L iniziazione cristiana: problemi e prospettive

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1 Brindisi, 11 aprile 2007 L iniziazione cristiana: problemi e prospettive Fratel Enzo Biemmi 1. Un po di storia 1.1 La catechesi italiana ha avuto dopo il Concilio una caratteristica probabilmente unica in Europa: è stato un movimento catechistico orientato e centralizzato, da parte della Conferenza Episcopale Italiana. Questa centralizzazione è avvenuta in due modi: a) La stesura di un Documento Base 1, che ha fornito gli orientamenti di fondo della catechesi secondo le grandi linee del Concilio (la ricezione del Concilio nella catechesi); b) La redazione dei catechismi per ogni fascia di età 2, avvenuta in due tempi: dal 1970 al 1984 (catechismi per la sperimentazione); dal 1988 al 1997 (stesura definitiva dei catechismi). Le parrocchie italiane, a partire dal 1971 hanno adottato i catechismi ufficiali della CEI. Un importante produzione di mediazioni (itinerari, sussidi catechistici) ne ha accompagnato la sperimentazione e l attuazione: dunque, catechismi unici, ma itinerari diversificati. Vantaggi e limiti di questa scelta sono evidenti: i limiti vengono da una certa uniformità, che ha potuto soffocare la creatività; i vantaggi sono legati al fatto che si sono create nella catechesi italiana delle convinzioni comuni ed è cresciuta una consapevolezza condivisa. A mio parere i vantaggi sono stati maggiori degli inconvenienti. La nostra storia recente ha già insito un carattere di organicità, da cui trarre beneficio. 1.2 Questa fase del movimento catechistico italiano può essere schematicamente collocata dal 1970 al Essa è riassumibile con questa espressione: il passaggio dal catechismo della dottrina cristiana alla catechesi per la vita cristiana 3. I catechismi per la vita cristiana hanno favorito progressivamente una nuova mentalità catechistica, le cui acquisizioni fondamentali ci sono familiari Questi cambiamenti dal 1970 al 2000 sono stati vissuti dai catechisti italiani con due stati d animo successivi: a) Dapprima c è stato un periodo di grande entusiasmo, di vera e propria primavera catechistica. Dal 1970 alla metà degli anni 80 le parrocchie italiane hanno puntato tutto sulla catechesi, immaginando che questa rinnovasse le comunità cristiane. E stato fatto un grande sforzo di formazione dei catechisti e di rinnovamento pedagogico. La catechesi ha svolto in quegli anni il ruolo di elemento coagulante di tutta la pastorale (una funzione organica). b) A questa fase euforica è seguito un tempo di disincanto, quasi di delusione (dalla metà degli anni 80 al 2000). Tale delusione è venuta dal fatto di vedere come l enorme profusione di energie non solo non aveva risolto i problemi dell evangelizzazione, ma sembrava registrare un fallimento sempre più marcato. Il segno 1 - CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il rinnovamento della catechesi, Roma I catechismi ufficiali della CEI comprendono: il catechismo dei bambini (0-6 anni) consegnato ai loro genitori; 4 catechismi per i bambini e preadolescenti fino alla cresima; due catechismi per l età giovanile (uno per gli adolescenti e uno per i giovani); il catechismo degli adulti. In totale sono 8 testi ufficiali. 3 - I catechismi della CEI hanno come denominazione catechismi per la vita cristiana. 4 - In sintesi: il cambio di finalità della catechesi (dalla dottrina alla mentalità di fede); la centralità della persona di Cristo come contenuto, in prospettiva trinitaria; il ricupero delle fonti bibliche, liturgiche, della tradizione viva; la centralità dei soggetti; il rinnovamento del metodo e della pedagogia catechistica (riassunto nell espressione fedeltà a Dio e fedeltà all uomo ); il cambiamento della figura del catechista (non solo insegnante, ma educatore e testimone). 1

2 di tale fallimento era quella che viene chiamata la frana del dopocresima, vale a dire l abbandono massiccio della pratica religiosa dopo la cresima (3 su 4 cresimati entro i 18 anni). Questa situazione ha portato a un periodo di scoraggiamento e di stagnazione della catechesi italiana, particolarmente nell ultimo decennio del In questo periodo la catechesi è passata dal centro delle preoccupazioni ecclesiali ai margini. 1.4 Questo ultimo sessennio ( ) segna a mio parere l avvio di un nuovo periodo della catechesi italiana. Esso è simbolicamente segnalato da due orientamenti magisteriali importanti: l invito della Novo millennio ineunte ad un attitudine più estroversa della Chiesa ( duc in altum ) e gli orientamenti della CEI per il decennio , proposti nel documento Comunicare il vangelo in un mondo che cambia 6. Quest ultimo documento contiene un forte invito a un cambiamento di prospettiva, riassumibile in questa espressione: «dare a tutta la vita quotidiana della Chiesa, anche attraverso mutamenti nella pastorale, una chiara connotazione missionaria» (44) Un cambiamento fondamentale di prospettiva Per far comprendere il cambiamento di prospettiva in atto, mi servo di uno schema. I tre cerchi concentrici permettono di individuare da dove veniamo e verso dove stiamo andando. a) Da dove veniamo - Veniamo da una forma di catechesi a cui abbiamo dato il nome di catechismo, che ha come caratteristica di essere una forma scolastica di annuncio della fede (un maestro, un libro, una classe, un metodo). - Questo catechismo era a servizio di un particolare dispositivo di iniziazione cristiana. E un impianto di iniziazione cristiana che ha due caratteristiche fondamentali: è indirizzato ai piccoli (gli adulti sono considerati già iniziati) e orientato alla ricezione dei sacramenti. Possiamo definirlo un processo di socializzazione o familiarizzazione della fede dei piccoli in vista della loro sacramentalizzazione. - Un tale impianto di iniziazione era efficace dentro un certo tipo di parrocchia: il modello tridentino di parrocchia come cura animarum. La cura animarum (attraverso le predicazioni popolari, il catechismo per i sacramenti, la dottrina cristiana per gli adulti, le devozioni, i pellegrinaggi, il mese di maggio ) è basata su un presupposto: la fede c è già, occorre mantenerla viva e nutrirla. 5 - Naturalmente si tratta di una lettura globale, che non tiene conto di esperienze e iniziative che invece continuavano con creatività l opera del rinnovamento. 6 - CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Orientamenti pastorali dell episcopato italiano per il primo decennio del 2000, 29 giugno Naturalmente non sono i documenti dei Vescovi a cambiare la catechesi; spesso è la prassi catechistica che viene recepita dai documenti ecclesiali. In questo caso posso dire che è in atto un reciproco influsso tra una prassi catechistica in via di rinnovamento e gli orientamenti della CEI che la sostengono e la orientano. 2

3 b) Verso dove andiamo Il cambiamento di prospettiva nei tre cerchi può essere così definito. - Da una parrocchia come cura delle anime a una parrocchia missionaria 8. «Una pastorale tesa unicamente alla conservazione della fede e alla cura della comunità cristiana non basta più. E necessaria una pastorale missionaria, che annunci nuovamente il vangelo» (n. 1). - Da un impianto di iniziazione centrato sui piccoli e sacramentalizzato, a un processo di iniziazione che ha come perno gli adulti e non è finalizzato ai sacramenti, ma alla vita cristiana. L aumento in Italia di persone provenienti da altre culture e di genitori che non fanno battezzare i bambini, oltre che di ricomincianti reali o potenziali, chiede di incrementare un impianto iniziatico centrato sull adulto. Viene fortemente valorizzata l impostazione catecumenale e la dimensione mistagogica della catechesi 9. - Da una catechesi per la vita cristiana a una catechesi per l evangelizzazione e la proposta della fede. La catechesi di conseguenza è chiamata ricuperare un annuncio finalizzato a proporre in senso forte la fede. Parliamo di primo annuncio o di proposta della fede 10. Dopo la primavera catechistica degli anni 70-80, dopo la fase depressa degli anni 90, a partire grosso modo dal 2000 la catechesi italiana sta vivendo un periodo di progressivo rinnovamento caratterizzato da un movimento non uniforme ma significativo di creatività e di moderata speranza. E un cambiamento che avviene gradualmente, perché le forme tradizionali di accesso alla fede (e in particolare ai sacramenti) sono ancora molto radicate nella mentalità e nelle strutture. Dentro questo paesaggio in cambiamento, i tentativi di rinnovamento del modello tradizionale di iniziazione cristiana sono forse la realtà più significativa e promettente della catechesi italiana attuale 11. Non è possibile quantificare il numero di parrocchie in Italia che, alcune in modo più coraggioso, altre in modo più graduale, stanno abbandonando il sistema tradizionale di iniziazione cristiana basato sul catechismo settimanale. Tuttavia possiamo dire che non c è diocesi italiana dove non siano state avviate delle sperimentazioni nuove. E un movimento in espansione e intensificazione. Queste sono le caratteristiche comuni delle nuove esperienze: - L attenzione è passata dai fanciulli agli adulti, e in particolare alla famiglia. - Il soggetto catechistico non è più il solo catechista, ma la comunità. - L accesso al processo di iniziazione per i soggetti adulti è caratterizzato dalla libertà - Viene impressa all iniziazione cristiana una connotazione catecumenale - Si tende a ripristinare il corretto ordine teologico e l unità celebrativa dei 3 sacramenti dell IC - La domenica e in senso più ampio la liturgia diventano i luoghi e i tempi privilegiati per i processi di iniziazione in atto - Il lavoro di équipe è la modalità più diffusa di promuovere e sostenere le sperimentazioni. Questo colpo d occhio, forzatamente schematico e quindi semplificatore, permette già di individuare alcuni elementi su cui puntare in questo cammino di rinnovamento dell Iniziazione Cristiana. 8 - La CEI ha pubblicato un documento molto significativo, che orienta questo cambiamento a livello della parrocchia: CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 30 maggio La CEI ha pubblicato tre note sull iniziazione cristiana: L iniziazione cristiana. 1. Orientamenti per il catecumenato degli adulti, 30 marzo Orientamenti per L iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni, 23 maggio Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell iniziazione cristiana in età adulta, 8 giugno CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Questa è la nostra fede. Nota pastorale sul primo annuncio del Vangelo, 15 maggio Un significativo bilancio di queste esperienze è contenuto negli atti del Convengo Nazionale dei Direttori degli Uffici catechistici, tenutosi ad Acireale dal 20 al 23 giugno 2005: Esperienze nuove di iniziazione cristiana. Le proposte e i loro protagonisti, Notiziario dell Ufficio catechistico italiano, 3, ottobre

4 Brindisi, 11 aprile 2007 «E gli evangelizzò Gesù». Lo stile di annuncio della comunità cristiana fratel Enzo Biemmi 1. Annunciare Gesù Cristo In questa prima parte intendiamo capire quali sono gli atteggiamenti e i gesti da mettere in atto quando intendiamo annunciare Gesù, come speranza. Ci lasciamo guidare da un testo degli Atti degli Apostoli, l incontro di Filippo con l eunuco (At 8, 26-40). 1. Stare sulla strada Luca ci ha raccontato nei capitoli precedenti le imprese di Filippo, simbolo di tutta la comunità ecclesiale, nella missione di evangelizzazione, una missione caratterizzata dal successo, con la potenza della parola e dei prodigi. E improvvisamente l angelo del Signore manda Filippo su una strada deserta, in direzione di Gaza, a mezzogiorno, quando non passa nessuno. Filippo non è a Gerusalemme, la città santa, nel tempio, ma su una strada profana verso una città profana. E in un ora dove è assolutamente improbabile incontrare qualcuno. Queste due note ci offrono una prima provocazione. Non è forse questo il passaggio che stiamo vivendo e che le nostre comunità cristiane sono chiamate ad assumere in questo momento di cambiamento culturale? Veniamo da un tempo di cristianità, nel quale la Chiesa godeva il consenso generale, religioso e civile, e la sua missione era caratterizzata dal successo, da parole efficaci e da prodigi. Ci troviamo ora sbalzati su una strada deserta, in una cultura che sentiamo estranea, spesso nemica. Siamo da soli su una strada dove sembrano scomparsi i riferimenti religiosi, e ci sentiamo senza puntelli, senza appoggi istituzionali e sociali. La fede cristiana è lasciata a se stessa, a dare prova del suo valore nella nudità dei consensi sociali. Siamo pronti ad abbandonare i luoghi rassicuranti della cristianità e a sopportare la fatica e la frustrazione di stare dentro una cultura che non fa più della fede cristiana il suo riferimento condiviso? Ce la sentiamo di assumere l invito dell angelo del Signore ad affrontare la solitudine di stare su una strada deserta, abbandonando la chiesa con i linguaggi sacri del tempio e a trovarci poveri e spaesati sulle strade della vita quotidiana aspettando che qualcuno passi? E bene sottolineare che è l angelo del Signore (cioè lo Spirito Santo) a spingere Filippo lontano dalla Gerusalemme Sacra e a portarlo su una strada deserta. Come non ricordare che lo stesso Spirito spinse Gesù nel deserto per essere tentato dal demonio? Il deserto, la strada deserta, indicano quei luoghi profani nei quali sembra insensato o rischioso avventurarsi. Indicano la storia e la cultura quando queste non si riconoscono più nei codici religiosi abituali. L invito del testo è di andarci volentieri, di stare volentieri dentro questa cultura apparentemente deserta e di non lasciarci prendere dalle nostalgie dei tempi passati, di starci con speranza e ottimismo, sapendo che questa cultura, né più né meno di quelle passate, è adatta al Vangelo e che le donne e gli uomini di oggi (i nostri ragazzi e i nostri giovani) rimangono capax Dei, e mantengono nel cuore un apertura, magari nascosta, all infinito, una nostalgia di qualcosa che va 4

5 oltre l orizzonte stretto della terra e che non è reperibile negli innumerevoli supermercati del tempo moderno. Ecco dunque la prima connotazione per annunciare Cristo: stare bene e volentieri in questo tempo, non sognare i tempi passati dei successi, accogliere con gioia l invito del Risorto a stare in questo tempo con fiducia e speranza. L invito è a congedarci da letture depresse della cultura e del nostro tempo. Certo, non è un invito all ingenuità, ma a stare volentieri al mondo, quel mondo nel quale siamo stati posti dalla vita. 2. Saper cogliere la domanda di senso Su quella strada deserta, su cui lo Spirito l aveva sospinto, Filippo, contro ogni umano calcolo e contro ogni sensata previsione, è sorpreso da una presenza. Luca ci comunica questo senso di sorpresa e di meraviglia con un improvviso ed ecco, al quale fa seguire la descrizione di un personaggio strano: un etiope, eunuco, funzionario della regina Candace, venuto a Gerusalemme per il culto che sta leggendo il profeta Isaia (cf. At 8,27s.). Sulla strada deserta, ad un ora non certamente propizia, per la disponibilità dell evangelizzatore Filippo, si realizza un incontro che suscita stupore: là c è un uomo che viene da lontano, da quel confine della terra come era considerata l Etiopia; un uomo caratterizzato dal suo alto ruolo sociale, ma soprattutto segnato dalla sua condizione marginale e disprezzata di eunuco. Eunuco: un uomo menomato fisicamente. I funzionari della regina venivano talvolta scelti tra le persone evirate, o venivano evirati, in funzione di tale servizio. Le ragioni si intuiscono. E' dunque un uomo che è stato privato con violenza di uno dei diritti fondamentali: l'esercizio della propria sessualità. In un contesto antico e mediorientale, ciò che è più umiliante è il fatto di non poter avere figli, di non avere discendenza. Inoltre, nel contesto ebraico essere eunuco è una menomazione talmente grave da escludere dal culto e dalla comunità. In contrasto con tale situazione di povertà umana c'è quella del suo benessere economico. E' amministratore del tesoro della regina, una carica importante, che gli permette di vivere bene. C'è una certa analogia tra l'eunuco e l'uomo d'oggi: ricco e sterile, sazio di beni, ma spesso incapace di trovare senso alla vita. Ebbene, la sorpresa per Filippo è che quest uomo così insolito è in ricerca religiosa! Abbiamo qui una seconda indicazione preziosa. Se avremo il coraggio e la fedeltà di collocarci sulla strada, con gli atteggiamenti che sopra accennavamo, è possibile che si realizzino incontri sorprendenti, dai quali non è assente l iniziativa dello Spirito. Potremmo forse constatare con sorpresa che quanti consideravamo lontani, secondo i nostri stereotipi religiosi, e quanti consideravamo ai margini, secondo i nostri modelli sociali e le nostre misure moraleggianti, sono talora profondamente attraversati dalla ricerca di senso e in fondo dalla domanda religiosa. Certo tale domanda e ricerca possono esprimersi con linguaggi che non sono diretti e con modalità che non sono quelle a cui siamo abituati. Sta alla cura, alla sensibilità e alla capacità di interpretazione dell evangelizzatore cogliere, al di là delle forme, l orientamento profondo che la persona in ricerca tenta di manifestare. Forse la prima finezza dell azione evangelizzatrice si rivela proprio nel cogliere le ansie e i desideri che le persone esprimono con le modalità più diverse, nel saper leggere i vissuti narrati dove si nasconde la domanda di senso, nel saper apprezzare la radicalità dell impegno per valori considerati assoluti: verosimilmente è dietro queste realtà che si può intravedere un cuore aperto alla ricerca e al bisogno di salvezza. Con questo sguardo affinato, quanti incontri possono risultare sorprendenti, perché rivelano inaspettatamente persone attraversate dal gemito dello Spirito: Lo Spirito infatti viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi con gemiti inesprimibili (Rm 8,26). 5

6 E proprio vero. I nostri ragazzi e i nostri giovani, così strani ed estranei a noi, apparentemente superficiali, hanno un grande bisogno di vita e quando trovano adulti che li ascoltano, che si fanno senza moralismi e pregiudizi loro compagni di viaggio, manifestano una ricerca di senso e una domanda di infinito che non è affatto meno alta di quelle dei giovani di un tempo passato. E gli adulti con i quali lavoriamo, nei nostri ambienti quotidiani, manifestano talvolta dei valori che ci sorprendono, pur non dicendosi cristiani. In tali valori umani è nascosta la loro ricerca di senso. La seconda caratteristica dell evangelizzare è dunque quella di lasciarsi sorprendere da tutti, dai ragazzi, dai giovani, dagli adulti, di guardarli tutti con simpatia, perché solo la simpatia sa vedere dietro le persone con i loro atteggiamenti anche più strani, le domande profonde che abitano il loro cuore. 3. Fare strada insieme Se osserviamo il percorso di Filippo con l eunuco etiope, lo vediamo contrassegnato da una pedagogia dell accompagnamento (cf. At 8,29-34), chiaramente modellata su quella utilizzata dal Risorto con i pellegrini di Emmaus (cf. Lc 24,15-24). C è tutta una serie di verbi significativi: incontrare, correre vicino, sentire, salire sul carro e sedersi vicino. E' qui indicata tutta una delicata e profonda progressione di entrata in relazione con la persona. C'è un dinamismo interiore che spinge, un andare, un correre vicino, una ascoltare attento, un fare strada insieme. In questa prima parte (che è già annuncio), Filippo è passivo: non parla. Si limita ad avvicinarsi e ad ascoltare, cioè ad entrare in relazione vera. L'unica parola sua è una domanda stimolo, che provoca nella persona una presa di coscienza e una domanda di aiuto: e come potrei comprendere, se nessuno mi guida?. L annuncio di Cristo richiede, come nel cammino dell eunuco, la capacità di affiancarsi con rispetto a colui che sta cercando e va interrogandosi. I modi e i tempi di questa ricerca non vanno prefissati o addirittura imposti da colui che, come evangelizzatore, semplicemente si affianca al cammino di riscoperta della fede. Essi sono piuttosto dettati dal cammino interiore e dal progressivo dischiudersi di colui che cerca. In fondo, l evangelizzatore è un umile servitore dell azione dello Spirito nel cuore di chi cerca e si presenta come un rispettoso aiuto alla sua libertà. L atteggiamento di non controllo e di non potere sulla fede dell altro richiede vigile pazienza, capacità di cogliere il momento di grazia che si manifesta nell altro, attenzione a rispondervi con disponibilità ed intelligenza, apertura faticosa ma fruttuosa ad impostare cammini personalizzati. L annuncio rispettoso, sulla strada della ricerca e della riscoperta della fede, non significa però attesa passiva. Vuol dire anche dare una mano perché la ricerca possa avanzare e trovare approdo. Filippo pone delle domande all eunuco, suo interlocutore, perché il bisogno di ricerca e di illuminazione si approfondisca. Egli stesso poi accetta gli interrogativi dell eunuco e vi risponde, offrendo la propria parola. È in fondo una pedagogia del dialogo quella che il cammino di Filippo con l eunuco ci suggerisce. Una terza caratteristica dell accompagnamento è proprio quella di servire il cammino interiore delle persone, lasciandosi programmare dai tempi e dai ritmi delle persone piuttosto che programmare noi il loro cammino. E una fase di grande ascolto, un ascolto attivo, però, che diventa capace di inviare provocazioni perché la persona possa fare il passo che da sola non farebbe, ma il passo suo, non il nostro, nel tempo suo e non nel nostro. 6

7 4. Annunciare Gesù come bella notizia Il racconto di Luca ci dice poi, con un versetto molto denso (v. 35) che Filippo prende la parola e "gli evangelizzò Gesù". In italiano è difficile rendere la forza di questa espressione. Evangelizzare Gesù significa annunciare Gesù come significativo per la sua vita. In fondo, Filippo gli dà Gesù, facendogli capire che il profeta Isaia parlava di se stesso, di un altro e insieme dell'eunuco. Non sappiamo quale aspetto del messaggio di Gesù Filippo abbia detto all eunuco. Ma il testo di Isaia sul Servo sofferente, ci fa capire che egli è andato diritto al cuore dell annuncio cristiano, il mistero di morte e di risurrezione del Signore. Ma il mistero pasquale può essere detto in tanti modi. Ora, il passo di Isaia insiste sulla umiliazione del Servo, pecora condotta al macello senza aprir bocca, e contrappone a questa condizione l iniziativa divina che ha tolto da lui il giudizio di condanna e lo ha sollevato dalla terra, esaltandolo al cielo. Il mistero pasquale viene così presentato come contrapposizione tra la situazione umiliante a cui gli uomini hanno sottoposto il Crocifisso e l azione di Dio che lo ha riscattato ed esaltato come Signore ed autore della vita. Inoltre c è un dettaglio importate: il riferimento alla vita recisa e alla discendenza: «ma la sua discendenza chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita.» L evento di Cristo, annunciato in questa prospettiva, non poteva non suonare come significativo per la vita dell eunuco. Anch egli era un disprezzato ed un emarginato socialmente per la sua condizione di mutilazione fisica, privato di discendenza. Anche per lui, quindi, si apriva in Cristo la speranza di un riscatto e di un esistenza nuova per la gratuita iniziativa di Dio. La buona novella di Gesù Cristo diventava davvero per lui fonte di una inattesa speranza. Nella situazione di povertà radicale dell'eunuco, Filippo gli annuncia Gesù come la buona notizia nella sua situazione concreta. Nella Chiesa parliamo oggi tanto di primo annuncio. Che cosa vuol dire primo annuncio? Giovanni Paolo II lo diceva a suo modo, con una espressione in latino non difficile da capire: non omnia, sed totum, che vuol dire: nell annuncio non importa dire tutte le cose riguardanti a la fede (omnia), ma il tutto della fede, il cuore dell annuncio in modo che esso sia sentito come speranza per la vita, risposta alle proprie domande, apertura ai propri bisogni, allargamento delle proprie prospettive di senso. Ecco dunque una quarta caratteristica dell evangelizzazione. Non si evangelizza veramente se non si arriva a testimoniare la propria fede nel Signore Gesù, presentandolo agli altri come la nostra gioia, come l annuncio che ha toccato la nostra vita. Tale annuncio non è la comunicazione di una dottrina, ma la capacità di presentare il vangelo a partire dall esperienza di vita delle persone, con la capacità di farlo risuonare come proposta di speranza proprio sui problemi e gli interessi che le persone hanno. Si tratta di rischiare parole di vangelo immediate, non troppo strutturate, fedeli ma anche creative, affinché le persone possano cogliere che il Signore Gesù è il loro salvatore. 5. Far partecipare ai riti cristiani Concluso il percorso di evangelizzazione, improvvisamente appare l acqua e l eunuco dice: «Ecco, qui c è dell acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?» (così come prima si era detto: «Ecco un uomo etiope...»): le sue parole esprimono la meraviglia di aver fatto un cammino di rilettura delle Scritture in vista di Cristo, un cammino di evangelizzazione, e di poter giungere attraverso questo cammino all acqua che è il segno nel quale egli può ricevere la salvezza. 7

8 * Questa tappa indica la partecipazione insieme a un rito/gesto che immerge nello stesso tempo in Gesù e nella comunità dei credenti. Così per l'eunuco la salvezza di Gesù diventa realtà e lo introduce nella comunità ecclesiale. In ciò che la comunità crede, celebra, vive. Va notato che è un gesto che vivono insieme. Potremmo dire che mentre l'eunuco è battezzato, Filippo rivive con lui lo stesso mistero. Non ne è estraneo. 6. Saper scomparire Infine è bello sottolineare che il testo termina con l indicazione che lo Spirito rapisce Filippo e lo porta lontano, mentre l eunuco prosegue con gioia la sua strada. Quest ultimo aspetto è di fondamentale importanza per ogni evangelizzatore. Segnala il carattere di mediazione di ogni accompagnamento e la necessità di lasciare pieno spazio all azione dello Spirito e al cammino personale dei soggetti. L accompagnamento mira a restituire le persone all azione dello Spirito, il quale è l unico missionario competente, e di restituirle alla loro autonomia. Non si accompagna per plagiare e per controllare, ma per rendere indipendenti. Questo significa anche che nei riguardi delle persone che noi accompagniamo il compito di annuncio è a termine. E bene che, accompagnata una persona, noi scompariamo, perché possa fiorire la loro libertà sotto l azione dello Spirito, in direzioni che noi non possiamo immaginare. Questo significa anche che l evangelizzazione rinuncia a verificare i risultati. Noi seminiamo, qualcun altro irrigherà, la solo Dio fa crescere. Conclusione Questo testo di Filippo e dell eunuco, specchio di quello di Gesù con i discepoli di Emmaus, ci ha aiutato a capire cosa significa evangelizzare. In fondo, essere testimoni del Vangelo per i nostri fratelli e le nostre sorelle, per i nostri ragazzi e giovani, per gli adulti che incontriamo, non significa altro che impegnare la propria vita per favorire in loro l azione dello Spirito, lo Spirito Santo che è dono del Signore risorto, lo Spirito che è stato diffuso in tutti i cuori, che abita inaspettatamente tutte le persone e che geme in loro. Questo servizio di mediazione, si esprime prima di tutto come gioia di essere al mondo, di essere in questo mondo, senza letture depresse di questa cultura e senza nostalgie di epoche passate idealizzate. Si manifesta come capacità di rimanere sorpresi dalle persone, guardate con simpatia, per saper cogliere in esse molta più ricerca di senso di quello che potremmo pensare. Si traduce in una serie di atteggiamenti di ascolto delle loro domande, fino ad aiutarli a far luce in se stessi di quello che veramente sta loro a cuore e li preoccupa. Si compie come capacità di comunicare loro la grazia del vangelo, di essere testimoni di quanto per grazia siamo diventati, senza mire proselitistiche, ma semplicemente perché non possiamo tenere per noi quello che abbiamo ricevuto, e perché la nostra gioia consiste nel vedere che anche altri e altre possono godere del Vangelo. Matura come attenzione a non frapporre mai impedimenti alle persone, quegli impedimenti che continuamente frapponiamo per le nostre concezioni sociali e religiose, per le nostre idee di bene e di male, mostrandoci aperti e ospitali e soprattutto lasciandoci ospitare nelle case degli altri. Diventa accoglienza dentro i riti cristiani che sono l oggi della salvezza per ognuno. Infine si compie come disponibilità e gioia nel lasciare che lo Spirito porti a compimento l opera, porti le persone a dare forma alla loro vita come vogliono e come possono, in modi diversi da quelli che noi possiamo programmare, senza calcoli e senza obiettivi di risultato. Vorrei sottolineare che tale modo di evangelizzare, prima che essere un dono per gli altri, è una grazia per noi. Quando noi accostiamo le persone così, con il desiderio di ascoltarle, con uno sguardo di simpatia, con l esigenza di farle incontrare con il Signore, senza pregiudizi, noi 8

9 rimaniamo regolarmente stupiti per quanto queste persone sono in grado di darci e rimaniamo meravigliati del fatto che credevamo di essere stati mandati ad evangelizzarli e scopriamo dopo ogni incontro che anche loro custodivano per noi una parola di vangelo, un annuncio che lo Spirito voleva farci proprio attraverso di loro, proprio attraverso i lontani, i poveri, coloro che non hanno le caratteristiche da noi desiderate, questi ragazzi che non riusciamo a capire, questi giovani così diversi e destabilizzanti, questi adulti apparentemente preoccupati di tutt altro che della fede. Veramente evangelizzare è una grazia per noi. E il modo con il quale la Chiesa oggi potrà essere essa stessa rievangelizzata. Nella misura in cui rinascerà nella comunità cristiana la passione missionaria, rinascerà la comunità stessa, che sarà evangelizzata da coloro che essa evangelizza. Possiamo dirlo: proprio una cultura secolare e non più di cristianità, non sarà la fine del cristianesimo, ma la fine di una forma di cristianesimo sociale e l inizio di una grande opportunità: quella di un cristianesimo nuovo, preparato per noi, nel quale il vangelo sarà percepito come sensato, possibile e desiderabile e sarà apprezzato per la sua capacità nuova di rendere gli uomini più umani, grazie all azione del Risorto, il più umano degli uomini, e del suo Spirito, che rende nuove tutte le cose. 9

10 Costanti e prospettive delle nuove esperienze di IC 1. Superare due atteggiamenti negativi Questa lettura delle cose, se è corretta, permette prima di tutto di uscire da due atteggiamenti sterili, che sono però i più diffusi. Il primo è quello depressivo di autocolpevolizzazione. Molti catechisti pensano che l insuccesso dei processi di iniziazione e del catechismo sia dovuto alla loro incapacità e così vanno in crisi. L altro è quello di accusare: i ragazzi, che sono più superficiali di una volta; i genitori che non danno l esempio; la società Di fatto, quanto abbiamo visto ci porta a dire (forse in maniera paradossale) che se anche noi fossimo perfetti catechisti da tutti i punti di vista, le cose non cambierebbero molto. Infatti, è il modello di inculturazione della fede che si trova fuori tempo: siamo costretti a stare con un modello di iniziazione (di catechesi e di parrocchia) che andavano bene per una certa cultura e che oggi hanno di meno in meno senso. Per quanto riguarda i genitori, anch essi vivono delle transizioni, dei passaggi molto complessi, che li fanno sentire inadeguati al loro compito educativo. Il superamento di questi due atteggiamenti sterili, in seguito alla serena consapevolezza del periodo che stiamo vivendo, porta ad accettare di stare dentro questa situazione con tranquillità e anche con impegno: facciamo quello che ci è possibile fare. 2. La gradualità La secondo attenzione riguarda la strategia del cambiamento. La sfida attuale sta nel sapere articolare in maniera intelligente la continuità con il cambiamento. Il criterio che presiede a questo equilibrio è quello della gradualità. Non possiamo rompere con la storia da cui veniamo, con le risorse preziose e ambigue allo stesso tempo che essa contiene, con le attese della gente e con la realtà delle nostre strutture. Ma progettare vuol dire anche introdurre un cambiamento, per non stagnare dentro una pastorale della conservazione. Occorre dunque osare qualche passo verso il cambiamento tenendo conto della situazione reale dentro la quale ci si inserisce. Questo criterio, che possiamo definire di progettualità realistica, comporta la capacità di gestire con intelligenza le molteplici resistenze, sia quelle esterne (relative alla mentalità e alle attese della gente nei confronti dell offerta ecclesiale) sia quelle interne (resistenze di preti, dei catechisti, dei differenti organismi pastorali). Ciò che non è possibile fare ora, lo sarà in futuro. 3. La capacità propositiva Che significa cambiare in maniera progettuale, se pur con gradualità? Significa avere una prospettiva. Ora il fatto di essersi dati una prospettiva è indubbiamente il grande guadagno di questo decennio ecclesiale. La catechesi italiana ha fatto due passaggi maggiori ed ora ha compreso che ne deve fare un terzo. E passata da una catechesi della dottrina cristiana a una catechesi per la vita cristiana (ancora connotata dal presupposto della fede). La prospettiva è il passaggio a una catechesi di primo annuncio. I due termini, fino ad ora distinti, subiscono ormai una contrazione. Le esperienze di primo annuncio in senso stretto (annuncio del Vangelo a persone che non lo conoscono o che hanno abbandonato da tempo la fede) sono ancora sporadiche e non sufficientemente verificate Alcune di queste esperienze di primo annuncio cadono anche in alcuni rischi, quali un certo fondamentalismo (il ricupero materiale del kerigma senza mediazione culturale) o l accentuazione delle dimensioni emozionali della fede. 10

11 Invece si allarga la convinzione ad interpretare l esigenza del primo annuncio come dimensione ordinaria della catechesi: in tutte le forme esistenti di catechesi (corsi per fidanzati, incontri con i genitori che chiedono il battesimo per i loro figli, adulti non confermati ), senza necessariamente stravolgere quanto ci viene dalla tradizione italiana, si evita di pensare che le persone siano già credenti e ogni incontro diviene l occasione per ricuperare il cuore della fede (kerigma) e l invito all adesione iniziale. Il cambiamento non consiste tanto nel modificare chissà come le iniziative in atto, ma piuttosto nel modificare l obiettivo. Questo permette di non operare sconvolgimenti, e allo stesso tempo di non lasciare le cose come sono. 4. La comunità Il criterio dell agire comunitario diviene la condizione conseguente. Qui abbiamo a che fare con il superamento (anche questo graduale) della parcellizzazione e specializzazione dei compiti e degli uffici all interno della nostra pastorale. L iniziazione cristiana nella tradizione della Chiesa è compito di tutta la comunità: è il grembo della Chiesa che genera alla fede. Le nuove esperienze di IC vanno in questa direzione: il superamento della delega al catechista, il coinvolgimento dei genitori e della famiglia come soggetti attivi, la valorizzazione di componenti differenti della comunità, il coinvolgimento del consiglio pastorale. Quest ultimo punto diventa fondamentale. Nella misura in cui la pastorale passa da una logica di organizzazione di servizi a una logica missionaria, anche la natura e il senso del consiglio pastorale mutano. Una pastorale integrata e organica ha nel consiglio pastorale il luogo naturale di discernimento e di progettazione. L essenzializzazione delle proposte, la determinazione delle priorità, la decisione di quello che va lasciato cadere, le scelte prioritarie da attuare trovano nel CP il loro luogo di promozione e di verifica. Questo vale a livello di comunità parrocchiale e di diocesi. La differenziazione tra i diversi uffici ognuno dei quali si occupa di un settore della pastorale, se da una parte è funzionale, dall altra porta, come tutti vediamo, a un agire scollegato e talvolta concorrenziale. Il fatto di avere maturato una prospettiva comune, di avere un progetto condiviso, porta a essenzializzare e coordinare l agire pastorale, e questo è fattore di integrazione e organicità. Il Vescovo, con i suoi orientamenti pastorali, è il garante primo di questa pastorale integrata. 5. L ispirazione catecumenale Le esperienze nuove di IC, proprio perché tendono a uscire dalla riduzione storicamente avvenuta (riduzione infantile e riduzione sacramentale), ricuperano l integrità del processo di iniziazione alla fede e di conseguenza la sua struttura catecumenale. Ricuperare l ispirazione catecumenale come paradigma dell IC non significa tanto ripeterne formalmente le tappe, ma restituire alla fede cristiana la sua dimensione di proposta, di scelta libera, di conversione, di progressiva conformazione al mistero di Cristo, di testimonianza nella vita. Troviamo qui l attuarsi del processo della fede in tutte le sue tappe, un processo che immerge tutta la comunità in un cammino catecumenale e di conversione progressivo e continuo. In fondo la pastorale non come cura fidei, ma come pastorale missionaria riporta la comunità nel suo insieme dentro un processo continuo di autoevangelizzazione attraverso l evangelizzazione, di autogenerazione attraverso la generazione di nuovi credenti. Ricordiamo come nel modello catecumenale dei primi secoli ogni quaresima era al tempo stesso il momento culminante dell iniziazione per i nuovi catecumeni e il tempo della reiniziazione, della memoria, per la comunità iniziata. A questo proposito occorre però ricordare che l iniziazione cristiana dei ragazzi può assumere un carattere catecumenale soltanto in senso analogico. Infatti ciò che specifica un percorso catecumenale è la libera decisione e la conversione di vita a Cristo Gesù. Ora, propriamente parlando, tale atto libero e tale decisione di conversione sono proprie di un adulto o di un giovane adulto. Questo bisogna ricordarlo, per evitare illusioni e delusioni. L IC dei ragazzi non può essere 11

12 considerata catecumenale in senso forte, anche quando si attuasse con loro il percorso catecumenale vero e proprio. Si tratta di un tempo nel quale si imprimono in loro dei punti di riferimento e dei valori, una grammatica della fede, e degli atteggiamenti positivi nei riguardi della comunità ecclesiale. Questi elementi non sono ancora la decisione per la fede cristiana. Questa avverrà più tardi, nei passaggi chiave della vita: quando ci si innamora e si decide di sposarsi, quando si cerca lavoro, quando si ha un figlio, quando si prova una crisi, quando si incontra la malattia e la sofferenza, quando si è misurati alla morte. Il lavoro fatto con i ragazzi va considerato importante: offre loro i materiali per le loro future decisioni. Dopo l IC, infatti, li attende un tempo fisiologico di dubbio e talvolta di distacco e un successivo tempo di riformulazione. La proposta cristiana ai ragazzi va considerata un lavoro in vista di una futura riformulazione. Comprendiamo allora quanto invece l IC dei ragazzi sia invece il tempo giusto, l occasione opportuna per la reiniziazione dei loro genitori, se essi acconsentono. Questo ci porta a dire che tutto lo sforzo che le nuove sperimentazioni mettono in atto per il coinvolgimento dei genitori è nella buona direzione, è la cosa giusta da fare, al punto da dire che è più importante riavviare i processi di fede dei genitori che quelli dei loro figli. 6. Valorizzare la domenica e l anno liturgico L ultimo aspetto da sottolineare è la scelta di ricuperare la domenica e l anno liturgico come grande tempo di iniziazione o di mistagogia per tutta la comunità cristiana. Così afferma il RICA: «La comunità insieme con i neofiti prosegue il suo cammino nella meditazione del vangelo, nella partecipazione all eucaristia e nell esercizio della carità, cogliendo sempre meglio la profondità del mistero pasquale e traducendolo sempre più nella pratica della vita. Questo è l ultimo tempo dell iniziazione, cioè il tempo della mistagogia dei neofiti» 13. Come si vede bene, il RICA ricupera il valore largo della mistagogia: essa diviene il tempo nel quale si coglie il senso di quanto si è vissuto nella Pasqua e lo si traduce progressivamente nella vita. - Di fatto la mistagogia è la logica profonda di tutta la pastorale ecclesiale: Mistagogia significa introduzione nel mistero : la chiesa che genera nel grembo dei sacramenti i suoi figli, li guida (li introduce) a entrare continuamente e sempre più profondamente nel mistero che hanno ricevuto. E lo fa attraverso tutte le sue espressioni pastorali. Che cos è infatti la pastorale se non l azione ecclesiale messa in atto perché tutte e tutti possano sperimentare nella loro vita la fecondità della Pasqua? Ora, in questo cammino progressivo la comunità si dà un appuntamento settimanale, la domenica come giorno del Signore e al suo centro l eucaristia, che vive e interpreta come pasqua settimanale. Si tratta dunque di un tempo di convocazione dove il Signore risorto attua per la sua Chiesa ciò che ha fatto una volta per tutte nella sua pasqua di morte e risurrezione. La domenica non è solo l allenamento settimanale a vivere da cristiani, è prima di tutto l appuntamento settimanale per permettere al Signore Gesù di continuare a essere tra noi colui che dona la sua vita (il pane e il vino segno della sua vita donata fino al sangue) per la nostra salvezza. La domenica è dunque il giorno mistagogico fondamentale. - Ogni domenica si fa memoria del mistero di Cristo, si entra nel mistero nella sua totalità. Ma la chiesa si è resa conto che, pedagogicamente, è necessario mettere in evidenza distendendoli nel tempo i diversi aspetti di questo mistero. E nato così l anno liturgico. Ecco allora che la Chiesa, come una pedagoga, ci prende per mano e durante l anno ci conduce a vivere ora l uno ora l altro 13 - Rito dell iniziazione cristiana degli adulti, Introduzione,

13 degli aspetti di questo mistero che si realizzano simultaneamente in ogni liturgia. L anno liturgico diventa il percorso nel quale, ad ogni tappa, il Signore Risorto ci dona la sua grazia. Perché ripeterlo ogni anno? Perché nel mistero di Cristo noi entriamo progressivamente, anno dopo anno, mano a mano che la nostra vita si sviluppa e sperimenta il bisogno di essere salvata. Un grande liturgista, Otto Casel, diceva negli anni 50: Come una strada corre serpeggiando intorno a un monte, allo scopo di poter raggiungere a poco a poco, in graduale salita, la ripida vetta, così noi dobbiamo percorrere ogni anno la stessa via, finché non sia raggiunto il punto finale, Cristo stesso, nostra meta» 14. L immagine del sentiero che sale a serpentina, quasi a spirale, dice con efficacia il senso della ripetizione ogni anno del ciclo liturgico. Ad ogni passaggio il Signore ci raggiunge e ci salva, così come ha fatto nella sua vicenda umana con le persone che incontrava. Ecco perché la Chiesa, a ogni festa, dice sempre oggi : Oggi è nato per noi il Salvatore, dice a Natale; Oggi in Cristo, luce del mondo, tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza, dice il giorno dell epifania; Oggi Gesù ha trasformato l acqua in vino ; Oggi il Signore è risorto per noi, dice a Pasqua. La comunità non finirà mai di entrare e di introdurre nel mistero della salvezza. L anno liturgico è questa strada a serpentina che conduce nel cuore del mistero pasquale e della sua fecondità. L anno liturgico è l esperienza unificante e integrante di tutta la pastorale ecclesiale. Conclusione Concludo con un esempio di André Fossion «Il vecchio albero che crolla fa più rumore della foresta che cresce, dice un proverbio africano. Nella Chiesa molti si danno da fare si spossano perfino per tenere in piedi il vecchio albero che crolla. Ciò non è inutile se si tratta di rallentarne la caduta per evitare che qualcuno rimanga schiacciato. Ma l importante è la foresta che cresce. Oggi non possiamo immaginare con esattezza o programmare completamente ciò che sta crescendo. Tutt al più possiamo favorirne la crescita» 15. Questo esempio è molto saggio: ci fa capire che siamo nati in un tempo nel quale dobbiamo assumere la fatica di gestire quanto ci viene dalla tradizione e di avere attenzione a quanto sta crescendo, al nuovo che Dio fa avanzare, e che ha bisogno delle nostre cure. La comunità cristiana sta già mostrando da diverse parti di riuscire a tenere insieme queste due attenzioni fondamentali CASEL O., Il mistero del culto cristiano, Borla, Torino 1959, FOSSION ANDRE, Ricominciare a credere, EDB 2004, p

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