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1 LA RAPPRESENTANZA DEL VOLONTARIATO: UN PROBLEMA IRRISOLTO Viaggio in alcune regioni per capire come lo affrontano e se hanno trovato soluzioni l concetto di rappresentanza, inteso come il potere di agire per conto di altri, è indispensabile per esprimere istanze comuni, orientamenti e buone prassi tra i soggetti che compongono il mondo del volontariato, in quanto è chiamato a confrontarsi con altri soggetti del Terzo settore o con le istituzioni all interno di tavoli, forum, coordinamenti. Il comma 2 art. 1 della legge quadro sul volontariato recita: La presente legge stabilisce i principi cui le regioni e le province autonome devono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e gli enti locali nei medesimi rapporti. La stessa riforma del titolo V della Costituzione all art. 118, sancendo il principio di sussidiarietà, suggerisce che il rapporto tra volontariato e istituzioni deve realizzarsi in sedi permanenti e organizzate che permettano al volontariato di manifestare le proprie idee in condizioni di parità e di contribuire alla definizione di programmi e progetti regionali. Ogni regione quindi si è dotata di un proprio assetto legislativo all interno del quale ha disciplinato, tra l altro, i termini in cui deve attuarsi ed esprimersi concretamente il concetto di rappresentanza. Ma ciò che stabiliscono gli articoli di legge avviene veramente? La Regione Emilia Romagna lavora sulla problematica della rappresentanza da anni. «È stato l argomento più importante all ordine del giorno dell ultima conferenza regionale, del volontariato di Ravenna del gennaio Nella nostra Regione, in base alla legge n. 12 del 2005, la conferenza del volontariato fa parte di quella più generale del Terzo settore, indetta ogni 2 anni», spiega Mario Ansaloni, funzionario responsabile della struttura per le politiche del sociale e del terzo settore della Ragione Emilia Romagna. Il quadro legislativo regionale a cura di Federica Frioni Emilia Romagna: un tavolo unico di concertazione 5

2 e l evoluzione dei rapporti sul territorio mirati ai piani di zona hanno posto in primo piano l esigenza di risolvere il problema della rappresentanza. Ci sono però difficoltà: «un po si riscontra la tendenza del volontariato ad essere autoreferenziale, dall altra la patologica difficoltà del sentirsi rappresentati da qualcun altro. Se fosse per le associazioni ogni singolo volontario tenderebbe a rappresentare se stesso». Ma è evidente che «sarebbe impossibile che ai tavoli di concertazione partecipi tutto il volontariato a 360 gradi. Infatti le leggi regionali in materia socio-sanitaria prevedono che tutti i soggetti, quindi anche quelli del terzo settore, partecipino ai tavoli tramite proprie rappresentanze. «È stata la Regione stessa», continua Ansaloni, «a chiedere che fosse costituito un unico tavolo di concertazione, con parere consultivo, a livello regionale, che comprenda tutto il terzo settore e quindi rappresentanti di cooperazione, promozione sociale e volontariato in modo paritario». La Regione, inoltre, di comune accordo con i territori e il terzo settore ha emanato delle linee guida, per rendere più agevole la partecipazione alla programmazione. «Abbiamo constatato che è molto utile sia per le istituzioni, sia per i componenti del terzo settore, ma soprattutto è funzionale al sistema. Infatti prima delle linee guida si faceva una programmazione comunicata successivamente alle associazioni, con il risultato che queste prendevano atto di decisioni già prese. Ora invece, attraverso le rappresentanze che si stanno costituendo in tutti i territori attraverso i Forum del terzo settore provinciali, stiamo cercando di invertire il processo, e di far sì che il volontariato partecipi alla concertazione dall inizio». Anche perché è senz altro il soggetto più qualificato per l individuazione dei bisogni del territorio sia collettivi che individuali. «Ciò consente di calibrare gli interventi e di indirizzarli adeguatamente, riducendo quelli ridondanti». La programmazione e la progettazione territoriale rientra nel lavoro fatto dalla Regione in accordo con i Centri di servizio: «il problema della partecipazione», continua «riguarda in particolare le associazioni più piccole. Insieme stiamo spingendo perché sia sempre maggiore, tanto più che c è una grande disponibilità da parte delle organizzazioni più grandi a creare le condizioni perché anche le più piccole abbiano voce. Non ci sembrava il caso di legiferare questa particolare situazione perché il volontariato rivendica giustamente il fatto di gestire autonomamente determinate situazioni. Così abbiamo pensato alle linee guida». 6

3 «Nel 2000 la Giunta regionale siciliana, su proposta dell assessorato che all epoca si occupava di politiche sociali, decise l abolizione di una serie di enti considerati inutili», dice Luigi Gerbino, componente del Comitato di gestione per la Sicilia. «Il risultato fu l abolizione dell Osservatorio regionale istituito con legge regionale n. 22 del 1994». Oggi per il volontariato siciliano esiste solo il registro regionale, che però non è un organo di rappresentanza. «Stiamo facendo un po di pressing, attraverso il Comitato di gestione dei fondi speciali per la Sicilia, perché sia ripristinato almeno l Osservatorio, ma i consiglieri o i funzionari che si alternano non hanno la cosa in cima ai loro pensieri». Una prima soluzione potrebbe essere quella di «aumentare il grado di coesione e di consapevolezza della necessità del lavoro di squadra. Poi occorre modificare il rapporto tra volontariato e politica, che vive ancora di estraneità o subalternità. Il fatto è che se si chiedono erogazioni finanziarie è chiaro che poi il politico di turno passa all incasso nel momento elettorale. Si tratta di un mal costume diffuso nella nostra regione e non si è ancora registrata da parte della pubblica amministrazione quella capacità di considerare l insieme del terzo settore, e il volontariato in particolare, una risorsa importante, caratterizzata da gratuità e spirito di solidarietà, capace di innovare le politiche sociali». Anche lo stato di attuazione della legge 328, che disciplina i piani di zona, lascia molto a desiderare per un recepimento parziale e un applicazione a pelle di leopardo nei diversi distretti socio-sanitari. «Un passo avanti è stata la prima conferenza regionale, che siamo riusciti ad organizzare a marzo 2008 in provincia di Messina con tutte le realtà del volontariato. Anche in questo caso, però, la dimensione istituzionale è stata assente. Erano stati invitati i due candidati alla presidenza regionale, ma nessuno si è presentato». Positivo invece in questo senso «è il ruolo di coesione tra associazioni che svolgono i Centri di servizio, che in Sicilia sono 4». «L assessorato alle politiche sociali della Regione Toscana ha iniziato a riflettere fin dalla primavera 2005 per la conferenza che ha avuto luogo a marzo 2007», racconta Riccardo Andreini del Cesvot, il Centro di servizio della Toscana, «ed ha formato una commissione per seguirne l organizzazione. A tale gruppo di lavoro hanno partecipato la Regione, tre rappresentanti della Consulta regionale del volontariato, il Cesvot, il Centro nazionale per il volontariato ed Aster-x (società consortile per il terzo settore)». Sicilia: la tentazione del collateralismo Toscana: una conferenza con regione e province 7

4 Un percorso molto partecipato, dunque, e segnato da diverse occasioni di dialogo per riflettere e confrontarsi con e sul volontariato, oltre che per guardare oltre la conferenza e recepire proposte e critiche. «La Regione ha chiesto anche alle amministrazioni provinciali di collaborare alla conferenza, in particolare mediante l organizzazione di momenti di incontro con le associazioni del territorio o con altre modalità idonee a informare, coinvolgere e ascoltare il volontariato». Il Cesvot ha offerto la propria disponibilità a supportarle attraverso le delegazioni territoriali e stimolando le associazioni a partecipare alle iniziative; la Regione, con la collaborazione di Cnv e Aster-x, ha garantito la propria presenza. Volontariati e comunità solidali : questo il titolo della conferenza, che sottolineava il ruolo centrale affidato al volontariato nella costruzione di un welfare di comunità fondato sui valori della solidarietà e della coesione sociale. Lazio: una Conferenza senza poteri Da due anni la Conferenza regionale del Lazio, istituita dalla Legge regionale n. 29 del 1993, è preceduta da riunioni tra le associazioni sul territorio, per analizzare la realtà operativa del volontariato, focalizzare i temi di interesse comune e confrontarli con i bisogni. Non solo, quindi, riunioni preparatorie all appuntamento regionale, ma un riscontro permanente delle esigenze del territorio. Per questo, con la collaborazione dei Csv, si effettuano incontri nei Municipi di Roma e provincia, a Latina, Frosinone, Rieti e Viterbo. «Sono soddisfatta», dice Silvana Zambrini, Presidente pro tempore della Conferenza regionale del Lazio, «perchè finalmente si sta iniziando a procedere con passo nuovo o, almeno, si sta imboccando la strada per apportare i necessari cambiamenti nella Conferenza». Istituto che, finora, non ha avuto alcun potere, neanche quello consultivo, e non è riuscito ad ottenere la giusta attenzione e considerazione da parte delle istituzioni. Anche perché uno dei problemi di non poco conto che si riscontra nel volontariato del Lazio è la scarsa partecipazione di rappresentati delle associazioni ai momenti di incontro. «Quindi», continua la presidente «è comunque necessario far assimilare alle associazioni, non abituate al lavoro di rete e alla condivisione, che devono uscire dal loro giardino. Perché il volontariato laziale ha diritto di poter agire nell ambito del principio di sussidiarietà, e di pretendere l attuazione della L. 328 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali». 8

5 Nella Regione Liguria la legge regionale n. 15 del 1992 ha istituito una Commissione consultiva del volontariato, che esprime pareri sui disegni di legge regionali e sulle proposte di programmazione nei settori a carattere sociale, civile e culturale; è consultata dagli organi regionali per tutte le azioni che incidono o sono di competenza più stretta delle organizzazioni di volontariato. I membri sono eletti ogni 3 anni dalle associazioni iscritte al Registro regionale. «L ultima elezione dei membri della Commissione», dice Stefano Tabò, presidente del Celivo, Centro di servizio della Provincia di Genova, «formata da almeno un rappresentante per ognuna delle 9 sezioni in cui è articolato il registro regionale (ma i settori più consistenti hanno più di un rappresentante) è avvenuta a fine 2008: in quella occasione tutti i Csv della Liguria con la Regione, hanno favorito l organizzazione e la promozione dell evento, per incentivarne la partecipazione». Inoltre l articolo 7 della legge regionale istituisce l Osservatorio che, oltre a provvedere al censimento delle organizzazioni e alla tenuta del registro regionale, promuove ogni tre anni la Conferenza regionale del volontariato. «Le modalità con cui queste procedure sono stata attivate negli anni hanno lasciato molte perplessità perché si è percepito una sorta di appesantimento e di non predisposizione della macchina amministrativa regionale nel rispondere alle aspettative del volontariato. L impressione è stata quella di essere sempre trattati come strumenti più che come risorse». Perciò il compito principale dell Osservatorio finisce per essere quello dell uscita e dell entrata dei soggetti dal registro. Dal punto di vista della rappresentanza «la situazione della Ragione Calabria» sostiene Giovanni Serra, responsabile regionale del Movi, «è molto difficile. D altra parte il volontariato calabrese è molto frammentato, non ci sono reti con una dimensione tale da essere significative nell interlocuzione con le istituzioni regionali e la legislazione è di difficile applicazione». Esiste ad esempio una difficoltà ad applicare la legge regionale n. 10 del 1996, per cui l Osservatorio che oltre ad avere il compito di avanzare proposte sulle materie oggetto delle attività delle organizzazioni e di esprimere pareri sui disegni di legge e sulle materie che interessano il volontariato, dovrebbe convocare annualmente la Conferenza generale delle organizzazioni iscritte al Registro Regionale non è mai stato convocato. Liguria: una Commissione e un osservatorio Calabria: l ipotesi Forum 9

6 Un tentativo è stato fatto circa un anno fa, in una fase di rilancio della presenza del Forum del terzo settore in Calabria: un modo per spingere l amministrazione regionale a regolarizzare la situazione. «C era stata una richiesta di Forum del terzo settore, Movi e Coordinamento regionale dei Csv. L esito, al di là di alcune rassicurazioni formali, in pratica è stato nullo». È anche vero però che nelle istituzioni regionali, c è una condizione di sostanziale superficialità e di carenza rispetto al tema: «questo favorisce una libertà di azione della Regione, che un organismo formalmente costituito non permetterebbe. Penso ai rappresentanti del volontariato nel Comitato di gestione, nominati dalla Regione senza chiedere il parere delle organizzazioni di volontariato». La Calabria, continua Serra, «è attraversata da frammentazioni di vario genere in parte legate alle appartenenze, in parte ai territori: tutte le forme di coordinamento, compreso il Forum del terzo settore sono debolissimi. E il coordinamento dei Csv ha difficoltà a tenere uniti i cinque centri». Ma diversi tentativi di cambiare la situazione esistente negli anni sono stati fatti. «Il Movi ha partecipato, due anni fa, ad un tentativo per dar vita ad un coordinamento autonomo del volontariato. Circa un anno fa, poi, si è cercato di convocare una prima assemblea, andata anche questa a vuoto. Si sta lavorando ad un tentativo di rafforzare la presenza del Forum del terzo settore, cercando quindi la strada di un soggetto unitario, ma che rispetti gli spazi di autonomia del volontariato». Momenti aggregativi e tavoli più piccoli sono convocati dalle stesse organizzazioni di volontariato che però si muovono solo nel proprio ambito. «Penso alla rete intorno a disabilità, volontariato penitenziario, immigrazione», che però «mancano di accreditamento e forza per riuscire a rappresentare il volontariato come soggetto di cambiamento o controllo civico sulle azioni pubbliche, se non per il settore di cui si occupano». Spesso i Csv fungono da collegamento. «Alcuni però finiscono per sostituirsi sia nell interlocuzione con le istituzioni sia nella leadership all interno del mondo del volontariato. Ciò potrebbe essere pericoloso perché potrebbe finire a svolgere una funzione sostitutiva della rappresentanza autonoma del volontariato». Nella Regione Marche «l assemblea delle associazioni iscritte al Registro regionale si riunisce almeno una volta l anno, in base alla legge n. 48 del 1995», dice Alessandro Fedeli, direttore del Csv delle Marche. 10

7 «Viene convocata dal presidente dell assemblea, eletto ogni volta. In generale ha parere consultivo, tranne che per l elezione dei quattro componenti del Coge, rappresentanti del volontariato, fatta però solo dalle associazioni iscritte al Registro regionale. Il problema che riscontriamo ogni anno è la bassa partecipazione: su 1200 associazioni ne partecipa circa il 10%». Proprio per affrontare il problema il Csv Marche ha da poco avviato un percorso di costruzione di tavoli di lavoro per raggruppare le associazioni per settore e territorio, ma è un progetto ancora in fase iniziale. Del resto il numero di associazioni non è scarso considerando che la regione Marche ha circa 1 milione e 400mila abitanti, e come dice Giancarlo Sagramola, vicepresidente della provincia di Ancona «le Marche si caratterizzano proprio per la forte sinergia tra volontariato, mondo delle imprese e istituzioni locali, che permette di resistere alle continue crisi». Marche: l assemblea elegge i rappresentanti del Coge Due volte come Giano In una società complessa la partecipazione, attraverso una qualificata rappresentanza, costruisce dialogo L idea nasce nel 2006 in Liguria come uno degli esiti del Progetto Licurgo, promosso dal Celivo con l intento di favorire i rapporti tra il volontariato, il terzo settore e la pubblica amministrazione. Oggi la Carta della rappresentanza (cui è dedicato il sito ha preso una forma precisa e si prepara al 2011, Anno europeo del Volontariato. Ne abbiamo parlato con Stefano Tabò, presidente del Celivo e uno dei principali ideatori. Quali sono i valori principali della Carta? «Il valore principale della Carta sta nel fatto che intercetta i presupposti e i valori di una cittadinanza che vuole esprimersi in una dimensione più ampia. E che valgono in tutti i processi di rappresentanza, da quelli istituzionali a quelli che riguardano le organizzazioni». Quali sono i principi ispirativi? «La cooperazione e la fiducia. In questo senso rappresentanza significa investimento in competenze, tempo, relazioni e conoscenze, e questo 11

8 vale sia per la singola organizzazione, sia per gli organi istituzionali. Sarebbe auspicabile una verifica di quanto si è investito e puntato in queste dinamiche da parte delle istituzioni pubbliche». Allora è possibile semplificare l interlocuzione tra istituzioni e il volontariato? «Prima di tutto bisogna chiedersi se ci siano dei funzionari capaci di comprendere a pieno la fisionomia del terzo settore. Inoltre la carta indica un impegno sia per colui che rappresenta, sia di chi è rappresentato: la rappresentanza funziona nella misura in cui anche chi ha dato la delega si assume degli impegni di cooperazione, cioè se condivide le responsabilità. Merito della Carta è aver operato un chiarimento, il che sicuramente facilità la collaborazione». Perché la scelta del Giano bifronte come simbolo? «Al rappresentante si riconosce e si chiede non solo la funzione di farsi portatore di quello che pensano i rappresentati, ma anche di far tornare le posizioni dell interlocutore alla base sociale. Una doppia funzione che, in un momento un cui si vive lo sfilacciamento della coesione sociale, è un impegno non da poco: auspichiamo una società capace di vivere la sua pluralità e di affrontare i conflitti». Quali saranno i prossimi passi? «Il prossimo sarà di tradurla in inglese, perché vorremmo fosse un contributo italiano all Anno europeo del Volontariato. Poi stiamo pensando di renderla utilizzabile nel mondo della scuola: quando i giovani si impegnano a fare il rappresentante di classe o di istituto compiono un passo di grande responsabilità, perché esercitano una funzione di rappresentanza». Le immagini presenti in questo articolo sono sul sito: 12

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