Cominciamo a comprendere che ciò che intende la Parola di Dio per elemosina ha poco a che vedere con ciò che spesso intendiamo noi.

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1 L'elemosina o la misericordia verso gli uomini Secondo la Bibbia l'elemosina è gesto di bontà dell'uomo per il suo fratello, essa è imitazione degli atti di Dio che, per primo ha mostrato bontà verso l'uomo. Già l'antico TESTAMENTO esige l'elemosina come segno di amore verso i fratelli e i poveri: l'obbligo di lasciare parte del raccolto per la spigolatura; le decime per chi non possiede la terra. Il povero esiste, e bisogna rispondere al suo appello con generosità. Non si tratta di semplice filantropia, ma di atto propriamente religioso è Dio che la esige. Ci sono molti testi che insegnano il dovere dell'elemosina, basti TOBIA 4, : "Non voltare mai la faccia al povero, e Dio non la volterà a te... Se hai molto, dà di più; se hai poco, dà di meno, ma non esitare a far l'elemosina... Nel NUOVO TESTAMENTO Gesù la raccomanda come uno dei pilastri della vita religiosa (Mt 6,1-18). Questa collocazione dell'elemosina nel Vangelo ci mette in guardia dal considerarla come cosa marginale della vita cristiana. Infatti Gesù la vuole perfettamente disinteressata Mt 6, senza nulla aspettare in cambio Lc 6,35 e persino senza misura Lc 6,30. Non esiste un limite oltre il quale ci si possa accontentare: non bisogna restare sordi a nessun appello Mt 5,42, perché i poveri sono sempre con noi Mt 26,11. Se non si ha più niente di proprio, rimane il dovere di comunicare almeno i doni di Cristo At 3,6 e di lavorare per sovvenire a coloro che sono nel bisogno. Cominciamo a comprendere che ciò che intende la Parola di Dio per elemosina ha poco a che vedere con ciò che spesso intendiamo noi. L'elemosina è un fatto che tocca le radici della vita dell'uomo perché è accettazione del modo di vivere di Cristo, il quale da "ricco che era si è fatto povero per voi, per arricchirvi mediante la sua povertà" 2Cor 8,9. E' accettazione che Cristo sia la ricchezza della nostra vita, che Cristo si deve seguire senza rimpiangere i propri beni Mt 19,21s. Anche per il N.T. non si tratta di filantropia, ma di amore per Cristo, attraverso i nostri fratelli noi raggiungiamo Gesù in persona: ciò che avete fatto ad uno di questi piccoli, l'avete fatto a me" Mt25. Tanto è vero che Cristo accetta che si "sciupi" per lui il profumo prezioso invece di venderlo per i poveri: è Cristo il fondamento valido di ogni amore per il prossimo. (Questa affermazione è valida anche per i non credenti - spiegare).

2 La chiesa primitiva ha compreso bene le esigenze di Gesù: S. Giovanni nella sua prima lettera ci dice: "in che modo l'amore di Dio potrà dimorare in colui che rifiuta ogni pietà dinanzi al fratello nel bisogno?" e come celebrare il sacramento dell'eucaristia senza dividere fraternamente i propri beni? 1Cor 11,20ss. Nel pensiero e nell'opera di S. Paolo l'elemosina ha la funzione di manifestare l'unità tra le chiese: è necessario seminare con larghezza, perché Dio ama chi dona con gioia 2Cor 9,6. I Padri della chiesa hanno preso anch'essi molto sul serio le indicazioni del Signore e mettono in tutto rilievo la necessità di soccorrere i poveri. S. Agostino, S. Ambrogio, S. Giovanni Crisostomo per citare solo alcuni dei più noti, hanno delle parole molto impegnative sullo stile di condivisione dei beni che deve essere attuato da ogni cristiano Qualche breve citazione di S. Basilio ci aiuterà ad afferrare meglio il loro pensiero: "Voi ricchi date retta a me: spalancate le porte dei vostri depositi... date libero corso alla ricchezza, perché si spanda per molteplici vie alle case dei poveri". "Colui che possiede di più di ciò che è necessario alla vita lo deve usare a vantaggio degli altri". "Sei povero? ma l'altro è più povero di te. Hai cibo per appena dieci giorni? Ma l'altro ne ha per un giorno soltanto. Se non ti resta che un pane, e un povero sta alla tua porta, di così: "C'è quest'unico pane che tu vedi o Signore; il pericolo incombe; ma io ubbidisco al tuo comando e di questo poco faccio parte a chi ha fame, tu provvedi al tuo servo in pericolo". E' chiaro che non è possibile giocare allargando il concetto di necessario, come generalmente tendiamo a fare tutti noi. Il pensiero cristiano della Scrittura e dei Padri già da questi brevi accenni mostra quanto sia impegnativa e doverosa quest'opera di misericordia corporale che è l'elemosina. Come mai noi abbiamo poca simpatia per la pratica dell'elemosina? Come mai la riteniamo una pratica sorpassata, un pò imbarazzante, ma anche un pò farisaica, nel senso che rifiutiamo una pratica che con poco ci mette a posto la coscienza?

3 La risposta forse sta nel fatto che l'elemosina col tempo è diventata una pratica piuttosto superficiale, incapace di servire come canale di attuazione della disponibilità cristiana verso il fratello. L'elemosina ci appare insufficiente per esprimere l'amore cristiano. Penso che tutto sommato questo atteggiamento sia una buona cosa a patto che dentro di noi ci sia la ricerca per un coinvolgimento più impegnativo sul versante della disponibilità verso i fratelli che hanno bisogno. I nomi con cui chiamiamo le cose non sono importanti, ciò che veramente conta è ciò che sta dietro ai nomi, la sostanza. Ora la sostanza della vita cristiana è la carità, di cui siamo prima di tutto beneficiari, perché è Dio che per primo ama noi. In secondo luogo la carità è segno della fede e della novità del cuore (1Gv). Questa carità lavora per i fratelli. Quello che conta è la nostra progressiva crescita per diventare a immagine del Figlio. L'immagine del Figlio comporta:: - il riconoscimento che Dio è la nostra ricchezza Mt5,3 - la convinzione che l'unica cosa che vale la pena di cercare è l'arricchimento davanti a Dio Lc 12,21. - che Cristo è venuto per servire e non per essere servito Mc 10, 45. Cerchiamo di capire che cosa significano queste cose per noi che dobbiamo crescere nella figliolanza divina. La prima beatitudine è quella della fede: credere che non c'è altra ricchezza per l'uomo se non Dio; invocare il dono della sua amicizia, rinunciando a cercare nella propria bravura o nelle cose un possibile senso per la vita. La conseguenza di tutto ciò è che il valore delle cose materiali è relativizzato; esse contano, sono importanti ma mai devono prendere il posto di Dio, anzi devono essere usate per vivere secondo la volontà di Dio. Una visione equilibrata del valore delle cose fa crescere la generosità verso chi ha bisogno, liberandoci dalle forme di attaccamento egoistico. Ma la figura del Cristo ci dice che la donazione deve andare ancora più in profondità: il dono non consiste solo nel dare qualcosa di ciò che possediamo, ma nell'offrire la nostra stessa vita. Su questo non possono esserci dubbi:

4 - la misericordia di Gesù per l'uomo diventa disponibilità ad assumere la condizione di schiavo Fil. 2,6 rinunciando alla gloria del Verbo. - il Figlio si fa servitore, in modo completo. Lava i piedi ai discepoli, muore per tutti gli uomini. La misericordia di Gesù diventa dono della vita: è questa la sua elemosina per gli uomini. E' chiaro che non si tratta di donare un pò del superfluo. A questo punto siamo in grado di dare un contenuto preciso al comando dell'elemosina. Quando nel cap. 6 di Mt Gesù comanda ai suoi discepoli di fare l'elemosina non intendeva certamente l'impegno di dare qualche spicciolo per comprare il paradiso. Il comando dice l'ingresso in una disponibilità nuova verso i fratelli, che non può non toccare la sostanza della nostra vita. La richiesta di Gesù la possiamo chiamare elemosina, servizio, carità, dono di sé, ecc. Questo non ha importanza, l'importante è rispondere alla sostanza dell'appello che il Signore ci rivolge. La pagina del Buon Samaritano dovrebbe rimanere costantemente davanti ai nostri occhi quando parliamo di elemosina, perché ci mostra in concreto che cosa significa fare elemosina. La vita spirituale, cioè la vita vissuta nell'obbedienza a Dio, sotto la guida dello Spirito Santo, ha come suoi pilastri la preghiera il digiuno, l'elemosina, ora sappiamo di che elemosina si tratta. DOMANDE PER LA RIFLESSIONE PERSONALE l. Dobbiamo domandarci se siamo sempre coscienti che noi viviamo per la misericordia di Dio, per la sua elemosina, che ci dà vita, libertà, amore, speranza, perdono e ogni grazia. Richiamare al nostro cuore che noi riceviamo in continuazione faciliterà la disponibilità a dare qualcosa di noi stessi agli altri. 2. Di conseguenza ciò che noi siamo è dono di Dio, anzi è sua proprietà. Dovremmo pensarci due volte quando rifiutiamo di venire incontro ai bisogni degli altri. 3. Inevitabile è la domanda se la nostra disponibilità è reale? Essa riguarda solo le cose che possediamo o comprende la nostra stessa persona? Abbiamo già abbandonato l'idea e il comportamento che prima di aiutare gli altri noi dobbiamo essere completamente a posto? (Ricordiamoci quanto Gesù ha apprezzato l'obolo della povera vedova).

5 4. La misura della nostra generosità fa parte di verifiche periodiche nell'esame di coscienza e nella direzione spirituale? (Questo per evitare illusioni). 5. Sappiamo intervenire rapidamente nei casi che mostra particolari urgenze? Le grandi questioni sociali vanno risolte, ma la carità non può chiudere gli occhi davanti ai bisogni immediati, con la scusa che deve intervenire la società. Ricordiamoci che Gesù ci ha detto: "i poveri li avrete sempre con voi" Gv 12,8. 6. Il dono che il Signore ci richiede non conosce ambiti e se certamente riguarda chi è bisognoso, riguarda anche le persone con cui viviamo regolarmente: i familiari, i compagni di scuola o di lavoro, i fratelli della comunità cristiana. Se il dono è vero lo è verso tutti coloro che incontriamo.