Dispepsia funzionale: definizione, classificazione, approccio clinico e terapeutico

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1 Rassegne Dispepsia funzionale: definizione, classificazione, approccio clinico e terapeutico Massimo Montalto, Luca Santoro, Monica Vastola, Valentina Curigliano, Giovanni Cammarota, Raffaele Manna, Giovanni Gasbarrini Dyspepsia is a very common syndrome characterized by pain and/or discomfort of the upper abdomen. Sometimes, an organic disease causes this syndrome (organic dyspepsia); more frequently, there are no known diseases (functional dyspepsia). These latter conditions are identified by exclusion. The pathogenesis of this syndrome is yet to be clarified. Currently, functional dyspepsia is classified in ulcer-like dyspepsia, dysmotility-like dyspepsia and nonspecific dyspepsia, in which symptoms do not clearly fit into any of the above categories. The current guidelines for the management of uninvestigated dyspepsia suggest testing for Helicobacter pylori infection and relative treatment if positive. A gastroscopy should be performed in case of persistence of symptoms to discriminate between the organic and functional forms. In the latter, to optimize patient management, it is necessary to find the exact subgroup. Antacids, H 2 -receptor antagonists and proton pump inhibitors have been demonstrated to be useful in ulcer-like dyspepsia. Prokinetic agents are more effective in the dysmotility-like dyspepsia. Further studies will be necessary to confirm the efficacy of emerging therapeutic strategies. (Ann Ital Med Int 2004; 19: 84-89) Key words: Diagnosis; Dyspepsia; Functional disorders; Therapy. Introduzione Il termine dispepsia deriva dal greco dys (cattiva) e pepsis (digestione). Sebbene già nel 1984 Thompson 1 intuì la difficoltà nell inquadrare tale sindrome commentando che la dispepsia manca di una definizione, nel corso degli anni sono stati diversi i tentativi di definire con precisione sempre maggiore tale disturbo. Attualmente, secondo le conclusioni della Commissione di Roma del 1991, successivamente riviste nel 1999, la dispepsia viene definita come dolore e/o disagio ( discomfort degli anglosassoni) localizzato a livello dell addome superiore 2,3. Con il termine disagio si vuole indicare una sensazione negativa e soggettiva che può includere una varietà di sintomi, tra cui gonfiore, nausea, vomito, senso di pienezza postprandiale, senso di sazietà precoce, senso di digestione difficile e/o protratta 4. La dispepsia rappresenta una sindrome molto comune, interessando, secondo i più recenti studi, circa il 25-30% della popolazione attiva di età compresa tra i 20 e i 65 anni 5. Un recente studio ha evidenziato che in Italia circa l 8.3% dei pazienti che si rivolgono ai medici di famiglia accusa dispepsia 6. Sebbene sia stato stimato che solo un quarto dei pazienti dispeptici ricorra alle cure dei medi- Istituto di Medicina Interna e Geriatria (Direttore: Prof. Giovanni Gasbarrini), Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma 2004 CEPI Srl ci, si calcola che circa il 2-5% delle visite mediche annuali siano rivolte a persone che lamentano disturbi di natura dispeptica 7. C è da dire però, che, proprio per la difficoltà di definire tale sindrome, i dati epidemiologici dei diversi studi non sempre coincidono. Infatti, uno studio di Westbrook e Talley del 2002 ha confrontato la diversa prevalenza della dispepsia in un gruppo di 2300 pazienti applicando quattro differenti definizioni della stessa; ebbene, i risultati ottenuti hanno documentato come, applicando diverse definizioni della sindrome dispeptica, si ottengano percentuali anche molto diverse (range di prevalenza %) 8. Nella gestione del paziente dispeptico il primo approccio consiste nel ricercare quali siano l origine e la causa dei sintomi riferiti: in alcuni casi è possibile riconoscere una vera e propria patologia sottostante, come gastrite, ulcera, tumore gastrico, malattia celiaca, allergie o intolleranze alimentari, pancreatite cronica, gastroenteropatia da farmaci (ad esempio farmaci antinfiammatori non steroidei, digitale, eritromicina, teofillina), ed in tal caso si parla di dispepsia organica. Invece, in più del 60% dei casi, non sono evidenziabili patologie in atto, oppure quelle presenti non vengono ritenute responsabili della sintomatologia in questione: si parla, in tali casi, di disturbo di tipo funzionale 9. Distinguere tra dispepsia funzionale e dispepsia organica è essenziale, in quanto in quest ultimo caso l individuazione e la successiva eliminazione della patologia sottostante può far regredire la sintomatologia dispeptica. Peraltro, è opportuno non sottovalutare l even- 84

2 Massimo Montalto et al. tualità di una possibile natura organica per evitare di disconoscere una malattia severa, o quantomeno di ritardarne la diagnosi. Diverse variabili sono state proposte per poter discriminare clinicamente fra forma funzionale e forma organica. Un fattore fondamentale è senza dubbio l età, in quanto nei soggetti più giovani la presenza di malattie severe all origine della dispepsia è un evenienza rara. Infatti, recenti studi indicano che fino a 55 anni è ragionevole supporre che si tratti di un disturbo di tipo funzionale 10. Deve essere, inoltre, valutata l eventuale coesistenza dei cosiddetti segni e/o sintomi d allarme che, anche in pazienti con età < 55 anni, dovrebbe imporre l esecuzione di ulteriori indagini diagnostiche. Vengono considerati segni e sintomi d allarme la disfagia, la perdita di peso, il vomito persistente, l anemia, l ematemesi e la melena 11. Tuttavia, non tutti i pazienti dispeptici con sintomi d allarme, quando indagati, si rivelano portatori di una patologia severa; d altra parte, esiste una percentuale, seppur minima, di pazienti che, anche senza segni e sintomi d allarme, è affetta da una grave patologia organica. Dispepsia funzionale Come già accennato, rientrano in tale categoria quei pazienti in cui, nonostante le appropriate indagini, prima fra tutte l esofagogastroduodenoscopia, non è stato possibile individuare una patologia organica alla base dei sintomi dispeptici. La diagnosi di dispepsia funzionale rimane, quindi, una diagnosi di esclusione e, per quanto concerne la gestione di tale disturbo, non deve essere fatta confusione con la dispepsia non investigata. In quest ultimo caso, infatti, l origine funzionale del disturbo riferito è solo presunta, in base alla giovane età e/o all assenza di segni e sintomi d allarme. La fisiopatologia della dispepsia funzionale rimane, tuttora, poco definita, anche se disturbi della secrezione acida, disturbi della funzione motoria, aumentata percezione viscerale e fattori psicologici sono elementi che sembrano giocare un ruolo primario 12. Esistono, inoltre, fattori che, anche se non responsabili direttamente della sintomatologia dispeptica, ne possono modificare l andamento: uno di questi è la dieta. Non a caso il paziente dispeptico attribuisce quasi sempre alla qualità dei cibi ingeriti la causa dei propri disturbi; ad esempio, cibi particolarmente ricchi in lipidi, specie acidi grassi a catena lunga, potrebbero rallentare lo svuotamento gastrico e indurre alterazioni della funzione biliare secondarie a liberazione di colecistochinina 13. Altri fattori implicati nella patogenesi della sindrome dispeptica sono quelli psicoemotivi. È noto che situazioni di disagio psichico possono influenzare la secrezione, la motilità e la vascolarizzazione a livello gastroesofageo, e che lo stress partecipa alla genesi dei sintomi dispeptici come alla loro remissione o ricomparsa 14. Molto spesso il soggetto dispeptico presenta una personalità ansiosa, depressa o nevrotica. Proprio su questa evidenza si basa l utilizzo in alcuni soggetti dispeptici di farmaci con proprietà psicoattive 15. Molto dibattuto è stato negli ultimi anni il ruolo svolto dall Helicobacter pylori. È ormai ben documentata la stretta correlazione tra infezione da Helicobacter pylori e insorgenza e/o recidiva di ulcera peptica 16. Dati controversi sono, invece, presenti in letteratura circa un possibile ruolo di tale germe nella dispepsia funzionale. Se infatti, da una parte una recente metanalisi ha messo in evidenza un aumentata prevalenza di infezione da Helicobacter pylori nei pazienti con dispepsia non investigata 17, altri studi non hanno confermato tale dato 18. Inoltre, sebbene, l American Gastroenterological Association abbia suggerito che tutti i pazienti dispeptici debbano effettuare uno screening per Helicobacter pylori, rimane tuttora controverso il ruolo dell eradicazione del germe sulla remissione dei sintomi Non sono, infine, da sottovalutare possibili effetti collaterali della terapia eradicante: insorgenza di malattia da reflusso gastroesofageo, intolleranza agli antibiotici, colite da antibiotici, sviluppo di resistenza agli antibiotici 26. Classificazione Riuscire a classificare la dispepsia funzionale è stato compito arduo per tutti gli autorevoli ricercatori che vi si sono dedicati. Il problema nasceva dalla già citata eterogeneità e dalla mancanza di certezze circa i meccanismi eziopatogenetici. Nel 1988 era stato suggerito che la dispepsia funzionale potesse essere suddivisa in sottogruppi sulla base di cluster di sintomi. Furono così individuate cinque forme: dispepsia simil-reflusso gastroesofageo, dispepsia dismotoria, dispepsia simil-ulcerosa, aerofagia, dispepsia idiopatica o essenziale (categoria in cui venivano inclusi tutti quei pazienti, circa il 25%, affetti da dispepsia funzionale non classificabili nei precedenti sottogruppi) 27. Da allora, diversi sono stati i tentativi volti a individuare gruppi più omogenei; tuttavia, i diversi sottogruppi identificati non si sono dimostrati specifici di un particolare processo patogenetico, e, soprattutto, predittori di risposta positiva ad una specifica terapia 28. Inoltre, la suddivisione in sottogruppi basata su cluster di sintomi ha spesso portato ad una sovrapposizione, per cui molti pazienti rientravano in più di una di queste sottoclassi. Ne è un esempio lampante uno studio di Talley et al. 29, in cui dei 213 pazienti considerati affetti da dispepsia ben il 43% risultava classificato in più di un sottogruppo. Maggiore consenso ha suscitato la classificazione adottata 85

3 Ann Ital Med Int Vol 19, N 2 Aprile-Giugno 2004 dalla Commissione di Roma II nel 1999 basata non più su cluster di sintomi, ma sulla presenza di un solo sintomo, quello predominante (definito tale dal paziente) 3. In base a questa classificazione, la dispepsia funzionale viene attualmente suddivisa in: dispepsia simil-ulcerosa, così chiamata in quanto il paziente accusa una sintomatologia in cui il sintomo predominante è il dolore nella parte superiore dell addome; la definizione deriva dal fatto che alcuni sintomi sono caratteristici dei pazienti con ulcera: dolore episodico, anche notturno che provoca il risveglio, alleviato dall ingestione di cibo, responsivo agli antiacidi; dispepsia dismotoria, in cui il sintomo predominante è il disagio localizzato a livello della regione superiore dell addome; tale sensazione, che si aggrava caratteristicamente con l ingestione di cibo, può essere caratterizzata da nausea, gonfiore, senso di pienezza postprandiale e sazietà precoce; dispepsia non specifica, in cui rientrano i pazienti che hanno sintomi che non soddisfano i criteri per l inclusione nei due precedenti gruppi. Secondo questa suddivisione, non rientrano più nella categoria di pazienti dispeptici quelli affetti da reflusso gastroesofageo, nei quali il sintomo predominante è il bruciore retrosternale; viene ribadita, inoltre, l esclusione dei soggetti affetti da sindrome dell intestino irritabile. Anche se nella definizione di Roma II veniva specificata la necessità di considerare affetti da dispepsia funzionale soltanto quei pazienti con disturbi presenti da almeno 12 settimane (anche non consecutive), negli ultimi anni, la durata dei sintomi come criterio di inclusione è stata abbandonata. La classificazione basata sul sintomo predominante sembra avere una notevole utilità clinica. Innanzitutto, sottintende diversi meccanismi patogenetici alla base delle diverse sottoclassi; mentre, infatti, nella dispepsia similulcerosa è sospettata un alterazione della secrezione acida (ad esempio alterata risposta al gastrin-releasing peptide), nella dispepsia dismotoria i sintomi sembrano derivare da alterazioni della motilità (ad esempio svuotamento gastrico rallentato e anormalità dell attività elettrica delle cellule muscolari dello stomaco). Suggerisce, inoltre, diversi orientamenti terapeutici per le diverse categorie. Strategie terapeutiche Il corollario dei sintomi che sono alla base della sindrome dispeptica non riconosce sempre sicuri meccanismi fisiopatologici, ma solo ipotesi patogenetiche e, conseguentemente, la terapia non è in tutti casi basata su un razionale scientifico-sperimentale; a volte, infatti, l esperienza clinica suggerisce la possibile efficacia della terapia. Ciò perché l intento primo della terapia è la risoluzione dei sintomi. La difficoltà di poter valutare in maniera oggettiva quanto migliorino i sintomi dopo un determinato trattamento, ha portato gli studiosi a considerare come outcome primario il conseguimento di una completa remissione 30. Questo approccio, però, può sottostimare la reale efficacia di un trattamento in pazienti con incompleta ma significativa riduzione dei sintomi. In diversi trial sono stati, altresì, valutati indicatori indiretti di outcome, quali l uso di antiacidi o analgesici, l assenza dal lavoro o il numero di visite mediche; tali indicatori sembrerebbero essere molto più utili per valutare l efficacia di un trattamento 31,32. Le attuali linee guida per la gestione del paziente affetto da dispepsia non ancora investigata, con età < 55 anni e senza segni e/o sintomi d allarme, prevedono come primo passo la ricerca dell Helicobacter pylori. In presenza del germe è indicata la terapia eradicante ( test and treat degli anglosassoni), dopo la quale, in mancanza di un miglioramento clinico, sarà necessario verificare l eradicazione. In caso di persistenza del germe, la terapia eradicante dovrà essere ripetuta con farmaci alternativi. Invece, accertata l avvenuta eradicazione, la persistenza di sintomi dispeptici renderà indispensabile un approfondimento diagnostico mediante esofagogastroduodenoscopia. Nel caso in cui la prima ricerca dell Helicobacter pylori risultasse negativa, l iter da seguire sarà differente. Infatti, il primo passo sarà un tentativo terapeutico empirico con inibitori della pompa protonica della durata di 2-8 settimane (mediamente 6 settimane). Se tale strategia otterrà una risposta clinica, i pazienti proseguiranno un mantenimento con tale terapia, mentre, nel caso di persistenza di sintomi, si imporrà l indicazione ad eseguire un esofagogastroduodenoscopia. Tale approccio sarà opportuno al fine di evitare di disconoscere una patologia severa alla base della sintomatologia dispeptica 9. Recentemente, Spiegel et al. 33 hanno proposto, anche nei pazienti con sintomi persistenti nonostante l avvenuta eradicazione dell Helicobacter pylori, un tentativo terapeutico empirico con inibitori della pompa protonica per 6 settimane prima dell approfondimento endoscopico. Tale approccio avrebbe un miglior rapporto costo/efficacia, in quanto potrebbe rappresentare un filtro per identificare pazienti che possono essere resi asintomatici senza l uso di procedure invasive. Comunque, per una gestione ottimale del paziente dispeptico è indispensabile un preciso inquadramento clinico non solo per poter escludere un eventuale forma organica, ma anche per distinguere i diversi sottogruppi in caso di forma funzionale ed impostare il trattamento più congruo. 86

4 Massimo Montalto et al. Nella forma simil-ulcerosa sono particolarmente efficaci tre classi di farmaci: gli antiacidi, gli antagonisti dei recettori H 2 dell istamina e gli inibitori della pompa protonica. In particolare, recenti evidenze suggeriscono che gli inibitori della pompa protonica siano più efficaci degli anti-h Sebbene la soppressione acida gastrica risulti la strategia terapeutica più frequentemente utilizzata dai medici nei pazienti con dispepsia funzionale documentata, gli studi condotti in merito mostrano risultati controversi, ma comunque, riportano un efficacia superiore al placebo 4,35. Tale controversia potrebbe dipendere dall errata selezione dei pazienti trattati. Per esempio, in alcuni studi, la percentuale dei pazienti che si giova di tali trattamenti è relativamente alta, perché spesso si tratta di soggetti con dispepsia ritenuta funzionale, ma in realtà non investigata; in tal modo possono essere inclusi pazienti che hanno patologie ben definite nelle quali è ben provata l efficacia di farmaci che riducono l acidità gastrica, prime fra tutte la malattia da reflusso gastroesofageo e l ulcera peptica 36,37. Anche in soggetti Helicobacter pylori-positivi si può ottenere una buona risposta a tali farmaci proprio in virtù della maggiore alterazione della secrezione del gastrin-releasing peptide presente in questi soggetti 38. Di contro, una sottostima dell efficacia della terapia con antisecretori potrebbe dipendere dall inclusione di soggetti con dispepsia dismotoria; è noto che in tale sottogruppo vi sia una scarsa risposta a questa categoria di farmaci. La dispepsia dismotoria si giova, infatti, di agenti procinetici. Si tratta di farmaci che favoriscono la motilità dell apparato gastroenterico, facilitando il rilascio di acetilcolina a livello del plesso mienterico. La loro efficacia può essere correlata anche al fatto che un ritardato svuotamento gastrico è riscontrabile nel 30-70% delle dispepsie funzionali 39. Tuttavia, gli studi condotti in merito negli ultimi anni non hanno condotto a risultati univoci Non va, inoltre, dimenticata la possibilità di insorgenza di effetti collaterali legati all uso di tali agenti. A causa della sua tossicità a livello dell apparato cardiocircolatorio, infatti, la cisapride è stata ritirata dal commercio in alcuni paesi 43. Esistono, tuttavia, nuovi farmaci che sembrano essere esenti da tali rischi: è questo il caso del tegaserod, un inibitore del recettore della serotonina, ampiamente utilizzato nel trattamento della sindrome dell intestino irritabile, che accelera il transito oro-cecale senza effetti sulla pressione sanguigna e sulle proprietà elettriche del cuore 44. Strategie emergenti includono farmaci che rilasciano il fondo gastrico, come il buspirone e il sumatriptan 45,46. Non è da sottovalutare il ruolo che la dieta e lo stile di vita possono giocare nel modificare la sintomatologia del paziente dispeptico. Ad esempio può essere di qualche utilità consigliare l assunzione di pasti piccoli e frequenti, a basso contenuto lipidico e di ridurre l introito di caffè, alcolici o cibi in grado di esacerbare la sintomatologia. Qualsiasi trattamento venga preso in considerazione, va comunque specificato che nei pazienti dispeptici sembra avere un ruolo primario l aspetto psicologico. Ciò è testimoniato dal largo uso di farmaci attivi a livello del sistema nervoso (per esempio gli antidepressivi triciclici e gli inibitori del reuptake della serotonina) e di interventi di psicoterapia (compresa un adeguata rassicurazione dei pazienti previa spiegazione della benignità della patologia da cui sono affetti) 47. Tuttavia, generalmente, questo tipo di supporto terapeutico accompagna le altre terapie, rimanendo esclusivo solo in una piccola parte di soggetti. L importanza della componente emotiva è dimostrata soprattutto dal fatto che, secondo un recente studio di Mearin et al. 14, circa il 75% dei soggetti dispeptici studiati trae beneficio dalla somministrazione di placebo. Quale sia il meccanismo d azione implicato nell analgesia secondaria alla somministrazione di placebo rimane ancora poco chiaro. Numerose sono le ipotesi e tra queste un aumentato rilascio di oppiacei endogeni nel sistema nervoso centrale (il naloxone, un antagonista degli oppiodi, ridurrebbe l efficacia del placebo) o la riduzione dell ansietà 48. Uno studio condotto recentemente ha investigato il ruolo del placebo ed i suoi possibili meccanismi d azione nell indurre remissione dei sintomi nei pazienti affetti da dispepsia funzionale; tale studio ha dimostrato che il placebo non influenza solo i sintomi (variabili soggettive), ma modifica anche i parametri obiettivi quali motilità gastrica e soglia di sensibilità gastrica 14. Negli ultimi anni nella pratica medica è sempre più frequente il ricorso a farmaci cosiddetti alternativi o non convenzionali per il trattamento di alcune patologie. Anche nella dispepsia sono stati sperimentati prodotti medicinali a base di erbe. È stato stimato che negli Stati Uniti la prevalenza dell uso di tali prodotti si aggira intorno al 12-17%. Non è chiaro il meccanismo d azione di tali composti nell ambito della sindrome dispeptica. Sembra che per alcune sostanze possano essere implicati gli effetti sulla colecisti e sul rilasciamento della muscolatura liscia; altri composti (ad esempio pepe nero) sembrano, invece, agire mediante desensibilizzazione delle fibre C nocicettive. Una recente rassegna ha analizzato i risultati di 17 lavori volti a studiare il ruolo di farmaci a base di erbe in pazienti con dispepsia funzionale. Dai risultati emersi sembra che in una percentuale variabile tra il 60 e il 95% si sia ottenuta una discreta remissione dei sintomi 49. È anche vero, però, che i trial sono stati condotti su pazienti con dispepsia funzionale senza distinguere i diversi sottogruppi in base alla vigente classificazione di Roma II; inoltre, non sono stati adeguatamente investigati i possi- 87

5 Ann Ital Med Int Vol 19, N 2 Aprile-Giugno 2004 bili effetti collaterali legati ad un consumo a lungo termine di tali prodotti dati i noti casi di epatite acuta, o comunque di sofferenza epatica, insorti dopo trattamento con alcune erbe (ad esempio celandina). In conclusione, un preciso inquadramento del paziente dispeptico è indispensabile per una congrua gestione clinico-terapeutica. Una giovane età e l assenza di segni/sintomi d allarme rappresentano utili parametri per supporre un origine funzionale piuttosto che organica dei disturbi. Gli esami strumentali si renderanno necessari qualora l età, la presenza di segni/sintomi d allarme o la persistenza dei sintomi dispeptici dopo iniziale terapia, impongano al medico di escludere severe patologie sottostanti. Sarà l acume clinico lo strumento indispensabile per poter evitare di eseguire esami superflui o commettere pericolose superficialità. Riassunto La dispepsia è una sindrome molto comune definita come dolore e/o disagio localizzati a livello dell addome superiore. In alcuni casi, alla base è possibile riconoscere una causa organica (dispepsia organica); nella maggior parte dei casi, però, non sono presenti patologie note (dispepsia funzionale). Pertanto, la diagnosi di dispepsia funzionale è una diagnosi di esclusione. La patogenesi di tale disturbo rimane ancora poco chiara. Attualmente la dispepsia funzionale viene classificata in dispepsia simil-ulcerosa, dispepsia dismotoria e dispepsia non specifica, nella quale rientrano i pazienti che non possono essere inclusi nei due precedenti gruppi. Le attuali linee guida per la gestione diagnostico-terapeutica del paziente affetto da dispepsia, quando non ancora investigata, prevedono la ricerca dell Helicobacter pylori e l eradicazione dello stesso se presente; in caso di persistenza dei sintomi è opportuno un approfondimento endoscopico per discriminare tra dispepsia organica e dispepsia funzionale. L attribuzione successiva ad uno dei sottogruppi di quest ultima orienterà verso la più congrua gestione clinico-terapeutica. Nella dispepsia simil-ulcerosa si sono dimostrati particolarmente utili gli antiacidi, gli antagonisti del recettore H 2 dell istamina e gli inibitori della pompa protonica. Nella forma dismotoria, invece, è possibile ottenere maggiori benefici con l utilizzo di agenti procinetici. Ulteriori studi saranno necessari per confermare l efficacia delle strategie terapeutiche emergenti. Parole chiave: Diagnosi; Dispepsia; Disturbi funzionali; Terapia. Bibliografia 01. Thompson WG. Nonulcer dyspepsia. Can Med Assoc J 1984; 130: Talley NJ, Colin-Jones DG, Koch KL, Koch M, Nyren O, Stanghellini V. Functional dyspepsia: a classification with guidelines for diagnosis and management. Gastroenterology International 1991; 4: Talley NJ, Stanghellini V, Heading RC, Koch KL, Malagelada JR, Tytgat GN. Functional gastroduodenal disorders. Gut 1999; 45 (Suppl 2): II37-II Talley NJ. Review article. Dyspepsia: how to manage and how to treat? Aliment Pharmacol Ther 2002; 16 (Suppl 4): Talley NJ, Axon A, Bytzer P, et al. Management of uninvestigated and functional dyspepsia: a Working Party report for the World Congresses of Gastroenterology Aliment Pharmacol Ther 1999; 13: Maconi G, Tosetti C, Stanghellini V, Bianchi Porro G, Corinaldesi R. Dyspeptic symptoms in primary care. An observational study in general practice. Eur J Gastroenterol Hepatol 2002; 14: Meineche-Schmidt V, Christensen E. Classification of dyspepsia. 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6 Massimo Montalto et al. 21. Moayyedi P, Soo S, Deeks J, et al. Systematic review and economic evaluation of Helicobacter pylori eradication treatment for non-ulcer dyspepsia. Dyspepsia Review Group. BMJ 2000; 321: Talley NJ, Vakil N, Ballard ED II, Fennerty MB. Absence of benefit of eradicating Helicobacter pylori in patients with nonulcer dyspepsia. N Engl J Med 1999; 341: Miwa H, Hirai S, Nagahara A, et al. Cure of Helicobacter pylori infection does not improve symptoms in non-ulcer dyspepsia patients - a double-blind placebo-controlled study. Aliment Pharmacol Ther 2000; 14: O Morain C, Buckley M. Helicobacter pylori and dyspepsia. Scand J Gastroenterol Suppl 1996; 214: Talley NJ. A critique of therapeutic trials in Helicobacter pyloripositive functional dyspepsia. Gastroenterology 1994; 106: Koike T, Ohara S, Sekine H, et al. Increased gastric acid secretion after Helicobacter pylori eradication may be a factor for developing reflux oesophagitis. Aliment Pharmacol Ther 2001; 15: Management of dyspepsia: report of a working party. Lancet 1988; 1: Talley NJ, Boyce P, Jones M. Identification of distinct upper and lower gastrointestinal symptom groupings in an urban population. Gut 1998; 42: Talley NJ, Zinsmeister AR, Schleck CD, Melton LJ III. Dyspepsia and dyspepsia subgroups: a population-based study. Gastroenterology 1992; 102 (Part 1): Gotthard R, Bodemar G, Brodin U, Jonsson KA. Treatment with cimetidine, antacid, or placebo in patients with dyspepsia of unknown origin. Scand J Gastroenterol 1988; 23: El-Omar EM, Banerjee S, Wirz A, McColl KE. The Glasgow Dyspepsia Severity Score - a tool for the global measurement of dyspepsia. Eur J Gastroenterol Hepatol 1996; 8: Carvalhinhos A, Fidalgo P, Freire A, Matos L. Cisapride compared with ranitidine in the treatment of functional dyspepsia. Eur J Gastroenterol Hepatol 1995; 7: Spiegel BM, Vakil NB, Ofman JJ. Dyspepsia management in primary care: a decision analysis of competing strategies. Gastroenterology 2002; 122: Delaney BC, Innes MA, Deeks J, et al. Initial management strategies for dyspepsia (Cochrane Review). Cochrane Database Syst Rev 2001; 3: CD Talley NJ, Meineche-Schmidt V, Pare P, et al. Efficacy of omeprazole in functional dyspepsia: double-blind, randomized, placebo-controlled trials (the Bond and Opera studies). Aliment Pharmacol Ther 1998; 12: Chan FK, Leung WK. Peptic-ulcer disease. Lancet 2002; 360: Tytgat GN. Review article: treatment of mild and severe cases of GERD. Aliment Pharmacol Ther 2002; 16 (Suppl 4): Graham DY. Gastrin-releasing peptide, acid secretion, Helicobacter pylori, and duodenal ulcer: another epiphenomenon? Gastroenterology 1996; 110: Thumshirn M. Pathophysiology of functional dyspepsia. Gut 2002; 51 (Suppl 1): i63-i Allescher HD, Bockenhoff A, Knapp G, Wienbeck M, Hartung J. Treatment of non-ulcer dyspepsia: a meta-analysis of placebo-controlled prospective studies. Scand J Gastroenterol 2001; 36: Champion MC, MacCannell KL, Thomson AB, et al. A doubleblind randomized study of cisapride in the treatment of nonulcer dyspepsia. The Canadian Cisapride Nud Study Group. Can J Gastroenterol 1997; 11: Hansen JM, Bytzer P, Schaffalitzky De Muckadell OB. Placebocontrolled trial of cisapride and nizatidine in unselected patients with functional dyspepsia. Am J Gastroenterol 1998; 93: Paakkari I. Cardiotoxicity of new antihistamines and cisapride. Toxicol Lett 2002; 127: Tack J, Bisschops R, DeMarchi B. Causes and treatment of functional dyspepsia. Curr Gastroenterol Rep 2001; 3: Talley NJ. Update on the role of drug therapy in non-ulcer dyspepsia. Rev Gastroenterol Disord 2003; 3: Malatesta MG, Fascetti E, Ciccaglione AF, et al. 5-HT1-receptor agonist sumatriptan modifies gastric size after 500 ml of water in dyspeptic patients and normal subjects. Dig Dis Sci 2002; 47: Soo S, Moayyedi P, Deeks J, Delaney B, Lewis M, Forman D. Psychological interventions for non-ulcer dyspepsia. Cochrane Database Syst Rev 2001; 4: CD Levine JD, Gordon NC, Fields HL. The mechanism of placebo analgesia. Lancet 1978; 2: Thompson Coon J, Ernst E. Systematic review: herbal medicinal products for non-ulcer dyspepsia. Aliment Pharmacol Ther 2002; 16: Manoscritto ricevuto il , accettato il Per la corrispondenza: Dr. Massimo Montalto, Istituto di Medicina Interna e Geriatria, Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A. Gemelli, Largo A. Gemelli 8, Roma. mmontalto@rm.unicatt.it 89

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