di Parkinson (Claudio Boninsegna) Malattia di Parkinson ad esordio precoce: aspetti clinici e implicazioni psico-sociali (Aldo Genovese) La comunicazione della diagnosi: tra informazione e relazione (Carlo Pasetti) Problemi più comuni nella malattia di Parkinson e suggerimenti per affrontarli (Emiliana Fincati) Gli interventi assistenziali a supporto dell'utente e della famiglia (Maria Giovanna Grisenti) 39 Cap. 2 Esperienze a confronto Intervento della Presidente di Parkinson Italia (Lucilla Bossi) I quindici anni dell'associazione Parkinson di Trento (Giuseppe Lombardo) Confronto di esperienze di approccio multidisciplinare territorio-ospedale (Augusto Scaglioni, Maria Grazia Saginario, Luisa Zappini) Sportello Parkinson (Maria Grazia Saginario)

8 53 Cap. 3 Nuovi approcci terapeutici Nuove frontiere terapeutiche nella malattia di Parkinson (Claudio Pacchetti, Maria Ossola) Tecniche di neurochirugia funzionale per la stimolazione cerebrale profonda nel trattamento della malattia di Parkinson (Domenico Servello) Selezione pre e gestione post intervento: aspetti psicologici del paziente e di chi lo assiste (Filippo Tamma) 65 Cap. 4 La riabilitazione ed il vissuto del paziente Trattamento riabilitativo ed attività fisica nella malattia di Parkinson (Albina Boreatti, Ciro Guerriero) Anch'io ce l'ho: l'esperienza di un paziente-medico (Alessandro Pelosio) Percorsi esperienziali dei gruppi di auto-mutuo-aiuto dell'associazione di Trento (Danilo Weber) Morbo di Parkinson in provincia di Trento e riabilitazione (Luciano Gallosti, Silvano Piffer, Laura Battisti, Riccardo Roni)

9 Premessa Il Convegno origina dalla stretta collaborazione tra l'associazione Parkinson di Trento e l'unità Operativa di Neurologia di Trento. È di fondamentale importanza l'azione di stimolo svolta dalla Associazione per promuovere incontri in cui vengano affrontate tematiche legate a specifiche condizioni cliniche. È per questo che il sottotitolo del Convegno mette in risalto sia il malato che ciò che lo circonda. Non vogliamo infatti oggi parlare della malattia di Parkinson ma del malato affetto da questa malattia. Verranno pertanto illustrati argomenti diversi, a partire però dai suggerimenti avuti dall'associazione, al fine di dare il maggior rilievo possibile ad aspetti diversi della malattia, ma sempre collegati alla esperienza del paziente. Gradita è poi la ricorrenza dei quindici anni di attività dell'associazione Parkinson di Trento che può con soddisfazione guardare a quanto sinora realizzato. Ogni traguardo raggiunto è però un nuovo punto di partenza ed è con questo spirito che insieme abbiamo pensato alla realizzazione del Convegno. dott. Giuseppe Lombardo Associazione Parkinson - Trento dott. Daniele Orrico Associazione di Scienze Neurologiche - Trento

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11 Capitolo 1 La diagnosi e la comunicazione al paziente 1.1. Quadro clinico, diagnosi e terapia medica della malattia di Parkinson Claudio Boninsegna Il morbo di Parkinson vero e proprio costituisce il 65-70% di tutte le sindromi parkinsoniane che si incontrano nella pratica clinica. Quando vengono riscontrati i tre sintomi cardinali (tremore, ipobradicinesia, rigidità), unitamente alla loro asimmetria e a una buona risposta alla terapia specifica, c'è il 90% di probabilità che si tratti del morbo di Parkinson. È invece meno probabile che si sia in presenza del morbo di Parkinson quando sono presenti sintomi e segni atipici quali disturbi bulbari, con disfagia ed ipofonia precoce, instabilità dell equilibrio con cadute già nelle fasi iniziali della malattia, simmetricità dei sintomi, interessamento parkinsoniano riguardante soprattutto la parte inferiore del corpo ( lower-body Parkinsonism), disturbi cognitivi nelle fasi iniziali di malattia, disturbi del sistema nervoso vegetativo, disordini dell oculomozione e, soprattutto, scarsa o assente risposta alla levodopa. La risposta alla terapia costituisce dunque una discriminante molto importante per la diagnosi del quadro parkinsoniano. Il trattamento del morbo di Parkinson non è attualmente in grado di arrestare e di far regredire il processo patologico, ma può riuscire a controllarne i sintomi e a migliorare la qualità della vita dei pazienti. La levodopa, in uso ormai da cinquant'anni, è senza dubbio il trattamento più efficace per il morbo di Parkinson, in grado di migliorarne tutti i sintomi principali. A tutt oggi viene considerato il farmaco di riferimento, anche se sono ora disponibili nuovi farmaci. La dopa, assunta per bocca, viene solubilizzata nello stomaco e assorbita 11

12 Capitolo i nell intestino. Per superare la barriera intestinale e arrivare nel sangue e nel fegato necessita di un trasportatore, che è però condiviso con tutti gli aminoacidi provenienti dalla dieta. La loro competizione nell'utilizzo del trasportatore rappresenta dunque un primo ostacolo nel percorso della dopa. Una seconda difficoltà si presenta a livello epatico, dove sono presenti due enzimi che possono degradare la dopa. Bisogna impiegare degli inibitori che li blocchino, permettendo alla dopa di raggiungere la barriera ematoncefalica e il cervello. Un altro ostacolo si presenta a livello di barriera ematoncefalica, dove la dopa transita dal sangue e dalla periferia al cervello servendosi, anche in questo caso, di un sistema di trasposto condiviso con gli aminoacidi provenienti dalla dieta, dalla degradazione delle proteine. Nel cervello la dopa può essere trasformata in dopamina e incamerata all'interno della cellula nervosa, dove si deposita nelle vescicole sinaptiche, pronta per attraversare lo spazio sinaptico e, quando arriva l impulso, a depositarsi sui recettori attivandoli. La dopamina è un neurotrasmettitore che ha i suoi recettori specifici che, quando vengono stimolati, consentono la trasmissione dell impulso e il funzionamento del sistema nervoso. Esiste un sistema di ricattura dell eccesso di dopa nella sinapsi, a livello del primo neurone presinaptico, che recupera la dopa in eccesso dalla sinapsi, la riporta all interno qualora ce ne sia in eccessiva concentrazione, oppure la libera e la fa uscire rapidamente qualora i recettori siano liberi e abbiano bisogno di ricevere dopamina sul loro sito recettoriale. Con l andar del tempo, questo sistema recettoriale perde le sue capacità di regolazione e la stimolazione costante e regolare dei recettori viene sostituita da una stimolazione incostante e irregolare, detta "pulsatile". Questi sono perciò i punti critici che limitano l efficacia terapeutica della dopa: l assorbimento, il passaggio tra le varie barriere, il trasporto al cervello, il metabolismo periferico. Essi hanno delle ripercussioni sul piano clinico, complicanze legate al trattamento a lungo termine della levodopa: inizialmente il paziente è perfettamente compensato dalla terapia, ma dopo alcuni anni il 50% dei pazienti comincia a presentare delle fluttuazioni motorie, quindi la dopa non è più efficace, comincia a perdere l effetto alla fine della dose (è il cosiddetto fenomeno del wearing off oppure deterioramento di fine dose). Possono esserci fenomeni ON/OFF in cui il soggetto nella fase ON è perfettamente in grado eseguire i movimenti e ha un buono stato clinico e motorio, 12

13 Capitolo i mentre nella fase OFF è bloccato e rigido nell'attività motoria, possono comparire delle discinesie, cioè dei movimenti involontari anomali, sia di tipo coreico che di tipo atetosico, che possono interessare la faccia, il tronco, gli arti. Le discinesie possono manifestarsi nel momento in cui la dopa è alla dose picco, oppure possono essere difasiche, cioè manifestarsi nel momento in cui la dopa comincia ad avere effetto e nel momento in cui questo effetto svanisce. Ci possono essere anche delle dolorosissime distonie, cioè contratture muscolari dolorose toniche, che intervengono nel periodo in cui il soggetto è in fase OFF. Possono essere presenti anche disturbi psichiatrici, con incubi, sogni vividi e allucinazioni visive, spesso riguardanti persone, sia conosciute che sconosciute. Le allucinazioni possono avvenire con un sensorio integro, a distanza sono anche criticate dal soggetto (e in questo caso le si definisce allucinosi), possono accompagnarsi a uno stato confusionale e possono verificarsi nell ambito di autentiche crisi maniacali con degli stati psicotici importanti. La levodopa può avere anche delle complicanze di tipo acuto già al momento dell assunzione. Possono esserci nausea e vomito, perché il sistema dopaminargico viene stimolato anche a livello dell area più estrema del bulbo dove c è il centro del vomito. Le strategie per limitare questo effetto collaterale consistono nell incrementare gradualmente la dose dei farmaci, nell assunzione dei medicamenti a fine pasto e nel domperitone. Può esserci un ipotensione arteriosa ortostatica, perché vengono stimolati i recettori anche a livello delle arterie renali e splancniche, causando un richiamo di sangue che non consente la risposta di vasocostrizione che permette alla pressione sanguigna di non cadere bruscamente quando ci si alza in piedi. Anche per queste complicanze ci sono rimedi: dormire in posizione semiassisa, assumere dei farmaci come l midodrina, evitare, soprattutto nei pazienti con problemi urologici, l assunzione di farmaci alfalitici, perché la combinazione tra la terapia dopa e l alfalitico porta a delle ipotensioni critiche con cadute e sincopi. Anche per le fluttuazioni motorie che insorgono dopo un lungo periodo di terapia con levodopa esistono strategie elaborate per riuscire a limitarle al massimo e garantire al soggetto con il morbo di Parkinson un mantenimento della risposta efficace alla terapia il più a lungo possibile: diminuire l intervallo di tempo tra 13

14 Capitolo i due assunzioni della dopa, assumere dosi più basse o più frazionate, associare un farmaco agonista-dopaminargico, associare la selegelina o gli inibitori delle COMT, utilizzare anche formulazioni a rilascio controllato (che effettuano una stimolazione più costante), distribuire i pasti nel corso della giornata (il sistema di trasporto per la dopa è competitivo per gli aminoacidi che provengono dalla dieta, quindi una dieta ricca di proteine porta molti aminoacidi che entrano in competizione con la dopa per il trasporto sia a livello della barriera intestinale sia a livello della barriera encefalica), l apomorfina con iniezioni sottocutanee multiple. Anche sulle discinesie si può intervenire con farmaci e, soprattutto, con strategie terapeutiche che, modificando la scelta e l orario di somministrazione dei farmaci, risolvono alcuni problemi, è per esempio utile l uso della amantadina nelle situazioni di discinesia disfasica. Le distonie della fase OFF, che spesso si manifestano al mattino con distonie dolorose, contratture alle gambe e ai piedi, vengono risolte con terapeutiche che riducono il periodo di lontananza dall ultima dose di levodopa somministrata alla sera precedente. Di più difficile soluzione sono i problemi legati al quadro psichico: le psicosi, le allucinazioni e gli stati confusionali. In questi casi è necessario procedere a una riduzione o all'interruzione dei farmaci, perché è coinvolta la stimolazione di recettori dopaminargici appartenenti al sistema mesocorticolimbico, che controlla l'umore e il comportamento. Per contrastare queste manifestazion si utilizzano anche i neurolettici atipici, ma tutti i neurolettici sono antagonisti dei recettori dopaminergici e quindi bloccano i recettori della dopamina, causando un peggioramento della sintomatologia parkinsoniana. Per questo oggi si ricorre a farmaci di nuova generazione, che riescono a essere egualmente efficaci nel controllo della forma psichica senza aggravare il quadro parkinsoniano. Per ottimizzare la risposta alla levodopa, indico alcuni procedimenti suggeriti dalla mia pluriennale esperienza e condivisi da una vasta letteratura medica: - La dose di dopa complessiva deve esser bassa, la dose minima efficace, senza mai superare i milligrammi/die. Non è esasperando la posologia che si risolvono i problemi e si ottengono risultati migliori; - La dopa deve essere assunta sempre a stomaco vuoto, lontana da pasti ricchi di proteine, per evitare i problemi correlati alla competizione con gli aminoacidi per il superamento delle barriere intestinale ed ematoencefalica. Per incoraggiare lo svuotamento gastrico è talora necessario associare alla dieta anche farmaci procinetici; 14

15 Capitolo i Fig. 1. Biochimica e Farmacocinetica delle molecole antiparkinsoniani Fonte: "Parkinson disease: The facts" Blakwell. Ed. - Le formulazioni a rilascio controllato vanno utilizzate alla sera, per garantire un buon controllo nelle ore notturne e fare in modo che al risveglio mattutino il paziente abbia ancora un livello di dopa sufficente per riuscire ad alzarsi senza fenomeni di ipotensione ortostatica. Accanto alla levodopa è oggi disponibile una nuova importante categoria di farmaci, i dopaminoagonisti, che simulano l azione della dopamina stimolando 15

16 Capitolo i Tab. 1. Dopamine agonists Dopamine agonists Agonist* Receptor selectivity Ergot Bromocriptine D 1 -- D 2 ++ Lisuride D 1 ++ D Pergolide D 1 ++ D D 3 ++ Cabergoline D 1 ++ D Typical dose (mg/day)** 5-20 ( ) 1-3 (0.6-5) 1-3 (0.75-5) 2-4 (1-12) Indications and advantages Adjunctivet Adjunctivet Subcutaneous route possible Adjunctivet Adjunctivet or monotherapy Once-daily dosing Non - ergot Ropinirole D D Adjunctivet (1-24) or monotherapy Pramipexole D D (0.75-6) Adjunctivet or monotherapy Subcutaneous Apomorphine D D (3-120) Adjunctivet in maniera molto precisa e con affinità molto alta i recettori della dopamina che servono a trasmettere l impulso nel sistema nervoso. Qual è il vantaggio rispetto alla terapia con la dopa? Innanzitutto, i dopaminoagonisti provocano una stimolazione diretta dei recettori senza che sia necessario l itinerario di trasformazione che ha la dopa: per la loro farmacocinetica non usano dei trasportatori, ma vanno direttamente al cervello e lì agiscono. 16

17 Capitolo i Inoltre possiedono una durata d azione superiore alla dopa, quindi danno una stimolazione recettoriale più continua e come monoterapia all inizio, soprattutto nei soggetti giovani, ritardano l impiego della dopa, riducendo così l esposizione al rischio cumulativo di complicanze. In associazione con la dopa, ne minimizzano la tossicità e controllano le complicazioni derivate dal suo uso continuativo, e possiedono un effetto neuroprotettivo. Questo effetto è ancora oggetto di studio, ma sembra che la produzione dei radicali liberi, che danno uno stress ossidativo (e quindi una importante tossicità al neurone dopaminargico), sia inibita dagli agonisti dopaminergici, che favoriscono l eliminazione dei radicali liberi stessi. Gli agonisti dopaminargici lavorano nei siti dopaminargici dei gruppi D1, D2, D3, D4 e D5. Le classi di recettori dopaminargiche D1 e D2 interessano soprattutto il movimento; quindi stimolare i gruppi D1 e D2 vuol dire stimolare i recettori dopaminargici che favoriscono il movimento. I gruppi D3 e D5 invece sono più legati all aspetto cognitivo e del tono dell umore. Alcuni dopaminoagonisti, la bromocriptina, la pergolide e la cabergolina, sono derivati dell ergot, un alcaloide; hanno soprattutto un attività recettoriale sui D2 e i D1. Quanto più un farmaco è affine a un recettore, tanto più quel farmaco si lega a quel recettore, e tanto più il legame è forte. Ci sono anche dei farmaci, il ropirinolo e il pramipexolo, che non derivano dall ergot e che hanno una buona emivita: per esempio, il pramipexolo lavora per 8-12 ore. Il pramipexolo ha una caratteristica che lo rende diverso dagli altri dopaminoagonisto: è attivo anche sui recettori D3, legati a caratteristiche di tipo umorale e comportamentale più che motorio. Quindi, se il soggetto parkinsoniano è depresso, stimolare i recettori D3 significa dare uno stimolo anche al tono dell umore e migliorare lo stato d animo del paziente. I dopaminoagonisti vanno usati con particolare cautela nei pazienti anziani, soprattutto se sono facilmente soggetti a cadute, se hanno un ipotensione ortostatica severa, se presentano episodi allucinatori oppure se hanno dei veri e propri disturbi psicopatologici importanti della personalità. Credo che il motto inglese start low and get slowly (parti basso e vai pianino) sia la modalità giusta per somministrare questi farmaci, in modo che ci sia un adattamento alla tollerabilità man mano che si procede. A questo punto si possano trarre alcune conclusioni importanti: la levodopa rimane tutt oggi il cardine della terapia farmacologia nel morbo di Parkinson, tuttavia va incoraggiato l uso precoce di farmaci dopaminoagonisti, soprattutto 17

18 Capitolo i nei soggetti giovani, che hanno la prospettiva di una lunga storia di malattia davanti a loro. Finchè la monoterapia con dopaminoagonisti è efficace ed è sufficente per controllare i sintomi, questa scelta terapeutica consente l utilizzo parsimonioso della levodopa, ottimo farmaco, ma non esente da complicanze; l'utilizzo dei dopamino mimetici nelle fasi iniziali di malattia consente di ritardare la comparsa delle fluttuazioni motorie e delle discinesie. L'azione della levodopa può essere potenziata dall aggiunta degli enzimi inibitori che, bloccando la trasformazioni metaboliche della dopa stessa, la preservano e l aiutano ad arrivare meglio al cervello, dove svolge la sua attività di neurotrasmettitore fisiologico. Non esistono attualmente terapie farmacologiche in grado di arrestare la progressione dei sintomi. Tuttavia il morbo di Parkinson non è una malattia dimenticata: c'è un grande fervore di ricerca e di studio intorno a questa patologia, e ritengo che nei prossimi anni si concretizzeranno prospettive favorevoli per la cura della malattia Malattia di Parkinson ad esordio precoce: aspetti clinici e implicazioni psico-sociali Aldo Genovese La definizione di Malattia di Parkinson (MdP) ad esordio precoce si riferisce alle forme parkinsoniane il cui esordio si situa prima dei 40 anni. Questi casi possono essere suddivisi in forme del giovane adulto fra i 21 e i 40 anni (young onset) e forme ad esordio al di sotto dei 20 anni (juvenile onset) (Gershanik OS, 2003). La Malattia di Parkinson ad esordio precoce rappresenta circa il 5% di tutta la popolazione parkinsoniana (Jung, 2004). Si ritiene che fattori genetici possano avere un ruolo rilevante quando l esordio della malattia avviene prima dei 40 anni (Bonifati V., De Michele G, 1999). Nella maggior parte dei casi, sporadici e con età di esordio tipica, l eziologia della malattia rimane sconosciuta ed il ruolo dei fattori genetici resta controverso (Bonifati V. De Michele G. 1999) 18

19 Capitolo i Aspetti genetici Il ruolo della genetica nella patogenesi della Malattia di Parkinson è oggetto di acceso dibattito da molti anni. Recentemente la scoperta di mutazioni in diversi geni e in numerosi loci cromosomici è stata implicata con notevole evidenza in forme ereditarie di Malattia di Parkinson e ha contribuito alla comprensione dei meccanismi molecolari che portano alla neurodegenerazione del sistema nigrostriatale. Sei geni sono responsabili della Malattia di Parkinson attraverso un pattern ereditario mendeliano di tipo autosomico dominante (Polymeropoulos et al., 1997; Gasser et al., 1998; Leroy et al., 1998; Farrer et al., 1999; Funayama et al., 2002; Le et al., 2003), quattro con modalità autosomico recessiva (Kitada et al., 1998; Hampshire et al., 2001; Valente et al., 2001; Bonifati et al., 2003). (Tabelle 2. e 3.) Tab. 2. Malattia di Parkinson a trasmissione autosomica dominante (Dekker MCJ., Bonifati V., Van Duijn. 2003) Gene/locus a Synucleina Polymeropoulos et al UCH-L1 Leroy et al NR4A2 Le et al 2003 PARK 3 Gasser et al PARK 4 Farrer et al PARK 8 Funayama et al Posizione Eredità Esordio 4q421 AD Tardivo Caratteri stiche cliniche distintive Tremore dominante Progressione rapida 4p14 AD Tardivo nessuna C. di Lewy 2q22-23 AD Tardivo nessuna _ 2p13 AD Tardivo Demenza 4p AD Tardivo Disautonomia Demenza 12p11.2-q13 AD Tardivo nessuna PARK 10 1p31 AD Tardivo nessuna SI _ SI SI NO - 19

20 Capitolo i Tab. 3. Malattia di Parkinson a trasmissione autosomica recessiva (Dekker MCJ., Bonifati V., Van Duijn. 2003) Gene/locus Posizione Eredità Esordio P A R K 2 (Parkina) Kitada et al PARK 7 Bonifati et al PARK 6 Valente et al PARK 9 Hampshire et al q25 AR Precoce/ giovanile 1p36 AR Precoce Caratteristiche cliniche distintive Discinesie/distonie Lenta progressione Distonie focali Lenta progressione C. Di Lewy 1p35-36 AR Precoce Lenta progressione -- 1p36 AR Precoce Spasticità demenza, oftalmoparesi sopranucleare *Corpi di Lewy in un paziente con mutazione per la Parkina (Farrer et al., 2001) NO* Nonostante molte delle forme mendeliane di Parkinson siano molto rare, esse stanno mettendo in crisi la validità del concetto di malattia di Parkinson come entità unitaria, che si va configurando sempre più come entità eziologicamente eterogenea come le principali malattie neurodegenerative (Bonifati V. De Michele G. 1999; Bonifati V. 2005). Per quanto riguarda la MdP ad esordio precoce le mutazioni del gene parkin (PARK2) sono sufficientemente frequenti da avere rilevanza nella pratica clinica (Bonifati V. 2005), rappresentando il 49% dei casi familiari e circa il 19% dei casi sporadici ad esordio precoce (Dekker MCJ., Bonifati V., van Duijn CM., 2003; Periquet M., et al., 2003; Kahan N, 2003). Le osservazioni anatomopatologiche hanno mostrato la presenza di Corpi di Lewy solo in un caso (Farrer et al., 2001). Un altra forma a trasmissione autosomica recessiva ad esordio precoce è stata mappata sul cromosoma 1p35-36 (PARK6) in una numerosa famiglia italiana ( Marsala kindred ) (Valente EM., 2001). Gli individui clinicamente affetti mostrano segni di MdP idiopatica, tranne che per un esordio precoce (32-48 anni), comparsa precoce di discinesie, lenta progressione, assenza di alterazioni cognitive (Valente EM., 2001). Non sono disponibili osservazioni anatomopatologiche sulla presenza di corpi di Lewy. Questa forma potrebbe essere responsabile del 15% delle forme familiari a trasmissione autosomica recessiva ad esordio precoce (Dekker MCJ., Bonifati V., van Duijn CM., 2003). (Tabella 4) -- 20

21 Capitolo i Tab. 4. Manifestazioni cliniche Population attribution of Parkinson's disease genes and loci (Dekker MCJ., Bonifati V., van Duijn 2003) Gena/locus replicastion indepen estimated attributable risk dent families (%of Parkinson's disease explained) Parkin Yes Parkinson's disease overall % Within late-onset PD:small Within early-onset sporadic PD: 9-18% Within early-onset recessive PD: 49% PARK 7 Yes Locally in Dutch: 33% early-onset PARK 6 Yes Within early-onset recessive PD: 15% PARK 9 NO Single report a Synucleina Yes Small UCH-L1 NO Single report NR4A2 NO Unknow PARK 3 NO Small PARK 4 NO Single report PARK 8 NO Single report PARK 10 In Iceland data set Unknow Le caratteristiche cliniche del parkinsonismo autosomico recessivo causato da mutazione del gene parkin sono peculiari per l età di esordio (in genere prima dei 30 anni), la lenta progressione, il beneficio da sonno. Sono frequenti fenomeni distonici agli arti inferiori e disturbi acinetico-distonici della deambulazione fin dall esordio della malattia. I riflessi osteotendinei sono vivaci, specie agli arti inferiori. Assenti i disturbi disautonomici e cognitivi. La risposta alla Levodopa è ottima, ma precocemente si sviluppano discinesie e fluttuazioni motorie. (Tabella 5) Tab. 5. Caratteristiche cliniche del Parkinson causato da mutazione del gene PARKIN - Esordio precoce (spesso prima dei 30 anni) - Esordio con distonie dell arto inferiore - Riflessi osteotendinei vivaci agli arti inferiori - Beneficio da sonno - Risposta eccellente alla L-Dopa - Decorso molto lento - Precoce comparsa di fluttuazioni motorie - Precoce comparsa di discinesie da L-Dopa - Assenza di demenza e disturbi disautonomici (modificata da: Abbas N, Lucking CB, Ricard S, Bonifati V et al. 1999) 21

22 Capitolo i In alcuni casi la malattia può manifestarsi con manifestazioni cliniche atipiche che pongono difficili problemi di diagnosi differenziale (Tabella 6) Tab. 6. Manifestazioni cliniche atipiche - Esordio tardivo indistinguibile dal Parkinson classico - Distonia indotta dall esercizio, simile alla Distonia Dopa Responsiva (DRD) - Sindrome acinetico rigida bilaterale atremorigena - Distonia focale (crampo dello scrivano, distonia cervicale) - Neuropatia autonomica e periferica - Disfunzione cerebellare o piramidale (modificata da Khan et al. 2003) Una sindrome parkinsoniana ad esordio giovanile dovrebbe prevedere una accurata ricostruzione della genealogia, un esame neurologico completo, una diagnostica di genetica molecolare anche in assenza di una chiara familiarità, una particolare attenzione alla diagnostica differenziale (M. di Wilson, Degenerazione epato-cerebrale acquisita, Acantocitosi, Corea rigida, Distonia Dopa-Responsiva). Potrà essere utile il ricorso a metodiche di neuroimaging (RMN, SPECT e PET) ed eventualmente al test in acuto con L-Dopa. Aspetti psico-sociali L impatto psicologico e sociale della Malattia di Parkinson ad esordio precoce è stato poco studiato e i dati di letteratura sono piuttosto esigui. Pasetti C. et al. (1998), hanno studiato le caratteristiche di personalità di 12 soggetti affetti da MdP ad esordio precoce e, mediante i test proiettivi di Rorschach e del T.A.T (Thematic Appercetion Test), hanno messo in evidenza aspetti di coartazione del pensiero, di disadattamento sociale, di dipendenza e passività e, inoltre, un difficoltoso e problematizzante senso dell identità corporea, un disinvestimento libidico dal proprio corpo e un bisogno di contatto corporeo. Gli Autori sottolineano l importanza di tali aspetti anche in ambito riabilitativo, suggerendo, per questi pazienti, l impiego di tecniche non solo di tipo chinesiologico tradizionale, ma anche di tecniche basate sulla riscoperta di una relazione e di un contatto corporeo. Secondo Schrag A. et al. (2003), a stadi paragonabili di malattia secondo la 22

23 Capitolo i stadiazione di H-Y, i soggetti con MdP ad esordio precoce sembrano presentare più frequentemente: - perdita del lavoro e ritiro sociale; - disgregazione e conflitti familiari; - maggiore percezione di stigma sociale; - maggiore frequenza di depressione; - modificazione dell immagine corporea e della vita sessuale; - cambiamenti del carattere e della personalità. I cambiamenti psicosociali secondari alla malattia possono contribuire in modo significativo a compromettere la qualità della vita di questi ammalati e talvolta possono essere più devastanti delle disabilità motorie stesse (Schrag A., et al. 2003). La gestione della MdP ad esordio precoce è particolarmente complessa, richiede una salda alleanza terapeutica e necessita di un approccio multidisciplinare integrato finalizzato ad incontrare i bisogni psicologici, emozionali e sociali del paziente e del suo caregiver (McCall B., 2003). Gli studi che riguardano la gravidanza, il parto, gli effetti dei farmaci sul feto e gli effetti della gravidanza sul decorso della malattia si riferiscono a case report e certamente non sono significativi. Da questi lavori sembrerebbe emergere un effetto peggiorativo della gravidanza sul decorso della malattia e l assenza di effetti teratogeni della L-Dopa sul feto (Tabella 7). Certamente questi dati andranno verificati su casistiche più ampie. Tab. 7. Gravidanza e Malattia di Parkinson ad esordio Precoce Autore Casi Parto Allain et al. (1989) Jaquemard (1990) Hagell P et al. (1999) Shulman LM et al. (2000) Routiot T et al.(2000) Mucchiut M et al. (2004) A termine naturale A termine naturale A termine naturale A termine naturale A termine naturale A termine cesareo Effetti sul feto Farmaci sano L-dopa messuno Effetti sulla malattia sani L-dopa peggioramento sano L-dopa peggioramento sano L-dopa peggioramento sano L-dopa peggioramento sano Pramipex peggioramento Martignoni E. et al. (2003) hanno riscontrato che donne con diagnosi di MdP 23

24 Capitolo i ad esordio prima della menopausa riferiscono più marcati sintomi premestruali e, nello stesso periodo, un peggioramento dei sintomi motori della malattia in oltre il 50% dei casi. Tempi e modi di inizio e decorso della menopausa apparivano simili ai controlli sani, ma si riscontravano più frequentemente vampate, minore ricorso a terapie sostitutive ormonali, meno disturbi del sonno, depressione, incontinenza urinaria e dispareunia. Questi dati indicherebbero uno scarso adattamento dei network neuronali alle fluttuazioni ormonali legate al ciclo riproduttivo. Conclusioni - In analogia con le principali malattie neurodegenerative anche la M. di Parkinson rappresenta verosimilmente un entità eziologicamente eterogenea. - La M. di P. ad esordio precoce costituisce solo una piccola quota (5%) di tutte le forme parkinsoniane. - Una parte delle forme precoci sono familiari e trasmesse con modalità autosomico recessiva (PARK 2, 6, 7) e una parte si presenta in modo isolato come mutazione. - Nella grande maggioranza dei casi sporadici e con età di esordio tipica l eziologia rimane sconosciuta e il ruolo dei fattori genetici controverso. - Il decorso delle forme ad esordio precoce è molto lento, con buona risposta alla L-dopa e precoce comparsa di fluttuazioni motorie e discinesie. - L età di esordio della malattia tende ad avere un impatto psicologico e sociale peggiore rispetto alle forme tipiche. - Da parte dell equipe curante è richiesta una attenta pianificazione di tutte le risorse terapeutiche farmacologiche e non farmacologiche all interno di un approccio multidisciplinare integrato, di una salda alleanza terapeutica e nel rispetto dell autonomia e delle scelte del paziente. BiBliografia 1) Abbas N, Lucking CB, Ricard S, Durr A, Bonifati V, De Michele G, et al. A wide variety of mutation in the parkin gene are responsible for autosomal recessive parkinsonism in Europe. Hum Mol Genet 1999; 8: ) Allain H, Bentue-Ferrer D, Milon D, Moran P, Jaquemard F, Defawe G. Pregnancy and parkinsonism. A case report without problem. Clin Neuropharmacol 1989: 12 (3): ) Bonifati V, De Michele G. Genetica della malattia di Parkinson. Parkinson s disease & Extrapiramidal Disorders. Caraceni T, Barone P Edt. 1999; 1:

25 Capitolo i 4) Bonifati V, Rizzu P, van Baren MJ, Schaap O, Breedveld GJ, Krieger E, et al. Mutations in the DJ-1 gene associated with autosomal recessive earlyonset parkinsonism. Science 2003; 299: ) Bonifati V. Recenti progressi nella genetica della malattia di Parkinson. Giornale di neuropsicofarmacologia. Anno XXVII N. 2 aprile/giugno ) Dekker MCJ, Bonifati V, van Duijn CM. Parkinson s disease: a piecing together a genetic jigsaw. Brain 2003; 126: ) Farrer M, Chan P, Chen R, Tan L, Lincoln S, Hernandez D, et al. Lewy bodies and parkinsonism in families with Parkin mutations. Ann Neurol 2001; 50: ) Farrer M, Gwinn-Hardy K, Muenter M, DeVrieze FW, Crook R, Perez-Tur J, et al. A chromosome 4p haplotype segregating with Parkinson s disease and postural tremor. Hum Mol Genet 1999; 8: ) Funayama M, Hasegawa K, Kowa H, Saito M, Tsuji S, Obata F. A new locus for Parkinson s disease (PARK8) maps to chromosome 12p11.2-q13.1. Ann Neurol 2002; 51: )Gasser T, Muller-Myhsok B, Wszolk ZK, Oehlmann R, Calne DB, Bonifati V, et al. A susceptibility locus for Parkinson s disease maps to chromosome 2p13. Nature Genet 1998; 18: Gershanik OS. Early onset parkinsonism. Front Biosci 2003; 8:s )Hagell P, Odin P, Vinge E. Pregnancy in Parkinson s disease: a review of the literature and a case report. Mov Disord 1996; 13 (1): )Hampshire DJ, Roberts E, Crow Y, Bond J, Mubaidin A, Wriekat AL, et al. Kufor-Rakeb syndrome, pallido-pyramidal degeneration with sopranuclear upgaze paresis and dementia, maps to 1p36. J Med Genet 2001; 38: )Jaquemard F, Palaric JC, Allain H, Giraud JR. Parkinson s disease and pregnancy. Apropos of a case. J Gynecol Obstet Biol Reprod 1990; 19 (4): )Jung SK. A young onset Parkinson s patient: a case study. J Neurosci Nurs. 2004; 36(5): )Khan NL, Graham E, Critchley P, Schrag AE, Wood NW, Lees AJ, 25

26 Capitolo i et al. Parkin disease: a phenotypic study of a large series of cases. Brain 2003; 126: )Kitada T, Asakawa S, Hattori N, Matsumine H, YamamuraY, Minoshima S, et al. Mutations in the parkin gene cause autosomal recessive juvenile parkinsonism. Nature 1998; 392: )Le WD, Xu P, Jankovic J, Jiang H, Appel SH, Smith RG, et al. Mutations in NR4A2 associated with familial Parkinson s disease. Nature Genet 2003; 33: )Leroy E, Boyer R, Auburger G, Leube B, Ulm G, Mezey E, et al. The ubiquitin pathway in Parkinson s disease. Nature 1998; 395: )Martignoni E, Nappi RE, Citterio A, Calandrella D, Zagaglia R, Mancini F, et al. Reproducive life milestones in women with Parkinson s disease. Funct Neurol 2003; 18(4): )McCall B. Young-onset Parkinson s disease: a guide to care and support. Nurs Times 2003; 99: )Mucchiut M, Belgrado E, Cutuli D, Antonini A, Bergonzi P. Pramipexole-treated Parkinson s disease durino pregnancy. Mov Disord 2004; 19(9): )Pasetti C, Piana E, Giordano A. Caratteristiche di personalità nel Morbo di Parkinson ad insorgenza precoce: uno studio mediante l impiego del test di Rorschach e del T.A.T. Atti XXV Riunione LIMPE. Copanello (CZ), 1-2 ottobre )Periquet M, Latouche M, Lhomann E, Rawal G, De Michele G, Ricard S, et al. Parkin mutations are frequent in patients with isolated early-onset parkinsonism. Brain 2003; 126: )Polymeropoulos MH, Lavedan C, Leroy E, Ide SE, Deheija A, Dutra A, et al. Mutation in the alpha-synuclein gene identified in families with Parkinson s disease. Science 1997; 276: )Routiot T, Lurel S, Denis E, Barbarino-Monnier P. Parkinson s disease and pregnancy: case report and literature review. J Gynecol Obstet Biol Reprod 2000; 29(5): )Schrag A, Hovris A, Morley D, Quinn N, Jahanshahi M. Young versus 26

27 Capitolo i older-onset Parkinson s diseasae: impact of disease and psychosocial consequences. Mov Disord 2003; 18(11): )Shulman LM, Minagar A, Weiner WJ.The effect of pregnancy in Parkinson s disease. Mov Disord 2000; 15(1): )Valente EM, Bentivoglio AR, Dixon PH, Ferraris A, Ialongo T, Frontali M, et al. Localization of a novel locus for autosomal recessive early-onset parkinsonism, PARK6, on human chromosome 1p35-p36. Am J Hum Genet 2001; 68: La comunicazione della diagnosi: tra informazione e relazione Carlo Pasetti Una malattia neurologica cronica e progressiva, che interessa non solo la motricità, ma anche lo psichismo e le attività di vita quotidiana, oltre a comportare un notevole coinvolgimento da parte dei familiari, può essere affrontata a livello di presa in carico solo con quell approccio clinico-riabilitativo di tipo globale e integrato compreso sotto l espressione di neuroriabilitazione multidimensionale. Con tale termine si vuole intendere l impiego di tutte le più recenti acquisizioni (farmacologiche, psicologiche, tecnologiche) messe in atto da un team interdisciplinare attento anche agli aspetti etici e relazionali, che lavora su obiettivi condivisi, mirati ove possibile al migliore utilizzo delle residue capacità psicofisiche o al raggiungimento di una dignitosa convivenza con la malattia in un atmosfera di decorosa qualità di vita. È chiaro che questa modalità di approccio comprende vari tipi di conoscenze che trascendono il solo momento biomedico, comprendendo anche interventi psicologici (rivolti sia al paziente che al caregiver), sociali (riguardanti l home-care, la lotta allo stigma e il ruolo delle associazioni), formativi (rivolti alla crescita del team degli operatori) ed etici (particolarmente rilevanti nel decision-making durante le fasi più avanzate). Appare ovvio che, ragionando secondo questa visione, un modello di esercizio della medicina fondato su criteri esclusivamente biologici (basato sulla descrizione della sindrome clinica, sull identificazione della patologia, sulle cause del disturbo e sulla sua evoluzione nonché sulle terapie farmacologiche o chirurgiche) possa apparire riduttivo, da qui la necessità di rivolgerci anche a modelli psicodinamici che cerchino di andare al di là del sintomo fisico (cogliendone gli eventuali significati simbolici) e di considerare l esperienza passata nel determinismo delle attuali reazioni nonché i meccanismi difensivi sia del 27

28 Capitolo i paziente che del terapeuta. Alla luce di tali premesse può ora apparire più logico che l atto medico debba essere considerato come una somma di incontri, all interno dei quali la comunicazione della diagnosi diventa un momento basilare della futura presa in carico, una tappa fondamentale affinché la relazione medico-paziente possa poi incanalarsi verso modelli consoni a controllare correttamente conflittualità, lacerazioni o dinamiche relazionali comunque molto complesse e problemizzanti; ecco allora come dare la giusta rilevanza a questa fase iniziale dell incontro medico-paziente non deve essere considerata una cautela facoltativa o ridondante, ma la premessa essenziale perché medico e paziente diventino veri compagni di viaggio di un lungo percorso che attraverserà tutta la malattia nell arco delle sue fasi evolutive. Se oggi tutti concordano sull importanza di una corretta ed esauriente informazione da dare al paziente e ai familiari sulla diagnosi e sulla prognosi di una malattia, tanto che concetti come autonomia, centralità del paziente, diritto di accettare o rifiutare le terapie sono ormai entrati nel gergo corrente dell opinione pubblica, ancora grandi difficoltà si incontrano nel calare questi, giusti, concetti teorici nella prassi clinica quotidiana a causa di numerose resistenze, consce o inconsce che si sovrappongono alla loro completa attuazione ; occorre poi sottolineare come vi siano sostanziali differenze tra alcuni termini che spesso vengono usati come equivalenti o come sinonimi, come appunto quelli di informazione, comunicazione e relazione. Se infatti appaiono chiari i requisiti di una corretta informazione (su cui si basa quell imprescindibile presupposto etico-deontologico di ogni atto medico costituito dal Consenso Informato), meno scontate risultano invece le caratteristiche della comunicazione, che, particolarmente in un contesto clinico, non può prescindere da un rapporto dialettico, aperto, in divenire, rispettoso della libertà del paziente e del sapere del medico. La comunicazione infatti, oltre a doversi basare su di una informazione corretta ed esauriente, verrebbe del tutto spogliata delle sue componenti dinamiche se non presupponesse un rapporto scambievole, un far parte ad altri di qualcosa, in altri termini il primo atto della relazione che andrà ad instaurarsi e che condizionerà (in male o in bene ) la sua successiva evoluzione. Chiariti questi presupposti, in particolare enfatizzate le differenze tra comunicazione e i suoi surrogati (informazione, chiarimenti, spiegazioni etc.), per una migliore comprensione dei meccanismi che sottendono la comunicazione diagnostica, specialmente in un contesto come la malattia di Parkinson il cui nome evoca ancora spettri di affezioni misteriose e incurabili, è necessario introdurre il concetto di taboo, intendendo con tale termine ogni questione inerente una malattia 28

29 Capitolo i considerata in base a preconcetti, disagi, avversioni che porta al rifiuto della conoscenza e della discussione su un argomento al punto da negarne perfino l esistenza ; nei taboo, per loro natura, non giocano tanto un ruolo determinante fattori razionali, ma aspetti fantasmatici e immaginativi legati a paure e angosce individuali e collettive che fanno scattare inevitabilmente meccanismi di difesa rigidi (rimozione e negazione). Fra i più comuni esempi di taboo in ambito clinico rientra il rifiuto di dare cattive notizie e la conseguente incapacità del medico tradizionale a rapportarsi con la malattia grave a decorso cronico e progressivo, fattori che generano sovente cali motivazionali, frustrazioni, indifferenza, rischi di burn out. È per questa somma di elementi che, particolarmente nei medici formatisi secondo i dettami tradizionali di una cultura esclusivamente organicista, possono svilupparsi meccanismi di difesa che portano a criptare la diagnosi reale, nascondendola sotto perifrasi molto tecniche e gergali di un linguaggio da iniziati che, pur dicendo sostanzialmente la verità, tende di fatto ad occultarla. All opposto di questo atteggiamento vi è quello di tendere a minimizzare e banalizzare ogni aspetto connesso alla malattia, sorvolando o evitando le domande dirette sulla diagnosi, sul suo nome esatto e sulla sua evoluzione prognostica. È evidente che queste due modalità di fornire l orientamento diagnostico, apparentemente diverse, sono in realtà lo specchio dello stesso meccanismo di difesa, cioè l angoscia di morte del terapeuta, che cerca in tal modo razionalmente di proteggere il malato dai messaggi che la malattia comporta, in realtà proteggendo se stesso dai sensi di impotenza e dalla paura del coinvolgimento emotivo. Un atteggiamento diametralmente contrario è quello del medico che, obbedendo a canoni deontologici troppo legalistico-difensivi, tende a dire comunque tutto e subito, spesso enfatizzando gli aspetti sfavorevoli connessi alla malattia stessa, ottemperando all imperativo etico di informare esaurientemente il paziente ma nella realtà facendolo sprofondare in una grave depressione reattiva con effetti devastanti nel cristallizzare la patologia in una sorta di giustificalismo tautologico che impedisce ogni meccanismo difensivo elastico e adattivo. Che fare dunque per evitare gli errori suddetti e per uscire da una diagnostica solo nosografica entrando in un processo diagnostico funzionale che inneschi l alleanza diagnostica come prodromo essenziale per la successiva alleanza terapeutica? La risposta non è facile, dipendendo da diverse variabili che dobbiamo sempre tenere presenti quali la personalità del paziente, del medico, l entourage familiare, lo stadio clinico della malattia, il luogo del colloquio, il coinvolgimento diretto o meno nella presa in carico, tuttavia, pur tenendo conto della mutevolezza del contesto clinico in cui si viene ad evolvere la relazione, qualche 29

30 Capitolo i punto fisso deve comunque essere stabilito: 1) l approccio diagnostico non deve essere inteso come qualcosa di statico, come un verdetto emesso ex cathedra da parte di un tecnico esperto, ma distaccato ad un paziente inesperto, depresso, ansioso e minacciato nei propri ruoli, ma deve costituire l inizio di un percorso dinamico, flessibile, un iter emotivocognitivo in evoluzione che deve predisporre una successiva relazione 2) la situazione in cui si avvia il colloquio diagnostico non può prescindere dalla capacità di ascolto, dall empatia, dall attenta analisi della storia clinica del paziente e dei suoi vissuti; per questo può e spesso deve comprendere tempi diversi, sia per evitare errori di comunicazione sia per perfezionare nel migliore dei modi la conoscenza con il paziente e i suoi familiari 3) l alleanza diagnostica che in tal modo si avvia, concetto importante anche se ancora poco definito, è fondamentale perché si instauri quel clima di reciproca fiducia che consente al medico e al paziente di lavorare insieme su obiettivi comuni e condivisi e perché si possa avviare con successo l alleanza terapeutica indispensabile in un contesto clinico così lungo e complesso, in cui molto frequenti possono essere i tentativi di disimpegno da un lato e i meccanismi di fuga o rinuncia dall altro. 4) se la relazione medico-paziente è comunque un legame che si stabilisce tra un individuo (il paziente) e un altro (il medico) con lo scopo di alleviare le sofferenze della malattia, è evidente che nella presa in carico di una malattia neurologica progressiva la relazione dovrà avere determinate caratteristiche che non possono essere assolte solo da modelli tecnicistico-riparativi o legalistico-difensivi di esercizio della medicina ma dovrà necessariamente: a) prevedere una informazione corretta ed esauriente fornita in maniera graduale e personalizzata; b) presupporre nel medico un elevata preparazione tecnico-scientifica che gli consenta di padroneggiare gli aspetti clinici anche nelle fasi avanzate della malattia, ma nel contempo un'elevata capacità psicologico-relazionale da permettere una presa in carico globale dai primi approcci diagnostici al decision-making nelle fasi più avanzate. È eccessivamente idealistico o francamente utopistico sperare che una medicina sempre più orientata in senso biotecnologico e sempre più basata sull aziendalizzazione dell atto medico possa rispondere agli inquietanti interrogativi posti da una presa in carico così difficile? Forse si, ma se riusciamo, come terapeuti, a richiamarci ai concetti di responsabilità, di prudenza e discernimento e se riusciamo ad affrontare le nostre reazioni emotive più intense e il loro significato sin dai primi approcci col paziente senza sentirci troppo minacciati, allora potremo anche impegnarci in un processo relazionale che ci permetta di crescere sia come persone che come operatori. 30

31 Capitolo i BiBliografia 1) Borsellino P. Consenso Informato: riconoscimento di principio e strategie di svuotamento. Bioetica, rivista interdisciplinare. 1995,1, ) Emanuel E.J., Emanuel L.L. Four models of the physician-patient relationship. JAMA,1992,267: ) Buckman R. La comunicazione della diagnosi in caso di malattie gravi. Ed. Italiana Raffaello Cortina. Milano, ) Del Corno F. e Lang M. (a cura di). La relazione col paziente: incontro con il paziente, colloquio clinico, restituzione. Franco Angeli Ed. Milano, ) Pasetti C., Zanini G. The physician-patient relationship in amyotrophic lateral sclerosis. Neurological Sciences,2001,21: Problemi più comuni nella malattia di Parkinson e suggerimenti per affrontarli Emiliana Fincati In questa relazione, vengono affrontati da un punto di vista puramente pratico quelli che sono i disturbi più comuni che conducono in ambulatorio i pazienti con la malattia di Parkinson. Quasi tutti i problemi dei pazienti riguardano ovviamente la fase avanzata della malattia, quando la terapia non è più efficace durante tutta la giornata. I problemi più gravi sono rappresentati dalle complicanze motorie, cioè i blocchi e i movimenti involontari, dalla scialorrea cioè la perdita di saliva, dalla difficoltà a tener aperti gli occhi o ad aprirli, a parlare in maniera comprensibile o a deglutire in maniera corretta, dai disturbi del sonno notturno, dall eccessiva sonnolenza diurna e dalla difficoltà a controllare la minzione. Le complicanze motorie: in letteratura non c è evidenza assoluta che l utilizzo di un dopaminoagonista rispetto a un altro comporti un ritardo nella comparsa delle complicanze motorie. C è tuttavia consenso generale sul fatto che i dopaminergici a breve emivita, che stimolano in maniera pulsatile, cioè non continua e fisiologica, il sistema nigrostriatale, favoriscano la precoce insorgenza delle complicanze motorie. Un dato più sicuro è che esse siano correlate alla dose cumulativa di levodopa assunta durante la vita. Questo dato non deve indurre a demonizzare l arma più potente nella lotta al Parkinson, la l-dopa, ma spronarci, 31

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